COLLABORAZIONE INTERISPETTORIALE
NELLA FORMAZIONE INIZIALE
Don Francesco CEREDA
Consigliere Generale per la Formazione Nella nostra Congregazione la collaborazione interispettoriale per la formazione iniziale è una realtà interessante e promettente. Esistono infatti numerose comunità formatrici e centri di studio, in cui la formazione viene realizzata con la cooperazione di più Ispettorie, coinvolte con l’invio di formatori, docenti e formandi. Ci sono inoltre varie iniziative interispettoriali: la preparazione alla professione perpetua, gli esercizi spirituali per diaconi, gli incontri di tirocinanti. C’è infine una recente forma di collaborazione, che riguarda la realizzazione di comunità formatrici per la formazione specifica dei salesiani coadiutori.
Anche la formazione permanente è un terreno fertile per la collaborazione interispettoriale. Vi sono molteplici forme di collegamento, vari livelli di servizio, diversi tipi di destinatari. Ci sono incontri sporadici, iniziative periodiche, programmazioni organiche. A livello regionale sono offerti corsi di aggiornamento, seminari di studio, sussidi di animazione. Si tengono incontri per delegati ispettoriali di formazione, per formatori e per diversi gruppi di confratelli, particolarmente direttori, salesiani coadiutori, salesiani del quinquennio sia presbiteri che coadiutori.
La Ratio è consapevole della inadeguatezza delle Ispettorie nell’assolvere da sole tutti i compiti formativi e conosce la loro necessità di aiuto reciproco; per questo raccomanda “scelte coraggiose e decise di collaborazione interispettoriale” (FSDB 230). Queste note approfondiscono e concretizzano tali scelte, con riferimento alla sola formazione iniziale; esse intendono esplicitare le motivazioni che incoraggiano la pratica della collaborazione interispettoriale, individuarne gli interrogativi, evidenziarne i campi prioritari di attuazione, proporne le condizioni di realizzazione.
1. Motivazioni della collaborazione
Oggi è difficile che una Ispettoria possa assicurare da sola tutte o quasi tutte le tappe di formazione iniziale. Talvolta avviene che, pur di avere una soluzione ispettoriale, si facciano notevoli sacrifici con risultati incerti e scelte precarie. Occorre quindi riflettere sulle motivazioni che aiutano a scegliere con convinzione la collaborazione interispettoriale, che non può essere una scelta forzata o un male minore; essa è infatti una opportunità da valorizzare, anche se è una sfida da affrontare.
1.1. Esperienza dell’identità carismatica
La formazione iniziale è un’esperienza dell’identità carismatica, è un processo di identificazione con la vocazione, è un’assunzione graduale, responsabile e totale degli impegni che ne derivano. Il criterio fondamentale, che ci deve guidare nelle scelte formative, è quello di offrire ai nostri candidati e giovani confratelli esperienze valide, affascinanti e coinvolgenti della vocazione salesiana. Dovremmo essere fieri di offrire loro esperienze significative, che presentino le migliori condizioni formative, in modo che essi possano fare un buon cammino umano, spirituale, intellettuale, apostolico. La Congregazione ha molteplici esperienze e risorse formative da offrire ai giovani. Le scelte formative richiedono un discernimento attento sulla qualità carismatica dell’esperienza proposta. Il criterio carismatico sta alla base di ogni scelta formativa e quindi anche della scelta di collaborazione interispettoriale.
1.2. Consistenza della comunità formatrice
Nella formazione iniziale il formando “fa esperienza dei valori della vocazione salesiana” (Cost. 98). Ebbene la comunità è uno di questi valori fondamentali. Ogni comunità salesiana è ambiente di formazione; ma per la formazione iniziale la Congregazione vuole una comunità con una particolare fisionomia: una “comunità formatrice” (FSDB 222). Per questo tipo di comunità occorre una speciale attenzione, affinché si assicurino le condizioni di una esperienza significativa.
Per compiere adeguatamente i suoi compiti, la comunità formatrice ha bisogno di consistenza quantitativa e qualitativa. Se la comunità ha un numero esiguo di formandi, si presentano alcuni limiti: la convivenza e il confronto diventano deboli; i rapporti sono ridotti; le espressioni comunitarie, come condivisione, sport, teatro, musica, attività apostoliche, risultano parziali. Se poi i formatori sono insufficienti, viene generalmente diminuita la loro incidenza formativa, ossia diventano carenti l’interazione e la relazione, l’animazione e la proposta, l’accompagnamento e l’orientamento.
A tale proposito l’Istruzione sulla formazione negli Istituti religiosi Potissimum Istitutioni riporta un’espressione di Giovanni Paolo II, che così afferma: “Sarà bene che i giovani, durante il periodo di formazione, risiedano in comunità dove non deve mancare nessuna delle condizioni richieste per una formazione completa: spirituale, intellettuale, culturale, liturgica, comunitaria e pastorale; condizioni che sono raramente riunite tutte nelle piccole comunità. È dunque indispensabile andare ad attingere nell’esperienza pedagogica della Chiesa tutto ciò che può far riuscire ad arricchire la formazione, in una comunità adattata alle persone e alla loro vocazione religiosa”. [1]
La Ratio riconosce la debolezza di alcune comunità formatrici e propone la collaborazione tra le Ispettorie: “In più di una situazione le condizioni indicate per assicurare la consistenza qualitativa e quantitativa dei centri formativi sono tali che non possono essere facilmente assicurate da ogni singola Ispettoria. È conveniente, in tali casi, che più Ispettorie, specialmente se dello stesso contesto culturale, collaborino per dare vita a strutture formative interispettoriali” (FSDB 300). Più specificamente, considerando la fragilità dell’équipe dei formatori, che è “uno dei criteri da cui dipende la costituzione di una comunità di formazione”, afferma che è “necessario in alcune situazioni operare scelte coraggiose e decise di collaborazione interispettoriale” (FSDB 230).
È quindi opportuno che le Ispettorie evitino, nella misura del possibile, di costituire o di mantenere comunità formatrici che hanno un numero esiguo di formandi e di formatori. Preferiscano invece unirsi ad altre Ispettorie con una collaborazione interispettoriale, in modo che insieme siano in grado di provvedere a quella formazione che da sole non possono offrire ai giovani confratelli.
1.3. Qualità del centro di studio
Nella società complessa e pluralista occorre avere una mentalità aperta e critica, capace di discernimento e di dialogo. La scelta di vita salesiana ha bisogno di una profonda cultura cristiana, che aiuti a maturare una fede convinta e un’esperienza vocazionale motivata. Educazione ed evangelizzazione, in particolare il dialogo tra fede e cultura, domandano conoscenza del mondo giovanile, mentalità pastorale, competenza pedagogica, professionalità. L’animazione degli adulti coinvolti nella nostra missione esige autorevolezza di orientamento. Oggi è quindi indispensabile “una formazione intellettuale robusta e costantemente aggiornata, fondata su studi seri, che maturi e coltivi la capacità di riflessione, di giudizio e di confronto critico” (FSDB 124).
Urge allora un impegno per assicurare la qualità della formazione intellettuale. Ciò significa avere programmi di studio solidi, che accrescano l’incidenza pastorale; metodologie di insegnamento e di studio aggiornate, che promuovano riflessione e coinvolgimento; un corpo docente preparato, che interagisca con i confratelli studenti. Urge pure un impegno per dare una impostazione salesiana alla formazione intellettuale; questo richiede una “sensibilità salesiana” nel modo di affrontare i temi (cf. FSDB 160), la scelta delle discipline che qualificano la nostra pastorale (Reg. 82), lo “studio delle materie specificamente salesiane” (FSDB 160).
Per questo la Congregazione ha fatto la scelta ordinaria del centro salesiano di studio: “Tra i diversi tipi di centro di studio è da preferire il centro salesiano, che offre una impostazione di studi con prospettiva salesiana, evidenziando il carattere pastorale e pedagogico, favorisce l’integrazione tra progetto formativo globale e formazione intellettuale e il rapporto tra salesiani studenti e docenti” (FSDB 145). C’è poi un invito esplicito: “Si scelga ordinariamente il centro salesiano” (FSDB 168).
I Regolamenti chiedono che “le Ispettorie in grado di farlo abbiano un proprio centro di studi per la formazione dei confratelli” (Reg. 84). Il centro salesiano di studi è un compito gravoso per una Ispettoria; “è consigliabile dunque e spesso necessaria la collaborazione tra Ispettorie” (FSDB 146). Infatti il funzionamento di un centro di studio “esige la cura del corpo docente e quindi che si programmi il quadro degli organici e si preveda la preparazione, la stabilità, l’impiego razionale e il necessario ricambio del personale, e che si qualifichino docenti per quei settori culturali che caratterizzano salesianamente il centro” (FSDB 146). Per questo la Ratio dice: “Vi sia una decisa e seria collaborazione a livello interispettoriale per costituire centri salesiani di studio” (FSDB 171).
È quindi opportuno che le Ispettorie, nella misura del possibile, cerchino di costituire un proprio centro di studio oppure si uniscano con altre Ispettorie dello stesso contesto, in cui ci sia già il centro salesiano di studio o con cui costituirne uno nuovo. Solo “quando non sia possibile la frequenza ad un centro salesiano neppure a livello interispettoriale” (FSDB 178), allora ci possono essere altre soluzioni, ma deve trattarsi di una effettiva impossibilità.
2. Interrogativi sulla collaborazione
Oltre alle considerazioni positive, che inducono a valorizzare la collaborazione interispettoriale, s’incontrano anche alcune incertezze di valutazione. Ci sono infatti Ispettorie che talvolta hanno dubbi circa la collaborazione formativa. Per questo è importante affrontare le domande che nascono nei confronti della collaborazione interispettoriale, con particolare riferimento alla contestualizzazione, all’inculturazione, alla collaborazione intercongregazionale nella formazione.
2.1. Contestualizzazione della formazione
La formazione è una realtà contestualizzata. Essa infatti avviene in un particolare contesto, che è determinato da molteplici elementi: la condizione sociale del territorio, la cultura e gli stili di vita della gente, la situazione della Chiesa, la prassi dell’Ispettoria. Il contesto, con le sue accentuazioni o con le sue debolezze, esercita notevoli influssi e condizionamenti sul processo formativo.
Le nostre Costituzioni demandano ad ogni Ispettoria il “compito di stabilire, tramite i diversi organi di animazione e governo, il modo di attuare la formazione secondo le esigenze del proprio contesto culturale” (Cost. 101). E la Ratio aggiunge che “questa responsabilità richiede un atteggiamento permanente di riflessione e di confronto tra l’identità salesiana e il contesto culturale. È da favorire in questo campo la collaborazione tra Ispettorie dello stesso contesto”. (FSDB 17)
Ebbene, quando si sceglie una comunità formatrice interispettoriale, talvolta sorge il dubbio che si trascuri l’attenzione al contesto; si pensa che i formandi vengano a trovarsi in una situazione che non li aiuti a maturare, dato che essi sono inseriti in un contesto “diverso” da quello ispettoriale. L’istanza della “formazione in contesto” è giusta, ma richiede un approfondimento.
Oggi constatiamo che la formazione non può ridursi solo al contesto ispettoriale, ma deve avere un respiro più ampio. Il contesto locale e immediato infatti non è l’unico contesto in cui viviamo. Spesse volte all’interno di un’Ispettoria vi sono molteplici contesti, anche con notevoli diversità. Noi poi apparteniamo simultaneamente ad una pluralità di contesti. Per esempio, viviamo nel contesto della comunità salesiana locale, ma anche della comunità ispettoriale e della comunità mondiale; siamo inseriti nella realtà del territorio, ma anche della regione, della nazione, del continente e del mondo; facciamo parte di una parrocchia, ma anche di una Chiesa particolare, di una Conferenza e della Chiesa universale. Tante volte viviamo anche in “contesti plurali” in cui è presente un’accentuata diversità, come per esempio i contesti pluriculturali, multietnici, interreligiosi. La globalizzazione e le immigrazioni sono certamente processi che producono la “contaminazione” dei contesti.
Pur nella diversità dei contesti, esercitando il discernimento, possiamo però trovare contesti omogenei. Se si confrontano due contesti, scopriamo affinità e differenze, con aspetti positivi da valorizzare ed aspetti negativi da purificare. I contesti poi non sono statici, ma sono in evoluzione. È possibile dunque trovare un contesto omogeneo in un gruppo di Ispettorie della stessa nazione o conferenza o regione. Oggi, per esempio, si può dire che l’Europa sta diventando un contesto sempre più omogeneo; situazioni analoghe ci sono anche in altre Regioni della Congregazione.
In una comunità formatrice interispettoriale allora, specialmente quando essa fa parte di una stessa Conferenza o Regione, non viene negata la contestualizzazione. Allo stesso tempo, la comunità interispettoriale espone i formandi ad un confronto con situazioni diverse, creando apertura di mente e di cuore. Essa promuove la capacità di inserimento in diversi contesti mediante l’apertura all’esterno, l’analisi della situazione, il discernimento, la risposta ai bisogni. Certamente occorre una gradualità di esperienze.
2.2. Inculturazione della formazione
L’inculturazione nella formazione iniziale è un processo di personalizzazione; esso si realizza quando i valori vocazionali vengono assunti prima di tutto dalla cultura del formando, in modo che egli trasformi la sua mentalità, gli atteggiamenti, gli stili di vita, i comportamenti. In questo senso la formazione deve sempre essere inculturata; infatti senza l’identificazione personale con i valori carismatici non si ha formazione. Per facilitare questo processo, generalmente la prima formazione si svolge nel contesto culturale del formando o in un contesto omogeneo.
D’altra parte l’inculturazione nella formazione iniziale è un processo comunitario, potremmo dire un processo di socializzazione, in cui il carisma si esprime in una determinata cultura. La comunità formatrice è il principale soggetto che inizia, accompagna, e verifica tale processo. Per questo la comunità deve avere una conoscenza, comprensione ed esperienza del carisma; occorre che essa ne conosca la storia, l’identità, le manifestazioni. Inoltre la comunità deve conoscere la cultura del contesto e la mentalità dei formandi, perché essi siano aiutati ad assumere i valori carismatici nella propria cultura. Quindi è una comunità che comunica, interpreta ed esprime il carisma in una cultura particolare e in un determinato contesto.
L’inculturazione, inoltre, deve essere sempre accompagnata da un processo di interculturalità. Esso apre il formando ad altre culture, lo porta ad apprezzare i loro aspetti positivi ed a riconoscerne i limiti, lo conduce a valutare la propria cultura senza assolutizzarla, quindi lo invita ad assimilare e ad integrare alcuni elementi validi delle altre culture nella propria. Questo dialogo o scambio tra culture è un’esperienza arricchente e complementare al processo d’inculturazione. Le comunità interispettoriali aprono a una visione più ampia del carisma salesiano; esse aiutano a formare il senso di appartenenza alla Congregazione, l’attenzione ai bisogni dei giovani del mondo, la visione globale delle urgenze dell’evangelizzazione, che sono realtà che vanno oltre l’orizzonte ispettoriale.
L’inculturazione e l’interculturalità nella formazione iniziale sono legate strettamente al carisma, al cui servizio esse si pongono. Ordinariamente nelle prime fasi della formazione, fino al postnoviziato - tirocinio, dovremmo prestare molta attenzione ai processi di inculturazione, ossia alle trasformazioni della cultura del formando. Questo richiede conoscenza della persona, vicinanza, continuità formativa, accompagnamento dei processi di cambiamento. A partire dalla fase della formazione specifica, dovremmo prestare più attenzione ai processi di interculturalità. In questa tappa i formandi dimostrano di aver raggiunto una certa maturazione di cultura e di fede e di possedere una sufficiente apertura e senso critico; possono quindi affrontare positivamente l’esperienza interculturale.
2.3. Collaborazione intercongregazionale nella formazione
Nel contesto odierno di comunione e di collaborazione tra gli Istituti di vita religiosa, alcune Ispettorie si chiedono se non sarebbe meglio frequentare centri di studio intercongregazionali. Questo aiuterebbe ad avere una conoscenza degli altri carismi e favorirebbe una pastorale di insieme nella Chiesa. L’Istruzione della Congregazione per la Vita Consacrata, intitolata “La collaborazione inter-Istituti nella formazione”, ha approfondito la realtà della collaborazione nel campo formativo.
L’Istruzione sostiene che “ogni Istituto ha una responsabilità primaria riguardo alla propria identità” e che “è attraverso il processo di formazione che si realizza l’identificazione carismatica”; per questo “la prima responsabilità della formazione dei religiosi appartiene di diritto a ciascun Istituto” [2] . Inoltre essa afferma che “la comunità formatrice è l’istanza primaria di riferimento, che nessun centro intercongregazionale di studio può sostituire”. [3] Ciò significa che nei centri di studio in cui collaboriamo con altri Istituti religiosi – come per esempio a Belo Horizonte, Caracas, Melbourne, Nairobi – la comunità formatrice si assume il compito impegnativo di garantire l’identità salesiana della formazione intellettuale ed assicura che alcune condizioni nei confronti del centro di studio vengano realizzate (cf. FSDB 178.180).
Secondo l’Istruzione, la collaborazione tra gli Istituti per la formazione manifesta una concreta solidarietà tra le famiglie religiose più ricche e quelle più povere di membri e di mezzi; contribuisce ad un maggiore apprezzamento del proprio e dell’altrui carisma; offre una eloquente testimonianza della comunione a cui la Chiesa è chiamata per vocazione divina; è di grande utilità perché la formazione acquisti il livello e l'ampiezza che la missione della vita religiosa richiede nel contesto del mondo attuale [4] . D’altra parte dinnanzi alla realtà della collaborazione esistente, l’Istruzione “sente la responsabilità di offrire alcune riflessioni e dare opportune direttive per la verifica, il consolidamento e lo sviluppo di tali esperienze”. [5]
Sarebbe però un impoverimento per la vita religiosa stessa e per la Chiesa se, in nome di questi vantaggi, si volesse centralizzare la formazione di tutti i religiosi di un’area geografica e culturale in un unico centro di studi. Le forme della collaborazione tra Istituti religiosi, anche nella formazione, sono diverse e debbono essere sviluppate; non necessariamente questa collaborazione passa attraverso un comune centro di studio. Ogni Istituto è chiamato ad arricchire la Chiesa con il contributo del proprio carisma, che non si limita alla missione, ma include i diversi aspetti della vita comunitaria, preghiera, pratica dei consigli evangelici ed anche formazione.
Se le nostre Ispettorie, anche con una collaborazione interispettoriale, possono costituire un centro di studio con fisionomia propriamente salesiana, “aperto nella misura del possibile anche agli esterni, religiosi e laici, per un servizio alla Chiesa particolare” (Reg. 84), questo è una ricchezza per tutti. La Ratio infatti è convinta che “i centri salesiani possono offrire all’Ispettoria e alla Chiesa locale un servizio qualificato di animazione spirituale, pastorale e culturale: iniziative per l’aggiornamento dei confratelli, dei membri della Famiglia Salesiana e dei laici; prestazioni di consulenza per organismi ispettoriali e interispettoriali; ricerche, pubblicazioni, elaborazione di sussidi; iniziative varie in collaborazione con organismi ecclesiali e religiosi” (FSDB 146).
3. Priorità nella collaborazione
Per favorire l’integrazione tra il carisma e la cultura dei candidati, è importante che i primi passi della formazione si svolgano nel proprio contesto. Per questo ogni Circoscrizione – Ispettoria, Visitatoria, Delegazione – ha ordinariamente il proprio prenoviziato. In tal modo si assicura un miglior accompagnamento dei candidati, una maggior conoscenza delle famiglie, un più organico collegamento con l’aspirantato.
3.1. Noviziato
Il criterio dell’attenzione al contesto e alla cultura dei candidati vale anche per il noviziato. Ciò non toglie che esistano noviziati interispettoriali, collocati in contesti culturali omogenei, come quello di Alta Gracia per le cinque Ispettorie dell’Argentina; quello di Gbodjome in Togo per le Visitatorie di AFO e ATE, i cui novizi provengono da tredici paesi dell’Africa Occidentale; quello di Johannesburg per le Visitatorie di AFM e ZMB e quello di Namaacha per MOZ e ANG; il noviziato di Granada per le sette Ispettorie della Spagna; quello di Cebu per le due Ispettorie delle Filippine; quello di Siliguri per le Ispettorie di INC e INN; i noviziati di Pinerolo e Genzano per le dieci Ispettorie di Italia e Medio Oriente e per alcune altre Ispettorie europee.
3.2. Postnoviziato
Il postnoviziato è una priorità nella collaborazione interispettoriale, perché è una fase che richiede condizioni formative impegnative, tra le quali anche il centro salesiano di studio. Abbiamo anche in questo caso numerosi esempi di collaborazione, sia per la comunità formatrice che per il centro di studio: a Cape Town, Lomé, Luanda e Moshi in Africa; a Dimapur, Karunapuram, Sonada e Yercaud in India; a Canlubang nelle Filippine; a Nave e Roma in Italia; a Burgos in Spagna; a Cracovia in Polonia; ad Avellaneda in Argentina; a Campo Grande in Brasile; a Città del Messico; a Benediktbeuern in Germania, ...
Il postnoviziato ha per scopo il consolidamento della vita religiosa iniziata nel noviziato, la maturazione di una sintesi di fede, cultura e vita, la preparazione per il tirocinio. Di conseguenza “il delicato processo di sintesi culturale e religiosa di questa fase richiede l’accurata organizzazione o scelta di un centro studi che programmi contenuti atti allo sviluppo vocazionale. Per questo sono da privilegiare i centri di studio salesiani, spesso a livello interispettoriale, che si pongono come obiettivo di meglio sottolineare il rapporto tra filosofia e scienze dell’educazione e di integrare questi contenuti con quelli tipicamente salesiani in vista dell’unità vocazionale” (FSDB 414).
Questa tappa aiuta il postnovizio a permeare la propria mentalità di valori cristiani, religiosi e salesiani, confrontandoli con il proprio quadro di riferimento, formando una nuova sintesi tra questi valori e la propria cultura, arrivando a cambiare il proprio modo di pensare e agire. “Attraverso questo cammino intellettuale acquista un quadro mentale chiaro e coerente con le sue scelte, che gli permette di avere una visione di vita personale, solida e aperta. Si abilita a un serio rapporto con la cultura, con il mondo giovanile, coi problemi educativi, con la visione cristiana” (FSDB 401).
Ordinariamente è opportuno che la scelta per il postnoviziato sia in continuità con il contesto culturale del noviziato; ma non sempre si è in grado di offrire questa opportunità. Allora dice la Ratio: “La delicatezza e l’importanza di questa fase e la sua originalità richiedono un insieme di condizioni che non sempre possono essere assicurate da ogni singola Ispettoria, sia per quel che si riferisce alla comunità che per quel che riguarda il centro studi. In alcune situazioni è necessario che le Ispettorie, specialmente se dello stesso ambiente culturale, collaborino per dare vita a strutture formative e accademiche interispettoriali” (FSDB 418).
3.3. Formazione specifica
Quando si tratta della formazione specifica, sia del salesiano presbitero che del salesiano coadiutore, la prospettiva è diversa. Si presuppone che a questo punto il formando abbia raggiunto una certa maturità personale nella sua vocazione e abbia saputo assumere le esigenze vocazionali in rapporto alla propria cultura. Si ritiene quindi che in questa fase sia più appropriato favorire il confronto con altri contesti, avere un’esperienza interculturale, allargare i propri orizzonti.
Per la formazione specifica è da favorire il centro di studio e la comunità formatrice interispettoriale, a livello della propria Conferenza o Regione. Per alcuni confratelli è da favorire l’esperienza in comunità formatrici e centri salesiani di studio mondiali, come quelli di Roma - Gerini in lingua italiana e di Gerusalemme - Ratisbonne in lingua inglese; essi sono offerti a tutte le Ispettorie proprio per l’apporto prezioso che questi luoghi possono offrire.
La collaborazione interispettoriale è una caratteristica della formazione specifica dei salesiani presbiteri; abbiamo esempi in tutte le Regioni. Le comunità formatrici e centri di studio di Manila, Bangalore, Shillong, Nairobi, Lubumbashi, Torino - Crocetta, Messina, Tlaquepaque, Buenos Aires, San Paolo, Santiago del Cile, Benediktbeuern, … sono una eloquente testimonianza del fatto che tale collaborazione è possibile, proficua ed anzi necessaria. In questi tempi di globalizzazione questi centri sono un invito ad uscire dalla visione esclusiva della propria Ispettoria e cultura e ad unirsi ad altre Ispettorie, per offrire una formazione più ampia in tutti i suoi aspetti (cf. FSDB 170 - 171).
Analogamente la formazione specifica dei salesiani coadiutori non può realizzarsi che attraverso la collaborazione interispettoriale. Si stanno ora iniziando tentativi in alcune Regioni, con una esperienza formativa di due anni. La nostra Ratio enumera una serie di condizioni necessarie per la formazione specifica dei coadiutori, e conclude dicendo: “Per assicurare queste condizioni è indispensabile la collaborazione responsabile e perseverante delle Ispettorie” (FSDB 458).
3.4. Preparazione alla professione perpetua
Finalmente c’è la fase della preparazione per la professione perpetua. Secondo la Ratio questa è “una delle situazioni in cui la collaborazione tra diverse Ispettorie può esprimersi nell’organizzazione di iniziative e tempi particolari e può assicurare all’esperienza formativa maggior qualità per la consistenza comunitaria e numerica, per la possibilità di scegliere accompagnatori validi e per la condivisione di esperienze e di metodi” (FSDB 509; cf. 514).
3.5. Studio delle lingue
Durante la formazione iniziale sono in atto anche collaborazioni tra Ispettorie per lo studio della lingua italiana e della lingua inglese, che sono da incrementare e che richiedono attenzione formativa. Per esempio, nella Regione Est Asia ed Oceania, in cui si vuole sviluppare lo studio della lingua inglese, ci sono tirocinanti che fanno il tirocinio oppure un anno di studio in comunità delle Ispettorie delle Filippine. Ci sono anche Ispettore italiane che accolgono tirocinanti per lo studio della lingua italiana, in vista degli studi a Roma.
In conclusione, in ordine di priorità la collaborazione interispettoriale è da favorire innanzitutto per costituire il centro salesiano di studio del postnoviziato, poi per realizzare la comunità formatrice con accanto il centro salesiano di studio per la formazione specifica del salesiano coadiutore, infine per avere il centro salesiano di studio della teologia. In generale, là dove ci sono situazioni di debolezza, è sempre necessaria la collaborazione interispettoriale per le comunità formatrici.
4. Condizioni per la collaborazione
Come abbiamo accennato, in Congregazione ci sono numerose realtà di collaborazione interispettoriale per la formazione iniziale. Ora è necessario chiederci a quali condizioni tale collaborazione deve realizzarsi, in modo da risultare formativamente efficace. Il punto di partenza è una nuova mentalità da creare circa la responsabilità formativa: una comunità formatrice o un centro di studio interispettoriale non “appartiene” esclusivamente all’Ispettoria nel cui territorio si trova e la responsabilità formativa e accademica riguarda tutte le Ispettorie coinvolte. Un’Ispettoria perciò non rinuncia al compito formativo, inviando i suoi formandi in comunità interispettoriali; cambia solo il modo di esercizio di tale compito, che si realizza con una responsabilità condivisa.
Ci sono alcune condizioni generali che favoriscono la collaborazione interispettoriale e che dipendono dai rapporti di cooperazione che si costruiscono tra le Ispettorie. Se per esempio nella Regione o Conferenza c’è l’incontro annuale di tutti i formatori, è più facile assicurare la continuità formativa tra le fasi e la convergenza nelle varie comunità formatrici su metodologie e contenuti. Analogamente se, come prevede la Ratio, c’è un collegamento tra i delegati e le commissioni ispettoriali di formazione di una Regione o Conferenza, anche questo facilita la collaborazione interispettoriale (cf. FSDB 248). Ora qui di seguito si esplicitano alcune condizioni particolari.
4.1. Continuità di collaborazione
Ogni collaborazione formativa tra Ispettorie ha una storia con i suoi inizi, progressi, rallentamenti, verifiche, rilanci. Una collaborazione ha bisogno di tempi di maturazione e di crescita; non ci può essere frammentarietà di esperienze, né improvvisazione di scelte. Solo con una continuità di cammino si possono armonizzare la varietà delle prassi formative di partenza, la molteplicità degli stili di vita, la diversità dei contesti di provenienza. Solo la continuità assicura una reale inculturazione nella formazione. La durata della collaborazione è garantita dal Direttorio ispettoriale, che è approvato dal Rettor Maggiore con il suo Consiglio. La comunità e il centro di studio interispettoriali hanno poi bisogno di uno Statuto che espliciti la fisionomia interispettoriale e di una Convenzione che concretizzi la collaborazione tra le Ispettorie concorrenti.
4.2. Progetto ispettoriale di formazione
La collaborazione interispettoriale non è la rinuncia di una Ispettoria ad alcuni compiti formativi; essa è piuttosto la decisone di assumerli insieme con altre Ispettorie. Il Progetto ispettoriale di formazione deve esprimere le scelte di collaborazione. In esso le fasi, attività e iniziative interispettoriali debbono avere la stessa formulazione che si trova nei Progetti delle Ispettorie con cui si collabora. Ciò significa che gli Ispettori con i Consigli ispettoriali e i Delegati ispettoriali di formazione con le Commissioni debbono fare un processo di convergenza su obiettivi, criteri, processi, interventi.
4.3. Équipe interispettoriale
L’équipe della comunità formatrice e del centro di studio debbono essere interispettoriali (cf. FSDB 173, 224, 300). Questo garantisce la solidarietà di tutti nel sostegno alla comunità e al centro di studio e soprattutto facilita la conoscenza dei diversi contesti culturali di provenienza dei formandi, favorendo così l’inculturazione. L’inserimento di nuovi formatori e docenti avviene su proposta di ogni Ispettore, ma con una scelta collegiale; ciò vale in particolare per il direttore della comunità formatrice. Per la sua nomina si sta diffondendo la prassi di fare un processo, in cui c’è dapprima la proposta di candidati all’interno dei Consigli ispettoriali, poi il discernimento e la scelta da parte degli Ispettori, quindi l’approvazione da parte del Consiglio ispettoriale del luogo.
4.4. Curatorium
La Ratio dichiara esplicitamente che la collaborazione interispettoriale, sia per la comunità formatrice che per il centro studi, “suppone la creazione e l’adeguato funzionamento di un organismo di corresponsabilità, ad esempio il curatorium”. Essa indica poi anche quali ne sono i componenti e i compiti. Ordinariamente viene costituito un unico curatorium, che riguarda sia la comunità formatrice che il centro di studio (cf. FSDB 173 e 300).
Gli argomenti di competenza del curatorium sono: il Progetto della comunità formatrice, l’informazione e il parere sulla programmazione accademica annuale del centro di studio, il calendario annuale, gli orientamenti circa i Ministeri e le Ordinazioni, i criteri per le esercitazioni pastorali, lo stile e la pratica della povertà, il periodo delle vacanze accademiche, i rientri in Ispettoria, il bilancio preventivo e consuntivo, la definizione delle rette annuali, le tasse accademiche. Secondo la Ratio il curatorium stabilisce l’orientamento della formazione attraverso l’approvazione del progetto formativo; assicura le condizioni e i mezzi adeguati per attuare la formazione con personale, strutture, economia; fa le opportune verifiche (cf. FSDB 300).
Il curatorium ha carattere decisionale; su questioni importanti gli Ispettori consultano previamente i loro Consigli ispettoriali. Si possono prevedere due momenti: uno con tutti i partecipanti ed uno con i soli Ispettori. La presidenza del curatorium può essere del Consigliere regionale o dell’Ispettore del luogo. È preferibile avere due incontri annuali: uno di programmazione e di approvazione del progetto formativo, e uno di verifica. È opportuno che prima dell’incontro del curatorium, su alcune questioni, i formatori sentano il parere dei formandi e che gli Ispettori incontrino i propri formandi. Ci sono varie possibilità di funzionamento di questo organismo; è necessario quindi che ogni curatorium sia dotato di un proprio Regolamento.
4.5. Ammissioni
Le ammissioni “costituiscono momenti importanti di discernimento per il candidato che presenta la domanda e per chi è chiamato a valutarla” (FSDB 274). “Il discernimento si compie in intima collaborazione tra il candidato e la comunità locale e ispettoriale” (FSDB 269). La Ratio propone una procedura in cui, nel caso di una comunità formatrice interispettoriale, è previsto di sentire il parere dell’Ispettore e del Consiglio ispettoriale di origine, prima di procedere alla decisione dell’Ispettore e al voto del Consiglio ispettoriale del luogo, in cui si trova la comunità formatrice (cf. FSDB 301 e CNDV 111).
La Ratio riconosce che l’Ispettore d’origine ha una conoscenza diretta del candidato, specialmente per ciò che riguarda la famiglia, le fasi precedenti, le motivazioni. Per questo l’Ispettore del luogo, dove sta la casa di formazione, chiede il parere dell’Ispettore d’origine e del suo Consiglio riguardo al candidato. Prendendo in considerazione anche queste informazioni, l’Ispettore dove risiede il candidato prende la decisione di ammissione. Prudenza vuole che, in caso di difficoltà nell’ammissione o di discordanza di pareri, l’Ispettore del luogo avverta l’Ispettore di origine ed insieme si decida il da farsi; per esempio, si può non far presentare o far ritirare la domanda al candidato, o si può far rientrare il candidato nell’Ispettoria di origine.
4.6. Appartenenza ispettoriale
Per accrescere il senso di appartenenza ispettoriale nei formandi delle comunità interispettoriali, la Ratio chiede che, oltre alla presenza nella équipe formativa di formatori della propria Ispettoria, ci siano visite frequenti dell’Ispettore, lo scambio di notizie, gli incontri d’informazione e comunione con i confratelli della propria Ispettoria, la programmazione del periodo delle vacanze accademiche fatta in accordo tra il Direttore della comunità formatrice e l’Ispettoria d’origine, e altre forme di comunicazione (cf. FSDB 290).
4.7. Collegamento con il Consigliere generale per la Formazione
La collaborazione interispettoriale trova una particolare forma di sostegno e di accompagnamento da parte del Consigliere generale per la Formazione, che si prende cura di conoscere, incoraggiare, sostenere il cammino formativo, che non sempre risulta facile. La cura poi dei centri salesiani di studio per la formazione è di sua specifica competenza (cf. FSDB 154). Egli presiede il curatorium delle comunità formatrici mondiali di Roma - Gerini e di Gerusalemme. La Ratio invita ogni comunità formatrice interispettoriale a trovare il modo di “mantenere i collegamenti con il Consigliere generale per la Formazione” (FSDB 173); per esempio, una modalità di relazione, che sarebbe desiderabile e che numerose comunità formatrici e centri di studio interispettoriali già stanno attuando, consiste nel tenerlo informato inviando l’ordine del giorno ed il verbale degli incontri del curatorium.
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In un tempo in cui diventa sempre più necessario lavorare in rete, la collaborazione interispettoriale nella formazione è una realtà destinata a svilupparsi sempre di più. Essa si fonda sul senso di appartenenza alla Congregazione; risponde al bisogno di solidarietà tra le Ispettorie; è animata dalla volontà di offrire una formazione di qualità ad ogni confratello; tende a sviluppare l’unica identità vocazionale. Consapevoli dell’importanza della collaborazione, nei nostri contesti sapremo scoprire nuove motivazioni, affrontare particolari interrogativi, individuare specifiche priorità, trovare altre condizioni di attuazione. È compito di ogni Ispettoria condurre avanti i processi della collaborazione formativa; la valutazione delle comunità formatrici, che è in atto in tutta la Congregazione, ne rafforzerà la realizzazione.
[1] CIVCESVA, Potissimum Institutioni, Roma 1990, n. 27.
[2] CIVCESVA, La collaborazione inter-Istituti per la formazione, Roma 1999, n.7.
[3] Ivi, n. 10.
[4] Cf. ivi, n. 8.
[5] Ivi, n. 6.