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2.2 AZIONE MISSIONARIA E SVILUPPO
Luc VAN LOOY
Consigliere per le Missioni
Don Bosco, nel suo programma educativo-pastorale, guarda all'uomo integrale; il suo sistema educativo vuole raggiungere ogni aspetto del giovane per aiutarlo a crescere armonicamente.
Anche il missionario salesiano, che lavora tra i popoli in via di sviluppo, pur trovandosi spesso davanti ad emergenze e urgenti necessità, non perde mai di vista il suo scopo educativo-pastorale. Per noi Salesiani il modo tipico per contribuire allo sviluppo dei popoli è proprio l'evangelizzare educando.
Nella Chiesa lo sviluppo è sempre considerato in funzione della crescita dell'uomo nella sua integralità. Missioni e missionari possono testimoniare il profondo cambiamento avvenuto nei popoli, frutto di un lavoro di evangelizzazione integrale. Il portare la persona alla sua completa maturità e il condurre la comunità verso atteggiamenti tipicamente cristiani, nelle sue relazioni interne ed esterne, fanno crescere la coscienza umana, la responsabilità reciproca e la qualità della convivenza.
Una delle grandi mete, se non la più importante, di tutto il lavoro missionario è quella di preparare persone e popoli ad una vita «senza peccato». Ora molte forme di peccato sociale sono sconfitte mediante l'evangelizzazione delle culture e l'introduzione dei valori cristiani. Si deve riconoscere che un'educazione davvero integrale si fonda sul Vangelo e sulla conoscenza ed accoglienza di Cristo.
«I legami tra evangelizzazione e promozione umana - diceva Paolo VI nell'Esortazione apostolica Evangelii nantiandi - sono infatti profondi. Legami di ordine antropologico... di ordine teologico... di ordine eminentemente evangelico» (cf. EN, 31).
Non possiamo però non vedere «la tentazione di ridurre la missione della Chiesa alle dimensioni di un progetto semplicemente temporale; i suoi compiti a un disegno solo antropologico; la salvezza, di cui essa è messaggera e sacramento, a un benessere materiale; la sua attività, trascurando ogni preoccupazione spirituale e religiosa, a iniziative di ordine politico e sociale» (EN, 32).
Anche per Don Bosco l'esigenza dello «sviluppo» nelle sue missioni è sempre legata alla finalità suprema della «salvezza» dei giovani. Gli aspetti materiali sono da lui considerati secondo una duplice prospettiva: per la persona del salesiano richiede una austerità e una povertà testimoniale, per l'opera apostolica dimostra una enorme generosità. Ai suoi primi missionari Don Bosco raccomanda, come atteggiamento personale: «fate che il mondo conosca che siete poveri negli abiti, nel vitto, nelle abitazioni, e voi sarete ricchi davanti a Dio e diverrete padroni del cuore degli uomini» (Ricordi ai missionari n. 12). Quanto all'opera educativo-pastorale ed alle necessità anche materiali, per essa Don Bosco non si risparmia in alcun modo, è magnanimo nella sua intraprendenza e nelle visioni, desidera dai suoi una grande generosità ed uno sforzo per far convergere tutto al bene delle anime. Scrive a Don Cagliero di «fare ogni sacrificio personale e pecuniario a fine di promuovere le vocazioni ecclesiastiche e monacali» (cf. Lettera a Mons. Cagliero, Torino 10 febbraio 1885, in Epistolario IV p. 313). Don Bosco fa convergere tutto sulla missione che gli è stata affidata, con tutti i mezzi che può raccogliere, e, pienamente fiducioso nell'aiuto della Provvidenza, dedica tutto per la salvezza dei giovani.
L'appello della Chiesa di non staccare mai lo sviluppo dalla evangelizzazione e l'esempio di Don Bosco che concentra «tutte» le forze attorno all'educazione e all'evangelizzazione, ci fanno riflettere su alcuni criteri fondamentali che ci aiuteranrio a far crescere i popoli anche nel loro progresso materiale mentre li evangelizziamo educando.
tiscono la sua salesianità e l'unione con il progetto carismatico della Congregazione. Diceva Don Ricceri nella sua «Relazione sullo stato della Congregazione» del 1977 (cf. n. 273) che «la preferenza va per iniziative che interessano le persone o meglio gli agenti dell'evangelizzazione». Vedere ogni opera di sviluppo in questa chiave, cioè quella di educare ad essere evangelizzatori, ci aiuterà a discernere sulla necessità, sull'opportunità e sulla utilità di qualsiasi progetto anche materiale che ci proponiamo di realizzare nelle nostre comunità.
1.1 Camminare verso una crescente responsabilizzazione
Un popolo cresce man mano che cammina verso l'autodeterminazione, cioè man mano che prende in mano, in modo pienamente umano, il proprio sviluppo. Protagonisti della propria crescita sono infatti la singola persona e il popolo. L indispensabile perciò che fin dai primi passi questa prospettiva entri nella programmazione delle iniziative e dei progetti di sviluppo da realizzare. Un progetto, che serva veramente al bene dei destinatari, deve tener conto fin dal principio delle capacità del popolo e deve mettere in opera le forze locali per la sua realizzazione, anche se per un periodo più o meno prolungato è necessario l'intervento della missione.
Esiste il pericolo che gli operatori di sviluppo dirigano i progetti con schemi esterni, non adeguati alla realtà locale; ciò può creare una distanza culturale tra missione e popolo, generando sfiducia o creando unicamente il desiderio di «ricevere».
Bisogna quindi esser attenti a non creare desideri artificiali e fuori contesto. La missione salesiana vuol fare un cammino di accompagnamento delle persone e delle comunità, partecipando per quanto possibile alla loro vita e utilizzando i mezzi del luogo.
i. Criteri fondamentali1.2 L'azione comunitaria e il progetto educativo-pastorale
L'opera di sviluppo, parte integrante del progetto pastorale di un'opera missionaria, dovrà tener conto di alcuni criteri che garan
II progetto educativo-pastorale funziona sempre in contesto comunitario, sotto la guida del Direttore e dell'Ispettore. La natura e
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le modalità degli interventi materiali e promozionali, all'interno del progetto, saranno dunque stabiliti dalla comunità ispettoriale e locale.
L'individualismo, tra noi, risulta sempre pericoloso! Ogni progetto ha valore in quanto esprime l'opera di evangelizzazione e di educazione affidata ad una comunità e fondata sulla vocazione e il carisma di Don Bosco, anche se talvolta per necessità chi lo porta avanti è una sola persona.
La comunità che programma un'opera dovrà assumersi anche la responsabilità di informare i benefattori dell'impostazione salesiana che si vuol dare a determinate opere. In ciò deve apparire una vera corresponsabilità missionaria.
1.3 Scopo finale è la formazione di comunità cristiane
L'educazione ha come scopo non solo la formazione culturale e professionale delle persone, ma, insieme a ciò, si propone di formare delle persone libere, capaci di entrare in comunione con altre persone, per far crescere la comunità. È dunque necessario dare importanza al relazionamento delle persone, alla luce del Vangelo.
L'educazione alla solidarietà è uno tra gli elementi importanti da coltivare. Urge insegnare anche ai più poveri e ai gruppi più indifesi il grande valore portato da Cristo che è il dono di sé per far crescere l'altro. La comunità umana presso tutti i popoli è chiamata a fondarsi sui criteri datici da Cristo nel Vangelo. I valori cristiani porteranno gli stessi popoli a perfezionare la propria cultura.
Una comunità cristiana deve avere anche la capacità di definire il proprio atteggiamento di fronte ai problemi socio-politici. È suo compito di educare la gente a una presa di coscienza e ad una visione cristiana davanti alla realtà locale.
Penso spesso alle chiesette dei villaggi medievali nelle campagne dell'Europa, erette in tempi nei quali aiuti esterni o progetti sostenuti da agenzie internazionali non erano certo possibili, costruite dalla gente stessa del posto, con il materiale che era a disposizione in quel momento storico. Immagino che proprio quel lento processo di costruzione, l'impegno di tutta la comunità locale e i sacrifici che la collaborazione comportava abbiano molto contribuito a creare solide comunità cristiane.
2. Alcune linee operative concrete.
2.1 Le urgenze dei popoli, la povertà, le emergenze richiedono una costante attenzione, ma possono anche «soffocare» il missionario. È necessario un continuo discernimento per «armonizzare»
sempre il lavoro di evangelizzazione, educazione e sviluppo.
2.2 Le richieste di aiuti e la loro utilizzazione devono sempre essere
in accordo con il progetto educativa pastorale dell'Ispettoria e della comunità. Spetta dunque al Direttore e all'Ispettore assumerne la responsabilità.
2.3 Le lettere circolari, anche se fatte individualmente per benefattori «personali», devono responsabilmente riflettere la realtà e sostenere l'opera comunitaria. La dignità delle persone sia un criterio anche per le fotografie che accompagnano le nostre lettere: più che esporre la miseria delle persone, si faccia conoscere il bene compiuto.
2.4 Qualora i confratelli si rechino in altra Ispettoria per raccogliere fondi, occorre che abbiano - per iscritto - il mandato del proprio Ispettore, il quale presenterà così il confratello all'Ispettore della zona che intende visitare.
2.5 Trattandosi di grossi progetti che superano la somma per la quale l'Ispettore col suo Consiglio può decidere, è necessario chiedere il «Nulla Osta» al Rettor Maggiore e al suo Consiglio, prima di presentare il progetto all'agenzia di aiuto.
2.6 I progetti «di volume» presentati ad agenzie o tramite queste a governi ecc. ordinariamente richiedono un contributo proprio del 25% da parte dell'Ispettoria. Ciò vien fatto per garantire all'opera un cammino di autogestione, mostrando la capacità propria.
É perciò importante che l'Ispettoria sia in grado di contribuirvi. In caso contrario, significa che il progetto non corrisponde alle possibilità reali e conviene ridurlo o ristudiarlo.
2.7 In ogni Ispettoria l'Economo ispettoriale, per il suo ruolo specifico, è il coordinatore di tutti i progetti materiali dell'Ispettoria, di tutte le opere in essa. Egli sarà pertanto il punto di riferimento per i confratelli dell'Ispettoria, per le Procure e le agenzie. Egli sarà il garante della necessità e della capacità di una futura autogestione del progetto.
2.8 I conti in banca a nome di singoli confratelli, debitamente autorizzati, devono sempre avere la controfirma di altri due Salesiani. Questi conti non siano tenuti presso i propri familiari, ma presso una Procura salesiana, nell'Ispettoria di origine o nella Casa generalizia a Roma. Ogni eccezione in merito deve avere un motivo grave, riconosciuto dal proprio Ispettore.
Conclusione
In contesto salesiano, sviluppo significa un'assistenza alla formazione integrale della persona, come individuo e come comunità, attraverso l'educazione, il rapporto vicendevole e l'inserimento spontaneo nella società.
Significa una capacità di crescita verso una presa di posizione nella vita, basata su valori cristiani, ed una capacità di autodeterminazione e autodominio.
Nella realizzazione delle opere di sviluppo noi scegliamo in primo luogo l'educazione, tenendo presente il criterio oratoriano, partendo dalla realtà concreta, cui vogliamo rispondere, e suscitando la collaborazione del popolo fin dal momento della programmazione.
Scrive Paolo VI nell'Enciclica « Populorum progressio», parlando degli agenti di sviluppo: «'Essi non devono comportarsi da padroni
, ma da assistenti e da collaboratori' (GS n. 85). Una popolazione intuisce subito se l'aiuto che vengono a portare è dato con amore oppure no, se sono li semplicemente per applicare delle tecniche o non anche per dare all'uomo tutto il suo valore. Il loro messaggio rischia di non essere accolto se non è accompagnato da uno spirito di amore fraterno» (Pop.Pro. 71).