S TRENNA 2008
di Pascual Chávez Villanueva
EDUCARE CON IL CUORE DI DB
LA PORTATA SOCIALE DELL’EDUCAZIONE SALESIANA
“Se voglio… sentire gli sbandati e i drogati, i senza lavoro e i senza speranza come fratelli, non come diversi; se voglio tradurre il cristianesimo in opere, anche sociali, e direi santamente socialiste… se voglio avere un contatto non paternalistico ma paterno, non autoritario ma autorevole, non repressivo ma comprensivo, non di comunicazione ma di comunione… ho perfettamente capito che devo rivolgermi a Don Bosco”1.
Conosciamo le origini dell’opera salesiana. Don Bosco stesso fa la descrizione dei primi oratoriani: “L’Oratorio era composto di scalpellini, muratori, stuccatori, selciatori, quadratori e di altri che venivano da lontani paesi. Essi non essendo pratici né di chiese né di compagni erano esposti ai pericoli di perversione”2. I destinatari del carisma di Don Bosco sono dunque i giovani più bisognosi, quelli degli ambienti popolari, del mondo del lavoro. Nella sua lettera circolare “Si commosse per loro”, Don J. Vecchi attira l’attenzione sul nuovo scenario dell’impegno educativo dei salesiani: “I fattori economici, sociali e culturali stanno determinando una nuova configurazione della società. Variano dunque, almeno parzialmente, le urgenze della nostra missione: i soggetti da preferire, i messaggi evangelici da diffondere e i programmi educativi da mettere in atto”3. Le antiche e le nuove povertà giovanili sono un’interpellanza costante alla creatività del carisma e lo rendono attuale. Spesso la televisione offre immagini, dimensioni ed effetti della povertà, come la fame, l’esodo di migliaia di profughi vittime di conflitti etnici, discriminazioni religiose, guerre d’interesse. E ancora, l’inurbamento precario che costituisce il fenomeno dell’emarginazione urbana, l’immigrazione, il lavoro minorile, la situazione della donna, lo sfruttamento sessuale del minore, i bambini soldato, ecc. È un quadro a tinte fosche, e pur tuttavia incompleto. L’attenzione per gli “ultimi” è sempre presente all’orizzonte dei nostri progetti, intendendo per ultimi i giovani a rischio, la povertà economica, culturale e religiosa, i poveri sul piano affettivo, morale e spirituale, i sofferenti a causa della problematica familiare, i giovani che vivono al margine della società e della Chiesa4.
La prima risposta è il lavoro educativo con questi giovani. Il carisma salesiano continua a scrivere pagine gloriose di storia mettendo in marcia vasti progetti sociali di prevenzione e di assistenza in tutti i continenti: nei campi di rifugiati, coi ragazzi di strada, nel ricupero dei bambini-soldato e dei ragazzi sfruttati sessualmente, nei molteplici programmi a favore degli emigrati. La forza educativa del Sistema Preventivo si dimostra efficace nel ricuperare ragazzi sviati e prevenire scelte peggiori quando si è già cominciato a camminare per sentieri sbagliati. Dobbiamo, però, evitare una certa “moda pauperistica”, che diventa demagogia e ci porta a parlare dei poveri, senza agire a favore dei poveri. Non è possibile educare ai valori della compassione e della solidarietà con un’ottica di soddisfatti e di potenti, e nemmeno di neutralità. Per educare alla solidarietà e alla giustizia occorrerà adottare il luogo sociale delle “vittime”. La Chiesa ha sempre visto nei poveri “un luogo teologico d’incontro con Dio”. In seguito a una lettura evangelica della realtà del continente latino-americano la conferenza di Puebla afferma “la necessità di conversione di tutta la Chiesa a un’opzione preferenziale per i poveri, in vista della loro liberazione integrale”5.
L’accelerazione dei tempi, il ritmo vertiginoso con cui si succedono gli avvenimenti possono giungere ad anestetizzare la nostra sensibilità o quella dei giovani. Bisognerà cercare i “mezzi pedagogici adeguati” per mantenere il cuore sempre aperto al grido della vita che cerca sopravvivenza e dignità. È qui dove l’educazione deve dire la sua parola critica come strumento di analisi della realtà e per rimuovere tutto ciò che non sembra giusto. Davanti a un mondo individualista e non solidale, l’educazione deve puntare a superare l’indifferenza e a risvegliare sentimenti di interesse per la tematica sociale, agevolare la conoscenza del mondo che ci attornia e imparare a valutarlo criticamente e a sentirsi responsabile e protagonista di quanto avviene, partecipando all’elaborazione di risposte che superino il ricorso alla violenza. La povertà e l’emarginazione non sono un fenomeno solo economico, bensì una realtà che riguarda la coscienza e una sfida alla mentalità della società. Per questo l’educazione morale e il lavoro pedagogico si presenta come qualcosa di veramente urgente nei confronti di una società in cui i grandi problemi dell’umanità e i princìpi che regolano i rapporti tra persone e Paesi, e con l’ambiente naturale, richiedono nuovi orientamenti etici e morali, più ancora che soluzioni tecniche e scientifiche.
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Il primitivo oratorio era composto da garzoni muratori, scalpellini, calzolai , ecc… provenienti dai paesi più poveri del regno sabaudo.
La cappella Pinardi, la casa dei primi giovanissimi ospiti dell’Oratorio.
Il carisma salesiano continua a scrivere pagine gloriose di storia in tutti i continenti…
1 ITALO ALIGHIERO CHIUSANO
2 “Memorie dell’Oratorio di San Francesco di Sales..”, SEI, Torino, 1946 , p.129 [Seconda decade, 13°].
3 J.E.VECCHI, ACG 359, p.5 [“Si commosse per loro”]
4 Cfr. “El proyecto de vida de los Salesianos de Don Bosco”, Roma 1986, p.313-315
5 Documento di Puebla, nn.1134-1165