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FLASH
Animazione Pastorale Giovanile Salesiana
Numero 1. Settembre 2022
Coltivare sogni e
raccogliere frutti
Pianificazione organica
locale e ispettoriale
Don Miguel Ángel García Morcuende
Consigliere Generale Pastorale Giovanile
SETTORE PASTORALE GIOVANILE
Salesiani di don Bosco SEDE CENTRALE SALESIANA

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Coltivare sogni e raccogliere frutti
Pianificazione organica locale e ispettoriale
Don Miguel Ángel García Morcuende
Consigliere Generale Pastorale Giovanile
1 Modello pastorale salesiano
ed attenzione metodologica
Sosteniamo con convinzione che il vero ele-
mento di forza e distintivo della nostra mis-
sione salesiana è costituito dai valori forti che
la ispirano, dai sogni che tali valori riescono
a generare, e dai risultati finali che si otten-
gono. Ogni volta che ci confrontiamo con la
nostra missione emerge la consapevolezza
di doverci rendere più idonei a compier-
la secondo il modello pastorale salesiano.
Per elaborare la proposta educativo-pastora-
le sulla quale si misura il suo impegno, la CEP
(tutte le ispettorie!) deve scegliere gli strumenti
adeguati e definire i passi concreti. Per l’anima-
zione, il coordinamento ed il governo dell’ope-
re salesiane è indispensabile quell’attenzione
metodologica che permette di tracciare per-
corsi per raggiungere gli obiettivi, di impiegare
bene le risorse, di verificare i risultati.
Nei nostri contesti di avanzate sfide (socia-
li, educative, pastorali) occorre adoperare lo
strumento della progettazione: esprime-
re la missione in progetti coraggiosi, pensa-
ti, ben pianificati. Progettare è
–– un processo mentale e comunitario di coin-
volgimento, chiarificazione ed identificazio-
ne (fermarsi un attimo, fare il punto… poi si
va avanti verso una direzione determinata);
–– uno strumento operativo.
Il Progetto Educativo-Pastorale
Salesiano (PEPS) è l’aggiornamento del
Sistema Preventivo. L’unità degli inter-
venti educativo-pastorali esige di avere un
progetto, secondo questa visione globale
della persona. ll progetto può essere con-
cepito come una sorta di «codice della stra-
da» che dà indicazioni su come muoversi
– come Salesiani – nel territorio giovanile.
Il valore dell’impegno di un’ispettoria/casa
salesiana si misura sempre più dai progetti,
e meno dalle buone intenzioni o da un buon
nome storicamente acquisito.
Di progettazione pastorale si parla non
poco; e non da oggi. Oggi si parla di proget-
ti, di modelli curriculari, di obiettivi e di valu-
tazione. Fino a pochi anni fa, invece, questi
termini e i problemi relativi erano veramen-
te lontani dalle attenzioni della maggior par-
te degli operatori di pastorale. Ogni responsa-
bile, infatti, andava avanti senza preoccupar-
si troppo di fare programmazioni; quando le
faceva, si affidava soprattutto alla intuizione
e alla pratica spicciola.
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Don Miguel Ángel García Morcuende Coltivare sogni e raccogliere frutti
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2 I principali fattori «ostacolanti»
La programmazione pastorale deve essere
inquadrata nella necessità di ricercare nuo-
vi modi di agire che rinnovino ed enfatiz-
zino un’azione pastorale capace di evan-
gelizzare efficacemente il mondo dei gio-
vani di oggi.
Tuttavia, notiamo che siamo ancora imprigio-
nati in un’azione pastorale di attività invece che
in un’azione pastorale di processi. Inoltre, cor-
riamo il rischio di rispondere alle sfide pastora-
li con una «generalizzazione» degli obiettivi da
raggiungere. Si dice che si tratta di evangeliz-
zare i lontani, di iniziare una nuova evangeliz-
zazione, di rinnovare i nostri agenti pastorali,
ecc. Tutto questo è vero, ma gli obiettivi sono
così ampi che non è mai possibile sapere con
sufficiente precisione cosa si vuole ottenere,
né tanto meno in che misura si stanno realiz-
zando. Cosa può impedirci di pianificare ade-
guatamente? Perché a volte ci opponiamo alla
pianificazione? Quali sono le paure che abbiamo
quando si tratta di pianificare? Oggi, le obiezio-
ni/resistenze ricorrenti hanno questo profilo:
–– «Si è fatto pastorale per duemila anni sen-
za bisogno di progetti». Hanno acquisito l’a-
bitudine all’improvvisazione o alla routine
nel loro lavoro quotidiano e ripetitivo, che
li porta a considerare inutile e costosa qual-
siasi razionalizzazione del compito pasto-
rale. Hanno una lunga esperienza, quindi
perché pianificare ciò che già sanno e fan-
no ogni giorno?
–– «La pastorale è posta sotto l’azione libera
e imprevedibile dello Spirito e non è quin-
di programmabile». La pianificazione è un
compito troppo umano e persino un osta-
colo alla libera azione divina.
–– La pigrizia ripetitiva: «si è sempre fatto così».
Intraprendere un processo di pianificazio-
ne, con tutto ciò che comporta in termini
di previsione, analisi, condivisione, valuta-
zione, ha poco senso e si scontra con atteg-
giamenti precostituiti.
–– «Si fa così perché questa è la prassi sicura»:
il futuro trova la sua norma nel passato sto-
rico-fattuale degli accadimenti, quindi, nul-
la di nuovo è atteso sotto questo sole. Si cri-
stallizza un’età dell’oro intangibile, sfugge
alla critica e a ogni possibilità di modifica-
zione. È un conformismo passivo che si
adatta a ciò che gli altri comandano e dico-
no. Siamo semplicemente degli esecutori.
–– Al contrario, «tutto cambia e deve cambia-
re»: i riferimenti devono essere continua-
mente e liberamente creati, ciascuno ten-
de a far prevalere il proprio progetto e non
si sottopone volentieri a quel discernimen-
to comunitario;
–– «Eccessivo desiderio dei risultati»: può
essere un’ansia legata al raggiungimento
di obiettivi a breve termine, al desiderio
di risposte immediate. Rifiuta gli approc-
ci che richiedono costanza, pazienza, lun-
ghi periodi di lavoro silenzioso ma effica-
ce e permanente.
Tutto questo ci porta a chiederci se la pia-
nificazione pastorale sia ancora necessaria
o se sia una risorsa e una moda del passa-
to. Vale la pena di impegnarsi per elabora-
re piani pastorali seri e ben fatti o è meglio
lasciarsi guidare dallo Spirito? Che cosa è
necessario per una buona pianificazione?
Quali atteggiamenti e metodi sono neces-
sari per ottenere una buona ed efficace
pianificazione?
3 Situazioni pastorali complesse
che dobbiamo affrontare
La pastorale giovanile salesiana, in tutte le sue
espressioni, si formula e si esprime operati-
vamente nella progettualità. Senza di essa,
rimarrebbe nell’ambito dei principi e delle
intenzioni, senza una traduzione effettiva in
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relazione all’azione pastorale nella sua vita
quotidiana. La pianificazione pastorale diven-
ta più urgente alla luce delle seguenti sfide:
–– La frammentazione pastorale (mancata
unità operativa) è molto diffusa. Di con-
seguenza, gli operatori pastorali soffrono
per la mancanza di efficacia e d’incidenza
della loro azione apostolica; tutto dipen-
de dall’ingegno e dalla buona volontà del-
le singole persone;
–– Si aggiunge il problema del linguaggio, cioè,
si usano spesso parole comuni, ma con signi-
ficati diversi, secondo la mentalità e l’es‑
perienza di ciascuno. Parole come Chiesa,
comunità, pastorale, spirito di famiglia, spi-
ritualità, corresponsabilità, formazione inte-
grale, evangelizzazione, ecc. hanno di fat-
to significati differenti secondo chi le usa;
–– La dispersione pastorale si trova anche in
una dispersione interiore. Le persone han-
no bisogno di una sintesi per ottenere coe-
renza nell’azione pastorale. Dove vogliamo
andare? Cosa devo fare io?
–– I fronti si fanno sempre più numerosi, le
richieste si moltiplicano, le urgenze diven-
tano pressanti; si fanno progetti, ma spesso
senza impatto concreto; e anche quando si
mettono in pratica, raramente si valutano.
–– Occorre non solo rendersi conto delle mol-
teplici problematiche, dentro il contesto
sociale in continua e rapida evoluzione,
ma anche sensibilizzare, responsabilizza-
re le persone per intervenire, in modo da
dare risposte adeguate.
4 I benefici della progettualità
pastorale per la CEP/ispettoria
Il progetto: una questione di fede
La progettualità pastorale non risponde pri-
mariamente a esigenze di carattere organiz-
zativo, ma di discernimento dello Spirito. La
progettazione è fatta alla luce della fede, non
si colloca immediatamente nell’ambito di un
«prurito tecnico». In essa si mette lo sforzo
mentale a servizio dei giovani. Queste con-
siderazioni valgono a tutti i livelli e per ogni
tipo di iniziativa o percorso, a livello locale
ed ispettoriale.
È, anzitutto, un modo determinato di
porsi davanti alla realtà con gli occhi di Don
Bosco. Correre troppo presto alla program-
mazione spicciola non è indizio di concre-
tezza, ma di superficialità. Progettare l’a-
zione pastorale (ecclesiale) è anzitutto una
questione di discernimento: ascolto ciò che
il Signore ci chiede in questo momento
storico, con questi giovani. E discernere è,
anche etimologicamente, separare, distin-
guere, dividere; significa prendere posi-
zione, schierarsi: «Esaminate ogni cosa e
mantenete ciò che è buono» (1 Tess 5:21).
La pianificazione pastorale non si riduce
quindi alla ricerca dell’effetto moltiplicatore
dei nostri sforzi e delle nostre istituzioni. La
progettazione è una mediazione che ci met-
te insieme, alla luce della Parola e con l’aiuto
dello Spirito, alla ricerca delle esigenze che ci
fanno scoprire il Signore attraverso le sfide
che ci presenta la realtà giovanile.
Diciamo subito che pianificare pastoralmen-
te è mettere in esercizio la virtù della speran-
za, che dà forma storica all’ideale cui si ten-
de, poggia sulla fede e si traduce nel dono di
sé. «Ciò che abbiamo dietro di noi e ciò che
abbiamo davanti a noi è irrilevante rispetto
a ciò che abbiamo dentro» (O. W. Holmes).
L’esercizio della speranza comporta una serie
di esigenze:
–– L’elaborazione di un progetto locale richie-
de anzitutto libertà interiore; concretamen-
te, libertà di fronte al passato e alle eventua-
li esperienze negative che abbiamo cono-
sciuto. Senza la libertà interiore rimarremo
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prigionieri delle delusioni provate, dei fal-
limenti constatati nonostante che ci fos-
simo impegnati seriamente; al punto che
potremmo avere la convinzione che non
vale la pena di provare di nuovo. Libertà
di fronte al presente, per non viverlo come
un tempo chiuso o opprimente, un tempo
che non si può modificare. Libertà, infine, di
fronte al futuro, per non lasciarsi paralizzare
dalla paura dell’insuccesso, dalla preoccu-
pazione del ‘che cosa verrà fuori’, dall’an-
sia davanti all’ignoto.
–– Questa libertà interiore ci metterà in gra-
do di esercitare l’intelligenza pastorale, nel
determinare quello che qui e ora è il mag-
gior bene possibile. L’intelligenza pastora-
le ci aiuta a superare la stanchezza (o man-
canza di energia) per decidere, per opta-
re per ciò che ci appare la volontà di Dio, e
anche superare la perplessità (o incertez-
za) che si ha quando si deve fare una scel-
ta, accettando la nostra povertà.
–– Insieme alla libertà interiore temperata
dall’intelligenza pastorale, occorre pazien-
za; sia come attesa del tempo opportuno
(aspettare che le cose siano mature), sia
come concentrazione di tutte le energie
su quanto è realmente possibile oggi, evi-
tando così che queste energie si disper-
dano e si esauriscano in attivismi nervosi,
in immediatismi sterili o in lamentele e in
collere inutili. La pazienza, necessaria per
affrontare le difficoltà della pianificazione,
sarà poi necessaria anche quando si pas-
serà all’attuazione.
Il progetto rispecchia la CEP/ispettoria
L’esistenza (o meno) e la qualità della proget-
tazione mettono in chiara evidenza il model-
lo di CEP/ispettoria che di fatto viene inteso
e perseguito:
–– Una CEP/ispettoria di tipo amministrati-
vo-burocratico: la decisione è appannaggio di
pochi, generalmente di una persona (diret-
tore, parroco…) e dei suoi più stretti colla-
boratori. Il progetto ha carattere «discen-
dente»: i sdb e i laici lo ricevono già con-
fezionato, e sono chiamati a metterlo in
pratica e, eventualmente, a prestare colla-
borazioni esecutive.
–– Una CEP/ispettoria dell’improvvisazione,
un accavallarsi di iniziative e proposte per
linee parallele. Rispecchia una progettuali-
tà «debole»: manca mettere in gioco pro-
cessi e relazioni pensati, condivisi, verificati.
Non esiste un rapporto con chiara e pensa-
ta intenzionalità (progetti), né la preoccu-
pazione di convergere su obiettivi comuni
attorno alla persona dei giovani.
–– In una comunità di corresponsabilità,
invece, si aprono spazi di condivisione; la
diversificazione di forum di partecipazio-
ne (consigli, commissioni, gruppi) genera
un reale decentramento e crea ambiti di
responsabilizzazione. L’elaborazione del
progetto pastorale esige una comunità
corresponsabile e, a sua volta, la costrui-
sce. Incrementa quello stile sondale che
esprime e crea comunione.
Il progetto edifica ed educa
la CEP/ispettoria
La dinamica progettuale mette in evidenza
alcuni processi rilevanti per la vita della CEP/
ispettoria, sul piano comunicativo (la comu-
nicazione tra le persone e i diversi gruppi),
decisionale (l’assunzione delle scelte comu-
ni) e strutturale (adeguata utilizzazione delle
risorse disponibili e attenzione a rigenerarle).
È un richiamo all’ecclesiologia di comunione.
Per questo ci vuole tempo per la riflessione
fatta insieme: la progettazione è impresa defa-
tigante e richiede tempo (mentre la pastora-
le ha sempre fretta!).
Un progetto presuppone un riferimento
esplicito alla propria identità e alla sua rea-
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lizzazione operativa (il desiderio-necessità
di attuare alcuni valori e scelte fondamentali
in una situazione concreta e con destinatari
amati e conosciuti). Non pianifichiamo in base
a strutture o compiti esistenti, ma in base alla
realtà circostante. Sempre verso un’azione da
compiere nel e dal futuro, esprimendo con-
temporaneamente ciò che vogliamo essere
e ciò che tendiamo a fare.
L’impegno della progettazione è forte stru-
mento di salvaguardia dagli influssi esterni che,
spesso inconsciamente, modificano l’azione
e la stessa intenzionalità della CEP/ispettoria
salesiana, adattandola di fatto a esigenze non
originariamente evangeliche (e a volte addi-
rittura incompatibili con il Vangelo). Da un’al-
tra parte, l’attivazione dei percorsi di condi-
visione progettuale preserva i membri della
CEP/ispettoria dalla tentazione di una missio-
ne ‘narcisistica’, ‘autoreferenziale’.
Anche la CEP/ispettoria deve gestire i conflit-
ti, anzi, possono diventare motivo di approfon-
dimento e di crescita, o di involuzione autori-
taria, oppure di tragica divisione, quando non
si attiva la partecipazione. Questa trasforma
il conflitto in un fattore di cambio. È preferi-
bile accettare scontri, piuttosto che fuggire
la realtà. La progettazione autentica sostie-
ne questo sforzo costruttivo. I conflitti sono
inevitabili nella temperie degli accadimenti
umani, ma la loro positività non è scontata,
né automatica. In tal senso la comunicazione
appare determinante.
Il progetto crea senso di appartenenza
Sentirsi parte integrante di un gruppo/
comunità è frutto che un tale processo
di progettazione suscita in coloro che lo
percorrono per primi e in coloro a cui vie-
ne partecipato: per coloro che lo elabora-
no comporta un sincero e positivo desiderio
di costruire; a coloro che vi parteciperanno
porta il vantaggio di conoscere verso qua-
le meta e con quale velocità si cammina, e
di dare il proprio contributo condividen-
done le ragioni.
Questo senso di appartenenza per noi è un
elemento irrinunciabile. Va quindi cercato il
più alto livello di fiducia realisticamente
possibile, a seconda delle circostanze, del-
le persone, del tipo di CEP/ispettoria nella
quale si vive. La progettazione è intessuta di
stimoli e contatti, di collegamenti verticali e
orizzontali, di interventi mirati alla realizza-
zione di obiettivi che ci stanno a cuore e che
perseguiamo tutti insieme, con responsabili-
tà personale e funzioni complementari. Il pri-
mo atteggiamento per rinsaldare il legame è
la fiducia. Noi ci umanizziamo attraverso rela-
zioni di fiducia con l’altro (non contro l’altro).
Il progetto attiva la testimonianza
La progettazione inserisce la CEP/ispettoria nel
tessuto vivo del territorio. La determinazione
‘topografica’ diventa un compito e responsa-
bilità di evangelizzazione verso la popolazio-
ne di un territorio.
La mentalità progettuale è essenziale per
operare in modo efficace e sapiente in
ambito educativo-pastorale. Senza proget-
tazione, non c’è un’attenta analisi della real-
tà (fedeltà ai giovani) e una definizione chia-
ra e condivisa degli obiettivi pastorali (fedel-
tà a Dio) con le adeguate strategie, all’interno
di tempi stabiliti. Siamo chiamati a lavorare a
cerchi concentrici, come faceva Gesù che par-
lava alla folla, ai 72 discepoli, ai 12 apostoli, ai
tre prescelti… con atteggiamenti, cammini e
approfondimenti differenti.
Un altro vantaggio: la progettualità si ricor-
da l’idea dell’uomo (giovane) che si vuo-
le formare. Quale antropologia e per quale
progetto di vita. In un contesto dove venia-
mo ‘addomesticati’ e resi insensibili perché
riempiti di tante cose, a contatto con situazio-
ni ‘provocanti’, dobbiamo riflettere sulla tota-
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lità della persona e la valorizzazione armoni-
ca e integrale di mente, cuore e corpo; l’insi-
stenza sull’unità della vita, sulla ricerca di un
senso unitario. Di conseguenza, progettare ci
rimanda agli aspetti centrali della nostra pro-
posta educativo-pastorale.
La proposta salesiana deve essere organi-
ca, intelligente e coraggiosa. La progettualità
forma sia la capacità di ascolto, sia di valuta-
zione, sia di decisione.
Ascoltare è…
–– uscire dalle mostre vedute, dai nostri sche-
mi, dai nostri bisogni, dalle nostre sicurezze;
–– disponibilità ad accogliere, a fare spazio all’al-
tro e alla realtà che ci sta attorno;
–– prendere parte, accogliere, condividere,
lasciarsi «ferire» dalle vicende che accado-
no, dalla vita che ci viene raccontata; un
atteggiamento, per cogliere e farsi carico
di presenze, silenzi, situazioni, privazioni,
aspirazioni, fatti, drammi.
Discernere è…
–– distinguere, assumere responsabilità, riguar-
do alle problematiche presenti sul territorio;
–– rendersi conto che l’amore preferenziale
per i poveri è un criterio di discernimento
salesiano ineludibile per la CEP/ispettoria;
–– confronto su quanto viene rilevato, per
comprendere come rispondere a ciò che
Dio ci chiede;
Decidere…
–– attivare i processi più importanti e urgenti
in relazione alle esigenze reali della comu-
nità o delle persone;
–– creare una strategia di intervento, linee e
strumenti di azione, con carattere di rife-
rimento-guida;
–– mettere quindi in relazione i principi e i valori
salesiani con la situazione sul campo.
5 Per una impostazione
adeguata
La questione degli strumenti operativi non è
secondaria. Questo ultimo punto mira a ren-
dere consapevoli dei criteri di una solida pro-
gettazione pastorale: snella, semplice, com-
prensibile da tutti.
Quale ciclo della vita del PEPS?
Punto di partenza
(consapevolezza che ogni opera ha
delle domande del contesto)
Punto di arrivo
(obiettivi generali - finali)
4 dimensioni nei diversi ambienti pastorali
e settori d’animazione pastorale
Processi
Risorse
(con chi e come operare – la scelta degli interventi
– i tempi)
Verifica
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Si tratta di articolare ‘saperi’ (che proven-
gono dall’esperienza) e delle ‘strategie’ con-
crete (che provengono dalle decisioni tatti-
che). A tale riguardo va sottolineato:
a. Il contesto della CEP/ispettoria salesia-
na è molto importante. Stiamo parlando di una
sintesi di 2 o 3 pagine. L’esplicitazione della
realtà, del quadro educativo, culturale, socia-
le e pastorale a cui si fa riferimento è il primo
passo da compiere nello sviluppo di un pro-
cesso di progettazione. Non è un fatto stati-
stico. Definire le premesse è necessario per
chi legge il progetto, è un atto di trasparen-
za verso i soggetti che si intende coinvolgere.
Modi differenti di leggere la realtà ed i signi-
ficati che si attribuiscono alla stessa portano a
conoscenze, ad ipotesi differenti, a modalità
operative talvolta contrarie; è quindi di fonda-
mentale importanza esplicitare e condivide-
re le grandi preoccupazioni/sfide nella realtà.
Non si tratta di fare uno studio sociologico ma
definire e ridefinire cosa ci interpella: come in
ogni campo dell’esperienza umana non è pos-
sibile cambiare ciò che non si riflette (=cono-
sce). Senza tale consapevolezza comune pre-
via si rischia di compiere delle azioni operati-
ve incongrue, disperse, ripetitive. Il PEPS non
nasce dal nulla, ma dalla storia (positiva e nega-
tiva) che di giorno in giorno i sdb e i laici delle
opere vivono, singolarmente e/o in gruppo.
La storia dell’opera salesiana oggi si svi-
luppa in un particolare periodo storico e
all’interno di un territorio specifico. Si rischia
di ideare e scrivere degli obbiettivi o pro-
cessi o azioni «belli» ma saltuari, dispersi,
ripetuti di qua e di là, senza visualizzare e
intrecciare le questioni più urgenti. I nostri
progetti devono essere pensati e realizzati
all’interno di «contesti reali» di vita espres-
si, scritti, riflettuti.
Da questa «sapienza» nascono i punti priori-
tari di attenzione e di lavoro per tutti, i nodi del
progetto. Essi corrispondono alla situazione
dell’opera salesiana e si vedono come gene-
ratori di risorse apostoliche: è la parte unifi-
cante che fa da polo di riferimento e di con-
vergenza per la programmazione dei diversi
ambienti e dei settori di animazione pastorale.
b. Il rinnovamento degli ambienti e dei
settori di animazione pastorale è questio-
ne di decisioni e scelte tattiche, concre-
te. La realizzazione di un progetto pastora-
le avviene attraverso delle azioni, pensate e
non improvvisate, passi semplici e collegati.
Per ciò, si deve curare la stesura della formu-
lazione degli interventi precisi. La domanda
di questa parte qui è: come rendere operati-
vo ciascuno dei processi proposti attraverso
un’INIZIATIVA o un’AZIONE CONCRETA (o SERIE
DI AZIONI). Gli interventi adeguati rispecchia-
no un grande contatto con situazioni ‘provo-
catorie’ che aiutano a riflettere e vedere dove
sta l’essenziale degli ambienti, quali sono gli
aspetti centrali della prassi.
In sintesi: l’organizzazione dei vari settori
dell’azione pastorale in modo coerente e la
ricerca di un’indispensabile unificazione delle
volontà attorno all’unica missione hanno evi-
denziato sempre più chiaramente l’importan-
za e la necessità di una pastorale organica. I
requisiti più importanti di una pastorale orga-
nicamente pianificata sono, da un lato, dare
a tutta l’azione pastorale un carattere evan-
gelizzatore (unidirezionalità). Ciò significa
esigere l’unione e il coordinamento del lavo-
ro di tutti gli agenti pastorali e promuovere
la convergenza dell’azione di tutti gli agenti
in ciascuno dei settori pastorali. E, dall’altro,
programmare l’azione, stabilendo gli obietti-
vi da raggiungere, scegliendo i mezzi da uti-
lizzare e stabilendo una distribuzione e una
promozione razionale delle risorse umane
e materiali disponibili, adeguata alle esigen-
ze del momento e del contesto in cui opera.
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