Pastorale Giovanile e Famiglia ITA WEB


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Pastorale
Giovanile e
Famiglia
Settore per la
Pastorale Giovanile
Salesiana

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Disegno grafico: Artia Comunicación
Illustrazioni: Javier Carabaño
Proprietà riservata al Settore per la Pastorale Giovanile, SDB
Edizione extra commerciale
Salesiani di Don Bosco – Sede Centrale
Via Marsala, 42. 00185 Roma

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Pastorale
Giovanile e
Famiglia
Settore per la
Pastorale Giovanile
Salesiana

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SIGLE E ABBREVIAZIONI
ACG Atti del Consiglio Generale della Società Salesiana di San
Giovani Bosco
PEPS Progetto Educativo-Pastorale Salesiano
CEP Comunità Educativo-Pastorale
FONTI
FC Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica «Familiaris
Consortio» (22 novembre 1981).
FD Documento finale del Sinodo dei Vescovi sui Giovani, la
Fede ed il Discernimento Vocazionale (27 ottobre 2018)
AL Francesco, Esortazione apostolica post sinodale sull’amore
nella famiglia «Amoris laetitia» (19 marzo 2016).
CV Francesco, Esortazione apostolica post sinodale «Christus
vivit» (25 marzo 2019).
EG Francesco, Esortazione apostolica ai vescovi ai presbiteri
e ai diaconi alle persone consacrate e ai fedeli laici
sull’ annuncio del vangelo nel mondo attuale «Evangelii
Gaudium» (24 novembre 2013).
FT Francesco, Lettera enciclica «Fratelli Tutti» (3 ottobre
2020).
FS Fonti Salesiane. 1. Don Bosco e la sua opera Raccolta
antologica, Roma, LAS, 2014.
BR Braido, P. Don Bosco prete dei giovani nel secolo delle
libertà, LAS, 2003
Braido, P. San Giovanni Bosco, Scritti sul sistema
preventivo nell’educazione della gioventù. La Scuola, 1965
QR La pastorale giovanile salesiana. Quadro di riferimento,
SDB, Roma 2014.
PGF Pastorale Giovanile e famiglia. Atti del Congresso
Internazionale (27 novembre – 1° dicembre 2017 a Madrid).

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INDICE
Presentazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6
Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
“Prendersi cura della famiglia”… . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10
…per far sì che le famiglie si “prendano cura” degli altri . . . . . 13
La famiglia, specchio dei tempi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
Capitolo 1
LA FAMIGLIA DI DON BOSCO: UNA FAMIGLIA CONCRETA . . . . . . . 17
1.1. La perdita e l’assenza del padre . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18
1.2. “Una famiglia aperta” con al centro la madre . . . . . . . . . . 21
1.3. Valdocco come a casa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24
1.4. Dio ti vede, vediamo come Dio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27
IN SINTESI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29
Capitolo 2
SISTEMA PREVENTIVO E FAMIGLIA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31
2.1. Sistema Preventivo: esperienza spirituale e apostolica . 32
2.2. La “fantasia della carità” che prende vita nel Sistema
Preventivo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33
2.3. Lo spirito di famiglia e la testimonianza educativa:
preziosa eredità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35
2.4. Comunicazione e trasmissione intergenerazionale . . . . . 37
IN SINTESI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41
Capitolo 3
INVESTIRE SULL’EDUCAZIONE DEI GIOVANI PER COSTRUIRE LE
FAMIGLIE DI OGGIE DI DOMANI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43
3.1. Giovani e famiglie nel cuore della CEP . . . . . . . . . . . . . . . 44
3.2. Ambiti in cui coinvolgere le famiglie . . . . . . . . . . . . . . . . . 45
3.3. Il contributo della famiglia nella CEP . . . . . . . . . . . . . . . . 46
3.4. Pastorale giovanile salesiana e famiglia:
coinvolgimento e l’integrazione nel PEPS . . . . . . . . . . . . 51
IN SINTESI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 65
Riflessione conclusiva . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67
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Presentazione
Il cammino della Chiesa, della Congregazione e del
Settore per la Pastorale Giovanile Salesiana, nell’approfondimento della
sinergia tra pastorale giovanile e famiglia, nasce proprio nel triennio 2015-
2018 in occasione dei Sinodi promossi dalla Chiesa (“Le sfide pastorali
sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione”, 2014; “La vocazione
e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo”,
2015; “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”, 2018). Tre sinodi,
due sulla famiglia e uno sui giovani, di cui ha beneficiato molto il cammino
della pastorale giovanile e della famiglia. Nella stessa riflessione del 27º
Capitolo Generale della Con¬gregazione Salesiana (2014) e nel Convegno
internazionale “Pastorale Giovanile e famiglia” (Madrid, 2017) del Settore
per la Pastorale Giovanile si è insistito su come la famiglia, in quanto forma
sociale ed ecclesiale, sia un fattore chiave nella società e nell’educazione
delle nuove generazioni.
Nell’ultimo trimestre del 2020, abbiamo reperito e analizzato il materiale
riguardante i percorsi intrapresi dalla Congregazione su questo tema (riunioni
di delegati, documenti di esperti e contributi del Congresso); contestualmente
abbiamo esaminato la recente letteratura (successiva alla pubblicazione
di Amoris Letitia), nel panorama internazionale, relativa alla relazione tra
pastorale giovanile e famiglia, arrivando a produrre un documento.
In un secondo tempo, abbiamo chiesto a un grande gruppo di persone
provenienti dalle varie Regioni, di inviare contributi e suggerimenti rispetto
ai contenuti; contemporaneamente il Rettor Maggiore e il suo Consiglio
hanno studiato il testo in diverse sessioni di lavoro (gennaio e giugno 2021).
Dopo aver integrato lo scritto con le indicazioni e le proposte pervenute,
siamo arrivati a produrre questo documento finale, più affinato e in linea
con il nostro vissuto rispetto a questo tema.
Il testo che leggerete, si configura, dunque, come una raccolta sintetica e
organica di ciò che di essenziale è emerso durante questo ricco e proficuo
percorso. Questo documento non ha la pretesa di essere un manuale di
pastorale familiare. Queste pagine rispondono ad una riflessione, sicuramente
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non esauriente, che evidenzia quanto il coinvolgimento e l’integrazione
di queste due realtà (pastorale giovanile salesiana e famiglia) ci portino a
riflettere insieme sulla significatività e sulle esigenze che questa duplice
prospettiva comporta per il nostro rinnovamento educativo e pastorale.
Possiamo formare la persona dei nostri ragazzi, adolescenti e giovani
senza esaminare, chiarire e far rivivere i valori della famiglia?
L’obiettivo di questo opuscolo è quello, quindi, di rivolgere lo sguardo verso
questa direzione pastorale. I destinatari sono i Salesiani di don Bosco e tutti
gli operatori pastorali che hanno responsabilità nell’animazione dei diversi
settori e ambiti.
Di fronte alla situazione familiare che viviamo oggi, infatti, noi salesiani, con
la Famiglia Salesiana, siamo chiamati a fare una proposta educativa pastorale
per accompagnare tutte le tipologie di famiglie che compongono le
nostre CEP e tutti i giovani. Alcuni lettori potrebbero avere l’impressione che
stiamo passando da un’attenzione preferenziale ai giovani ad un interesse
privilegiato per la famiglia. È lecita, quindi, la domanda sul significato, sulle
ragioni e le conseguenze di questa che potrebbe sembrare una deviazione
rispetto alla nostra scelta prioritaria. Concretamente, la scelta per i giovani,
non è esterna e occasionale, ma interna alla pastorale e non proviene
dall’organicità del messaggio (evangelizzazione), ma da una preferenza
carismatica; non siamo nati evidentemente come un movimento per la
cura della pastorale famigliare. Come Famiglia Salesiana siamo orientati alla
missione giovanile, a un amore preferenziale per i giovani, specialmente per
i più bisognosi, per il bene della Chiesa e della società. Possiamo dire con
Don Bosco: «Il Signore mi ha mandato per i giovani, perciò bisogna che mi
risparmi nelle altre cose estranee e conservi la mia salute per loro».
Ma benché sia vero questo, è altrettanto realistico che non possiamo
lavorare con i giovani senza pensare alle loro famiglie. Già il Papa
emerito Benedetto XVI nel discorso tenuto all’Udienza ai partecipanti al
Capitolo Generale dei Salesiani (31 marzo 2008), in merito alle nuove
frontiere dell’evangelizzazione, esprime chiaramente che “curare le famiglie
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non è sottrarre forze al lavoro per i giovani, anzi è renderlo più duraturo
e più efficace. Vi incoraggio perciò ad approfondire le forme di questo
impegno, su cui già vi siete incamminati; ciò tornerà anche a vantaggio
dell’educazione ed evangelizzazione dei giovani”. Questo è pertanto
l’orizzonte di questo lavoro.
Il testo che presentiamo si compone di tre parti; nella prima si ricorda il
valore della famiglia nell’esperienza di Don Bosco e a Valdocco, per poi
offrire, nella seconda sezione, alcune riflessioni sulla qualità dell’incontro
educativo e sullo spirito di famiglia nel Sistema Preventivo. Nell’ultimo
capitolo, viene sottolineata l’importanza della famiglia in sé, del suo
contributo nell’ecosistema della formazione dei giovani, evidenziando
positivamente il suo apporto nella vita quotidiana della Comunità Educativo-
Pastorale (CEP). Vengono presentate alcune indicazioni concrete per il PEPS,
partendo da alcune affermazioni che individuano la famiglia come prima
e comune vocazione e luogo per eccellenza del legame affettivo; soggetto
attivo di pastorale nelle Comunità Educativo-Pastorali; spazio di esperienza
di dialogo, di rispetto, di amore, di attenzione per i giovani che vogliono
investire nelle relazioni e nei legami familiari.
Prima di lasciarvi alla lettura, desidero esprimere un vivo e cordiale
ringraziamento a quanti, dalle diverse ispettorie del mondo, hanno
partecipato attivamente alla realizzazione del testo, alla Dott.ssa
Antonella Sinagoga, e a quanti ci hanno accompagnato con competenza e
professionalità indicandoci suggerimenti ed orientamenti.
Miguel Ángel García Morcuende
Consigliere Generale per la Pastoral Giovanile
ROMA, 24 GIUGNO 2021
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INTRODUZIONE

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INTRODUZIONE
1 “Prendersi cura della
famiglia”…
La cura della famiglia suscita un grande interesse in tutto il mondo.
Una particolare attenzione è dedicata alla questione attraverso articoli,
pubblicazioni scientifiche e atti dei convegni. Nello stesso tempo, alla
famiglia è chiesto di prendersi cura dei legami che costituiscono la
fitta trama che sostiene la persona dei giovani nel processo di crescita e
che incrementano la qualità della vita di una comunità. Perciò, bisogna
promuovere adeguate strategie educativo-pastorali di sostegno alla
famiglia, sul ruolo che ha nella costruzione dei rapporti interpersonali e
intergenerazionali, nonché nella complessiva concezione dell’educazione
e dell’accompagnamento delle nuove generazioni.
Francesco ci invita oggi a sviluppare una «pastorale del vincolo»
(AL, 211) perché ogni esperienza familiare è una storia di rela-
zioni, costruita attorno ad un progetto di vita, collegato ad un
contesto culturale, sociale, economico e politico. Ogni famiglia
nel corso di questa storia alterna momenti in cui riesce ad espri-
mere le proprie risorse, a momenti in cui attraversa momenti di
vulnerabilità e fatiche.
Nella sua complessità, ogni famiglia è come un libro che ha bisogno di
essere letto, interpretato e compreso con molta cura, attenzione e rispetto.
Nella nostra società contemporanea, la vita familiare presenta, di fatto,
alcune condizioni che la espongono a fragilità:
◗◗ La debolezza e frammentazione delle reti relazionali, in una cultura
in cui è cresciuta una visione individualista dell’esistenza, si sono
indebolite le relazioni comunitarie e le pratiche di socialità, con un
impoverimento dei legami di prossimità, affettivi, delle reti informali di
aiuto e sostegno e della cultura dell’incontro (cfr. FT, 30). Sono mutati i
luoghi dell’incontro. Inoltre, la cultura digitale rappresenta una fragilità
e una risorsa: le nuove tecnologie danno maggiori possibilità di aderire
alla vita sociale e di relazione condividendo luoghi virtuali, ma non è
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PASTORALE GIOVANILE E FAMIGLIA
detto che questa partecipazione sia poi effettiva e affettiva. Si vive
nell’era dell’iperconnessione, in contatto con tutti e in qualunque
momento tramite internet e piattaforme sociali; ogni istante, anche
quando, per esempio, si è seduti a tavola e si dovrebbe vivere un
momento conviviale, non si staccano quasi mai le mani e purtroppo
neanche la mente, dallo smartphone.
◗◗ L’aridità spirituale, l’allontanamento dalle “cose dello spirito” o
l’incapacità di connettersi al Divino per un significato più profondo
nella vita, per vivere la propria fede in modo significativo.
◗◗ Il disorientamento e i rischi connessi al superamento di momenti
di cambiamento, in una cultura centrata sull’ “autosufficienza”,
particolarmente nei passaggi evolutivi della vita (adolescenza, nascita
di un figlio, invecchiamento …) e nei momenti di cambiamento
imprevisto (come, ad esempio, la perdita del lavoro, separazioni, lutti,
…), spesso vissuti nell’intimo delle “case” domestiche.
Confrontarsi con le fragilità è importante, anche perché “nessuna
famiglia è una realtà perfetta e costituita una volta per sempre, ma
richiede un graduale sviluppo della propria capacità di amare. [...] E tuttavia,
contemplare la pienezza che non abbiamo ancora raggiunto ci permette
anche di relativizzare il cammino storico che stiamo facendo come famiglie,
per smettere di pretendere dalle relazioni interpersonali una perfezione, una
purezza di intenzioni e una coerenza che potremo trovare solo nel Regno
definitivo. Inoltre ci impedisce di giudicare con durezza coloro che vivono in
condizioni di grande fragilità. Tutti siamo chiamati a tenere viva la tensione
verso qualcosa che va oltre noi stessi e i nostri limiti, e ogni famiglia deve
vivere in questo stimolo costante. Camminiamo, famiglie, continuiamo a
camminare! Quello che ci viene promesso è sempre di più. Non perdiamo
la speranza a causa dei nostri limiti, ma neppure rinunciamo a cercare la
pienezza di amore e di comunione che ci è stata promessa” (AL, 325).
La famiglia è soggetta a continue trasformazioni. Le varie configurazioni
l’hanno resa una realtà poliedrica: si pensi alle famiglie nucleari (padre,
madre e figli) o semplici; famiglie mononucleari (padre o madre con figli)
ovvero prive di un’unità coniugale; famiglie estese o allargate e quindi
un’unità coniugale e più parenti conviventi (con più di due generazioni
nello stesso nucleo); multiple (con più generazioni, più nuclei matrimoniali
e persone sole). La tipologia della famiglia si è ampliata: famiglie separate,
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INTRODUZIONE
ricostituite o ricomposte, monoparentali, multietniche, unioni di fatto,
unioni civili stabili. La parentela o il matrimonio non sono più criteri esclusivi
per definire la famiglia. La realtà è diventata talmente complessa che oggi
non possiamo pensare alla famiglia al singolare, ma al plurale.
NON C’È FAMIGLIA, CI SONO FAMIGLIE
Nonostante le molteplici configurazioni familiari, possiamo affermare che la
relazione familiare è una componente di fondamentale importanza, perché
nel bene e nel male, è l’unico accesso per la costruzione e lo sviluppo
della propria identità. La famiglia è un contesto relazionale che sostiene la
trasformazione; è infatti l’istituzione che ‘organizza’ le relazioni primarie
e le differenze fondamentali dell’umano. La famiglia è, quindi, spazio e
“luogo” di incontro delle diversità, che sono alla base dell’esperienza
umana tra i sessi, le generazioni, i temperamenti, le identità, ecc.
Per Francesco, le famiglie “non sono un problema, ma soprattut-
to un’opportunità” (AL 7), basti pensare all’esperienza di Gesù
nella sua famiglia (Lc 2, 51-52). Opportunità di imparare ad es-
sere, a vivere insieme, ad aiutare, a curare, ad amare.
Quando si parla di cura della famiglia, ciò implica necessariamente la cura,
in primo luogo, dei membri della famiglia, nella loro diversità, nella loro
dignità; nessuna istituzione deve essere al di sopra delle persone e del
loro sviluppo umano integrale. Pensare e vivere le famiglie come una
buona notizia è un invito a vivere uno spazio a partire dal quale è possibile
costruire un “noi”. La famiglia come progetto felice implica riconoscere le
luci e le ombre di questa esperienza, riconoscersi come esseri in relazione
e in comunione con contesti più ampi.
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PASTORALE GIOVANILE E FAMIGLIA
2 …per far sì che le famiglie
si “prendano cura” degli altri
Il «processo sinodale» sulla famiglia, promosso da Francesco e
concepito in due Sinodi (uno straordinario, nel 2014, e uno or-
dinario, nel 2015) ha permesso di comprendere che, come affer-
mava San Giovanni Paolo II: “la famiglia non è un ambito del-
la pastorale ma è l’orizzonte e la via della Chiesa” (Lettera alle
famiglie, 1994).
Siamo convinti che le famiglie, tutte le famiglie, siano soggetto, e non
soltanto oggetto, di educazione ed evangelizzazione, perciò per
noi, operatori di pastorale giovanile salesiana, l’esortazione post-sinodale
«Amoris Laetitia» è un invito a ripensare, in ascolto dei tempi, la famiglia
al servizio pastorale che ci è stato affidato.
Le famiglie sono soggetto di evangelizzazione ed educazione sia ad intra
(nei confronti del loro figli) sia ad extra (nella comunità ecclesiale e nelle
CEP di cui fanno parte). Il primo aspetto è cruciale, certamente, ma più
“ordinario” e legato a dinamiche di pastorale familiare; il secondo è
l’apporto specifico del ragionamento che stiamo portando avanti come
Congregazione.
In questo contesto culturale e nell’attraversare le dinamiche di cambiamento
che quest’epoca presenta, la famiglia se da un lato è soggetto esposto
a fragilità e rischi, come abbiamo accennato, rappresenta dall’altro una
risorsa unica e preziosa nelle nostre CEP. Nell’ambito del congresso
internazionale di Madrid del 2017 è stata avviata questa analisi con ampie
riflessioni e dibattiti. Al di là delle trasformazioni che l’hanno caratterizzata
e la caratterizzano, emerge una lettura positiva della famiglia oggi, quale:
◗◗ Luogo dell’accoglienza e della relazione in quanto è la
manifestazione più compiuta di quell’esperienza fondamentale della
persona che è la relazione con l›altro (nella coppia, nei confronti dei
figli, nel rapporto tra fratelli, nelle relazioni parentali allargate). È
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2.4 Page 14

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INTRODUZIONE
incontro di persone che hanno la possibilità di prendersi cura l’una
dell’altra e quindi di essere significative l’una per l’altra (attraverso
relazioni quotidiane in cui misurarsi con i bisogni e le necessità degli
altri e educarsi ad un reciproco ascolto e dialogo).
◗◗ Luogo per eccellenza del legame affettivo, ma anche il luogo
della responsabilità nei confronti dell’altro.
◗◗ Luogo di alterità tra persone che, superando con fiducia la paura
della differenza e dell’indifferenza, cominciano a sperimentare in
modo positivo il confronto tra loro, imparando a considerarlo come
una risorsa che, in una dinamica di scambio, permette ad entrambi
di crescere.
◗◗ Luogo dell’educazione, perché il processo educativo promuove il
compimento dell’identità.
◗◗ Luogo dell’umanizzazione, perché la famiglia dà forma umana,
umanizza ciò che da lei nasce e in lei si lega, contribuendo alla crescita
armoniosa delle persone.
◗◗ Luogo di crescita nella fede; terreno sacro in cui ogni membro
della famiglia cresce verso l›unità con Dio.
◗◗ Luogo privilegiato in cui si sperimenta la gioia del perdono.
È all’interno della famiglia che ci si educa al perdono, perché si ha
la certezza di essere capiti e sostenuti nonostante gli sbagli che si
possono compiere.
◗◗ Luogo di speranza che testimonia che in un modo che tende
all’individualismo e all’apparenza, esiste ancora l’amore disinteressato,
la generosità, l’altruismo, la benevolenza e la cura verso i più deboli.
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2.5 Page 15

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PASTORALE GIOVANILE E FAMIGLIA
3 La famiglia,
specchio dei tempi
L’istituzione familiare, nonostante i cambiamenti e le sfide di vario genere
che la minacciano, rimane solida, ma la famiglia è un progetto di vita/
vissuto/realtà che richiede un orizzonte di attuazione e l’impegno
costante da parte di tutti.
Dalle realtà pastorali provenienti da tutte le regioni della Congregazione,
sono emerse molte sfide e approfondimenti, che potranno essere analizzati
negli incontri di formazione futuri:
◗◗ Sfida di un adeguato collocamento all’interno del Progetto
Educativo-Pastorale Salesiano. È importante giustificare la
terminologia che adoperiamo per essere fedeli al nostro carisma:
“pastorale giovanile e famiglia”. Un binomio usato nella prospettiva
salesiana che non trascura l’attenzione preferenziale e prioritaria
ai giovani, che non dà a questa scelta un senso soltanto retorico,
senza conseguenze sul piano operativo, che non ci appiattisce
in una indifferenziata identità apostolica, che non dà adito a
parallelismi o pastorali non collegate. Pensare insieme i due
temi è antropologicamente corretto, teologicamente fondato e
pastoralmente promettente e fecondo.
La pastorale tra i giovani è «stile» e «metodo», come afferma
l’art. 20 delle Costituzioni dei Salesiani di Don Bosco: «Don Bo-
sco visse nell’incontro coi giovani del primo oratorio un’esperien-
za spirituale e educativa che chiamò ‘Sistema Preventivo’. […]
Don Bosco ce lo trasmette come il nostro modo di vivere e di la-
vorare per comunicare il vangelo e salvare i giovani».
◗◗ Sfida del protagonismo delle famiglie. Oltre a fare di tutte le
coppie e famiglie cristiane e di ciascuna di esse il termine delle sue
attenzioni e delle sue cure, obiettivo pastorale è riconoscere nelle
stesse coppie e famiglie un soggetto pastorale attivo e responsabile
nella partecipazione alla vita e alla missione della Chiesa e allo
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INTRODUZIONE
sviluppo della società, svolgendovi quei compiti e quel ministero che
affondano le loro radici nel sacramento del matrimonio.
◗◗ Sfida di accogliere e lavorare con tutte le famiglie, aprendosi
soprattutto alle famiglie con vulnerabilità e difficoltà, accogliendo e
aiutando a guarire le ferite che si manifestano nei rapporti umani,
sia prima che dopo la formazione della famiglia. Anche a livello
concettuale, fare proprio il termine al plurale - famiglie - perché
siamo di fronte a innumerevoli configurazioni familiari.
◗◗ Sfida della vita spirituale nel contesto familiare. Recuperare la
dimensione spirituale per sentirne il gusto, la bellezza. L’invito a fare
della vita familiare una buona notizia, un motivo di felicità, ci pone
nella chiave dell’amore come luogo di donazione in cui originano
e prendono vita le relazioni, per poi portarci a trascendere questo
nucleo fino a proiettarlo nella comunità.
◗◗ Sfida della formazione. Promuovere incontri di formazione su
temi di interesse per le famiglie e sul tema della famiglia, soprattutto
nella cultura contemporanea per salesiani, famiglie, giovani adulti,
giovani coppie. Riflettere sul progetto creaturale e salvifico di Dio
su matrimonio e famiglia che necessita di essere conosciuto e
approfondito.
◗◗ Sfida del networking. La necessità di fare rete con tutte le istituzioni
(diocesi, altre associazioni, …) che si occupano delle più diverse
configurazioni familiari per stringere buone alleanze.
◗◗ Sfida di integrare famiglie e MGS, per non perdere di vista il focus
giovanile della nostra pastorale, sottolineando l’intreccio fecondo tra
due prospettive pastorali, quella della famiglia e quella dei giovani.
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PASTORALE GIOVANILE E FAMIGLIA
LA FAMIGLIA DI DON BOSCO:
UNA FAMIGLIA CONCRETA
CAPITOLO
I

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LA FAMIGLIA DI DON BOSCO: UNA FAMIGLIA CONCRETA
1 1 LA PERDITA E L’ASSENZA DEL PADRE
Incontrare don Bosco è un viaggio sempre attuale. Seguire i suoi
sogni; comprendere la sua passione educativa; conoscere il suo talento nel
tirare fuori i giovani da “strade cattive” per farli diventare “buoni cristiani
e onesti cittadini”, per educarli alla fede cristiana e alla coscienza sociale,
per guidarli a una professione onesta, è un’esperienza di straordinaria
intensità umana e familiare.
L’esperienza di Don Bosco ha radici lontane. La sua vita, infatti è
popolata da famiglie, da molteplicità di relazioni, da generazioni, da
giovani senza famiglia, da storie di amore e di crisi familiari, fin dalla prima
pagina della sua vita, quando deve affrontare molto giovane la perdita
del padre. Il primo ricordo che don Bosco comunica ai suoi lettori nelle
Memorie dell’Oratorio, si riferisce ad un episodio di cui soltanto più tardi
riuscirà a comprenderne l’importanza: la perdita del padre. Il vuoto paterno
nella vita di Don Bosco si trasforma in un grembo di fecondità, piuttosto
che in un trauma che ne paralizza o ne ostacola le potenzialità.
Conosciamo l’avvenimento e sappiamo come don Bosco concluse il
racconto: “Non so che ne sia stato di me in quella luttuosa occorrenza;
soltanto mi ricordo ed è il primo fatto della vita di cui tengo memoria,
che tutti uscivano dalla camera del defunto, ed io ci voleva assolutamente
rimanere. «Vieni, Giovanni, vieni meco», ripeteva l’addolorata genitrice.
«Se non viene papà, non ci voglio andare», risposi. «Povero figlio, ripigliò
mia madre, vieni meco, tu non hai più padre». Ciò detto ruppe in forte
pianto, mi prese per mano e mi trasse altrove, mentre io piangeva perché
ella piangeva, giacché in quella età non poteva certamente comprendere
quanto grande infortunio fosse la perdita del padre”. (FS, p.1174)
Don Bosco vive due volte il dolore di perdere un padre, quando
oltre il suo padre biologico (Francesco), perde il suo padre spi-
rituale (Don Calosso). Lui che era chiamato a curare gli orfani,
ha vissuto nella carne questa esperienza di perdita che lo ha se-
gnato per tutta la vita.
Scrivendo degli avvenimenti della sua vita, Don Bosco si è fatto coinvolgere
nelle vicende narrate. Non è difficile notare come, sullo sfondo dei quadretti
familiari sia descritta la grande nostalgia di una realtà che egli da bambino
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PASTORALE GIOVANILE E FAMIGLIA
non ha potuto gustare a causa della morte del padre: la tenerezza
dell’affetto paterno. Infatti, è soprattutto attorno alla figura del padre che
egli ritrae le scene più delicate e commoventi.
Don Bosco è stato in grado di elaborare la “perdita”. Da ragazzo senza
padre diventa un modello di paternità per i suoi ragazzi. In un contesto
sociale (occidentale) in cui la figura paterna è sconosciuta o passiva,
l’abbraccio di Don Bosco alla sua paternità è un segno di speranza
che può invitare i padri a possedere il loro ruolo specifico.
Quando si legge la storia di Giovanni Bosco, si può interpretare o intuire che
la sua è una famiglia “diversa” e per questo è una famiglia concreta, con i
suoi pregi e i suoi difetti, con le sue relazioni affettive e con le sue difficoltà.
La sua famiglia è una famiglia semplice, laboriosa e intraprendente. È
interessante la naturalezza con cui don Bosco si riferisce a problematicità
presenti nella sua stessa famiglia, senza nasconderle, ma semplicemente
narrandone le vicende e gli sforzi quotidiani, sapendo bene che la
volontà di Dio si compie all’interno delle reali e purtroppo complesse
relazioni quotidiane di tutti noi, segnate sì dalla Provvidenza, ma anche
dal peccato e dallo smarrimento.
La mancanza del padre, la difficoltà col fratello Antonio che spesso lo
ostacola, la nonna che può diventare un peso, la povertà che costringe
le scelte, il lavoro che riempie le giornate e sembra non far percepire
altro al di là dell’orizzonte della fatica quotidiana, sono tratti caratteristici
anche della famiglia Bosco, che non vengono nascosti, ma rivelati perché
essi formeranno nel concreto il carattere e il futuro di ognuno dei suoi
componenti.
Proprio da queste difficoltà e “mancanze”, comuni a molte famiglie di
allora e di oggi, nasceranno alcune caratteristiche fondamentali della
spiritualità di don Bosco. Non siamo nelle condizioni in queste pagine di
esaminare nel dettaglio come la famiglia abbia influenzato la vita del santo,
ma possiamo fin da subito individuarne alcune caratteristiche che ci paiono
di particolare importanza.
◗◗ La mancanza di un padre porterà Giovanni a ricercare altre
figure paterne e a riscoprire il ruolo primordiale e insostituibile di
un padre in una casa. Il primo sarà don Calosso da cui Giovanni
riconosce di “aver imparato il gusto della vita spirituale” (FS, p.1184),
19

2.10 Page 20

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LA FAMIGLIA DI DON BOSCO: UNA FAMIGLIA CONCRETA
da cui si sentirà amato e la cui scomparsa lo segnerà profondamente.
L’anziano sacerdote non era stato per lui solo un benefattore e
precettore incoraggiante, ma un padre, il primo padre spirituale, al
suo dire eccezionalmente significativo per la sua vita interiore e la
realizzazione della sua vocazione al sacerdozio.
Quarantacinque anni dopo ne tracciava un profilo, intenzional-
mente integrato dalla lunga ed esemplare esperienza per i suoi
preti, educatori cristiani della gioventù e promotori di vocazioni
ecclesiastiche. Anzitutto, “Gli feci conoscere – scrive - tutto me
stesso. Ogni parola, ogni pensiero, ogni azione eragli prontamente
manifestata. Ciò gli piacque assai, perché in simile guisa con fon-
damento potevami regolare nello spirituale e nel temporale. Co-
nobbi allora che voglia dire avere una guida stabile, di un fedele
amico dell’anima, di cui fino a quel tempo era stato privo. […] Da
quell’epoca ho cominciato a gustare che cosa sia vita spirituale,
giacché prima agiva piuttosto materialmente e come macchina
che fa una cosa, senza saperne ragione” (BR, 2003, p.124).
Ma proprio questa esperienza di vuoto renderà consapevole il giovane
prete don Bosco della difficoltà dei suoi stessi ragazzi, della qualità umana
e spirituale che lui stesso dovrà imparare a vestire nella propria vita per
essere il padre di molti che padre non hanno e che vedranno in lui, colui
che darà loro il gusto della vita, in tutti i sensi.
◗◗ La fatica e la fortuna di avere fratelli. Valdocco non sarà un’isola
felice, sarà sempre un insieme di ragazzi e adulti che dovranno man
mano limare i propri caratteri e lottare con sé stessi per vivere in pieno
una forma di carità dinamica, fatta di relazione, di ascolto, di momenti
di festa, di uscite, di condivisione; soltanto così potrà essere culla e
casa di molti. Don Bosco sa che non esiste una casa senza fratelli, che
con caratteristiche differenti, idee a volte diverse e con fatiche nella
convivenza, sanno però vedere in colui che gli sta a fianco un membro
della propria famiglia, uno che mi interessa da vicino, da cui dipendere
e a cui rivolgere il mio affetto e le mie attenzioni. Così fin da subito i
ragazzi che stanno con lui sono invitati a prendersi cura gli uni degli
altri, perché in famiglia si agisce così, perché così farà sempre Giuseppe,
fratello di don Bosco, anche da adulto; perché anche Antonio, seppur
dopo anni, riconoscerà le qualità di Giovanni; perché non c’è casa
senza fratellanza.
20

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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PASTORALE GIOVANILE E FAMIGLIA
◗◗ Il lavoro quotidiano per il bene di tutti: la povertà estrema vissuta
da bambino ai Becchi e il gusto e il valore del lavoro quotidiano nei
campi, resteranno nella vita di don Bosco come senso del dovere e
della fatica, come oggetto di insegnamento e strumento educativo,
perché il buon cittadino si guadagna il pane con il sudore della fronte
e per questo e con questo loda il suo Signore.
1 2 “UNA FAMIGLIA APERTA” CON AL CENTRO LA MADRE
Ciò che don Bosco scrive sulla propria percezione della morte del padre,
può essere considerato anche come rielaborazione successiva di rievocazioni
materne e della propria progressiva presa di coscienza della condizione di
orfano, sempre più affezionato alla madre.
Mamma Margherita, per connaturata energia fisica e morale e acquisito
senso di responsabilità, ha assunto sollecita il ruolo di madre paterna nel
governo fermo e prudente del già consolidato nucleo familiare. Perciò, la
ricerca della figura paterna da parte di Giovanni in sacerdoti benevoli e
caritatevoli non sembra rivelarsi mai ansiosa: in un contesto parentale solido
e solidale essa dovette essere già stata sufficientemente interiorizzata.
Un doppio approccio alla vita di Don Bosco ci aiuta a comprendere ancora
meglio le caratteristiche della famiglia Bosco: da una parte, Valdocco sarà
casa a più generazioni e con protagonisti provenienti da differenti
stati sociali, perché di fatto imiterà ciò che era semplicemente la realtà
quotidiana della famiglia Bosco appartenente al mondo popolare e delle
famiglie del tempo; dall’altra, l’attenzione alla presenza di Mamma
Margherita ci porta al centro della vita familiare.
A I Becchi, quando Giovannino viveva lì con i suoi, era un borgo in cui le
persone vivevano e lavoravano, inserite in un contesto sociale ed ecclesiale
che si estendeva fino al paese di Castelnuovo e nelle sue amicizie e relazioni
più estese giungeva fino a Cascina Moglia e addirittura alla stessa Chieri.
La famiglia di don Bosco viveva in un contesto sociale in cui es-
sere “di famiglia” si ampliava molto rispetto alle strette relazioni
genitori/figli a cui oggi siamo abituati. Si trattava di una socie-
tà dove vivevano contemporaneamente più generazioni, dove il
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3.2 Page 22

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LA FAMIGLIA DI DON BOSCO: UNA FAMIGLIA CONCRETA
prendersi cura gli uni degli altri era attualità quotidia-
na, perché anche il vicino di casa faceva parte della famiglia.
Lo insegnava Mamma Margherita, nella sua cura dei poveri, anche
di quelli di passaggio. Lo insegnavano le figure di parenti e amici che
aiutano il giovane Bosco a trovare lavoro, ad andare via di casa e trovare
i soldi per studiare. La famiglia di Don Bosco, dato l’ambiente sociale e
socioeconomico in cui visse, crebbe e sviluppò la sua missione lì; era il
mondo e la classe semplice e popolare, un aspetto gravitante della missione
e opzione privilegiata dei suoi salesiani del presente e del futuro. La
condivisione delle esperienze di un mondo povero con tutte le sue
precarietà e valori, ha impregnato il suo modo di vedere la realtà e la sua
capacità di compassione per i giovani più impoveriti. Insieme a sua madre,
vogliono essere una famiglia aperta che accoglie e accompagna coloro
che non hanno avuto esperienze gratificanti nelle loro famiglie. Vogliono
assicurare loro un’esperienza di famiglia e di casa in ogni opera che viene
eretta. Da qui la sua opzione pastorale e la capacità di comprendere le
vicissitudini del mondo popolare.
Anche dal punto di vista ecclesiale la cura delle relazioni tra famiglie è
un’attenzione pastorale quotidiana. Mamma Margherita, con ogni
probabilità, faceva parte di quel gruppo di mamme che, da anni, radunate
dai parroci di Castelnuovo, si trovavano per pregare e approfondire la
propria fede, diventando di fatto nucleo portante dell’educazione religiosa
dei figli e dei famigliari tutti. Il fattore comune che diventa costitutivo dello
spirito di famiglia di Don Bosco è la bellezza di un rapporto genuino.
B In secondo luogo, Mamma Margherita fu una madre speciale per
Giovannino Bosco e per tutti i ragazzi del primo Oratorio, che diventano la
sua famiglia, ai quali spesso si rivolgeva con battute e proverbi in dialetto
piemontese, che in poche parole riuscivano a condensare buon senso ed
esperienza.
Era una donna laboriosa, una donna di fede e di preghiera, un esempio
di vita cristiana per suo figlio Giovanni. Don Bosco, usando un linguaggio
educativo, potremmo dire che “si iscrisse alla scuola di sua madre
Margherita”, donna accogliente che, volendo, potremmo paragonare alla
Buona Samaritana del Vangelo; serviva i bambini e i giovani poveri di suo
figlio, gli scartati, come diremmo oggi. Se Don Bosco è santo è perché
ha avuto una madre santa.
22

3.3 Page 23

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PASTORALE GIOVANILE E FAMIGLIA
Nelle Memorie dell’Oratorio don Bosco ricorda con straordina-
ria precisione i gesti, le parole, gli atteggiamenti con cui sua
madre – mamma Margherita - lo preparò alla sua prima Comu-
nione. Egli presenta poi praticamente lo stesso modo di proce-
dere per descrivere la preparazione allo stesso evento nella vita
di Domenico Savio (FS, p.1031), Severino e Francesco Besucco
(FS, p.1033).
Aveva ragione il biografo di don Bosco Johannes Jørgensen (1931) a iniziare
la sua opera con la famosa frase: “In principio era la madre”. Effettivamente
Margherita era il centro della famiglia, in tutti i sensi. Pur vedova e con la
fatica di dover tirare avanti una famiglia in condizioni di povertà e anche di
difficoltà relazionali (specie col primo figlio, non suo, Antonio), Margherita
riesce a intraprendere un’opera educativa mirabile, tanto da essere
ricordata con nostalgia e poi ricercata con insistenza dallo stesso don Bosco
quando dovrà fondare la sua famiglia: Valdocco.
Dalla mamma don Bosco apprenderà l’amorevolezza, quell’amore materno
concreto, pieno di affetto, protettivo e capace di accompagnare il ragazzo
nella sua crescita, ma contemporaneamente quell’amorevolezza che “non è
debole, tenera, approssimativa, ma forte, ordinata, disciplinata, formatrice
di uomini seri e di cristiani di carattere”(BR, 1965, Regolamenti). I suoi tratti
ricordano le parole di Francesco in merito all’amabilità: Amare – scrive -
significa anche rendersi amabili. Vuole indicare che l’amore non opera in
maniera rude, non agisce in modo scortese, non è duro nel tratto. I suoi
modi, le sue parole, i suoi gesti, sono gradevoli e non aspri o rigidi. Detesta
far soffrire gli altri. Ogni giorno, «entrare nella vita dell’altro, anche quando
fa parte della nostra vita, chiede la delicatezza di un atteggiamento non
invasivo, che rinnova la fiducia e il rispetto. […] E l’amore, quanto più è
intimo e profondo, tanto più esige il rispetto della libertà e la capacità di
attendere che l’altro apra la porta del suo cuore» (AL 99).
La causa di beatificazione introdotta per Mamma Margherita
Occhiena ci sta aiutando a scoprirne ancora meglio la profondità
della fede, ma anche la capacità pedagogica, l’esempio di carità
concreta, la capacità di accompagnare i figli, ognuno a suo modo
e nella propria vocazione, la dedizione fino alla croce nel seguire
e sostenere don Bosco nella sua missione, la capacità di assu-
mere come suoi figli quei ragazzi che la provvidenza gli donerà
in Valdocco, facendola diventare la Mamma di ognuno e di tutti.
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LA FAMIGLIA DI DON BOSCO: UNA FAMIGLIA CONCRETA
1 3 VALDOCCO COME A CASA
L’esperienza fin qui brevemente descritta di Giovanni nella propria
famiglia segnerà indelebilmente la sua visione della vita e la sua
idea di educazione ed evangelizzazione dei giovani. Fin da ragazzo
Giovannino è stato educato a vedere la realtà con gli occhi della fede e in
particolare della fede di sua mamma.
All’origine dei Salesiani non c’è una teoria o uno schema di un pensatore, ma
una storia, un’esperienza vissuta secondo una speciale e concreta docilità
allo Spirito Santo, quella di Don Bosco a Valdocco, a Chieri, al convitto,
alle prigioni,... Questa realtà oratoriana sarà costruita come una famiglia
nel corso degli anni, grazie alla partecipazione di Mamma Margherita,
proprio in quella linea di casa dove mamma e papà costruiscono il clima
familiare che si vive nella vita di tutti i giorni. Col tempo diventerà un tratto
caratteristico e perenne della spiritualità/missione salesiana.
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3.5 Page 25

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PASTORALE GIOVANILE E FAMIGLIA
In tutta la vita notevole di don Bosco una interessante conside-
razione è riservata alla famiglia e alla sua preziosa opera edu-
cativa e pastorale. Le istituzioni da lui fondate in favore della
gioventù povera e abbandonata, rafforzando il modello familia-
re, sono chiamate “case” e gli educatori che in esse lavorano
sono impegnati a costruire un clima relazionale ispirato allo
“spirito di famiglia”.
Sono tutte caratteristiche che vissute quotidianamente ai Becchi
segneranno anche la casa di Valdocco e il clima di famiglia salesiano che lì
si sperimenterà attraverso:
◗◗ Il senso chiaro della provvidenza, che soccorre e accompagna la
vita quotidiana dei suoi figli e li sorregge nei momenti di difficoltà.
◗◗ Il senso della grazia che può vincere il peccato e che può indirizzare
sempre al bene.
◗◗ La carità concreta basata sulla buona volontà, sullo sforzo e
sull’impegno, ma anche sulla gioia e sulla condivisione.
◗◗ La possibilità di sperimentare e di fare un uso responsabile della
libertà; fare anche il “saltimbanco”, pur di non fare peccati.
◗◗ La cura degli altri come mezzo quotidiano di fare del bene, contro
l’egoismo e la chiusura su di sé.
◗◗ La speranza sempre, anche nelle difficoltà.
◗◗ La costruzione di una casa e la serietà dell’impegno quotidiano,
dove possono convivere più generazioni, con idee diverse, stili diversi,
esigenze diverse, ma tutti uniti dalla capacità di soccorrersi a vicenda,
di dare una mano affinché anche l’altro sia felice, altrimenti “non
posso esserlo neanche io”.
◗◗ L’accompagnamento differenziato che lascia libertà d’azione; che
è incisivo nei momenti determinanti; che manifesta presenza e non
abbandono.
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3.6 Page 26

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LA FAMIGLIA DI DON BOSCO: UNA FAMIGLIA CONCRETA
◗◗ Il ruolo dell’adulto come accompagnatore e del ragazzo come
stimolo per nuove esperienze e nuove idee, per non sentirsi mai
arrivati a livello educativo.
◗◗ Il protagonismo del giovane per tutto ciò che comporta in
termini di coinvolgimento nella costruzione del clima familiare e di
evangelizzazione. Il giovane come evangelizzatore di altri giovani e
che Don Bosco ha saputo intuire e portare nella vita quotidiana (per
esempio con Domenico Savio).
Egli realizza a Valdocco un ambiente educativo permeato da relazioni che
si ispirano a quelle familiari, in un clima di accoglienza e confidenza, con
spirito di adattamento e di appartenenza, caratteristiche che connotano
la famiglia umana e che diventano per il santo risorsa e ispirazione per la
costruzione di una “famiglia oratoriana”.
L’insegnamento sulla famiglia presentato da don Bosco riveste in più
tratti un carattere di attualità, in particolare la necessità di valorizzare il
contributo specifico che ogni genitore è chiamato ad offrire all’interno
della coppia e nella condivisione degli ideali e dei compiti nell’educazione
dei figli, secondo uno scambio fecondo di risorse e di doni, concentrandosi
maggiormente sulla sacralità della reciprocità, per costruire un’alleanza
di impegno.
Nelle storie di vita raccontate da don Bosco, si coglie, inoltre, la continuità
tra l’educazione ricevuta dai giovani in famiglia e la formazione da essi
ricevuta nel frequentare le case e i collegi salesiani. È il caso ad esempio
di Domenico Savio, Michele Magone e Francesco Besucco. Tuttavia, nella
storia di Valentino (FS, pp.1026-1169), don Bosco mette in evidenza,
per contrasto, gli effetti dell’educazione cristiana ricevuta in collegio e
l’influsso dei cattivi esempi ricevuti in famiglia. Purtroppo, al termine del
romanzo, Valentino è irrimediabilmente perduto, a dimostrazione che
quanto viene ricevuto in famiglia lascia un segno indelebile e difficilmente
modificabile.
Lo spirito di famiglia nella Valdocco degli inizi è fondativo sia
della Comunità Educativo-Pastorale, che della stessa Congrega-
zione Salesiana e anche della Famiglia Salesiana: un processo
che ha portato buoni frutti.
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3.7 Page 27

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PASTORALE GIOVANILE E FAMIGLIA
In conclusione, Don Bosco si ispira al modello familiare per varie
ragioni. Anzitutto per l’incidenza che l’esperienza familiare ha avuto
sulla sua formazione umana e cristiana. In secondo luogo, per le
convinzioni religiose maturate negli anni della preparazione al sacerdozio,
profondamente ancorate ad una idea di Chiesa, concepita come la grande
famiglia dei figli di Dio. Infine, perché nello scenario urbano della Torino
del suo tempo, Giovanni Bosco, già sacerdote, aveva potuto costatare che
molti giovani, immigrati, per lavorare nelle fabbriche, erano praticamente
privi di famiglia, in un ambiente ostile e a loro incomprensibile per stili di
vita differenti.
Don Bosco, educatore intelligente e al passo con i tempi, infaticabile
sostenitore della preventività educativa, è convinto che la famiglia sia
il primo e più importante luogo dove si può applicare e vivere con
frutto il Sistema Preventivo. Infatti, è dall’impegno dei genitori e di
coloro che esercitano questa missione che dipende in linea di massima
il successo dell’educazione. E’ dalla loro capacità di testimoniare i valori,
dalla loro abilità di dimostrare con un dialogo ragionevole e amorevole
le esigenze richieste per lo sviluppo integrale della persona, secondo i
personali ritmi di crescita, che viene promosso il cammino convincente
dell’impegno verso la maturazione umana e cristiana del giovane.
Il modello familiare, inoltre, caratterizza la scelta del suo sistema educativo
perché esso è attento al giovane, alle sue attitudini, ai valori di cui è portatore,
facendo vibrare le corde del cuore con la dolcezza ed evitando ogni forma di
repressione e violenza. È un metodo che favorisce l’armonia tra spontaneità
e disciplina, familiarità e rispetto delle regole, libertà e doveri.
1 4 DIO TI VEDE, VEDIAMO COME DIO
Concludiamo questo capitolo imparando ancora una volta da Mamma
Margherita, donna forte e piena di fede, una caratteristica importante per
il nostro modello educativo-pastorale salesiano.
È passata alla storia la frase con cui la mamma spiegava a Giovannino
l’eterna presenza provvidente del Padre: Dio ti vede. Non si trattava di una
minaccia, ma della consapevolezza di essere custoditi e accompagnati da
un Padre che ci vuole bene e che, quindi, non ci lascia soli. Era, potremmo
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LA FAMIGLIA DI DON BOSCO: UNA FAMIGLIA CONCRETA
dire oggi, la figura ante litteram di quella assistenza salesiana che poi
don Bosco, con il suo sguardo “sapienziale” e pastorale, chiederà ai suoi
soci nei confronti dei ragazzi, perché “così Dio fa con noi”.
Questa consapevolezza era così interiorizzata nella mente e nel cuore di
Mamma Margherita che aveva guadagnato ormai il corrispettivo di tale
frase, così tipica della saggezza popolare del suo tempo: non solo Dio
ti vede, ma anche tu impara a vedere come Dio. Quando spiegava
a Giovannino la bellezza del cielo stellato o quando intravedeva nel
racconto di un sogno la chiamata vocazionale che effettivamente esso era,
Margherita testimoniava che aveva perfettamente compreso cosa significa
la doppia fedeltà a Dio e al quotidiano. Non una dicotomia da mettere
insieme, non uno strabismo progettuale che a fatica poi dobbiamo far
conciliare, come se Dio e il mondo fossero su due piani differenti, ma la
santa naturalezza di chi guarda il mondo con gli occhi di Dio, gli unici
che lo vedono veramente per quello che è, che ne svelano la bontà e la
peccaminosità. Pertanto, la sorgente, l’avvio e l’energia di sviluppo del
carisma salesiano si trova in un amore con due indissolubili poli, Dio e
i giovani, i più poveri; nella donazione totale di sé a Dio nella missione
giovanile e corrispondentemente nella donazione totale di sé ai giovani
in un movimento verso Dio. Su questa linea maturerà la educazione dei
giovani per Don Bosco.
Mamma Margherita ci insegna così cosa significa oggi nelle no-
stre CEP fare discernimento: sapere che Dio ci vede, per poi
costruire assieme una visione che sappia dare anche a noi gli
stessi occhi di Dio per decifrare i sogni che Lui semina nei cuo-
ri di ciascuno.
Questo ci suggerisce che, affinché ogni famiglia cresca nella fiducia verso
questa antica e sempre nuova prospettiva relazionale comunitaria, è
necessario che ci si educhi, ad una “etica dello sguardo”, ad una capacità
di attenzione nei confronti della realtà che ci circonda, alla quale non
apparteniamo solo in senso materiale, ma anche relazionale.
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PASTORALE GIOVANILE E FAMIGLIA
IN SINTESI
◗◗ In questo capitolo, abbiamo visto come il vuoto paterno nella
vita di Don Bosco si sia trasformato in un grembo di fecondità,
piuttosto che in un trauma. Quella mancanza di un padre lo ha
portato a ricercare altre figure paterne, rendendolo maggiormente
consapevole della difficoltà e delle povertà dei suoi stessi ragazzi,
arrivando ad essere padre per molti. La sua esperienza di famiglia
ha segnato in modo indelebile la sua visione della vita e la sua
idea di educazione ed evangelizzazione dei giovani.
◗◗ In questa ottica si è voluto evidenziare lo “sforzo” che Don Bosco
ha fatto in famiglia e per le famiglie: Mamma Margherita, prima
di tutto, e poi lui stesso a Valdocco. Insieme a sua madre, hanno
voluto essere una famiglia aperta e accogliente, tanto da fondare
istituzioni che, rafforzando il modello familiare, don Bosco ha
chiamato “case”, coinvolgendo educatori nella costruzione di
un clima relazionale ispirato allo “spirito di famiglia”, diventando
risorsa e ispirazione per la costruzione di una “famiglia
oratoriana”. Per noi è importante sottolineare, attraverso questa
prima parte, quanto sia preziosa questa sua intuizione.
◗◗ Don Bosco ha voluto realizzare ciò che lui stesso non aveva
avuto e questo è avvenuto attraverso persone concrete. Ciò ha
consentito ai salesiani, senza essere famiglie dirette dei giovani,
di vivere un’atmosfera familiare. Il modello familiare, infatti,
caratterizza la scelta del suo sistema educativo perché esso è
attento al giovane, alle sue attitudini, al suo contesto.
◗◗ La famiglia, da lui istituita a Valdocco, che è solidale, aperta e
accogliente, non pone sé stessa al centro delle proprie attenzioni,
né si pone come metro di misura della realtà, ma è sollecita nel
far propri i problemi e le ansie dei giovani più poveri e “scartati”
della società.
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3.10 Page 30

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4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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PASTORALE GIOVANILE E FAMIGLIA
SISTEMA PREVENTIVO
E FAMIGLIA
CAPITOLO
II

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SISTEMA PREVENTIVO E FAMIGLIA
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SISTEMA PREVENTIVO:
ESPERIENZA SPIRITUALE E APOSTOLICA
“La cura pastorale della famiglia e dei giovani è di vitale impor-
tanza per tutta la Chiesa ed è particolarmente importante per
i figli di Don Bosco, che Maria - nel sogno dei nove anni - ha in-
dicato ai giovani come il campo in cui lavorare” (PGF, pp.15-32).
L’esperienza spirituale e apostolica vissuta nell’Oratorio di Valdocco ha
forgiato un modo di essere e di fare, di vivere e di lavorare, di comunicare
il Vangelo e di collaborare alla salvezza dei giovani, che è stato chiamato
Sistema Preventivo. Il modello educativo-pastorale ispirato da esso gira
attorno a un nucleo centrale: il mondo dei giovani, la cui vita e cultura,
in quanto educatori, siamo chiamati ad abitare. Un modello, se privo di
una motivazione o di un orientamento, perde la propria ragion d’essere.
Pertanto, la forza o corrente che sostiene questo movimento è la
carità pastorale, il centro e la sintesi dello spirito salesiano.
Per Don Bosco, educare implica che l’educatore mostri questa disposizione
speciale, questa convinzione radicata: cercare innanzitutto il bene
spirituale dei giovani, la loro salvezza e il loro bene integrale. Dedicandosi
completamente alla sua missione, è disposto a pagarne il prezzo e ad
abbandonare tutto il resto, «Da mihi animas, coetera tolle» (dammi le
anime, prenditi il resto).
Questo motto, che Don Bosco assume come una preghiera, rappresenta
a nostro parere la sintesi della sua opzione fondamentale educativa e
pastorale. Tutta la sua vita è dedicata a questo progetto, vedere crescere e
maturare i giovani verso il loro destino eterno, inteso nel suo significato più
ampio. Possiamo affermare che la «carità pastorale» sia il servizio educativo-
pastorale nella Chiesa che i Salesiani offrono alle nuove generazioni.
“Era un amore che si dona liberamente, ispirato dalla carità di Dio, che
precede ogni creatura con la sua provvidenza, la accompagna con la sua
presenza e la salva donando la propria vita. Don Bosco ce lo trasmette
come un modo di vivere e di lavorare, per comunicare il Vangelo e salvare
i giovani con loro e attraverso di loro. Questo sistema informa le nostre
relazioni con Dio, i nostri rapporti personali con gli altri e la vita comunitaria
nella pratica di una carità che sa farsi amare” (Cost. 20).
32

4.3 Page 33

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PASTORALE GIOVANILE E FAMIGLIA
In queste pagine vogliamo approfondire il rapporto tra il Sistema Preventivo
e la famiglia. Sappiamo che l’amore è il cuore del matrimonio e della
famiglia e “l’ideale cristiano, e in particolare nella famiglia, è l’amore
nonostante tutto” (AL, 119). In questo senso, la Chiesa guarda alla
famiglia come a un modello che la ispiri nell’assumere una dimensione più
domestica e familiare.
22
LA “FANTASIA DELLA CARITÀ”
CHE PRENDE VITA NEL SISTEMA PREVENTIVO
I cardini del Sistema Preventivo di don Bosco si possono racchiudere in due
affermazioni di forte ispirazione cristiana: “Questo sistema si appoggia
tutto sopra la ragione, la religione, e sopra l’amorevolezza”; “La pratica
di questo sistema è tutta appoggiata sopra le parole di S. Paolo che dice:
La carità è benigna e paziente; soffre tutto, ma spera tutto e sostiene
qualunque disturbo” (FS, p.435).
All’imposizione autoritaria e alla minaccia dei castighi dovevano subentrare i
metodi della proposta persuasiva dell’amore, che attrae e mira a guadagnare
i cuori. Era necessario che la pastorale di Don Bosco assumesse il volto di
uno zelo salvifico reso amabile dai tratti dell’umanità: simpatia, mitezza,
tenerezza e affetto.
Di “amorevolezza” si rivestiva anche la carità educativa.
Questo amore pedagogico implica la voglia e lo slancio per l’e-
ducazione; il desiderio di lavorare e trovare gusto nelle impre-
se educative e pastorali; l’essere disposto e il donarsi con animo
lieto; il sentirsi attratto da quelli che più hanno bisogno; il con-
siderare proporzionate tutte le fatiche ed il superare facilmente
piccole frustrazioni; il far fronte a rischi e difficoltà nel rapporto
educativo come fossero cose da poco.
Di conseguenza la grande “parola” di don Bosco “amorevolezza”, a
differenza di altri sinonimi, è parte in una triade che contiene i più alti
valori umani e educativi, la ragione e la religione. Non vi appare solo come
“mezzo” pedagogico, ma quale vera colonna portante, insieme alle altre
due, dell’intero “Sistema Preventivo”.
33

4.4 Page 34

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SISTEMA PREVENTIVO E FAMIGLIA
Per comprendere più a fondo il significato dell’amorevolezza, non solo
per la componente affettiva, ma anche per il suo valore pedagogico, è
essenziale rammentare ciò che scriveva Don Bosco negli Articoli generali,
premessi al Regolamento per le case (1877). In questo semplice documento
egli presenta una sintesi del Sistema Preventivo; afferma che l’educatore
deve farsi amare dai giovani “conquistando il loro cuore, facendo
conoscere colle parole e più ancora coi fatti, che ogni nostra sollecitudine
è diretta al loro vantaggio spirituale e temporale»; «nell’assistenza poche
parole e molti fatti, e dare agio agli allievi di esprimere i loro pensieri” (FS,
p.551).
Il valore affettivo di queste parole diventa pedagogia, quando il
maestro capisce che la sua presenza non è solo finalizzata al controllo e
all’adempimento delle regole, al dare una pacca sulla spalla, ma che, è lì
per il giovane, per accompagnarlo, per ascoltarlo e per capire la realtà che
vive; è la presenza attiva di colui che è capace di vedere oltre il corpo, quasi
come se sapesse leggere i pensieri del giovane, ed è sollecito nell’aiutarlo,
nell’abbracciarlo, nel dargli buoni consigli, o semplicemente ad ascoltarlo,
come potrebbe fare un padre o una madre; attento alla realtà che circonda
la vita dei suoi figli.
In concreto, questa pedagogia della bontà suggerisce comportamenti
nella pratica educativa che, secondo una comprovata esperienza
famigliare, quella dell’oratorio, generano corrispondenza. Don Bosco lo
rende evidente e lo sviluppa ampiamente nella sua lettera del 1884. Nella
sua lettera ci mostra come un padre, che ama profondamente i suoi figli, fa
sentire la sua presenza, rendendo visibile un comportamento fondamentale
della famiglia, quindi del Sistema Preventivo. Tale modo di agire si
concretizza nella capacità dell’incontro e nella prontezza all’accoglienza in
un clima familiare. Si attua creando, con paziente dedizione, un ambiente
in cui ci si senta inseriti e aiutati, un ambiente ricco di umanità in cui si
assimilano con gioia i valori proposti. Tali attenzioni ci parlano anche della
profonda amicizia che si istaura tra educatori e giovani, che suscita fiducia
e crea un prolungato rapporto educativo personale, che è ciò che realmente
aiuta lo sviluppo integrale del giovane.
Questa amicizia sfocia in un’altra manifestazione singolarissima del
rapporto educativo: la paternità. In altre parole, la paternità spirituale
è il prolungamento di una paternità educativa fatta di insegnamenti
comunitari, di dedizione, di presenza amorevole, di intese e complicità.
34

4.5 Page 35

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PASTORALE GIOVANILE E FAMIGLIA
Essa è più che l’amicizia. È una responsabilità affettuosa e autorevole che
offre guida e insegnamento vitale ed esige disciplina e impegno. È amore
e autorità.
“Amare ciò che i giovani amano”, prendersi cura di loro, perché
come don Bosco fece per i giovani in carcere, si potrebbero per-
dere, se “nessuno si prende cura di loro”. Per il singolo ragazzo,
il don Bosco confessore e direttore spirituale è anche colui che
lo accoglie con affetto, lo sostenta, lo istruisce e lo educa, lo sti-
mola a dare il meglio di sé nella comunità e nel quotidiano la-
voro. Accanto a lui ci sono assistenti, formatori e giovani amici
coi quali si può condividere la stessa tensione etica, gli stessi
valori spirituali, in uno scambio dialogico stimolante e fecondo.
23
LO SPIRITO DI FAMIGLIA E LA TESTIMONIANZA
EDUCATIVA: PREZIOSA EREDITÀ
La comprensione della famiglia, le sue nuove configurazioni e forme del
nostro XXI secolo non sono le stesse conosciute da Don Bosco nel XIX
secolo; di fatto, “il cambiamento antropologico-culturale influenza oggi
tutti gli aspetti della vita e richiede un approccio analitico diversificato”
(AL, 32).
Nella condizione dei giovani, nella famiglia, nei costumi, nel modo di
concepire l’educazione, nella vita sociale e persino nella stessa pratica
religiosa, si possono vedere le differenze tra il tempo di Don Bosco e il
presente. Anche così, la famiglia continua ad essere oggi un fattore chiave
nella società e nell’educazione delle nuove generazioni.
Volendo essere fedele alla sua vocazione, la Congregazione salesiana,
illuminata dal magistero della Chiesa e basata sulla sua ricca tradizione, è
chiamata a proporre un Sistema Preventivo rinnovato, per servire meglio i
giovani del nostro tempo, assumendo un metodo e un volto familiare
attraverso il vivere e lavorare insieme nelle CEP.
Tra gli atteggiamenti e la mentalità da convertire c’è quello di
passare da una famiglia considerata soltanto destinataria della
35

4.6 Page 36

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SISTEMA PREVENTIVO E FAMIGLIA
pastorale alla famiglia, a soggetto attivo della missione che
va coinvolto nella Comunità Educativo-Pastorale (CG28, 15a).
Il Capitolo Generale 28 (2020) dà voce alle istanze presentate dai giovani ed
esprime con chiarezza: “Siamo consapevoli che molte volte non riusciamo
a intercettare questa vera e propria “nostalgia comunitaria” dei giovani
e delle famiglie: ci chiedono tempo e noi diamo loro spazio; ci chiedono
relazione e noi forniamo loro servizi; ci chiedono vita fraterna e noi offriamo
loro strutture; ci chiedono amicizia e noi facciamo per loro attività. Tutto
ciò ci impegna a riscoprire le ricchezze e le potenzialità dello “spirito di
famiglia”(ACG 433, p. 72-73).
Da educatori conosciamo bene l’importanza di creare un clima di famiglia
per l’educazione di bambini e ragazzi, di adolescenti e giovani. “Come
Don Bosco, dobbiamo coltivare ancora l’arte di fare il primo passo,
eliminando distanze e barriere e facendo nascere la gioia e il desiderio
di rivedersi, di essere amici. Quest’arte consiste anche nel creare, con
pazienza e dedizione, un’atmosfera ricca di umanità, un clima familiare
dove i ragazzi e i giovani si sentano molto liberi e capaci di esprimere ed
essere sé stessi, assimilando con gioia i valori che vengono loro proposti.
Questa pedagogia dello spirito di famiglia è anche una scuola di fede per
i giovani. Offriamo amore e accoglienza incondizionata, affinché possano
scoprire, progressivamente e a partire da un’opzione di libertà personale,
la fiducia e il dialogo, così come la celebrazione e l’esperienza comunitaria
della fede (ACG 433, p. 27).
Pertanto, lo spirito di famiglia che caratterizza il Sistema Preventivo:
◗◗ si sviluppa attraverso relazioni significative come: la paternità
e maternità pastorale, la presenza, l’assistenza, la vicinanza, la
fraternità, l’aiuto, l’apprezzamento reciproco, il dialogo, il perdono,
il realismo, un clima che sana le ferite, il superamento di posizioni
ideologiche, un progetto unitario;
◗◗ diventa visibile con proposte riconoscibili con un’atmosfera positiva,
un ambiente che si adatta al singolo e al gruppo, ricorrendo alla
creatività pastorale che pone al centro momenti celebrativi e festivi.
Tutto questo è legato alla fede in una paternità più grande che garantisce e
fonda le nostre relazioni, perché non si dimentichi, ma si ribadisca, che tutto
36

4.7 Page 37

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PASTORALE GIOVANILE E FAMIGLIA
questa bontà relazionale non dipende dal nostro sforzo, ma innanzitutto
dalla grazia.
Nella nostra Pastorale Giovanile riteniamo di poter cogliere delle
opportunità che la nostra missione educativa ci offre: da una parte, la
possibilità di far incontrare i giovani e le famiglie attorno agli stessi valori
civili e spirituali; dall’altra, l’impegno a creare un ambiente oratoriano di
famiglia. Di conseguenza, “la pastorale ha il dovere di realizzare nella storia
la maternità universale della Chiesa, attraverso gesti concreti e profetici di
un’accoglienza gioiosa e quotidiana, che ne farà una casa per i giovani”
(FD, 138).
Intendiamo proporre un ambiente armonico ed armonioso di persone,
di strutture, di luoghi materiali, di strumenti e soprattutto un’atmosfera
capace di coinvolgere i giovani in un intenso clima di famiglia.
“Solo un programma pastorale capace di rinnovamento basa-
to sulla cura delle relazioni e sul vigore della comunità cristia-
na sarà importante e attraente per i giovani. In questo modo la
Chiesa potrà presentarsi loro come una casa accogliente, carat-
terizzata da un’atmosfera familiare, fatta di fiducia e sicurezza
(FD, 138).
24
COMUNICAZIONE E TRASMISSIONE
INTERGENERAZIONALE
Un’altra caratteristica di un Sistema Preventivo rinnovato è la
comunicazione di cuore. Se l’educazione è una questione di cuore,
allora la comunicazione è il linguaggio del cuore. Consiste nel dare la
possibilità ai giovani di aprire il loro cuore e comunicare ciò che vivono
e sentono, in totale libertà. È comunicazione di cuore l’esperienza del
sentirsi capiti, compresi e sostenuti. Coloro che operano nel concreto della
pratica pastorale, dall’accompagnamento alla direzione spirituale, dalla
confessione alla semplice chiacchierata sul piazzale, devono promuovere
questa esperienza unica, originale, con ogni singolo giovane. Si pone quindi
la domanda: come accompagnare la “rivoluzione” della pubertà e del
mondo interiore dell’adolescente, facendo tesoro delle esperienze vissute,
per aiutare i giovani nel processo di maturazione?
37

4.8 Page 38

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SISTEMA PREVENTIVO E FAMIGLIA
Dall’apertura personale è necessario passare ad aprire la porta del
cuore all’altro, nel rispetto delle storie personali, dei vissuti e delle
generazioni. Dio ama la gioia dei giovani e li invita specialmente a quella
gioia che si vive nella comunione fraterna, a quella gioia più alta che sa
condividere, perché ‘c’è più gioia nel dare che nel ricevere’ (At 20,35) e
‘Dio ama un donatore allegro’ (2 Cor 9,7)” (CV, 166-167).
La Chistus Vivit mette in relazione generazioni diverse, in particolare, porta
a mettere in relazione i giovani con i più anziani, valorizzando l’importanza
che la speranza e la memoria, il rinnovamento e la tradizione hanno nel
cristianesimo.
“Se camminiamo insieme, giovani e vecchi, possiamo essere ben
radicati nel presente, e da qui possiamo frequentare il passa-
to e il futuro: frequentare il passato, per imparare dalla storia
e per guarire le ferite che a volte ci condizionano; frequentare
il futuro, per nutrire l’entusiasmo, per far germogliare i sogni,
per suscitare la profezia, per far fiorire la speranza” (CV 199).
Ogni casa salesiana, quindi, deve riconoscere e accogliere i legami
intergenerazionali e, in particolare, il dono della saggezza maturata nel
cuore dei nonni e degli anziani, salesiani e laici, presenti in ciascuna delle
nostre case e che costituiscono un’occasione per crescere e rafforzare lo
spirito di famiglia.
«Se una persona vi fa una proposta – dice Francesco ai giovani - e vi dice
di ignorare la storia, di non fare tesoro dell’esperienza degli anziani, di
disprezzare tutto ciò che è passato e guardare solo al futuro che lui vi offre,
non è forse questo un modo facile di attirarvi con la sua proposta per farvi
fare solo quello che lui vi dice? […] A tale scopo hanno bisogno di giovani
che disprezzino la storia, che rifiutino la ricchezza spirituale e umana che
è stata tramandata attraverso le generazioni, che ignorino tutto ciò che li
ha preceduti» (FT 13).
Elemento importante alla base dello scambio tra le generazioni nelle
nostre CEP, è infatti il reciproco riconoscimento del vissuto e del dono
educativo, in modo particolare quello degli adulti nei confronti dei giovani
con l’assunzione di responsabilità.
38

4.9 Page 39

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PASTORALE GIOVANILE E FAMIGLIA
C’è però una prima vera e propria riforma da attuare per tutti, una vera
e propria conversione all’interno di una prospettiva educativa, quella
di promuovere l’educazione alla vita di comunità. Stimare tutte le
vocazioni nella Chiesa, ricevere con gioia l’apporto di ciascuna di esse per
il bene dei giovani, vivere nella logica di uno scambio permanente di doni,
gareggiare nello stimarci a vicenda, sono ancora traguardi da raggiungere:
è l’arte della corresponsabilità.
Per la Pastorale Giovanile Salesiana è di somma importanza vi-
vere una spiritualità di comunione, che deve essere un accordo
che consenta la continuità e la stabilità della proposta educati-
va-pastorale. Consacrati, laici, famiglie e giovani insieme in una
reale corresponsabilità apostolica. Si tratta di far emergere uno
stile relazionale ben preciso, una “spiritualità della relazione”
(diceva il Capitolo Generale XXIV, svoltosi nel 1996) da semina-
re, da coltivare e da far maturare.
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4.10 Page 40

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SISTEMA PREVENTIVO E FAMIGLIA
Lavorare insieme secondo una pastorale integrata comporta alcune
conversioni pastorali per trasformare i processi:
◗◗ dal “fare per i giovani e le loro famiglie” al “fare con i giovani e le
loro famiglie”;
◗◗ da una pastorale fatta di “eventi separati” ad una “pastorale del
quotidiano”;
◗◗ dalla “convocazione di massa” all’“accompagnamento individuale
responsabile”;
◗◗ dal “si è sempre fatto così” al “pensare insieme secondo il Vangelo”;
◗◗ dalla “corresponsabilità esecutiva” alla “corresponsabilità nei
processi”;
◗◗ dall’“accettazione” dei laici e delle famiglie alla loro “valorizzazione”;
◗◗ dal vedere gli anziani come uno scarto, a un incontro di impegno e
dialogo tra loro e i giovani;
◗◗ da proposte pastorali esclusivamente e costantemente dedicate ai
giovani, a proposte pastorali in cui i giovani si inseriscono con il resto
della comunità.
Rispetto a quest’ultimo punto, occorre precisare quanto sia diffuso il rischio
che i giovani vengano sistematicamente separati dal resto della comunità
(“Messa dei giovani”, “Messa dei bambini” “Messa degli adulti”) con il
pericolo che, con il concludersi dell’esperienza nei percorsi di Pastorale
Giovanile, si concluda anche la vita ecclesiale del giovane. La partecipazione
alla vita liturgica-sacramentale richiede iniziazione al mistero, educazione
non solo alla celebrazione e al linguaggio, segni e gesti comprensibili, ma
anche al senso comunitario. Per questa ragioni si avverte l’esigenza di
consolidare una prassi che possa aiutare ad avviare passaggi naturali per
un inserimento all’interno della comunità.
40

5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

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PASTORALE GIOVANILE E FAMIGLIA
IN SINTESI
◗◗ Il chiaro parallelismo tra l’esperienza famigliare di Giovannino e il
clima di famiglia instaurato a Valdocco dal Don Bosco adulto, ci
suggeriscono alcune ricchezze della realtà familiare del carisma
salesiano, che oggi con maggiore consapevolezza possiamo
assumere e perseguire. L’esperienza spirituale e apostolica vissuta
nell’Oratorio di Valdocco ha infatti forgiato un modo di essere
e di fare, di vivere e di lavorare, di comunicare il Vangelo e di
collaborare alla salvezza dei giovani, che è stato chiamato Sistema
Preventivo e la fonte da cui nasce è la carità pastorale, “impulso
apostolico che ci spinge a cercare le anime e a servire Dio da soli”
(Cost. 10).
◗◗ Abbiamo visto in questo capitolo come un programma pastorale
capace di rinnovamento sia principalmente basato sulla cura delle
relazioni e sulla comunicazione di cuore per cui è necessario aprire
la porta del cuore all’altro, nel rispetto delle storie personali, dei
vissuti e delle generazioni.
◗◗ La Congregazione salesiana è chiamata a proporre un Sistema
Preventivo rinnovato per servire meglio i giovani del nostro tempo,
assumendo un metodo e un volto familiare che ci consenta di
vivere e lavorare insieme nelle CEP. L’ambiente educativo migliore
per vivere in sinergia con le famiglie nelle CEP è proprio quello
che si rifà al modello della famiglia: è l’espressione esterna della
comunione interiore e carismatica, che riproduce “l’esperienza
della casa”, dove i sentimenti, gli atteggiamenti, gli ideali, i valori
sono comunicati con l’esempio e quotidianamente.
◗◗ Vivere in famiglia e come famiglia in ogni ambiente, non è
semplicemente una scelta pastorale strategica, oggi molto
urgente, ma è una modalità di realizzare il nostro carisma e un
obiettivo da privilegiare nella nostra missione apostolica che ha
come obiettivo prioritario l’educazione e l’evangelizzazione dei
giovani.
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5.3 Page 43

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PASTORALE GIOVANILE E FAMIGLIA
INVESTIRE SULL’EDUCAZIONE
DEI GIOVANI PER
COSTRUIRE LE FAMIGLIE
DI OGGIE DI DOMANI
CAPITOLO
III

5.4 Page 44

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INVESTIRE SULL’EDUCAZIONE DEI GIOVANI PER COSTRUIRE LE FAMIGLIE DI OGGI E DI DOMANI
3 1 GIOVANI E FAMIGLIE NEL CUORE DELLA CEP
Un elemento fondamentale per la realizzazione della Pastorale Giovanile
Salesiana è la comunità, che coinvolge, in clima di famiglia, giovani e
adulti, genitori e educatori, fino a diventare esperienza di Chiesa: una
comunione che vive i diversi doni e servizi come realtà complementari, in
mutua reciprocità, al servizio d’una stessa missione.
La Comunità Educativo-Pastorale è una delle forme, se non la forma,
in cui si concretizza lo spirito di famiglia. In esso il Sistema Preventivo
diventa operativo in un progetto comunitario. In quanto grande famiglia
che si occupa dell’educazione e dell’evangelizzazione dei giovani su uno
specifico territorio, la CEP è l’attualizzazione di quella intuizione che,
all’origine del carisma salesiano, Don Bosco ripeteva spesso: “Ho sempre
avuto bisogno di tutti”. A partire da questa convinzione, costituisce attorno
a sé, fin dai primi tempi dell’Oratorio, una comunità-famiglia che non
tiene conto delle diverse condizioni culturali, sociali ed economiche dei
collaboratori e nella quale gli stessi giovani sono protagonisti.
Abbiamo visto che Don Bosco costituisce attorno a sé, fin dai
primi tempi dell’Oratorio, una comunità-famiglia nella quale
gli stessi giovani sono protagonisti. La CEP è la forma sale-
siana dell’essere presenti tra i giovani e di essere Chiesa
(QR, 109): essere e vivere come una grande famiglia che agisce
in comunione, condivisione e corresponsabilità, avendo a cuo-
re l’educazione e l’evangelizzazione delle giovani generazioni.
Oggi, uno dei compiti più urgenti e primari della CEP è di valorizzare la
famiglia e di sostenerla, di progettare insieme ad essa nel reciproco dialogo.
Questo richiede una rinnovata alleanza tra la famiglia e i ‘luoghi educativi’
(l’oratorio, la parrocchia, la scuola, ecc).
Nella prassi educativo-pastorale come nella vita familiare, i processi di
educazione ed evangelizzazione non si accostano né si impostano
come percorsi successivi che si escludono a vicenda. Le diverse e
distinte responsabilità dell’educazione e dell’evangelizzazione non sono
separate. Semplicemente si educa, ma da credenti. Si evangelizza, ma da
educatori, secondo la situazione dei giovani. Le due dimensioni si articolano
in forma libera e flessibile, intrecciando i suggerimenti dell’ambiente, la
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5.5 Page 45

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PASTORALE GIOVANILE E FAMIGLIA
testimonianza degli educatori e dei genitori, l’ascolto degli interrogativi
e delle preoccupazioni dei giovani, la condivisione di esperienze di vita
illuminate dalla fede, la disponibilità all’impegno nel servizio.
In questa dinamica fortemente relazionale è necessario però sottolineare
che la famiglia rimane la prima e indispensabile comunità educante,
cellula della società e della Chiesa. L’educazione dei giovani è compito
originale dei genitori, connesso alla trasmissione della vita, e primario
rispetto al compito educativo di altri soggetti. Il ruolo della CEP si
propone quindi come complementare, non sostitutivo, del ruolo
educativo dei genitori dei giovani. Da questo punto di vista quindi,
ogni CEP dovrebbe innanzi tutto impegnarsi a rendere coscienti i genitori
della loro responsabilità educativa.
La teologia pastorale, in questo processo di responsabilizzazione, ci illumina
quando afferma che la famiglia è oggetto, contesto e soggetto
dell’azione pastorale.
Quando ci chiediamo cosa possiamo fare per le famiglie, ne par-
liamo come oggetto dell’azione pastorale; quando ci chiediamo
quali sono le migliori condizioni familiari per un’azione pastora-
le efficace che preveda un ascolto, umile, con un atteggiamento
non sapiente/non esperto, parliamo della famiglia come conte-
sto pastorale; quando ci chiediamo come aiutare le famiglie ad
impegnarsi nell’evangelizzazione o nell’educazione dei suoi dei
ragazzi e giovani della comunità ecclesiale, parliamo delle fami-
glie come soggetto dell’azione pastorale.
3 2 AMBITI IN CUI COINVOLGERE LE FAMIGLIE
Posto che l’azione pastorale si sviluppa in un progetto (PEPS) condiviso e
realizzato da una CEP, “una famiglia che educa” dovrebbe considerare
le famiglie non solo come un fronte pastorale prioritario da curare, ma
valorizzarla in spazi concreti dove si progetta il lavoro educativo-pastorale
con i giovani.
Infatti, molteplici sono le strutture all’interno delle case salesiane nelle
quali la famiglia è chiamata ad essere protagonista e partecipe dei
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INVESTIRE SULL’EDUCAZIONE DEI GIOVANI PER COSTRUIRE LE FAMIGLIE DI OGGI E DI DOMANI
processi, a cominciare dalla presenza nel Consiglio della CEP. L’impegno
in questo organo collegiale ha lo scopo di recepire il punto di vista delle
famiglie e il loro vissuto nell’ottica di programmare e condurre il cammino
di tutta la CEP.
Il Consiglio della CEP non è primariamente un organismo di formazione, né
di spiritualità, né di studio, ma il luogo dove si tracciano e poi si coordinano
e si verificano le linee guida di tutta la vita della CEP. La fisionomia di
un’Opera salesiana viva e corresponsabile si esprime concretamente
in questo Consiglio che necessita di un elevato grado di confronto e
collaborazione tra le varie anime che lo compongono.
È inoltre auspicabile un coinvolgimento sempre più parteci-
pativo della famiglia nel pensare e redigere il Progetto
Educativo Pastorale Salesiano (PEPS) locale, per garan-
tire che la famiglia sia beneficiaria in quanto soggetto e non
solo oggetto della programmazione della Pastorale Giovanile
Salesiana.
La CEP vista come il contesto in cui vivere la relazione con le famiglie
e il loro coinvolgimento, richiede un rinnovamento di mentalità e di
atteggiamenti e una promozione degli ambiti concreti di corresponsabilità,
partecipazione e collaborazione. Associazioni Genitori, Gruppi Familiari,
Programmi di collaborazione scuola-famiglia ed altre iniziative, possono
essere strutturate secondo un ampio ventaglio di proposte con diverse
accentuazioni: caritativo e di servizio, formativo, spirituale e di preghiera,
educativo-pastorale. Ogni azione, con le sue specificità, è però chiamata ad
essere segno e stimolo per i giovani e a introdurre nella proposta formativa
uno stile più fraterno di rapporti personali che rivelino la dimensione
familiare della CEP e della Chiesa.
3 3 IL CONTRIBUTO DELLA FAMIGLIA NELLA CEP
Questa riflessione ci porta ad interrogarci sull’originalità della famiglia
all’interno della CEP. La famiglia può occupare un posto specifico e per
questo dobbiamo cercare sinergie e punti d’incontro; è importante far
emergere il peculiare apporto della famiglia all’interno dell’intreccio
di vocazioni che è la Comunità Educativo-Pastorale.
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5.7 Page 47

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PASTORALE GIOVANILE E FAMIGLIA
Effettivamente, sposi, laici e consacrati, sono chiamati ad illuminare la
proposta educativo-pastorale a partire dalla loro specifica e complementare
vocazione. Solo questo stile di intima comunione potrà generare persone
adulte nella fede, capaci di essere responsabili della vita degli altri. Perciò,
l’azione dei vari componenti della CEP non può limitarsi solo ad attività
educativo-pastorali, ma occorre che si centri sulla dimensione vocazionale,
aspetto originario e fondante della pastorale giovanile salesiana.
Ogni uomo è chiamato a costruire una vita piena di significato e orientata
alla vera felicità. Don Bosco diceva ai suoi ragazzi che li voleva “felici nel
tempo e nell’eternità”. Tutto questo può essere realizzato solo se ci lasciamo
illuminare dall’amore, quell’amore che, rinforzato dalla veste battesimale,
chiama ogni uomo alla santità.
Tenuto conto di ciò, il contributo della vocazione familiare, ge-
nitoriale e di coppia è individuabile in almeno tre temi centrali:
l’amore, la vita e l’educazione.
Se il proprio vocazionale della famiglia è l’amore tra due persone che
si amano e decidono di progettare un percorso di vita comune, la vita
e l’educazione saranno gli apporti specifici della famiglia per arricchire
la Comunità Educativo-Pastorale e il suo Progetto Educativo Pastorale
Salesiano. Si tratta, per dirla in sintesi, di incrociare ed intrecciare in maniera
sapiente e creativa i quattro pilastri del carisma salesiano, ben sintetizzati
nel criterio oratoriano – casa che accoglie, parrocchia che evangelizza,
scuola che avvia alla vita e cortile per incontrarsi tra amici – con queste tre
dimensioni della vita familiare.
3 3 1 Originalità e bellezza della famiglia: vocazione all’amore
L’apporto strategico delle famiglie si concretizza in primo luogo nell’ambito
dell’educazione all’amore: educazione affettiva e donazione reciproca.
Educare vuol dire formare i giovani a comprendere che il dono di sé è
l’obiettivo della loro vita, che il vero adulto è colui che riconosce la grazia
ricevuta per poi cercare di donarla a sua volta, dando la vita per gli altri. In
primo luogo, è fondamentale partire dalla vocazione all’amore, «perché
non potremmo incoraggiare un cammino di fedeltà e di reciproca donazione
se non stimoliamo la crescita, il consolidamento e l’approfondimento
dell’amore coniugale e familiare» (AL, 89).
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5.8 Page 48

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INVESTIRE SULL’EDUCAZIONE DEI GIOVANI PER COSTRUIRE LE FAMIGLIE DI OGGI E DI DOMANI
Don Bosco aveva sperimentato che la formazione della sua personalità
era vitalmente radicata nello straordinario clima di dedizione e di bontà
(«dono di sé») della sua famiglia ai Becchi e ha voluto riprodurne le
qualità più significative all’Oratorio di Valdocco tra quei giovani poveri e
abbandonati.
Inoltre, la complementarità tra il registro materno e quello paterno (che,
mirabilmente, vogliamo ricordare ancora una volta, Madre Margherita
ha saputo vivere e compensare in qualche modo con la sua saggezza
evangelica) è certamente rilevante per una buona educazione, dove
l’accompagnamento materno e la trasmissione paterna sono necessari.
La famiglia è invitata a custodire qualche tempo, difendere qualche
spazio, programmare qualche momento per “celebrare l’amore”.
Il vero protagonista, dunque, non è l’amore in sé stesso, ma le persone,
giovani e adulti, che imparano ad amarsi, accettarsi e accompagnarsi.
Questa grande opera non è “a tempo”, ma ha bisogno di tempo, non si
nutre di scadenze, ma si alimenta di speranza e di coraggio.
In questa ottica occorre educare i giovani ad abbandonarsi
all’amore avendo come esempio la propria famiglia e il princi-
pio oratoriano di “una casa accogliente”.
3 3 2 La famiglia: culla e santuario della vita
In secondo luogo, l’amore diventa fecondo. Parlare di famiglia significa
rammentare una caratteristica fondamentale: prima di tutto siamo figli.
Come dice Francesco in un’udienza generale del 18 marzo 2015, questo ci
riporta sempre al fatto che la vita non ce la siamo data noi ma l’abbiamo
ricevuta. Il grande dono della vita è il primo regalo che abbiamo
ricevuto. L’amore è sempre e assolutamente il luogo della fecondità e della
generatività: proprio la configurazione biologica dell’uomo e della donna
esprime un’originaria predisposizione a dare la vita.
Come fondamento-base di ogni famiglia c’è il patto del matrimonio, in
una profonda alleanza coniugale di servizio alla vita. Il loro mutuo amore
viene confermato dalla rispettiva paternità e maternità, che li costituisce
collaboratori della meravigliosa potenza creatrice di Dio. L’alleanza
coniugale implica «il dono di sé» pieno e irrevocabile l’uno all’altro. Questa
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5.9 Page 49

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PASTORALE GIOVANILE E FAMIGLIA
paternità e maternità in famiglia rappresenta un compito e una
responsabilità anche spirituale. L’amore di Dio è un amore creativo, che
dà la vita. Gesù, fonte stessa della vita (Cfr. Gv 11,25; 14,6.), in tutta la sua
esistenza terrena non si stanca mai di donarla e di rigenerarla chiamando
ogni uomo ed ogni donna che incontra a vita nuova. Anche gli sposi,
attraverso l’amore, si rigenerano l’un l’altro ed insieme donano vita ai figli
e al mondo.
L’amore dà sempre vita. Per questo, l’amore coniugale «non si esaurisce
all’interno della coppia […]. I coniugi, mentre si donano tra loro, donano
al di là di sé stessi la realtà del figlio, riflesso vivente del loro amore, segno
permanente della unità coniugale e sintesi viva ed indissociabile del loro
essere padre e madre» (AL, 165). Tuttavia, la Chiesa contiene nella sua
maternità spirituale, tante famiglie che, senza necessariamente esprimersi
nella procreazione di un figlio, vivono la loro perfezione o cammino di
santità nel sostegno reciproco e nell’apertura generosa e paterna/materna
per proteggere e curare la vita di molti altri oltre a loro stessi.
All’interno della ricchezza della Chiesa, che ovviamente inclu-
de anche un livello di fecondità spirituale (cfr. 1Cor 4,15), la fa-
miglia rimane dunque il nucleo generativo per eccellenza, non
limitando il proprio campo di azione all’interno delle relazioni
parentali, ma estendendolo al di fuori come coerente risposta
alla propria missione. La testimonianza famigliare diventa seme
prezioso per il discernimento vocazionale dei giovani, sostegno
e speranza per le altre famiglie, confronto e condivisione con le
persone chiamate alla vita consacrata.
3 3 3 Un cammino educativo fuori e dentro casa
Vivere l’esperienza dell’interdipendenza tra le persone, scoprirsi
reciprocamente necessari nella società, significa prendere coscienza di
questa esperienza educativa attraverso l’essere «l’uno per l’altro».
“Dio ha affidato alla famiglia il progetto di rendere “domestico” il mondo,
affinché tutti giungano a sentire ogni essere umano come un fratello”
(AL, 183). Questa presa di coscienza è la base che permette attraverso la
quotidianità delle relazioni di costruire la società. La famiglia è un viaggio
impegnativo, perché è portatrice di valori educativi e di cultura solidale nei
diversi contesti in cui vivono bambini, adolescenti e giovani.
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5.10 Page 50

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INVESTIRE SULL’EDUCAZIONE DEI GIOVANI PER COSTRUIRE LE FAMIGLIE DI OGGI E DI DOMANI
I percorsi di crescita verso la vita adulta appaiono oggi meno univoci e
lineari, condizionati dalle molteplici trasformazioni e dai ritmi vorticosi
che caratterizzano il contesto in cui siamo immersi. All’interno di questa
complessità, i bambini, poi ragazzi e giovani, osservano e incontrano i
propri modelli di riferimento, in una composita galleria che mostra, mette in
scena e veicola diversi contenuti e dimensioni valoriali. Molti sono i modelli
cui i giovani attingono, punti di riferimento che stimolano comportamenti,
aspettative e desideri. La presenza concreta e reale delle famiglie nella
Comunità Educativo-Pastorale ci ricorda la valenza formativa della
famiglia fuori e dentro casa, e che i genitori restano sempre i primi
educatori dei figli.
A. Educare oggi significa mettere i giovani in grado di capire chi devono
essere, aiutandoli ad orientarsi in un territorio sconosciuto che
sempre di più provoca in loro ansia, disagio, paura. Attraverso una
comunicazione accogliente e la condivisione di relazioni autentiche, la
famiglia è sicuramente lo spazio interpersonale dove si percepiscono,
ma soprattutto sperimentano valori e dove sviluppano elementi chiave
della personalità prendendo consapevolezza del significato della vita
e della fiducia nel futuro.
All’interno di questo percorso di crescita la proposta di fede non può
essere qualcosa di estraneo, ma deve essere proposta imprescindibile
dell’educazione integrale della persona. Essa è orientata ad aiutare
i figli a superare il proprio egocentrismo rendendosi capaci di scelte
ragionevoli operate attraverso una crescente capacità critica di fronte
a modelli di vita dominanti; suscitando nei giovani l’amore per la
verità; sperimentando e condividendo condotte cristiane orientate
all’amore verso Dio e verso il prossimo.
B. Ma la dimensione educativa, il ‘prendersi cura’ dell’altro, allarga quindi
il proprio orizzonte di senso e supera l’ambito intrafamiliare, aprendosi
all’ambito extrafamiliare. In questa direzione, l’educazione familiare
si trova ad essere impegnata in una sfida centrale per il futuro:
educare “onesti cittadini”, cioè, rendere possibile una cittadinanza
attiva dove i nostri giovani siano cittadini attivi, responsabili e solidali.
L’impegno quotidiano della famiglia per la formazione delle giovani
generazioni alla cittadinanza attiva passa attraverso la valorizzazione
dell’educazione interculturale e alla pace, il rispetto delle differenze
e il dialogo tra le culture, il sostegno dell’assunzione di responsabilità
50

6 Pages 51-60

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6.1 Page 51

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PASTORALE GIOVANILE E FAMIGLIA
nonché della solidarietà e della cura dei beni comuni e della
consapevolezza dei diritti e dei doveri.
Non dobbiamo pensare, scrive Francesco, che «Gesù fosse un
adolescente solitario o un giovane che pensava a sé stesso. Il suo
rapporto con la gente era quello di un giovane che condivideva
tutta la vita di una famiglia ben integrata nel villaggio». Il Papa
fa notare che Gesù adolescente, «grazie alla fiducia dei suoi ge-
nitori… si muove con libertà e impara a camminare con tutti gli
altri». Questi aspetti della vita di Gesù non dovrebbero essere
ignorati nella pastorale giovanile, «per non creare progetti che
isolino i giovani dalla famiglia e dal mondo, o che li trasformino
in una minoranza selezionata e preservata da ogni contagio».
Servono invece «progetti che li rafforzino, li accompagnino e li
proiettino verso l’incontro con gli altri, il servizio generoso, la
missione» (CV, 26-30 ).
Non possiamo trascurare l’educazione integrale della famiglia,
diventando corresponsabili dell’accompagnamento e dell’educazione
dei giovani che coltivano in sé l’amore per la giustizia, l’uguaglianza e
la fraternità. La preoccupazione per il Bene Comune e la verità sono
anche assi dove il futuro matrimonio e la famiglia stabile volgeranno
quella cura per l’amore esterno, un aspetto che contribuisce alla loro
stabilità nella misura in cui si donano liberamente agli altri.
Questa coerenza educativa a livello interno ed esterno richiede
necessariamente la presenza di adulti maturi ed affidabili. Infatti, a fronte
della grande complessità e indefinitezza dell’età adolescenziale, il mondo
degli adulti sembra essere altrettanto disorientato, tanto che, più o meno
consapevolmente, sta ormai abdicando al suo ruolo educativo. Come dice
lo psicoterapeuta Recalcati: “gli adulti sembrano essersi persi nello stesso
mare dove si perdono i loro figli”.
34
PASTORALE GIOVANILE SALESIANA E FAMIGLIA:
COINVOLGIMENTO E L’INTEGRAZIONE NEL PEPS
Nel capitolo precedente abbiamo fatto una breve riflessione sulle
“Memorie dell’Oratorio”, un documento scritto e pubblicato dallo stesso
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INVESTIRE SULL’EDUCAZIONE DEI GIOVANI PER COSTRUIRE LE FAMIGLIE DI OGGI E DI DOMANI
Don Bosco, che è diventato un documento-guida fondamentale nella vita
delle nostre case.
Ora vogliamo andare un po’ più in profondità nella sua importanza, poiché
è in esso che egli dirige la sua attenzione a quei giovani che incontrava
durante il giorno a Valdocco per varie attività ricreative, culturali e religiose,
e che vi risiedevano prima ancora dell’inizio dei laboratori e delle scuole
interne. Don Bosco voleva proporre, attraverso questo testo, non tanto un
insieme di norme, ma un autentico progetto di vita sia per i giovani che per
gli educatori, creando così, oseremmo dire, il primo progetto educativo;
una convergenza operativa che si attuerà definitivamente secondo la
sua originale visione di oratorio; la comprensione di quello che per San
Giovanni Bosco era il Sistema Preventivo e come poteva essere attuato
nelle opere salesiane.
In altri termini, il Progetto Educativo Pastorale Salesiano,
prima che un testo, è un processo comunitario che ten-
de a generare nella CEP una confluenza attorno a criteri,
obiettivi e linee di azioni comuni. Il PEPS crea e rafforza nella
CEP la coscienza della missione comune e approfondisce la vo-
cazione educativo-pastorale da condividere e verificare conti-
nuamente.
Progettare non solo aiuta a orientare e monitorare continuamente l’azione
pastorale, ma diventa anche un processo di identificazione della
comunità sempre più inculturato e consapevole delle sfide poste dal
tempo e dal territorio. Per questo è fondamentale che la famiglia e quindi
le famiglie, nella loro concezione e sviluppo, siano incluse tanto come
soggetto capace di un contributo originale, quanto come destinatarie di
cura e attenzioni particolari: una progettazione partecipata con e per
le famiglie.
Il Progetto Educativo e Pastorale Salesiano è chiamato a prendere in
considerazione, sia a livello locale che ispettoriale, tutte le possibili
declinazioni della partecipazione e integrazione delle famiglie nel PEPS,
dove la proposta si struttura intorno ad azioni che vedono la famiglia
protagonista a favore dei giovani. Di seguito sviluppiamo alcuni di
questi interventi da valutare nello sviluppo del PEPS.
52

6.3 Page 53

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PASTORALE GIOVANILE E FAMIGLIA
3 4 1 Una pastorale giovanile che generi
adulti nella fede e nella vita
Ripercorrendo la vicenda di ogni coppia e ogni famiglia, troviamo indicazioni
e spunti per capire il senso di una spiritualità coniugale non astratta, ma
incarnata nell’esperienza quotidiana. Segno tangibile di tale dimensione si
evidenzia nella preghiera in famiglia come espressione e alimento di
quell’intima comunione di vita e di amore che definisce l’alleanza coniugale
e anima la comunità familiare.
La pedagogia ci insegna che l’esperienza di fede vissuta dai ragazzi attraverso
i genitori, catechisti e educatori, ha un ruolo spesso determinante nello
sviluppo successivo della loro dimensione religiosa. Non si può dimenticare
che l’irradiazione del primo cristianesimo è avvenuta attraverso la
rete delle famiglie, e che ancora oggi l’integrazione tra fede e vita risulta
essere la via più autentica verso una maturità della persona. Dobbiamo
sottolineare come in tanti genitori cristiani, la consapevolezza di essere
responsabili dell’educazione cristiana dei figli va maturando attraverso la
Parola, il racconto, la testimonianza, la preghiera.
La vita coniugale e familiare, vissuta secondo il disegno di Dio,
costituisce di per sé un “Vangelo”, in cui i figli possono “legge-
re” il volto di Dio, il suo amore per l’umanità, l’amore paziente,
gratuito.
Attraverso i gesti di amore, di perdono, di accoglienza e di solidarietà
degli sposi e della famiglia, “chiesa domestica”, il Signore stesso
parla, accoglie, perdona, ama gli uomini di oggi e si fa solidale con
loro. L’impegno educativo dei genitori è in grado di attestare in modo
persuasivo un’immagine religiosa dell’esistenza, solo in misura in cui essi
la vivono. I coniugi cristiani sono testimoni della fede l’uno per l’altro, nei
confronti dei figli e di tutti gli altri familiari. Lo si è e lo si diventa attraverso
una vita coerente con quanto si professa, con uno stile, improntato alla
luce della vita quotidiana. La famiglia è l’incarnazione dell’amore unico
di Dio verso la Chiesa.
Se è essenziale pretendere che i genitori esplicitamente cristiani
accompagnino lo sviluppo della loro esperienza credente, non possiamo
ignorare le molte coppie non sposate, i matrimoni dove non c’è stata
un’eredità credente o dove la fede ha lasciato spazi istituzionali, che
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INVESTIRE SULL’EDUCAZIONE DEI GIOVANI PER COSTRUIRE LE FAMIGLIE DI OGGI E DI DOMANI
vivono in situazioni dove i Semi della Parola non sono estranei a loro, ma
sperano e vivono i valori del Vangelo di Gesù. Per queste famiglie che
possono aver perso vitalità e che la Chiesa chiede di non trascurare, è
anche possibile costruire un cammino di fede per sé e per i loro figli in
loro e con loro (cfr. AL 78-79).
In questo senso ci chiediamo come i nostri Progetti educativi-pastorali,
che vogliono evangelizzare i giovani attraverso diverse mediazioni
educative, possano motivare, accompagnare e aiutare le famiglie ad
assumere il loro apporto specifico nella crescita della domanda religiosa
dei figli.
3 4 2 Una pastorale giovanile con una dinamica vocazionale
integrale
Risultando ormai chiaro che la sfera vocazionale non può prescindere dalle
relazioni famigliari e, in ottica ecclesiale, non può essere sganciata dai
percorsi di pastorale giovanile, ci preme sottolineare due rischi che
possiamo comunque correre nella nostra azione pastorale.
a) Il primo è quello di pensare la pastorale giovanile come un itinerario
senza fine, che ricicla le persone al suo interno senza una prospettiva
di uscita chiara e consapevole verso l’età adulta, trascurando inoltre
di affrontare un serio discernimento vocazionale.
Il Sinodo dei Vescovi su “I giovani, la fede e il discernimento
vocazionale”, in tutti i suoi documenti ufficiali, ha chiesto di
qualificare in ottica vocazionale tutta la pastorale giovanile
e di estendere pastoralmente gli spazi dell’animazione vocazionale,
abbracciando anche la vocazione familiare.
b) Il secondo è quello di un’animazione vocazionale ottusa che non
prende in considerazione una proposta vocazionale a tutto tondo,
ma che si concentra solo sulle cosiddette vocazioni “di speciale
consacrazione”, ovvero alla vita religiosa e al sacerdozio. Sicuramente
vi è una specificità propria in queste scelte di vita, che richiede una
cura e un’attenzione speciale, la quale però non va pensata in forma
esclusiva ed escludente, ma dentro una dinamica vocazionale integrale
ed integrata che ha come elemento di fondo la chiamata all’amore.
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6.5 Page 55

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PASTORALE GIOVANILE E FAMIGLIA
Nell’enciclica Amoris Laetitia troviamo scritto che Il matrimonio è
una vocazione autentica e originale, in particolare è la chiamata
per gli sposi ad essere portatori del dono d’amore che fa Cristo
crocifisso alla sua Chiesa. È quindi una vera chiamata di Dio, “frutto
di un discernimento vocazionale” (cfr. AL 72).
In questo ambito la grande sfida che abbiamo davanti è quella
di creare una cultura vocazionale in ogni ambiente, secondo
lo spirito di famiglia, in modo che i giovani scoprano la vita come
chiamata, dono, vocazione all’amore e che tutta la pastorale sa-
lesiana diventi realmente vocazionale (cfr. CV, 254).
La Pastorale Giovanile Salesiana lavora per collaborare alla maturazione
della fede e della vita, ed è per questo che aiuta i ragazzi a confrontarsi
con persone che hanno raggiunto una maturità vocazionale nei diversi
stati di vita cristiana.
La pastorale giovanile è dunque chiamata a riprogettarsi in senso
vocazionale, facendo forza anche sul suo legame con la famiglia,
sia avviando un lavoro pastorale con i bambini e gli adolescenti, sia
completando i loro percorsi sia in entrata che in uscita. In entrata, perché
la pastorale giovanile riceve i suoi soggetti dalle età della vita precedenti
alla gioventù, ovvero dall’infanzia, dalla fanciullezza e dall’adolescenza.
Infanzia e fanciullezza vedono come protagonista quasi assoluta
la famiglia e le relazioni primarie, e l’adolescenza segna in genere il
tempo delle sfide individuali e la contestazione con la vita familiare. In
uscita, perché i soggetti che terminano il passaggio dell’età giovanile
e i giovani adulti, nella gran maggioranza dei casi, sono chiamati a
vivere la loro vocazione cristiana attraverso la creazione di una loro
famiglia. È quindi normale pensare che uno dei compiti fondamentali
della pastorale giovanile sia incoraggiare i giovani alla responsabilità
della vita adulta che si specifica in forma privilegiata nell’assunzione
della responsabilità familiare.
3 4 3 Una pastorale giovanile che cura dei giovani
con “povertà familiari”
All’origine del carisma c’è la cura di San Giovanni Bosco per i giovani senza
famiglia di Torino. Intorno ad essi Don Bosco ha saputo creare una “famiglia
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6.6 Page 56

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INVESTIRE SULL’EDUCAZIONE DEI GIOVANI PER COSTRUIRE LE FAMIGLIE DI OGGI E DI DOMANI
di adozione”, capace di restituire loro l’amore e l’educazione necessari per
riabilitarli ad una crescita piena e matura.
Ancora oggi, in molte parti del mondo, la pastorale giovanile salesiana si
occupa di giovani che non mantengono o non possono più mantenere
i legami con la loro famiglia d’origine e, inoltre, sempre più si cerca di
garantire un intervento educativo che tenga conto della famiglia del
giovane come possibile alleato e partner.
La tradizione salesiana afferma che don Bosco, avendo ben compreso
l’importanza della famiglia nell’educazione dei giovani, fin dall’inizio ha
impostato la sua opera educativa come una famiglia per i giovani senza
famiglia e “una parrocchia per i giovani senza parrocchia”.
Nei promemoria che don Bosco inviava alla Santa Sede per otte-
nere l’approvazione della Congregazione salesiana sottolineava
sempre: “Questa Congregazione nel 1841 era all’inizio una sem-
plice catechesi, un giardino di festa, a cui nel 1846 si aggiunse
una casa per artigiani poveri, formando un istituto privato come
una grande famiglia” (FS, pp. 80-81).
Dal punto di vista carismatico, permane la necessità di una concentrazione
specifica sulla famiglia, perché spesso le povertà di ordine materiale,
culturale, morale e spirituale, a volte anche una “povertà familiare”,
sono strettamente legate a problematiche familiari.
La realtà sociale che viviamo oggi rende conto di queste povertà, poiché
c’è un segmento della società che si confronta con la realtà di vivere
senza famiglia e/o in case più svantaggiate. Tutto sembra indicare che
questa tendenza sia ben nota: figli che rimangono senza genitori già in età
molto giovane; figli unici che, a causa di immaturità affettive irrisolte, non
formeranno una famiglia propria, arrivando alla vecchiaia da soli; famiglie
disperse, i cui componenti vivono a migliaia di chilometri di distanza;
famiglie che in seguito ad episodi di violenza si sono separate.
Perché «è più profondo di quel che pensiamo – dice Francesco
nell’udienza del 28 gennaio 2015 - il senso di orfanezza che vivono
tanti giovani. Sono orfani in famiglia, perché i papà sono spesso assenti,
anche fisicamente, da casa, ma soprattutto perché, quando ci sono,
non si comportano da padri, non fanno un dialogo con i loro figli, non
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PASTORALE GIOVANILE E FAMIGLIA
adempiono il loro compito educativo, non danno ai figli, con il loro
esempio accompagnato dalle parole, quei principi, quei valori, quelle
regole di vita di cui hanno bisogno come del pane», e sono orfani «anche
nella comunità civile […]. Orfani di strade sicure da percorrere, orfani
di maestri di cui fidarsi, orfani di ideali che riscaldino il cuore, orfani
di valori e di speranze che li sostengano quotidianamente. Vengono
riempiti magari di idoli ma si ruba loro il cuore; sono spinti a sognare
divertimenti e piaceri, ma non si dà loro il lavoro; vengono illusi col dio
denaro, e negate loro le vere ricchezze». Gesù ha fatto una promessa ai
suoi discepoli: “Non vi lascerò orfani” (Gv 14,18)»; a noi viene chiesto di
non lasciare orfani i giovani e a dare loro una famiglia; di dare loro una
comunità in cui ci siano presenti adulti autorevoli capaci di farli crescere
con «una vera forza generativa».
La pastorale giovanile salesiana, quindi, è chiamata a prendersi cura dei
giovani più bisognosi, ma anche delle loro “distanti” o “bisognose”
famiglie con un approccio fedele al carisma, e quindi preventivo
e missionario. Un approccio che sia capace di incrementare la solidità
affettiva e educativa delle famiglie, proteggendo da rotture e abusi, e
missionario perché capace di uscire incontro alle realtà familiari dei giovani
nella situazione e nella condizione in cui realmente si trovano, cercando di
accompagnarle con pazienza, prudenza e amore.
Dobbiamo attivare una pastorale, chiamata in senso teologico
“d’adozione” (espressione dell’americano Chap Clark, noto docente
e consulente); pastorale che propone di creare comunità in grado di
accogliere ogni ragazzo, ogni giovane, e ogni adulto, perché tutti loro
sappiano di avere una casa… un luogo in cui possono scoprire chi sono e in
che modo sono in grado di offrire il proprio contributo. In altri termini, una
famiglia; una comunità in cui si respira un ethos di mutualità familiare, si
impara «la prossimità, il prendersi cura, il saluto», e si riconosce che viviamo
con altri «che sono degni della nostra attenzione, della nostra gentilezza,
del nostro affetto» (AL 276).
La carità pastorale del Sistema Preventivo di don Bosco, appli-
cato alla cura della famiglia, non è un sentimento o un sempli-
ce moto dell’animo, ma è un atteggiamento preciso, che implica
decisione e maturità. Una carità tenace, resistente, capace di
tenere e trattenere, di sostenere e accarezzare.
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6.8 Page 58

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INVESTIRE SULL’EDUCAZIONE DEI GIOVANI PER COSTRUIRE LE FAMIGLIE DI OGGI E DI DOMANI
3 4 4 Una pastorale giovanile che accompagna
l’amore delle giovani coppie/famiglie
Un’attenzione specifica va rivolta alle giovani coppie/famiglie,
iniziando dall’accompagnamento dei fidanzati, delle coppie di novelli sposi,
dei genitori, che nei primi anni di vita dei figli hanno bisogno di essere
particolarmente aiutati ad assumere responsabilmente questo dono e
compito educativo, senza dimenticare tutti quei giovani che stanno creando
una famiglia ancora svincolati dal sacramento matrimoniale. Si tratta, in tutti
questi casi, di fasi delicate della vita personale e di coppia, in cui è opportuno
garantire un accompagnamento specifico a cura di tutta la comunità, sia da
parte di coppie e singoli adulti, quanto da parte dei consacrati.
Risulta ovviamente opportuno interagire e raccordarsi con le iniziative
tradizionali, a riguardo delle tante proposte concrete attivate sul territorio,
ad esempio i percorsi di preparazione al matrimonio.
Le giovani coppie non sono solo oggetto della cura pastorale, ma anche
soggetti della pastorale in generale e di quella giovanile in particolare. La
formazione alla vita matrimoniale e familiare, anche all’interno dei “percorsi
di pastorale giovanile”, può trovare in queste coppie – almeno in quelle
più solide, formate e impegnate – una risorsa unica. Loro, infatti, giovani
anche essi, possono offrirsi agli altri giovani come testimoni di un vissuto
in grado di suscitare identificazione e imitazione.
I due Sinodi dedicati alla famiglia hanno parlato di prepara-
zione remota, prossima e immediata al matrimonio. Tale sud-
divisione, indicata già dal magistero di Giovanni Paolo II, ha
uno scopo prettamente pratico-esplicativo atto a sottolineare la
complessità delle fasi di maturazione della vita affettiva delle
persone e l’importanza di un accompagnamento specifico e ade-
guato a ognuna di esse. Va da sé che sarebbe un grave errore de-
mandare a singoli settori pastorali la cura di un percorso tanto
determinante per costruire la storia di ogni persona. È quindi
necessario che pastorale giovanile e familiare, illuminate dalla
prospettiva vocazionale, collaborino per favorire scelte di vita
mature e consapevoli.
Questo percorso può essere raffigurato con l’immagine dell’imbuto e quindi
con una progressione sempre più stringente e chiaramente indirizzata.
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6.9 Page 59

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PASTORALE GIOVANILE E FAMIGLIA
Si inizia con la preparazione remota, che aiuta ad entrare sempre più
consapevolmente, fin dalla più tenera età, nella sfera affettivo-relazione
attraverso anzitutto il vissuto famigliare e completata da altre relazioni
con figure educativamente significative. Successivamente la preparazione
prossima mette al centro il tema della scelta, e qui l’intersezione con
l’ambito vocazionale diventa sempre più intima e vincolante. Per l’efficacia
di questo delicato passaggio sono assolutamente da incentivare i cammini
sul fidanzamento e sulla verifica della propria scelta vocazionale. Infine,
con la preparazione immediata si vanno ad approfondire tutte le tematiche
legate al matrimonio e alla costruzione di una famiglia.
In questo contesto riveste un’importanza particolare la pastorale
sacramentale. Per quanto possibile, tale preparazione, preveda itinerari
specifici che comprendano sia momenti di incontro personale, che
comunitari, nei quali siano coinvolte insieme più coppie di sposi, con
l’obiettivo di favore in tutti coloro che vi partecipano un risveglio, una
verifica, un approfondimento della loro fede e della loro vocazione. Grande
attenzione va posta alle ormai numerose famiglie che si affacciano alla
scelta sacramentale con anni di convivenza alle spalle spesso accompagnate
dalla presenza di figli. In questo ultimo caso, proprio la presenza dei figli
e la consapevolezza di vivere una maternità e paternità responsabile,
possono essere un grande aiuto come coronamento della loro risposta
a una vocazione di amore e di accoglienza nella fede il dono che Dio sta
affidando alla loro responsabilità.
Tutti questi passaggi non solo sono connessi tra loro e si alimentano a
vicenda, ma hanno bisogno di essere abbracciati da una comunità educativa
e pastorale che si faccia carico della persona nella complessa relazione di
tutte le sue dimensioni, in ogni fase della crescita, incluso quel delicato
passaggio, particolarmente caro al carisma salesiano, tra giovinezza ed età
adulta. Tutto questo deve essere tenuto fortemente in considerazione: è una
chiamata alla creazione in ogni CEP di un clima di famiglia, di accoglienza
e di fede, spazio adeguato alla scoperta e l’orientamento delle vocazioni,
tutto all’interno dell’attuazione del PEPS.
I primi anni di matrimonio, oltre ad essere determinanti per l’intero
cammino coniugale e familiare, rimangono per molte giovani coppie tempo
di avvio e di assestamento per quanto riguarda sia l’esperienza dell’amore
coniugale, sia l’incontro con la nuova vita del figlio. Spesso sono anche
attraversati da problemi e difficoltà circa il lavoro e l’abitazione, la difficoltà
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6.10 Page 60

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INVESTIRE SULL’EDUCAZIONE DEI GIOVANI PER COSTRUIRE LE FAMIGLIE DI OGGI E DI DOMANI
ad avere figli. Sono ricchi di risorse perché sono gli anni dell’entusiasmo,
dei primi passi di una vita a due, della serenità, di un’intimità ricercata e
vissuta con equilibrio, della risposta al desiderio di realizzare progetti e
sogni accarezzati a lungo, dell’aprirsi di nuove prospettive anche in ordine
alla crescita nella fede, della gioia e della responsabilità connesse con la
procreazione di una nuova vita, della percezione del dono costituito dal
figlio e della dimensione religiosa iscritta nella sua generazione.
3 4 5 Una pastorale giovanile che educa
all’affettività e alle relazioni
Il mondo degli affetti chiede di essere formato e per così dire “raffinato”
da un lavoro educativo che non passa tanto attraverso concetti da
inculcare, bensì mediante esperienze da condividere. Per lo sviluppo di ogni
vocazione è indispensabile una buona e costante formazione all’amore.
Per accompagnare i giovani alla maturità affettiva, è necessaria una
intera comunità.
In particolare gli sposi con il proprio cammino di vita e di fede, declinato
all’interno del carisma salesiano, sono chiamati a testimoniare l’amore
come dedizione di sé all’altro; a testimoniare questo contesto affettivo in
cui si vive la prima esperienza dell’amore e dell’attaccamento relazionale,
e si costruiscono i primi fondamenti nello sviluppo affettivo in relazione a
se stessi e agli altri, quindi l’educazione affettiva, l’educazione all’amore
e alla sessualità e il dono reciproco di sé iniziano nell’ambiente familiare.
La prima e fondamentale educazione sessuale che si offre ai giovani si
realizza ordinariamente a partire dalla testimonianza delle persone che
entrano in relazione con loro, e cioè, da quello che essi trasmettono con
le loro vite.
Nostro compito è dunque quello di aiutare i giovani a capire che l’amore
trascende il romanticismo e può salire a diversi livelli relazionali come quelli
amicali e può essere evidente anche nelle azioni e nei comportamenti
altruistici. Non si nutre, quindi, di perfezione, ma ha bisogno di una pratica
lunga e paziente, che richiede entusiasmo e voglia di andare avanti, di
conoscersi e di accogliersi, di crescere, di perdonarsi, di ricominciare, di
mettersi continuamente in gioco, di lasciarsi accompagnare e accogliere
dagli altri.
60

7 Pages 61-70

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7.1 Page 61

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PASTORALE GIOVANILE E FAMIGLIA
Non può mancare un riferimento alla croce. La croce è il letto
dell’Amore perfetto. Francesco, nell’Angelus del 20 giugno 2020,
ricorda che “Non c’è vero amore senza croce, cioè senza un prez-
zo da pagare di persona. E lo dicono tante mamme, tanti papà
che si sacrificano tanto per i figli e sopportano dei veri sacrifici,
delle croci, perché amano”. “Chi non prende la sua croce e non
mi segue non è degno di me”. (Mt 10,38).
Oggi siamo immersi in un orizzonte culturale che, in nome di un
concetto fuorviante di libertà, spinge a considerare separatamente le
varie dimensioni della persona. La grande sfida è quella di proporre la
vocazione all’amore nella sua complessità relazionale di corpo, anima e
spirito. In particolare, l’aspetto corporeo rischia continuamente di essere
compreso secondo modelli svilenti di efficientismo, legati all’immagine
e alla prestazione, perdendo completamente di vista la funzione
identitaria che rivela come ogni donna e ogni uomo, nella loro differenza
e complementarità, sono stati fatti per la comunione e la donazione.
La prospettiva per inquadrare correttamente la sessualità, dunque, non
può che essere quella della castità, intesa non tanto come una rinuncia
sterile e priva di significato, ma come acquisizione di capacità di dono e
responsabilità, di passaggio da un’ottica di egoismo e possesso a quella
di apertura all’altro e di oblatività.
Ultimo passaggio necessario è un accenno all’adolescenza, fase
delicatissima e di transizione. Mentre quando parliamo di pubertà
abbiamo dei “paletti” bio-fisiologici abbastanza precisi, che individuano
orientativamente come momento culmine il periodo tra gli 11 e i 13
anni, successivamente si entra in un mondo sempre più difficile da
delimitare: quello adolescenziale. Sicuramente continua ad essere
un’età dove i ragazzi manifestano un’ambivalenza di sentimenti:
desiderio di autonomia personale e di autenticità, curiosità intellettuale
nella quale si esprime il bisogno profondo di verità. Rimane un’epoca
della vita caratterizzata dal coesistere di emozioni forti e da forte
conflittualità, che, affinché possa essere vissuta come ogni altro
processo di “passaggio”, ha bisogno di adulti autorevoli, consapevoli
del proprio ruolo, anche quando devono dire “no”.
61

7.2 Page 62

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INVESTIRE SULL’EDUCAZIONE DEI GIOVANI PER COSTRUIRE LE FAMIGLIE DI OGGI E DI DOMANI
3 4 6 Una pastorale giovanile che favorisce la famiglia come
“ospedale di campagna”
La pastorale giovanile salesiana è chiamata a promuovere un sostegno
reciproco tra le famiglie, attraverso le strutture e le reti di solidarietà che
la Comunità Educativo-Pastorale crea e incontra sul territorio.
“Perché la famiglia divenga sempre più una vera comunità di
amore, è necessario che tutti i suoi membri siano aiutati e for-
mati alle loro responsabilità di fronte ai nuovi problemi che si
presentano, al servizio reciproco, alla compartecipazione attiva
alla vita della famiglia» (FC, n. 69a).
La famiglia, in quanto nucleo fondante della società, può e deve svolgere
un ruolo prezioso e, per molti versi, insostituibile nella solidarietà verso gli
altri. Oltre al compito di aiuto e sostegno nei confronti di suoi componenti
che si trovano senza lavoro o in situazioni di precarietà, fondamentale
è l’impegno che la famiglia è chiamata ad esercitare in ordine alle tante
situazioni di povertà e disagio che coinvolgono sempre più persone.
All’interno della CEP le famiglie, anche attraverso uno stile di vita sobrio
ed improntato a modelli di consumo rispettosi della dignità di ogni uomo,
sono le più indicate a testimoniare questa specifica capacità di servizio e di
attenzione per i bisognosi.
Una attenzione particolare sarà da riservare alle famiglie migranti, al
rispetto della loro cultura, all’inserimento nella nostra società, al favorire,
per quanto possibile, il ricongiungimento con tutti i familiari, all’educazione
religiosa e scolastica dei figli. Le CEP si devono aprire alla loro accoglienza
e integrazione, sia attraverso gesti concreti e semplici, sia sollecitando
interventi istituzionali collaborando anche con le adeguate forme
associative. A questo proposito non dobbiamo dimenticare le parole di
Francesco: “le profonde convinzioni della propria fede: l’inalienabile dignità
di ogni persona umana al di là dell’origine, del colore o della religione, e
la legge suprema dell’amore fraterno” (FT, 39).
Nella comunità cristiana diventa sempre più alto il numero dei cosiddetti
lontani, prevalentemente quelle persone che, mosse ancora da una
vaga religiosità ‘tradizionale’, bussano alle porte delle nostre parrocchie
salesiane per chiedere battesimi, prime comunioni e cresime, matrimoni e
funerali. Sono occasioni preziose per motivare, provocare, un cammino di
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7.3 Page 63

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PASTORALE GIOVANILE E FAMIGLIA
reincontro con il Dio che salva attraverso la Parola, il messaggio opportuno
e la relazione fraterna che offriamo come Chiesa.
E’ necessario che anche le famiglie vengano coinvolte in un ripensamento
della pastorale sacramentale, con l’obiettivo di sfruttare queste occasioni di
contatto per testimoniare la bellezza della vita cristiana attraverso proposte
di prima evangelizzazione.
In alcune CEP si sta sperimentando e riflettendo su come la presenza al
suo interno di famiglie ferite, ma fedeli, abbia un potenziale educativo
altissimo verso i giovani. In diverse comunità, alcune donne separate
dai mariti, ma fedeli al loro matrimonio, hanno cominciato ad essere
inserite nei percorsi educativi dei giovani divenendo testimoni di quanto
il sacramento del matrimonio sia comunque rimasto un fondamento della
loro vita.
La prospettiva da perseguire è in ogni caso quella di pensare a famiglie
che si “prendano cura” dei più fragili, che tessano legami di prossimità
e reciprocità superando la stretta cerchia dei legami familiari e amicali,
per aprirsi all’altro, ogni altro, l’altro “vicino”, così come l’altro “remoto
e sconosciuto”, a cui sentirsi legati da nuove forme di solidarietà e
di appartenenza, capaci di attraversare confini, di superare distanze
e differenze. Questo “altro” può essere una famiglia con una storia
abitata da fragilità o problematicità, così come una famiglia vulnerabile
che vive un momento di crisi inattesa con ripercussioni su diversi piani
dell’esistenza.
In questo senso, diventa fondamentale la presenza di famiglie accoglienti
nei confronti di ragazzi, adolescenti e giovani. Tra le possibili
concretizzazioni di questa opzione rientrano i centri per minori, le “case
famiglia”, le reti di famiglie affidatarie e adottive, i gruppi e le associazioni
familiari missionarie e solidali.
Francesco sostiene che “la nostra relazione, se è sana e autenti-
ca, ci apre agli altri che ci fanno crescere e ci arricchiscono” (FT,
89) e le famiglie posso essere segno profetico di una nuova so-
cietà mondiale accogliente e inclusiva.
In sintesi, è fondamentale accogliere ogni famiglia in qualsiasi condizione
essa si trovi. La pastorale giovanile mira a essere un buon samaritano per
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7.4 Page 64

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INVESTIRE SULL’EDUCAZIONE DEI GIOVANI PER COSTRUIRE LE FAMIGLIE DI OGGI E DI DOMANI
tutte le famiglie. Accogliere, accompagnare e amare sono le tre “A”
della pastorale giovanile per le famiglie di oggi.
3 4 7 Una pastorale giovanile che sostiene percorsi di formazione
e accompagnamento
Tutto ciò che è stato affermato su Pastorale Giovanile Salesiana e Famiglia
esige, per essere realizzato, l’avvio di processi di formazione per tutti
e per ciascuno dei membri del CEP: sia per i salesiani consacrati che per i
laici che sostengono lo sviluppo del PEPS e della Famiglia Salesiana.
A fronte del mutare vorticoso delle condizioni socioeducative, la formazione
oggi è una necessità continua che implica continuo aggiornamento e
permanente capacità di apprendimento per un aggiornamento costante
e adeguato alle varie situazioni. Nello specifico della Pastorale Giovanile e
Famiglia, inoltre, viene richiesto uno sforzo ulteriore in quanto, anche se
non parliamo di qualcosa completamente sconosciuto, sicuramente per
molti è una sensibilità da riscoprire o approfondire.
Quindi stiamo parlando di una formazione che prima di tutto ci permette
di lavorare insieme, sviluppando la grazia di essere un vasto movimento
con molti doni da condividere. Sicuramente nascono alcune esigenze
formative specifiche, come la necessità di continuare a rafforzare le capacità
di discernimento e di accompagnamento, sia personale che comunitario.
E’ inoltre opportuno individuare strumenti idonei che ci permettano di
comprendere la complessità e le differenze sia dei giovani che delle famiglie,
a livello locale, come nelle CEP, ma anche a livello ispettoriale.
La Pastorale Giovanile Salesiana è invitata a riconoscere i bisogni e le risorse
specifiche della famiglia oggi, ad interpretarle secondo l’illuminazione della
Parola e dello Spirito, per scegliere le forme e le modalità migliori per
accompagnare i giovani e le famiglie. Tutto questo richiedere una formazione
specifica, con particolare riguardo, secondo un criterio carismatico, alla
formazione personale sempre illuminata dall’accompagnamento nel
discernimento vocazionale.
Come visto nel Capitolo 2, vi è certamente anche la necessità di formazione
ulteriore sul Sistema Preventivo, cuore del carisma salesiano, da intendersi
tanto come proposta di spiritualità quanto come pratica educativa. Il
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PASTORALE GIOVANILE E FAMIGLIA
trinomio “ragione, religione e amorevolezza”, infatti, non è solo un
progetto educativo di formazione integrale o un metodo pratico che
l’educazione deve utilizzare, ma rivela anche i tratti fondamentali di una
Spiritualità Giovanile Salesiana da scoprire, vivere, ri-vivere e rinnovare
continuamente. A una formazione sistematica e ad un aggiornamento
costante sui vari ambiti della missione salesiana, sono chiamati anche gli
operatori della Pastorale Giovanile Salesiana coinvolti con e per le famiglie,
affinché questo impegno sia coerentemente incardinato nel carisma.
Dunque, secondo la prospettiva della pastorale giovanile e famiglia, alla luce
degli strumenti offerti dalla Congregazione, come il “Quadro di Riferimento
per la Pastorale Giovanile Salesiana”, e dal cammino sinodale della Chiesa
di questi ultimi anni, con i documenti legati ai due sinodi sulla famiglia e
a quello sui giovani, la fede e il discernimento vocazionale, devono essere
pensati, in stretta collaborazione tra il livello locale e quello ispettoriale,
nuovi itinerari formativi in pastorale giovanile.
IN SINTESI
◗◗ In questo capitolo siamo partiti dal sottolineare quanto la CEP
sia collegata allo spirito di famiglia, al nostro modo di vivere la
Chiesa e alla dimensione comunitaria della missione. In essa il
Sistema Preventivo diventa operativo in un progetto comunitario
e si concretizza lo spirito di famiglia. Quindi oggi, uno dei
compiti più urgenti e primari della CEP è valorizzare la famiglia e
sostenerla progettando insieme ad essa in un reciproco dialogo.
Questo richiede una rinnovata alleanza tra la famiglia e i ‘luoghi
educativi’.
◗◗ L’educazione dei giovani è compito originale dei genitori,
connesso alla trasmissione della vita, e primario rispetto al
compito educativo di altri soggetti; quindi il ruolo della CEP
si propone come complementare, non sostitutivo, del ruolo
educativo dei genitori dei giovani.
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INVESTIRE SULL’EDUCAZIONE DEI GIOVANI PER COSTRUIRE LE FAMIGLIE DI OGGI E DI DOMANI
◗◗ La teologia pastorale, in questo processo di responsabilizzazione,
afferma che la famiglia è oggetto, contesto e soggetto dell’azione
pastorale. Questa riflessione ci ha portato ad interrogarci
sull’originalità della famiglia all’interno della CEP, la quale
può occupare un posto specifico. Il contributo della vocazione
familiare, genitoriale e di coppia è stato individuato in almeno
tre temi centrali: l’amore, la vita e l’educazione.
◗◗ Per questo, sia a livello locale che ispettoriale, occorre che si
inizino a progettare percorsi formativi per gli operatori/formatori,
integrando le famiglie nel PEPS, dove la proposta educativa e
pastorale sia strutturata intorno ad azioni che vedano la famiglia
protagonista a favore dei giovani. Tali percorsi devono avere come
nucleo centrale il confronto, la metodologia della pedagogia
familiare e la Spiritualità Salesiana.
◗◗ Per questo motivo diventa essenziale riprogettarsi insieme in
senso vocazionale; contestualmente entrare nel quotidiano delle
famiglie, parlare il loro linguaggio, stare accanto alle fragilità delle
relazioni e riconoscere le fatiche presenti nel vissuto di tante di
loro avendo cura dei giovani senza famiglia, delle giovani famiglie,
delle situazioni familiari più fragili (dalla povertà, disuguaglianza e
vulnerabilità) promuovendo la solidarietà tra famiglie. Diventa poi
necessario accompagnare l’amore delle giovani coppie/famiglie
avendone cura e progettando una buona e costante formazione
all’amore per lo sviluppo di ogni vocazione.
◗◗ Tutto ciò che è stato detto su Pastorale Giovanile Salesiana
e Famiglia esige, per essere realizzato, l’avvio di processi di
formazione per tutti i membri del CEP e quindi sia per i salesiani
consacrati che per i laici che sostengono lo sviluppo del PEPS e
della Famiglia Salesiana.
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PASTORALE GIOVANILE E FAMIGLIA
Riflessione conclusiva
Le famiglie, dunque, più che un settore su cui far convergere i
nostri sforzi, sono un’angolatura privilegiata da cui ripensare e
progettare più realisticamente la pastorale giovanile. Questo ci
porta ad accogliere la diversità familiare presente nelle opere e
a valorizzarne quel grande valore attraverso cui i nostri giovani
potranno conoscere la gioia dell’amore e del dono. I giovani
provengono da una famiglia che diventa impronta, scuola,
ambiente di fede e luogo privilegiato per la formazione continua;
in continuità accedono nella CEP in cui sentono benvoluti, a casa,
valorizzati. Successivamente costruiscono la loro famiglia, o una
nuova famiglia; questo ci suggerisce che nel nostro percorso di
vita abbiamo diversi “appuntamenti in famiglia” e noi vogliamo
accompagnarli.
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