Omelia 25 gennaio 2009

«Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al Vangelo»

III Domenica del tempo ordinario (B)


Carissimi fratelli e sorelle,

concludiamo le nostre Giornate di Spiritualità della Famiglia Salesiana, che ci hanno visto adunati in gioiosa celebrazione e riflessione attorno al tema della Strenna 2009 che ci invita ad impegnarci a fare della nostra famiglia un immenso movimento di persone per la salvezza dei giovani.


Questo passaggio implica un cambiamento di mentalità, un allargamento del cuore e una volontà decisa di camminare e lavorare insieme come ci ha voluto Don Bosco, tenendo in conto che quello che importa è la crescita del Regno attraverso la realizzazione della nostra missione salesiana.


La Parola di Dio che oggi ci è stata proclamata, una Parola che, come al sempre, viene ad illuminare la nostra vita e a progettarla per renderla più conforme con il disegno di Dio, può essere letta in perfetta sintonia con il programma spirituale e pastorale della Strenna.

In effetti, la liturgia di questa domenica è caratterizzata dall’appello pressante di Cristo a convertirsi per avere salvezza: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al Vangelo». Ci troviamo davanti alla sintesi di quello che è stato il contenuto della predicazione di Gesù. Si tratta della pienezza dei tempi di cui parla San Paolo nella lettera ai Galati (4,4) che ha fatto scoppiare il regno di Dio nella stessa persona di Gesù, nei cui confronti si gioca tutto per tutte le persone alle quali viene offerta un’occasione che non verrà più riproposta: o salvare la vita e perderla. Perciò non c’è tempo se non per la conversione e l’accettazione del Vangelo.


«Il tempo ormai si è fatto breve»

Questo senso di “urgenza” si avverte già nella prima lettura, che ci descrive la predicazione di Giona a Ninive: «Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta». Proprio perché non c’era tempo da perdere, “i cittadini di Ninive credettero a Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, dal più grande al più piccolo… e Dio si impietosì riguardo al male che aveva minacciato di fare loro e non lo fece”. L’aver accettato nel tempo giusto l’appello del profeta è valso ai Niniviti la salvezza loro e della città: pochi momenti possono decidere per una vita intera!


Soprattutto questo senso di “urgenza” si avverte nel brevissimo brano paolino, proposto come seconda lettura e ripreso dalla 1ª lettera ai Corinzi. In esso Paolo, per far cogliere meglio ai suoi lettori il valore della verginità come scelta radicale che fa aderire “con cuore indiviso” al Signore, fin da questo momento, ricorda che tutta la vita cristiana è sotto il segno della “provvisorietà” e della “fugacità”, che non consentono ritardi nella decisioni per Dio: “Questo vi dico, fratelli, il tempo ormai è fatto breve; d’ora innanzi, quelli che hanno moglie vivano come se non l’avessero; coloro che piangono, come se non piangessero, e quelli che godono come se non godessero…; quelli che usano del mondo, come se non ne usassero appieno: perché passa la scena di questo mondo!”.


Non c’è dunque alcun valore nella vita (come quello della famiglia, della gioia, del commercio, del lavoro, ecc.) che può fare da diagramma fra Dio e l’uomo e “ritardare” la nostra totale adesione al Signore. Il “consacrato” – e tutti noi lo siamo in virtù del nostro battesimo e inoltre in virtù della professione religiosa o di una promessa – è precisamente colui o colei che si è trasferito affettivamente al di là degli illusori giochi della “scena di questo mondo”, per radicarsi solo in Dio. Pur rimanendo nel tempo, è già al di là del tempo perché ha “sposato” Cristo come valore definitivo e assoluto! Ciò che gli permette fin dal presente di inserirsi nell’ éschaton, non è la fuga dal precipitare delle cose verso la fine, quanto l’aver fatto irrompere nella sua esistenza la “pienezza” di vita del Cristo, quello che, con termine evangelico, possiamo appunto dire «il regno di Dio».


Questo si identifica con Cristo, in quanto egli, nel mistero dell’incarnazione, con le sue parole e con le opere trasferisce già tra gli uomini la presenza e la potenza trasformante di Dio. In Cristo “il regno di Dio” ha già fatto irruzione nel mondo, anche se la sua completezza si potrà avere solo quando il ciclo della storia, che di questo regno porta i fermenti e le parziali realizzazioni, si sarà concluso. Proprio perché il “regno di Dio” è già presente in Cristo, gli uomini non possono non prendere posizione: o entrarvi o rimanerne fuori! Chi lo rifiuta o non sa vederlo, rimarrà per sempre travolto dai turbamenti della temporalità, nella povertà di un esistere senza valore e senza significato.


Ecco perché sia tanto importante che possiamo portare i giovani a Cristo e Cristo ai giovani. Altrimenti rischiano di navigare senza bussola nel mare della vita e senza l’energia per viverla in pienezza come dono di sé.


«Convertitevi e credete al Vangelo»

Però l’entrarvi non è facile. Se è vero che il “regno” è un’offerta gratuita da parte di Dio, è altrettanto vero che vi si entra solo a condizione di diventare noi stessi “regno”, cioè a dire trasformandoci, diventando capaci di assimilare il dono che ci viene offerto, sintonizzando con tutte le esigenze nuove che nel dono stesso ci vengono proposte, rinnovando perciò la nostra vita. È quanto viene espresso dal duplice invito o, meglio, comando imperioso, che segue alle precedenti affermazioni: «Convertitevi e credete al Vangelo». La “conversione” significa cambiamento di mentalità, capovolgimento dei criteri di valutazione di tutta la realtà e di tutte le situazioni (cf. il discorso della montagna). Tutto questo è possibile solo a condizione di accettare la nuova “logica” del regno, che però non quadra con le nostre categorie razionali o con i criteri del mondo. È il senso dell’ultimo invito di Gesù: «E credete al Vangelo». Il credere è affidarsi completamente a Cristo e fare nostra la proposta del suo Vangelo.


L’esempio concreto di una risposta piena, come a sottolineare l’urgenza dell’appello e della decisione davanti alla proposta del regno che ci sta davanti nella persona di Cristo, è costituito dalla successiva scena della chiamata dei primi quattro discepoli. La chiamata di Gesù li coglie di sorpresa, come pesci nella rete: «Seguitemi, vi farò diventare pescatori di uomini». Quello che colpisce in questa scena è la rapidità con cui si svolgono sia la chiamata, sia la risposta: «E subito, lasciate le reti, lo seguirono». È una prontezza che non si lascia dietro nulla! Questi uomini hanno saputo rompere con il passato; persino la famiglia passa in second’ordine; quello che vale è “seguire” Cristo, diventare “pescatori” di altri uomini, per partecipare al “regno di Dio” che è vicino, che ormai è in mezzo a loro. Ecco il grandioso esempio che Marco vuole offrire ai suoi lettori di come si accetta il “regno di Dio”: “trasformandosi” e “credendo” al Vangelo. Ecco quanto Don Bosco si attende della sua famiglia spirituale ed apostolica: un gesto simile a quello del gruppo di giovani che radunati nella sua camera il 18 dicembre del 1859, 150 anni or sono, decisero di lasciare i propri sogni e progetti per fare proprio il sogno e il progetto suo: la salvezza dei giovani. Anche loro, lasciato tutto lo seguirono. “Frate o no, io resto con Don Bosco”.


Mi auguro che come Famiglia Salesiana saremo capaci, a conclusione di queste Giornate di Spiritualità, di accogliere questo invito pressante alla conversione, alla piena adesione a Cristo, alla accoglienza del suo Regno, alla missione perché altri in Lui abbiano la vita eterna.



Don Pascual Chávez Villanueva,

Roma, Casa Generalizia – 25 gennaio 2009