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FLASH
Animazione Pastorale Giovanile Salesiana
Numero 2. Ottobre 2022
Animazione vocazionale
Principio ispiratore e traguardo
della Pastorale Giovanile Salesiana
Don Miguel Ángel García Morcuende
Consigliere Generale Pastorale Giovanile
SETTORE PASTORALE GIOVANILE
Salesiani di don Bosco SEDE CENTRALE SALESIANA

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Animazione vocazionale
Principio ispiratore e traguardo
della Pastorale Giovanile Salesiana
Don Miguel Ángel García Morcuende
Consigliere Generale Pastorale Giovanile
1 Animazione vocazionale
Rivitalizzare i nostri sforzi,
riconoscere i nuovi movimenti
Con il «cambiamento climatico» nelle nostre
società, i valori si spostano, vengono trasmes-
si e talvolta camuffati. Questo cambiamen-
to sembra inevitabile e irreversibile. Tuttavia,
sentiamo la responsabilità di essere propositi-
vi e di generare proposte educativo-pastorali
locali e ispettoriali che favoriscano la risposta
di ogni persona al progetto di Dio con libertà,
autenticità e determinazione.
Negli ultimi anni si è parlato e scritto molto
di animazione vocazionale per rivitalizzare i
nostri sforzi, riconoscere i nuovi movimenti
dello Spirito, aprirci alla riflessione della Chiesa
e sviluppare nuove comprensioni dell’accom-
pagnamento e del discernimento vocazionale.
Tutto questo è destinato ad avere un impatto
sia sui cuori che sulle pratiche pastorali.
È il momento di uscire dalle nostre sicurez-
ze e dalle nostre «nostalgie» («ai nostri tem-
pi eravamo...»; «quando sono arrivato io, era-
vamo..., facevamo...»), convinti che ciò che è
nuovo richiede cambio (Mt 9,17). L’ «emergen-
za vocazionale» in molte ispettorie richiede di
soluzioni reali. In questo modo l’emergenza
deve essere intesa come la capacità di scopri-
re che qualcosa di nuovo sta emergendo e di
rispondere nel modo migliore a questa novità.
Credo che la difficoltà maggiore nel servizio
di animazione vocazionale oggi, e lo diciamo
fin dall’inizio, non stia tanto nella chiarezza del-
le idee, quanto in due aspetti: in primo luogo,
la modalità della prassi pastorale; in secon-
do luogo, il coinvolgimento di tutta la Comu-
nità educativo-pastorale e, al suo interno,
della comunità religiosa nella «cultura del-
le vocazioni». In breve, se vogliamo aiutare i
giovani a cercare Gesù, la migliore prassi pasto-
rale è scoprirlo attraverso la testimonianza e
la trasformazione che avviene nelle persone
che lo incontrano.
Per farlo, esploreremo innanzitutto il ter-
ritorio delle nostre case salesiane e il rap-
porto tra la cura della vocazione salesiana
e la l’animazione vocazionale. Poi, entrere-
mo nella «cultura vocazionale» per com-
prendere la narrazione vocazionale. In ter-
zo luogo, identificheremo i tre momenti di
un percorso vocazionale. Poi, i requisiti per
la «cultura vocazionale». Infine, alcuni iti-
nerari della pratica pastorale dell’ispetto-
ria, delle comunità religiose e delle Comu-
nità Educativo-Pastorali.
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Don Miguel Ángel García Morcuende Animazione vocazionale. Principio ispiratore e traguardo
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della Pastorale Giovanile Salesiana
2 Quattro microclimi
per la pastorale vocazionale
Un microclima è una serie di variabili atmosferi-
che che contraddistinguono un’area o uno spa-
zio moderatamente ridotto. Prima di affronta-
re la realtà dell’animazione vocazionale, cre-
diamo sia utile organizzare una lettura della
realtà attorno a quattro microclimi che si pos-
sono osservare nelle ispettorie. Ogni presen-
za salesiana deve essere quel microclima in
cui è facile maturare e rafforzare una vocazio-
ne. Che tipo di microclima siamo? E, soprat-
tutto, che tipo di microclima vogliamo offri-
re ai giovani?
Primo microclima:
Grande enfasi sulla vocazione del salesiano
e poca o nessuna sulle vocazioni salesiane
In questi contesti, i salesiani notano con una
certa preoccupazione la diminuzione delle
vocazioni alla vita religiosa e l’aumento del
numero di collaboratori laici coinvolti nella
missione. I salesiani pensano che una solu-
zione sia quella di insistere sulla differenzia-
zione dai collaboratori laici: la vocazione alla
vita religiosa è «al di sopra» di quella dei lai-
ci. I salesiani si sentono padroni del carisma.
Le comunità sono normalmente separate
«affettivamente» dai laici. Il progetto comu-
nitario annuale non cerca di dialogare o di
incarnarsi nei nuovi bisogni, ma solo garan-
tire l’adempimento delle esigenze della vita
religiosa.
In questo primo microclima, i collaborato-
ri laici si aspettano che i salesiani mantenga-
no la loro posizione di leadership. Hanno un
grande rispetto per la vita religiosa, che perce-
piscono come un ideale da avvicinarsi e imita-
re. All’interno della missione sono dipenden-
ti e hanno imparato ad aspettare che siano i
salesiani a prendere l’iniziativa o a stabilire la
direzione. I collaboratori laici si percepiscono
come «minori» rispetto al carisma.
In questo contesto, viene istituita una pasto-
rale vocazionale per individuare e «recluta-
re» i giovani: «un’animazione vocazionale per
reclutamento». Organizza soprattutto attività
vocazionali e preghiere sulla vocazione sale-
siana. Si rimpiangono i successi del passato,
quando i salesiani erano numerosi; la speran-
za è che «forse quei tempi torneranno», arri-
verà la «primavera vocazionale»... ma senza
fare nulla che sia operativo.
Secondo microclima:
Grande enfasi sulle vocazioni e poca o
nessuna sulla vocazione del salesiano
Questo microclima si trova in contesti in cui
i salesiani sentono che la loro vocazione sta
per scomparire. Essi apprezzano il coinvolgi-
mento dei laici e lo percepiscono come l’uni-
ca opzione per il futuro della missione salesia-
na. I giovani e i collaboratori laici sono invitati
a maturare nel carisma, ma esitano a proporre
di abbracciare la vita religiosa. Si pensa in qual-
che modo che questo sia un invito ad aderi-
re a uno stile di vita «esaurito». Pensano che il
carisma dovrà essere sostenuto senza la pre-
senza dei salesiani. I salesiani mancano di pas-
sione e apprezzano altre forme di vita più del-
la loro, perché percepiscono che la loro vita
religiosa è diventata sterile.
In questi contesti esistono comunità più o
meno unite - dove i laici contribuiscono mag-
giormente alla qualità delle relazioni rispetto
ai salesiani stessi - tendono a vivere in mini-
ma parte le dinamiche interne ed esterne della
vita comunitaria. La missione non entusiasma
più la comunità e c’è una forte tentazione di
adagiarsi nell’individualismo. La preoccupa-
zione principale è la continuità e il conserva-
zione delle attuali opere apostoliche.
In questo microclima, i laici ammirano la
storia dei salesiani, ma non percepiscono in
loro la vita né nel presente né come possibili-
tà per il futuro; tuttavia, si aspettano che irra-
dino motivazione e vitalità. I laici sono coinvolti
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nella missione e sono attratti dal carisma. Cer-
cano di rispondere alle sfide nel miglior modo
possibile. Accettano posizioni di responsabilità
e di animazione, assumendo i ruoli che i sale-
siani hanno occupato anni fa. Spesso si sento-
no soli di fronte alle sfide della missione.
I laici devono guidare le opere, imprimere
il loro carattere testimoniale, essere nel mon-
do, prendersi cura dei giovani, assicurare la
catena di trasmissione dell’identità salesiana
e mantenere un impegno preferenziale per i
più poveri.
C’è il rischio che le comunità si accontentino
dell’ordine stabilito e perdano, nel corso degli
anni, la dimensione profetica che garantisce
la vocazione salesiana. Gli sforzi della pasto-
rale vocazionale si concentrano sull’incorag-
giamento dei partner laici ad assumere nuovi
impegni. È strutturata e creativa.
Terzo microclima:
Poca o nessuna enfasi sulle vocazioni
e neanche sulla vocazione de salesiano
Troviamo questo «terreno» in contesti in cui
la pastorale vocazionale è stata abbandonata
o totalmente trascurata. In questo microcli-
ma, i salesiani si concentrano sulla gestione
delle opere educative. In genere non sono in
grado di immaginare un futuro diverso, mol-
to impegnati in quello che fanno, evitano le
domande profonde sulla propria vocazione e
non osano parlarne pubblicamente.
Nel caso delle comunità, di solito c’è poca
coesione a causa della delusione e della stan-
chezza. Si sentono frammentati dal manteni-
mento delle Opere. Ci sono solo urgenze quo-
tidiane. Mantengono le forme esterne della
vita comunitaria, ma raramente con un effet-
tivo dinamismo interno. Non mostrano alcun
interesse a condividere con i collaboratori lai-
ci. Sono pronti a fare qualsiasi cosa per difen-
dere la loro stabilità e le loro posizioni. Queste
comunità di sopravvivenza evitano di accoglie-
re o accompagnare le vocazioni, siano esse
salesiane o di collaboratori laici, e sono comu-
nità in pericolo di estinzione.
La maggior parte dei laici viene accompagna-
ta solo all’inizio del proprio lavoro. Non han-
no opportunità di una formazione continua
e di qualità che sostenga il carisma. Non sono
coinvolti a livello istituzionale e, se lo sono,
mostrano poco o nessun senso di apparte-
nenza. Hanno sempre visto i salesiani come
i proprietari dell’istituzione. Alcuni cercano
significato e spiritualità, ma lo fanno con altri
movimenti ecclesiali o in altri luoghi.
L’identità e il carattere evangelizzatore delle
opere non sono garantiti. La pastorale voca-
zionale è inesistente o esiste solo per mante-
nere l’apparenza che si stia facendo qualcosa.
Quarto microclima:
Forte enfasi sulle vocazioni
e sulla vocazione del salesiano
È un microclima che ci riempie di speranza. Lo
troviamo in molti contesti in tutta la Congrega-
zione. In questo microclima, i salesiani sono
impegnati a valorizzare la propria vocazione.
Sono disponibili per il servizio educativo dei
giovani più poveri. Sono salesiani in incessan-
te ricerca spirituale e apostolica.
In questi contesti, molti laici amano il cari-
sma e si identificano con esso perché hanno
vissuto una formazione salesiana di qualità e
apprezzano il valore della vocazione salesia-
na. Sono coinvolti nella trasmissione dei valo-
ri e degli insegnamenti del Vangelo e, viven-
do il proprio cammino spirituale con apertu-
ra e disponibilità, hanno alimentato la propria
vocazione. Questi laici vivono la loro vocazio-
ne educativa salesiana con particolare impe-
gno verso i giovani.
Per quanto riguarda le comunità salesiane,
esse curano momenti in cui approfondiscono
le relazioni reciproche e sono aperte a condi-
videre la loro esperienza di comunità con lai-
ci e giovani. Adattano i loro orari per garanti-
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re momenti significativi di vita comunitaria e
aprono i loro tempi di preghiera e di ritiro alle
persone che cercano esperienze di spirituali-
tà. Si impegnano efficacemente a promuovere
e vivere il loro progetto comunitario annuale
e ad alimentare la dimensione profetica del-
la vita religiosa per stare con la gente sempli-
ce e con i giovani più bisognosi.
La pastorale vocazionale si concentra su
tutte le vocazioni. Si tratta di una pastora-
le dinámica che risponde alle esigenze dei
giovani e offre spazi di condivisione del-
la fede con loro. In breve, si tratta di Ope-
re con un futuro in cui salesiani e collabo-
ratori laici si concentrano sui bisogni della
gente, condividono pari dignità tra le diver-
se vocazioni, partecipano al rinnovamen-
to della missione e sono disposti a creare
na vera «cultura vocazionale». Come nella
parabola, «alcuni diedero cento, altri ses-
santa, altri trenta» (Mt 13, 8).
3 cultura vocazionale
Una cura pastorale che porta a
sintonizzarsi con il desiderio di Dio per la
nostra vita
[1] Oggi molti giovani si pongono le stesse
domande e non sempre trovano lo spazio per
esaminarle e approfondirle. Le domande pro-
vengono dal loro intimo, come movimen-
ti interiori che spesso non sanno come inter-
pretare o riconoscere. Ognuno di noi ha avu-
to più di una volta bisogno della presenza di
una persona che ci desse gli strumenti neces-
sari per passare da queste turbolenze interiori
alla fiducia in un progetto di vita significativo.
Il concetto di «cultura vocazionale»1 può aiu-
tarci a entrare nella proposta di un’animazio-
1 La «cultura vocazionale» è stato il tema del Messaggio
Pontificio per la 30ª Giornata Mondiale di Preghiera per le
Vocazioni, celebrata il 2 maggio 1993. Da allora è stato uti-
lizzato in vari documenti e nella riflessione sulla pastora-
le vocazionale.
ne vocazionale integrata ed efficace per l’og-
gi. Oggi si parla di «cultura della salute», che ci
porta a conoscere e apprezzare ciò che favo-
risce una vita sana, sviluppando le linee gui-
da adeguate. Esiste anche una «cultura sporti-
va» che concretizza la conoscenza e l’apprez-
zamento di alcune discipline sportive. Si parla
spesso sulla «cultura digitale», ecc.
La «cultura» di una casa o di un’ispettoria
salesiana è, innanzitutto, il frutto dell’intera-
zione tra le persone e si concretizza nel modo
e nello stile di essere comunità; in secondo luo-
go, permette di dare ordine e significato a ciò
che accade e di interpretare le diverse espe-
rienze che si vivono nel quotidiano.
Allo stesso modo, intendiamo per «cultura
vocazionale» quell’ambiente, creato dai mem-
bri di una Comunità Educativo-Pastorale (non
solo la comunità religiosa), che promuove la
concezione della vita come vocazione. È un
ambiente che permette a ogni individuo, sia
esso credente o non credente, di entrare in
un processo in cui viene messo in grado di
scoprire la propria passione e i propri obietti-
vi nella vita. «Sentire la vocazione a qualcosa»
significa sentirsi chiamati da una realtà prezio-
sa, dalla quale posso leggere e dare un sen-
so alla mia vita. Implica non tanto fare ciò che
vogliamo, ma scoprire ciò che siamo chiama-
ti a essere e a fare.
Il punto delicato del lavoro di animazione
vocazionale è cercare diversi modi per risve-
gliare, discernere, nutrire e accompagna-
re rispettosamente il giovane affinché pos-
sa prendere le decisioni importanti della vita
nell’esercizio della propria libertà.
[2] Inoltre, quando parliamo di «cultura
vocazionale» nella pastorale giovanile sale-
siana, intendiamo promuovere un’espe-
rienza cristiana che porti a una sintonia
con il desiderio di Dio per i nostri giovani.
Ciò implica offrire criteri e condizioni che
guidino a vivere la vita come risposta alla
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volontà di Dio, scoprendo la missione spe-
cifica. Crediamo fermamente che una rifles-
sione sulla «cultura vocazionale» in questo
senso possa aiutarci a muoverci personal-
mente e istituzionalmente verso il «quar-
to microclima» di cui al punto precedente.
Si può dire che questa cultura vocazionale
ha alcune componenti fondamentali: la grati-
tudine, l’apertura al trascendente, l’interroga-
zione sulla vita, la disponibilità, la fiducia in se
stessi e negli altri, la capacità di sognare e di
desiderare, lo stupore per la bellezza, l’altru-
ismo... Queste componenti sono certamen-
te la base di qualsiasi approccio vocaziona-
le. Allo stesso tempo, non sono diversi dagli
elementi offerti in una proposta di formazio-
ne integrale.
Ma dovremmo anche parlare delle compo-
nenti specifiche di questa cultura vocaziona-
le. Si tratta di quegli elementi che favoriscono,
tra l’altro: la conoscenza e l’apprezzamento
della chiamata personale di Dio (alla vita, alla
sequela e a una missione concreta) e i per-
corsi di vita cristiana (secolare e di speciale
consacrazione); la pratica del discernimento
come atteggiamento di vita e mezzo per fare
una scelta di vita; gli aspetti rilevanti del cari-
sma salesiano stesso. Se lasciassimo da parte
queste componenti specifiche, la cosiddetta
«cultura vocazionale» sarebbe troppo generi-
ca, senza raggiungere la concretezza. In que-
sto senso, deve avere un buon fondamento
e allo stesso tempo puntare ad una possibile
scelta vocazionale.
4 Tre momenti di un processo
Annuncio, proposta
e discernimento vocazionale
Sulla base di un’azione pastorale più ampia,
si può sviluppare un processo di pastorale
vocazionale che contenga tre ingredienti dei
seguenti momenti.
[1] L’annuncio vocazionale è l’annuncio del-
la vita come vocazione. Tutti abbiamo una
vocazione ed è necessario che qualcuno ci aiu-
ti a scoprirla.
Questo «kerigma vocazionale» implica l’an-
nuncio della chiamata di Dio, come opera che
Egli sta compiendo in noi, capace di dare un
orientamento definitivo alla nostra vita. Que-
sto «primo annuncio» o annuncio di base ha
come contenuto le componenti fondamentali
e specifiche che abbiamo menzionato in pre-
cedenza. Non c’è dubbio che un buon «annun-
cio» sia, di per sé, un’intera «proposta».
[2] La proposta vocazionale è l›invito a sco-
prire la volontà di Dio per la propria vita.
È quello che può far scattare la scintilla voca-
zionale, che porta un giovane a iniziare un iti-
nerario di ricerca o a considerare la possibili-
tà di iniziare un percorso concreto. In quan-
to tale, la proposta include un’intenzionalità,
come appello alla libertà della persona. Deve
essere fatta con chiarezza, coraggio e rispetto.
[3] Il discernimento vocazionale è il cammino
di chiarificazione che una persona inizia a
partire da una proposta vocazionale ricevu-
ta e da un’inquietudine vocazionale avver-
tita. Parlare di «discernimento» nell’anima-
zione vocazionale significa aiutare i giovani a
scegliere; significa facilitare i mezzi, gli stru-
menti affinché possano scoprire, leggere, com-
prendere e accogliere la presenza e le chiama-
te dello Spirito Santo nella loro vita concreta.
Gli elementi che compongono un processo
di discernimento sono la preghiera, la cono-
scenza della proposta di vita, la riflessione, la
decisione, l’azione e l’accompagnamento spi-
rituale di tutto questo percorso.
Ma non bisogna dimenticare che la voca-
zione cristiana è una risposta che nasce dalla
scoperta, dalla conoscenza graduale e dall’a-
desione alla persona di Gesù. Papa Benedet-
to XVI, nella sua prima enciclica Dio è Amore,
ha sottolineato che «non si comincia a essere
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cristiani con una decisione etica o una gran-
de idea, ma con l’incontro con un evento, con
una persona, che dà un nuovo orizzonte alla
vita e, con esso, un orientamento decisivo»
(n. 1). Il messaggio d’amore di Gesù di Naza-
reth, da solo, è capace di conquistare il cuore
di ogni persona e di spingerla a vivere la pro-
pria esistenza come un progetto prezioso nel-
le mani di Dio.
[4] In conclusione, ogni animatore voca-
zionale deve avere ben chiaro che è un ser-
vitore della vocazione di persone concre-
te. L’importante è che i giovani scoprano
dove Dio li vuole e dove sogna per loro.
La «cultura vocazionale», in questo caso,
facilita quel tessuto, quella rete o atmosfe-
ra di valori, certezze, convinzioni, prassi, ide-
ali radicati nel Vangelo che costruiscono un
modo di percepire e comprendere se stes-
si nell’ambito del disegno di Dio in generale,
e della vocazione in particolare. Quando una
CEP crea l’ambiente giusto, i giovani sono più
disposti ad ascoltare la chiamata di Dio in un
atteggiamento di fede e a intraprendere nel
loro cuore l’avventura di realizzarla.
Annuncio, proposta e discernimento sono
tre azioni che a volte si mescolano, anche se
pedagogicamente è utile distinguerle. Tre
momenti di un processo da specificare e
offrire all’interno di un programma pasto-
rale che voglia sviluppare una cultura voca-
zionale a partire da un’animazione pastorale
integrata ed efficace.
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Il concetto di animazione vocazionale mira
a sviluppare queste componenti o dinami-
smi attraverso i quali le persone sono aiuta-
te a interrogarsi sul senso della propria vita, a
scoprire il dono della missione e a trovare la
propria vocazione specifica secondo la volon-
tà di Dio.
5 Condizioni di possibilità
per una «cultura vocazionale»
[1] La preghiera insistente è alla base di tut-
ta la pastorale vocazionale. Da un lato, per gli
operatori pastorali e per tutta la comunità cri-
stiana: se le vocazioni sono un dono, dob-
biamo chiedere al Signore della messe (cfr.
Mt 9,38) di continuare a suscitare cristiani
con vocazioni alle diverse forme di vita cri-
stiana. D’altra parte, la preghiera è un mez-
zo indispensabile per ascoltare e accoglie-
re la chiamata di Dio; pertanto, un compito
fondamentale di tutta la pastorale sarà quel-
lo di aiutare i giovani a pregare. La preghiera
è il primo e più efficace mezzo per la pasto-
rale vocazionale.
[2] Il «kerigma» o annuncio vocazionale di cui
abbiamo parlato prima inizia con la propria vita
personale e comunitaria, purché sia vissuta in
modo autentico. Sono le persone a promuove-
re le vocazioni, non le strutture. Non c’è nulla di
più provocatorio della testimonianza appas-
sionata della vocazione che Dio dona a cia-
scuno, solo così chi è chiamato scatena, a sua
volta, la chiamata negli altri. Dobbiamo sfor-
zarci di rendere comprensibile il nostro modo
di vivere con il Signore. Questo vale per tutte
le vocazioni, perché anche gli educatori sono
chiamati a trasmettere una vera esperienza
del Dio di Gesù. Questa testimonianza invita
quindi i nostri giovani ad assumere una vita
cristiana credibile.
Nel caso della vocazione di speciale consa-
crazione, è necessario invitare tutti i salesia-
ni a contribuire alla creazione di una «cultu-
ra vocazionale» in qualsiasi ambiente si trovi-
no. Tutti i salesiani siamo cuore, memoria
e garanti non solo del carisma salesiano,
ma anche della propria vocazione. Non ci
saranno vocazioni se noi salesiani non saremo
in grado di intendere noi stessi come «buona
notizia» ovunque ci troviamo e saremo pron-
ti a dispiegare la nostra esistenza come impe-
gno per questo progetto. Il congresso sulle
vocazioni in Europa, tenutosi a Roma nel mag-
gio 1997, ha avanzato un’osservazione mol-
to lucida: «La crisi vocazionale di coloro che
sono chiamati è anche, oggi, una crisi di colo-
ro che chiamano».
La vita consacrata rispecchia valori che
attraggono molti giovani, come la dedizione
totale, la comunione di cuori, la spiritualità e
l’altruismo. Tuttavia, è necessario che i giovani
percepiscano che il vero motore della nostra
vita consacrata è la sequela di Gesù Cristo,
che comporta l’uscita da se stessi, la radicali-
tà, la dedizione e l’unificazione interiore. Per
questo la nostra vita deve essere trasparente,
significativa e, nei momenti opportuni, deve
essere espressa anche con parole che riveli-
no ciò che ci muove.
Allo stesso tempo, noi salesiani dobbiamo
custodire la nostra presenza in mezzo a loro.
In questo modo, possono conoscere e com-
prendere le nostre aspirazioni come una pos-
sibilità reale nella loro vita, una forte alternati-
va di vita per una persona del nostro tempo.
Logicamente, questa possibilità deve esse-
re accompagnata attraverso il discenimento,
anche se le risposte in un primo momento
possono sembrare fragili.
[3] Un altro punto nevralgico della «cultura
delle vocazioni» è il rinnovamento e la rivi-
talizzazione della vita comunitaria. Laddo-
ve si vive e si celebra la propria vocazione, le
relazioni fraterne, l’impegno nella missione
e l’accoglienza di tutti e di ciascuno, posso-
no sorgere vere e proprie domande di carat-
tere vocazionale.
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In primo luogo, la comunità religiosa è un
luogo privilegiato per recuperare tempo di
qualità per l’incontro personale con i giova-
ni che cercano accoglienza e ascolto. In que-
sto senso, il dialogo e la riflessione comune
sono necessari per lavorare sulla capacità di
accoglienza vocazionale nella propria comu-
nità. Chiediamoci se le nostre comunità sono
ambienti educativi che facilitano la ricerca e
il rafforzamento del senso e dello scopo del-
la vita dei giovani, stimolandoli ad approfon-
dire la loro vocazione di discepoli del Signo-
re. La nostra vita comunitaria è sana, intensa,
impegnata e responsabile della vocazione che
abbiamo ricevuto?
In secondo luogo, la Comunità Educati-
vo-Pastorale ha anche una struttura profon-
damente vocazionale: è la mediazione privi-
legiata della chiamata di Dio alla missione, è
un segno di Cristo missionario del Padre. La
storia di ogni casa salesiana si intreccia con la
piccola e grande storia di ogni persona e del-
la sua vocazione.
La nostra vita offre ai giovani l’opportuni-
tà di avvicinarsi a testimonianze concrete dei
diversi percorsi nel loro cammino di cresci-
ta cristiana: coppie cristiane, laici impegna-
ti, persone consacrate nella vita contempla-
tiva e attiva, ministri ordinati. Testimonianze
ravvicinate che permettono di conoscere sia il
proprio stile di vita sia la rilevanza personale,
sociale ed ecclesiale della propria scelta di vita.
La proposta vocazionale nasce, da un lato,
dalla gratuità che viene da Dio e, dall’altro,
dalla necessità di rendere presente il suo
Regno. La proposta vocazionale ha due
ragioni: una teologica - perché ogni perso-
na scopra la strada che Dio ha preparato per
lui - e una funzionale - che potremmo rias-
sumere dicendo che «senza persone non
ci sono progetti».
[4] A volte identifichiamo l’intera animazio-
ne vocazionale con la sola azione. Con i tre
punti precedenti, abbiamo voluto esprime-
re che un’azione pastorale in questo campo
che non sia sostenuta dalla preghiera e dalla
testimonianza di vita, è afflitta da incoerenza,
come avverrebbe in qualsiasi altro ambito della
pastorale. Inoltre, poiché la vocazione richie-
de resistenza e persistenza, impegno e stabi-
lità, dobbiamo andare oltre la mentalità o la
sensibilità vocazionale e possedere una pras-
si vocazionale, una pedagogia vocazionale
con gesti che la rendano credibile e la sosten-
gano nel tempo e nello spazio. Questa peda-
gogia ha a che fare con la centralità degli iti-
nerari di fede nell’iniziazione cristiana, con le
proposte di vita comunitaria accompagnata e
con l’accompagnamento personale.
La fiducia in Dio non si oppone alla necessità
di una buona pianificazione e pratica pastora-
le. Questa animazione vocazionale è un asse
trasversale del nostro PEPS, oltre che un com-
pito specifico. Che ogni persona scopra dove
Dio la vuole, è l’asse di tutto il lavoro pastora-
le. Allo stesso tempo è necessario avere spazi,
tempi, persone... che aiutino a renderla con-
creta, vale a dire che l’animazione vocazio-
nale è anche un compito specifico. Vorrem-
mo vedere in ogni opera salesiana una pras-
si educativo-pastorale che raggiunga «tutti»
e «parli a tutti» di vocazione, ma sono neces-
sari alcuni strumenti.
Per questo motivo, un aspetto chiave del-
la «cultura vocazionale» è la necessaria arti-
colazione che deve esistere tra l’animazio-
ne vocazionale all’interno della pastora-
le giovanile, in modo tale che tutti gli sforzi
della pastorale giovanile debbano converge-
re nell’orientare il giovane verso un’opzione
di vita cristiana nella Chiesa. La pastorale gio-
vanile è, di per sé, vocazionale, e l’animazio-
ne vocazionale non può esistere a prescinde-
re dalla pastorale giovanile.
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FLASH • Ottobre 2022 SETTORE PASTORALE GIOVANILE Salesiani di Don Bosco Sede Centrale Salesiana
[5] Se la fiducia in Dio che chiama funziona
come un polmone che ossigena la pastorale
vocazionale, l’altro polmone è la fiducia nel
cuore generoso dei giovani. I cuori dei nostri
giovani sono fatti per grandi cose, per la bel-
lezza, per la bontà, per la libertà, per l’amo-
re..., e questa aspirazione appare continua-
mente come un richiamo interiore nel profon-
do del loro cuore. Come salesiani, con l’aiuto
della pedagogia degli itinerari, dobbiamo far-
ci compagni di viaggio dei giovani; accompa-
gnarli per vedere come come nella vita di tut-
ti i giorni Gesù bussa dolcemente alla porta
del loro cuore attraverso le loro migliori intu-
izioni, i loro pensieri geniali, il loro desiderio
di amare e di essere amati, i loro sogni e i loro
ideali, il loro desiderio di libertà.
Le tante domande che i giovani si pongo-
no, le loro ricerche personali, le loro preoc-
cupazioni, le loro speranze, le loro gioie e le
loro speranze, persino la loro stessa ribellio-
ne, possono diventare il passaggio privilegia-
to di Dio nella loro vita. Sono luoghi teologici
in cui Qualcuno, molto più grande della loro
realtà personale, in modo strano e misterioso,
si inserisce nel tessuto dell’esistenza umana e
vuole contare su di loro per renderli destina-
tari del suo amore, per condividere con loro
la sua vita e il suo progetto di Regno, affin-
ché la gioia raggiunga la sua pienezza in loro
(cfr. Gv 17,13).
La chiamata di Dio, lungi dall’essere una
«intrusione» nella vita, consiste nel propor-
re un cammino da percorrere, il cui percorso
mette in gioco il meglio di ogni giovane. La
chiamata non è altro che l’ascolto della voce
di Dio nel profondo del cuore. Ascoltandola,
essere pronti a correre il rischio dell’avven-
tura della vita, con i suoi momenti belli ma
anche difficili.
Da questa prospettiva, siamo stati in gra-
do di confrontarci con due approcci voca-
zionali:
–– il primo approccio si concentra sulle per-
sone più vicine al nostro carisma, cioè quel-
le che, per il loro legame con le comunità
e le opere salesiane, sono aperte a un’e-
sperienza di Dio, a relazioni comunitarie
significative e al servizio con i giovani.
–– il secondo approccio si concentra su colo-
ro che possono essere attratti dall’ap-
profondimento della vocazione salesiana
come scelta di vita fondamentale.
La proposta è rivolta a chi chiede...e a chi non
chiede! Tra i primi, i giovani di Betania che gli
chiedono: «Maestro, dove abiti?»; il giovane
ricco che dice. «E tra questi ultimi, i pescato-
ri al lavoro in riva al lago (Pietro, Andrea, Gia-
como e Giovanni), o Matteo, che era seduto
al tavolo delle imposte, come altri personag-
gi dell’Antico Testamento che venivano chia-
mati anche quando «andavano per i fatti loro»:
Mosè, Amos, Geremia...
[6] Infine, per completare la mappa, non
dimentichiamoci della promozione della voca-
zione di speciale consacrazione. In questa pro-
posta, viene definito un aspetto concreto del-
la promozione vocazionale che cerca di risve-
gliare e accompagnare le persone chiamate a
una forma di vita concreta (il ministero ordi-
nato, la propria congregazione o movimento),
come modo concreto di seguire Gesù. Quello
che un tempo sembrava essere l’unico ogget-
to della pastorale vocazionale, ora deve con-
tinuare a essere un elemento importante, nel
quadro di una promozione vocazionale più
ampia e inclusiva.
Così, la mappa concettuale dell’animazio-
ne vocazionale spazia dalla valorizzazione e
promozione di tutte le forme di vita cristiana,
incoraggiando itinerari personali e comunita-
ri di crescita nella fede, fino all’impegno par-
ticolare di proporre e incoraggiare scelte di
vita concrete. In questo senso, la vocazione
al sacerdozio e/o alla vita consacrata si trova
nel contesto della ricerca vocazionale.
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Don Miguel Ángel García Morcuende Animazione vocazionale. Principio ispiratore e traguardo
della Pastorale Giovanile Salesiana
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6 Tre percorsi di
cultura vocazionale
Pregare, vivere e agire
A partire dalla citazione di Papa Francesco
(EG 107), possiamo indicare tre percorsi da
seguire per una coerente animazione voca-
zionale: vivere un fervore apostolico conta-
gioso, pregare con insistenza e osare la pro-
posta. In sintesi: cosa possiamo fare? Pre-
gare, vivere e agire. Si tratta di strategie
che mirano ad aiutare i giovani a costruire
un ecosistema orientato alla scelta.
Dall’esperienza vissuta nelle ispettorie,
proponiamo queste tre aree particolarmen-
te opportune, interconnesse, a vari livelli.
Tutto ciò implica che l’ispettoria deve:
–– costituire l’équipe o la commissione per l’a-
nimazione vocazionale. È necessario ricono-
scere e ringraziare che queste équipe posso-
no elaborare riflessioni, promuovere azioni
e offrire esperienze, mantenendo l’entusia-
smo per il servizio di promozione vocaziona-
le. A queste squadre dovrebbe essere offer-
ta anche una formazione che risponda alle
esigenze del nostro tempo.
–– garantire che il coordinatore dell’animazione
vocazionale della ispettoria sia nelle miglio-
ri condizioni per svolgere la sua missione
specifica.
–– offrire, all’interno del PEPSI, luoghi di riferi-
mento e iniziative di preghiera, accompa-
gnamento e discernimento vocazionale.
–– investire in risorse umane e materiali nell’a-
rea dell’accompagnamento e del discerni-
mento vocazionale;
–– definire il processo completo di accompagna-
mento dei giovani in ricerca, sulla base di un
piano che comprenda le fasi, i profili e i ruoli
delle persone coinvolte, soprattutto per quan-
to riguarda gli aspirantati, le comunità pro-
poste o i centri di orientamento vocazionale.
Le comunità religiose devono:
–– riflettere e inserire nel loro progetto comu-
nitario annuale alcuni impegni specifici per
far conoscere la vocazione salesiana;
–– offrire esperienze comunitarie a chi deside-
ra approfondire la propria vocazione sale-
siana e condividere esperienze di vita e di
spiritualità: passare dal ‘animatore vocazio-
nale’ alla ‘comunità vocazionale’;
–– creare spazi accoglienti per i giovani, sfor-
zarsi non solo di conoscerli: accoglierli e tra-
scorrere la vita con loro, che è molto più che
offrire loro esperienze, risorse e opportu-
nità pastorali;
–– esprimere chiaramente la gioia e la speran-
za della loro chiamata vocazionale a essere
ciò che sono: salesiani.
–– promuovere un atteggiamento di ricono-
scimento, celebrazione e accompagnamen-
to dei giovani che esprimono un senso di
chiamata;
–– essere a contatto con i giovani e iniettare
così nei loro cuori la «vitamina M» (=missio-
ne) che li renderà capaci di diventare i più
diretti testimoni di Gesù presso i loro ami-
ci, coetanei e coetanee;
–– dare visibilità ai salesiani anziani, non come
reperti, ma come testimoni.
Ciò implica che nelle CEP bisogna:
–– rivedere le buone pratiche in tutti i settori del-
la casa ed esaminare quali di queste hanno
davvero un impatto pastorale sui giovani;
–– promuovere la formazione sulla cultura
vocazionale in tutta la Comunità Educati-
va-Pastorale, in modo da contribuire a una
più profonda comprensione delle vocazioni,
superando l’idea che solo i salesiani «han-
no una vocazione»;
–– offrire esperienze concrete di fede, servizio
e comunità adatte all’età, alla condizione e
alle circostanze di ciascuno (Papa Francesco
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FLASH • Ottobre 2022 SETTORE PASTORALE GIOVANILE Salesiani di Don Bosco Sede Centrale Salesiana
lo formula in modo più espressivo quando
afferma che «la vocazione cristiana nasce
necessariamente all’interno di un’esperien-
za di missione» - 52a Giornata Mondiale di
Preghiera per le Vocazioni, 2015);
–– privilegiare le attività vocazionali tra le altre
attività, in particolare gli spazi e i tempi per
l’accompagnamento personale, i momen-
ti forti (un’esperienza missionaria, un’espe-
rienza forte di preghiera o gli Esercizi Spi-
rituali, l’incontro con una persona signifi-
cativa, una celebrazione pasquale...) e gli
eventi di impatto salesiano (la partecipazio-
ne a una professione religiosa o a un’ordi-
nazione, la visita a un centro per giovani a
rischio...);
–– nel piano di animazione vocazionale, pre-
stare attenzione all’introduzione di elemen-
ti vocazionali in tutte le fasce d’età; abbia-
mo un posto privilegiato tra gli animatori, i
volontari, i giovani collaboratori, gli studen-
ti universitari, gli studenti degli ultimi anni.
7 Conclusione
Molti forse non sanno che i cercatori di petrolio
devono scavare in media 247 pozzi per trovar-
ne uno redditizio. E non si lasciano scoraggia-
re dalla serie di fallimenti. Continuano a cerca-
re, perché sanno che un solo pozzo fruttuoso
vale la lunga serie di ricerche infruttuose. E la
vocazione cristiana? Varrà meno di un pozzo di
petrolio? E il cuore salesiano? Sarà meno red-
ditizio? Non dobbiamo scoraggiarci nel nostro
compito vocazionale di far conoscere, ama-
re e seguire il Signore Gesù con tutti i mezzi
appropriati.
Anche la Chiesa di oggi ha bisogno del-
la vocazione del salesiano consacrato. For-
se dovremmo ricordare a noi stessi che il
dinamismo del discernimento vocazionale
non finisce quando una persona lascia una
casa di formazione. Il discernimento è un
compito spirituale illuminato dalla speran-
za di conoscere la volontà di Dio; è un com-
pito umile, perché implica la consapevolezza
di non sapere, ma esprime il coraggio di cer-
care, di guardare e di camminare in avanti,
liberandosi da quella paura del futuro che è
ancorata al passato e che nasce dalla pre-
sunzione di sapere già tutto.
La vocazione è un processo che dura tut-
ta la vita, percepito come una successione di
chiamate e risposte, un dialogo nella libertà
tra Dio e ogni essere umano, che assume la
forma di una missione da scoprire continua-
mente nelle varie fasi della vita e a contatto
con nuove realtà. Una vocazione, quindi, è il
modo particolare in cui una persona struttura
la propria vita in risposta a una chiamata per-
sonale ad amare e servire; il modo di amare e
servire che Dio vuole per ciascuno.
Don Miguel Ángel García Morcuende
Consigliere per la Pastorale Giovanile
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