ed amici di Don Bosco,
Vi saluto con il grande affetto e la stima che nutro per ciascuno di voi augurandovi un anno nuovo
ricolmo delle benedizioni che il Padre ha voluto darci nella incarnazione del suo Figlio.
Vi scrivo per presentare la Strenna del 2011, con la certezza di farvi un dono gradito, sia per il
valore che la Strenna come tale ha nella nostra tradizione salesiana dai tempi di Don Bosco, sia per
il tema scelto che interessa la nostra vita, la nostra missione e la nostra capacità di aiutare a scoprire
che la vita è vocazione, sia pure per il momento che viviamo come Chiesa e Famiglia Salesiana,
soprattutto in Occidente.
Dopo la Strenna del 2010, « Signore, vogliamo vedere Gesù », sull'urgenza di evangelizzare, mi è
sembrata la cosa più logica e naturale fare un accorato appello a tutta la Famiglia Salesiana a
sentire, insieme a noi SDB, la necessità di convocare. Infatti, noi salesiani
« sentiamo oggi più forte che mai la sfida di creare una cultura vocazionale in ogni ambiente, in
modo che í giovani scoprano la vita come chiamata e che tutta la pastorale salesiana diventi
realmente vocazionale. Ciò richiede dí aiutare i giovani a superare la mentalità individualista e la
cultura dell'autorealizzazione, che li spinge a progettare il futuro senza mettersi in ascolto di Dio;
ciò domanda pure di coinvolgere e formare famiglie e laici. Un impegno particolare deve essere
messo nel suscitare tra i giovani la passione apostolica. Come Don Bosco siamo chiamati a
incoraggiarli ad essere apostoli dei loro compagni, ad assumere varie forme di servizio ecclesiale e
sociale, a impegnarsi in progetti missionari. Per favorire un'opzione vocazionale di impegno
apostolico, a tali giovani si dovrà proporre una vita spirituale più intensa e un accompagnamento
personale sistematico. È questo il terreno in cui fioriranno famiglie capaci di autentica
testimonianza, laici impegnati ad ogni livello nella Chiesa e nella società ed anche vocazioni per la
vita consacrata e per il ministero ».'
1 CG26, Da mihi animas, cetera tolle, Roma, 2008, n. 53: « Vocazioni all'impegno apostolico ».
Evangelizzazione e vocazione, cari fratelli e sorelle, sono due elementi inseparabili. Anzi, criterio di
autenticità di una buona evangelizzazione è la sua capacità di suscitare vocazioni, di maturare
progetti di vita evangelica, di coinvolgere interamente la persona di coloro che sono evangelizzati,
sino a renderli discepoli ed apostoli.
Un dato storico della vita di Gesù, confermato da tutti i quattro evangelisti, è che, sin dall'inizio
della sua attività evangelizzatrice (cf. Mc 1,14-15), Gesù chiamò alcuni a seguirlo (cf. Mc 1,16-20;
Mt 4,18-19; Lc 5,10-11; Gv 1,35-39). Questi suoi primi discepoli divennero così «compagni per
tutto il tempo in cui il Signore Gesù ha vissuto fra noi, cominciando dal battesimo di Giovanni fino
al giorno in cui è stato di mezzo a noi assunto in cielo» (At 1,21-22).
La vocazione di questi primi discepoli, secondo il Vangelo di Giovanni, è frutto di un incontro
personale che suscita in essi un'attrazione, un fascino che trasforma la loro mente e soprattutto i loro
cuori, riconoscendo in Gesù Colui nel quale si realizzano le attese più profonde, le profezie, il
Messia atteso. Questa esperienza li collega talmente alla persona di Gesù che lo seguono con
entusiasmo e comunicano ad altri la loro esperienza invitandoli a condividerla, incontrandosi con
Gesù personalmente. Il Vangelo di Luca parla anche del gruppo di donne che accompagna e assiste
il Signore (cf. Lc 8,1-3) il che vuol dire che Gesù aveva delle donne tra i suoi discepoli, alcune delle
quali saranno testimoni della sua morte e resurrezione (cf. Lc 23,55-24,11.22).
Perciò, cari fratelli e sorelle, vi invito ad essere per i giovani vere guide spirituali, come Giovanni
Battista che addita Gesù ai suoi discepoli dicendo loro: « Ecco l'Agnello di Dio! » (Gv 1,36). In tale
modo essi gli andranno dietro, al punto che Gesù rendendosi conto che alcuni lo seguono si
rivolgerà loro direttamente con la domanda: « Che cercate? », ed essi, presi dal desiderio di
conoscere in profondità chi sia questo Gesù, gli domanderanno: « Rabbi, dove abiti? » (Gv 1,38).
Ed Egli li inviterà, come i primi discepoli, a fare una esperienza di convivenza con lui: « Venite e
vedrete ». Qualcosa di immensamente bello essi avranno sperimentato dal momento in cui «
andarono, videro dove abitava e quel giorno rimasero con lui » (Gv 1,39).
Ecco una prima caratteristica della vocazione cristiana: un incontro, un rapporto personale di
amicizia che riempie il cuore e trasforma la vita. Questo incontro trasformante è la fede che,