Beato ARTEMIDE ZATTI (1880-1951)
Con don Bosco comunque!
La vocazione di un Salesiano Coadiutore
La famiglia Zatti è un’umile famiglia di contadini che decide di lasciare il proprio paese, Boretto in Italia, in cerca di maggior fortuna e per sfuggire alla pellagra. L’emigrazione in Argentina, quando Artemide ha 15 anni, è una conseguenza necessaria della povertà della famiglia. I Zatti sono una famiglia molto religiosa, hanno buoni rapporti con la chiesa, pregano quotidianamente in famiglia, conservando una frequente vita sacramentale. Artemide passa la sua infanzia in parrocchia, servendo la messa e nel resto del tempo, lavora in campagna. Chi lo ha conosciuto dice di lui: “Un giovane sempre misericordioso, allegro e gran lavoratore, umile, silenzioso e molto affettuoso, sempre obbediente e rispettoso verso i genitori”. Nei duri e faticosi lavori di campagna, impara subito ad affrontare le fatiche e le responsabilità che lo avrebbero sempre accompagnato negli anni di apostolato. Artemide partecipa assiduamente alla liturgia e vive una profonda carità nel servizio ai malati. Due colonne portanti di tutta la sua vita.
Su queste basi Artemide matura una spontanea e sentita vocazione salesiana. La serietà del suo impegno spirituale, un sincero cammino di discernimento e la volontà di servire Dio e il prossimo, lo conducono ad abbracciare la missione di don Bosco. La sua vocazione sboccia dalla lettura della vita di Don Bosco, dopo aver fatto amicizia con un salesiano “calamitante”, come era il parroco don Cavalli che lo seguì per tutta la vita. Durante gli anni di formazione si dimostra disciplinato, umile nei servizi e nel lavoro manuale, nonché nello studio. Ai malati, da lui tanto amati e accuditi, risulta commovente ed edificante lo sforzo di questo giovane che lotta per conquistare la meta della vita religiosa e sacerdotale, affrontando le fatiche e le prove difficili ed aspre che la vita gli riserva. Presto, Zatti è colpito da tubercolosi, contagiato da un giovane sacerdote che stava aiutando proprio perché molto malato. I Superiori, date le circostanze della sua malattia, gli propongono di professare come salesiano coadiutore. In questo salesiano laico rivive la celebre espressione del Cagliero che davanti ai dubbi di alcuni suoi compagni se farsi “frate” o meno, esclama con significativa immediatezza: “Frate o non frate, io resto con Don Bosco”. Anche Zatti non ha bisogno di riflettere a lungo per capire che sacerdote o no, intende restare con Don Bosco. E ci resta, vivendo in pienezza l’originale vocazione del “coadiutore”.
Consacra la sua vita ai malati, in ringraziamento all’Ausiliatrice per essere stato guarito. Si procura la dovuta preparazione con i titoli di farmacista e infermiere. Responsabile in pratica dell’ospedale, ne cura il trasferimento in una nuova sede; allarga la cerchia dei suoi assistiti raggiungendo, con la sua inseparabile bicicletta, tutti i malati della città, specialmente i più poveri – sarà ricordato in tutta la Patagonia come el amigo de los pobres - senza mai esigere compensi, ma sempre generosamente ricompensato. Conosce la strettezza dei debiti, ma la provvidenza non gli viene mai meno. Amministra tanto denaro, ma la sua vita è poverissima: per il viaggio in Italia gli si dovettero prestare vestito, cappello e valigia. Amato e stimato dagli ammalati che a volte preferiscono lui ai medici; amato e stimato dai medici che gli danno la massima fiducia, e si arrendono all’ascendente che scaturisce dalla sua santità: “Quando sto con Zatti, non posso fare a meno di credere in Dio”, esclama un giorno un medico che si proclamava ateo. Il segreto di tanto ascendente? Eccolo: per lui ogni ammalato era Gesù in persona. Alla lettera! Da parte dei superiori fu raccomandato un giorno di non superare, nelle accettazioni, il numero di 30 ammalati. Lo si sente mormorare: “E se il 31° fosse Gesù in persona?”. Da parte sua non ci sono dubbi: tratta ciascuno con la stessa tenerezza con cui avrebbe trattato Gesù stesso, offrendo la propria camera in casi di emergenza, o collocandovi anche un cadavere in momenti di necessità. Spesso la suora guardarobiere si sente interpellare: “Ha un vestito per un Gesù di 12 anni ?”. Continua instancabile la sua missione tra i malati con serenità, fino al termine della sua vita, senza prendersi mai alcun riposo.
La simpatica figura di Artemide Zatti è un invito a proporre ai giovani il fascino della vita consacrata, la radicalità della sequela di Cristo obbediente, povero e casto, il primato di Dio e dello Spirito, la vita fraterna in comunità, lo spendersi totalmente per la missione. I giovani sono sensibili a proposte di impegno esigente, ma hanno bisogno di testimoni e guide che sappiano accompagnarli nella scoperta e nell’accoglienza di tale dono. La vocazione del salesiano coadiutore fa parte della fisionomia che Don Bosco volle dare alla Congregazione Salesiana. Certo, è una vocazione non facile da discernere e da accogliere; essa sboccia più facilmente laddove sono promosse tra i giovani le vocazioni laicali apostoliche e viene loro offerta una gioiosa ed entusiastica testimonianza della consacrazione religiosa, come quella di Artemide Zatti.