301-350|it|350 Convocazione del Capitolo Generale 24

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CONVOCAZIONE DEL CAPITOLO GENERALE 24



Introduzione. - 1. Convocazione ufficiale. - 2. La scelta dell’argomento da trattare. - 3. Una rapida lettura della tradizione salesiana. - 4. L’enunciazione del tema capitolare. - 5. Che significato diamo al termine «laici». - 6. La «secolarità», la «dimensione secolare» della Congregazione, l’«indole secolare» del fedele laico. - 7. Laici con lo spirito di Don Bosco. - 8. Una comunità salesiana animatrice di laici. - 9. Stimoli del prossimo Sinodo per nuove vie coi laici. - 10. Invito alle Ispettorie. - Conclusione.

Lettera pubblicata in ACG n. 350



Roma, 15 agosto 1994

Solennità dell’Assunzione della B. V. Maria


Cari confratelli,


questo scorcio del 1994 e tutto il 1995 rappresentano per noi un tempo ricco di grazia.

Il Signore ci farà vivere, tra pochi giorni, il Sinodo episcopale su «la Vita consacrata e la sua missione nella Chiesa e nel mondo».

Ho avuto modo di richiamare alla vostra attenzione questo evento di Chiesa; è stato affidato alla riflessione delle comunità e alla preghiera dei singoli confratelli.

Vi chiedo di essere generosi: tutto il bene che ne profluirà sarà ancora a nostro vantaggio e per la crescita della autenticità evangelica.

Le comunità, durante le settimane di celebrazione del Sinodo, offrano una preghiera speciale di adorazione, invocando la luce e la forza dello Spirito Santo.

Avremo modo di ritornare sui contenuti e sulle conclusioni del Sinodo, in quanto interesseranno direttamente la nostra vita.

Questa circolare vi porta l’annuncio ufficiale della convocazione del prossimo Capitolo Generale 24 che impegnerà le comunità ispettoriali durante l’anno 1995, per la preparazione dei contributi da far pervenire al Regolatore che organizza i lavori dell’assemblea mondiale.

Siamo un po’ abituati a sentir dire che il Capitolo Generale è «una cosa della massima importanza», per ripetere le parole di Don Bosco nell’anno 1877.1

È certo che le Costituzioni danno gran rilievo al Capitolo Generale: «Il Capitolo generale è il principale segno dell’unità della Congregazione nella sua diversità. È l’incontro fraterno nel quale i salesiani compiono una riflessione comunitaria per mantenersi fedeli al Vangelo e al carisma del Fondatore e sensibili ai bisogni dei tempi e dei luoghi. Per mezzo del Capitolo generale l’intera Società, lasciandosi guidare dallo Spirito del Signore, cerca di conoscere, in un determinato momento della storia, la volontà di Dio per un miglior servizio della Chiesa».2Anche senza entrare nella visione completa di ciò che è un Capitolo, bisogna riconoscere che la sua convocazione è particolarmente significativa ed è chiamata ad assolvere a impegni molto importanti.



1. Convocazione ufficiale


Con la presente lettera intendo, ufficialmente e a norma delle Costituzioni 150, convocare il Capitolo Generale 24.

Adempio anche quanto viene richiesto dagli articoli dei Regolamenti generali 111 e 112:

* comunico di aver designato come Regolatore del Capitolo Generale 24 il confratello don Antonio Martinelli, Consigliere generale per la Famiglia Salesiana e per la Comunicazione sociale;

* dopo aver ascoltato il parere del Consiglio generale, che riportava anche l’orientamento preferenziale delle varie Regioni salesiane, abbiamo scelto come tema il seguente:

«SALESIANI E LAICI:

COMUNIONE E CONDIVISIONE

NELLO SPIRITO E NELLA MISSIONE DI DON BOSCO»;

* abbiamo indicato come data d’inizio, dopo aver analizzato un possibile iter di preparazione, il giorno 18 febbraio 1996, presso la Casa generalizia in Roma, via della Pisana 1111.

Il Capitolo inizierà con gli Esercizi spirituali.

C’è da prevedere che l’impegno capitolare si protrarrà per un paio di mesi circa, non oltre il 20 aprile;

* è stata nominata, a suo tempo, la «Commissione tecnica» che insieme al Regolatore ha stabilito l’iter di preparazione e ha provveduto all’elaborazione del sussidio da inviare alle Ispettorie per la sensibilizzazione e la partecipazione attiva al prossimo Capitolo Generale. Troverete il risultato del loro lavoro in altra sezione del presente numero degli Atti.

La norma dei Regolamenti chiede che il Rettor Maggiore indichi con una sua lettera «lo scopo principale del Capitolo». È la finalità di questa circolare.

Non va dimenticato, però, che l’altro aspetto importante e vitale del Capitolo è l’elezione del Rettor Maggiore e dei membri del suo Consiglio. Intendo richiamare questo impegno, non per un puro adempimento formale, ma per richiedere a tutti i confratelli partecipazione e corresponsabilità,3 attraverso la preghiera abbondante perché il Signore conceda alla Congregazione i superiori di cui l’attuale momento storico della Chiesa, del mondo e dei giovani necessita. Dal loro servizio di animazione e di governo, dalla loro docilità all’impulso dello Spirito, dalla loro capacità di essere legati al carisma di fondazione del nostro Padre Don Bosco, dipenderà in forma speciale l’incremento numerico e qualitativo della nostra Società.



2. La scelta dell’argomento da trattare


Già il Capitolo Generale 23 aveva indicato alla Congregazione un compito preciso e impegnativo in riferimento ai laici. Era stato espresso con le seguenti parole rivolte al Rettor Maggiore e al Consiglio generale: «Il Rettor Maggiore, tramite i Dicasteri competenti, offra elementi e linee per un “progetto laici”».4

In maniera inequivoca lo stesso Capitolo aveva affermato: «Urge pertanto un cambio di mentalità... in primo luogo nei Salesiani».5

Con la convocazione del Capitolo Generale 24 si riconosce che è giunto il momento di fare la verifica di queste affermazioni e di rilanciare in forma efficace il cammino delle comunità sull’impegno dell’auspicato progetto-laici.

In verità la sostanza di ciò che vogliamo realizzare oggi con il Capitolo Generale 24 parte da molto lontano e affonda le radici già nell’esperienza di Don Bosco.

Non possiamo, però, dimenticare che la Chiesa ha vissuto avvenimenti nuovi e profondamente rinnovatori proclamando l’ora del laicato.

Nuovi e rinnovatori sono stati, per esempio:

— la Lumen Gentium con il capitolo II sul Popolo di Dio e con il capitolo IV dedicato interamente al fedele laico;

— la Gaudium et Spes che analizza la presenza della Chiesa nel mondo e, dopo aver preso in esame e riformulata l’antropologia cristiana, passa a considerare nella seconda parte del documento i problemi più urgenti legati ai vari ambiti in cui il fedele laico è chiamato a realizzare la sua vocazione. Basti pensare ai problemi della famiglia, della cultura, dell’economia, della politica, della pace, e più ampiamente ai problemi del mondo;

— il decreto Apostolicam Actuositatem considera con attenzione e armonia le differenti prospettive in cui si realizza l’apostolato dei laici nella Chiesa, in sintonia con la sua missione globale, sottolineando l’impegno di evangelizzazione, quello di animazione cristiana nell’ordine temporale, infine quello caritativo;

— più vicina nel tempo, l’Esortazione apostolica di Giovanni Paolo II su vocazione e missione dei laici nella Chiesa e nel mondo, la Christifideles laici, per «suscitare e alimentare una più decisa presa di coscienza del dono e della responsabilità che tutti i fedeli laici, e ciascuno di essi in particolare, hanno nella comunione e nella missione della Chiesa».6

Alla luce di queste sostanziali novità ci interroghiamo: le intuizioni di Don Bosco sul laicato, il suo impegno per coinvolgerlo pienamente e responsabilmente nella sua missione, la ricerca continua fino al termine dei suoi giorni di collaboratori convinti e generosi, l’organizzazione pensata nella linea che l’unità fa la forza dei buoni, come sono state rinnovate da noi suoi eredi?

Da qui la scelta dell’argomento del Capitolo Generale 24, che offrirà a tutti i Confratelli e alle comunità gli orientamenti opportuni per rinnovare il rapporto Salesiani-Laici nella scia della tradizione più genuina.



3. Una rapida lettura della tradizione salesiana


Don Bosco ha intuito l’importanza essenziale che la sua missione giovanile e popolare fosse condivisa da un vasto movimento di persone (sacerdoti, religiosi e laici). Difatti ha condotto l’attività dei primi anni dell’Oratorio con il contributo di numerosi collaboratori, incominciando da quello prezioso di sua mamma, Margherita Occhiena.7

Li ha scelti tra coloro che mostravano attitudini e disponibilità soprattutto all’educazione dei giovani bisognosi.

Li impiegava principalmente nell’animazione del tempo libero, nella ricreazione, nell’assistenza e nel catechismo.

Curava la loro formazione d’inizio e progettava un cammino di formazione permanente incontrandoli spesse volte.8

Li coinvolgeva nella vita dell’Oratorio affidando loro incombenze specifiche.

Dalla ricca esperienza personale di Don Bosco è nata una proposta salesiana ai laici che intendono rispondere all’invito di «aiutare Don Bosco».

Il laico che offre il suo impegno a servizio della missione salesiana condivide l’ansia apostolica di Don Bosco, ne interpreta lo spirito e l’amore per i giovani. Viene quindi sempre più coinvolto in vere corresponsabilità fino a vivere in pienezza il protagonismo derivante dal suo carisma.

Il lavoro, la sensibilità e la disponibilità hanno rivelato fin dagli inizi una diversificata collaborazione e condivisione.

Noi, trattando l’argomento dei Cooperatori salesiani, abbiamo già fatto una minuziosa lettura della tradizione salesiana al riguardo. Vi invito a rileggere attentamente, negli ACG 318 (L’Associazione dei Cooperatori salesiani), quanto abbiamo già riflettuto sull’aspetto centrale che ci riguarda.

L’elemento determinante della presenza del laico non è per il nostro Fondatore solamente la capacità operativa e d’intervento attivo, ma primariamente la possibilità di condividere fino in fondo lo spirito che anima l’educazione e l’apostolato nel pensiero di Don Bosco.



4. L’enunciazione del tema capitolare


L’espressione utilizzata per indicare l’impegno del prossimo Capitolo Generale raccoglie alcune importanti prospettive:

• Salesiani e Laici in comunione d’intenti:

non una discesa dalla cattedra all’allievo, ma un rapporto interpersonale e istituzionale che va approfondito, curato, accompagnato in vista di un vicendevole arricchimento.

I Salesiani hanno qualcosa di assai prezioso da offrire ai laici, mentre questi hanno da presentare ai Salesiani elementi originali nel loro essere ed agire.

Questi rapporti mutuamente arricchenti hanno bisogno di radicarsi non tanto nelle necessità legate ad un eventuale numero decrescente dei Salesiani, quanto alla complementarità in una missione comune, ripensata secondo l’ecclesiologia conciliare.

• Comunione e Condivisione:

una espressione delle nostre Costituzioni coglie bene il senso e l’orientamento della formulazione del tema: si tratta di coinvolgere «in clima di famiglia, giovani e adulti, genitori ed educatori, fino a poter diventare un’esperienza di Chiesa, rivelatrice del disegno di Dio».9

Il termine comunione sottolinea la stretta relazione delle persone circa le finalità di convivenza, di mutua amicizia, di operatività, di intercomunicazione; quello di condivisione viene a rafforzare la comunione, sottolineando di più l’aspetto di partecipazione attiva da entrambe le parti.

• Spirito e missione di Don Bosco:

è un’espressione che si riferisce al suo carisma di educatore cristiano. Va ribadito che è proprio lo spirito genuino di Don Bosco che deve illuminare i mutui rapporti; come pure la sua concreta missione.

Sotto questo profilo diventa possibile, come vedremo, richiamare la diversità dei livelli nella comunione e condivisione da parte dei molti laici che operano accanto a noi o si ispirano al nostro progetto educativo.

Con questa espressione si richiama anche la comunità salesiana ad un impegno veramente prioritario: quello della formazione dei laici. I Salesiani dovranno, cioè, privilegiare i compiti di animazione spirituale e pedagogica, e curare di più gli interventi di formazione di collaboratori e corresponsabili, di fronte ad altri impegni.

Ancora su questo versante si pone l’indicazione del CG23, n. 232: «Urge pertanto un cambiamento di mentalità...in primo luogo nei Salesiani», per promuovere la professionalità, la capacità educativa e la testimonianza in ordine all’educazione alla fede.10

Lo spirito e la missione di Don Bosco, condivisi insieme da Salesiani e laici, richiederanno un cammino formativo comune, che sia tale non solo nei contenuti ma più di una volta anche nel tempo.

La contemporaneità di questa formazione faciliterà l’accoglienza dei doni di ciascuno e delle differenze vocazionali.



5. Che significato diamo al termine «laici»


Nelle nostre svariate e numerose presenze c’è, di fatto, uno spazio non piccolo per tante persone che noi chiamiamo «laici», ma che sono abbastanza differenti tra loro. Alcuni di essi sono credenti cattolici e praticanti, veri fedeli; altri possono essere tiepidi e non praticanti; altri ancora sono cristiani non cattolici, altri poi anche appartenenti a religioni non cristiane, altri infine miscredenti che persino si dicono atei: una varietà di persone secondo le caratteristiche ambientali della cultura del territorio in cui ci si trova.

Che dire poi del termine «laico» usato comunemente, fuori della cerchia ecclesiale, con una carica culturale e politica di tipo agnostico?

Noi non possiamo annegare i lavori del Capitolo Generale in un orizzonte così elastico che potrebbe paralizzare la volontà di obiettivi concreti.

Non interpreteremo rettamente il significato vivo che diamo al termine se non partendo dalla nozione conciliare (sviluppata nell’Esortazione apostolica Christifideles laici) che ci assicura il suo significato ecclesiale primo e pieno.

Tale ottica dovrà poi illuminare i vari livelli che constatiamo di fatto tra i «laici con significato ampio» che ci circondano; essa costituirà come il metro e la meta dei nostri rapporti di comunione e condivisione con loro. Non dovremo dimenticare mai che, per noi, si tratta sempre di laici in qualche modo impegnati e simpatizzanti con lo spirito e la missione di Don Bosco, che è oggettivamente un carisma dello Spirito Santo nella Chiesa per il mondo. Sarà, dunque, necessario ricordare — anche se brevemente — che cos’è un vero «fedele laico».

La Costituzione dogmatica Lumen Gentium così presenta il «laico»: «Col nome di laici si intendono qui tutti i fedeli ad esclusione dei membri dell’ordine sacro e dello stato religioso sancito dalla Chiesa, i fedeli cioè, che, dopo essere stati incorporati a Cristo con il Battesimo e costituiti Popolo di Dio e, a loro modo, resi partecipi dell’ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo, per la loro parte compiono, nella Chiesa e nel mondo, la missione propria di tutto il popolo cristiano».11

D’altra parte, lo stesso Concilio presenta l’inserimento dei laici nelle realtà temporali e terrene, non solo come un dato sociologico, bensì anche e specificamente come un dato teologico ed ecclesiale, come la modalità caratteristica secondo la quale vivere la vocazione cristiana: «Essi vivono nel secolo, cioè implicati in tutti e singoli gli impieghi e gli affari del mondo e nelle ordinarie condizioni della vita familiare e sociale, di cui la loro esistenza è come intessuta. Ivi sono da Dio chiamati a contribuire, quasi dall’interno a modo di fermento, alla santificazione del mondo mediante l’esercizio della loro funzione propria e sotto la guida dello spirito evangelico, e in questo modo, a rendere visibile Cristo agli altri, principalmente con la testimonianza della loro vita e col fulgore della fede, della speranza e della carità».12

Vivono come autentica vocazione la duplice frontiera di impegno: dentro la Chiesa e dentro il mondo.

L’armonizzazione della duplice appartenenza, in unità di vita personale, impegna tutti nella Chiesa a lavorare per la crescita di questa vocazione, secondo tre grandi urgenze ricordate dall’Esortazione apostolica Christifideles laici:

— l’indispensabilità di una formazione ecclesiale e sociale, dovendo essi impegnarsi sui due fronti;

— l’importanza di una spiritualità appropriata ed attuale, come risposta alle nuove esigenze della cultura odierna;

— il bisogno continuo di sostegno nel loro difficile cammino di presenza e di animazione, per essere e manifestarsi «sacramento dell’amore di Dio» agli uomini contemporanei.



6. La «secolarità», la «dimensione secolare» della Congregazione,

e l’«indole secolare» del fedele laico


Ma di fatto per noi il termine «laico», anche se illuminato da questo preciso significato conciliare, ha una valenza più ampia; essa ci obbliga a una riflessione più graduale e stimolante.

Pensiamo a come il Concilio Vaticano II ha rilanciato in forma nuova il concetto di «mondo» (il «secolo») ed ha ripensato le relazioni della Chiesa con esso: non «la Chiesa e il mondo», ma «la Chiesa nel mondo».

Emerge da ciò una visione della secolarità quale condizione esistenziale e sociologica di tutti: è un dato di fatto; lì c’è insieme tanto bene e anche tanto male. L’attuale processo di secolarizzazione vorrebbe conoscere meglio e sviluppare i molteplici suoi valori spesso trascurati da una mentalità riduttiva, anche se religiosa. Purtroppo, però, questo processo sfocia troppo facilmente in un secolarismo deleterio e immanentista.

Ad ogni modo una rinnovata teologia della creazione ci aiuta a interessarci a tanti valori della secolarità, facendoci scoprire il senso positivo del mondo, creato da Dio, prendendo in conto anche i suoi dinamismi di evoluzione e sviluppo (i segni dei tempi) che risultano collocati oggettivamente alla base delle sfide e interpellanze crescenti che oggi esigono nientemeno che una nuova evangelizzazione: per convincersi, basti considerare le «nuove frontiere» di cui parla l’Esortazione apostolica Christifideles laici.13

Purtroppo il secolarismo travisa il dato plurivalente della secolarità e fa sì che l’uomo, invece di essere la via della Chiesa, si trasformi in padrone usurpatore che manipola e devia i valori: causando così un antropocentrismo deleterio.

La secolarità senza il suo Creatore, senza Cristo che la ricapitola nella novità, è di fatto una realtà senza anima. Rimane sempre un dato fondante, prezioso e ricco di valori, ma le stesse sue ricchezze in mani inesperte servono a degenerarlo.

Cristo, la Chiesa, le vocazioni nascono nella secolarità, ma vi portano l’anima del Creatore e Salvatore. Così Gesù e tutto il Popolo di Dio sono portatori di una indispensabile dimensione secolare; essa aggiunge alla realtà del mondo una specialissima vocazione di salvezza. È importante, in quest’ottica, distinguere tra «secolarità» in se stessa e «dimensione secolare della Chiesa»: la prima è un dato di fatto, una condizione esistenziale e sociologica, è l’essere nel mondo coinvolti nel suo futuro, negli impegni della scienza, della tecnica, del commercio, della convivenza sociale, ecc., ma in modo che può essere parziale, riduttivo, immanente e deviante.

La «dimensione secolare della Chiesa», invece, comporta una assunzione peculiare della secolarità nei suoi valori ed implica un mandato operativo di salvezza da parte del Creatore e Salvatore: è una vocazione con ampie responsabilità per la liberazione del mondo.

Questa dimensione secolare, condivisa da tutto il Popolo di Dio, è realizzata in modo differente e complementare dai suoi membri.

Giustamente Paolo VI ha potuto affermare che tutta la Chiesa «ha un’autentica dimensione secolare, inerente alla sua intima natura e missione, la cui radice affonda nel mistero del Verbo incarnato, e che è realizzata in forma diversa per i suoi membri».14

In tal senso la 4a Conferenza episcopale latinoamericana ha unito indissolubilmente, sotto l’ottica sintetizzante di «Cristo ieri, oggi, sempre», l’annuncio del Vangelo con la promozione umana e la cultura cristiana.

Orbene: quando noi consideriamo i compiti propri della specifica vocazione di Don Bosco, vediamo massicciamente presenti in essa l’incisività e la peculiarità di una assai concreta «dimensione secolare». È un carisma suscitato nella Chiesa per il mondo: la scelta dell’educazione nel campo culturale, il senso operativo del rinnovamento della società umana, la coscienza delle carenze della città, le esigenze della famiglia, le sfide della gioventù bisognosa, la cura della retta coscienza popolare, l’efficacia della comunicazione sociale, ecc.

La stessa figura del salesiano coadiutore è un elemento originale di una chiara nostra dimensione secolare.

Il carisma di Don Bosco è una realtà ecclesiale che non avrebbe senso e fisionomia senza una sua concreta e assai impegnativa dimensione secolare; non avrebbe significatività senza il mondo, così com’è, nel quale si sente chiamato a una concreta collaborazione per rifare il tessuto cristiano della società umana. E questa dimensione secolare rende assai vicina la nostra Congregazione a vari impegni specifici dei laici, alla loro professionalità e alle loro competenze.

Nei laici, infatti, c’è da considerare, come caratteristica propria, l’indole secolare. «Certamente — afferma il Santo Padre — tutti i membri della Chiesa sono partecipi della sua dimensione secolare; ma lo sono in forme diverse. In particolare, la partecipazione dei fedeli laici ha una sua modalità di attuazione e di funzione che, secondo il Concilio, è loro propria e peculiare: tale modalità viene designata con l’espressione indole secolare».15

Per questi laici la «secolarità» passa da condizione esistenziale e sociologica a impegno vocazionale teologico. Ossia, la secolarità è assunta consapevolmente come elemento qualificante la propria esistenza cristiana; essa non rimane più semplicemente come un dato di fatto (l’essere nel mondo), ma diviene una libera scelta per vivere concretamente il battesimo. Il «secolo» diviene l’ambito e il mezzo della propria vocazione cristiana, «chiamati a contribuire, quasi dall’interno a modo di fermento», alla salvezza. Per loro, dunque, la secolarità non è solo «una realtà antropologica e sociologica, ma anche e specificamente teologica ed ecclesiale»: è il «luogo» della loro vocazione e missione. «Laico è un membro della Chiesa nel cuore del mondo e un membro del mondo nel cuore della Chiesa», hanno affermato i Vescovi latinoamericani a Puebla.

Tutto questo ci invita ad aver presente una osservazione particolarmente utile per affrontare bene il tema del prossimo Capitolo.

Vale la pena di sottolineare la vicinanza e la facile armonizzazione spirituale tra «dimensione secolare» della nostra Congregazione e l’«indole secolare» di tanti laici che condividono la scelta del settore culturale e sociale dell’educazione.

Non è solo una vicinanza fortuita, ma è oggettivamente un coinvolgimento operativo e vocazionale da promuovere affinché quello «spirito delle beatitudini» che dev’essere testimoniato splendidamente dai Religiosi16 divenga il clima evangelico anche della vita e delle attività di quei laici.17

Don Bosco Fondatore non ha rinchiuso il suo caratteristico spirito salesiano in due Congregazioni religiose, ma ha voluto piuttosto che queste fossero sorgente e centri animatori e distributori di tale ricchezza evangelica.

La crescita del carisma salesiano non è genuina senza una ulteriore comunione e condivisione con tanti laici.

Nel primo Capitolo Generale della Congregazione (1877) Don Bosco, parlando dei Cooperatori, disse: «una associazione per noi importantissima, che è l’anima della nostra Congregazione e che ci serve di legame ad operare il bene d’accordo e con l’aiuto dei buoni fedeli che vivono nel secolo...praticando tutto lo spirito dei Salesiani... Questi Cooperatori devono moltiplicarsi quanto è possibile».18



7. Laici con lo spirito di Don Bosco


Di laici con un po’ di spirito di Don Bosco ne troviamo a vari livelli: bisognerà saperli animare adeguatamente.

I Cooperatori sono i primi laici che condividono lo spirito e la missione di Don Bosco, anche più in là delle nostre opere: «missione» di Don Bosco e «opere» salesiane non si identificano. Vi invito a leggere il Regolamento di Vita apostolica, redatto originalmente dallo stesso nostro Padre e Fondatore per i Cooperatori, e recentemente rielaborato secondo le esigenze conciliari e approvato dalla Sede Apostolica.

Con i Cooperatori ci sono poi gli Exallievi (essi pure invitati, quando sono cristiani, a divenire Cooperatori) che, per l’educazione ricevuta, conoscono più da vicino lo spirito e la missione di Don Bosco; tra essi si trova una gamma più ampia di persone di buona volontà, anche al di fuori della Chiesa.

Bisogna, inoltre, ricordare tanti Collaboratori che con gradi diversi e specifici di partecipazione e coinvolgimento intervengono attivamente, in alcuni casi anche in maniera determinante, nel compimento della missione salesiana; sarebbe auspicabile che quelli cristianamente impegnati potessero divenire veri Cooperatori.

Occorre tener presente che il termine «collaboratore» comprende differenti categorie di persone: genitori dei giovani nostri destinatari, insegnanti, animatori di gruppo e del tempo libero, impiegati, volontari a vario titolo. Tutti questi intervengono in attività delle nostre opere a seconda delle possibilità effettive sia nel coinvolgimento del lavoro, sia nell’appartenenza allo spirito e alla missione salesiana.

Dobbiamo aggiungere, infine, quelli che sono chiamati Amici di Don Bosco, che comprendono numerose persone simpatizzanti (credenti, non cristiani, ammiratori e benefattori); essi hanno un denominatore comune: la simpatia verso Don Bosco, il suo spirito e la sua missione, e l’accettazione di collaborare nel bene, anche solo come benefattori, nel vasto ambito della nostra missione giovanile e popolare.

Se a tutti questi aggreghiamo i laici affidati a noi in determinate presenze, come le parrocchie, perché si riferiscono in qualche maniera a tutti gli abitanti di un territorio designato, troviamo tra loro, oltre alla gamma dei non cristiani e dei non credenti e non praticanti, anche gruppi cattolici con altre spiritualità che arricchiscono la Chiesa locale con carismi propri; ciò comporta una delicata e duttile capacità di animazione della loro identità, senza svigorire quella dovuta ai gruppi del nostro carisma.

Penso che noi, come Don Bosco, dobbiamo essere capaci di guardare a tutti questi laici senza escludere dalla nostra attenzione operativa nessuno che voglia in qualche modo condividere con noi le prospettive educative ed evangelizzatrici.

È questa una assai valida eredità che deve essere sempre conservata in Congregazione e che oggi viene anche collaudata dalle aperture conciliari all’ecumenismo, al dialogo con le religioni non cristiane e persino con i non credenti.

Bisogna però ricordare che quanto più si allarga la prospettiva di comprensione del termine «laico» che si ispira in qualche modo allo spirito e alla missione di Don Bosco, tanto più cresce l’impegno della comunità salesiana nell’accompagnare e aiutare, nei processi formativi, queste persone a noi vicine. Quanto più numerosi sono i «laici con significato ampio», tanto più formato deve essere il nucleo dei «fedeli laici» (soprattutto Cooperatori) e tanto più spirituale e apostolica la comunità salesiana animatrice.

Per capire questa esigenza di un forte nucleo animatore dello spirito salesiano dobbiamo riferirci alle riflessioni or ora fatte circa la secolarità, la dimensione secolare e l’indole secolare.

Si tratta di incidere in prospettiva salvifica sulla secolarità, ossia sul mondo e la società. L’impegno per la salvezza è radicato nella «dimensione secolare della Chiesa», nella sua missione evangelizzatrice del mondo attraverso numerosi suoi speciali carismi — in particolare, per quanto ci interessa, il carisma di Don Bosco —. La dimensione secolare della Chiesa è portatrice della vocazione di salvezza; senza di essa la secolarità non fermenta e non imbocca il cammino della trascendenza. Nella secolarità ci sono senz’altro tanti valori, c’è gente di buona volontà, c’è la possibilità di coinvolgere operativamente non poche persone negli impegni di salvezza, anche se non ne percepiscono chiaramente gli orizzonti di trascendenza. C’è un concreto spazio per coinvolgere «laici con significato ampio», però è necessario che sia più che sicura e presente nel nucleo animatore la chiarezza e la forza della fede cristiana.

Come accennavo sopra, la dimensione secolare della nostra Congregazione è concentrata sulla scelta culturale dell’educazione, della promozione umana della gioventù bisognosa, di una speciale sensibilità culturale per i ceti popolari. Non è estesa a tutta la vasta comprensione della secolarità, ma è definita dalle scelte di questo settore concreto e vitale. Non sarà difficile in tale settore coinvolgere operativamente persone di buona volontà e professionalmente competenti, orientandole verso una spiritualità graduale e rispettosa che non soffoca in alcun modo la loro secolarità, ma la arricchisce e le può far scoprire orizzonti di pienezza.

Dunque, c’è un terreno vasto e propizio anche tra i «laici con significato ampio», ma esso suppone un nucleo animatore con intensa spiritualità salesiana.

Se guardiamo, in particolare, alla comunione e condivisione con i «fedeli laici» vediamo una sintonia assai forte tra la dimensione secolare della Congregazione e l’indole secolare di questi fratelli nel battesimo. È veramente vitale e promettente poter condividere gli impegni del settore culturale educativo con persone che ne coltivano dal «di dentro» i valori, che vivono la loro vocazione battesimale appunto promuovendo le realtà positive di questo settore, che lo fanno proprio per essere genuinamente dei fedeli cristiani.

Se a questo aggiungiamo che lo Spirito Santo ha suscitato Don Bosco proprio per la gioventù bisognosa nel secolo, e lo ha equipaggiato con un tipo di spiritualità evangelica e con un metodo operativo ricolmo di amore apostolico in vista precisamente di tale missione, bisognerà riconoscere che il non compartire queste ricchezze con tanti fedeli laici impegnati nell’area secolare della missione di Don Bosco, sarebbe una specie di mutilazione del carisma che impoverirebbe le possibilità educative di tanti giovani.

Per certo, anche qui, il coinvolgimento di questi fedeli laici esige una comunità salesiana con intensa vitalità carismatica.

Concludendo queste riflessioni — che ho considerato necessarie — possiamo rispondere alla domanda di chi sono i laici con lo spirito di Don Bosco. Con lui siamo aperti su numerose possibilità, a differenti livelli, ma come lui dobbiamo essere ripieni di Spirito Santo. Moltiplicare i fedeli che vivono il loro battesimo nell’area dell’educazione e della cultura: il tema capitolare dei laici ci sfida ad essere più autenticamente Salesiani.



8. Una comunità salesiana animatrice di laici


Affrontare il tema dei laici significa, come abbiamo già osservato più volte, parlare alla comunità salesiana di se stessa, della riformulazione dei suoi servizi ed impegni, del suo modo di essere ed operare.

Proviamo ad esplicitare i diversi elementi di novità.

Innanzitutto, la testimonianza di fedeltà al dono di Dio ricevuto ed espresso da parte di una comunità più attenta alle esigenze e alla corresponsabilità dei laici, impegna sul versante dell’identità: il primato della spiritualità. Diviene indispensabile intensificare la famosa «novità di ardore» di cui parla il Santo Padre.

La collaborazione tra forze differenti, poi, richiede per l’attività apostolica e la sua organizzazione un nuovo orientamento: la presenza, necessaria ed indispensabile, dei laici, non può essere considerata puramente ornamentale. Il progetto nasce dall’insieme. La realizzazione della missione educativa va studiata considerando le originalità delle forze che intervengono.

L’animazione della comunità, infine, ha bisogno di verificare la possibilità e la modalità di operare come nucleo animatore, preoccupato in modo speciale della formazione dei laici.

Non è qui il luogo di passare in rassegna i vari ambienti operativi dove si trovano inseriti i laici (dei differenti livelli) e mostrare che cosa deve fare la comunità salesiana. Questi sono aspetti che ciascuna comunità deve saper vedere, analizzare e collocare dentro un progetto adeguato alle situazioni particolari.

Ciò che interessa richiamare è, invece, l’orizzonte verso cui muoversi e per il quale organizzare le forze.

L’orizzonte comprende i seguenti impegni:


1. Qualificare la formazione dei laici

La qualificazione più significativa è data dall’aiuto che sapremo offrire per l’unità di vita.

La prima grande virtù da far crescere è la sintesi vitale dell’«unità»: la grazia dell’unità che è al centro dello spirito di Don Bosco. Questa mantiene la tensione armonica tra i due poli: della fede e della secolarità, che sono poi i due poli della carità: Dio e l’uomo, il mistero e la storia.

La grazia di unità va curata con una sua pedagogia spirituale.

L’unità non è statica, ma in tensione, con una continua necessità di dosaggio, di revisione, di conversione, di aggiornamento e di armonizzazione.

Vanno superati i due rischi ricorrenti:

— lo sbilanciamento verso il polo secolare: non solo non fermenterebbe il mondo con i valori del Vangelo, ma a poco a poco porterebbe il laico (e anche il salesiano!) a una mentalità orizzontalista o temporalista, in dissonanza con la missione propria della Chiesa;

— lo sbilanciamento verso il polo spirituale: fomenterebbe un intimismo o verticalismo alienante in contrapposizione con il significato caratteristico della vocazione e misssione salesiana.

«Nello scoprire e nel vivere la propria formazione e missione, i fedeli laici devono essere formati a quell’unità di cui è segnato il loro stesso essere membri della Chiesa e di cittadini della società umana. Nella loro esistenza non possono esserci due vite parallele; da una parte, la vita cosiddetta “spirituale”, con i suoi valori e le sue esigenze e, dall’altra, la vita cosiddetta “secolare”, ossia la vita di famiglia, di lavoro, dei rapporti sociali, dell’impegno politico e della cultura. Il tralcio, radicato nella vite che è Cristo, porta i suoi frutti in ogni settore dell’attività e dell’esistenza. Infatti, tutti i vari campi della vita laicale rientrano nel disegno di Dio, che li vuole come il “luogo storico”del rivelarsi e del realizzarsi della carità di Gesù Cristo a gloria del Padre e a servizio dei fratelli».19


2. Allargare il coinvolgimento

Non viene richiesta solo una maggiore presenza operativa dei laici nelle opere: la cosa potrebbe risultare anche molto semplice e alcune volte solo funzionale ad alcuni bisogni immediati.

Viene richiesto, invece, un atteggiamento globale, la cui radice è data dalla disponibilità al cambiamento personale e comunitario, per rendere chiara testimonianza alla fraternità battesimale e alla condivisione missionaria.

Il coinvolgimento comporta anche di saper guardare con fiducia al laico che assume con responsabilità diretta e primaria alcuni servizi, mentre il salesiano lo accompagna e lo sostiene.


3. Promuovere la corresponsabilità

L’esperienza dimostra che in alcuni casi questo aspetto rappresenta l’elemento più difficile.

Ci sono difficoltà personali che incontrano i confratelli nell’immaginare una condivisione di corresponsabilità. Si accetta di buon grado la collaborazione; non così la corresponsabilità. Sembra loro che venga a togliere qualcosa che, invece, apparterrebbe loro in forma assoluta e indiscutibile. Certo, bisogna saper evitare ciò che è un attentato alla propria identità e alla responsabilità vocazionale, sapendo però cogliere la complementarità dei doni e la possibile armonizzazione degli interventi.

Ci sono anche problemi oggettivi che si incontrano nell’organizzare il lavoro di un gruppo differenziato.

Il dialogo sereno e progressivo sui contenuti e le motivazioni del lavoro, il lavoro in gruppo e abitualmente verificato insieme con la volontà espressa di aiutarsi vicendevolmente, la necessaria composizione tra le esigenze dell’attività educativa pastorale e quelle della vita familiare sociale e politica soprattutto dei laici, il chiarimento dei ruoli e delle funzioni affidate al gruppo dei salesiani e a quello dei laici rappresentano i punti di forza per attuare una reale corresponsabilità.

Alcuni organismi di corresponsabilità, quali la comunità educativa, consulte e commissioni, gruppi di lavoro specializzato, vanno rinforzati, per assicurare uno spazio in cui tutti possano dare il contributo alla causa comune.


4. Rivitalizzare la comunicazione interna ed esterna

C’è da avere consapevolezza dello stretto legame che intercorre tra la vitalità e la ricchezza della collaborazione-corresponsabilità e la intensità-qualità della comunicazione.

Va sottolineato un aspetto che mi sembra possa essere meglio curato, se accoglieremo con apertura di mente e di cuore la professionalità dei laici e la loro volontà di mettere a disposizione i talenti che hanno ricevuto: la comunicazione che sapremo creare con l’ambiente in cui siamo inseriti. Non è sufficiente badare all’influsso e all’efficacia che riusciamo ad avere con i destinatari diretti della nostra opera: va prevista anche l’incidenza sulla cultura e la capacità di diffondere i messaggi collegati al carisma di Don Bosco.

Il nostro Padre e Fondatore curava l’immagine che gli altri potevano recepire della sua missione. L’attenzione alla «secolarità», e alle esigenze che ne derivano, apre la comunità a questo dialogo con l’ambiente, il territorio, la cultura circostante.

Don Bosco ricercava questo confronto, nella convinzione che aveva qualcosa di interessante ed importante da offrire e da ricevere. Comunicare è sempre un processo di andata e di ritorno, di offerta e di ricezione.

Molti altri aspetti che si riferiscono alla presenza dei laici, alla loro collaborazione, alla capacità di assunzione di responsabilità, meriterebbero una parola di commento o di introduzione. Penso in questo momento a due temi che non sono presi in considerazione in questa circolare:

— i ministeri laicali, verso i quali siamo particolarmente interessati, perché già abbiamo nelle nostre iniziative tanti ministeri «di fatto», che attendono solamente un’organizzazione e un riconoscimento;

— la novità culturale collegata con l’identità e dignità della donna, tanto a livello ecclesiale, quanto a livello civile e secolare. Per noi Salesiani il tema giunge a considerazioni pratiche nel campo educativo e pastorale, per esempio circa la coeducazione e l’educazione all’amore.

Non manca, ad ogni modo, il materiale per una riflessione approfondita e seria al riguardo.



9. Stimoli del prossimo Sinodo per nuove vie coi laici


Certamente il prossimo Sinodo sulla Vita consacrata tratterà anche il tema delle relazioni tra consacrati e laici. Nello «Strumento di lavoro» se ne parla in due paragrafi: l’80, dal titolo «in comunione con il laicato», e il 98, che stimola a «nuove forme di presenza apostolica».

Alla luce dell’ecclesiologia di comunione, il n. 80 esorta a una più costruttiva collaborazione nella quale si rivalorizzi esplicitamente la realtà secolare come luogo teologico. Il Concilio ha fatto emergere la dignità e la missione del battezzato; oggi crescono i gruppi di laici che manifestano «un desiderio di partecipare alla spiritualità e missione propria di Istituti di Vita consacrata, in una complementarietà di vocazioni. Tali Istituti — aggiunge il testo — sono positivamente impegnati nella ricerca di programmi formativi e forme istituzionali di partecipazione e collaborazione».

Il documento ricorda poi ai membri degli Istituti di vita consacrata che, come afferma la Lumen Gentium, essi esistono per testimoniare «a tutti i fedeli, ma specialmente ai laici, che questo mondo (ossia, la secolarità) può essere trasformato solo con lo spirito delle beatitudini».20

Il qual richiamo equivale a raccomandare ai consacrati l’urgenza di un loro rinnovamento spirituale (un «nuovo ardore»), in tal forma che la loro identità carismatica proclami chiaramente a tutti uno spirito evangelico robusto e quotidiano. La comunione e condivisione con i laici richiede a ciascuno di noi e alle nostre comunità locali una contagiosa spiritualità salesiana; senza di essa si tratterà semplicemente di collaborazione e organizzazione nelle opere, che non necessariamente espanderanno e faranno crescere nella Chiesa e nel mondo il carisma di Don Bosco.

Considerando le esigenze di creatività della nuova evangelizzazione, il n. 98 esorta a una «particolare forma di partecipazione apostolica in questo momento della Chiesa». Tale partecipazione «si esprime nel condividere il proprio modo di vedere e di agire insieme ai laici, specialmente in alcuni campi della loro competenza, come la scuola (ecc.)».

Qui sarà bene tornare a ricordare che, parlando dell’apostolato salesiano, i termini «missione» ed «opere» non si identificano e che dei laici ben preparati potranno agire, nell’ambito dell’area secolare scelta da Don Bosco, anche più in là delle opere della Famiglia Salesiana.

Il Regolamento di Vita apostolica dei Cooperatori afferma che ognuno di essi «attua il suo impegno e vive lo spirito salesiano nelle ordinarie situazioni di vita e di lavoro, con sensibilità e caratteristiche laicali, e ne diffonde i valori nel proprio ambiente».21

Le stesse nostre Costituzioni affermano: «Dedichiamo la nostra attenzione ai laici responsabili dell’evangelizzazione dell’ambiente e alla famiglia, nella quale le diverse generazioni si incontrano e costruiscono il futuro dell’uomo»:22 una presenza operativa nella secolarità, nella famiglia, nel lavoro, in istituzioni dei quartieri e della società, soprattutto a favore della gioventù per offrire generosamente il fermento del Vangelo.

Don Bosco anelava a coinvolgere nel suo spirito e nel suo progetto operativo (anche più in là delle proprie opere) numerosi fedeli laici: «L’opera dei Cooperatori si dilaterà in tutti i paesi, si diffonderà in tutta la cristianità. La mano di Dio la sostiene! I Cooperatori saranno quelli che promuoveranno lo spirito cattolico. Sarà una mia utopia, ma pure io la tengo!».23

Voleva che fosse una Associazione, quella dei Cooperatori, operativa e intraprendente, fatta «per scuotere dal languore nel quale giacciono tanti cristiani, e diffondere l’energia della carità».24 Giustamente i Regolamenti generali stabiliscono: «Ogni comunità senta il dovere di sostenere e incrementare l’Associazione dei Cooperatori salesiani a beneficio della Chiesa. Contribuisca alla formazione dei suoi membri, faccia conoscere e promuova questa vocazione, soprattutto tra i giovani più impegnati e tra i collaboratori laici».25

Il documento presinodale loda questo tipo di associazioni che «condividono la spiritualità e collaborano nella missione» di un Istituto; è «una realtà in crescita che cerca ancora le forme adeguate, ma che può permettere alle comunità consacrate di articolare meglio la loro vita nella Chiesa e il loro specifico apostolato. Queste nuove vie — aggiunge il documento — possono giocare un ruolo importante per sostenere le persone dedite ad una ricerca spirituale, che vogliono impegnarsi nella Chiesa in un campo specifico. Sono forme che offrono la possibilità di creare luoghi di condivisione, di fede, di sostegno in una missione comune, vissuta in forma diversa, ma realizzata con uno stesso spirito».



10. Invito alle Ispettorie


Il tempo che resta prima della celebrazione del Capitolo Generale serva nelle singole Ispettorie come momento di grazia, nella verifica della fedeltà a Don Bosco, e nella ricerca di un modo più adeguato di partecipazione dei laici allo spirito e alla missione salesiana.

L’articolo 168 dei Regolamenti afferma: «L’Ispettore con il consenso del suo Consiglio ha facoltà (...) di invitare al Capitolo ispettoriale salesiani e non salesiani come periti o osservatori senza diritto di voto».

L’indicazione, senza dubbio, è sempre stata tenuta presente nei Capitoli dell’Ispettoria. In preparazione al Capitolo Generale 24 acquista un significato nuovo se si saprà rendere operativa ed efficace la norma richiamata.

La presenza di alcuni laici, non solo però in momenti di pura celebrazione, ma durante gli effettivi lavori capitolari, potrà opportunamente aiutare nel sentire, vedere e orientare con la sensibilità di fedeli laici che vivono la propria vocazione e il riferimento a Don Bosco in maniera significativa. Il contatto diretto, nella riflessione e nella scelta degli orientamenti, tra salesiani e laici, gioverà a noi salesiani e a loro laici.

Non si potranno improvvisare presenze qualsiasi di laici. Vanno scelte, previste e preparate. Condividendo con loro la preoccupazione di un Capitolo Generale rinnovatore, scopriremo la possibilità di suggerimenti e proposte veramente arricchenti e capiremo sempre meglio anche la dimensione secolare della Congregazione.

Siccome, poi, il Progetto-laici è già stato considerato e promosso negli ultimi Capitoli Generali, è opportuno che nel prossimo Capitolo ispettoriale si rivedano e si rinforzino le iniziative già prese in questo campo.

In particolare converrà insistere sulla «comunità educativa e pastorale», ponendo veramente in pratica quanto stabiliscono le Costituzioni: nella comunità educativa «i laici, associati al nostro lavoro, portano il contributo originale della loro esperienza e del loro modello di vita. Accogliamo e suscitiamo la loro collaborazione e offriamo la possibilità di conoscere e approfondire lo spirito salesiano e la pratica del Sistema Preventivo».26

Vorrei ricordare, infine, con particolare insistenza, il coinvolgimento e la formazione dei genitori. Siamo nell’Anno della famiglia, il Santo Padre insiste tanto sull’urgenza di questo tema; abbiamo riflettuto insieme, nell’ultima circolare, sulle nostre responsabilità apostoliche al riguardo; ebbene, che nelle Ispettorie si intensifichino le iniziative a favore dei genitori e si insista perché ogni comunità locale si impegni davvero in tal senso.



Conclusione


La preparazione al prossimo Capitolo Generale ci obbligherà, cari confratelli, a intensificare due aspetti vitali della nostra vita consacrata: la spiritualità e la formazione. Due aspetti che, mentre sono importanti primariamente per noi, si riferiscono costitutivamente anche ai nostri destinatari.

Parlando dei giovani si è insistito molto 27 sulla spiritualità giovanile e sulla loro formazione attraverso adeguati itinerari nella fede.

Ora, preoccupandoci dei laici, dovremo ancora una volta saper approfondire sia la spiritualità salesiana, sia la formazione ad una operosità educativa seguendo i ricchi contenuti del Sistema Preventivo.

Per riuscire come Don Bosco in tale compito dovremo perfezionarci in questi due aspetti. Non ci mancano abbondanti e preziosi strumenti per poterlo fare bene, incominciando magari in forma graduale e numericamente contenuta, purché veramene genuina e penetrante.

Guardiamo fiduciosi a Maria, particolarmente competente nei valori laicali: sposa fedele, madre vergine, discepola generosa di Cristo suo figlio. In Lei brillano i valori della famiglia: l’amore coniugale e l’educazione del figlio.

Ha vissuto gioiosamente nella secolarità ascoltando la Parola salvatrice del Creatore e meditando sui Suoi interventi misericordiosi. Ella è «Colei che ha creduto», dimostrando una profonda visione di fede circa le vicende della storia. Assunta in cielo come Seconda Eva, ha spronato la dimensione secolare della Chiesa perché, seguendo Lei come modello, fosse sempre vero fermento di salvezza. Dal cielo ha dimostrato la sua permanente maternità verso tutti i membri del Popolo di Dio e, in particolare, collaborando con lo Spirito Santo nel suscitare carismi di Vita consacrata.

Ed è proprio Maria, l’Ausiliatrice di Valdocco, che con materna premura e predilezione ha guidato Don Bosco nell’iniziare il suo carisma giovanile e popolare: uno spirito e una missione da condividere con sempre più numerosi consacrati e laici e da testimoniare insieme in una comunione di autenticità ecclesiale.

La dimensione mariana del nostro carisma sia per noi di sprone per preparare bene il CG24. Saremo così fedeli al dono suscitato dallo Spirito Santo con l’intervento materno di Maria in vista del rinnovamento della società e della salvezza del mondo.

Un saluto cordiale a tutti; e buon lavoro.

Don Bosco interceda!

Con affetto e speranza,

D. Egidio Viganò


NOTE LETTERA 61


1 cf. E. CERIA, Annali vol I, p. 313

2 Cost 146

3 cf. Cost 123

4 CG23 238

5 CG23 232

6 ChL 2

7 cf. Decreto della Congregazione per Religiosi e Istituti secolari, del 9 maggio 1986, nel Regolamento di Vita apostolica, pag. 5 e 10.

8 cf. MB IV, 300

9 Cost 47

10 cf. CG23 237

11 LG 31

12 LG 31

13 ChL 3

14 Acta Apostolicae Sedis 64 (1972), 208

15 ChL 15. NB: è importante in questo paragrafo cogliere la distinzione tra «dimensione secolare» e «indole secolare».

16 LG 31

17 cf. LG 38; AA 4; GS 72

18 Citato in ACG 318, pag. 4

19 ChL 59

20 cf. LG 31

21 Regolamento di Vita apostolica, art.. 4 § 2

22 Cost 29

23 MB XVIII, 161

24 ib.

25 Reg 38

26 Cost 47

27 cf. CG23