Il sogno, con il suo contesto narrativo, è descritto come segue.
«Ma sogni singolari venivano a confortare D. Bosco, e l’occupavano l’intera notte, come egli
raccontò la prima e l’ultima volta, solo a D. Giulio Barberis ed allo scrittore di queste pagine,
il 2 febbraio 1875. In queste misteriose apparizioni vi era un intreccio di quadri ripetuto, vario
e nuovo, ma sempre con riproduzione dei sogni precedenti, ed eziandio con altri simultanei
aspetti meravigliosi che convergevano in un punto solo: l’avvenire dell’Oratorio.
Ecco il racconto di D. Bosco:
Mi sembrò di trovarmi in una gran pianura piena di una quantità sterminata di giovani, Alcuni
rissavano, altri bestemmiavano. Qui si rubava, là si, offendevano i buoni costumi. Un nugolo
di sassi poi si vedeva per l’aria, lanciati da costoro che facevano battaglia. Erano giovani
abbandonati dai parenti e corrotti, lo stava per allontanarmi di là, quando mi vidi accanto una
Signora che mi disse:
- Avanzati tra quei giovani e lavora.
Io mi avanzai, ma che fare? Non vi era locale da ritirarne nessuno: voleva far loro del bene: mi
rivolgeva a persone che in lontananza stavano osservando e che avrebbero potuto essermi di
valido sostegno; ma nessuno mi dava retta e nessuno mi aiutava.
Mi volsi allora a quella Matrona, la quale mi disse:
- Ecco del locale; - e mi fece vedere un prato.
- Ma qui non c’è che un prato, diss’io.
Rispose:
- Mio figlio e gli Apostoli non avevano un palmo di terra ove posare il capo.
Incominciai a lavorare in quel prato ammonendo, predicando e confessando, ma vedeva che per
la maggior parte riusciva inutile ogni sforzo, se non si trovasse un luogo recinto e con qualche
fabbricato ove raccoglierli e ove ritirarne alcuni affatto derelitti dai genitori e respinti, e
disprezzati dagli altri cittadini. Allora quella Signora mi condusse un po’ più in là a settentrione
e mi disse: Osserva! Ed io guardando vidi una chiesa piccola e bassa, un po’ di cortile e giovani
in gran numero.
Ripigliai il mio lavoro. Ma essendo questa chiesa divenuta angusta, ricorsi ancora a Lei, ed Essa
mi fece vedere un’altra chiesa assai più grande con una casa vicina. Poi conducendomi ancora
un po’ d’accanto, in un tratto di terreno coltivato, quasi innanzi alla facciata della seconda
chiesa, mi soggiunse:
- In questo luogo dove i gloriosi Martiri di Torino Avventore ed Ottavio, soffrirono il loro
martirio, su queste zolle che furono bagnate e santificate dal loro sangue, io voglio che Dio sia
onorato in modo specialissimo.
Così dicendo, avanzava un piede posandolo sul luogo ove avvenne il martirio e me lo indicò
con precisione, lo voleva porre qualche segno per rintracciarlo quando altra volta fossi ritornato
in quel campo, ma nulla trovai intorno a me; non un paio, non un sasso: tuttavia lo tenni a
memoria con precisione. Corrisponde esattamente all’angolo interno della cappella dei SS.
Martiri, prima detta di S. Anna al lato del vangelo nella chiesa di Maria Ausiliatrice.
Intanto io mi vidi circondato da un numero immenso e sempre crescente di giovani; ma
guardando la Signora, crescevano anche i mezzi ed il locale, e vidi poi una grandissima chiesa
precisamente nel luogo dove mi aveva fatto vedere che avvenne il martirio dei santi della
legione Tebea con molti edifici tutto all’intorno e con un bel monumento in mezzo.
Mentre accadevano queste cose, io, sempre in sogno, aveva a coadiutori preti e chierici che mi
aiutavano alquanto e poi fuggivano, lo cercava con grandi fatiche di attirarmeli, ed essi poco
dopo se ne andavano e mi lasciavano tutto solo.
Allora mi rivolsi nuovamente a quella Signora, la quale mi disse:
- Vuoi tu sapere come fare affinché non ti scappino più? Prendi questo nastro, e lega loro la
fronte.
Prendo riverente il nastrino bianco dalla sua mano e vedo che sopra era scritta questa parola:
Obbedienza.
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