S. Francesco di Sales - 2

d. Gildásio Mendez dos Santos


Comunicazione è cosa del cuore

San Francesco visse in una cultura e in una società segnata da tensioni religiose, specialmente con il calvinismo e il giansenismo. Il giansenismo sosteneva che la persona umana nasce peccatrice e non diventa mai buona senza l’assistenza divina. Sappiamo come, ad esempio, il concetto di predestinazione portò San Francesco di Sales a una profonda crisi esistenziale. Per molti anni, il problema della relazione tra la grazia e la libertà umana preoccupò San Francesco terribilmente. Attraversando questa crisi con abbandono amorevole a Dio, si apre per lui una visione nuova e profondamente liberatoria della relazione con Dio, collocando al centro della sua riflessione la vita cristiana come dono. La persona umana, ricevendo questo dono, risponde a Dio per amore, non per paura. Dunque, vivere una vita cristiana significa mettersi nel pellegrinaggio spirituale dove la persona è creata, amata, scelta e curata da un Dio che ama. La persona risponde a questo amore e sviluppa così un rapporto attivo con Dio. La persona che crede in Dio, risponde in libertà a questo amore, si impegna a vivere la vita cristiana nel quotidiano con gioia e nel servizio degli altri . In quest’ottica, la persona, rispondendo a questo amore con libertà, diventa collaboratore di Dio nel suo progetto di salvezza.

A partire dai salmi e soprattutto dal Cantico dei Cantici, Francesco fa una interpretazione sapienziale della Parola di Dio, che ha trasformato la sua vita. Francesco, fu un discepolo di Génébrard, che era stato affascinato dalla poesia biblica del Cantico dei cantici e dei Salmi. La lezione ebbe sul giovane Francesco un impatto esistenziale profondissimo nella sua vita. L’amore di Dio che si manifesta come amore sponsale, mistico e sapienziale è un punto centrale della grande trasformazione e del cammino spirituale di Francesco. 

L’interpretazione sapienziale sottolinea proprio che Dio ha voluto, per amore, che l’essere umano partecipi dell’alleanza di questo amore. “Ora Dio ha voluto far partecipe l’essere umano della sua intima qualità spirituale (Sap 7,7; 9,1-18), quella con cui ha creato il mondo e con cui lo governa (Pr 8,22-31; Sir 24,3-22; Sap 8,1), così che, per questa fondamentale dotazione, sia dato all’uomo di assomigliare al Creatore e Signore. Infatti è proprio nella tradizione sapienziale, e precisamente a ragione del dono della sapienza che viene ricordato che l’uomo è stato creato a immagine di Dio (Sir 17,3; Sap 2,23), e a lui è conferito il potere di governare sulla terra (Pr 8,15-16; Sir 4,15; Sap 6,20-21; 8,14) . Questo nuovo sguardo sapienziale è decisivo nella visione comunicativa di San Francesco e la radice della sua “teologia del cuore”.

Considerando il combattimento contro la Chiesa Cattolica e la sua dottrina, le critiche dei calvinisti e un ambiente facile alle eresie, Francesco ha una grande sfida: comunicare in modo semplice, informale, ma allo stesso tempo, sicuro, fedele alla dottrina della chiesa, per evitare interpretazioni personali e ambigue e possibili eresie. Francesco, dunque, è un comunicatore con una grande responsabilità pastorale ed ecclesiale, teologica e spirituale.

San Francesco si è formato nel pensiero filosofico e teologico della sua epoca, ma intuisce brillantemente che il linguaggio offre un’apertura per la creatività comunicativa attraverso la ricchezza di simboli, immagini, suoni, metafore. Inoltre, lui sceglie il Vangelo come base della sua comunicazione, sapendo interpretare e utilizzare la grande varietà immaginativa delle parabole e i simboli presenti nella predicazione di Gesù. Francesco, dunque, scopre la forza della narrativa nella comunicazione, l’utilizzo delle storie, espressione di grande potere immaginativo e simbolico. Il suo grande interesse per l’arte come la musica e la pittura rivela un comunicatore che sa integrare l’insegnamento della dottrina della Chiesa con il Vangelo utilizzando un linguaggio accessibile, artistico e affettivo. Questa conoscenza gli permette di mantenersi fedele all’epistemologia e all’ermeneutica della Chiesa e di aprire, fondato in queste, la sua visione artistica della spiritualità della bellezza .

Il suo principio della libertà della persona umana come creatura di Dio rivela una visione di comunicazione dove la persona è libera e soggetto co-responsabile del progetto di Dio per sé. A questo riguardo, lui affermava: “Il nostro libero arbitrio non viene in alcun modo forzato o condizionato dalla grazia, anzi, nonostante la forza onnipotente della mano della misericordia di Dio, che tocca, circonda e avvince l’anima con tante ispirazioni, richiami e attrattive, la volontà umana rimane perfettamente libera, padrona di sé e al di fuori di ogni stato di costrizione…” .

Pertanto, la persona che ama ed è amata da Dio diventa libera e si apre alla creatività, sapendo che c’è un Interlocutore, Dio, con cui si relaziona, si nutre spiritualmente e con cui costruisce un progetto di vita.

Per Francesco, la Trinità, Dio Padre, Figlio e Spirito Santo sono una comunità profondamente unita nell’amore. Comunicazione è relazione di amicizia nella Trinità. Per Francesco le persone partecipano a questa amicizia amorevole e luminosa con la Trinità Divina. Questa comunicazione-relazione comprende un cammino coerente e dinamico di amore e di comunione in Dio, di comunicazione-comunione con gli altri, di comunicazione-compassione per l’essere umano, di comunicazione-carità per le persone.

Francesco è molto conosciuto come il santo della dolcezza. La dolcezza, a livello di comunicazione, nel contesto generale della sua opera, può essere considerata come la sua grande abilità cognitiva e affettiva di ascoltare l’eco della vita delle persone, nel suo rapporto colloquiale, di capire il senso concreto delle cose, di osservare le persone, di curare e custodire. La comunicazione integrale si manifesta non tanto “nell’elaborazione argomentativa o discorsiva, ma che cerca di comunicare in sintonia con la frequenza delle cose, nel tono che traduce la visibilità e la sonorità propria delle cose” . Quando lui parla di come fare una buona predica, fa alcune affermazioni che mostrano la sua profonda intelligenza affettiva: “non posso parlar di Dio senza emozione”, “bisogna che le nostre parole debbono uscir dal cuore più che dalla bocca. Si ha un bel dire, ma il cuore parla al cuore e la lingua non parla che alle orecchie”. Ogni predica sia sempre “un sermone d’ amore” .

Francesco ha un grande senso della cultura popolare e una viva sensibilità per il mondo reale delle persone. La formazione accademica e classica del vescovo di Ginevra non lo ha allontanato dalle persone e dalla cultura popolare, anzi, lui, con molta saggezza, ha saputo comprendere il linguaggio popolare, la conoscenza semplice e saggia della gente, il modo di esprimersi.  Diceva a questo riguardo: sono «i contadini e quanti lavorano la terra» coloro che gli hanno detto che «quando nevica in giusta misura, in inverno, il raccolto sarà migliore l’anno seguente» (S III 97). Come buon catechista e predicatore e confessore, sa capire il linguaggio e i desideri delle persone. Nel suo tempo, grande parte della popolazione non sapeva leggere e scrivere. Lui si accorge subito della difficoltà delle persone di capire la dottrina della Chiesa. Lui insiste sull’importanza della comunicazione con “stile affettivo”, capace di toccare il cuore delle persone e emozionare (L V 117-120)  . E chiede di scrivere in modo che le persone possano capire le cose con linguaggio semplice e scrivere «secondo il gusto di questo povero mondo» utilizzando certi mezzi capaci di suscitare l’interesse del lettore del tempo» (L X 219). “Mi sento innamorato delle anime un po’ più del solito…. Adesso il cuore del mio popolo è quasi tutto mio” .

Per Francesco di Sales il rapporto umano deve essere naturale e manifesta la spontaneità paterna e fraterna. Questo atteggiamento permette al comunicatore di essere vicino alle persone, di suscitare un senso di gioia. Questo modo permette l’apertura e la fiducia nel rapporto e fa sì che la persona si collochi in uno stato di accoglienza del messaggio. Nella spontaneità, le persone si aprono e si manifestano con gratuità e gioia. Diceva Francesco in proposito: “Arrivo adesso dall’aver fatto il catechismo, dove con i nostri bambini ci siamo divertiti a fare un po’ ridere l’uditorio, burlandoci delle maschere e dei balli; ero in momento di buon umore, e un numeroso uditorio m’invitava con i suoi appalusi a fare il bambino con i bambini… Che Dio mi faccia veramente fanciullo in innocenza e semplicità” .

Comunicare è un dono e un impegno, un costruire a livello umano, spirituale e culturale. Lo studio è pure preghiera. Lui insiste molto con il suo clero sulla necessità imprescindibile della formazione, sull’istruzione e la formazione solida dei suoi preti. “La scienza, esortava lui, è l’ottavo sacramento della gerarchia della Chiesa”. A partire dalla sua esperienza di studio e di approfondimento scientifico, sapeva che per dialogare con la cultura e rispondere alle esigenze spirituali e pastorali del contesto culturale in cui viveva era molto importante la spiritualità dello studio.

La comunicazione per San Francesco riguarda pure al dialogo religioso con la ricchezza artistica e il patrimonio culturale della sua gente. Con questa visione, fonda, in Annecy, con l’amico Antoine Favre, alla fine del 1606, un’accademia denominata «florimontana», «perché le muse fioriscono sulle montagne della Savoia».

La comunicazione sta al servizio della carità. Per S. Francesco amare il prossimo con carità significa amare Dio nell’uomo e l’uomo in Dio. Nel contesto del suo tempo, si ispira alla visione del Vangelo come servizio agli altri, cura per i poveri e i sofferenti, sviluppando in questo modo una comunicazione con chiara opzione di carità e solidarietà. “Pronunciate con frequenza queste divine parole del Salvatore: Io amo, o Signore, Eterno Padre, queste persone, perché voi le amate, me le avete affidati come fratelli e sorelle e desiderate che le ami come Voi li amate” (Lettera 1173 a suor de Cevron-Villette, febbraio-marzo 1616, in OEA XVII, 162).

Il Vescovo di Ginevra, attraverso la sua solida formazione filosofica, teologica, giuridica e la sua esperienza di Dio ha scoperto che la comunicazione è la chiave fondamentale per vivere la spiritualità, per l’evangelizzazione e per il governo della sua Diocesi.