Dinanzi a questo scenario "sentiamo il peso dell'inquietudine, tormentati tra la speranza e
l'angoscia" (Cost. Gaudium et spes, 4) e preoccupati ci chiediamo: che ne sarà dell'umanità e del
creato? C'è speranza per il futuro, o meglio, c'è un futuro per l'umanità? E come sarà questo futuro? La
risposta a questi interrogativi viene a noi credenti dal Vangelo. È Cristo il nostro futuro e, come ho
scritto nella Lettera enciclica Spe salvi, il suo Vangelo è comunicazione che "cambia la vita", dona la
speranza, spalanca la porta oscura del tempo e illumina il futuro dell'umanità e dell'universo (cfr n. 2).
San Paolo aveva ben compreso che solo in Cristo l'umanità può trovare redenzione e speranza.
Perciò avvertiva impellente e urgente la missione di "annunciare la promessa della vita in Cristo Gesù"
(2 Tm 1, 1), "nostra speranza" (1 Tm 1, 1), perché tutte le genti potessero partecipare alla stessa eredità
ed essere partecipi della promessa per mezzo del Vangelo (cfr Ef 3,6). Era cosciente che, priva di
Cristo, l'umanità è "senza speranza e senza Dio nel mondo (Ef 2, 12) – senza speranza perché senza
Dio" (Spe salvi, 3). In effetti, "chi non conosce Dio, pur potendo avere molteplici speranze, in fondo è
senza speranza, senza la grande speranza che sorregge tutta la vita (Ef 2, 12)" (ivi, 27).
2. La Missione è questione di amore
È dunque un dovere impellente per tutti annunciare Cristo e il suo messaggio salvifico. "Guai a me
- affermava san Paolo - se non predicassi il Vangelo!" (1 Cor 9,16). Sulla via di Damasco egli aveva
sperimentato e compreso che la redenzione e la missione sono opera di Dio e del suo amore. L'amore di
Cristo lo portò a percorrere le strade dell'Impero Romano come araldo, apostolo, banditore, maestro del
Vangelo, del quale si proclamava "ambasciatore in catene" (Ef 6,20). La carità divina lo rese "tutto a
tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno" (1 Cor 9,22). Guardando all'esperienza di san Paolo,
comprendiamo che l'attività missionaria è risposta all'amore con cui Dio ci ama. Il suo amore ci redime
e ci sprona verso la missio ad gentes; è l'energia spirituale capace di far crescere nella famiglia umana
l'armonia, la giustizia, la comunione tra le persone, le razze e i popoli, a cui tutti aspirano (cfr Enc.
Deus caritas est, 12). È pertanto Dio, che è Amore, a condurre la Chiesa verso le frontiere dell'umanità
e a chiamare gli evangelizzatori ad abbeverarsi "a quella prima originaria sorgente che è Gesù Cristo,
dal cui cuore trafitto scaturisce l'amore di Dio" (Deus caritas est, 7). Solo da questa fonte si possono
attingere l'attenzione, la tenerezza, la compassione, l'accoglienza, la disponibilità, l'interessamento ai
problemi della gente, e quelle altre virtù necessarie ai messaggeri del Vangelo per lasciare tutto e
dedicarsi completamente e incondizionatamente a spargere nel mondo il profumo della carità di Cristo.
3. Evangelizzare sempre
Mentre resta necessaria e urgente la prima evangelizzazione in non poche regioni del mondo,
scarsità di clero e mancanza di vocazioni affliggono oggi varie Diocesi ed Istituti di vita consacrata. È
importante ribadire che, pur in presenza di crescenti difficoltà, il mandato di Cristo di evangelizzare
tutte le genti resta una priorità. Nessuna ragione può giustificarne un rallentamento o una stasi, poiché
"il mandato di evangelizzare tutti gli uomini costituisce la vita e la missione essenziale della Chiesa"
(Paolo VI, Esort. ap. Evangelii nuntiandi, 14). Missione che "è ancora agli inizi e noi dobbiamo
impegnarci con tutte le forze al suo servizio" (Giovanni Paolo II, Enc. Redemptoris missio, 1). Come
non pensare qui al Macedone che, apparso in sogno a Paolo, gridava: "Passa in Macedonia e aiutaci"?
Oggi sono innumerevoli coloro che attendono l'annuncio del Vangelo, coloro che sono assetati di
speranza e di amore. Quanti si lasciano interpellare a fondo da questa richiesta di aiuto che si leva
dall'umanità, lasciano tutto per Cristo e trasmettono agli uomini la fede e l'amore per Lui! (cfr Spe
salvi, 8).