DIREZIONE GENERALE OPERE DON BOSCO
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Consigliere generale per la formazione
INCONTRO DEI “MISSIONARI” IN EUROPA
“Motivazioni e impegni del Progetto Europa”
Roma, 25 - 27 novembre 2011 2011
Carissimi Confratelli,
sono contento di potere incontrare e conoscere tutti voi, proporre alcune riflessioni sulle motivazioni e impegni del Progetto Europa e soprattutto ascoltare la vostra esperienza e il vostro modo di vivere la vocazione di “missionari” in Europa. Presenterò ora una sintesi delle motivazioni del Progetto Europa e passerò poi in rassegna le due prime aree del Progetto.
1. Motivazioni del Progetto Europa
Il Capitolo Generale 26° indica come compito esplicito: “rilanciare il carisma salesiano in Europa” (CG 26, 108); esso impegna il Rettor Maggiore con il Consiglio a definire “la natura e gli obiettivi dell’intervento per una rinnovata presenza salesiana in Europa” (CG 26, 111).
Le ragioni di questo impegno, formulato in modo così conciso ma anche tanto solenne, vengono fornite nel quinto nucleo del Capitolo Generale stesso, che tratta delle nuove frontiere. L’Europa è infatti una delle nuove frontiere per la Congregazione; così il CG26 individua questa frontiera.
“Condividiamo la preoccupazione della Chiesa per le sorti del Vangelo nel mondo occidentale e, in particolar modo, in Europa. Si va infatti indebolendo sempre più il riferimento alle radici cristiane che hanno contribuito alla identità del continente, ispirato pensiero, costume ed arte, orientato la storia dei popoli, arricchito la Chiesa di splendide figure di santità, nutrito per secoli lo slancio missionario in tutto il mondo. In forza dell’interdipendenza tra i popoli, il destino dell’Europa, coinvolge il mondo intero e diventa preoccupazione della Chiesa universale. Si apre così una nuova frontiera rispetto al passato: per noi Salesiani è un invito a ‘rivolgere un’attenzione crescente all’educazione dei giovani alla fede’ (EiE 61)” (CG 26, 99).
Se questo è lo scenario, è lecito chiedersi: non vi sono anche in altri contesti regionali sfide urgenti? Perché quest’attenzione privilegiata all’Europa? Le necessità della prima evangelizzazione in Asia e in Africa, la sfida della povertà, delle sette e dell’incontro del vangelo con i popoli indigeni nell’America Latina, le presenze salesiane nei contesti islamici non sono fronti altrettanto urgenti?
Il Capitolo Generale dà una risposta precisa al riguardo, descrivendo con lucidità e sinteticamente la situazione complessiva della Congregazione in Europa:
“Negli ultimi decenni abbiamo assistito ad un progressivo indebolimento della presenza salesiana in alcune nazioni d’Europa. Il preoccupante calo delle vocazioni ha impegnato i confratelli a mantenere il più possibile le presenze coinvolgendo i laici, a ridefinire i confini delle ispettorie, a costruire progetti comuni per meglio rispondere alle sfide dell’educazione e della evangelizzazione. Si percepisce la non sostenibilità di tale sforzo senza un progetto coraggioso da parte di tutta la Congregazione”. (CG 26, 102)
Il carisma salesiano rischia di scomparire dall’Europa o da alcune zone di essa. Se dovesse continuare questa tendenza, l’Europa perderebbe una grande risorsa, proprio in questo momento in cui c’è un’emergenza educativa. La situazione giovanile diventa appello a trovare una risposta.
Il Papa Benedetto XVI non nasconde il pericolo della marginalizzazione del vangelo in Europa e della scomparsa o della forte riduzione del carisma di Don Bosco in questo continente. Lo esprime nella Lettera indirizzata al Rettor Maggiore ed ai membri del Capitolo generale, il 1° marzo 2008:
“In un momento in cui in Europa le vocazioni diminuiscono e le sfide dell’evangelizzazione crescono, la Congregazione salesiana deve essere attenta a rafforzare la proposta cristiana, la presenza della Chiesa e il carisma di Don Bosco in questo continente. Come l’Europa è stata generosa con l’invio di numerosi missionari in tutto il mondo, così ora tutta la Congregazione, facendo appello specialmente alle Regioni ricche di vocazioni, sia disponibile nei suoi confronti” (CG 26, p.92).
Il Rettor Maggiore aveva già individuato la necessità di un intervento speciale a favore dell’Europa, a partire dal Primo Incontro degli Ispettori Europei del dicembre 2004 e già da allora aveva inviato missionari in Europa. Non c’è dubbio che l’intervento del Sommo Pontefice ha aiutato i Capitolari a giungere progressivamente a questa scelta per tutta la Congregazione. Nel discorso di chiusura del CG26 il Rettor Maggiore chiarisce che si tratta di un progetto deliberato da un Capitolo generale per l’intera Congregazione, che coinvolge “tutte le Regioni e le Ispettorie con l’invio di personale”.
2. Ridare vitalità al carisma salesiano
Per tutta la Congregazione, e particolarmente per le Ispettorie europee, il Progetto Europa è un’opportunità formidabile per ridare vitalità al nostro carisma. Esso ci sta aiutando, coerentemente con il CG26, a riscoprire alcuni tratti della nostra identità e del nostro spirito. In questa prospettiva la situazione che stiamo vivendo in Europa diventa una opportunità e non una minaccia.
Delle tre aree indicate nel Progetto Europa, la prima è decisiva: la “rivitalizzazione endogena dell’identità carismatica”. In essa si denuncia la scarsa incidenza del carisma. Infatti il carisma salesiano in diverse parti dell’Europa non è in grado di rigenerare se stesso; ha perso attrattiva vocazionale; risulta perdente di fronte alle sfide della secolarizzazione; rischia di scomparire.
Per questo è necessario porre sul tappeto il vero problema: il carisma salesiano in Europa è in grado di rigenerarsi? Se ha capacità e forza di riprendere vitalità, quali sono le vie da percorrere? Saranno importanti aiuti dall’esterno, ma primariamente la rivitalizzazione deve essere “endogena”. La rigenerazione del carisma riguarda in particolare la persona del salesiano, la comunità, la missione.
Persona del salesiano in Europa
Qual è la sua identità? Cosa lo definisce: il ruolo e il servizio? Come la consacrazione dà senso alla sua vita (Cost. 3)? Che posta ha la mistica e la preghiera nella sua vita?
Quali sono le “patologie” che egli manifesta: superficialità spirituale, attivismo, mancanza di fiducia, ripiegamento su di sé, disaffezione allo studio e alla formazione continua?
Perché la sua vita risulta insignificante? Ciò è forse dovuto alla perdita di identità e alla debole profezia della vita che si è impegnato a professare nella obbedienza, povertà, castità?
Comunità salesiana in Europa
Come si pone la comunità di fronte alle sfide della cultura? Cos’è una comunità salesiana in Europa? E’ la residenza di operatori pastorali o una organizzazione che gestisce opere?
Quali sono le sue “patologie”: rapporti funzionali, carenza di fraternità e di condivisione, suddivisione funzionale del lavoro, difficoltà a riflettere e pregare insieme?
Come vive e manifesta la sua identità di vita consacrata? Come è percepita nel territorio? Che volto ha la comunità salesiana entro un contesto di comunità educativa pastorale?
Missione salesiana in Europa
Perché la nostra missione risulta debole? Perché non arriva a provocare domande profonde e a generare alla fede? Perché manca di coraggio? Perché si ferma spesso alla soglia?
Quali sono le sue “patologie”? Può la missione ridursi al mantenimento delle opere? Può accontentarsi di una buona organizzazione? Si può essere apostoli senza essere discepoli?
Come la missione è in grado di coniugare educazione ed evangelizzazione? Come si pone di fronte ad una gioventù indifferente e incredula? Come risponde ai bisogni dei giovani?
Di fronte a questi interrogativi suggerisco alcune vie per ridare vitalità al carisma in Europa.
* La prima via domanda di partire dalla conoscenza e dal confronto con la cultura europea e con le diverse subculture presenti in Europa. La cultura crea mentalità, offre modelli di vita, genera comportamenti, permea il vissuto. L’approfondimento della cultura suggerirà come rispondere agli interrogativi sopra menzionati. Se questo è il contesto in cui viviamo, che salesiano essere e diventare? Se il clima culturale è caratterizzato da questi tratti, che modello di comunità costruire, perché sia profetica, provocante, attraente? Se il contesto si presenta diffidente e indifferente di fronte alla fede, come modificare la nostra azione pastorale? Senza una preparazione culturale seria, non si potrà essere significativi in questo contesto. Occorrono quindi salesiani preparati.
* La seconda via consiste nel discernere i segni di vitalità che si intravvedono nella vita consacrata e nella Congregazione in Europa oggi, per rafforzarli o farli nascere. Dobbiamo discernere in che direzione lo Spirito sta soffiando. Solo uomini spirituali potranno scoprire e provocare i segni dei tempi, che sono segni dello Spirito; E’ dunque necessario individuare gli aspetti positivi e le attese presenti nelle Società e nelle Chiese d’Europa, nella Vita consacrata e nella Congregazione. Occorre trovare quei germogli che indicano la vita nuova che sta crescendo. Tale ricerca di vitalità deve riguardare proprio il salesiano, la comunità e la missione in Europa.
* La terza via riguarda proprio la formazione. Se questa è la cultura e se questi sono i segni dello Spirito presenti in essa, quale formazione proporre in Europa? Non si tratta solo di individuare una formazione in contesto europeo, ma, molto di più, favorire una “formazione europea”. Anche in questo caso la formazione dovrà interrogarsi sul profilo del salesiano europeo, sia esso originario o missionario, sull’identità alla comunità salesiana, sul tipo di missione. Non ci sarà rivitalizzazione del carisma senza un grande impegno di una nuova formazione, sia iniziale che permanente. La formazione deve favorire la conversione personale, comunitaria e istituzionale. Se il cuore dei confratelli non cambia e se nella comunità non c’è passione apostolica, non potremo portare il fuoco sulla terra. Si tratta di una formazione, che è soprattutto trasformazione del cuore e della mente. Una formazione che non trasforma la persona, la comunità e la missione, e quindi che non aiuta il processo di conversione spirituale e pastorale, è solo conformazione e adattamento.
3. Ridisegno delle presenze salesiane nell’Ispettoria
Parlare di “ridisegno delle presenze salesiane nell’Ispettoria” aiuta a precisare i tre aspetti del problema: la parola “ridisegno” indica non solo il risultato, ma soprattutto il processo che deve mirare a trasformare la situazione esistente; il termine “presenze salesiane” offre una prospettiva di concretezza per ogni singola comunità e opera; il riferimento “nell’Ispettoria” chiede che questo processo riguardi ogni singola Ispettoria e avvenga all’interno di ogni Ispettoria.
Il processo di ridisegno delle presenze è un’applicazione del Progetto Europa. Infatti al punto 2.3.1 degli interventi del Progetto Europa per il 2011-2012 si dice: “L’Ispettore con il suo Consiglio, all’interno del POI, ridisegni le presenze dell’Ispettoria, individuando come rendere significative le presenze e con quali interventi, scegliendo le presenze da ridimensionare o semplificare, trovando nuovi bisogni e nuove frontiere a cui rispondere con nuove presenze, attività, opere”.
Questa linea operativa del Progetto Europa chiede di realizzare tre processi: la risignificazione, il ridimensionamento e la ricollocazione. Il primo processo ha lo scopo di rendere nuove e significative le presenze di una Ispettoria; il secondo processo intende ridurre, razionalizzare, semplificare le presenze di una Ispettoria, per rafforzare le altre; il terzo processo riguarda i nuovi bisogni a cui rispondere, le nuove frontiere, le nuove presenze da aprire.
3.1. Significato di “presenza salesiana”
Mentre le Costituzioni e i Regolamenti parlano 22 volte di “opere”1, il termine “presenza”, come sinonimo di attività od opera, ricorre solo 2 volte2. Il termine “presenza” ha un significato più dinamico e più ampio di quello di “opera”. A partire dal CG24, si è preferito parlare della comunità salesiana come animatrice, insieme ai laici, non di opere, ma di comunità educative pastorali. Nel CG25 la comunità salesiana anima, insieme ai laici e alla Famiglia salesiana, una presenza. Vediamo ora cosa la lettura ufficiale della Congregazione intende per presenza.
Nel 1998 il Rettor Maggiore Don Juan Vecchi tenne una relazione all’Unione dei Superiori Generali, intitolata “Ridisegnare le presenze: criteri, prospettive, ristrutturazione”3. Questo è un testo di riferimento ancora per tutti noi oggi. In esso egli descrive come intendere la presenza.
Nel 2002 il CG25 utilizza questo termine soprattutto nel terzo nucleo, dove si parla della “presenza animatrice tra i giovani”; ciò che è interessante è che questo Capitolo ne descrive pure il significato;
possiamo dire che il CG25 ufficializza la terminologia utilizzata da don Vecchi. Il CG25 dice:
“Dove esiste una comunità salesiana, è presente un dono di Dio: esperienza di fede e di comunione, rete di relazioni, molteplici forme di servizio ai giovani. La comunità rende visibile la presenza salesiana, la anima e ne promuove la crescita. Anche se non è possibile identificare missione ed opera, la presenza salesiana tra i giovani dà forma ad un’opera e può essere da questa manifestata. La presenza si esprime progressivamente come capacità di accoglienza e comunione, come impegno di educazione ed evangelizzazione, come proposta di accompagnamento e ricerca vocazionale” (CG25 38). “La presenza salesiana è una realtà dinamica, una rete di relazioni, un insieme di progetti, e di processi, attivati dalla carità pastorale e realizzati con i giovani, i laici e la Famiglia Salesiana. Si è reso sempre più palese che il soggetto di tale presenza non è esclusivamente la comunità salesiana” (CG25 42).
La presenza rimanda a qualcos’altro che si rende presente; si tratta allora di una realtà simbolica. Essa rinvia al nostro carisma. Per avere continuità nel tempo e avere visibilità, il carisma deve incarnarsi in opere concrete e riconoscibili. Non è però scontato che un’opera per il fatto di esistere, renda presente il carisma, né che la vitalità del carisma si misuri dal permanere delle opere. Le opere possono continuare a procedere per moto inerziale, perdendo progressivamente capacità propositiva, vitalità e significatività; possono avere una grande storia da raccontare, ma non avere più una parola da dire per il futuro. E’ necessario perciò ridisegnare le presenze, e quindi la presenza del carisma, piuttosto che far “sopravvivere” a ogni costo delle opere.
3.2. Risignificazione: rendere nuove le presenze e capaci di avere un impatto
Una presenza salesiana è significativa, se ha una identità che la distingue, una visibilità che la rende individuabile, una credibilità che la rende efficace. Il CG25 enumera al riguardo sette criteri:
“Nell’elaborazione e revisione del Progetto Organico Ispettoriale, l’Ispettore e il suo Consiglio, coadiuvato da un’équipe operativa, valutano la significatività della missione delle singole opere e presenze sulla base dei seguenti criteri:
la consistenza qualitativa e quantitativa della comunità salesiana;
la possibilità di una vita religiosa fraterna secondo lo stile salesiano, leggibile e significativa per i giovani e per i laici collaboratori;
la presenza tra i giovani, specialmente i più poveri e bisognosi, vivendo intensamente il Sistema Preventivo;
la capacità di offrire risposte di qualità educativa ed evangelizzatrice alle sfide che provengono dal mondo giovanile e dal contesto sociale;
la capacità di aggregare altre forze (laici, giovani, Famiglia Salesiana, altre ispettorie ed organizzazioni) e di suscitare vocazioni ecclesiali, con attenzione particolare per la Famiglia Salesiana;
la promozione di presenze agili e leggere, che permettano un dinamico adeguamento al cambiamento delle realtà;
la capacità di collaborare e di incidere in modo efficace e profetico nella trasformazione evangelica del territorio” (GC25 n.84).
Il primo criterio riguarda la persona del salesiano. Chi fa la differenza nella comunità è un salesiano di qualità, sereno, preparato, motivato, equilibrato. Impegni sproporzionati o prematuri per coprire ad ogni costo un ruolo si pagano talvolta a caro prezzo. La diminuzione delle forze disponibili o l’aumento non controllato delle opere o della loro complessità possono creare delle urgenze o un clima di perenne emergenza che schiaccia le persone e rompe quel delicato equilibrio tra la missione apostolica, la comunità fraterna, la pratica dei consigli evangelici (cfr. Cost. 3) in cui consiste la nostra consacrazione.
Il secondo tratto è la realizzazione della vita fraterna. Un numero sufficiente di confratelli, impegni apostolici commisurati alle forze disponibili, modalità organizzative intelligenti, orari coerenti con gli impegni della nostra vita consacrata, un progetto di vita comunitario condiviso, la reale disponibilità di confratelli adatti a compiti direttivi sono alcune “variabili” che influenzano significativamente la vita fraterna e fanno di una comunità una “casa” accogliente.
Il terzo elemento è dato dalla possibilità di contatto diretto con i giovani. La presenza, per essere salesiana, deve avere una chiara connotazione giovanile, deve strutturalmente consentire l’incontro dei giovani con i salesiani. Inoltre, la vicinanza e l’aiuto ai più poveri sono oggi segni eloquenti che parlano direttamente del vangelo, ci rendono più credibili e autentici nel vivere la nostra vocazione e realizzare la nostra missione, affascinano tante persone e le smuovono a operare in solidarietà.
Il quarto è la qualità educativa e pastorale che riusciamo a garantire nelle nostre opere; non solo quella auspicata, dichiarata o programmata, ma quella effettivamente percepita e verificata. E’ facile a questo punto scambiare le buone intenzioni con l’efficacia delle realizzazioni. Essa fa riferimento alla capacità di attuare quella “pedagogia della fede” che è il sistema preventivo.
Un quinto fattore che può contribuire a “rendere nuova” una comunità è la sua fecondità vocazionale. Si tratta di curare nella comunità gli elementi vitali: la preghiera comune e la dedizione apostolica, la fraternità, la presenza tra i giovani e la capacità di accoglierli a condividere alcuni momenti, la testimonianza di vita obbediente povera e casta e la vicinanza ai problemi dei giovani e della gente. Questo convince, attira, provoca e renda credibile la proposta vocazionale esplicita.
Il sesto criterio riguarda la capacità di aggregare altre forze per le quali la comunità salesiana può diventare centro di comunione e di partecipazione. Si è significativi quando chi vuole impegnarsi trova nella nostra comunità riferimento, appoggio e accoglienza. In tal senso la comunità salesiana diventa nucleo animatore di una più vasta comunità educativa pastorale. In tale ottica va compresa la sua consistenza quantitativa, che va coniugata sempre con la consistenza qualitativa.
L’ultimo elemento di significatività riguarda l’impatto e l’inserimento nel territorio sociale ed ecclesiale. La presenza è significativa se diventa punto di riferimento per iniziative sociali, culturali e religiose; se da essa partono messaggi; se è in dialogo con la realtà circostante, con le istituzioni educative, con la chiesa locale, se sa costruire reti di relazioni e lavora in rete..
Vi ringrazio dell’attenzione. Mi auguro che alcuni spunti proposti possano essere utili per un confronto arricchente.
Don Francesco Cereda
1 Cost. 40, 41, 58, 77, 132, 165, 181, 187; Reg. 1, 3, 10, 59, 60, 148, 167, 190, 198, 201.
2 Reg. 10, 22.
3 J.E.VECCHI, Ridisegnare le presenze: criteri, prospettive, ristrutturazione, in USG, Per una fedeltà creativa. Rifondare, Atti 54° Conventus Semestralis, Roma, 1998, p. 86ss.