ACG – 335
Pagine 41-47
2.1 LA COMUNITÀ SALESIANA LOCALE
Don Juan VECCHI
Vicario del Rettor Maggiore
La comunità è sempre stata oggetto di particolare attenzione nella vita della Congregazione. Appare infatti come uno degli elementi che caratterizzano la nostra vocazione, in intima unione con la pratica dei consigli evangelici e con la missione apostolica.
Di essa si accentuavano un tempo le esigenze ascetiche e disciplinari, in una certa visione della vita spirituale. Oggi, sotto la spinta rinnovatrice del Concilio, si sottolinea soprattutto il valore della comunione fraterna e della corresponsabilità pastorale.
Quest'ultima viene egregiamente sancita dall'articolo 44 delle Costituzioni, in cui si enunciano anche le conseguenze pratiche: il ruolo animatore dell'autorità, la pratica comunitaria del discernimento pastorale, l’attuazione solidale del progetto apostolico.
Il CG23 ha raccolto questi orientamenti. Senza ripeterli, li ha applicati più da vicino al nostro compito di educare i giovani alla fede. Ha visto nella comunità, che si propone di vivere il Vangelo secondo il carisma salesiano, un segno della fede che si vuole annunciare, una scuola per accompagnare i giovani nella loro crescita cristiana e un ambiente in cui si può fare esperienza dei valori evangelici.
Senza disconoscere le possibilità della comunità ispettoriale e mondiale, il CG23 affida l'applicazione delle deliberazioni e orientamenti operativi, di preferenza, alla comunità locale. Essa infatti è in contatto più continuo e stretto con i giovani e il popolo. La sua vita è più esposta e, dunque, la sua testimonianza risulta inevitabile nel bene e nel male. In essa inoltre si svolge la vita quotidiana della stragrande maggioranza dei confratelli.
Per realizzare questa immagine di comunità - segno, scuola, ambiente - il CG23 chiede che essa divenga luogo di formazione permanente attraverso l'esercizio della corresponsabilità pastorale e la comunicazione fraterna. E per individuare e qualificare i contenuti della formazione permanente, suggerisce alla comunità locale appoggiata dall’Ispettoria - di farne un programma, di modo che non sia soltanto un fatto occasionale, ma diventi uno stile di vita e di azione.
La formazione permanente trova così il suo luogo privilegiato nella comunità locale e il suo «tempo» proprio nella vita quotidiana. Questa si svolge secondo un'alternanza conveniente di lavoro e di riflessione, mentre all'interno delle persone la grazia va costruendo l’unità tra azione e contemplazione, tra interiorità e creatività apostolica.
La «Formazione dei Salesiani di Don Bosco» (FSDB) offre orientamenti e indicazioni per elaborare programmi di formazione permanente. Opportunamente se ne occuperà anche il Dicastero corrispondente accogliendo gli spunti offerti dal CG23. Ora, come primo passo, interessa assicurare le condizioni perché le deliberazioni del CG23 vengano attuate.
1. La consistenza della comunità
La prima condizione è la consistenza della comunità.
C’è una consistenza numerica, al di sotto della quale sembra dissolversi il segno e la
vita comunitaria così come vengono intese dalle Costituzioni. L’art. 150 dei Regolamenti Generali dà un criterio per valutare questo limite, quando prescrive che «in ogni casa il numero dei soci non sia ordinariamente minore di sei». E l'art. 20 degli stessi Regolamenti intende salvarguardarlo anche in situazioni di emergenza, stabilendo che nelle presenze missionarie non si scenda al di sotto di tre confratelli.
Ma legata alla consistenza del numero c'è quella qualitativa. Essa consente alla comunità di esprimere la missione salesiana in tutta la sua ricchezza. La missione infatti richiede servizi molteplici e differenziati sul fronte dell'evangelizzazione, su quello dell'educazione, su quello dell'animazione di una comunità di adulti, di una presenza significativa nel territorio. Il tutto in un ambiente di famiglia al quale si affida la sintesi vitale delle diverse offerte e dei vari interventi.
Quando la comunità locale si indebolisce come soggetto pastorale, la prima a soffrirne è la missione che perde incidenza e identità. Il costituire le comunità con forze sufficienti eviterà la stanchezza prematura dei confratelli, l'impressione di essere sopraffatti da compiti molteplici e non mirati. Soprattutto consentirà di puntare su quella spiritualità pastorale che il CG23 mette al centro delle attuali preoccupazioni.
È vero che ci possono essere eccezioni, per motivi personali o urgenze pastorali impreviste. Ma è anche vero che non si può programmare lo sviluppo o la ristrutturazione di un’Ispettoria ignorando nella pratica i criteri sanciti' nei Regolamenti Generali. Ciò va preso in considerazione particolarmente quando le forze si riducono e, allo stesso tempo, si devono intraprendere nuove iniziative per rispondere a bisogni incombenti della gente o alle richieste dei Pastori. La dispersione dei confratelli diventa allora una tentazione e un rischio, che sembrano giustificati dalla volontà di collaborazione. Per non rinunciare all'iniziativa, piuttosto che pensare soltanto a estendere le opere, bisogna cercare la soluzione nella scelta di priorità.
È un compito che tocca all'Ispettore e al suo Consiglio. Essi sono responsabili dell'espansione e della configurazione dell’Ispettoria. Ad essi dunque si raccomanda di rivedere le situazioni in cui la consistenza comunitaria è al di sotto di quello che conviene e di regolare opportunamente lo sviluppo delle opere.
Ma la comunità locale ha anche la sua responsabilità. Ad essa tocca organizzare la vita e le attività in modo tale che tutti gli aspetti del nostro carisma abbiano un'equilibrata espressione. Deve quindi commisurare lo sviluppo delle iniziative alle proprie possibilità facendo soprattutto scelte di qualità.
2. Il Direttore e il Consiglio
La possibilità che la comunità locale diventi luogo quotidiano di crescita religiosa, culturale e professionale è collegata all'esercizio dell'autorità, agli obiettivi concreti che questa si prefigge e alle modalità con cui si esprime.
L'influsso dell'autorità sulla vita di un gruppo è un dato scontato in ogni settore dell'agire umano. Per noi viene ulteriormente confermato dall'esperienza di questi anni di rinnovamento. C'è allora da ringraziare, incoraggiare e accompagnare coloro che si dimostrano disponibili e prestare questo servizio.
La risposta nella Congregazione a questa constatazione, è data dal volume «Il Direttore salesiano: un ministero per l'animazione e il governo della comunità locale».
Il CG23 la riprende e la rende pratica quando chiede alle Ispettorie di prevedere «particolari iniziative di formazione dei Direttori nel campo della direzione spirituale comunitaria e personale». La sottolineatura prevalente della direzione spirituale non sminuisce nessuna delle responsabilità del Direttore: egli «è il primo responsabile della vita religiosa, delle attività apostoliche e dell'amministrazione dei beni. Con la collaborazione del suo Consiglio anima e governa la comunità...» (cf. Cost. 176). Ma per tutti questi compiti si sceglie una prospettiva unificante, particolarmente urgente e sentita in questo sessennio, alla luce dell'intento di educare i giovani alla fede: la crescita spirituale dei singoli confratelli e della comunità.
Al Direttore e al suo Consiglio viene richiesto dunque di diventare organo di animazione spirituale e di orientamento pastorale. Essi devono sollevare gli interrogativi sul segno evangelico che la comunità sta dando e stimolare la riflessione affinché la coscienza del singolo e della comunità non si assopiscano nell'abitudine. Devono seguire lo sviluppo di ciascuna attività per assicurarne la giusta impostazione e il raggiungimento delle finalità pastorali. Ad essi si affida pure la responsabilità di guidare la verifica annuale per scoprire nuovi spazi e modalità più efficaci di intervento e ristrutturare i compiti dei Salesiani conforme alla crescita della comunità educativa.
Perché la formazione permanente auspicata dal Capitolo Generale diventi una realtà nella comunità locale, va ripensato allora il ruolo e il funzionamento del Consiglio presieduto dal Direttore. Possono servire come traccia per questa riflessione i nn. 6.1 e 6.3 de «Il Direttore Salesiano» o il commento al Capitolo XIII delle Costituzioni ne «Il Progetto di vita dei Salesiani di Don Bosco» (pag. 889-905).
3. La vita della comunità
Riferendosi alla «formazione permanente», il CG23 valorizza la condivisione delle qualità dei confratelli per il ruolo che svolgono, per il lavoro che compiono, per i doni che hanno ricevuto, per le competenze acquisite. La comunicazione sincera e sobria favorisce "approfondimento corresponsabile della nostra esperienza di Dio, delle sfide culturali, del nostro servizio pastorale. In questo modo cresce la persona e matura la comunità.
Il genere di vita che le urgenze pastorali ci impongono non consente di disporre di molto tempo per la riflessione in comune. Si tratta allora di far rendere di più i momenti già predisposti nel nostro ritmo di vita: le adunanze comunitarie per la progettazione e la verifica, gli incontri di preghiera, i momenti di comunicazione, i tempi di sosta e distensione.
L'importanza di questi momenti era già stata sottolineata sin dall'inizio del processo di rinnovamento che ci ha portato alla situazione attuale. «In una comunità religiosa, diceva il CGS 20, hanno importanza decisiva gli incontri a ritmo regolare o suggeriti da circostanze particolari. Ogni membro con la sua diligenza nell'intervenire agli atti comunitari - di preghiera, di dialogo, di lavoro - reca un grande aiuto all'intesa fraterna, mentre con l'assenteismo impoverisce se stesso, compie una mancanza verso gli altri e rischia di emarginarsi dalla comunità» (CGS, 488).
Ora ci vien chiesto di compiere due operazioni. La prima è cercare una maggiore convergenza delle tematiche che si svolgono in questi incontri affinché non appaiano occasionali e frammentate. Possono fare da filo conduttore alcune dimensioni fondamentali della nostra vita su cui ritornare per un confronto arricchente con la parola di Dio, o alcuni problemi con cui veniamo a contatto nel nostro ministero di educatori e pastori.
La seconda operazione è il miglioramento qualitativo di questi momenti comunitari. Negli incontri sono fondamentali i livelli di coinvolgimento e partecipazione dei confratelli, la loro volontà e capacità di comunicare. Sono altrettanto importanti, nel servizio dell'animazione, le competenze nel favorire e stimolare la comunicazione. Questo oltrepassa la pura tecnica. È un aspetto, e non il meno profondo, della fraternità, povertà e trasparenza evangelica.
4. Il giorno della comunità (CG23 n. 222)
Il CG23 ha voluto aggiungere un suggerimento: il giorno della comunità. È un'esperienza già fatta da non poche Ispettorie, che ora viene proposta a tutta la Congregazione. È lo sforzo di stabilire un nuovo equilibrio tra le diverse esigenze della nostra vita. Infatti l'incalzare degli impegni non ci consente sempre di alternare quotidianamente lavoro e riflessione, tempi di dispersione e tempi di convivenza. Bisogna allora ricuperare questa integrazione attraverso il ritmo settimanale.
La condizione prima per adempiere la deliberazione capitolare è che ogni comunità locale, appoggiata in questo dall'Ispettoria, stabilisca nella propria programmazione una mezza giornata settimanale o alcune ore di essa, in cui i confratelli siano liberi da altri impegni. È importante che l'idea venga accettata e che si cominci da quello che risulta possibile, fosse anche poco.
Questo tempo settimanale può venir impiegato nel ritiro mensile prescritto dai Regolamenti 72, per l'adunanza comunitaria di verifica e riprogrammazione, per qualche sessione di approfondimento teologico, spirituale, pastorale o culturale, per una distensione comunitaria.
Bisogna però soprattutto assicurare lo spirito e i contenuti di questo giorno. Va vissuto come un'opportunità di confronto e sintesi, di incontro e ricupero della dimensione fraterna. L'intenzione è di guardare gli eventi personali e sociali da un’ottica evangelica, di agire illuminati da una riflessione che si arricchisce di nuove motivazioni e prospettive.
Il suggerimento del «giorno della comunità» si ispira a indicazioni fondamentali della nostra Regola di vita. Dicono infatti i Regolamenti: « .. .la comunità assicuri un'equilibrata distribuzione degli impegni, momenti di riposo e di silenzio e un' opportuna distensione comunitaria» .
5. Un proposito del sessennio
Il CG23 ha manifestato una spiccata sensibilità pratica. Si è preoccupato che le deliberazioni possano venir calate nella vita, ispirando uno stile evangelico semplice e trasparente. Fra alcuni anni, dopo un periodo di sforzo, dovremo sottometterne a verifica la prima: «Nel prossimo sessennio la Congregazione avrà come impegno prioritario la formazione continua dei confratelli. Curerà specialmente l'interiorità apostolica, che è insieme carità pastorale e capacità pedagogica».