2005|it|11: Ringiovanire il volto: Comandare significa servire

40 ANNI DAL CONCILIO

di Pascual Chávez Villanueva


RINGIOVANIRE

IL VOLTO


COMANDARE

SIGNIFICA SERVIRE


Voi avete enormi responsabilità che richiedono da voi molta lucidità, tenacia, apertura e rispetto delle esigenze fondamentali dell’uomo” (Gordon Hinkley). Un profilo del capo di stato cristiano.


Ci sono stati capi di governo che si sono fatti santi col buon esercizio della loro missione. San Paolo dice che chi governa deve farlo sapendo di esercitare una autorità che gli è stata delegata. In concreto, il capo di governo cristiano agirà trovando ispirazione per la propria vita personale e per l’attività politica nella fede che professa. Per san Francesco di Sales, ognuno deve cercare la propria perfezione nello stato di vita e nella professione che ha scelto. Insomma, le qualità più richieste per un capo di Stato cristiano sono una fede profonda, il timor di Dio e l’amore al prossimo, oltre, naturalmente, a qualità umane come la sincerità, la discrezione, la tenacia, lo spirito di sacrificio, e la capacità autocritica. Non è perciò uno scandalo che molti Papi siano stati elevati all’onore degli altari. Può sorprendere, invece, di trovare tra re, principi, e grandi della terra, uomini e donne che hanno fatto del Vangelo la loro norma di governo e della sequela di Cristo l’ideale di vita. Ve ne sono stati, e in abbondanza.


Costantino fu il primo che riconobbe il cristianesimo come religione del suo impero, cercando di basare il suo governo sulla dottrina evangelica. Teodosio il Grande fu strenuo difensore dell’ortodossia cristiana e scoraggiò la pratica della vecchia religione pagana, in forma anche troppo violenta. Carlo Magno, a sua volta, fu un caparbio difensore della fede e organizzò diverse campagne per l’evangelizzazione dei Sassoni, pur essendo la sua vita privata non molto coerente con la fede professata. Santo Stefano d’Ungheria si distinse per il grande amore alla Vergine e la generosità verso i poveri: “Essi rappresentano meglio di nessun altro Gesù Cristo che voglio servire in modo particolare”. Per conoscere la situazione dei più bisognosi si travestiva da muratore, spesso di notte usciva a chiedere l’elemosina. Il popolo diceva: “Re Stefano converte più persone con l’esempio che con le leggi”. Altrettanto si può dire di sant’Enrico imperatore che rimise nella sede di Roma papa Benedetto VIII. Soleva ripetere: “Dio non mi ha dato l’autorità per far soffrire la gente, ma per cercare di fare il maggior bene possibile”. Grande influenza ebbe san Ludovico (Luigi IX) di Francia. Sua madre, Bianca di Castiglia, gli ripeteva che avrebbe voluto vederlo piuttosto morto che in disgrazia di Dio, e lui dichiarava di aver tenuto presente l’avvertimento per tutta la vita.


Forse ancor più grande è il numero delle regine che si sono distinte per la pietà cristiana, l’educazione dei figli, la carità e generosità verso i poveri. Citiamo solo santa Matilde madre dell’imperatore Ottone, santa Elisabetta d’Ungheria e sua cugina Elisabetta del Portogallo. Non minore rilevanza ebbero personaggi politici giunti a dare la vita per le loro convinzioni cristiane: san Thomas More, cancelliere dello Scacchiere, uomo di grande prestigio alla corte di Enrico VIII. Preferì morire piuttosto che riconoscere il monarca quale Capo della Chiesa, titolo che si era conferito da sé, dopo che Roma non aveva legittimato il ripudio della sua prima moglie. Pochi istanti prima della sua esecuzione ripeteva: “Muoio come buon servitore del re, ma prima ancora di Dio”. Lo stesso si può dire del suo amico il vescovo san John Fisher, giustiziato alcuni giorni prima per lo stesso motivo. Una fede forte è garanzia di onestà e di generosità nel servizio degli altri. Il cristiano, consapevole della caducità dei beni e degli onori temporali, sa che tutto è orientato al Regno di Dio che si comincia a costruire sulla terra con la coerenza della vita e l’amore verso il prossimo. Come insegna Calderòn de la Barca, “quel che importa non è tanto il ruolo che ci tocca rappresentare, quanto la qualità della rappresentazione”.


Oggi si parla della costruzione dell’Unione Europea, di nuovi spazi politici e sociali, di una nuova cultura. Allo stesso tempo s’invoca la laicità degli stati come regola suprema di libertà. In linea di principio ciò può essere positivo: “in una società pluralista, la laicità è un luogo di comunicazione tra le diverse tradizioni spirituali e la nazione”, diceva Giovanni Paolo II. Ma sempre più spesso appare un laicismo aggressivo e anticlericale che affonda le sue radici nell’Illuminismo e “informa” le stesse istituzioni civili. È bene ricordare che i padri di questa nuova Europa, K. Adenauer, A. De Gasperi, R. Schuman, sono stati uomini di profonde convinzioni cristiane che trovarono nel Vangelo lo stimolo alle loro migliori intuizioni politiche, per dare ai loro popoli, appena usciti dalla seconda guerra mondiale, un futuro di pace, democrazia e benessere. Il secolarismo radicale che stiamo vivendo vuole prescindere da ogni riferimento a Dio nella vita pubblica, col pretesto del rispetto di tutti, in realtà perché è scomparso dalla vita privata dei governanti e dei loro ideologi. L’uomo si ritiene capace di leggere la storia alla sola luce della ragione, ma dal momento in cui si è fatto uomo Dio ha voluto fare propria la stessa storia umana.