“Le camerette” di don Bosco
Dietro il Coro e i locali della sacrestia, all’angolo di Via Magenta e via Varese vi è un ambiente denominato “Camerette di Don Bosco”: servirono da dimora al Santo nel 20° ed ultimo viaggio a Roma, dal 30 aprile al 18 maggio del 1887.
Erano due modeste camere, una da letto e l’altra per ricevere i tanti visitatori che desideravano vederlo e parlargli, anche se per pochi momenti. Il luogo fu aperto al pubblico nel 1934, dopo la canonizzazione di Don Bosco. Nel 1969, l’ambiente, con l’abbattimento della parete divisoria, è stato trasformato in cappella e mostra degli oggetti usati dal Santo, che vi trascorse il maggior tempo, perché solo raramente scese in chiesa (per l’inaugurazione dell’organo, per la solenne consacrazione, per l’unica Messa all’altare di Maria Ausiliatrice) a causa della grave infermità alle gambe: la sistemazione attuale è stata realizzata su disegno dell’arch. Sergio Checca. Appoggiato alla parete l’armadio-altare dove il Santo celebrava, il divano, l’inginocchiatoio, la spalliera del letto e oggetti esposti in vetrina. Al centro un altare-tavolo posteriore per le celebrazioni eucaristiche, richiesta da singoli e gruppi di fedeli in visita. Sono iniziati i lavori per una sistemazione definitiva, che prevede il restauro conservativo dell’antica camera con gli oggetti dell’epoca, lo spazio antistante per le celebrazioni e la preghiera. Di fronte alle camerette vi sarà uno spazio adibito per l’esposizione museale e illustrazione del materiale, risalente a Don Bosco, ma anche al successore Don Michele Rua e del primo vescovo e cardinale Giovanni Cagliero, allievo del Santo, della prima ora dell’Oratorio di Valdocco.
I lavori sono affidati alla Ditta Castelli Re di Roma, sottola direzione dell’arch. Paolo Carrino, della Carrino Conti, architetti Associati. Nell’intervento il visitatore inizia il percorso dal museo e al termine della visita arriva in uno spazio neutro da cui si accede alle camerette.
In questo ambiente avvennero due episodi straordinari: lasciamo la descrizione alle Memorie Biografiche.
“Due grazie segnalate furono attribuite alla benedizione di Don Bosco. Alle tre pomeridiane del giorno 12 (maggio), mentre si faceva la seconda prova sull’organo, due distinte persone, marito e moglie, si presentarono alla sua porta, chiedendo di essere introdotte. Il segretario disse che in quel momento egli riposava. Ma essi con le lacrime agli occhi lo supplicavano di annunziarli, perché venivano da molto lontano e avevano bisogno di parlargli subito. Don Viglietti allora si indusse a fare l’ambasciata. Il Servo di Dio condiscese a riceverli. Appena furono dinanzi, si posero in ginocchio, e la signora gli chiese la guarigione di un braccio da gran tempo paralizzato. Don Bosco rispose che la intendessero con il Sacro Cuore, facendo una elemosina per la sua chiesa.
-Marito mio- chiese la donna -quanto abbiamo ancora di denaro? -Un biglietto da cinquecento lire, rispose. Basterà questa somma, signor Don Bosco?- “Io non mercanteggio la elemosina, disse il Santo, ma ricordo che facciano un’offerta proporzionata alle loro forze”.
Il signore allora depose sul tavolo una carta da cinquecento. Don Bosco, fatta breve preghiera, benedisse l’inferma, che si sentì immediatamente guarita, mosse il braccio in tutti i sensi e non capiva più in sé dalla gioia!
Erano da poco usciti quei due, che giunse una camerata di chierici del Seminario Pio, i quali venivano per ringraziare Don Bosco d’un grande favore. Il giorno 10 (maggio) gli avevano condotto un loro compagno da due anni sordo, affinché lo benedicesse.
Don Bosco si era secondo il solito raccolto un po’ in preghiera, poi l’aveva benedetto e gli aveva sussurrato all’orecchio qualche giaculatoria. Lì per lì non si vide alcuna novità, tant’è vero che i chierici si erano licenziati; ma quando si trovarono fuori, avvertirono che il sordo udiva benissimo tutto quello che essi dicevano; egli anzi ripeté le giaculatorie pochi minuti avanti dette da Don Bosco. Il loro pensiero fu di correre a casa per portare a tutti la strepitosa notizia; i Superiori li mandarono poi a dir grazie (a Don Bosco)...” (E. Ceria, M.B. XVIII. DD. 327-328).