COMUNITA’ “DON RUA” DELLA CASA GENERALIZIA
“Diventare Don Bosco giorno dopo giorno”
Festa del Beato Michele Rua
Roma, 29 ottobre 2014
Carissimi Confratelli,
celebrando oggi la festa del Beato Michele Rua, primo successore di Don Bosco e patrono di questa nostra comunità, soffermiamoci a meditare sulla sua figura. Da essa potremo trarre ispirazione per vivere con frutto il bicentenario della nascita del nostro caro padre e fondatore: guardando a Don Rua, impareremo a imitare Don Bosco.
1. La prima lettura, tratta dal secondo libro dei Re, ci ha presentato il passaggio di consegne tra i profeti Elia ed Eliseo. Elia, il profeta del Dio vivente e della fedeltà all’alleanza, stava per concludere il suo ministero. In quel frangente Eliseo, che aveva vissuto con lui e aveva condiviso la sua missione, gli aveva rivolto una richiesta esigente; così gli aveva detto: “Fa’ che due terzi del tuo spirito diventino miei”. Ora mentre veniva rapito in un turbine verso il cielo su un carro di fuoco, Elia lasciò in eredità ad Eliseo il suo mantello, per mezzo del quale Eliseo subito operò un prodigio. Allora i figli dei profeti dissero: “Lo spirito di Elia si è posato su Eliseo”. Il mantello lasciato in eredità era il segno dell’avvenuto passaggio. Eliseo diventava così il continuatore dell’opera profetica di Elia.
Nella stessa prospettiva si era espresso il Beato Papa Paolo VI durante la beatificazione di Don Rua, avvenuta 42 anni fa il 29 ottobre 1972. Egli così diceva: “Don Rua è stato il fedelissimo, perciò il più umile e insieme il più valoroso figlio di Don Bosco”1. Il Papa scolpiva così la figura umana e spirituale di Don Rua, individuandone la fondamentale caratteristica nella fedeltà. Egli aggiungeva: “Successore di Don Bosco, cioè continuatore: figlio, discepolo, imitatore… Ha fatto dell’esempio del Santo una scuola, della sua vita una storia, della sua regola uno spirito, della sua santità un modello; ha fatto della sorgente, una corrente, un fiume”. Don Rua è lo sviluppo coerente del carisma di Don Bosco.
Accanto a Don Bosco, Don Rua apprende il suo spirito, l’intraprendenza apostolica, il dinamismo, l’amorevolezza. Volgiamo ora il nostro sguardo su Don Rua, specialmente negli anni in cui visse vicino a Don Bosco fino alla morte di lui nel 1888, perché anche noi come Don Rua in questo Bicentenario possiamo imparare a “diventare Don Bosco giorno dopo giorno”. La conoscenza e lo studio di Don Bosco, la familiarità con lui e l’imitazione della sua vita ci renderanno, come Don Rua, autentici salesiani e quindi suoi successori oggi. Alla scuola di Don Rua, “come Don Bosco vivremo con i giovani e per i giovani”.
2. La vicenda di Michele Rua accanto a Don Bosco era cominciata nell’autunno 1846 con un gesto strano. Otto anni, orfano di padre, con un’ampia fascia nera fissata dalla mamma sulla giacca, aveva teso la mano per avere una medaglietta da Don Bosco. A lui invece della medaglia Don Bosco aveva consegnato la sua mano sinistra, mentre con la destra faceva il gesto di tagliarsela a metà, ripetendogli: “Prendila, Michelino, prendila”. Davanti a quegli occhi sgranati che lo fissavano meravigliati, aveva detto alcune parole che sarebbero state il segreto della sua vita: “Noi due faremo tutto a metà”.
Iniziò così quel formidabile lavoro condiviso tra il maestro santo e il discepolo che faceva a metà con lui in tutto e sempre. Michele cominciava ad assimilare la maniera di pensare e di comportarsi di Don Bosco. “Mi faceva più impressione - dirà più tardi - osservare Don Bosco nelle sue azioni anche minute, che leggere e meditare qualsiasi libro devoto”.2 Stando con Don Bosco, doveva accumulare tanta serena forza da bastargli per tutta la vita, nella quale avrebbe dovuto esprimere un’energia continua.
Don Giulio Barberis era stato scelto come primo maestro dei novizi salesiani, perché Don Bosco aveva scoperto in lui un fine educatore di anime. Di dieci anni più giovane di Don Rua, gli visse accanto per 49 anni come confratello, confidente, amico. Nel processo di beatificazione così descrisse la sua personalità: “Il suo impegno fu sempre di entrare nelle idee di Don Bosco, di rinunciare alle proprie vedute e ai propri pareri, per conformarsi” alla visione di Don Bosco. “Non appena seppe che egli aveva intenzione di fondare la Congregazione Salesiana, egli subito, per primo, gli fece voto di ubbidienza”. Era il 25 marzo 1855, Michele aveva 18 anni. “Da allora in poi non pensò più ad altro che a mettere da parte la sua volontà, per fare la volontà del Signore espressa da Don Bosco”.3
Nel 1863 Don Bosco fece fare alla sua Opera un passo decisivo. Essa funzionava bene a Valdocco, perché a reggerla c’era la figura carismatica e paterna di Don Bosco. Ma trapiantata altrove, senza Don Bosco, avrebbe funzionato? Nella primavera di quell’anno, Don Bosco ebbe con don Rua, che aveva 26 anni, un incontro intenso. “Ho da chiederti un grosso favore. D’accordo col Vescovo di Casale Monferrato ho deciso di aprire un piccolo Seminario a Mirabello. Penso di mandare te a dirigerlo. È la prima opera che i Salesiani aprono fuori Torino. Avremo mille occhi addosso. Io ho piena fiducia in te. Ti do tre aiuti: cinque dei nostri Salesiani più solidi, tra cui don Bonetti che sarà il tuo ‘vice’; un gruppo di ragazzi scelti tra i migliori che verranno da Valdocco a continuare la loro scuola là, per essere il lievito tra i ragazzi nuovi che riceverai; e insieme con te verrà tua mamma”.
Don Rua parte in ottobre di quell’anno. Don Bosco gli ha scritto quattro pagine di consigli preziosi che verranno poi trascritti per ogni nuovo direttore salesiano: sono giudicati uno dei documenti più limpidi del sistema educativo di Don Bosco. Tra l’altro ha scritto: “Ogni notte devi dormire almeno sei ore. Cerca di farti amare prima di farti temere. Cerca di passare in mezzo ai giovani tutto il tempo della ricreazione. Se sorgono questioni su cose materiali, spendi tutto quello che occorre, purché si conservi la carità”. Don Rua riassume tutti questi consigli in una sola frase: “A Mirabello cercherò di essere Don Bosco”.
Nell’autunno del 1865 Don Rua ritornerà a Valdocco, su richiesta di Don Bosco che gli dice: “Hai fatto Don Bosco a Mirabello; adesso lo farai qui, all’Oratorio”. Tra il cumulo delle sue mansioni, in tutti quegli anni don Rua è sempre il Direttore dei numerosissimi giovani che affollano Valdocco: studenti, artigiani, aspiranti salesiani, giovanissimi salesiani. Don Rua si sforza di ‘diventare Don Bosco’ in tutto. “Le sue maniere, la sua voce, i suoi lineamenti, il suo sorriso, non avevano quel misterioso fascino che attirava e incatenava i giovani a Don Bosco. Ma era per tutti il padre premuroso e affettuoso, preoccupato di comprendere, incoraggiare, sostenere, perdonare, illuminare, amare”.4 E i giovani di Valdocco dimostrarono coi fatti di riconoscere in lui un amico paterno.
Don Giuseppe Vespignani, che sarà un grande missionario nell’America del Sud, arrivò a Valdocco nel 1876. Giovane sacerdote di 23 anni, era venuto da Faenza per stare con Don Bosco. Nel suo semplice diario, “Un anno alla scuola di Don Bosco”, ci ha dato un quadro vivissimo dell’attività di don Rua, di cui fu uno dei segretari. Con rara sensibilità fotografò l’atmosfera e l’ambiente di Valdocco, animati dalla presenza di due santi: Don Bosco e don Rua. “Fin dal primo giorno - scrive - mi misi di cuore agli ordini del mio caro superiore don Rua. Quante cose imparai a quella sua scuola di pietà, di carità, di attività salesiana! La sua era una cattedra di dottrina e di santità; ma era soprattutto una palestra di formazione salesiana. Ogni giorno più ammiravo in don Rua la puntualità, la costanza instancabile, la religiosa perfezione, l’abnegazione unita alla più soave dolcezza. Quanta carità, che belle maniere per incamminare un suo dipendente nell’ufficio che voleva affidargli! Che delicato studio, che penetrazione in conoscerne e sperimentarne le attitudini per educarle in maniera a renderle utili all’Opera di Don Bosco!”.
Nel 1888, alla morte di Don Bosco, si conclude questo apprendimento diretto. A Roma più di un Cardinale era persuaso che la Congregazione salesiana sarebbe rapidamente deperita; don Rua aveva appena 50 anni. Era meglio inviare a Torino un Commissario pontificio che preparasse l’unione dei Salesiani con un’altra Congregazione già consolidata. “In gran fretta - testimoniò don Barberis - Mons. Cagliero raduna il Consiglio Superiore delle Congregazione con alcuni dei più anziani e fu stesa una lettera al Santo Padre in cui dichiararono che tutti d’accordo avrebbero accettato come Superiore don Rua”.5 Don Rua era l’unico che poteva guidare l’opera di Don Bosco e tale era la considerazione e la fiducia di tutti. L’11 febbraio il S. Padre Leone XIII confermava e dichiarava don Rua in carica per dodici anni secondo le Costituzioni.
3. Il vangelo ci invita a non preoccuparci del futuro, del cibo e del vestito. Dice Gesù: “Guardate gli uccelli del cielo; osservate i gigli del campo. Il Padre vostro celeste li nutre e li veste. Voi non vale più di loro? Non affannatevi perciò per il domani”. Con questa fiducia don Rua assunse la guida della Congregazione per 22 anni fino al 1910; tra prove e successi, ma sempre affidandosi all’aiuto di Dio, la condusse sulle vie della fedeltà. Con la stessa fiducia noi guardiamo al futuro del carisma di Don Bosco. Il lavoro e la temperanza sono la garanzia del nostro futuro: “Il lavoro e la temperanza faranno fiorire la Congregazione; la ricerca delle comodità e delle agiatezza ne saranno invece la rovina”
Come Don Rua cerchiamo anche noi di essere e diventare Don Bosco giorno dopo giorno. Diventare Don Bosco è esattamente ciò che ci indicano le Costituzioni. Ricordando come don Rua, spinto dalla passione del “da mihi animas”, diede un grande impulso alla missione salesiana, imitiamolo nella sua azione evangelizzatrice. Attingiamo come lui alle sorgenti quotidiane della fedeltà alla nostra vocazione: la Sacra Scrittura con la “lectio divina”; l’Eucaristia nella celebrazione, nell’adorazione e nelle visite frequenti; l’affidamento a Maria Ausiliatrice. Viviamo come lui la fraternità nella vita della comunità, aprendoci ai laici, alla Famiglia salesiana, alla vita della Chiesa.
Ispiriamoci al Beato Michele Rua nella sua testimonianza radicale di vita evangelica. Concentriamoci sul “di più di gratuità” della nostra vocazione consacrata salesiana. Questo è il cammino che il CG27 ci indica; questo è il futuro della Congregazione. La nostra risposta vocazionale richiede i linguaggi della gratitudine piuttosto che quelli del puro dovere, la decisione di dedicare tempo alla preghiera più che la frenesia di iniziative, la gioia della fraternità più che lo stress dell’organizzazione, l’essenzialità più che la moltiplicazione di parole, la comunicazione di un’esperienza più che la ricerca del consenso; in una parola, la testimonianza radicale di vita evangelica più che l’attivismo.
Nella mia esperienza salesiana ho constatato che l’amore e l’ammirazione per Don Bosco producono dappertutto frutti positivi di vita consacrata salesiana, di fecondità apostolica, di diffusione e crescita della Famiglia salesiana. Lo studio affettuoso della sua biografia e spiritualità mantiene viva la fedeltà; veramente noi cresciamo a contatto con lui. Mi auguro che quest’anno giubilare ci portino a essere, come Don Rua, figli spirituali, discepoli convinti e imitatori fedeli di Don Bosco, per continuare il suo sogno a favore dei giovani più poveri, abbandonati, esclusi e dunque per raggiungerli in qualsiasi periferia si trovino. Don Rua interceda per noi e per la nostra Congregazione. Amen
1 PAOLO VI, Omelia per la beatificazione di Don Rua, Roma, 29 ottobre 1972
2 A. AMADEI, Il Servo di Dio Michele Rua, vol I, SEI Torino 1931, p. 30.
3 Positio, p. 912.
4 A. AUFFRAY, o. c., p. 151.
5 Positio, pp. 54-55.