Il salesiano uomo e maestro di preghiera per i giovani

QUANDO PREGATE DITE: PADRE NOSTRO...� (Mt 6,9)

Il salesiano uomo e maestro di preghiera per i giovani


1. TU SEI LA MIA LUCE...

- Rivisitare il proprio cuore.

- Sinceri verso Dio e verso noi stessi.

- Capaci di ascolto.

- Gustare il silenzio.

- Scoprire le proprie resistenze.

- Accedere con fiducia al Padre.

- Fare un cammino di preghiera.

- Dare la parola a Dio.

- Cogliere lo sguardo di Dio nel proprio essere.

- L�esperienza di alcuni amici di Dio.


2. LA PREGHIERA DEL SALESIANO.

- I semi: Mamma Margherita.

- Don Bosco uomo di preghiera.

- Sulla scia di San Francesco di Sales.

- Il marchio oratoriano.

- Contemplativo nell�azione.

- Alcune condizioni: L�orientamento interiore.

- L�intenzione.

- Sentirsi strumenti di Dio a favore dei giovani

- Scoprire la presenza dello Spirito nella vita dei giovani.


CONCLUSIONE.

- La preghiera dei nostri Santi.

- La liturgia della vita.

- Iniziazione dei giovani alla preghiera.

- Maria, icona della nostra preghiera.




Roma, 1 gennaio 2001

Solennit� di Maria SS. Madre di Dio



Per la Quaresima del 1999 un gruppo di diocesi della Spagna mandava ai fedeli una lettera sulla preghiera cristiana oggi, dal titolo: �Il tuo volto cercher�, Signore�. Anche altri Pastori sono intervenuti nello stesso senso.

I Vescovi facevano notare il disorientamento dei cristiani riguardo al senso della preghiera (perch� pregare? ha ancora senso pregare regolarmente?) e riguardo alle fonti e forme originali della preghiera cristiana. Il fatto riguardava anche la progressiva perdita dell'abitudine di pregare, per i cambiamenti che stanno avvenendo nella vita familiare, nella quale possono trascorrere giorni senza che si veda un gesto di preghiera comune. Nella comunit� cristiana poi, a parte la partecipazione alla Messa domenicale, stanno andando in disuso altre pratiche con cui la comunit� cristiana esprimeva, nella scansione del tempo, il suo riferimento sostanziale al Signore.

Allo stesso tempo si sottolineava il moltiplicarsi di luoghi e di opportunit� di preghiera �self-service�, offerti da vari gruppi religiosi per chi volesse approfittarne, e la crescente ricerca di tali luoghi.

Questo l�abbiamo sperimentato anche noi, dal nostro punto di osservazione: si offrono serate di preghiera nelle chiese, si svolgono veglie sentite, si moltiplicano le case di preghiera. Ma non soltanto. Non pi� tardi di quindici giorni or sono, ascoltavo una Radio evangelica che elencava nella citt� di Roma venti luoghi di culto, con i rispettivi orari, per chi ne volesse approfittare. Sullo sfondo risuonavano parole dei salmi con musica elettronica e coinvolgimento da parte dei partecipanti.

Il Giubileo, coi suoi toccanti raduni di preghiera in piazza San Pietro e con le numerose celebrazioni, ha sottolineato anche questa dimensione della religiosit� cristiana.

Viviamo in un mondo globalizzato, singolare dal punto di vista religioso: umanistico e secolarizzato, quasi sbilanciato nell�affermare il diritto della persona ad una sua scelta personale in ogni campo e quindi un po� allergico alle mediazioni imposte, �selvaggiamente religioso� nel privato, si potrebbe dire. C�� chi vive da �agnostico� (nel senso di non credente). C�� anche chi pratica una religione alla maniera dello snak-bar o McDonald, conforme ad una propria scelta e combinazione di tempi, luoghi e formule. C�� chi sceglie pratiche di religioni esoteriche. A volte in un compartimento del treno, l�unico che si vede pregare � un musulmano. Negli aeroporti sono state adibite sale per le espressioni delle varie religioni.

Una cosa risulta evidente: chiunque entri nello spazio di una qualsiasi esperienza o emozione religiosa, scopre e considera la preghiera come una delle sue principali manifestazioni. La richiesta al Signore, sentito come presente, l�espressione di lode e di ringraziamento, il desiderio di compagnia e protezione sorgono quasi inevitabilmente.

Niente di strano dunque che i giovani cristiani, che vivono in questa atmosfera, sono a contatto con noi, sentono qualche attrazione verso Ges� Cristo e verso il Vangelo, ed hanno accolto la sfida del senso ultimo, o espresso gi� una scelta consapevole per una presenza viva di fede, si interroghino sulla preghiera dei Salesiani. Si domandano quanto la sentano nel cuore, e soprattutto se i Salesiani siano capaci di iniziarli nei cammini di un�orazione che attraversi la vita, generando convinzioni e suggerendo esperienze, in modo che la preghiera diventi consuetudine, gusto, sostegno e luce.



1. �TU SEI LA MIA LUCE...�.


Con i giovani ci sono momenti straordinari di celebrazioni solenni, ben curate dal punto di vista contenutistico, simbolico e coreografico. Ma riguardo a noi, le Costituzioni, dopo averci proposto tutti i momenti comunitari, ci dicono: �Potremo formare comunit� che pregano solo se diventiamo personalmente uomini di preghiera. Ciascuno di noi ha bisogno di esprimere nell�intimo il suo modo personale di essere figlio di Dio, manifestargli la sua gratitudine, confidargli i desideri e le preoccupazioni apostoliche�.

Una cosa, infatti, � recitare delle preghiere o partecipare a celebrazioni collettive, atti certamente utili e pregevoli, un�altra � diventare persone oranti. Abbiamo ascoltato questo dai giovani stessi e dai commentatori, in riferimento alle manifestazioni di massa del Confronto e del Giubileo: tutto ci�, che senza dubbio ha costituito una valida esperienza, durer� e far� strada nella vita? Viene chiamata in causa l�educazione religiosa, l�accompagnamento, l�interiorizzazione a seguito dell�evento straordinario, la comunicazione del cuore con il Padre, da figli.

� chiaro infatti che, se la nostra evangelizzazione propone soltanto spiegazioni, ma non riesce a creare un rapporto di comunione con il Padre, � vuota, quasi ridotta ad una ideologia. Il grande lavoro di Ges� � stato quello di far conoscere, in senso biblico, il Padre e insegnare ai discepoli a rivolgersi a Lui ascoltando le voci dello Spirito, gli insegnamenti e le parole che Egli suggerisce al cuore.

Per questo, il Vangelo � ricco di insegnamenti sulla preghiera. L�evangelista Luca, nel capitolo undicesimo del suo vangelo, ne raccoglie alcuni: la parola unificante �Padre�, la perseveranza e l�efficacia della preghiera. Ed � il Vangelo a spiegarci la comunicazione con il Padre, la presenza dello Spirito che prega con Cristo in noi e per noi.

Non � mia intenzione adesso parlarvi della preghiera salesiana comunitaria. C�� sufficiente letteratura e sforzo di animazione e si nota nelle comunit� anche un proposito di miglioramento. E non c�� dubbio che essa esprime bene la vita del singolo e delle comunit� ed � anche una scuola, oltre che garanzia di ricchezza, continuit�, perseveranza, ed esperienza ecclesiale. Il salesiano prega con la comunit� e nella comunit�.

Ora voglio soffermarmi particolarmente sul cammino personale che, con l�aiuto delle comunit�, porta ciascuno di noi ad essere uomo di preghiera, desideroso e capace di orientare i giovani verso di essa, portando anche a livelli di regolarit� e fervore quelli che si dimostrano capaci.


Rivisitare il proprio cuore.

La preghiera del salesiano, comunicazione e dialogo filiale con il Signore, � certamente coerente con la sua vita ed adeguata alla sua esistenza concreta. Ci sono per� dei �luoghi comuni�, non verificati, riguardo ad essa; cos� come ci sono dei condizionamenti reali da superare per arrivare ad essere uomini di preghiera secondo il modo salesiano.

Tra i luoghi comuni c�� quello che vuole che al centro della vita del salesiano ci sia l�azione, non sempre intesa come azione consapevolmente salvifica, ma a volte semplicemente come agire umano, con tutto quello che esso comporta: movimento, competenza, molteplicit� di ambiti, rapporti e interventi, eccetera.

La preghiera, in tal caso, viene �relegata in alcuni angoli della giornata�, limitata ai momenti comuni. Il consiglio di Ges� Buon Pastore � invece quello di pregare �sine intermissione�: una comunicazione con il Padre, che nello Spirito viene a noi e da noi esce per molteplici vie: attraverso il pensiero, il sentimento, l�orientamento dell�azione, il rapporto con il prossimo, la partecipazione alle celebrazioni ed alla vita della comunit� cristiana. Tutto ci� compiuto con lo sguardo rivolto verso di Lui e con il desiderio di compiere �le bon plaisir de Dieu�, secondo l�espressione di San Francesco di Sales.

Un altro luogo comune � l�interpretazione del detto di Don Bosco: �La vita attiva, cui tende specialmente la nostra societ� fa s� che i suoi membri non possano aver comodit� di fare molte pratiche in comune�. � vero. Bisogna per� risalire al suo tempo per capire la portata di questo asserto, paragonare questo detto con quanto prescrivevano altri Istituti: alle pratiche mattutine e vespertine giornaliere si univano i tridui, le novene, i tempi liturgici molto pi� regolati quanto a pratiche di piet�. Le parole di Don Bosco sono da leggere e interpretare in questo contesto. Bisogna poi non confondere tempi comuni con tempi personali, anche sottratti ad un�azione non ben ordinata.

Tra i nostri condizionamenti tipici bisogna invece annoverare una certa connaturale esposizione alla molteplicit� di impegni che per alcuni, con �agenda aperta� ad imprevisti, pu� diventare agitazione. L�agitazione non provoca soltanto l�eliminazione della partecipazione ai momenti comunitari, ma anche la soppressione dei momenti di studio, di lettura, di cosciente preparazione ad un ministero o a un compito educativo, che diventa sempre pi� complesso anche dal punto di vista dell�interpretazione evangelica della vita, nonch� della metodologia nell�orientamento dei giovani.

Si deve riconoscere che sia la lettura pastorale del contesto cui ho accennato prima, sia la nostra personale riflessione ci portano oggi a determinate conclusioni sulle condizioni da creare per la preghiera.

� possibile parlare di preghiera solo assumendo l�esperienza di Ges�, Figlio del Padre, riespressa nella propria vita sotto la guida dello Spirito. Parlare di preghiera � mettere allo scoperto quanto c'� di pi� sacro e unitario nella nostra vita.

�La preghiera � la sintesi del nostro rapporto con Dio. Possiamo dire che noi siamo quello che preghiamo e come lo preghiamo. Il livello della nostra fede � il livello della nostra preghiera; la forza della nostra speranza � la forza della nostra preghiera: l�ardore della nostra carit� � l�ardore della nostra preghiera�.

Pregare e vivere si fondono in un�unica e identica realt� nella coscienza di colui che prega. Finch� la vita stessa non diventi preghiera, nemmeno la preghiera sar� viva e autentica.

D�altro canto, la Sacra Scrittura e la tradizione ecclesiale sono piene della preghiera dei poveri che si rivolgono a Dio, nello spirito di Ges�, come bambini. La via deve essere semplice, la comunicazione filiale, nello Spirito.

Si possono indicare alcuni atteggiamenti che favoriscono la preghiera personale.


Sinceri verso Dio e verso noi stessi.

A volte, quando parliamo di Dio, con riferimento a noi stessi e pi� ancora ai nostri interlocutori religiosi, ci mettiamo una maschera, indossiamo il costume, che si addice al ruolo, e scegliamo parole esatte e ben proclamate.

Queste maschere non corrispondono a ci� che noi siamo. Rappresentano delle barriere alla condivisione profonda con Dio e al dialogo con Lui, senza difese.

Dio vuole comunicare con noi, sulla lunghezza d�onda della sincerit�. E questo non � affatto immediato: richiede in genere grazia e tempo. Per questo il Giubileo ci ha chiamati a convertirci, a ripartire da Dio e a riordinare il nostro cammino. � stato, prima di tutto, un invito alla conversione del cuore, anche se le celebrazioni, diffuse per televisione, possono talora aver dato un�idea diversa.

Esistono molte modalit� e toni di preghiera, in rapporto al prevalere del sentimento o della meditazione, delle formule o della spontaneit�. Ciascuno finisce per avere il suo modo di pregare come ha il proprio modo di camminare e di esprimersi. Ma c�� sempre, nella preghiera, un desiderio di comunicazione che vuole essere filiale, diretto, profondamente sentito. Qualunque sia il tipo di preghiera a cui si � arrivati, l�essenza � condividere sinceramente se stessi. Cos� si esprimeva Ges�: �Ti ringrazio, o Padre�; �Custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato�; �Che siano una cosa sola come noi siamo uno�.


Capaci di ascolto.

Per noi educatori la capacit� di parlare su Dio e con Lui dipende, anzitutto, dalla capacit� di ascoltarLo. Egli, che ha parlato nella creazione iniziale, ci ha detto molto nella Storia della Salvezza con avvenimenti e parole e ci ha raccontato tutto in Ges�. Ora ci parla attraverso le mediazioni della Chiesa e degli avvenimenti, fa risuonare dentro di noi la voce del suo Spirito e rivela cose nuove per i tempi nuovi.

Il credente � soprattutto uno che ascolta la Parola, come Maria. �Ascoltare significa non solo essere consapevole intellettualmente della presenza dell�altro; ma accettare di far spazio in se stessi a tale presenza fino a esserne dimora e goderne�.

Non sempre � facile distinguere la voce di Dio da quella degli uomini. Per questo dobbiamo, come nell�episodio di Samuele, tendere l�orecchio a Colui che parla per educare noi stessi ed i nostri destinatari all�ascolto della Verit�: �Parla, perch� il tuo servo ti ascolta�. Dovremmo avere la mente e l�udito attenti, condurre i destinatari verso la Verit�, invitare ad ascoltare Colui che ha �parole di vita eterna�. � uno degli approdi dell�educazione. La legge, i precetti, la Parola del Signore sono presentati come fonte che genera una sapienza completa e profonda, misteriosamente, sulla misura dei semplici, superiore a quella che produce l�acutezza del pensiero umano.

Da parte dell�uomo, questa disponibilit� all�obbedienza e all�ascolto della Parola costituisce la condizione indispensabile per scoprire il progetto che Dio affida ad ogni persona, nel tempo e nel luogo dove � stata chiamata a vivere. Sar� anche la condizione fondamentale per rinnovare l�impegno continuo di conversione a Dio: �Come infatti la pioggia e la neve scendono dal Cielo e non vi ritornano senza aver irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perch� dia il seme al seminatore e pane da mangiare, cos� sar� della parola uscita dalla mia bocca: non ritorner� a me senza effetto, senza aver operato ci� che desidero e senza aver compiuto ci� per cui l�ho mandata�.

Il luogo privilegiato per l�ascolto � quindi la meditazione della Parola: �sedutasi ai piedi di Ges�, [Maria a Betania] ascoltava la sua parola�. Tutto quindi comincia con l�attenzione interessata alla Parola che si svilupper� poi in meditazione, preghiera e contemplazione. L�ascolto di Dio, con le sue dimensioni di silenzio, decentramento da s� e ricentramento sull�Altro, diviene accoglienza o, meglio, disvelamento in s� di una presenza intima a noi pi� ancora di quanto lo sia il nostro stesso �io�: �Tardi ti ho amato, Bellezza sempre antica e sempre nuova, tardi ti ho amato! S�, perch� tu eri dentro di me e io fuori. L� ti cercavo. Deforme, mi gettavo sulle belle tue creature. Tu eri con me, e io non ero con te. Mi tenevano lontano da te le tue creature, che non esisterebbero se non fossero in te. Mi hai chiamato, hai gridato e hai vinto la mia sordit�. Hai balenato, e il tuo splendore ha dissipato la mia cecit�. Hai diffuso la tua fragranza, io l�ho respirata, e ora anelo a te. Mi hai toccato e arsi del desiderio della tua pace�.

Non soltanto il Concilio Vaticano II ha aperto un tempo felice di ritorno alla Parola, ma noi stiamo assistendo al nuovo gusto che di essa sentono i giovani. Si d� come un nuovo incontro tra i giovani e la Parola, stimolato anche dalle Esortazioni di Giovanni Paolo II riguardo alla Lectio.


Gustare il silenzio.

Il silenzio � la dimensione speculare della Parola. Silenzio e Parola si completano e si rafforzano a vicenda. Senza il silenzio difficilmente si arriva sia alla conoscenza di s�, sia al discernimento del progetto di Dio nella propria vita. Il silenzio d� profondit� ed unifica.

La sobriet� salesiana nel parlare non � distanza o controllato dominio di s�; � sempre attenzione all�altro, comprensione e desiderio di dare e di ricevere. Si passa cos� ad una dimensione interiore, allo stare bene con se stessi, alla visione serena delle persone e delle situazioni, alla pace interiore, al gusto della presenza dell�altro.

Si genera pure un atteggiamento di dominio di s� e di resistenza per far tacere i sentimenti disordinati verso gli altri, le immagini arbitrarie su se stessi, le ribellioni, i giudizi non valutati, le mormorazioni e le leggerezze, che nascono dal cuore. Un composto silenzio � il custode dell�interiorit� e rende possibile l�ascolto e l�accoglienza di colui che parla. Il Dio che vogliamo ritrovare � dentro di noi, non fuori.

L�io interiore ha bisogno di tempi e di spazi per confrontare e valutare. Riguardo ai primi, non dovremmo aver paura di riservare, nell�orario, periodi di tempo da dedicare alla meditazione personale, allo studio, alla preghiera e - perch� no? - alla contemplazione: quell�atteggiamento totale quasi soggiogato dalla verit� o dalla bellezza.

Il Vangelo ci consiglia di �entrare nella propria camera e, chiusa la porta, pregare il Padre nel segreto�. Si tratta di scegliere un luogo dove l'attenzione e lo spirito trovino meno ostacoli per andare a Dio. La Chiesa o la cappella sono senz�altro luoghi pi� adatti alla �preghiera silenziosa�, ma non gli unici. �Il nostro Salvatore sceglieva per pregare luoghi solitari e quelli che non occupassero troppo i sensi, ma che elevassero l�anima a Dio, come i monti (che si elevano da terra e sono ordinariamente brulli, senza alcun motivo di ricreazione sensibile)�.

Le passeggiate, ad esempio, possono acquistare un significato nuovo: si tratta di scoprire la presenza del Signore che - secondo l�espressione poetica di San Giovanni della Croce - passava per �questi boschi con snellezza, e mentre li guardava, solo con il suo sguardo adorni li lasci� di ogni bellezza�.

La persona quindi non guarda se il luogo per la preghiera abbia tale o tal altra comodit�, perch� ci� vuol dire essere ancora attaccati ai sensi, ma si preoccupa soprattutto del raccoglimento interiore; dimenticando ogni cosa, sceglie a tale scopo il luogo pi� libero da oggetti e gusti sensibili e distoglie l�attenzione da tutto questo, per potere meglio godere del suo Dio nella solitudine delle creature.


Scoprire le proprie resistenze.

Lo Spirito opera in noi e ci santifica nella misura anche della nostra disponibilit�. In questo si inserisce il superamento delle nostre resistenze ad un�apertura docile e filiale al Padre e all�amore alle persone, radicato nel cuore. L�interiorit� va educata, l�amore va purificato e le nostre relazioni rese pi� rispettose. Si tratta di smascherare quelle dinamiche che convivono dentro di noi e che ci impediscono di donarci con cuore libero.

Bisogna avere il coraggio di individuare e chiamare per nome le proprie fragilit�, le negativit� che segnano la nostra vita, conoscere le proprie resistenze per condividerle con il Padre. Bisogna accettare il paziente lavoro necessario perch� la volont� di Dio orienti il nostro pensiero e la nostra coscienza. Non c�� uomo di preghiera che non abbia sentito il bisogno ed i vantaggi dell'ascesi interiore ed esteriore.

Chi � sperimentato nella vita spirituale sa che questo cammino esige pazienza e perseveranza, che non lo si percorre da soli, perch� lo Spirito ci precede e ci accompagna. Conoscer� poi, a mano a mano che procede, anche i frutti della progressiva pacificazione, dell�allargamento della libert�, della mitezza e della carit�, che sono i frutti di un cammino di preghiera.


Accedere con fiducia al Padre.

� questo il suggerimento di San Paolo; ed � l�indicazione di Ges�. Il Signore accetta il culto rituale, ma come cammino e condizione per la fiducia spontanea e trasparente. Ci sono occasioni in cui possiamo pregare senza parole, ma non possiamo mai pregare senza il desiderio profondo di trovarci con il Signore, di stare con Lui. �Il tuo volto io cerco, o Signore� � gi� una forma di preghiera. � frequente oggi desiderare quei momenti di godimento e di emozione che si verificano di rado o sotto la spinta di stimoli forti. Sono una grazia, su cui non si fonda il nostro rapporto con Dio, ma con la quale il Signore ci sostiene. Siamo in tempi in cui domina l�emozione religiosa, la voglia di sperimentare �altro�, quello che � oltre il sensibile. Ci� vale anche per i giovani, per i quali autenticit� e sentimento sono legati, anche nell�esperienza religiosa.

L�amicizia con il Signore richiede che il nostro desiderio di incontrarci con Lui sia dentro la preghiera e questa dentro la vita, come orientamento e passione: �O Dio, tu sei il mio Dio, all'aurora ti cerco�. Non si tratta, dunque, di un desiderio di compiere obblighi di preghiera, ma di un anelito intenso alla presenza del Signore, alla sua amicizia.

A volte temiamo di avvicinarci troppo a Dio o che Egli ci manifesti troppo chiaramente la sua volont�. Migliaia di domande ci investono: che cosa mi chieder� Dio? dove mi condurr�? La posta in gioco � alta: ne va della mia vita. Potrebbe cambiare l�orientamento di tutto quello che ho fatto, potrei essere chiamato a rimettere in discussione i miei valori. � capitato ai patriarchi, ai profeti, agli apostoli, ai santi che, in fatto di preghiera, sono esempi esimi. Possiamo dire che capita anche a noi, attraverso avvenimenti imprevisti, che cambiano il corso, il ritmo o il tono nella nostra esistenza.

Con gli altri, ciascuno di noi entra in dialogo alla pari. Con Dio, invece, tutto � diverso. Lui mi dice: �Io sono il Signore, tuo Dio�. Ha detto Einstein: �quando mi avvicino a questo Dio, mi devo togliere le scarpe e camminare in punta di piedi, perch� sono su un terreno sacro�. Eppure non siamo nella regione della lontananza e del timore, ma in quella filiale, dello Spirito, che � misterioso ed inesauribile: di l� nascono sempre delle novit� da parte del Padre e da parte nostra, a mano a mano che la vita procede.


Fare un cammino di preghiera.

Nella preghiera c�� anche un cammino di formazione e di crescita permanente. Nessuno, da adulto o da anziano, prega come quando era bambino, anche se pu� mantenere alcuni tratti personali, resi maturi dalla vita. La preghiera non soltanto ci arricchisce, ma ci plasma per quello che essa �, e per i fatti della nostra vita che assumiamo alla sua luce. Alcuni di noi forse hanno condiviso l�esperienza di monaci che hanno portato avanti una vita di pura preghiera. Ma anche con confratelli nostri, arrivati alla maturit� dell'et� e della sofferenza, il dialogo sulla preghiera � interessante e fecondo.

Nell�assumere l�impegno di pregare, mi affido totalmente a Dio e mi consegno nelle sue mani. � Dio che accolgo; � a Lui che mi dono; con Lui intendo camminare e da Lui ricevere me stesso, sempre rinnovato dai doni del suo amore.

La contemplazione offre il momento pi� alto della preghiera. Essa per�, come afferma Vita Consecrata, non � privilegio di uno stato, ma dimensione essenziale in coloro che sentono la propria vita �trasfigurata� in Cristo. � la visione di fede, goduta nella sua dimensione unificante, che irradia luce e bellezza.

La preghiera cos� intesa risulta l�atto adulto mediante il quale la mia relazione personale si apre nei riguardi di Dio, cosciente della mia irriducibile sete di Lui, come pure della sua amorosa ricerca di me.

La preghiera suppone anche la salvaguardia di un tempo sufficiente, capace di radicare in me ed esprimere il significato pi� alto dell�atto del pregare. Se desidero giungere a una preghiera viva e vivificante, che sia esperienza di amore con il �partner� unico, non posso non riservare alcuni spazi della mia vita, consacrandoli allo stare a tu per tu col Signore.

Perseverare in quest�atto di fede pura e spoglia, in un tempo che non conosce fretta n� calcolo di vantaggi personali, dedicato a stare semplicemente alla presenza di Dio Padre (Lui mi guarda, mi ama e mi lavora, durante questi momenti che toccano il mio profondo nella solitudine), quand�anche io abbia la sensazione di rimanere senza parole e di perdere il mio tempo: ecco l�esigenza e la garanzia di un�adorazione in spirito e verit�. � interessante vedere il cammino di preghiera dei nostri Servi di Dio, in cui troviamo sempre tre caratteristiche: la partecipazione alle pratiche comunitarie, i tempi personali di cui erano avidi, l�unione nella vita.

Pur essendo vero che la preghiera pu� recare pace interiore alla mia vita, serenit� di spirito, efficacia nell�azione, la finalit� principale non sar� soltanto ricercare tali vantaggi, se nella preghiera voglio incontrare il Padre di Ges� e il Padre nostro, ma l�esperienza dell�amore gratuito.

Nel dare al Signore il mio tempo umano, senza nulla chiedergli in cambio (effetti straordinari, progresso spirituale rapido e apprezzabile, ecc.), mi espongo al sole stesso della divina gratuit�. � questa la grazia per eccellenza dell�impegnarsi a pregare: essere educati alla gratuit�, in una societ� come la nostra in cui tutto � oggetto di compravendita. Sapere con indubitabile sapienza di essere amati da Lui e di poterLo amare e desiderare costituisce la grande ricchezza della nostra vita, che fa apparire secondarie tutte le altre con le loro pretese.

� questa la beatitudine di una vita di preghiera! Colui che sa perdere il suo tempo con il Signore, impara a donare ai fratelli la propria vita con generosit� gratuita, dimentico di s�. La preghiera, al pari dell�amore, non ha bisogno di giustificazione.

Poich� � lo Spirito che prega in noi e da Lui impariamo a rivolgerci al Padre, � pi� importante mettersi in sintonia ed unione con Lui che conoscere definizioni descrittive esatte sulla preghiera. Queste tuttavia aiutano ad una maggiore consapevolezza e cammino di purificazione. Ne prendiamo alcuni elementi costanti, attingendo all�esperienza di Ges�, della Chiesa e di coloro che pi� da vicino l�hanno contemplato e seguito.


Dare la parola a Dio.

�Nella tua volont� � la mia gioia�. Occorre permettere che Dio ci dica quello che egli sa che ci conviene.

Egli pronuncia la Parola. Ges� si � manifestato come la Parola, il Verbo eterno del Padre. Il Verbo � novit�. Lo � ancora. Cos� sono nati i carismi: movimenti di profezia che si sviluppano soltanto nell�ascolto di Dio, in un mondo rutinario. Perci� per noi consacrati �ascoltare� � grazia di sussistenza e novit�. Di fatto, siamo soliti cercare parole nella nostra preghiera con il rischio di non percepire quello che Dio vuole dirci, la sua Verit�. � lo stesso Ges� che raccomanda: �Pregando poi non sprecate parole�.

Il tempo che dedichiamo, in un equilibrato silenzio o in un ritiro, a ricomporre la nostra vita non � tempo perso; diverr� anzi il ricupero di uno spazio aperto alla visita di Dio. Coltivare e usare un metodo per creare un�area di silenzio, sar� espressione di quell'impegno senza il quale nessuno pu� far maturare i frutti pi� squisiti della riflessione di fede, della preghiera e della contemplazione.

Quando sapremo mantenere il silenzio interiore in mezzo all�inevitabile viavai della vita moderna e nel cuore stesso della necessit� di parlare e comunicare, allora l�impegno che abbiamo preso con la preghiera avr� prodotto in noi uno dei suoi frutti pi� eccellenti: saremo persone maturate, concentrate, non dissipate, padroni della nostra dimensione di interiorit�. Non si tratta di un silenzio solo ascetico, ma di un�attenzione e dell�attesa di una parola di amore. Il salesiano esprime tutto questo senza posa: in lui primeggiano la temperanza, la ragione unita alla religione, la bont� ottimista, ma non ingenua, dello sguardo, la speranza nella forza redentrice di Cristo.


Cogliere lo sguardo di Dio nella profondit� del proprio essere.

Lo �sguardo� ha una ricca presenza nella Bibbia e nel Vangelo. Significa la volont� benevola, l�attenzione paterna, la predilezione, la vocazione. Allo sguardo del Signore segue sovente il dialogo, che � gi� invocazione e programma di vita.

La preghiera non resta esterna a colui che prega. Non esiste distanza alcuna tra la preghiera, il rapporto con Dio e colui che l�effettua. Pur essendo un dono, si impasta e si fonde a tal punto col modo di essere di ciascuno che pregare viene a essere l�espressione pi� pura dell�individualit�. Quello che io sono davanti al Creatore, questo � la mia preghiera.

Dove nessun altro sguardo pu� arrivare, l� penetra lo sguardo luminoso di Dio. Egli mi vede e mi insegna a vedermi come sono. Pregare � quindi sentire ed accogliere lo sguardo paterno di Dio, senza ostacolarlo nel vano sforzo di volersi fare da s�.

La mia vita � al tempo stesso un dono e un compito: un dono che si sviluppa solo nel dialogo con il donatore. Affermare in un destino concreto, in una storia umana reale, la propria partecipazione all�amore di Dio per gli uomini: ecco cos�� la preghiera.

Credo si possa riassumere in questo modo l�aspetto forse pi� valido della personale esperienza di preghiera: essa � l�esercizio costante, che porta ad abbracciare con gioia filiale la volont� del Padre negli avvenimenti di ogni giorno. La pratica della preghiera mi mette nella condizione di leggere la mia storia personale - per quanto insignificante, assurda o contraddittoria possa sembrarmi - come una rivelazione dell�amore di Dio, dentro le coordinate della mia esistenza e del mondo. Nulla di quanto accade nella mia vita e nel mio mondo � estraneo all�amore di Dio.

Dio � amore: lasciandomi amare da Lui, divento un misterioso strumento del suo amore nel mondo. Aprendomi alla sua iniziativa, scopro un Dio solidale e impegnato con la marcia dell�umanit�, in particolare col dolore di tutti quelli che soffrono.

Terzo millennio: tempo di mistici! Sar� proprio la profondit� degli uomini e delle donne mossi dallo Spirito a salvare il senso della nostra vita ed a sfidare la limitatezza della visione dell�uomo.


L'esperienza di alcuni amici di Dio.

La preghiera � �espressiva� della vita nel senso migliore del termine. Perci� quello che ci dicono coloro che l�hanno vissuta intensamente nell'amore e nel dolore ha grande utilit� per noi. Ascoltiamo qualche testimonianza significativa.

� �(Nella preghiera) il colloquio si fa parlando veramente come un amico parla all�altro amico, o un servo al suo Signore: ora chiedendo qualche favore, ora accusandosi per qualche manchevolezza, ora comunicando le proprie cose e chiedendo consigli su di esse� (Ignazio di Loyola).

� �Qui non c�� nulla da temere, ma tutto da desiderare, (...) l�orazione mentale non � altro per me, se non un rapporto di amicizia, un trovarsi frequentemente da soli a soli con chi sappiamo che ci ama� (Teresa d�Avila).

� �La preghiera nient�altro � che l�unione con Dio (...). In questa unione intima, Dio e l�anima sono come due pezzi di cera fusi insieme, che nessuno pu� separare (...) Noi eravamo diventati indegni di pregare. Dio per� nella sua bont�, ci ha permesso di parlare con Lui (...). Figlioli miei, il vostro cuore � piccolo, ma la preghiera lo dilata e lo rende capace di amare Dio� (Curato d'Ars).

� Sant'Agostino scrive a Proba: �Manteniamo sempre vivo il desiderio della vita beata, che viene dal Signore Dio, e non cessiamo mai di pregare. Ma, a questo fine, � necessario che stabiliamo certi tempi fissi per richiamare alla nostra mente il dovere della preghiera. Facendo cos� eviteremo che il desiderio, tendente a intiepidirsi, si raffreddi del tutto o si estingua per mancanza di un frequente stimolo.

Non � certo male o inutile pregare a lungo, quando si � liberi, cio� quando non si � impediti dal dovere di occupazioni buone o necessarie. Pregare a lungo non �, come qualcuno crede, pregare con molte parole. Altro � un lungo discorso, altro uno stato d�animo prolungato. Lungi dunque dalla preghiera ogni verbosit�, ma non si tralasci la supplica insistente, se perdura il fervore e l�attenzione. Il servirsi di molte parole nella preghiera equivale a trattare una cosa necessaria con parole superflue.

Il pregare consiste nel bussare alla porta di Dio e invocarlo con insistente e devoto ardore di cuore. Il dovere della preghiera si adempie meglio con i gemiti che con le parole, pi� con le lacrime che con i discorsi�.


Secondo queste esperienze, la preghiera � relazione di amicizia che pu� esprimersi con il pensiero, l�agire, i sentimenti e lo sguardo, il silenzio, la partecipazione alla liturgia, l�invocazione veloce, la conversazione calma secondo l�esempio di Ges�: �Ti benedico, Padre�. � una relazione di amicizia e di amore. Ed � ci� che ci introduce bene nella preghiera del salesiano.



2. LA PREGHIERA DEL SALESIANO


La preghiera del salesiano ha uno speciale riferimento a Ges�, Buon Pastore, e a Don Bosco, che ne � stato viva immagine tra i giovani.

Per comprendere la sua modalit� e il cammino di crescita, � illuminante anzitutto meditare nel Vangelo la preghiera di Ges�, Buon Pastore, che culmina nel dono della vita.

Questa lettura, che � appassionante, anche per motivo di spazio l'affido a voi. Mi soffermo particolarmente sulla esperienza tipica salesiana.


I semi: Mamma Margherita.

Le prime battute del cammino di preghiera del salesiano le troviamo nelle Memorie dell'Oratorio. La narrazione evidenzia una costante che accompagna Don Bosco in tutta la sua esistenza: il ruolo determinante della dimensione religiosa nell�ambiente in cui � cresciuto e nella sua mentalit�. Essa portava a mettere tutto in relazione con Dio, attraverso molteplici vie: dalla contemplazione della natura alla recita di preghiere ormai diventate patrimonio del popolo cristiano.

� soprattutto alla figura della madre e alla sua azione educatrice che Don Bosco attribuisce il merito di aver radicato in lui il senso di Dio e una visione di fede sulla realt� e sulla storia. Margherita lo form� all�esercizio della presenza di Dio, lo avvi� a pregare con la mente e con le parole, gli instill� i principi della vita cristiana, assicurando una seminagione abbondante di solide virt�. Il suo fu un apporto determinante per la futura missione di educatore e di pastore.

Dalla fede della madre Giovanni fanciullo acquist� la certezza dell�esistenza di un Dio grande nell�amore. Percep� la realt� di un nesso inscindibile tra la nostra fragile umanit� e il suo Amore misericordioso. Impar�, esistenzialmente, che la fiducia in Dio non � mai vana, anche nei momenti pi� disperati. Qui si radica quella sua fede incrollabile, capace di �spostare le montagne�, e quella sua robusta speranza che lo spingeva a guardare oltre ogni umana prospettiva, a progettare e ad osare coraggiosamente quanto altri non avrebbero neppure lontanamente sognato. E tutto ci� egli lo evidenzia nelle Memorie e lo indica a noi suoi lettori.

Il racconto di Don Bosco � sintetico, ma efficacissimo: �Sua massima cura fu di istruire i suoi figli nella religione, avviarli all�ubbidienza ed occuparli in cose compatibili a quella et�. Finch� era piccolino mi insegn� Ella stessa le preghiere; appena divenuto capace di associarmi co� miei fratelli, mi faceva mettere con loro ginocchioni mattino e sera e tutti insieme recitavamo le preghiere in comune colla terza parte del Rosario�.

Nell�azione educatrice di Margherita c�� qualcosa di pi� di una formazione religiosa. �Dio - afferma don Lemoyne - era in cima a tutti i suoi pensieri, e quindi era sempre sulle sue labbra (...). Dio ti vede: era il gran motto col quale rammentava ad essi come fossero sempre sotto gli occhi di quel gran Dio, che un giorno li avrebbe giudicati. Se loro permetteva di andare a sollazzarsi nei prati vicini, li congedava dicendo: Ricordatevi che Dio vi vede. Se talora li scorgeva pensierosi e temeva che avessero nell�animo qualche piccolo rancore, sussurrava all�improvviso al loro orecchio: Ricordatevi che Dio vi vede, e vede anche i vostri pi� nascosti pensieri (...).

Cogli spettacoli della natura ravvivava pure in essi continuamente la memoria del loro Creatore. In una bella notte stellata uscendo all�aperto mostrava loro il cielo e diceva: � Dio che ha creato il mondo e ha messe lass� tante stelle. Se � cos� bello il firmamento, che cosa sar� del paradiso? Al sopravvenire della bella stagione, innanzi ad una vaga campagna, o ad un prato tutto sparso di fiori, al sorgere di un�aurora serena, ovvero allo spettacolo di un raro tramonto di sole esclamava: Quante belle cose ha fatto il Signore per noi!�.


Don Bosco uomo di preghiera.

Sarebbe per� storicamente inesatto pensare che la preghiera di Don Bosco sia rimasta a questi livelli. L�esperienza �oratoriana�, educativa e pastorale, con i ragazzi poveri e con giovani discepoli, produsse in lui un salto verso una �preghiera apostolica�, verso la contemplazione nell�azione e l�estasi di fronte all'agire di Dio nell�animo dei giovanetti. Cos� cominci� e si svilupp� quell�unione tra atteggiamento di preghiera e vita intraprendente, intrisa di speranza e audacia, che suscit� inizialmente degli interrogativi sulla sua santit�, dal momento che qualcuno lo giudic� soltanto un �imprenditore� di Dio, ma che � divenuta poi paradigma per la preghiera e la vita in Dio del salesiano.

Un metodo analogo a quello di mamma Margherita, maturato nell�esperienza pastorale e nel sacrificato servizio educativo, sar� usato da Don Bosco con i suoi giovani. Infatti all�inizio del suo manuale di preghiera, il Giovane provveduto, elencando le Cose necessarie ad un giovane per diventar virtuoso, egli parte dalla Conoscenza di Dio: �Alzate gli occhi al cielo, o figliuoli miei, ed osservate quanto esiste nel cielo e nella terra. Il sole, la luna, le stelle, l�aria, l�acqua, il fuoco son tutte cose che un tempo non esistevano (...) � Dio che colla sua onnipotenza le trasse dal niente creandole�. Entrambe le esperienze gli servirono per diventare iniziatore dei giovani nella comunione con Dio.

Educato a saper contemplare Dio nella natura e negli avvenimenti umani, specialmente quelli che riguardavano i giovani a lui affidati, Don Bosco formava i suoi ragazzi a questo �sguardo semplice�, rivelatore dell�amore di Dio. Perci� era diventato attento osservatore della storia umana e della Chiesa, di cui era stato per i giovani narratore efficace. E i suoi ragazzi imparavano.

Di Michele Magone, durante una vacanza ai Becchi, il santo racconta: �Una sera mentre i nostri giovani erano gi� tutti a riposo, odo uno a piangere e a sospirare. Mi metto pian piano alla finestra e veggo Magone in un angolo dell�aia che mirava la luna e lagrimando sospirava. - Che hai, Magone, ti senti male? gli dissi. Egli che pensava di essere solo, n� essere da alcuno veduto, ne fu turbato, e non sapeva che rispondere; ma replicando io la domanda, rispose con queste precise parole: - Io piango nel rimirare la luna che da tanti secoli comparisce con regolarit� a rischiarare le tenebre della notte, senza mai disobbedire agli ordini del Creatore, mentre io che sono tanto giovane, io che sono ragionevole, che avrei dovuto essere fedelissimo alle leggi del mio Dio, l�ho disobbedito tante volte, e l�ho in mille modi offeso. Ci� detto si mise di nuovo a piangere. Io lo consolai con qualche parola, onde egli dando calma alla commozione and� di nuovo a continuare il suo riposo�.

Don Bosco commenta con ammirazione questa capacit� di Michele di �ravvisare in ogni cosa la mano del Signore e il dovere di tutte le creature di obbedire a lui�.


Sulla scia di San Francesco di Sales.

Tutto questo si colloca sulla linea della spiritualit� di san Francesco di Sales, il quale, nella seconda parte della Filotea (dove vengono elencati �alcuni consigli per l�elevazione dell�anima a Dio�), dopo la presentazione dell�orazione mentale, suggerisce altre cinque forme di preghiera breve, �che sono come prolungamenti della grande orazione�: le preghiere del mattino, quelle della sera, l�esame di coscienza, il raccoglimento spirituale e le aspirazioni a Dio. A quest�ultimo tipo di preghiera, fatto di �slanci del cuore, brevi, ma ardenti� verso Dio, Francesco invita il devoto: �Canta la sua bellezza, invoca il suo aiuto, gettati in spirito ai piedi della croce, adora la sua bont�, interrogalo spesso sulla tua salvezza, donagli mille volte al giorno la tua anima, fissa i tuoi occhi interiori sulla sua dolcezza, tendigli la mano come fa un bambino con il pap�, perch� ti guidi; mettilo sul petto come un profumato mazzolino di fiori, innalzalo nella tua anima come uno stendardo�.

Questo tipo di aspirazione a Dio � paragonato dal santo al pensiero di coloro che si amano: �costantemente rivolto alla persona amata, il cuore trabocca di amore per lei, la bocca non fa che tesserne le lodi (...) Allo stesso modo coloro che amano Dio non possono passare un momento senza pensare a Lui, respirare per Lui, tendere a Lui, parlare di Lui, e vorrebbero, se fosse possibile, incidere sul petto di tutti gli uomini il santo nome di Ges�.

�Tutte le creature ti invitano a questo - scrive ancora san Francesco di Sales -. Non c�� creatura che non proclami la lode dell�Amato (...); tutte le cose ti incitano a buoni pensieri, da cui vengono, per forza, slanci e aspirazioni a Dio. Eccone qualche esempio (...)�. Gli esempi portati dal santo sono tratti dall�agiografia e dalla vita quotidiana o da spettacoli della natura. �Un�anima devota, vedendo il cielo stellato, che si specchia nell�acqua limpida di un ruscello dir�: Mio Dio, queste stelle le avr� sotto i piedi quando mi avrai accolto nelle tue tende (...) Un altro, vedendo gli alberi in fiore, esclamer�: Perch� solo io sono senza fiori nel giardino della Chiesa? Un altro, osservando dei pulcini raccolti sotto la chioccia, dir�: Signore, conservaci sotto la protezione delle tue ali�.

Cos� insegna san Francesco di Sales. Allo stesso modo Giovannino veniva da sua madre guidato e istruito sulle vie della fede e della contemplazione, ed acquistava quel senso profondo del Dio presente, che lo accompagner� per tutta la vita. Sappiamo - come ancora si esprime san Francesco di Sales - che in questo esercizio semplice di contemplazione e di raccoglimento spirituale, che sfocia in brevi aspirazioni, in buoni pensieri e in giaculatorie spontanee, �si trova la radice profonda della devozione: pu� supplire alla mancanza di tutte le altre forme di orazione. Ma se manca questo non c�� modo di rimediare. Senza questo esercizio non � possibile la vita contemplativa, anzi sar� mal condotta anche quella attiva�.

Don Bosco � anche sensibile alle meraviglie della natura, ma molto di pi� a quelle dell'animo giovanile che supera i propri movimenti cattivi, coglie gli inviti della grazia e si apre generosamente a Dio.

Contemplativo della salvezza, estatico dell�opera di Dio nella vita, pieno di ammirazione di fronte a Domenico Savio, si commuove davanti ai ragazzi del carcere, invoca l�aiuto di Maria Ausiliatrice alla vista degli abitanti della Patagonia, sospira per l�evangelizzazione dell'Asia.


Il marchio oratoriano.

In questo clima, a Valdocco lo spirito e la pratica della preghiera erano strettamente congiunti con la carit� educativa. Si poteva leggere sul volto dei suoi abitanti, molti dei quali formeranno la prima generazione salesiana: �Noi - scrive don Ceria - li abbiamo conosciuti: uomini cos� differenti d'ingegno e di cultura, cos� diseguali nelle loro abitudini: in tutti per� spiccavano certi comuni tratti caratteristici, che ne costituivano quasi i lineamenti di origine. Calma serena nel dire e nel fare; paternit� buona di modi e di espressioni, ma particolarmente una piet� la quale ben si capiva essere nel loro concetto l�ubi consistam, il fulcro della vita salesiana. Pregavano molto, pregavano devotissimamente: ci tenevano tanto a che si pregasse e si pregasse bene; sembrava che non sapessero dire quattro parole in pubblico o in privato, senza farci entrare in qualche modo la preghiera. Eppure (...) quegli uomini non mostravano di possedere grazie straordinarie d�orazione; infatti noi li vedevamo compiere con ingenua semplicit� nulla pi� che le pratiche volute dalle regole o portate dalle nostre consuetudini�. Amavano Dio e, in Lui, i giovani. Ecco il commento sull�unione tra tempi di orazione e vita, tra preghiera esplicita e missione.

La preghiera che Don Bosco pratica e cerca di insegnare ai suoi figli � lineare e semplice nelle sue forme, autentica, completa e popolare nella sostanza e nei contenuti, allegra e festiva nelle espressioni. � veramente una preghiera alla portata di tutti, dei fanciulli e degli umili in particolare, e prende corpo in quelle che egli chiama �pratiche di piet�.

Scrive don Caviglia che Don Bosco non ha creato nessuna nuova forma speciale di pratica o di preghiera o devozione come il Rosario, gli Esercizi spirituali, la Via Crucis e via dicendo. Egli � aperto alle formule e, in certo senso, anche alle forme di piet� delle quali, da educatore, comprende l�utilit�; � realista, bada alla sostanza, al rapporto con Dio ed al suo riflesso sulla vita: pregare � avere un tratto di amicizia con Lui per cui si passa facilmente dallo stare da soli con Lui al suo servizio nel prossimo.

� vero ci� che scrive don Ceria che Don Bosco non dedicava lungo tempo, come fecero altri santi (Curato d�Ars, S. Antonio M. Claret), alla meditazione. Ma avere un proprio modo di pregare non � lo stesso che non pregare o pregare troppo poco.

Quantitativamente e qualitativamente diversa da quella di altri santi, la preghiera di Don Bosco risultava non meno vera e profonda alla prova dei fatti. Le testimonianze dei processi hanno svelato in Don Bosco una insospettata ed esaltante attivit� di preghiera. Magari mancavano l�esteriorit� vistosa, i grandi gesti, ma la preghiera irrompeva da ogni parte. �Si pu� dire - ha dichiarato don Barberis - che pregava sempre; io lo vidi, potrei dire, centinaia di volte montando e scendendo le scale sempre in preghiera. Anche per via pregava. Nei viaggi, quando non correggeva bozze, lo vedevo sempre in preghiera. In treno - era solito dire ai suoi figli - non si stia mai in ozio, ma si dica il breviario, si reciti la corona della Madonna, o si legga qualche buon libro�.

Dispensato negli ultimi anni di vita dalla recita del Breviario, lo diceva in realt� quasi sempre e con grande devozione; impedito da forza maggiore vi suppliva, come risulta da questa sua formale ed eroica promessa, �col non fare atto o pronunziar parola che non avesse di mira la gloria di Dio�.

La preghiera era per Don Bosco �l�opera delle opere�, perch� la preghiera �ottiene tutto e trionfa di tutto�. Essa � ci� che � �l�acqua al pesce, l�aria all'uccello, la fonte al cervo, il calore al corpo�. La sua istituzione � fondata sulla preghiera.

Don Bosco, capace di contemplare Dio sul volto e nella situazione dei giovani, non sente il bisogno d�imporre ai suoi discepoli altre pratiche comunitarie che non siano quelle del buon cristiano e del buon prete, se si tratta di preti. Si tratta di una preghiera che non � mai disimpegno o fuga dalle situazioni giovanili da trasformare secondo il progetto di Dio, o dagli uomini da orientare a Cristo: �da mihi animas cetera tolle�. Gi� abbiamo ricordato il testo della prima redazione delle Costituzioni: �La vita attiva, cui tende specialmente la nostra societ� fa s� che i suoi membri non possano aver comodit� di fare molte pratiche in comune�. C�� in questa espressione, l�affermazione implicita che sono possibili e raccomandabili molte altre forme di preghiera. Tra queste Don Bosco ha dato grande importanza alle giaculatorie.

�Ciascheduno - leggiamo ancora nelle Costituzioni - oltre le orazioni vocali, far� ogni giorno non meno di mezz�ora di orazione mentale, ad accezione che ne sia impedito dal sacro ministero. Nel qual caso supplir� colla maggior frequenza di giaculatorie indirizzando a Dio con gran fervore di affetto quei lavori, che lo impediscono dagli ordinari esercizi di piet�. Le giaculatorie, preghiera facile, essenziale, servivano per lui a mantenere desto il pensiero a Dio.

Possiamo dire che in Don Bosco tra preghiera e lavoro intercorre un rapporto perfetto di identit�. In questo senso, ma solo in questo senso, si pu� dire che lavoro � preghiera. E questo, secondo don Ceria, � stato il segreto di Don Bosco, il tratto pi� caratteristico: �La differenza specifica della piet� salesiana � nel saper fare del lavoro preghiera�.

Pio XI ne ha dato solenne conferma: �Questa, infatti, era una delle pi� belle caratteristiche di lui, quella cio� di essere presente a tutto, affaccendato in una ressa continua, assillante di affanni, tra una folla di richieste e consultazioni, e avere lo spirito sempre altrove, sempre in alto, dove il sereno era imperturbato sempre, dove la calma era sempre dominatrice e sovrana, cos� che in lui il lavoro era proprio effettiva preghiera, e si avverava il grande principio della vita cristiana: qui laborat orat�.


Cos�, come Don Bosco viene identificato come l�uomo dell��unione con Dio�, il salesiano si caratterizza per essere l�uomo �contemplativo nell�azione�. Il problema � precisamente capire cosa significa quest�espressione.

Infatti nella tensione tra preghiera e azione � difficile raggiungere l�equilibrio, non tanto nella teoria, ma nella pratica della vita quotidiana. Il problema, posto fin dagli inizi del cristianesimo, � molto dibattuto. Agostino a tale proposito, commentando Luca 10, 38-42, scrive: �Le parole di Nostro Signore Ges� Cristo ci vogliono ricordare che esiste un unico traguardo al quale tendiamo, quando ci affatichiamo nelle svariate occupazioni di questo mondo. Vi tendiamo, mentre siamo pellegrini e non ancora arrivati; in cammino e non ancora nella patria; nel desiderio e non ancora nell�appagamento. Marta e Maria erano due sorelle, non solo sul piano della natura, ma anche su quello della religione; tutte e due onoravano Dio, tutte e due servivano il Signore presente nella carne in perfetta armonia di sentimenti. Marta lo accolse come si sogliono accogliere i pellegrini, e tuttavia accolse il Signore come serva�

Del resto tu, Marta, sia detto con buona pace, tu, gi� benedetta per il tuo encomiabile servizio, come ricompensa domandi il riposo. Ora sei immersa in molteplici faccende, vuoi ristorare dei corpi mortali, sia pure di persone sante� Lass� non vi sar� posto per tutto questo. E allora che cosa vi sar�? Ci� che ha scelto Maria: l� saremo nutriti, non nutriremo. Perci� sar� completo e perfetto ci� che qui Maria ha scelto: da quella ricca mensa raccoglieva le briciole della parola del Signore� [il quale] far� mettere a tavola [i suoi servi] e passer� a servirli�.

Marta e Maria sono un esempio di unit� radicale in cui non si oppongono vita attiva e vita contemplativa; insieme rappresentano un�esistenza tutta presa dall�ascolto contemplativo, soprattutto quando si � chiamati ad impegnarsi nel mondo. L�unit� radicale tra contemplazione e azione si ritrova nel rapporto e nella comunione con Dio.

Vediamo ora come si snoda questa tensione tra contemplazione e azione nella vita del salesiano, soffermandoci anzitutto sull�espressione �contemplativo nell�azione�, per passare poi ad elencare alcune caratteristiche che definiscono la vita del salesiano come uomo contemplativo nel servizio ai giovani.


�Contemplativo nell�azione�.

Il contemplare, cio� il venire come rapiti nello sguardo prolungato o brevissimo, ma intenso, con stupore e ammirazione, abbraccia ed afferra in un solo momento profondo la realt� nelle sue radici ed il soggetto nelle sue molteplici dimensioni unificate. � quello che propriamente si chiama una �esperienza�.

La contemplazione cristiana comporta uno sguardo unitario che coglie, nel susseguirsi degli eventi, il compiersi del Regno di Dio e quindi la partecipazione alla costruzione di esso. Essa non si compie soltanto nel silenzio o nella solitudine, quasi fuori dalle aspirazioni, desideri, gioie e sofferenze del Regno, ma anche nella condivisione delle cose della vita che Ges� � venuto a portare.

In effetti, nella tradizione cristiana si pu� parlare di due grandi vie o luoghi preferenziali, non esclusivi, di contemplazione. Nel primo, la persona si distacca dalle �cose umane� per immergersi in Dio; nel secondo coglie, proprio nelle �cose umane�, come si fa presente Dio e il suo Regno e si mette a sua disposizione per partecipare al suo annuncio salvatore. �Ecco, io vengo per fare, o Dio, la tua volont�. Di conseguenza �assume� la vita come unione con Dio, nella sua passione per salvare l�uomo.

La differenza tra le due � data da una diversa accentuazione del rapporto tra Regno di Dio e vita umana. Chi vive il distacco dalle cose vuole comprenderle contemplandole in Dio. L�accento viene posto nel riconoscere il mistero di Dio, inaccessibile, luogo definitivo di riposo e di felicit� per l�uomo. Chi invece vive la passione responsabile ed attiva per la salvezza, accentua l�Incarnazione di Dio, il suo mischiarsi con le cose della storia. Contempla Dio che offre la sua grazia per costruire qui e ora il suo Regno, gode come Ges� delle meraviglie che il Padre opera negli umili e nei poveri. Cos� Dio viene �compreso� nella contemplazione delle cose e nelle diverse attivit� del Regno.

Entrambi gli atteggiamenti sono importanti ed irrinunciabili. Si tratta di accentuazioni che influiscono nella distribuzione del tempo e nelle scelte dello stile di vita. Del salesiano si afferma che la sua contemplazione affiora e si manifesta soprattutto nella passione per la vita dei giovani; quindi che, seguendo il mistero dell�Incarnazione, cerca di entrare profondamente in essa.

�Contemplare nell�azione� non vuol dire necessariamente pensare a Dio mentre si agisce. Si tratta piuttosto di un rendersi conto del fatto che in quell�attivit� umana � in gioco il compiersi del Regno di Dio. Contemplare nell�azione � un cammino che richiede condizioni analoghe al contemplare nella quiete e, anche se � grazia, viene acquisito attraverso la croce.


Alcune condizioni per divenire �contemplativi nell'azione�.


In modo sintetico elenco alcuni tratti che permettono al salesiano di contemplare Dio nella vita.


a. L�orientamento interiore.


Tutti i cammini di spiritualit�, anche quello del contemplativo nell�azione, valgono solo se portano verso il santuario del cuore, dove ci precede la Verit�. Nella formazione religiosa insistiamo sull�interiorizzazione; nella religiosit� diffusa, si distingue l�emozione di un momento dalla fede matura e personalizzata.

Per diventare contemplativo nell�azione occorre un clima interiore, fatto di fede aperta e vigilante, di umilt� e pazienza, di fedelt� a Dio a agli uomini, di dominio di s� e di apertura agli orizzonti di eternit�. La qualit� della contemplazione nell�azione � data dalla qualit� umana del gesto che si compie e dalla consapevolezza, implicita ma viva nel profondo del credente, che il Regno di Dio � qui e ora, oppure che il Regno di Dio in tale situazione non si compie. Nel primo caso si gioisce, nel secondo si soffre. Soffrire e gioire sono frutto della contemplazione.

�Ciascuno di noi - ci ricordano le Costituzioni - ha bisogno di esprimere nell�intimo il suo modo personale di essere figlio di Dio, manifestargli la sua gratitudine, confidargli i desideri e le preoccupazioni apostoliche�, perch� tutta la sua vita sia �compenetrata di spirito apostolico, e tutta l�azione apostolica sia animata da spirito religioso�.

A questo punto possiamo richiamare sinteticamente i pensieri su don Cafasso, che fu sicuro maestro di preghiera per Don Bosco, che indicano la via migliore di vivere la carit� unitiva ed illuminante nell�azione. Ci interessano gli atteggiamenti di fondo, mentre le pratiche sono legate alla persona ed al tempo.

�Il primo segreto - dice Don Bosco del Cafasso - fu la costante sua tranquillit�. Egli aveva familiare il detto di S. Teresa: niente ti turbi! Perci�, con aria sempre ridente, sempre cortese, colla dolcezza propria delle anime sante disimpegnava con energia ogni affare anche prolungato, dif­ficile e seminato talvolta di spinose difficolt�. Ma ci� senza af­fannarsi, senza che la moltitudine o la gravezza delle cose gli recassero il minimo turbamento. Questa maravigliosa tranquillit� faceva s� che egli potea con calma trattare molti e svariati affa­ri senza turbamento delle facolt� intellettuali�. � una specie di controfigura di un certo apostolo agitato che si pu� ritrovare oggi.

Il secondo segreto � la lunga pratica degli affari congiunta ad una grande confidenza in Dio. �Egli ripeteva spesso le parole del real profeta Davide: Dies diei eructat verbum (Sal 18, 2). Ci� che fo� quest�oggi servemi di norma a quanto dovr� fare domani. Questa massima congiunta alla sua prudenza, esperienza e al suo lungo studio del cuore umano, gli avevano rese familiari le pi� elevate questioni. I dubbi, le difficolt�, le dimande pi� complicate dinanzi a lui scomparivano. Fattagli una questione, comprendevala al solo annunziarla, quindi alzato un istante il suo cuore a Dio rispondeva con prontezza e giustezza tale che una lunga riflessione non avrebbe fatto pronunziare miglior giudicio�. � la formazione permanente nella e dalla vita a confronto con la Parola.

Il terzo segreto era l�esatta e costante occupazione del tempo. �Nello spazio di trenta e pi� anni che lo conobbi, non mi ricordo di averlo veduto a passare un istante che potesse dirsi ozioso. Terminato un affare, tosto ne intraprendeva un al­tro. Quante volte fu veduto rimanere cinque ed anche sei ore al confessionale, e poi andare in camera, ove tosto cominciava la solita udienza, che durava pi� ore. Quante volte pure [fu veduto] giungere sfinito di forze dal predicare o dal confessare nelle carceri, ed invitato a riposare un momento: la conferenza, egli rispondeva, mi serve di riposo�.

Il quarto segreto � la sua temperanza che in lui era attenta penitenza e che in Don Bosco mostra la coerenza di elementi che configurano la spiritualit� salesiana. Senza una grande sobriet�, egli dice, � impossibile farci santi. �In simil guisa ogni giorno, ogni settimana, ogni mese, e l�anno intero, ad eccezione del momento del cibo, il rimanente del tempo poteva impiegarlo in cose utili pel bene delle anime.

Con questi quattro segreti - conclude Don Bosco - don Cafasso trovava modo di compiere molte e svariate cose in breve tempo e portare cos� la carit� al pi� sublime grado di perfezione: Plenitudo legis dilectio (Rm 13,10)�.


b. L'intenzione.


Non � vero che qualsiasi attivit�, comunque fatta, sia preghiera. Perch� il nostro agire possa diventare luogo di incontro e comunicazione con Dio, � necessario che la nostra azione sia fatta in corrispondenza alla volont� di Dio e che proceda dall�intima unione con Lui.

La necessit� che ha il salesiano di riservare un tempo specifico per la preghiera personale e comunitaria non � tanto perch� si neghi che la vita quotidiana possa essere il luogo per incontrare Dio nei giovani, oppure perch� si consideri che la vera preghiera sia soltanto quella esplicita, fatta in cappella; ma, piuttosto, perch� il salesiano � consapevole della sua creaturalit�, quindi, del suo essere peccatore. Appunto per questo pu� sviare l�intenzione nel suo agire e ha bisogno di intimit� con il Signore per purificare le motivazioni dell�azione e cos� continuare a rapportarsi con Dio l� dove Lui gli si vuole manifestare: nella vita.

Attraverso la preghiera esplicita, il salesiano scava nell�intimo di se stesso e purifica l�opzione fondamentale, riconfermando Dio come Signore della propria esistenza, che orienta la vita e d� senso a tutte le cose che fa. Nella preghiera esplicita, personale e comunitaria, il salesiano riconosce la priorit� della scelta per Dio, come amore supremo che esclude tutto ci� che gli si oppone.

Se manca questa purificazione dell�intenzione, che procede dall�intima unione con Dio, l�azione - anche quella che possiamo chiamare di indole apostolica - diventa opera delle nostre mani e quindi causa di impoverimento spirituale. �La caratteristica sobriet� nelle pratiche di piet� voluta da Don Bosco va quindi interpretata non come un minimismo rilassato, ma in riferimento al contesto. In questo caso, alla ricchissima e intensa atmosfera soprannaturale dell�Oratorio di Valdocco, sia come irradiazione della santit� di Don Bosco, sia come risultante dell�ambiente di fervore che lui aveva creato tra i giovani, e nel quale Dio era indiscussamente il centro di tutto�.

La trasformazione della vita in preghiera suppone quindi una solida unione con Dio. Solo allora la preghiera esplicita pu�, se si vuole, diminuire, perch� l�azione, trasformata in preghiera, viene da dove l�anima si perde in Dio.


c. Sentirsi strumenti di Dio a favore dei giovani.


Contro il rischio dell�efficientismo dilagante e della sola ricerca dei risultati, i Salesiani sentono, nel loro lavoro, l�urgenza di un atteggiamento di radicale umilt�. Si tratta di essere fedeli a una missione ricevuta. Quindi prima di un dare, la nostra missione � un ricevere. Non siamo proprietari del Regno, n� del compito ricevuto. La Vigna ha un Padrone. Il lavoro diventa preghiera se � fatto con spirito di ubbidienza e disponibilit� verso Colui che ci ha mandato: �Non predichiamo noi stessi, ma Cristo Ges� Signore; quanto a noi, siamo i vostri servitori per amore di Ges� .

Il salesiano si comporta da �mistico� nell�azione quando, consapevole della propria debolezza, lavora cercando di sapere che cosa � gradita a Dio e lasciandosi condurre dalla volont� di Colui che vuole che tutti gli uomini siano salvi.

La vita spirituale del salesiano consiste proprio nel lasciare che questo amore divino riempia il suo cuore per poterlo diffondere tra i giovani. Il �silenzio di tutto l�essere�, di cui parla il CGS, �nasce proprio dal bisogno di procedere sempre pi� nell�intimit� con Dio �sommamente amato�: un silenzio che ci mette nelle condizioni di ascoltare veramente Dio, e di identificarci col suo disegno di redenzione�.

Il salesiano sa di essere stato scelto proprio per essere testimone e strumento di questa presenza attiva di Dio nella storia. Scorge come il suo agire � preceduto e superato da una presenza pi� forte. Ne gioisce, intercede e loda. Attraverso la presenza del salesiano, il giovane � toccato da un amore nuovo, potente e trasformante.

�Segno e portatore dell�amore di Dio ai giovani, specialmente pi� poveri� si traduce per il salesiano nel triplice atteggiamento di compassione, avvicinamento, intercessione, salvezza effettiva verso i giovani.


d. Scoprire la presenza dello Spirito nella vita dei giovani.


Le Costituzioni parlano della docilit� e disponibilit� a rinnovare sempre l�attenzione allo Spirito: �Attento alla presenza dello Spirito e compiendo tutto per amore di Dio, [il salesiano] diventa, come Don Bosco, contemplativo nell�azione�.

Lo Spirito agisce nel fondo di ogni coscienza umana. Occorre saper scoprire e interpretare questa presenza misteriosa, riconoscerne i segni, individuare i luoghi privilegiati e le diverse manifestazioni dello Spirito nella vita dei giovani.

Con meraviglia e gioia, il salesiano scopre Dio all�opera in un cuore accogliente, in un gruppo aperto, in un avvenimento banale o inaspettato. E per questo � disposto ad incontrare il giovane l� dove egli si trova, consapevole di dover interpretare bene il senso dell�azione divina per esserne il servitore e il cooperatore visibile. E pi� particolarmente, � convinto che Dio parla segretamente a ogni giovane e lo invita con premura al dialogo dell�Alleanza in questo momento decisivo della sua storia personale.

Al posto della condanna, il salesiano preferisce il discernimento come strumento di lettura della storia da un punto di vista cristiano. Un criterio che implica un�accettazione della storia senza riserve pregiudiziali e senza ingenuit�; anzi, la storia � luogo di lettura dei �segni�, cio� di significati rilevanti per la fede cristiana (cf. Mt 16, 4).

Alla diagnosi dei segni dei tempi, corrisponde la terapia dell�aggiornamento, per tendere �l'orecchio alle voci della terra� e cos� stabilire un rapporto vivo e vitale col passato, il presente e il futuro.


In tal modo, la contemplazione � inclusa nel donarsi pienamente al servizio dei giovani e del popolo, accettandone le esigenze quotidiane sull�esempio del Buon Pastore: partecipare alla paternit� di Dio, operando come Lui in favore della vita, dalle forme pi� elementari (cibo, casa, istruzione), a quelle pi� alte (rivelazione del Vangelo, vita di fede).

Il salesiano esercita il suo ruolo di �strumento dell�amore di Dio ai giovani� sotto il segno della concretezza storica: �Il salesiano deve avere il senso del concreto ed essere attento ai segni dei tempi, convinto che il Signore lo chiama attraverso le urgenze del momento e del luogo�.



CONCLUSIONE


Fin qui alcune considerazioni sulla preghiera del salesiano. Con l�espressione di Don Bosco, possiamo chiamarla la preghiera del �da mihi animas�. Essa dovrebbe impregnare l�agire del salesiano per il bene dei giovani. Don Bosco insiste che i suoi figli prendano l�abitudine di coniugare in un�unica realt� il lavoro, che pu� essere quasi frenetico, e la preghiera, che � respirare Dio, affinch� ogni opera sia come un �salterio delle buone opere�.

Occorre ricordare che la maturazione personale e la crescita comunitaria non si escludono; anzi, debbono sostenersi e integrarsi reciprocamente. �Potremo formare comunit� che pregano - ci ripete la Regola di vita - solo se diventiamo personalmente uomini di preghiera�.

�L'azione dello Spirito � per il professo fonte permanente di grazia e sostegno nello sforzo quotidiano per crescere nell'amore perfetto di Dio e degli uomini. I confratelli che hanno vissuto o vivono in pienezza il progetto evangelico delle Costituzioni sono per noi stimolo e aiuto nel cammino di santificazione� .


La preghiera dei nostri Santi.

La testimonianza di fratelli e sorelle avviati verso gli altari manifesta come questa forma di preghiera non sia una proposta campata in aria, ma sia ormai assunta da fratelli e sorelle che la vivono nel quotidiano, come hanno confermato anche coloro che ne hanno esaminato la vita e le virt� alla luce della teologia. � interessante rivisitare il loro percorso nella condizione di consacrati/e o laici, perch� appare evidente una costante: in tutti si nota una valorizzazione sentita delle pratiche o dei momenti espliciti, spesso ritagliati personalmente, e la consegna del proprio lavoro e della propria vita nelle mani del Signore.


� recente la canonizzazione di Mons. Luigi Versiglia.

Egli scrive al Carmelo di Firenze: �Solleviamo pi� in alto i nostri cuori, dimentichiamo di pi� noi stessi e parliamo di pi� di Dio, del modo di servirlo di pi�, di consolarlo di pi�, del bisogno e del modo di guadagnargli delle anime. Voi, Sorelle, potrete pi� facilmente parlare a noi delle finezze dell�amore di Ges�, noi forse potremo parlare a voi della miseria di tante anime, che vivono lontano da Dio, e della necessit� di condurle a Lui; noi ci sentiremo elevati all'amore a Dio, voi vi sentirete maggiormente spinte allo zelo� .


A proposito del venerabile Artemide Zatti abbiamo sentito parlare particolarmente della instancabile carit� . L'intensit� con cui il Servo di Dio viveva il senso della presenza di Dio, lo portava a vederLo nei malati e nei sofferenti fino a modellare il suo parlare: �Sorella, prepari un bel letto per il Signore�. Questo troviamo ripetutamente rilevato nelle testimonianze.

�L�impressione che ho ricevuto - afferma un teste - fu che era un uomo unito al Signore. La preghiera era come il respiro della sua anima, tutto il suo modo di fare dimostrava che viveva pienamente il primo comandamento di Dio, lo amava con tutto il cuore, con tutta la mente e con tutta l�anima�.

�Era evidente - aggiunge un altro - che il Servo di Dio praticava una preghiera continua; in bicicletta pedalava e pregava, cos� pure quando curava i malati [�]; con spontaneit� proferiva espressioni di fede e pronunciava frasi che elevavano lo spirito, anche con i religiosi�. E ancora: �Zatti si mosse in giovent� e in et� adulta in una sfera soprannaturale, senz�altro interesse che la gloria di Dio e la salvezza delle anime�.


Anche don Luigi Variara � ormai avviato verso la Beatificazione.

La vita cristiana e religiosa di don Luigi Variara fu caratterizzata da un�intensa visione teologale e da una costante attivit� sacerdotale e missionaria. La fede viva, che fu in lui sorgente di forza spirituale, era cos� semplice e forte da non lasciar posto alla stanchezza e allo scoraggiamento; e proprio con la fede egli riusc� a superare tutti gli ostacoli che si frapposero sulla sua strada, sempre e unicamente per amore di Dio e del prossimo.

L�amore di don Luigi Variara verso Dio � testimoniato dal suo modo di pregare, dal suo ardore eucaristico, dalla sua devozione ai Cuori di Ges� e di Maria. Il tipo di apostolato da lui svolto costituisce la migliore testimonianza di amore al prossimo, per l'eroica fortezza con cui seppe svolgerlo sino alla fine.


La liturgia della vita.

All�accenno ai nostri Santi e Servi di Dio, che potrebbe essere approfondito, aggiungo una descrizione della preghiera educativa quotidiana. La ricavo da un testo del CG23: �Educare i giovani alla fede �, per il salesiano, lavoro e preghiera. Egli � consapevole che impegnandosi per la salvezza della giovent� fa esperienza della paternit� di Dio. (...) Don Bosco ci ha insegnato a riconoscere la presenza operante di Dio nel nostro impegno educativo, a sperimentarla come vita e amore. (...) Noi crediamo che Dio ci sta attendendo nei giovani per offrirci la grazia dell�incontro con Lui e per disporci a servirLo in loro, riconoscendone la dignit� ed educandoli alla pienezza di vita.

Il momento educativo diviene cos� il luogo privilegiato del nostro incontro con Lui� e della contemplazione della sua opera nella vita dell�uomo.

Chi educa � chiamato a riconoscere Dio che opera nella persona umana e a mettersi a suo servizio. Qualcosa di simile a quello che dovette fare Maria, perch� nella umanit� di Ges� si manifestasse in forma storica la coscienza divina. Maria dovette accompagnarlo e sostenerlo con il cibo, l�affetto, il consiglio, l�insegnamento della lingua e delle tradizioni, l�inserimento nei rapporti umani, l�iniziazione all�universo dei gesti e delle parole religiose, senza sapere di scienza certa che cosa si sarebbe rivelato questo suo figlio.

C�� un dialogo misterioso tra ciascun giovane e quello che gli giunge dall�esterno, quello che sorge dentro di lui, quello che scopre come imperativo, grazia o senso. Un po� alla volta va acquistando piena coscienza di s�, va elaborando un progetto di esistenza nel quale scommette le sue forze e gioca le sue possibilit�.

L�educatore � chiamato ad offrire tutto quello che giudica opportuno, vivendo con speranza le incognite del futuro. Si interessa sinceramente dell�umano incerto che cresce. In esso infatti Dio verr� accolto e anche in forza della crescita si manifester� con sempre maggior luminosit�.

Chi educa, dunque, - genitore, insegnante, amico o animatore - mantiene viva la consapevolezza che egli � parte nella festa dell�incontro di Dio con i giovani. � l'amico dello sposo, non protagonista ma aiuto e spettatore attivo, come Maria alle nozze di Cana.

Proprio nella fede che intravede l�agire di Dio, nella speranza che attende la sua manifestazione nella vita dei giovani, e nella carit� che si mette a disposizione del giovane e dello sposo si sviluppano i sentimenti e si vivono come preghiera i momenti educativi di gioia, di attesa, di dolore, di sforzo, di apparente fallimento. Si ringrazia, ci si rallegra, ci si lamenta, si intercede, si desidera, si invoca.

La celebrazione liturgica ha un Kyrie, un Gloria, un Credo, un�offerta, uno spazio simbolico, una comunit�, tempi di penitenza e di esultanza. Cos� la liturgia della vita ha momenti di risultati gratificanti e di delusione, di iniziativa e di attesa, di solitudine e di compagnia. C�� uno spazio (cortile, scuola, quartiere!) e ci sono persone da amare e con le quali collaborare di cuore (la comunit� educante).

Il tutto, vissuto alla luce della presenza operante di Dio, diventa orazione - contemplazione. Avviene come nella comunicazione tra persone che si conoscono bene: un sentimento si pu� esprimere con parole, con un gesto, con un dono, con uno sguardo, con un silenzio, con una visita, con un messaggio attraverso telefono o fax.

Si tratta - direbbe Sant�Agostino - di �prendere in mano il salterio delle buone opere e con esso cantare le lodi del Signore�.


Si deve per� tener presente che c�� un rapporto tra atteggiamento continuo di preghiera ed esercizio di preghiera, tra preghiera-parola e preghiera-vita, tra preghiera esplicita e preghiera diffusa nella giornata, tra liturgia celebrata e liturgia della vita. Ed � forse in questo rapporto che si trovano le difficolt�, ma nel quale allo stesso tempo sta la ricchezza del salesiano, e perci� un punto fondamentale della sua formazione spirituale-apostolica.

I due elementi o aspetti sono importanti: l�uno per l�altro, entrambi per la stabilit� e la pienezza della vita consacrata. Chi lascia l�uno, perde l�altro.

Colui che suggerisce ed educa ha bisogno di apprendimento e tempi speciali di concentrazione. �Molti credono che la preghiera venga da s� e non vogliono saperne del suo esercizio, ma sbagliano�.

C�� bisogno di una iniziazione calma e progressiva alle diverse forme di preghiera: vocale, mentale, lettura, silenzio, contemplazione, formule, creativit�. Bisogna praticarle in diverse situazioni e momenti, fino ad impregnare la vita, in modo che la preghiera entri e venga fuori da noi per molte vie e in molte forme.

L�esercizio, poi, radica la consuetudine: la regolarit� � determinante; tutte le cose importanti nella nostra vita hanno un orario, un tempo riservato; se un giorno non le possiamo fare nell'orario consueto, ne fissiamo subito un altro. Cos� per mangiare, dormire, lavarci.

Le mediazioni comunitarie sono indispensabili per noi: i luoghi, i tempi, le forme, la comunit�. Dico �per noi�, perch� lo stile comunitario ricopre tutte le dimensioni della nostra vita. Per altri religiosi pu� essere diverso. Ma si richiede anche l�applicazione personale. Il risultato e la modalit� di questa applicazione sono diversi. Ciascuno ha il suo modo di pregare, come ha il suo modo di parlare, camminare e guardare. In questa chiave vanno interpretati la maggior o minor emotivit�, le distrazioni, le preferenze per la riflessione o le formule, i periodi di stanchezza.


Considerato tutto questo, che � necessario, dobbiamo riconoscere che la preghiera del cristiano rimane un dono. Cristo � il solo orante. Egli ci incorpora alla sua preghiera nello Spirito. Noi non sappiamo n� che cosa dire n� come dirlo. Lo Spirito mette sulle nostre labbra quello che conviene chiedere: �Lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perch� nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare, ma lo stesso Spirito intercede con insistenza per noi con gemiti inesprimibili; e colui che scruta i cuori sa quali sono i desideri dello spirito poich� egli intercede per i credenti secondo i disegni di Dio� .

�Sovente - dice un autore - i libri e guide parlano della preghiera come di una capacit� che bisogna acquistare con sforzi propri, come una scienza o una abilit� (...) ci si sente persi per strade intricate e di nuovo il desiderio di poter pregare rimane frustrato�. �Signore, insegnaci a pregare�.

La nostra vita ha bisogno di integrare riflessione e prassi, studio ed attivit�, silenzio ed incontro, sebbene per noi ci� non sia legato ad una rigida alternanza di tempi. E ci� nelle condizioni attuali di vita in cui si � pi� esposti alla molteplicit�, al logorio, all'incalzare degli impegni.


Iniziazione dei giovani alla preghiera.

Un ultimo punto, non meno importante, � quello della iniziazione dei giovani alla preghiera. Ringraziando il Signore, un primo livello generale viene offerto a tutti attraverso la catechesi, la preghiera giornaliera ben curata, le celebrazioni dell�Eucaristia, le feste.

I gruppi giovanili, che seguono la Spiritualit� Giovanile Salesiana, possono coniugare meglio orazione esplicita e offerta di s� per gli altri secondo il piano di Dio. Nei gruppi emergono gli animatori e dirigenti. Questi non debbono essere solo �movimentisti�, coordinatori, ma animatori, secondo la loro et� e preparazione, di un�esperienza umana e spirituale. Non � male che tra i gruppi e per i loro membri vi siano occasioni e scuole di preghiera.

La partecipazione dei giovani alla preghiera comunitaria, conforme a tempi e condizioni opportune, pu� essere anche uno stimolo ed una proposta. Non dimentichiamo che da essi sgorga saggezza di vita attraverso la Parola ascoltata, la condivisione, la presa di coscienza del nostro approdo definitivo, l�attenzione allo Spirito.



Maria, icona della nostra preghiera.

Maria � icona, modello e ispirazione di questa forma di orazione: nel dialogo dell�Annunciazione, nel grato e gioioso inno del Magnificat, la sorpresa nel tempio, l�attenta cura di Ges�, la sequela fino alla Croce.

Vi � un�istantanea in cui l�atteggiamento di Maria appare in uno splendore semplice ed essenziale. Il momento dell'Incarnazione � un avvenimento in apparenza insignificante, che accade in una piccola nazione, nei dintorni di una cittadina sconosciuta, fuori dagli ambiti dove avvengono le cose che contano e dove si prendono le decisioni che influiscono sulla gente. Betlemme � l�opposto di Roma, Gerusalemme o Babilonia. La grotta � l�antitesi di una reggia, un tempio o un palazzo.

E cos� il fatto sarebbe rimasto per sempre: nascosto e insignificante. L�annuncio degli angeli, invece, lo fa diventare �notizia� per i pastori che ascoltano non solo il racconto dell�accaduto, ma la sua interpretazione salvifica: il bambino nato non � un uomo qualunque, � l'atteso, il Salvatore.

Luca riproduce cos� la natura dell�evangelizzazione. Essa non � una dottrina su Dio e sul mondo, n� insegna soltanto verit� religiose o etiche, ma riferisce avvenimenti veramente accaduti, evidenziandone il significato che hanno per l�uomo e il messaggio che contengono. La luce che si sprigiona dall�annuncio viene da Dio, ma � contenuta e rivelata nei fatti della storia umana.

E qui Luca sottolinea la diversa conoscenza che i vari personaggi hanno dell�Incarnazione e del suo significato, che � come la chiave per vivere nella fede tutti gli altri eventi della vita personale e sociale.

I pastori devono recarsi sul posto dove l�Incarnazione accade e possono averne una testimonianza diretta. Si fermano un po' di tempo e ascoltano Maria. Poi ritornano e riferiscono quanto � stato detto loro sul bambino. Essi non hanno esperienza personale di fatti precedenti, come l�annunciazione e la nascita verginale e non hanno nemmeno assistito all�apparire di Ges�.

La gente che ascolta i pastori si stupisce di quello che essi raccontano. Non esprime ancora la fede, ma � soltanto presa da quell�interesse iniziale, da quella curiosit� per il meraviglioso in cui la fede pu� avere inizio.

�Maria, da parte sua, conserva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore�. Ella non deve venire, come i pastori, al luogo dove avviene l�Incarnazione. � gi� l�, � parte dell�avvenimento. Non deve sentire da altri come sono andate le cose e quale significato hanno. Ella conserva memoria di tutte le promesse fatte all�umanit�, come dimostra il Magnificat, ed � consapevole che Colui che � cresciuto nel suo seno viene dallo Spirito Santo.

Maria non si allontana, una volta visto il bambino, come i pastori, dal luogo dell�avvenimento. Rimane. Non pu� allontanarsi. Dovunque Ges� si incarna, Lei � indispensabile. Non capisce ancora tutti i significati che si sprigionano, n� pu� enumerare tutte le energie che scaturiscono dall�Incarnazione.

Significati ed energie si riveleranno lungo la vita di Cristo e lungo tutti i secoli. Per� Maria conserva nel cuore il ricordo dell�avvenimento, lo tiene caro, lo medita, vi � attenta e all�occasione lo sa ripensare per scoprirne nuove conseguenze.

Questa � la meditazione di Luca, che pu� suggerire anche a noi qualche spunto di meditazione sulla nostra spiritualit� pastorale.

Noi non possiamo essere solo visitatori, turisti della parola e del mistero di Cristo. Sant�Agostino, paragonando gli atteggiamenti delle tre categorie di persone di cui abbiamo parlato, domanda al cristiano: A chi assomigli? a coloro che sentono l�annuncio e soltanto si stupiscono? ai pastori che vengono alla grotta, prendono qualche notizia e partono per annunciarla, o a Maria che coglie tutta la verit� di Cristo, la serba nella mente e la medita continuamente? L�ammirazione dei primi si diluisce presto; l�informazione dei pastori, pur dettata dalla fede, � imperfetta e germinale. Soltanto chi contempla e interiorizza il mistero di Cristo pu� estrarne nuova luce e significati per i tempi e per i popoli.

La storia della Chiesa annovera molte figure di evangelizzatori di primo piano. Sono tutti �meditatori� pazienti della Parola e contemplatori umili del mistero. Quello che hanno approfondito nella preghiera e nello studio lo esprimono nella predicazione, negli scritti, nella guida della comunit� cristiana, nell�orientamento delle anime.

Comunicare l�avvenimento di Cristo � la nostra professione e la finalit� della nostra vocazione. Dobbiamo esserne specialisti, perch� lo avviciniamo con calma e tempo, ne ricaviamo luce per la nostra vita personale, lo confrontiamo comunitariamente con quello che osserviamo nel nostro ambiente: questo si chiama interiorit�. Non � un�operazione tecnica, ma l�effetto di una passione: �Io vi ho generato a Cristo�. Lo possiamo dire anche a riguardo dell�educazione cristiana. Viene al caso un�espressione di Don Bosco: �Ora vedo nella Congregazione un bisogno, quello di metterla al riparo dalla freddezza col promuovere lo spirito di piet� e di religiosa osservanza�.

I nostri ambienti hanno la vocazione di far trasparire la presenza di Dio: questo sopra ogni altra finalit�, il resto viene come conseguenza.


Con l�auspicio di un Anno nuovo ricco di grazia e fecondo di bene, vi auguro una crescita nell�esperienza di preghiera, secondo lo spirito salesiano, perch�, corroborati interiormente, possiamo davvero essere �segni e portatori dell�amore di Dio ai giovani�. Con la protezione di Maria, Immacolata e Ausiliatrice.



Juan Vecchi