28 Francesco, Lettera al Presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina (26.04.2016).


28 Francesco, Lettera al Presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina (26.04.2016).

Affida, confida, sorridi!

Lettera in occasione del 150° di fondazione

dell’Associazione di Maria Ausiliatrice (ADMA) – 18 aprile 1869



Roma, 18 aprile 2019

Giovedì Santo



«Carissimi figliuoli in Gesù Cristo,

il Signore sa quanto vivo sia il mio desiderio di vedervi, di trovarmi in mezzo a voi, di parlarvi delle cose nostre, di consolarmi colla reciproca confidenza dei nostri cuori. Ma purtroppo, o carissimi figliuoli, la debolezza delle mie forze, i residui delle antiche malattie, gli urgenti affari che mi chiamano in Francia, mi impediscono, almeno per ora, di secondare gli impulsi del mio affetto per voi.

Non potendo dunque visitarvi tutti in persona, vengo per lettera, e son certo che gradirete il ricordo continuo che serbo di voi, di voi che, come siete la mia speranza, siete pure la mia gloria ed il mio sostegno. Perciò, desideroso di vedervi ogni giorno più crescere in zelo ed in meriti al cospetto di Dio, non lascerò di suggerirvi di quando in quando i vari mezzi che io credo migliori, perché possa riuscire sempre più fruttuoso il vostro ministero»1.


Ho voluto iniziare questa lettera non con le mie parole ma con quelle del nostro amato Padre, con il medesimo affetto e con il grande cuore con cui scriveva ai suoi figli nel 1885. E con gli stessi sentimenti di vicinanza desidero raggiungere ciascuno di voi, carissimi fratelli e sorelle di tutta la Famiglia salesiana, scrivendo questa Lettera in occasione del 150° della fondazione dell’Associazione di Maria Ausiliatrice (ADMA), ad un anno di distanza dal 150° anniversario della consacrazione della Basilica di Maria Ausiliatrice a Valdocco, facendo viva memoria del nostro Padre.


Lo ricorda a noi anche papa Francesco: «È viva nella Chiesa la memoria di san Giovanni Bosco, quale fondatore della Congregazione salesiana, delle Figlie di Maria Ausiliatrice, dell’Associazione dei Salesiani Cooperatori e dell’Associazione di Maria Ausiliatrice, e quale padre dell’odierna Famiglia Salesiana»2. L’intuizione del nostro Padre ha di fatto portato a far coincidere l’evento dei 150 anni della fondazione dell’Associazione dei Devoti di Maria Ausiliatrice con quello della Basilica a Lei dedicata. Mi pare che tale anniversario giustifichi sufficientemente questa mia lettera, che si pone in continuità con altre scritte dai miei predecessori, e possa aiutarci a ravvivare nei nostri cuori lo stesso amore per la Madre di Dio che guidò don Bosco lungo tutta la sua vita, ricordando che senza Maria Ausiliatrice noi saremmo qualunque altra cosa, ma certamente non Salesiani e non Famiglia Salesiana!


Una delle esperienze più belle di questo anno di animazione della Congregazione salesiana nelle visite di tanti paesi del mondo, è stata quella di conoscere la bella realtà della Famiglia Salesiana che lo Spirito Santo continua a suscitare e a sostenere e, in essa, il consolidamento dei gruppi dei devoti di Maria Ausiliatrice. Mi commuove vedere questa realtà nei luoghi più remoti del mondo. Mi commuove incontrarmi con l’esperienza di molti giovani che hanno fondato l’ADMA Giovani e che desiderano arricchire con la loro visione e con la loro forza questa bella realtà della devozione alla nostra Madre, tanto amata dallo stesso don Bosco. Mi commuove raggiungere, come farò in questo mese di aprile, anche luoghi così inimmaginabili come la terra del popolo Bororo – lo stesso luogo in cui due fratelli, padre Rodolfo Lukenbein e l’indio Simão Cristao Bororo, furono martirizzati – e incontrare un bellissimo gruppo dell’ADMA: uomini, donne e giovani, che al termine dell’Eucaristia hanno cantato, in quel luogo santo, a Maria Ausiliatrice nella lingua della loro gente. Fino a lì arriva la gloria annunciata dalla Madre: «Questa è la mia casa, da qui la mia gloria»3.


È stato il CG21 che ci ha invitato a rinnovare la dimensione mariana della nostra vocazione, rivedendo le nostre convinzioni e portandoci a fare un’attenta valutazione della nostra devozione all’Ausiliatrice come Salesiani di Don Bosco. Questo, senza dubbio, può diventare un suggerimento utile per tutta la Famiglia Salesiana nel mondo, in modo tale da rendere attuale oggi l’appello che ci ha rivolto a suo tempo don Egidio Viganò, quando ci ha invitato a «prendere la Madonna in casa»4.


Con il desiderio di tenere sempre più in casa Maria Ausiliatrice vi offro, nelle pagine che seguono, una semplice riflessione sul nostro essere attaccati all’Eucaristia e a Maria Ausiliatrice, sul cammino percorso in questi 150 anni, sul carattere popolare del carisma salesiano che ci è stato consegnato come tesoro da custodire, e sul cammino da percorrere dalla casa dell’Ausiliatrice alle nostre case5.

Mi dà una grande serenità sapere che anche oggi, seguendo queste tracce, siamo fedeli alla strada percorsa da Don Bosco e che, come sicuramente sappiamo, la devozione alla Madre di Dio ha caratterizzato e fortemente segnato tutta la spiritualità di Don Bosco.



1. Ancorati all’eucaristia e a maria AUSILIATRICE



«Nella chiesa dedicata in Torino a Maria Ausiliatrice, con autorizzazione di S. Rev. l’Arcivescovo di Torino, è canonicamente istituita un’associazione dei suoi divoti, che si propongono di promuovere le glorie della divina Madre del Salvatore, per meritarsi la protezione di Lei in vita e particolarmente in punto di morte. Due mezzi speciali si propongono: dilatare la devozione alla Beata Vergine e la venerazione a Gesù Sacramentato»6.


Così inizia il Regolamento scritto da don Bosco in occasione dell’erezione dell’Associazione dei Devoti di Maria Ausiliatrice, da lui fondata e approvata dall’Arcivescovo di Torino, Alessandro Riccardi, il 18 aprile 1869, e di cui ricorre il 150° di fondazione.

È significativo che tale ricorrenza coincida quest’anno con il Giovedì Santo, a sottolineare come il culto eucaristico sia, con la devozione all’Immacolata-Ausiliatrice, punto fondante per la spiritualità e la vita dell’Associazione. Il richiamo è alle due colonne del sistema educativo e della spiritualità salesiana. Il Cristo che domina l’esistenza di don Bosco è, prevalentemente, il Gesù vivo e presente nell’Eucaristia, il Pane di vita, il Figlio di Maria, Madre di Dio e della Chiesa. Don Bosco è vissuto di questa presenza e in questa presenza. L’Eucaristia sacrificio e sacramento, l’Eucaristia di cui nutrirsi, l’Eucaristia presenza reale e adorabile è nella vita di don Bosco forza e consolazione, sorgente di pace e insieme fuoco di attività. Per il cammino di crescita suo e dei giovani, non c’è via verso la santità senza l’Eucaristia. L’Eucaristia è la chiave di volta per la conversione radicale del cuore all’amore di Dio. La centralità di Cristo è vissuta, nello spirito salesiano, con una straordinaria sensibilità di contemplazione e di amore all’Eucaristia.

1.1. Nella scia di san Francesco di Sales


Quando don Bosco decise di fondare una associazione mariana, egli pensò ai soci come a “devoti” di Maria Ausiliatrice. Questa piccola parola, antica e oggi fuori moda, è la chiave per entrare nel cuore incandescente della relazione che lega don Bosco all’Ausiliatrice. San Francesco di Sales insegna che la “vera devozione” ha a che fare prima di tutto con l’amore di Dio, anzi non è altro che l’amore autentico che riceviamo da Dio (grazia) e ci rende capaci di corrispondere ai suoi doni (carità). Per questo i “devoti” sono coloro che “volano” sul cammino della santità, in quanto la “vera devozione” perfeziona in essi ogni azione e ogni opera, dalla più piccola alla più grande, rendendo i “devoti” più cordiali e simpatici, più coraggiosi e pronti al dono di sé, ognuno secondo la propria vocazione e missione nella Chiesa7.

San Francesco di Sales, infatti, scrivendo la Filotea con il sottotitolo Introduzione alla vita devota, propone un cammino di vita cristiana caratterizzato da grande gioia e profondità spirituale, dove la devozione non è affatto devozionalismo: è la “santità vissuta sulla punta della carità”. San Francesco di Sales con chiarezza definisce il suo pensiero al riguardo: «La devozione altro non è che un’agilità e vivacità spirituale, con cui la carità compie in noi le sue operazioni, e noi operiamo mediante essa, prontamente ed affettuosamente»8. Leggendo con attenzione, si comprende che il protagonista della devozione è Gesù, che con il suo amore – la sua carità – “compie in noi le sue operazioni” e fa in modo che “noi operiamo mediante essa”. Essere devoti significa allora saper acquisire un’abituale prontezza di carità. È possibile solo se almeno la punta del cuore rimane sempre immersa in Gesù così da consentirci di seguire prontamente le ispirazioni che ci dona.


Nel presentare i devoti san Francesco di Sales ci dice che «sono uomini dal cuore angelico o angeli dal corpo umano, non sono giovani, ma lo sembrano perché sono pieni di vigore e di agilità spirituale; hanno le ali per volare e si lanciano in Dio con la santa orazione, ma hanno pure i piedi per camminare tra gli uomini in santa ed amichevole conversazione; i loro volti sono belli e sorridenti perché ricevono ogni cosa con dolcezza e soavità; hanno le gambe, le braccia e la testa scoperte giacché i loro pensieri, i loro affetti e le loro azioni ad altro non tendono che a piacere a Dio. Il resto del loro corpo è coperto, ma di una veste bella e leggera, perché essi usano di questo mondo e delle sue cose in modo puro e limpido per quanto è richiesto dalla loro condizione»9.


Sembra qui di risentire le parole di don Eugenio Ceria, quando descrive come don Bosco viveva l’unione con Dio: «Sembra infatti essere stato questo il suo dono, di non lasciarsi mai distrarre dal pensiero amoroso del Signore per molte e gravi e ininterrotte [che] fossero le sue occupazioni»10. Don Ceria concludeva affermando che ogni atto della vita esemplare di don Bosco, qualsiasi cosa facesse, era preghiera.


La devozione è un cammino che punta in alto, alle radici della santità e del carisma salesiano, e rappresenta quello “stare allegri” che possiamo cercare di vivere già ora sulla terra e godere poi per sempre in Paradiso. Ovviamente un disegno così bello, se da un lato ci affascina, dall’altro può intimorire fino al punto di scoraggiare dall’intraprenderlo. In risposta a questa possibile tentazione, san Francesco di Sales è perentorio (cfr. Teotimo) nel richiamare come l’Amore verso il prossimo e verso Dio, meta della devozione, non è solo un suggerimento: è un comandamento! È così, proprio perché non fossimo tentati di ritenerlo una meta troppo alta, fino a scoraggiarci e rinunciare ad intraprendere la via della devozione.


Don Bosco, consapevole delle nostre fatiche e fragilità, ha fatto un passo ulteriore, ancora più bello: noi non siamo devoti generici, ma Devoti di Maria Ausiliatrice. Nella sua esperienza il dono dell’amore che unisce al Padre e al Figlio (grazia) e che spinge all’azione (carità), passa esplicitamente, quasi sensibilmente, attraverso la mediazione materna di Maria. Lungo tutta la sua vita, infatti, la presenza della Vergine rappresenta la guida costante nel realizzare la missione ricevuta dal Padre; la maestra sapiente, che insegna l’arte di educare i giovani con amore, come comandato da Gesù nel sogno dei nove anni; il porto sicuro nelle avversità, nel quale si ottiene facilmente protezione, consolazione e forza dallo Spirito Santo.


1.2. In cammino verso il Paradiso


La speciale mediazione di Maria nella vita di grazia dei suoi figli, scrive san Luigi Maria Grignion de Montfort nel suo Trattato della vera devozione, è possibile perché Maria, fra tutte le creature, è la più “conforme” a Gesù Cristo, ovvero la più simile a Lui e la più vicina a Lui. In sostanza, sostiene ancora il Montfort, la “vera devozione” non è altro che la «perfetta rinnovazione dei voti e delle promesse del santo Battesimo»11, che comportano la rinuncia al male e al peccato e la totale adesione a Cristo. Lungo il cammino del compimento delle promesse battesimali, più amiamo Maria e ci lasciamo amare da lei, più ella ci conduce a lasciarci conformare a Gesù per opera dello Spirito: ben sappiamo che la Madre non chiama i suoi figli e le sue figlie per stare con lei, ma li prende “per mano” per condurli all’incontro con suo Figlio Gesù, il Figlio di Dio Padre.


Per questo possiamo dire, in sintonia con la strenna di quest’anno, che Maria è Madre e Maestra e ci sostiene, perché possiamo “volare” sul cammino della santità. In questa chiamata, semplice e accessibile a tutti, a vivere con radicalità il dono del Battesimo, a vivere insieme a Maria la nostra vocazione cristiana, si radica dunque la destinazione laicale e popolare dell’ADMA: ai soci non viene chiesto nulla più di ciò che viene chiesto ad ogni battezzato. La differenza sta in quella “marcia in più” che viene dalla “vera devozione”, ovvero da quello scambio d’amore effettivo ed affettivo con Maria, che stimola a crescere continuamente nell’amore di Dio e del prossimo.

In questa prospettiva, diviene chiaro che il rapporto spirituale con Maria, per quanto diretto, intimo e permanente, non risulta «isolato, ma finalizzato alla vita cristiana in pienezza […]. Il riferimento alla Madre del Signore, che è anche madre nostra, costituito da dono di sé e disponibilità alla sua missione, conduce ad una risposta matura e perseverante a Cristo e per mezzo di lui al Padre nello Spirito»12. Solo l’amore – don Bosco lo aveva capito bene – ci fa mettere le ali nel cammino della vita. Proprio l’amore reciproco, ricambiato, tra Maria e i suoi “devoti” è il dono che i soci dell’ADMA sono chiamati a portare in tutti gli ambienti in cui si trovano a vivere e a lavorare, essendo un’autentica chiamata e un invito a vivere con questa forza e vivacità la vocazione cristiana.


Questo sarà possibile solamente se il nostro cuore sarà pieno di amore per Dio e anche per Maria. In questo senso don Bosco è un vero modello. Così lo ricorda don Pietro Brocardo quando afferma: «Don Bosco, santo pieno di Dio, è contemporaneamente santo pieno di Maria. Tutta la sua vita infatti ruota, dopo Dio e in dipendenza di Dio, intorno alla Vergine. Prima del sogno dei nove anni Maria è già una presenza viva nella sua esistenza, per merito della santa mamma terrena: “Giovanni mio… quando sei venuto al mondo ti ho consacrato alla Beata Vergine”. “Io, gli dirà Gesù, sono il Figlio di Colei che tua madre ti ammaestrò a salutare tre volte al giorno”»13.


Rileggendo l’esperienza mariana di don Bosco, possiamo renderci conto di come Maria possa essere modello e maestra in ognuna di queste dimensioni fondamentali della vita cristiana. Vogliamo ora considerarle brevemente.


1.2.1. Maria invita al banchetto celeste

Nell’esperienza di don Bosco, amore a Maria e amore all’Eucaristia vanno sempre insieme, sono le due colonne che sostengono la vita e la missione della Chiesa. Nell’immaginario mariano di don Bosco, che possiamo ricavare in modo particolare dai suoi sogni, Maria si presenta come la Signora o Regina che attende i giovani al termine del viaggio avventuroso della vita e li invita a prendere parte al banchetto celeste. Come una buona padrona di casa, Maria accoglie gli invitati, dopo aver preparato con cura ogni cosa. Il banchetto celeste, così come il banchetto eucaristico che continuamente lo anticipa e lo prepara, è il luogo della comunione perfetta. La comunione con Dio e tra di noi è il fine ultimo del culto cristiano. Gesù si offre sulla croce perché siamo riammessi alla comunione con il Padre; si offre nel pane perché possiamo essere una cosa sola con Lui. I “devoti” di Maria Ausiliatrice, allo stesso modo, sono invitati ad essere protagonisti della celebrazione eucaristica, offrendo la propria vita, la gioia e la fatica, perché cresca la comunione: nella famiglia, nell’ambiente di lavoro, nella comunità ecclesiale.


1.2.2. Maria maestra di sapienza

Maria si presenta a don Bosco come maestra di sapienza fin dal sogno dei nove anni. L’evangelista Luca traccia il ritratto di Maria come di una donna sapiente, che custodisce e medita ogni cosa nel proprio cuore. La sapienza biblica, infatti, si caratterizza proprio per la capacità di entrare in ascolto della Parola di Dio che risuona nel quotidiano. Maria è profeta, perché ha un cuore che ascolta, che sa imparare dalla realtà e sa riconoscere in essa i segni dell’intervento di Dio e della sua salvezza. Nei sogni mariani di don Bosco, Maria si presenta spesso come una donna del popolo: concreta, attiva, resa saggia dall’esperienza della vita. Maria insegna a don Bosco a partire dall’esperienza e in vista dell’esperienza, rifugge le astrazioni, stimola l’intelligenza del suo discepolo. È evidente, sotto quest’aspetto, l’influenza di mamma Margherita sull’immaginario mariano di don Bosco. Come mamma Margherita, i “devoti” di Maria Ausiliatrice devono essere profeti con la loro vita, con la loro docilità a lasciarsi provocare dagli avvenimenti, a fare tesoro dell’esperienza, a lasciarsi condurre passo passo dallo Spirito. Sono profeti prima di tutto perché sono testimoni, poi perché – come educatori – sono capaci di accompagnare altri nel cammino della vita.


1.2.3. Maria aiuto potente contro il male

Maria si presenta spesso a don Bosco come Regina. Anche il maestoso quadro di Maria Ausiliatrice nella basilica di Valdocco la ritrae così: maestosa, circondata dalla corte celeste, la corona sul capo e lo scettro in mano. Una Regina “potente”, come recitiamo ancora oggi nella breve preghiera alla Vergine composta dal nostro Fondatore. La regalità, tuttavia, non è un privilegio di Maria, ma un dono battesimale, al quale tutti siamo chiamati a partecipare. Maria riceve la sua potenza direttamente da Gesù, il bambino che ella porta tra le sue braccia. È una potenza che si manifesta in modo particolare nella lotta contro il male, contro il peccato. Maria è la Vergine la cui discendenza schiaccia finalmente il capo al serpente antico. Nella sua predicazione don Bosco insiste volentieri su questo aspetto e sul fatto che Maria interverrà prontamente ogni volta che sarà invocata con filiale affetto e si seguirà la sua esortazione riguardo a Gesù: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela» (Gv 2,5); perché Maria interviene nella vita dei suoi figli, continuamente. Con questa certezza, i ‘devoti’ di Maria Ausiliatrice sono chiamati a partecipare della sua regalità nella lotta quotidiana contro il male, tenendo sempre accesa la luce della speranza, anche nei momenti più bui della storia di una famiglia, di una comunità, di un popolo.



2. Un cammino dI 150 anni



Tra le caratteristiche della persona e della santità di don Bosco c’è quella di essere fondatore, cioè iniziatore nella Chiesa di una particolare scuola di santità e di azione apostolica che lo caratterizza tra i santi fondatori. «È l’iniziatore di una vera scuola di nuova e attraente spiritualità apostolica; è il promotore di una speciale devozione a Maria, Ausiliatrice dei Cristiani e Madre della Chiesa (…) è, in modo eccelso, l’esemplare di un amore preferenziale per i giovani, specialmente per i più bisognosi»14.


Nella volontà di rispondere alla grazia e ai segni che venivano dall’Alto e nel desiderio di dare consistenza e continuità alla sua opera a favore della gioventù, don Bosco sentì la chiamata di Dio a dare origine a nuove forze apostoliche. Esattamente dieci anni dopo la fondazione della Congregazione Salesiana e nell’anno seguente alla consacrazione della Basilica di Maria Ausiliatrice, egli fondò l’Associazione dei Devoti di Maria Ausiliatrice (18 aprile 1869).

L’esperienza «ci fa vedere in modo luminosissimo che Maria ha continuato dal cielo e con il più grande successo, la missione di Madre della Chiesa e Ausiliatrice dei Cristiani che aveva cominciato sulla terra»15. Assunta in cielo, Maria Santissima non ha cessato il suo compito, anzi lo svolge con particolare efficacia. Maria è presenza viva in mezzo a noi e continua nella storia della Chiesa e dell’umanità la sua missione materna di mediatrice di grazia per i suoi figli.


È ovvio pensare che don Bosco percorre questo cammino personale ed ecclesiale mariano perché la sua vita personale e pastorale è stata segnata da un semplice ma profondo sentimento mariano. Si può affermare con certezza che il suo amore e la devozione a Maria sono stati un filo conduttore ininterrotto lungo tutta la sua vita, punto di riferimento costante, esperienza di fede che visse modulando, evolvendo e maturando a partire dalle diverse vicende personali e dagli avvenimenti ecclesiali. Don Bosco possiede una coscienza chiara della presenza personale di Maria Ausiliatrice, realtà che ha sentito e ha vissuto in modo molto concreto, che possiamo osare definire “obiettivo”.


Parlando della fondazione della Congregazione Salesiana, in diverse circostanze don Bosco ha manifestato la convinzione, come racconta il suo successore, il beato Michele Rua, che la Vergine Ausiliatrice è la “fondatrice” e anche la “sostenitrice”, e ha affermato in modo sicuro che «la nostra Congregazione è destinata a cose grandissime e a spargersi per tutto il mondo, se i Salesiani saranno sempre fedeli alle Regole date loro da Maria Santissima»16.


Ripercorrendo questi 150 anni, è evidente fin dall’inizio il grande e inseparabile legame tra don Bosco e la devozione a Maria Ausiliatrice, fino al punto che per i Salesiani esso sarà espressione di fedeltà carismatica; per le Figlie di Maria Ausiliatrice è garanzia di essere con la loro vita “monumento vivo all’Ausiliatrice”; e a tutti i devoti dell’ADMA don Bosco assicurerà che stanno vivendo una devozione ecclesiale, propria della spiritualità salesiana, dove la Madre è sempre un sostegno sicuro.

Lo stesso don Rua scrive in un’altra sua lettera: «Non dubito punto che con l’aumentarsi fra i Salesiani della devozione a Maria Ausiliatrice, verrà pur crescendo la stima e l’affetto verso Don Bosco, non meno che l’impegno di conservarne lo spirito e d’imitarne le virtù»17.


2.1. La consapevolezza di essere strumento di Dio con la mediazione di Maria


Ritengo che non si possa parlare di don Bosco e della sua opera senza porre attenzione al cammino di fede da lui stesso vissuto. Intendo fare mia una parola di don Vecchi che, a mio parere, definisce molto bene le caratteristiche del cammino vissuto da don Bosco, che illustrerò più avanti. Don Vecchi scrive: «Senza assolutizzare l’affermazione, si può dire che Don Bosco incominciò la costruzione come direttore di un’opera [si riferisce alla costruzione della Basilica di Maria Ausiliatrice] e la finì come capo carismatico di un grande movimento ancora in germe, ma già definito nelle finalità e tratti distintivi; la cominciò come sacerdote originale di Torino e la finì come apostolo della Chiesa, passò dalla città al mondo»18.


Fino al 1862 don Bosco sente il bisogno di avere una chiesa più grande. La chiesa di San Francesco di Sales risulta molto piccola per i Salesiani e i ragazzi di Valdocco. La Congregazione è nata quattro anni prima come “piccolo nucleo”. Tutto può far pensare che fosse l’inizio di qualcosa che avrebbe avuto nel tempo una più grande espansione. Questo è anche l’anno dell’incontro di don Bosco con Maria Mazzarello (è dunque ancora lontano l’inizio dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice) e rappresenta l’inizio dell’allargamento del carisma salesiano al mondo femminile. Il suo cuore di pastore porta don Bosco a pensare ad altre due fondazioni: l’Arciconfraternita di Maria Ausiliatrice e i Cooperatori. Contemporaneamente la periferia quasi rurale che è stata Valdocco, diventa adesso quasi un quartiere urbano, e don Bosco vede la convenienza di dare un luogo di culto a questa gente.

In ogni caso la costruzione del tempio è più che un’opera tecnica e una ricerca di denaro in vista del suo completamento. È certamente espressione di un cammino che don Bosco viene maturando, spiritualmente e pastoralmente, pur sapendo che è difficile dire – anche per i più esperti dell’anima di don Bosco – cosa rappresentasse questo tempio nella vita intima del nostro Fondatore.

Scrive don Pietro Brocardo: «Tutto questo non avrebbe fatto di lui il grande apostolo di Maria Ausiliatrice, se egli non fosse passato per l’esperienza, colma di soprannaturale, della costruzione della chiesa di Maria Ausiliatrice in Valdocco, e se questa chiesa non fosse divenuta il cuore ed il “centro della Congregazione”, la Chiesa madre” della Famiglia salesiana»19.


Con la costruzione della Basilica, e con tutto ciò che accadde in questo tempo, con le avversità e le soluzioni insperate, “prodigiose”, don Bosco sperimenta non solo la meraviglia ma quasi la paura. Ciò che sorprenderà anzitutto don Bosco, e più tardi il mondo, è il fatto che fu la Vergine Maria colei che praticamente si costruì la propria casa, andando contro tutte le previsioni umane.


«È questo il miracolo che il Teol. Margotti non si sentiva di negare: “Dicono che don Bosco fa dei miracoli ed io non ci credo, ma ce n’è qui uno che non posso negare ed è questo sontuoso tempio che costa circa un milione […] ed è stato tirato su in tre anni colle sole offerte spontanee dei fedeli”»20.


Commuove leggere la narrazione di questi avvenimenti: don Bosco, da buon piemontese si era assicurato l’impegno finanziario di alcune persone influenti le quali, come spesso accade, non onorarono le promesse fatte. Anche in quella circostanza don Bosco fu lasciato solo. Ma come riferiva la testimonianza riportata sopra, le “sole offerte spontanee dei fedeli” rendevano possibile qualcosa di inimmaginabile: «Sembra che ciò che è stato poi determinante (nella scelta del titolo “Auxilium Chistianorum”) è il fatto d’aver sperimentato, giorno dopo giorno, che Maria si sia costruita praticamente questa “sua Casa” nelle zolle dell’Oratorio e ne abbia preso possesso per irradiare da lì il suo patrocinio»21.


La riflessione che si è sviluppata trova una bella espressione sintetica in ciò che afferma don Viganò: «Dall’esistenza di questo santuario in poi l’Ausiliatrice è la espressione mariana che caratterizzerà sempre lo spirito e l’apostolato di Don Bosco: la sua vocazione apostolica gli apparirà tutta come opera di Maria Ausiliatrice, e le molteplici e grandi sue iniziative, particolarmente la Società di San Francesco di Sales, l’Istituto delle FMA e la grande Famiglia Salesiana, saranno viste da lui come fondazione voluta e curata dall’Ausiliatrice»22.


2.2. Una memoria per cui ringraziare


In forma magistrale lo storico salesiano Pietro Braido così descrive la fondazione dell’ADMA da parte di don Bosco: «Organizzatore nato, don Bosco non lasciava alla sola devozione spontanea il culto a Maria Ausiliatrice. Le dava stabilità con un’Associazione che da Lei prendeva nome. I testimoni diretti hanno visto in questa istituzione una delle iniziative più care a don Bosco e di più vasta risonanza, dopo quella delle due Congregazioni religiose e dell’associazione dei cooperatori. Ne tracciava egli stesso le origini nel fascicolo Associazione de’ Divoti di Maria Ausiliatrice canonicamente eretta nella Chiesa a Lei dedicata in Torino con ragguaglio storico su questo titolo — pel sacerdote Giovanni Bosco. Al seguito della presentazione Al lettore, alcuni capitoletti rievocavano la storia del titolo Ausiliatrice, dalla Bibbia alla battaglia di Lepanto (1571), alla liberazione di Vienna nel 1683 e, infine, all’istituzione della festa da parte di Pio VII nel 1814. Brevi pagine erano dedicate alla Divozione a Maria Ausiliatrice a Monaco e a Torino e ai favori spirituali concessi da Pio IX al santuario torinese. Seguivano documenti relativi all’approvazione canonica dell’Associazione. Il primo era dell’aprile 1869: la Supplica di don Bosco all’arcivescovo di Torino, “per la canonica approvazione dell’Associazione”. In essa pregava di “prendere in benigna considerazione” il “pio progetto” e di esaminarne gli Statuti e – professando la consueta illimitata disponibilità – “aggiungere, togliere, cangiare” quanto giudicasse opportuno, “con tutte le clausole” “giudicasse più opportuno a promuover le glorie dell’Augusta Regina del Cielo e il bene delle anime”. L’approvazione di mons. Riccardi del 18 aprile era benevola e generosa, in sintonia con il breve del 16 marzo con cui Pio IX aveva concesso all’erigenda Associazione ampie indulgenze valevoli per dieci anni. L’ultima parte del fascicolo conteneva il testo dello statuto, una lunga serie di preghiere e pratiche devote con l’indicazione delle relative indulgenze, una breve catechesi Delle indulgenze in genere, il decreto del 22 maggio 1868, con il quale Pio IX concedeva l’indulgenza plenaria a tutti coloro che “religiosamente” avessero visitato «la chiesa dedicata in Torino a Maria Vergine Immacolata sotto il titolo di Maria Ausiliatrice, nella festa titolare della medesima chiesa o in uno dei giorni precedenti».

Come gli era consueto dire nella presentazione di importanti documenti, don Bosco attribuiva l’origine dell’Associazione a “ripetute domande”, provenienti «da tutte le parti e da persone di ogni età e di ogni condizione» durante e dopo la costruzione e la consacrazione della chiesa. Si pensava ad associati «i quali uniti nel medesimo spirito di preghiera e di pietà facessero ossequio alla gran Madre del Salvatore invocata col bel titolo di Aiuto dei Cristiani».

Anche in questa circostanza don Bosco stendeva velocemente degli statuti che non erano un capolavoro di organicità dottrinale e giuridica, ma brillavano per immediatezza e praticità. Ritornava lo stretto legame che di consueto egli stabiliva tra la devozione a Maria SS. e a Gesù presente nel SS. Sacramento dell’Eucaristia. La materia era divisa in tre titoli, senza intestazione iniziale: lo scopo e i mezzi, i vantaggi spirituali, l’accettazione. […] Per una maggior diffusione dell’Associazione don Bosco ottenne la sua erezione ad Arciconfraternita, con la facoltà di aggregarsi associazioni consimili già esistenti o da erigersi»23.


2.3. Un rinnovamento da proseguire


L’Arciconfraternita di Maria Ausiliatrice, così chiamata da don Bosco (oggi ADMA), acquista fin dall’inizio una dimensione mondiale, alternando periodi di grande vitalità e diffusione a fasi di crisi e oblio. Nel 1988, anno centenario della morte di don Bosco, avviene uno storico rilancio da parte del Rettor Maggiore don Egidio Viganò. Un riconoscimento significativo viene dal Capitolo Generale 24° dei Salesiani (1996), che affermò: «Don Bosco diede vita anche all’Associazione dei devoti di Maria Ausiliatrice coinvolgendola, con impegni accessibili alla maggioranza della gente semplice, nella spiritualità e nella missione della Congregazione»24.

Si potrebbe dire che anche la Congregazione e la Famiglia Salesiana hanno percorso un cammino di maturazione nella devozione a Maria Ausiliatrice. Di fatto, la nostra spiritualità salesiana non può essere separata dalla devozione a Maria Ausiliatrice. Sarebbe lo stesso che tentare di separare – per assurdo – don Bosco da Maria Ausiliatrice. La nostra devozione all’Ausiliatrice è intimamente connessa sia alla “missione” salesiana sia allo “spirito” proprio del carisma salesiano che abbiamo ricevuto da don Bosco come dono dello Spirito Santo.


La fedeltà dell’ADMA lungo questo cammino storico giunge al 7 ottobre 2003, quando la Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica approva il nuovo Regolamento dell’Associazione.


Dal 2007 l’ADMA si è particolarmente rinnovata ed è cresciuta in numero e qualità grazie al coinvolgimento delle famiglie e a diverse iniziative, quali i Congressi Internazionali di Maria Ausiliatrice di Częstochowa (2011) e di Torino (2015).


Un grande aiuto al cammino di rinnovamento, di crescita nel senso di appartenenza e di formazione condivisa tra gli oltre 800 gruppi locali presenti nel mondo è il cammino formativo annuale, la commemorazione mensile di Maria Ausiliatrice, i ritiri e gli esercizi spirituali, la pubblicazione mensile di ADMA online in 7 lingue, la cura del sito web25, la pubblicazione dei Quaderni di Maria Ausiliatrice.


2.4. Secondo un dinamismo comunionale


Il cammino di rinnovamento dell’ADMA in questi anni è maturato in profonda sintonia con quello della Chiesa universale, che ha dedicato due Sinodi dei Vescovi alla famiglia e uno ai giovani.

Al termine dei Sinodi sulla famiglia il Papa osservava: «L’esperienza vissuta ha reso i partecipanti al Sinodo consapevoli dell’importanza di una forma sinodale della Chiesa per l’annuncio e la trasmissione della fede. La partecipazione dei giovani ha contribuito a “risvegliare” la sinodalità, che è una dimensione costitutiva della Chiesa […]. Come dice san Giovanni Crisostomo, “Chiesa e Sinodo sono sinonimi” – perché la Chiesa non è altro che il “camminare insieme” del Gregge di Dio sui sentieri della storia incontro a Cristo Signore»26.

Questa prospettiva sinodale è stata riaffermata con vigore nel Documento finale del Sinodo dei Vescovi sui giovani come forma propria dell’essere e agire oggi della Chiesa: «La sinodalità caratterizza tanto la vita quanto la missione della Chiesa, che è il Popolo di Dio formato da giovani e anziani, uomini e donne di ogni cultura e orizzonte, e il Corpo di Cristo, in cui siamo membra gli uni degli altri, a partire da chi è messo ai margini e calpestato… È nelle relazioni – con Cristo, con gli altri, nella comunità – che si trasmette la fede. Anche in vista della missione, la Chiesa è chiamata ad assumere un volto relazionale che pone al centro l’ascolto, l’accoglienza, il dialogo, il discernimento comune in un percorso che trasforma la vita di chi vi partecipa… In questo modo la Chiesa si presenta ‘tenda del convegno’ in cui è conservata l’arca dell’Alleanza (cfr. Es 25): una Chiesa dinamica e in movimento, che accompagna camminando, rafforzata da tanti carismi e ministeri. Così Dio si fa presente in questo mondo»27.


Espressione di tale cammino condiviso è l’esperienza sempre più vissuta, nell’ADMA, della comunione di fede e di appartenenza carismatica tra i diversi stati di vita: consacrati, sacerdoti, laici. C’è una circolazione di doni e di preghiera, uno scambio fecondo che aiuta ognuno a trovare e consolidare la propria identità. Ciò aiuta a superare un modo di relazionarsi talvolta inteso in forma funzionale, se non addirittura utilitaristica, recuperando dinamiche più ecclesiali e comunionali nel medesimo spirito salesiano.

La sottolineatura della bellezza e della complementarità fra i vari stati di vita è una prospettiva da accogliere e valorizzare anche in chiave vocazionale: sacerdoti, consacrati, consacrate e laici che condividono un cammino di fede e di impegno apostolico salesiano. Tra consacrati e laici si stabilisce una comunione di vita che aiuta e arricchisce l’identità propria di ciascuno, facilitando il reciproco riconoscimento e valorizzazione e il sostenersi non solo a livello operativo e funzionale, ma fraterno e spirituale, secondo la rispettiva specificità.

Questa proposta permette di raggiungere e coinvolgere in modo corretto il laicato. L’ADMA favorisce l’assunzione di responsabilità dei laici e una condivisione della missione non solo ad intra, ma anche ad extra, cioè non solo nelle nostre opere, ma anche in altri ambiti della Chiesa e della società.

L’orizzonte di comprensione e di promozione dell’ADMA sta nella formazione e maturazione di laici generati alla spiritualità e alla missione propria dell’Associazione, in sintonia con l’ecclesiologia di comunione e con la riscoperta di una nuova coscienza profetica, sacerdotale e regale dei laici. Inoltre, il richiamo alla laicità dell’Associazione supera la tendenza ad identificare unilateralmente la Chiesa con la gerarchia e con i preti e incoraggia la comune responsabilità e la missione del Popolo di Dio. Al tempo stesso, l’orizzonte laicale dell’Associazione scoraggia la tendenza a concepire il Popolo di Dio secondo un’idea puramente sociologica o politica, e promuove la novità e la specificità di questo popolo come corpo di Cristo. «Guardare al Popolo di Dio è ricordare che tutti facciamo il nostro ingresso nella Chiesa come laici. Il primo sacramento, quello che sugella per sempre la nostra identità, e di cui dovremmo essere sempre orgogliosi, è il Battesimo. Attraverso di esso e con l’unzione dello Spirito Santo, (i fedeli) “vengono consacrati per formare un tempio spirituale e un sacerdozio santo” (LG, 10) […]. Ci fa bene ricordare che la Chiesa non è una élite di sacerdoti, di consacrati, di vescovi, ma che tutti formiano il Santo Popolo fedele di Dio. Dimenticarci di ciò comporta vari rischi e deformazioni nella nostra stessa esperienza, sia personale sia comunitaria, del ministero che la Chiesa ci ha affidato»28.


Certo, la collaborazione fra i tre stati di vita della Chiesa esige un cambiamento di mentalità pastorale che tocca tutte le vocazioni, ma che, per quanto riguarda i laici, richiede di riconoscerli e valorizzarli non solo come “collaboratori”, ma come “corresponsabili” dell’essere e dell’agire della Chiesa, così da favorirne la maturazione e l’impegno. Per questo nell’ADMA proprio i laici sono i primi responsabili di un’animazione qualificata ed efficace dell’Associazione.


2.5. Sulla strada della santità


L’ADMA è «un itinerario di santificazione e di apostolato salesiano»29, proposto e vissuto nella prospettiva di quella chiamata universale alla santità tanto cara sia a san Francesco di Sales, che consigliava a tutti la vita devota, sia al nostro Padre della Famiglia Salesiana, don Bosco, quando proponeva ai giovani dell’oratorio e al ceto popolare la meta della santità come traguardo aperto a tutti, facile da percorrere e orientato a una felicità senza fine. San Francesco di Sales e don Bosco presentavano la santità non come un percorso riservato a privilegiati, ma sempre come una chiamata per tutti, dovunque ci si trovasse a vivere, qualunque fosse lo stato di vita, la professione o mestiere. Il Concilio Vaticano II ha confermato e proclamato questa realtà. Papa Francesco la riafferma con forza nell’Esortazione apostolica sulla chiamata alla santità nel mondo contemporaneo Gaudete et exsultate. La stessa strenna salesiana per questo anno 2019 è una chiara e decisa chiamata alla santità per tutti, «la santità anche per te».


Certamente è un cammino che a volte richiede di andare controcorrente, ma che alla fine – appunto – è beatitudine, cioè felicità. È molto importante, seguendo l’esempio e ispirandosi all’umanesimo e all’ottimismo di san Francesco di Sales, far vedere che vivere da cristiani è anche da un punto di vista umano qualcosa che rende felici già su questa terra, nonostante le difficoltà che tutti dobbiamo sostenere.


Innanzitutto è un cammino di santità da vivere in famiglia, dando una testimonianza positiva, principalmente con la perseveranza nell’amore tra i coniugi, tra genitori e figli, tra fratelli e sorelle, tra giovani e anziani. Bisogna desiderare e cercare il bene degli altri. In concreto, questo “bene” esige di accettare l’altro così come è; dedicare tempo al dialogo, costruire rapporti improntati all’affetto e al rispetto, sapersi comprendere e perdonare, risparmiarsi lamentele. Una famiglia che non si arrende di fronte alle difficoltà e dove sia i genitori sia i figli vivono la fede in Dio e nella sua Provvidenza, come la Santa Famiglia di Nazareth, è un grande sostegno e una feconda risorsa per la Chiesa e per la società.


Non deve essere da meno la testimonianza che, nel seno della nostra Famiglia Salesiana diffusa in tutto il mondo, diamo a tutti gli uomini, come donne e uomini consacrati, cercando di concretizzare, con tutte le sfumature carismatiche di ogni singolo gruppo, questa grande intuizione di don Bosco: rendere semplice e accessibile a tutti il percorso di santità, nella vita cristiana di tutti i ragazzi.


Anche alle nuove generazioni si tratta, quindi, di proporre l’ideale della santità – seguire Gesù – nella vita ordinaria, fatta di studio, di amicizie, di lavoro, di servizio, rendendole consapevoli che il mondo, e con esso la Chiesa, è già nelle loro mani. È per questo che i giovani devono ricevere una buona formazione umana e cristiana e, allo stesso tempo, sentirsi accolti con speranza e fiducia. Il punto centrale è aiutarli a conoscere e ad amare Cristo nelle circostanze ordinarie e a vivere l’affidamento a Maria Aiuto dei Cristiani.


Quando mi capita di entrare a Valdocco nella chiesa di San Francesco di Sales, vivo una grande emozione, perché per me è uno dei luoghi per noi più significativi: è la chiesetta che è stata testimone di tanti momenti di santità, di preghiera, di cammino di crescita dei ragazzi. Qui Domenico Savio è entrato in una così profonda sintonia con l’Eucaristia da perdere il senso del tempo e dello spazio. Qui lui e i suoi amici si sono offerti a Maria Immacolata, pronti a fare veramente un cammino condiviso di santità. Qui ha pregato mamma Margherita. Qui hanno celebrato la prima Messa Michele Rua, Giovanni Cagliero e gli altri salesiani delle prime generazioni. Qui la vita di fede di tanti ragazzi è diventata cammino di crescita nella santità giorno per giorno. è bellissimo per me chiudere gli occhi e immaginare quei ragazzi e don Bosco in questa chiesetta, con la stessa struttura, anche se con altri dipinti. Questo mi tocca profondamente il cuore.


La Strenna di quest’anno, alla quale mi sono già riferito, dice che possiamo proporre ai nostri giovani il dono, la grazia, la sfida, il dovere, l’opportunità di essere santi. Nella nostra Famiglia Salesiana abbiamo 46 santi, beati, venerabili e servi di Dio con meno di 29 anni di età.

Ciò che più affascina in questa chiamata alla santità è che non si tratta di fare cose speciali, fuori dall’ordinario, ma di permettere seriamente allo Spirito Santo di lavorare nel cuore, nel profondo di ciò che siamo e proviamo, continuando a portare avanti lo studio, il lavoro, i rapporti, le amicizie, i servizi, i campi estivi, i canti… tutto.

Il mondo oggi ha bisogno di giovani convinti, non di giovani “strani”; di giovani che abbiano fatto la scelta di Dio, che siano umili, coraggiosi testimoni della gioia del Vangelo. Anche oggi vi sono tantissimi giovani nel mondo del nostro carisma salesiano che vogliono scrivere con la propria vita una bella pagina, ispirandosi ai primi giovani dell’oratorio di Valdocco, dove è iniziata e si è realizzata una vera scuola di vita e di santità.


Come già dicevo, pensando al rinnovamento che si sta terminando per la Casa “Don Bosco” (Palazzo Pinardi), lì accanto a don Bosco, giorno per giorno, è sorta una scuola di santità vissuta nel quotidiano. Infatti, nel clima della Strenna di quest’anno, ci sono stati centinaia di ragazzi, ragazze e giovani che mi hanno detto in vari incontri in tutto il mondo che nel loro gruppo di fede, nella loro casa salesiana, in modo personale o con alcuni amici, hanno seriamente pensato di fare un vero cammino di autentica vita cristiana santa, che li conduca a una santità vissuta nella vita quotidiana, una santità “della porta accanto”, ricordando l’espressione di papa Francesco. Voglio dire che non si tratta di qualcosa di strano. Semplicemente i giovani di oggi, come quelli di ieri, hanno bisogno di sentire che ci sono grandi ideali per la loro vita.


Anche l’ADMA di oggi vive con questa tensione spirituale. Ugualmente i gruppi dell’ADMA contano tra i loro associati alcune donne che la Chiesa indica come esempio di vita e di cui invoca l’intercessione per sostenerci nel cammino della fede.

Tra di loro la beata Alexandrina Maria da Costa: il 12 settembre 1944 don Umberto Maria Pasquale, suo direttore spirituale, la iscrisse all’Associazione. Poi la beata Teresa Cejudo Redondo, moglie e madre, martire nel 1936: ella contribuì alla fondazione all’ADMA di Pozoblanco (Spagna) e ne fu eletta segretaria. Inoltre le serve di Dio Rosetta Franzi Gheddo, iscritta nel 1928 al gruppo ADMA di Nizza Monferrato, e Carmen Nebot Soldán di La Palma del Condado (Spagna), morta nel 2007. Queste beate e serve di Dio si distinguono per un particolare amore all’Eucaristia e alla Vergine Santissima (i due grandi pilastri della spiritualità salesiana) oltre che per una testimonianza eroica della fede nella sofferenza, nel martirio, nella vita familiare. Esse sono accomunate dalla partecipazione al carisma salesiano e manifestano in modo singolare lo spirito di don Bosco vissuto nella laicità, nella famiglia e nella società. Sono un modello e uno stimolo per la santificazione dei membri dell’ADMA e della Famiglia Salesiana.



3. carattere popolare del carisma salesiano



Nell’immaginario comune, il carisma e l’opera salesiana normalmente sono associati al mondo giovanile. È molto importante riconoscere, insieme a questo aspetto fondamentale, la dimensione popolare del carisma, che don Bosco ha espresso anche attraverso la fondazione dell’ADMA, da lui promossa per la difesa e la crescita della fede nel popolo cristiano. La fede in Gesù Cristo e l’affidamento a Maria, secondo lo spirito apostolico di don Bosco, sono dunque i riferimenti costituivi della identità e della missione dell’Associazione.


Il ceto popolare è l’ambiente naturale e ordinario dove esprimere la scelta giovanile, lo spazio sociale e umano dove cercare e incontrare la gioventù. C’è infatti tra giovani e popolo un rapporto di compenetrazione. L’impegno della Famiglia di don Bosco, per accompagnare le nuove generazioni nello sforzo di promozione umana e di crescita nella fede, intende evidenziare i valori evangelici di cui i giovani e i ceti popolari sono portatori. È l’insieme del popolo di Dio che si ritrova, nella diversità degli stati di vita e delle età, a valorizzare le relazioni intergenerazionali e il ruolo della famiglia, dando una risposta semplice e accessibile alla sfida di una società spesso disgregata e conflittuale.


La dimensione popolare della missione salesiana ci caratterizza in modo speciale ed è espressione tipica del carisma di fondazione: «Illuminato dall’Alto, Don Bosco si interessò pure degli adulti, con preferenza per quelli più umili e poveri, per i ceti popolari, il sottoproletariato urbano, gli immigrati, gli emarginati, in una parola, per tutti coloro che risultavano più bisognosi di aiuto materiale e spirituale. Fedeli all’orientamento di Don Bosco, i Gruppi della Famiglia Salesiana condividono questa scelta preferenziale. L’Associazione di Maria Ausiliatrice ha inserito nel suo nuovo Regolamento l’apostolato salesiano rivolto in particolare al ceto popolare»30.


Nella dedizione a questa grande e varia comunità di persone “della vita di tutti i giorni” facciamo una vera esperienza di Dio: «Il ceto popolare è l’ambiente naturale e ordinario dove incontrare i giovani, soprattutto quelli più bisognosi di aiuto. L’impegno della Famiglia di Don Bosco si rivolge alla gente comune, sostenendola nello sforzo di promozione umana e di crescita nella fede, evidenziando e promuovendo i valori umani ed evangelici di cui è portatrice, quali il senso della vita, la speranza di un futuro migliore, l’esercizio della solidarietà. Don Bosco tracciò, anche con l’Associazione dei Salesiani Cooperatori e l’Associazione di Maria Ausiliatrice, un cammino di educazione alla fede per il popolo, valorizzando i contenuti della religiosità popolare»31.


3.1. Religiosità popolare (o “pietà popolare” o “spiritualità popolare”)


Don Bosco, sia per la formazione ricevuta in famiglia e nel suo ambiente religioso sia per l’impostazione impressa alla sua azione pastorale tra i ragazzi, valorizzò la religiosità popolare, ritenendola espressione di una visione sapienziale della vita e di una significativa integrazione della vita e della fede, elaborando feconde forme di pietà e spiritualità cristiana. Il Magistero dei pontefici nella Chiesa e la stessa riflessione teologica hanno percorso un cammino profondo e ricco in questi ultimi decenni. È una realtà che illumina e ci conferma nella stessa convinzione che aveva don Bosco e che oggi promuoviamo e curiamo anche attraverso l’ADMA in tutto il mondo.


In tale prospettiva si esprime san Paolo VI nell’Esortazione apostolica Evangelii nuntiandi: «La religiosità popolare (…) se è ben orientata, soprattutto mediante una pedagogia di evangelizzazione, è ricca di valori. Essa manifesta una sete di Dio che solo i semplici e i poveri possono conoscere; rende capaci di generosità e di sacrificio fino all’eroismo, quando si tratta di manifestare la fede; comporta un senso acuto degli attributi profondi di Dio: la paternità, la provvidenza, la presenza amorosa e costante; genera atteggiamenti interiori raramente osservati altrove al medesimo grado: pazienza, senso della croce nella vita quotidiana, distacco, apertura agli altri, devozione (...). Ben orientata, questa religiosità popolare può essere sempre più, per le nostre masse popolari, un vero incontro con Dio in Gesù Cristo»32.


Papa Francesco fa notare come nello stesso documento il suo predecessore Paolo VI invita ad utilizzare il termine pietà popolare invece di religiosità popolare e come, successivamente, l’episcopato latinoamericano nel documento di Aparecida fa un ulteriore passo in avanti e parla di spiritualità popolare. «Tutti e tre i concetti sono validi, ma insieme»33.

Il Papa, pur nella consapevolezza che dobbiamo sempre stare attenti alla purificazione delle diverse espressioni di questa religiosità, la considera una forma genuina di evangelizzazione, che deve essere promossa e valorizzata, senza sminuire l’importanza: «Sarebbe un errore ritenere che chi va in pellegrinaggio viva una spiritualità non personale ma “di massa”. In realtà, il pellegrino porta con sé la propria storia, la propria fede, luci e ombre della propria vita. Ognuno porta nel cuore un desiderio speciale e una preghiera particolare. Chi entra nel santuario sente subito di trovarsi a casa sua, accolto, compreso, e sostenuto»34.

In questo contesto ecclesiale collochiamo la devozione a Maria Ausiliatrice nella nostra Famiglia Salesiana, promossa dal nostro padre don Bosco.


3.2. La devozione a Maria Ausiliatrice


La devozione a Maria Ausiliatrice fu intesa e promossa da don Bosco proprio secondo una prospettiva di aiuto e difesa della fede nel popolo di Dio, tentato da ideologie che svuotavano il senso cristiano della vita e da tanti movimenti che attaccavano la fede e l’unità della Chiesa fondata sulla salda roccia della professione di fede di Pietro. In don Bosco la devozione all’Ausiliatrice non sottolinea un titolo particolare e originale, sconosciuto anteriormente; è invece il richiamo alla maternità universale di Maria, che interviene nell’opera di fondazione della sua Famiglia, realizzando in questo modo, per così dire, un lavoro a due. È convinzione profonda ed irremovibile di don Bosco: «Ella ha fatto tutto». Ci si può fidare di Maria. Perciò, a Lei ci si può affidare. Tutto questo secondo quel respiro ecclesiale che valorizza le diverse espressioni pubbliche e private di liturgia, di dottrina, di spiritualità e di pietà popolare che la Chiesa riconosce e autorizza. Don Bosco era convinto che si sarebbe potuta attuare nel tempo la passione apostolica del Da mihi animas cetera tolle solo ancorandosi alle grandi colonne della spiritualità e della pedagogia cristiana e salesiana: l’Eucaristia e Maria Santissima. Da una rinnovata devozione a Gesù Eucaristia e alla Madonna Ausiliatrice si costruiranno relazioni fraterne nuove, capaci di sviluppare e favorire un buon discernimento e dar vita a una azione educativa e pastorale in sintonia con il Vangelo.


Far conoscere, amare e servire Maria Ausiliatrice, ecco l’impegno che vogliamo assumere, incoraggiati dalle parole profetiche di don Bosco, apostolo dell’Ausiliatrice: «Siffatta divozione, vale a dire questo amore, questa fiducia, questo trasporto e ricorso a Maria Auxilium Christianorum si va aumentando ogni dì più tra il popolo fedele, e porge motivo a pronunziare che tempo verrà, in cui ogni buon cristiano insieme colla divozione al SS. Sacramento, e al Sacro Cuore di Gesù farassi un vanto di professare una divozione tenerissima a Maria Ausiliatrice»35.

Infatti «nella Famiglia Salesiana l’Associazione sottolinea e diffonde la devozione popolare mariana, come strumento di evangelizzazione e di promozione dei ceti popolari e della gioventù bisognosa»36.


Di fatto è importante sottolineare che l’appartenenza dell’ADMA alla Famiglia Salesiana non è generica, ma è radicata nella particolare devozione mariana vissuta e diffusa da san Giovanni Bosco. Il carattere mariano dell’Associazione esprime uno degli elementi costitutivi del carisma e dello spirito salesiano. Da quest’appartenenza, così motivata, deriva l’impegno di partecipazione alla missione giovanile e popolare propria del carisma salesiano, valorizzando l’impegno di custodia, incremento e difesa della fede tra il popolo di Dio. «Oggi, quando la fede viene messa a dura prova, e diversi figli e figlie del Popolo di Dio sono esposti a tribolazioni a causa della loro fedeltà al Signore Gesù37, quando l’umanità (…) mostra una grave crisi di valori spirituali, la Chiesa sente il bisogno dell’intervento materno di Maria: per ritemprare la propria adesione all’unico Signore e Salvatore, per portare avanti con la freschezza e il coraggio delle origini cristiane l’evangelizzazione del mondo, per illuminare e guidare la fede delle comunità e dei singoli, in particolare per educare al senso cristiano della vita i giovani, ai quali don Bosco diede tutto se stesso come padre e maestro»38.


3.3. VIII Congresso Internazionale di Maria Ausiliatrice


In tale prospettiva mi piace ricordare la celebrazione dell’VIII Congresso Internazionale di Maria Ausiliatrice, che si celebrerà a Buenos Aires, in Argentina, dal 7 al 10 novembre 2019 con il tema: Con Maria, Donna credente.

L’evento, mettendo al centro l’ascolto della Parola, evidenzia come la fede in Gesù si trasmetta da persona a persona, da generazione a generazione, narrando le meraviglie compiute da Dio. Tutto questo avendo vicino Maria, colei che ha accolto Gesù nel suo seno verginale e per questo è madre, maestra e guida della fede, in modo particolare nell’accompagnamento delle giovani generazioni, nel loro cammino verso la santità.

L’VIII Congresso Internazionale di Maria Ausiliatrice è un evento di Famiglia Salesiana, promosso dall’Associazione di Maria Ausiliatrice (ADMA) secondo le indicazioni del Rettor Maggiore e in dialogo con il Segretariato della Famiglia Salesiana e con la Famiglia Salesiana dell’Argentina.

La scelta di questa terra vuole ricordare la prima frontiera missionaria di don Bosco e insieme il particolare valore che rappresenta per Papa Francesco la devozione all’Ausiliatrice. La Basilica di Maria Ausiliatrice nel quartiere di Almagro, a Buenos Aires, è il luogo dove Jorge Mario Bergoglio è stato battezzato e dove ha costantemente espresso il suo amore per Maria Ausiliatrice, fino a quando ha dovuto lasciare la sua terra perché elevato alla cattedra di Pietro.



4. Dalla casa di Maria alle nostre case



Il carisma salesiano nell’animazione della famiglia torna alle sue origini e la famiglia nell’incontro con lo spirito di don Bosco acquista in dinamicità e gioia evangelica. Esprimiamo particolare attenzione alla situazione attuale della famiglia, soggetto originario dell’educazione e primo luogo dell’evangelizzazione. Tutta la Chiesa ha preso coscienza delle gravi difficoltà nelle quali essa si trova e avverte la necessità di offrire aiuti straordinari per la sua formazione, il suo sviluppo e l’esercizio responsabile del suo compito educativo. Così si sperimenta come la Pastorale Familiare e quella Giovanile debbano essere aperte l’una all’altra e camminare insieme.


Nella Famiglia Salesiana «particolare attenzione viene data alla famiglia, luogo primario di umanizzazione destinato a preparare i giovani all’amore e all’accoglienza della vita, prima scuola della solidarietà tra le persone e i popoli. Tutti sono impegnati a garantirle dignità e saldezza perché diventi, in maniera sempre più evidente, una piccola “chiesa domestica”»39.


Questa attenzione alla famiglia è finalizzata alla promozione umana, all’evangelizzazione e all’educazione delle nuove generazioni: «Formare “buoni cristiani e onesti cittadini” è intenzionalità più volte espressa da Don Bosco per indicare tutto ciò di cui i giovani necessitano per vivere con pienezza la loro esistenza umana e cristiana: vestito, vitto, alloggio, lavoro, studio e tempo libero; gioia, amicizia; fede operosa, grazia di Dio, cammino di santificazione; partecipazione, dinamismo, inserimento sociale ed ecclesiale».40


Anche l’Associazione di Maria Ausiliatrice si è rinnovata in questa prospettiva e vede sempre più la presenza di famiglie e giovani coppie che, sotto la guida di Maria, condividono un cammino di vita, fatto di formazione, condivisione e preghiera. Maria è Madre e Maestra di educazione per diventare sposi e genitori. Tale rinnovamento è frutto di un mandato specifico da parte del Rettor Maggiore don Pascual Chávez, dopo il V Congresso Internazionale di Maria Ausiliatrice del Messico (2007), un mandato confermato anche da me in occasione del Congresso di Torino nel 2015.


L’ADMA è un sostegno nella fedeltà alla vocazione degli sposi, un grande aiuto per l’educazione dei figli. Il progetto dell’Associazione guarda alle famiglie secondo una visione che coinvolge tutta la famiglia. È il filo che intreccia in un ricamo il cammino dei genitori e quello dei figli. Infatti, osservando i genitori pregare e condividere la fede, i figli imparano a vivere in famiglia alla presenza di Gesù e Maria. I genitori, guardando i figli, si convincono sempre più che la testimonianza della fede è il dono più bello che possono offrire, l’eredità più ricca che possano lasciare loro.


Da questo deriva l’impegno a far sì che le famiglie diventino nella vita quotidiana luoghi privilegiati di crescita umana e cristiana, nell’assunzione delle virtù che danno forma all’esistenza. Occorre camminare con le famiglie, accompagnarle nelle situazioni complesse che si trovano ad affrontare, individuando nuove vie e strategie comuni per sostenere gli sposi nella loro vocazione matrimoniale.

Le famiglie sono la fonte primaria dell’educazione e terreno fertile per la crescita cristiana. Per proporre un cammino cristiano ai giovani è fondamentale oggi collaborare con le loro famiglie e accompagnarle. Gli ambiti di interesse dentro i quali esprimere questa sinergia coprono tutto l’arco della vita affettiva e dell’esperienza familiare: l’educazione degli adolescenti e dei giovani all’amore, la preparazione dei fidanzati al matrimonio e alla vita di famiglia, l’accompagnamento dei figli e delle figlie che sentono una chiamata particolare alla vita consacrata o al ministero presbiterale, la celebrazione del Matrimonio, l’accompagnamento dei giovani sposi e dei genitori, l’attenzione particolare alle famiglie in difficoltà e alle situazioni irregolari, la spiritualità coniugale e familiare nella prospettiva della spiritualità salesiana.


4.1. Un cammino a misura di famiglia


È questa l’esperienza nata nell’ADMA, sulle orme di don Bosco. È una proposta per vivere in pienezza la chiamata ad essere sposi e genitori, fratelli e sorelle, trovando nel quotidiano i tempi per la preghiera, il dialogo, il perdono e la carità. Si è così in sintonia con lo stile familiare di amorevolezza del carisma salesiano, lo stile dell’oratorio, cercando, sotto lo sguardo di Gesù, Giuseppe e Maria, di vivere ogni momento, anche quelli più faticosi, nella carità vicendevole e senza perdere la speranza. La testimonianza più bella è vedere come davvero l’Eucaristia e Maria Ausiliatrice diventino colonne portanti della vita, punti di riferimento nelle difficoltà di ogni giorno. Il sogno delle due colonne di don Bosco diviene il cuore del cammino delle famiglie. Un amore tra coniugi che si rinnova ogni giorno, una crescita spirituale come singoli e come famiglie, una formazione come genitori nel difficile compito educativo, un’amicizia tra i figli che li rende capaci di condividere la fede e testimoniarla agli altri. Ogni famiglia partecipa secondo le proprie possibilità. Non manca l’invito a coltivare la partecipazione alla vita della Chiesa locale prendendo attivamente parte alle attività delle parrocchie o degli oratori. Tutto ciò mi sembra un modo bellissimo di esprimere e sviluppare, fedelmente e con la visione teologica ed ecclesiale di oggi, ciò che don Bosco intendeva al suo tempo.


4.2. Famiglia di famiglie


Al giorno d’oggi nessuna famiglia può restare sola. La cultura edonistica e disorientante, nonché la solitudine, che caratterizzano spesso gli stili di vita delle persone, rendono necessario creare ambienti dove approfondire e coltivare insieme i valori cristiani. Si tratta di camminare per essere Famiglia di famiglie, condividendo le gioie e portando insieme pesi e fatiche, con alcune attenzioni.


Mettere il Matrimonio al centro e Gesù al centro del Matrimonio

Cercando di vivere la vocazione di sposi e genitori consapevoli che occorre far abitare Gesù nel quotidiano, riponendo in Lui affanni e fatiche, gioie e desideri sotto la guida di Maria e la custodia di san Giuseppe. Dio desidera manifestarsi attraverso “l’agire quotidiano di sposi”, nella cura delle relazioni, nell’educazione dei figli, nell’impegno sul lavoro e nell’apostolato.


Assicurare il primato della grazia

Ogni famiglia riceve doni e grazie. Nella fedeltà quotidiana alla preghiera cresce la coscienza di essere figli e figlie amati da Dio e cresce l’amore coniugale e familiare. Nella preghiera Dio rinnova ogni giorno la grazia ricevuta nel Sacramento del Matrimonio, riempiendo la vita di significato.


Sperimentare come la preghiera si fa carità

I doni ricevuti nel cammino di preghiera e di formazione sono restituiti nella vita di tutti i giorni. Varie sono le modalità: dall’apertura alle necessità di famiglie vicine o in difficoltà, all’impegno pastorale specialmente per i giovani o per i più poveri o nella formazione e nell’annuncio ad altre famiglie. Una particolare attenzione è rivolta alle famiglie più giovani, affinché l’esperienza di coloro che camminano da più tempo sia messa a loro disposizione.


Spiritualmente accompagnati

Fondamentale è l’accompagnamento spirituale dei singoli e delle coppie, con la presenza di sacerdoti, di consacrati e degli stessi sposi che hanno fatto un bellissimo cammino di vita familiare coniugale e cristiana e salesiana, che diventano preziose guide nel cammino della fede, condividendo l’esperienza di Dio che sta al cuore della loro vocazione e missione.


4.3. ADMA Giovani


Una grazia speciale di Maria Ausiliatrice è l’avvio di gruppi giovanili che vogliono fare propria la spiritualità e l’impegno apostolico dell’ADMA. Insieme alle famiglie “l’innesto” dei giovani si rivela un dono provvidenziale di Maria Ausiliatrice che si prende cura delle nuove generazioni. È questo un punto importante su cui continuare a riflettere e a confrontarsi, valorizzando anche provvidenziali situazioni che si possono incontrare. Certamente la strada da percorrere è il collegamento con la Pastorale Giovanile e l’offerta ai giovani di esperienze e cammini significativi.


L’ADMA Giovani è la proposta di un itinerario di vita cristiana per ragazzi e giovani, secondo il carisma di don Bosco: vivere con Maria Ausiliatrice l’esperienza della fede, dell’amore del Padre, dell’opera redentrice del Figlio, della potenza dello Spirito Santo, mettendosi al servizio del vangelo e della Chiesa. Si tratta di accogliere con gioia e disponibilità questo dono della grazia per renderlo fecondo attraverso scelte di vita concrete e coerenti.


Pensando ai giovani e alla devozione a Maria, non possiamo ignorare ciò che Don Bosco chiedeva ai suoi ragazzi e come li ha portati ad amare la Vergine. Troviamo dimostrazione di ciò, tra i tanti esempi che potrebbero essere portati, nelle biografie di Domenico Savio41 e di Michele Magone42 scritte da don Bosco.

Di Domenico Savio don Bosco scrive: «La divozione verso la Madre di Dio in Domenico era grande assai. In onore di lei faceva ogni giorno qualche mortificazione (…). Aveva una speciale divozione all’Immacolato Cuore di Maria. Tutte le volte che recavasi in chiesa andava avanti all’altare di lei per pregarla ad ottenergli la grazia di conservare il suo cuore sempre lontano da ogni affetto impuro (…). Non solo era egli divoto di Maria SS., ma godeva assai quando poteva condurre qualcheduno a prestarle pratiche dì pietà».

E di Michele Magone don Bosco scrive: «Bisogna dirlo, la divozione verso della Beata Vergine è il sostegno d’ogni fedele cristiano. Ma lo è in modo particolare per la gioventù (…) Il nostro Magone conobbe questa importante verità, ed ecco il modo provvidenziale con cui vi fu invitato». E desiderando consacrarsi totalmente a Maria «il direttore rispose che non era ancora all’età di fare voti di quella importanza». Così Michele Magone rispose: «Io mi sento grande volontà di darmi tutto a Maria; e se a lei mi consacro, certamente ella mi aiuterà a mantenere la promessa».


Questa tradizione educativa salesiana dell’amore alla Vergine deve farci pensare molto seriamente alla maniera di coltivare questa dimensione nella nostra proposta di pastorale giovanile. È per questo che, come espressione giovanile dell’ADMA, i giovani partecipano a pieno titolo dello spirito e della vita dell’Associazione con modalità e momenti propri. Di particolare valore è il fatto che in alcune zone del mondo e particolarmente nell’ADMA Primaria di Torino molti dei ragazzi e dei giovani sono figli di coppie appartenenti all’ADMA: questo favorisce cammini di fede in chiave generativa, attenti alla realtà della famiglia e improntati allo spirito di famiglia. In un contesto socio-culturale segnato dal relativismo antropologico ed etico, riconosciamo lo stretto rapporto con le famiglie come un vero e proprio valore aggiunto sia per l’efficacia apostolica dell’ADMA, sia per la formazione affettiva dei giovani, sia per le possibilità di rinnovamento dell’educazione secondo il Vangelo. Infatti all’interno di ogni comunità cristiana va riconosciuto l’insostituibile ruolo educativo svolto dai genitori e dagli altri familiari. Sono in primo luogo i genitori a esprimere ogni giorno la cura di Dio per ogni essere umano nell’amore che li lega tra di loro e ai propri figli.


Il Sinodo dei giovani del 2018 e l’Esortazione apostolica post-sinodale in forma di Lettera ai giovani Christus vivit sono un forte invito in questa direzione: accompagnare i giovani a riconoscere e accogliere la chiamata all’amore e alla vita in pienezza, e anche chiedere ai giovani stessi di identificare le modalità oggi più efficaci per annunciare la Buona Notizia.


Accompagnare i giovani richiede di uscire dai propri schemi preconfezionati, incontrandoli lì dove sono, adeguandosi ai loro tempi e ai loro ritmi; significa anche prenderli sul serio nella loro fatica a decifrare la realtà in cui vivono. Vanno accompagnati aiutandoli a far sì che l’annuncio, ricevuto in gesti e parole, entri e fecondi il loro sforzo quotidiano di costruire la propria storia e identità, nella ricerca di un senso per le loro vite, che è sempre parte del loro cammino, anche quando non lo è in modo esplicito e consapevole.


I giovani hanno per loro natura una energia grandissima, hanno bisogno di spazi nei quali muoversi, hanno bisogno di prospettive ampie, di sfide grandi da cogliere, di un futuro da progettare. Hanno anche bisogno di uno sguardo di fiducia che dia loro slancio e che li inviti ed inciti a tradurre la loro energia in servizio, testimonianza, apostolato. Creare spazio vuol dire anche accettare il giovane per quello che è, accettare i suoi tempi e i suoi errori, soprattutto là dove il giovane impegna le sue energie in esperienze di servizio, senza essere troppo preoccupati e focalizzati sui risultati, attendendosi livelli alti di “professionalità”. Vuol dire guardare alla persona nella sua integralità, affinché maturi nel suo percorso di crescita umana e di fede.



Conclusione



Mentre rendiamo grazie per questi 150 anni di vita dell’Associazione di Maria Ausiliatrice, impegniamoci, fedeli al carisma del nostro santo fondatore della Famiglia Salesiana, a lasciarci guidare dallo Spirito Santo per un rinnovato impulso evangelizzatore ed educativo. Si tratta di portare la fede in Gesù Cristo e l’amore a Maria a tutti i giovani, ragazzi, ragazze, adolescenti, specialmente quelli più poveri e bisognosi (non dimentichiamolo mai). Si tratta di seminare questa sensibilità già nei primi anni in cui ragazzi e ragazze vivono l’età d’oro del fascino per i valori religiosi, si tratta di condividere questa fede in Gesù e l’amore per la nostra Madre con molti amici, familiari, colleghi, vicini, conoscenti. L’essenziale di questo impulso evangelizzatore consiste nel rinnovare l’Associazione con un’attenzione privilegiata alla famiglia e alle nuove generazioni, favorendo e curando l’amicizia personale, l’apertura verso tutti e lo spirito di servizio, facendo nostri gli atteggiamenti profondamente evangelici di Maria: la sua disponibilità a Dio, la sua fedeltà nell’ora della prova e della croce, il suo spirito di gioia e di rendimento di grazie per le meraviglie che il Signore opera.


Con lo spirito del Magnificat cantiamo il nostro grazie per il bene sperimentato dall’ADMA in questi 150 anni, anche grazie alla fedeltà di tante umili persone che hanno tenuto viva la fiaccola dell’Associazione in tempi difficili, di crisi e di contestazione, così che il dono ricevuto da don Bosco potesse continuare a trasmettersi di generazione in generazione.


Accanto alla grande icona di Maria Ausiliatrice nella Basilica di Torino, la statua di don Bosco lo rappresenta con il modellino della chiesa in mano, a significare come l’opera salesiana è segnata dalla presenza di Maria Ausiliatrice. La fedeltà a don Bosco non può prescindere dalla devozione all’Ausiliatrice, così cara al suo cuore apostolico e al cuore di tutti i suoi successori. È un’eredità carismatica sempre da riscoprire e da promuovere.


«Questa presenza materna e operante di Maria è il fondamento dell’Associazione e l’ispirazione dell’impegno dei membri a servizio del Regno di Dio»43. L’Associazione e l’appartenenza ad essa si fondano sull’esperienza della maternità e dell’aiuto di Maria nella propria storia. Tale maternità vista, toccata, sperimentata, anima e sostiene ogni impegno, proposito e azione di bene. Maria è con noi, ci ama e ci protegge. Da qui nasce il senso evangelico del servizio che promana dalla gioia di sentirsi salvati e di impegnarsi con zelo nell’annuncio e nella costruzione del Regno di Dio, sull’esempio e con l’aiuto di Maria che magnifica il Signore e insieme si professa sua umile ancella.


Facciamo anche esperienza della maternità di Maria, per essere le sue mani tese per ogni creatura, affinché ogni uomo si avvicini al Dio dell’amore. Il costante affidamento a Maria caratterizza intensamente la nostra spiritualità. «L’affidamento è un dinamismo ascendente: è compiere il gesto del dono di sé per rispondere con generosità a una missione da realizzare; ma è anche un dinamismo discendente: accogliere con fiducia e riconoscenza l’aiuto di Colei che guidò Don Bosco e continua a guidare la Famiglia spirituale che da lui ha tratto origine».44


La presenza vivamente sentita di Maria nella nostra missione educativa ed evangelizzatrice, è conferma e salvaguardia che non stiamo facendo “cose nostre” e non puntiamo solo sulle nostre forze: stiamo rispondendo ad un dono e ad una chiamata, pur nella fatica e nella pazienza che richiedono le nostre risposte, sempre limitate. L’autentico affidamento a Maria, la prima ad essere evangelizzata e la prima evangelizzatrice, è per noi un fatto carismatico che ci abilita alla consapevolezza di essere servi e mediatori della grazia di Dio. Maria, stella della evangelizzazione, ci aiuta, come fece a Cana di Galilea, a saper intercettare le vere domande dei giovani e del popolo che Dio ama e ci invita a prestare attenzione al suo Figlio: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela»45.


L’Associazione di Maria Ausiliatrice è una luce che brilla per tutto il mondo salesiano e ci invita ad essere con Maria discepoli e missionari del Vangelo della gioia. Tanti occhi guardano a questa realtà, capace di coinvolgere, come Associazione, famiglie, genitori e figli, giovani e anziani, ragazzi, ragazze e adolescenti. Il mio apprezzamento è motivato dal constatare che a volte nuove opportunità nella nostra realtà nascono non perché ci sia un programma prestabilito, ma perché la vita chiama; è la vita che da sé mette in evidenza ciò che più conta e di cui c’è più bisogno. Il valore specifico più prezioso nell’ADMA è il fatto della fede vissuta in famiglia, dove la Madonna è presente e accompagna. Questo ha un valore grande per la Chiesa, un valore eccezionale.


In conclusione mi permetto di condividere una profonda convinzione che porto nel cuore. Andando per il mondo vedo che investiamo tante energie per una moltitudine di iniziative, per realizzarle nel modo migliore possibile, molte con una generosa dedizione nel sociale: tutto questo è molto prezioso ed è sempre salesiano. Tuttavia a volte mancano momenti di vera relazione tra le persone; occasioni per parlare di Dio, di Gesù, per celebrare la fede, per esprimere la fede che ci sostiene. Parliamo di tante cose, a volte però non di ciò che ha profonde radici. In questo senso l’Associazione di Maria Ausiliatrice ha tanti elementi bellissimi; tra loro la fede e la preghiera primeggiano e devono rimanere una priorità. Vedere le famiglie, vedere i figli, vedere i giovani e gli anziani insieme è splendido.


Ringrazio tutti coloro che rendono possibile questo cammino e invito tutta la nostra Famiglia Salesiana e tutte le nostre presenze a potenziare questo amore alla Madre con la stessa passione educativa ed evangelizzatrice vissute da don Bosco. Vi assicuro che non vi mancherà la protezione del Signore, la presenza materna di Maria Ausiliatrice e l’intercessione di don Bosco. In particolare, chiedo a tutta la nostra Famiglia Salesiana: promuoviamo l’apertura di questa Associazione, nei luoghi dove non è ancora presente, con creatività pastorale, anche se sono passati 150 anni dalla sua fondazione. Maria Ausiliatrice farà il resto.


San Giovanni Paolo II ce l’ha proposto come una bella carta di navigazione, dicendoci come Famiglia Salesiana: «Con la vostra opera, carissimi educatori, voi state compiendo uno squisito esercizio di maternità ecclesiale (Gravissimum educationis, 3). Abbiate sempre davanti a voi Maria Santissima come la più alta collaboratrice dello Spirito Santo, la quale fu docile alle sue ispirazioni e per questo divenne Madre di Cristo e Madre della Chiesa. Ella continua nei secoli “ad essere una presenza materna, come indicano le parole di Cristo pronunciate sulla Croce: ‘Donna, ecco tuo figlio’; ‘Ecco tua madre’. Non distogliete mai lo sguardo da Maria” (Redemptoris Mater, 24)»46.


Grazie a tutti per la vostra testimonianza. E camminiamo insieme con slancio: affida, confida, sorridi! Che Dio vi benedica!






Don Ángel Fernández Artime S.D.B.

Rettor Maggiore

1 G. Bosco, Circolare ai Salesiani sulla diffusione dei buoni libri, in ISS, Fonti Salesiane. Don Bosco e la sua opera, LAS, Roma 2014, p. 481.

2 Francesco, Come Don Bosco con i giovani e per i giovani. Lettera del Santo Padre Francesco al Rettor Maggiore dei Salesiani nel bicentenario della nascita di San Giovanni Bosco, LEV, Città del Vaticano, 2015, p. 3.

3 Cf. MB II, 244.

4 E. Viganò, Maria rinnova la Famiglia Salesiana di Don Bosco (lettera pubblicata in ACS n. 289), in Lettere circolari di don Egidio Viganò ai salesiani, Roma, 1996, vol. 1º, p. 3.

5 Colgo l’occasione per ringraziare i Salesiani, le FMA e l’ADMA di Valdocco per il ricco contributo che mi hanno offerto come risultato della riflessione che hanno fatto alle porte di questo 150° anniversario.

6 Letture Cattoliche, Anno XVII (Maggio), Fasc. V, pp. 48-50.

7 Cfr. Francesco di Sales, Filotea I,1,4; 3,13.

8 Id., Filotea I,1,9.

9 Id., Filotea I,2,8.

10 E. Ceria, Don Bosco con Dio, SEI, Torino 1929, p. 209.

11 Cf. L.M. Grignion de Montfort, Trattato della vera devozione, III, 1, 120.

12 S. De Fiores, Maria nella vita dello Spirito, Cirié (Torino) 2003, pp.149-151.

13 P. Brocardo, Don Bosco. Profondamente uomo profondamente santo, LAS, Roma, 2001, p. 127.

14 Giovanni Paolo II, Iuvenum Patris, Elle Di Ci (= Servizio dell’unità 60), Torino 1988, p. 10: i corsivi sono miei e intendono sottolineare lo specifico mariano della spiritualità di don Bosco.

15 G. Bosco, Meraviglie della Madre di Dio invocata sotto il titolo di Maria Ausiliatrice, Torino 1868, p. 45.

16 M. Rua, Lettere circolari, Torino 1965, 178, pp. 293-294 ss.

17 M. Rua, o.c., p. 353.

18 J. E. Vecchi, Spiritualità Salesiana, Elle Di Ci, Leumann (TO) 2001, p. 229.

19 P. Brocardo, Idem, p.131.

20 P. Brocardo, Idem, p.132.

21 E. Viganò, o.c., p. 16.

22 Ibidem.

23 P. Braido, Don Bosco prete dei giovani nel secolo delle libertà, LAS, Roma 2003, vol. I, pp. 526-528.

24 CG24, 80.

26 Documento finale del Sinodo dei Vescovi al Santo Padre Francesco (27 ottobre 2018), n. 121.

27 Documento finale del Sinodo dei Vescovi al Santo Padre Francesco (27 ottobre 2018), nn. 121-122.

29 Regolamento ADMA, art. 2.

30 Carta d’identità carismatica della Famiglia Salesiana, n. 16.

31 Ivi, n. 31.

32 Paolo VI, Esortazione apostolica Evangelii Nuntiandi, n. 48.

33 Francesco, Discorso agli operatori di pellegrinaggi e rettori di santuari, Roma 21 gennaio 2016.

34 Ibidem.

1 35 La nuvoletta del Carmelo, ossia la divozione a Maria Ausiliatrice premiata di nuove grazie, per cura del sacerdote Giovanni Bosco, S. Pier d’Arena, Tipografia e libreria di S. Vincenzo De’ Paoli, Torino – Nizza Marittima, Libreria Salesiana Patronato di S. Pietro 1877.

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36 Regolamento ADMA, art. 3.

37 Mentre scrivo questa pagina, per la seconda volta in poco tempo ricevo la notizia della morte di un nostro missionario. In tre mesi, in Burkina Faso (Ispettoria dell’Africa Occidentale francofona), l’esistenza di due confratelli missionari, padre César Antonio Fernández e padre Fernando Hernández, è stata crudelmente troncata. Le parole del Papa si realizzano: «Oggi, ogni giorno, migliaia di cristiani perdono la vita a causa della fede in tutto il mondo».

38 Giovanni Paolo II, Angelus (31 gennaio 1988).

39 Carta d’identità carismatica della Famiglia Salesiana, n. 16.

40 Ivi, n. 17.

41 G. Bosco, Vita del giovanetto Savio Domenico, allievo dell’Oratorio di S. Francesco di Sales, in ISS, Fonti Salesiane. Don Bosco e la sua opera, LAS, Roma 2014, pp. 1053-1055.

42 G. Bosco, Cenno biografico sul giovanetto Magone Michele allievo dell’Oratorio di S. Francesco di Sales, in ISS, Fonti Salesiane. Don Bosco e la sua opera, LAS, Roma 2014, pp. 1106-1108.

43 Regolamento ADMA, art. 1.

44 Carta d’identità carismatica della Famiglia Salesiana, n. 37.

45 Gv 2,5.

46 Giovanni Paolo II, Iuvenum Patris, o.c., p. 31.

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