“Misericordiosi come il Padre”
Lettura salesiana dell’anno giubilare
ACG 423 - Lettera del Rettor Maggiore alla Congregazione
Il Rettor Maggiore non poteva lasciar trascorrere l’anno giubilare della misericordia senza aiutarci a entrare in sintonia profonda con tutta la Chiesa. Egli ci invita ad accogliere la grazia di questo grande evento ecclesiale e a scoprire i frutti di misericordia che il carisma salesiano può portare.
L’anno giubilare non deve essere un episodio nella storia ecclesiale e nella nostra vita personale, ma deve portarci ad acquisire atteggiamenti permanenti e comportamenti duraturi. E’ questo il compito che il Rettor Maggiore si prefigge, offrendoci questa riflessione in prossimità della conclusione di questo anno di grazia. Il suo è un invito a non trascurare il dono di grazia che sta maturando in noi nell’esperienza della misericordia che stiamo vivendo.
L’anno della misericordia è come un albero che affonda le sue radici nel terreno della Chiesa postconciliare, che ha voluto assumere “la medicina della misericordia” più che “imbracciare le armi del rigore” e che invitava al servizio samaritano del mondo. E’ un albero cresciuto nutrendosi della riflessione e dell’esperienza della “Dives in misericordia” di Giovanni Paolo II e della “Deus Caritas est” di Benedetto XVI. E’ un albero che sta portando i suoi frutti maturi nella parola e nell’azione di Papa Francesco, che ha fatto della misericordia la cifra del suo ministero petrino.
Durante quest’anno abbiamo potuto ascoltare e riflettere su numerose pagine bibliche sia dell’Antico sia del Nuovo Testamento. I percorsi che possiamo rintracciare nelle Sacre Scritture a riguardo di questa tematica sono alimento per la nostra vita spirituale e dovranno continuamente essere rivisitati. La misericordia trova il suo inizio proprio in quel muoversi a compassione di Dio e particolarmente di Gesù nei confronti delle nostre debolezze, fragilità, mancanze e peccati. Misericordia è il nome di Dio e Gesù è il volto della misericordia.
Don Bosco ha percorso un cammino di conversione spirituale e pastorale per riconoscere e accogliere la misericordia di Dio. La visione di Dio che egli assume da ragazzo e da giovane nel contesto teologico del suo tempo è quella di un Dio severo e tremendo, che giunge a essere implacabile nella sua giustizia. Dio è un giudice, ma la sua giustizia appare talvolta mitigata dalla Sua bontà provvidente. Sarà durante la permanenza nel Convitto ecclesiastico alla scuola di don Cafasso e di don Guala che egli apprenderà una morale equilibrata, ispirata a sant’Alfonso Maria dei Liguori; qui egli supererà il rigorismo tipico dell’epoca. Sarà soprattutto accompagnando i suoi ragazzi poveri e difficili che egli acquisirà per sempre non il rigore, ma la bontà, la benignità e la misericordia di Dio.
Il Rettor Maggiore si domanda al termine della sua lettera quale debba essere l’esperienza della misericordia che dovremo vivere in ogni casa salesiana del mondo. Il punto di partenza è la consapevolezza della necessità della misericordia che il contesto in cui viviamo ci domanda: conflitti, fondamentalismi, violenze in nome di Dio, ingiustizie invocano l’offerta della misericordia; la geografia della sofferenza ci chiama alla compassione. D’altra parte non potremo offrire misericordia se non avremo sperimentato perdono e misericordia da parte di Dio; solo se saremo peccatori pentiti e perdonati, specialmente attraverso il sacramento della Riconciliazione, saremo capaci di perdonare e di creare ambienti di perdono e riconciliazione.
Nel nostro carisma misericordia significa avere lo stesso cuore del Signore Gesù Buon Pastore, configurare il nostro cuore per renderlo simile al Suo, mite e umile. Misericordia significa praticare il Sistema preventivo e vivere la presenza insieme ai giovani, perché senza vicinanza non si comunica misericordia. Leggiamo al riguardo nelle parole del Rettor Maggiore le caratteristiche della presenza salesiana, che ci invitano a una rinnovata “assistenza” tra i giovani. Misericordia significa infine realizzare la giustizia, perché senza la giustizia sociale vissuta nei nostri ambienti la misericordia è un’espressione astratta e vuota.
Concludendo il Rettor Maggiore ci chiama a riconoscere e invocare Maria, Madre di misericordia. A Lei ricorriamo, esuli figli di Eva in questa valle di lacrime. Da Lei, Soccorritrice e Ausiliatrice, impariamo a venire in soccorso e aiuto a chi soffre. Lei sia la nostra Maestra e Guida.