Certo, il coraggio di opporsi alla mentalità comune, di denunciare modi di agire affermati ma non
per questo meno ingiusti, comporta la solitudine, il rifiuto, in certi casi la persecuzione e persino la
morte, come difatti sperimentano tanti fratelli e sorelle in diverse parti del mondo. Stando a quanto
dice Gesù nel discorso della montagna, in particolare nelle Beatitudini, si potrebbe dire che quando
i credenti non sono in qualche modo perseguitati, disprezzati, emarginati, devono interrogarsi se
non siano venuti meno al loro compito profetico. Chi è complice dei peccati del mondo d'oggi, chi
non crea fastidio, chi non mette in crisi, chi non denuncia i problemi drammatici che ci affliggono e
di cui nessuno vuol parlare, rischia di tradire il Vangelo.
Una fede autentica invece è sempre accompagnata dal martirio, dalla testimonianza vissuta nella
quotidianità, nell'adempimento dei propri doveri, nell'impegno ecclesiale e sociale. Non va
dimenticato che i martiri, di ieri e di oggi, quelli canonizzati e quelli non ufficialmente riconosciuti,
non sono soltanto la gloria della Chiesa, ma anche un punto di riferimento per tutti i credenti,
chiamati a rendere testimonianza della propria fede in qualsiasi circostanza della vita.
Una Chiesa liturgica
In secondo luogo, la Chiesa è una comunità 'liturgica', che celebra la sua fede, fa crescere nuovi
figli attraverso l'iniziazione cristiana, porta il credente alla piena configurazione a Cristo. La liturgia
è una vera scuola di santità, perché trasforma l'esistenza personale e comunitaria in preghiera.
Anche se la disaffezione nei confronti della Chiesa sembra spesso avere origine dalla mancanza di
fascino di tante liturgie, non si può cancellare né il valore né il bisogno di un'autentica vita
celebrativa. Questo, oltre alla necessità di una catechesi liturgica che ci introduca nei misteri e ci
aiuti a maturare nella fede, implica di curare la qualità delle celebrazioni, in modo che siano
semplici e belle, dignitose e feconde.
Nel celebrare dobbiamo recuperare il senso del gratuito e del mistero, le ragioni per la festa, la
dimensione comunitaria. Siamo invitati a dare alla liturgia il luogo che le corrisponde come 'fonte e
culmine della vita cristiana' (SC 10). Qui mi vorrei riferire in particolare all'Eucaristia, sacramento
supremo dell'amore di Cristo e della unione con Lui. Nell'Eucaristia ciascuno riceve Cristo e Cristo
riceve ciascuno. Non possiamo dimenticare che, come diceva De Lubac, 'la Chiesa fa l'Eucaristia, e
l'Eucaristia fa la Chiesa'.
Ciò conferisce all'Eucaristia domenicale un'importanza capitale: essa è un incontro, che irrobustisce
la nostra coscienza di saperci membri di un popolo che cammina per il mondo con lo sguardo fisso
nel cielo. Partecipare alla celebrazione domenicale significa assumere la vita di tutta la settimana
per farla diventare offerta a Dio e testimoniare nella società che per noi Dio è Dio e che Gesù Cristo
è vivo, operante nella nostra comunità. La fedeltà al mandato 'Fate questo in memoria di me' (Lc.
22, 19) si riferisce all'atto liturgico, ma anche al compito di attualizzarlo e prolungarlo nella
consegna della propria vita per la salvezza del mondo.
Dobbiamo imparare a vivere la domenica come giorno della Chiesa, giorno dell'uomo, giorno del
Signore. È particolarmente suggestivo il prefazio X delle domeniche del tempo ordinario, che
presenta questo giorno come anticipo della 'domenica senza fine', quando l'uomo si vedrà
definitivamente libero da ogni lavoro, fatica, lacrima, dalla morte stessa e avrà pace, amore, vita
senza fine.
Da ottobre 2004 ad ottobre 2005 Giovanni Paolo II ha indetto l'Anno dell'Eucaristia, nel quadro di
un progetto pastorale additato nella Novo millennio ineunte, in cui invitava ogni cristiano a 'ripartire
da Cristo', a impegnarsi in una 'misura alta della vita cristiana' ed a esercitarsi nell''arte della
preghiera'. Per noi risulta importante vivere quest'anno in sintonia con tutta la Chiesa. L'Eucaristia 'è