Don Albera. Lettera 1920 ACS 2,26-33 (1920)
24 Agosto 1920
Il Rettor Maggiore.
I. Nello scorso marzo inviavo a tutti i carissimi ispettori della nostra Pia Società una lettera circolare, per esortarli a ricercare e coltivare con zelo tra i confratelli le vocazioni missionarie, di cui vi è presentemente grandissimo bisogno, per lo sviluppo grande preso dallo nostre Missioni.
Ora, essendo da più parti stato invitato a dare a questo mio scritto una maggior diffusione, lo faccio ben volentieri pubblicandolo in questi Atti, con la ferma speranza e l'augurio che la lettura di esso abbia a suscitare, in tutti i Salesiani un vivo desiderio di rendersi sempre più utili alle nostre Missioni, sia manifestando ai superiori, quando l'avessero, la volontà di recarsi a lavorare nelle Missioni, sia svolgendo con amore vocazioni adatte tra i nostri giovani, o almeno con le loro preghiere.
Ecco pertanto la lettera:
Torino, 19 Marzo 1920.
Carissimi Ispettori,
Già da parecchio tempo avevo in animo d'intrattenermi alquanto con voi in particolare, o miei carissimi Ispettori d'Europa, sopra un argomento che mi sta molto a cuore, perché intimamente connesso con la vita della nostra Pia Società. A questo oggetto il nostro Yen. Padre e Fondatore mirò con predilezione fin da' suoi anni giovanili, e ne', corso di tutta la sua vita gli riserbò le aspirazioni più vive della sua mente e i desidera più cocenti del suo gran cuore; meritando così d'aver più volte singolari illustrazioni dall'alto in proposito, e di poter suscitare tra i suoi figli una numerosa falange di cuori magnanimi, pronti ad ogni sacrificio per l'attuazione dei suoi nobili disegni.
Pure intorno al medesimo argomento il 88. Signor Nostro Papa Benedetto XV scrisse ultimamente un'immortale Enciclica, la cui importanza non può essere sfuggita neppure a voi, o carissimi, e che merita d'essere da noi riletta di quando in quando perché si riaccenda nei nostri cuori il sacro fuoco dell'apostolato. Alludo all'Enciclica del 30 scorso novembre, con la quale l'augusto Pontefice perorava la causa delle Missioni Cattoliche in mezzo agl'infedeli. La fervida sua parola sprona anche me a fare appello al vostro zelo in favore delle nostre Missioni; al che già mi spingevano gli urgentissimi bisogni in cui esse versano.
Non è mia intenzione parlarvi delle nostre Missioni una ad una, e neppure del vasto campo che la Divina Provvidenza ci va continuamente allargando. A questo riguardo dirò solo che 'sembra avverarsi un po' per volta il magnifico sogno fatto da Don Bosco il 30 agosto 1883, nel quale l'angelico giovanetto Luigi Colle {morto due anni prima in odore di santità) gli fece vedere-, in modo misterioso l'immensa mèsse che i Salesiani avrebbero dovuto raccogliere in avvenire. «Sono migliaia, e milioni di abitanti che attendono il vostro aiuto, che attendono la fede », gli. diceva additandogli altissime montagne ad occidente, e ad oriente il mare. E nel lungo viaggio che gli fece fare attraverso le Cordigliere e le foreste del Nuovo Continente, in mezzo a numerose tribù di selvaggi, deformi nei tratti e talvolta così crudeli da cibarsi persino di vittime umane, il giovanetto Colle gli andava, ripetendo: «Ecco la mèsse dei Salesiani!».
Questo sogno sembra integrato dalla visione ch'egli ebbe a Barcellona il 9 aprile 1886, nella quale la Divina Pastora del primo sogno fatto ai Becchi in età di nove anni, gli additò con maggior precisione i numerosissimi centri di Missioni che le successive generazioni de' suoi figli avrebbero aperto, da Valparaiso e Santiago fino al centro dell'Africa, fino a Pechino. E mostrando egli di credere la cosa, sia per le immense distanze e le difficoltà dei luoghi, sia per' l'esiguo numero dei Salesiani, Ella gli disse: « Non ti turbare: faranno questo i tuoi figli, i figli de' tuoi figli e dei figli loro; ma si tenga fermo nell'osservanza delle Regole e nello spirito della Società... E guardatevi dall'errore che vige adesso, che è la mescolanza di quelli che studiano le arti umane con quelli che studiano le arti divine; perché la scienza del cielo non vuol essere colle terrene cose mescolata ».
Queste cose debbono essere per noi tutti fonte di grande consolazione, e farci in pari tempo comprendere, benché solo in modo inadeguato, l'immenso amore che il nostro Ven. Padre nutriva per le Missioni tra gl'infedeli. Ma nel richiamamele alla memoria, o miei buoni Ispettori, mi esce purtroppo dal fondo del cuore il lamento del Divino Maestro: «Messis quidem multa, operarii autem pauci» (Matth., IX, 37) Biondeggia copiosa la mèsse all'Oriente e all'Occidente, ma non abbiamo gli operai per raccoglierla. Ciò è vero per tutte le Missioni Cattoliche, ma lo è particolarmente per le nostre. Certo esse, benché nate, si può dire, appena ieri, si sono tosto propagate prodigiosamente, divenendo rigogliose e ricche dei più bei frutti anche dove altri operai avevano lavorato con zelo grande, ma invano. Non di rado però avviene che tali frutti non possono esser raccolti neppure da noi, per la mancanza d'un numero sufficiente di Missionari; ,e le lettere che ricevo dalle nostre Missioni terminano quasi sempre con la stessa commovente preghiera: « Ci mandi dei Missionari, perché il lavoro è troppo superiore alle nostre forze, e l'uomo nemico viene a rapirci buona parte della mèsse!». Ma questa preghiera da più anni rimane quasi affatto inesaudita, nonostante tutta la buona volontà dei Superiori Maggiori. La guerra ha spopolato i nostri pochi entri di formazione missionaria, e insieme ha diminuito grandemente le elemosine che la Provvidenza soleva mandarci per questo fine; la guerra non solo ci ha impedito di preparare nuovi Missionari nei cinque lunghi anni della sua disastrosa durata, ma, quel ch'è peggio, ha soffocato il germe dell'apostolato in tanti cuori che promettevano assai bene, e ne ha reso indifferenti molti altri che prima mostravano i segni più spiccati di vocazione missionaria.
Così è avvenuta una stasi funesta, le cui conseguenze purtroppo si faranno ancor sentire per parecchi anni, se non ci mettiamo subito all'opera con tutte le nostre forze a risvegliare le vocazioni assopite e suscitarne delle nuove. Ora, siccome l'Europa, nonostante le sue critiche condizioni attuali, sarà ancora: per molto tempo pressoché l'unica provveditrice di Missionari per la conversione dei popoli barbari, è naturale ch'io faccia particolarmente appello al vostro zelo, o miei cari Ispettori d'Europa, perché m'aiutiate efficacemente e con ogni sollecitudine a provvedere alle nostre Missioni il maggior numero possibile di buoni soggetti.
Ma — dirà forse qualcuno di voi — come fare a corrispondere a questo suo appello, se non abbiamo neppure il personale- sufficiente per le nostre Ispettorie — Rispondo: è appunto perché possiate avere personale abbondante per le Ispettorie affidatevi, ch'io vi dico: preparate motti e buoni Missionari! Quanto maggiore è il numero dei Missionari che un'Ispettoria può inviare alle lontane Americhe, tra i selvaggi della Terra del Fuoco, della Patagonia, del Paraguay, del Brasile, dell'Equatore, dell' Africa, dell'India, della Cina, e dovunque abbiamo Missioni; tanto più numerose e preclare saranno le vocazioni religiose che il Signore regalerà a quell'Ispettoria. — Non è una semplice affermazione retorica; è pensiero genuino del nostro Ven. Padre. Egli infatti, a chi, nel vederlo togliere dai suoi collegi i soggetti migliori per allestire le sue prime spedizioni di Missionari, gli faceva osservare che così operando sarebbe stato costretto a ridurre le Case per mancanza di personale adatto, rispondeva con la più profonda convinzione: « Sta di buon animo: il Signore per ogni Missionario ci manderà certo due buone vocazioni, e anche più ». — Che così realmente avvenisse, ce lo attestò pure il venerando Don Rua, che durante tutto il suo lungo rettorato non cessò mai dall'eccitare ne' suoi figli, sull'esempio paterno, l'amore per le Missioni, preparando annualmente qualche spedizione di Missionari. E così continuerà a succedere ancor adesso alle Ispettorie che saranno generose nel soccorrere le Missioni, preparando ad esse buoni soggetti, e insieme i mezzi materiali perché possano a suo tempo esercitare più fruttuosamente il loro apostolato.
Ma per riuscire in quest'opera, o miei cari, dovete anzitutto essere intimamente persuasi che il provvedere buoni Missionari alle nostre Missioni è proprio un vostro dovere: sia perché avete sotto la vostra giurisdizione un buon nucleo di confratelli, dei quali, voi, meglio di ogni altro, potete valutare la capacità e le speciali attitudini; sia perché ogni Gasa dell'Ispettoria, in conformità della sua propria natura, è (o dovrebbe essere) un perenne vivaio di nuove vocazioni religiose, particolarmente per la nostra Congregazione.
Pensate spesso e seriamente a questo vostro dovere, e accendetevi d'amore per le nostre Missioni, sicché ciascuno di voi possa ripetere come sue proprie, prima a se stesso e poi a' suoi dipendenti, le parole del nostro Venerabile Padre: «Io mi sento profondamente addolorato al riflettere alla copiosissima mèsse che ad ogni momento e da tutti le parti si presenta, e che si è costretti di lasciare incolta per difetto di operai. Noi però non perdiamoci d'animo: per ora ci applicheremo seriamente al lavoro, colla preghiera e colla virtù, a preparare novelle milizie a Gesù Cristo; e ciò studieremo di conseguire specialmente con la coltura delle, vocazioni religiose ».
Voi sapete in quanti modi si possono coltivare le vocazioni religiose; ma all'occorrenza potete trovare le norme più importanti lasciateci in proposito da Don Bosco e da Don Bua, nel Capo VII0 della seconda parte del «Manuale del Direttore». Alcune cose opportune per raggiungere lo scopo troverete pure nella prima «Lettera Edificante» che anni sono ebbi il bene, di scrivere a tutti i miei cari fratelli e figli in Gesù Cristo. Non occorre quindi ripetere qui cose che vi son già note; piuttosto vi faccio viva preghiera di richiamarvele spesso alla memoria; rileggendole e meditandole nel tempo che giornalmente destinate al raccoglimento del vostro spirito. Allora soltanto si faranno opere forse meno grandiose e rumorose, ma certo più proficue e durature.
Non posso poi trattenermi dal ricordarvi quel che scriveva il Ven. nostro Padre nel 1878 a un eminentissimo personaggio, riguardo alle vocazioni: « È difficile trovare leviti nelle agiatezze; perciò si cerchino con la massima sollecitudine tra le zappe e tra i martelli, senza badare all'età e alla condizione. Si radunino e si coltivino fino a che non siano capaci di dare il frutto che i popoli ne attendono. Ogni sforzo, ogni sacrifizio fatto a questo fine, è sempre poco in paragone del male che si può impedire e del bene che si può ottenere ». — Chissà che adesso tra noi non si dimentichi un po' troppo questa norma paterna, col pretesto che. la nostra Congregazione ha bisogno di religiosi colti in ogni ramo dello scibile umano, e che tale non può divenire chi imprenda gli studi in età avanzata, tra i Pigli di Maria? È invece desiderio dei Superiori che a questi si dia il maggiore sviluppo possibile in ogni Ispettoria, e che «si coltivino fino a quando siano capaci di dare il frutto che i popoli ne attendono ». L'Opera dei Figli di Maria per le vocazioni tardive sarà sempre per noi una sorgente inesausta di buone vocazioni, come lo è stata fino ad oggi. «I Salesiani — lasciò ancora scritto il nostro buon Padre — avranno molte vocazioni colla loro esemplare condotta, trattando con somma carità gli allievi e insistendo sulla frequente Comunione ».
Se questi, o miei cari, saranno i vostri abituali pensieri, nelle visite alle Case parlerete, in privato e in pubblico, delle Missioni con quell'ardore che siete soliti a mettere nelle cose che dipendono direttamente da voi; suscitando così e nei confratelli e nei giovani un santo entusiasmo per l'apostolato tra gl'infedeli.
Così non vi mancheranno le domande dei desiderosi di dedicarsi alle Missioni estere; e a voi non rimarrà più che la difficoltà della scelta. Difficoltà anche questa non trascurabile, è vero; poiché a formare il missionario non basta l'entusiasmo del momento, ma occorrono doti e qualità ben definite: sanità fisica, vero spirito di pietà e di sacrificio, equilibrio di carattere, tenacia di volere, facilità di apprendere gl'idiomi, soda istruzione religiosa e civile; ed è compito vostro, o miei cari, il discernere queste doti nei confratelli e nei giovani che vi si offriranno come aspiranti alle Missioni.
Qui vi faccio notare che tra i vostri confratelli anziani ve ne sono certo di quelli che ripetono il principio della loro vocazione salesiana dal desiderio di farsi missionari, e che negli anni del noviziato e dello studentato avevano fatto formale domanda di andare nelle Missioni. Allora i Superiori non credettero di poterli esaudire, sia perché li ritenevano ancora impreparati, sia perché ebbero bisogno dell'opera loro in qualche collegio, sia anche per motivi di famiglia. Adesso voi, intrattenendovi con loro nell’intimità dei rendiconti, potete facilmente sincerarvi se conservino ancora le generose aspirazioni d'un tempo: dato che sia così, e che insieme essi abbiano le doti necessarie, mi farete cosa assai gradita a segnalarmene i nomi, anche se dalla loro partenza avesse da venir qualche temporaneo danno o disturbo alle case ove ora si trovano. Questo è un sacrificio che attirerà copiose benedizioni sulle vostre Ispettorie; ed è anche omaggio più prezioso che possiate deporre a piè del Monumento del Ven. Don Bosco nella sua solenne inaugurazione. Non parlo della gioia grandissima ch'io proverei se per quella fausta circostanza ciascuno di voi potesse indicarmi un bel numero di Salesiani già fin d'ora formati e pronti per il lavoro nelle Missioni. Il più bel monumento a Don Bosco, il più degno del suo gran cuore d'apostolo, non è dunque il Missionario, che col Crocifisso e col Vangelo in mano va a conquistare nuovi popoli alla religione e alla civiltà? - Ora sta a voi, miei buoni Ispettori d'Europa, moltiplicare questi vivi monumenti nelle sterminate regioni già percorse dalla sua mente divinatrice. Fate questo, e sarete i benedetti dalle future generazioni convertite a Gesù Cristo.
Confido che questa mia troverà i vostri cuori così ben disposti, ch'io abbia in breve a vederne i più copiosi frutti e di personale e di aiuti materiali per le Missioni; e ve ne ringrazio di tutto cuore- fin da questo momento. Però mi preme di raccomandarvi caldamente ancora un'altra cosa. Il dovere che v'incombe di procurare buoni soggetti e mezzi abbondanti alle nostre Missioni deriva sopratutto dalla facoltà che il Capitolo Superiore- vi ha ultimamente delegata di ammettere i vostri novizi alla professione religiosa e i professi alle sacre Ordinazioni. Ora tale facoltà include una responsabilità così tremenda, che voi certo non ve l'avrete a male se, come chiusa di questa mia, mi permetto di richiamare sopra di essa la vostra attenzione.
Prima di ammettere uno alla professione o agli Ordini sacri, pregate molto il Signore che v'illumini,, e studiate bene il soggetto, assumendo tutte le possibili informazioni; assicuratevi che i candidati abbiano atteso regolarmente agli studi teologici durante i quattro anni prescritti dall'art. 101 delle nostre Costituzioni e dal Can. 976 del nuovo Codice, e che abbiano superato felicemente ì relativi esami. In cosa di tanta importanza non bisogna aver fretta; e sarà sempre meglio doversi accusare d'aver ritardato che non d'aver avuto troppa fretta. Anche quando il candidato, avesse già ottenuto il voto favorevole del Capitolo della sua Casa, se non vi sentite il cuore del tutto tranquillo intorno a lui, ricordatevi che è sempre in vostro potere differire la discussione della domanda dinanzi al Consiglio Ispettoriale, senza che abbiate da render ragione ad alcuno dei motivi che a ciò v'inducono. Io sento che non vi raccomanderò mai abbastanza questo punto così vitale per tutta la Congregazione. «Che terribile conto — vi ripeterò con le parole medesime del venerando Don Bua — avrebbe da rendere a Dio, chi in cosa di tanto momento non operasse con tutta purità d'intenzione ed accuratezza, concorrendo a somministrare alla nostra Pia Società ed alla Chiesa sacerdoti indegni di tal dignità, o rimuoverne chi la meritasse!» — Questo però non vi accadrà, o miei cari, se metterete in pratica tutte le norme che vi furono date, e se cercherete di penetrarvi sempre più del vero spirito salesiano.
Con la viva fiducia in cuore che siate per fare quanto vi ho detto, vi saluto carissimamente nel Signore, invocando su voi, come su tutti i cari confratelli delle vostre Ispettorie, le più copiose benedizioni. Vi benedica la Vergine Ausiliatrice, e il gloriosissimo suo Sposo San Giuseppe vi protegga da ogni male. Pregate anche voi per il vostro
aff.mo in C[risto]. J[esus]. Sac. PAOLO ALBERA
II. Disimpegno diligente dei propri doveri (Consiglio Superiore)
IL PREFETTO GENERALE,
oltre a fare le veci del Rettor Maggiore in caso di assenza, ha ancora le seguenti attribuzioni: Quanto concerne la regolarità dell’amministrazione – Cura degli Ex-Allievi e dei Cooperatori Salesiani – Vigilanza sulla redazione del Bollettino Salesiano – Cura dei Confratelli Missionari in partenza, e di quelli che rimpatriano temporaneamente.
….
IL DIRETTORE SPIRITUALE GENERALE
L’ECONOMO GENERALE
IL CONSIGLIERE SCOLASTICO GENERALE
IL CONSIGLIERE PROFESSIONALE GENERALE
IL CONSIGLIERE CAPITOLARE GENERALE
Ha la cura e la vigilanza )per mezzo degl’Ispettori, ai quali tocca la cura e la vigilanza diretta) dei confratelli soggetti al servizio militare. – Esercita pure una cura particolare sulle nostre Missioni, assistendo specialmente i Confratelli Missionari con l’aiuto morale e col consiglio, anche circa i rapporti con le autorità ecclesiastiche – Svolge ancora le pratiche riguardanti i soccorsi materiali destinati alle Missioni.
IL SEGRETARIO DEL CAPITOLO SUPERIORE (p.36)