COMMENTI SULLA VERIFICA DEL CG 25 À ITALIA-MOR |
COMMENTI SULLA VERIFICA DEL CG 25
Regione Italia-MOR
Introduzione
Il rapporto che abbiamo sentito presenta i dati della verifica dell’applicazione del CG25 e traccia il movimento delle comunità con le sue caratteristiche e dinamiche al riguardo. Penso che i commenti devono aiutare a approfondire questi dati e ad indicare qualche punto di attenzione in vista dei passi che dobbiamo fare in questo incontro.
Un’osservazione iniziale sulla metodologia! Le nostre verifiche sono abitualmente soggettive, basate sull’opinione delle persone e gruppi coinvolti. In questo tipo di verifica, cogliamo degli indicatori generali che esprimono la visione di questo gruppo. L’assenza di altri dati quantitativi, o di opinione di persone fuori del gruppo, rende difficile la definizione esatta del livello di applicazione degli indicatori e di dati più obiettivi di valutazione. Quindi i dati della verifica vengono assunti criticamente come supporto al lavoro della Visita d’insieme, e approfonditi con altri dinamiche di condivisione e di riflessione in questo incontro.
1 – Ricezione istituzionale e ricezione personale e comunitaria del CG25
Consideriamo la seguente frase delle conclusioni del rapporto: “Se dovessimo esprimere la quantità e la qualità dei risultati in termini globali potremmo dire che nella media sono soddisfacenti. Vanno da risultati molto buoni dove si è trattato di realizzare alcuni compiti precisi e specifici come l’elaborazione del POI o la revisione del Direttorio, fino a risultati a volta scarsi laddove si trattava di iniziare dei processi di cambiamento o modificare certi comportamenti. Questa differenza di risultati pone degli interrogativi sulla reale incisività e sull’influsso del CG 25 sulla vita reale della Congregazione. Il fatto che si siano realizzati alcuni compiti, dice sicuramente fedeltà e obbedienza, come d’altro canto le difficoltà al cambiamento personale di vita pone l’interrogativo sulla reale efficacia del CG 25”.
L’affermazione mette a fuoco l’efficacia delle iniziative e processi avviati per il cambiamento nella linea proposta dal capitolo.
Infatti, non c’è dubbio che ci sia stata un’azione programmata e sistematica da parte del governo della Congregazione a livello mondiale, ispettoriale e locale per l’implementazione del CG25. Il rapporto ne indica “lo sforzo profuso ovunque per promuovere la conoscenza e la conseguente familiarità del testo capitolare e favorirne così l’assimilazione e l’interiorizzazione”.
Se non sono mancate gli impegni e le azioni di animazione e di governo, ci domandiamo sulle cause delle difficoltà per riuscire a raggiungere un risultato più soddisfacenti.
Certamente le difficoltà si trovano nelle “resistenze personali e comunitarie” al cambiamento. Ma anche questa realtà ci fa interrogare sull’efficacia degli interventi e processi di rinnovamento che utilizziamo nel nostro sistema di animazione e di governo, e sulla difficoltà di intervenire concretamente sulle persone nel contesto della nostra pratica di vita religiosa attuale.
Nel caso della Regione Italia-MOR i risultati positivi del rapporto indicano che i processi avviati sono stati efficaci per un buon numero di persone e di comunità, e per la maggioranza dei temi o aspetti affrontati. Per alcuni temi e persone forse si dovranno pensare ancora altre strategie più adatte, o approfondire di più alcuni processi di interiorizzazione dei valori proposti. Queste constatazioni rivelano la complessità del processo nel quale intervengono molteplici elementi tra cui quelli personali e comunitari, quelli delle strutture e del contesto, e quelli del proprio processo. I passi seguenti della visita d’insieme offriranno altri elementi per il discernimento e la progettazione.
Spesso affermiamo che facciamo dei bei documenti ma che non riusciamo ad implementarli. L’esperienza di questo Capitolo e del processo conseguente nella Regione, che indicazioni ci danno in prospettiva di futuro? Per rispondere alla questione può servire esplicitare i fattori che hanno contribuito per i cambiamenti positivi ed i rispettivi motivi delle resistenze al cambiamento.
2 - Principali cambiamenti positivi verificati dopo il capitolo e principali motivi indicati per questi cambiamenti
Sempre sulla base del rapporto, i principali indicatori di cambiamenti verificati sono:
i confratelli più giovani hanno accolto e vissuto bene il “progetto di vita personale”;
crescita della mentalità progettuale; due terzi delle Ispettorie hanno fatto realizzare progressivamente dalle comunità il “progetto di vita comunitario”; elaborazione del POI da parte di tutte le Ispettorie che sta diventando il riferimento progettuale e di verifica de tutte le attività Ispettoriali;
aumento del tempo e della profondità e efficacia dell’esperienza del discernimento e del dialogo comunitario alla luce della Parola di Dio e delle Costituzioni;
crescente interesse per la Lectio, maggiore cura della preghiera comunitaria e liturgica, valorizzazione degli Esercizi Spirituali;
sensibilità e azioni che favoriscono la presenza animatrice tra i giovani e l’apertura al territorio;
crescente sensibilità e impegno per la cura delle vocazioni e per l’accompagnamento dei giovani;
impegno della comunità nella formazione, e meno resistenze in generale da parte dei confratelli.
I motivi o fattori che hanno facilitato il cambiamento sono:
la cura dei momenti specifici comunitari, iniziative che coinvolgono sempre di più i confratelli, e confratelli che si lasciano coinvolgere a livelli diversi;
incidenza positiva del processo sviluppato dal CG23, che ha spinto ad una presenza propositiva che educa ed evangelizza;
crescita della responsabilità animatrice dei direttori nei confronti della comunità;
attuazione delle direttive dei rispettivi POI per garantire la consistenza quantitativa e qualitativa della comunità salesiana;
ridefinizione del rapporto tra Comunità e Opera, cercando di concretizzare il modello della CEP.
3 - Principali resistenze identificate e motivi o fattori di difficoltà per il cambiamento
Le principali resistenze verificate nel rapporto sono:
l’elaborazione scritta del progetto di vita (per alcuni è perdita di tempo!);
condivisione dell’esperienza spirituali e revisione di vita comunitaria;
“sbilanciamento verso l’attivismo… per molti confratelli è tuttora difficile vivere le azioni della giornata con senso di profonda unità”;
“non sempre la testimonianza comunitaria (e dei voti) risulta visibile e radicale”;
la pratica del rendiconto.
I motivi o fattori di difficoltà indicati per il cambiamento sono:
alcuni confratelli sentono come “privato il cammino spirituale, e quindi non comunicabile se non parzialmente”;
“incapacità del lavoro comune e di una testimonianza di obbedienza comunitaria legata al progetto”.
4 – Punti di attenzione in vista dei passi che dobbiamo fare in questo incontro.
Il CG25, “a differenza del CG23 e del CG24, che avevano parlato della comunità locale come centro di animazione e come luogo strategico di educazione alla fede dei giovani e di coinvolgimento e formazione dei laici, ha voluto mettere la comunità con tutte le sue caratteristiche e dinamiche al centro della riflessione. Di fatto, il modello di comunità che emerge dal CG25 è quello che fa riferimento alla nostra consacrazione apostolica, così come è espressa nell’articolo 3 delle Costituzioni. Si tratta di una comunità chiamata a realizzare, attraverso la grazia di unità, la sintesi vitale tra la vita fraterna, la sequela radicale di Cristo, la dedizione alla missione giovanile” (Don Pascual Chávez, presentazione del CG25, p. 15). Questo dev’essere certamente il criterio centrale di riferimento e di confronto della verifica.
Fare la verifica del cammino percorso dopo il CG25 significa in fondo domandarsi se abbiamo accolto le conclusioni del Capitolo come una chiamata di Dio in questo momento storico. Questo Capitolo invitava a “trovare vie efficaci per rimotivare le comunità a manifestare con semplicità e chiarezza l’identità religiosa nelle nuove situazioni; determinare le condizioni o criteri essenziali che permettano, anzi stimolino a vivere in modo gioioso, umanamente significativo, la nostra professata fraternità al seguito di Cristo” (dalla lettera di convocazione del CG25 di Don Juan Vecchi).
Come è stato affermato nella conclusione del rapporto, si può dire che “nella media il risultati in termini globali sono soddisfacenti”, ossia, si può considerare positivo il lavoro di applicazione del CG25 nella Regione. Si tratta adesso di identificare meglio i punti deboli e approfondire altri motivi delle difficoltà per intervenire più puntualmente su di essi.
Forse si potrebbe anche confrontare i dati del rapporto nel lavoro di gruppo, con la problematizazzione dei resultati riguardanti alcuni temi, a seconda del parere del gruppo. Sarebbe come domandarsi se il rapporto riflette bene la realtà o se si devono ancora aggiungere altri elementi chiarificanti. Questo confronto certamente contribuisce per arricchire i dati di una verifica basata su dati soggettivi del parere dei membri coinvolti.
Le indicazioni dei Capitoli Ispettoriali costituiscono un primo punto di riferimento. Infatti, i CI hanno fatto una prima verifica dell’applicazione del CG25, hanno elaborato il Progetto Organico (POI), e fatto delle scelte importanti per ciascuna Ispettoria. Aggiungerei a queste scelte anche quella della comunicazione sociale come “nuovo spazio vitale di aggregazione dei giovani” (CG25, n. 47) e “come elemento fondamentale per rendere oggi “testimoniata, visibile e leggibile la santità salesiana” (cf. ACG, 390, p. 7).
Riguardo ai processi, certamente sono stati privilegiati i processi di gruppo, e le azioni dirette a tutta la comunità. Le principali resistenze verificate sono però di tipo personale (risultati a volta scarsi laddove si trattava di iniziare dei processi di cambiamento o modificare certi comportamenti). Cos’altro dobbiamo curare nel processo di animazione e di governo per garantire l’accompagnamento personale e il cambiamento di comportamento e atteggiamenti dei confratelli nella linea del rinnovamento proposto?
In questo senso, bisogna prendere in considerazione anche la realtà psicologica dell’età dei salesiani. Qualche suggerimento al riguardo si può trovare negli studi presentati nell’Assemblea dei Superiori Generali (USG) attorno al tema della fragilità vocazionale1.
1 Roma, 13 marzo 2006 |
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Don Tarcisio Scaramussa
Consigliere Generale per la CS
Sfide che si presentano
Vie e mezzi ai quali i Superiori e gli organi di governo delle Congregazioni religiose possono ricorrere.
Edward Mercieca, s.j.
Mezza età /età matura: Dalla passività e perdita di speranza alla libertà interiore, fiducia in Dio e fecondità apostolica
La mezza età non corrisponde a un’età determinata, anche se, per la necessità di questo studio, possiamo situarla attorno alla cinquantina. La consapevolezza psicologica di questo periodo della vita arriva più tardi dell’età indicata all’anagrafe. Nella nostra cultura moderna, in cui la vita tende ad allungarsi – e ancor di più la vita religiosa, in cui si va ufficialmente in pensione solo in caso di gravi malattie! – la consapevolezza interiore e l’accettazione di questo stadio arrivano più tardi. Questo fenomeno non si produce improvvisamente, anche se, a un certo momento, avviene – interiormente ed esteriormente.
Perdite: le forze fisiche diminuiscono. La persona soffre una specie di stanchezza generale ed è meno aperta a nuove attività e nuove conoscenze. Tra i familiari e gli amici, accadono cose tristi: genitori che non sono più autonomi, decessi, malattie, problemi di ogni tipo. I limiti personali si avvertono con maggior realismo, si è ben consapevoli delle decisioni da prendere riguardo agli impegni da accettare e da rifiutare. Molti programmi apostolici e sogni di evangelizzazione si fermano allo stato di progetto, e gli affetti disordinati continuano ad essere presenti. Gli aspetti fragili e provvisori della vita appaiono con forza.
Vita spirituale: Dio lo si sente distante e silenzioso, piuttosto che operante, anche se si resta fedeli ai propri impegni. Fino a quando durerà questo stato d’animo? Lo sforzo di cercare e provare diversi tipi di preghiera sembra vano. Per il religioso che ama la sua vocazione e continua fedelmente la sua vita personale e apostolica, si tratta di una dolorosa esperienza di purificazione. Si resta abbastanza sconcertati. Inoltre, in questa fase della vita, diventa più difficile chiedere aiuto.
Vantaggi: Questo processo di transizione, se vissuto fedelmente, darà alla fine una persona più matura a livello umano e spirituale. Il processo di purificazione di questi anni favorisce un più radicale abbandono nelle le mani di Dio; ciò diventa una scuola in cui imparare la fiducia nel Signore, negli altri, nella propria esperienza. Questa fiducia è di natura diversa da quella vissuta nei precedenti stadi della vita. L’« umiltà » di vivere con maggiore autenticità e verità è il frutto di questa transizione.
Come mai prima di adesso, Dio ci guida. Il modo in cui si rende presente e ci viene a trovare adesso si fa più interiorizzato, più spiritualmente saggio. Paradossalmente, quando si tende a farsi da parte come principali protagonisti e si è meno concentrati su se stessi, imparando ad abbandonarsi nelle mani di Dio e dinanzi alla realtà, la forza e gli orizzonti del lavoro apostolico crescono. Adesso il religioso è più universale, più compassionevole, più in comunione con il Signore nostro Dio. Perdere vuol dire trovare. Restare in Dio è diventato il sostegno ultimo dell’identità religiosa.
*Orientamenti/aiuti :
+ Amicizie: condividere alcuni momenti con alcune persone di cui abbiamo fiducia.
+ Letture spirituali e tempo per la contemplazione, prendendosi del tempo per fermarsi a riflettere su ciò che accade interiormente in mezzo agli impegni apostolici e presentare tutto al Signore.
+ Imparare a portare avanti la propria vita di servizio, a mettere da parte l’io che cerca grandi imprese e il successo, a vivere il lavoro apostolico in modo disinteressato, ad abbandonare se stessi lasciando il posto al Signore [« Letting go, go on, go with God »].
Terza età, essere anziano: Dall’indebolimento fisico, psichico e intellettuale al rafforzamento del coraggio, della carità e della preghiera
Non esiste una data fissa in cui dichiarare che si è diventati vecchi, rappresentanti della terza età. Generalmente sono gli altri che aiutano a prendere coscienza di questo nuovo stato – uno stato caratterizzato da una riduzione delle forze fisiche – uno stato in cui si fanno meno programmi e nuovi progetti. Nella vita religiosa, si diventa anziani in modo più naturale, dal momento che si continua ad aiutare e a svolgere qualche impegno apostolico. Oggi, molte delle nostre opere ne risentirebbero molto senza la collaborazione attiva di un gran numero di fratelli abbastanza in là negli anni. Il dinamismo e il senso della missione danno al religioso la forza di continuare a servire mentre gli anni passano.
Un senso di declino fisico, psichico e intellettuale accompagna la terza età. Anche le persone che godono di una buona salute psicologica e spirituale possono conoscere l’ansia, la paura, la solitudine. La sofferenza interiore proviene dal sentirsi meno utili, meno consultati, meno apprezzati e sostituiti da altri in lavori specifici. Il mondo diventa più piccolo, il cerchio degli amici si restringe. Inoltre arrivano la perdita di memoria e una minore capacità di concentrazione.
Tuttavia, è un tempo per il coraggio, la carità e la preghiera. Il religioso che è cresciuto in umanità e nello Spirito, irradia gioia, pace e speranza. Quando la vita si fa più vulnerabile, si manifesta il desiderio forte di una comunione definitiva, si sperimentano i frutti del Signore risorto. C’è bisogno di coraggio spirituale per poter affrontare il futuro con cuore giovane. È una grande opportunità per crescere nella gratuità dell’amore, un amore che si esprime nei gesti quotidiani, come poche parole dette a qualcuno en passant, qualche visita agli ammalati o ai poveri, una telefonata. I religiosi anziani, accoglienti e saggi, trasmettono il meglio della tradizione della loro congregazione ai giovani e sono testimoni del carisma specifico vissuto fedelmente fino alla fine.
Si tratta di un tempo privilegiato per la preghiera e gli incontri: abbandonarsi a Dio, raggiunge la profondità dell’anima: calma, pace, contemplazione. Si ha più tempo per leggere. Predomina la preghiera fatta di pura presenza e di offerta; si passa più tempo davanti al Santissimo Sacramento, si riscopre il Rosario con i suoi misteri, la preghiera per la Chiesa e per l’umanità diventa spontanea e naturale. Portare la propria croce nella sofferenza, la malattia e la passività, richiede fede. Si tratta di un tempo per sperimentare una solitudine accompagnata: «Prendi, Signore, e ricevi…».
Orientamenti/aiuti :
+ Alcune congregazioni organizzano ogni anno un ritiro di una settimana per permettere ai religiosi con più di settanta anni di condividere le loro esperienze umane, spirituali e apostoliche e di crescere nella consapevolezza e nell’accettazione della loro nuova realtà di vita, programmando il futuro.
+ Leggere e scrivere, letture spirituali, più tempo per la preghiera contemplativa e passiva.
+ Avere il coraggio di accompagnare gli altri come ministero [ciò può andare da una presenza accogliente all’interno della comunità, all’ascolto di qualcuno, alle visite negli ospedali o a chi ha bisogno, al consiglio e alla direzione spirituale].
1 Cf. Fr. Lluís Oviedo – OFM: Approccio alla realtà degli abbandoni; José María Fernández-Martos S.J.: Fedeltà minacciata. Fedeltà custodita; Francesco Cereda: Ricerca di segni di vitalità nella vita consacrata; Edward Mercieca, s.j.: Sfide che si presentano - Vie e mezzi ai quali i Superiori e gli organi di governo delle Congregazioni religiose possono ricorrere. Aggiungo in appendice a titolo di esempio parte del contributo di Edward Mercieca che si riferisce alla mezza età e alla terza età.