Don Miguel Ángel García Morcuende • Il salesiano educatore pastore nella Comunità Educativa Pastorale
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L’”amore pedagogico”, la “bontà eretta a
sistema”, la “dolcezza di San Francesco di
Sales”, la “pedagogia del cuore” si riferiscono
al Sistema Preventivo, in particolare a quella
costellazione di atteggiamenti e indicazioni
pratiche che sono legate all’amorevolezza,
che va oltre il gesto di simpatia. Essa è sem-
pre alla base della carità pastorale che cer-
ca la salvezza dei giovani, manifestandosi
attraverso un affetto riconoscibile e tempe-
rato dalla ragione. E questo vale soprattutto
per i giovani, ma anche per i laici.
Implica soprattutto un “cuore” pastorale: la
volontà, l’impulso, il desiderio di lavorare, di
trovare piacere nelle imprese pastorali, di esse-
re disponibili, di donarsi con cuore gioioso, di
sentirsi attratti dai più bisognosi, di considera-
re ogni sforzo proporzionato, di superare facil-
mente le piccole frustrazioni, di non arrender-
si, di affrontare i rischi e le difficoltà come se
fossero poca cosa, di iniziare nuovi processi
con entusiasmo e creatività (cfr. Evangelii Gau-
dium, n. 223).
[c] Vivere la carità pastorale significa lottare
contro i “nemici” interni. C’è sempre qualcosa
da migliorare, da eliminare, e questo porta a
una perdita di passione per la missione, inti-
mamente legata alla paura del cambiamento,
alla difficoltà di adattarsi a nuovi linguaggi e
alla mancanza di coraggio di rischiare (di uscire
dalla zona di comfort). Tutto questo è la mani-
festazione del “raffreddamento carismatico”
che taglia le ali alla profezia e, di conseguen-
za, dà luogo al ritiro pastorale.
A volte si verifica una crisi di identità in alcu-
ni fratelli quando non hanno più una posizione
specifica di responsabilità all’interno dell’Ope-
ra (a causa dell’invecchiamento fisico e/o men-
tale o di una malattia). Nella CEP non è sem-
pre facile per i salesiani anziani farsi coinvolge-
re e partecipare, dimenticando purtroppo che
questi fratelli arricchiscono le nostre case con
la loro esperienza, la loro preghiera e l’offerta
della propria vita.
Tuttavia, siamo convinti che in ogni situa-
zione esprimiamo il nostro “essere” consacra-
to nel nostro “stare” tra i giovani (“sacramento
della presenza”), dando la priorità ai più pove-
ri. In altre parole, il SDB, con le sue debolezze
e nonostante esse, deve piantare i suoi pie-
di e il suo cuore nel profondo della condizio-
ne giovanile, soprattutto dove c’è più bisogno
e abbandono. Per questo motivo, ognuno di
noi, nel rivedere il proprio progetto personale,
deve interrogarsi sulla personale sensibilità ai
drammi e alle urgenze della società, in partico-
lare alla realtà dei bambini e dei giovani che più
soffrono dell’ingiustizia e delle sue conseguenze.
Nelle parole di Papa Francesco: “testimonia-
re che Gesù ci basta e che il tesoro di cui voglia-
mo circondarci è costituito piuttosto da coloro
che, nella loro povertà, ce lo ricordano e lo rap-
presentano: non poveri astratti, dati e catego-
rie sociali, ma persone concrete, la cui dignità
ci è affidata come genitori. Genitori di perso-
ne concrete; cioè paternità, capacità di vedere,
concretezza, capacità di accarezzare, capacità
di piangere” (Discorso ai Vescovi partecipan-
ti nel corso di formazione organizzato dalla
Congregazione dei Vescovi e la Congregazio-
ne delle Chiese orientali, 12 settembre 2019).
2.2. Mettersi dalla parte dei giovani
lavorando per una pastorale organica
La cultura dei giovani è un luogo abitato da
Dio e ha bisogno di SDB che sappiano entrar-
vi, conoscerne a fondo le dinamiche e riscri-
vere il Vangelo in modo nuovo e diverso, per
renderlo accessibile e valido per loro. La prima
responsabilità di un educatore/evangelizzato-
re è quella di definire la realtà con uno sguar-
do mirato, sostenuto e profondo.
Questa realtà ci dice che bisogna supera-
re la frammentazione pastorale, abbattendo le
“dogane” e i “regni” che si possono creare all’in-
terno delle Opere. Occorre quindi optare per
una pastorale organica che superi l’approccio
pastorale frammentario o disarticolato di tan-
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