Atti_1999_366.ACG_


Atti_1999_366.ACG_

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1. IL RETTOR MAGGIORE
«UN AMORE SENZA LIMITI
A DIO E Al GIOVANI» 1
1. La castità per il Regno. Quello che abbiamo professato. - Il clima culturale. - La certezza
ispirante: un amore che annuncia il Risorto e lo attende. 2. Castità e carisma salesiano. Nel
solco di una tradizione. - Al servizio dell’amore educativo. - Segno della donazione totale. - “Qua­
si un postulato dell’educazione” - Complementarità arricchente. 3. Il cammino verso la matu­
rità. Un’emergenza che sfida ed interpella. - Un percorso da assumere. - Discernimento voca­
zionale e formazione iniziale. - Il ruolo della comunità. Conclusione: la forza di una profezia.
Roma, 8 dicembre 1998
Solennità dell’immacolata Concezione di Maria
Cari confratelli.
Vi scrivo all’inizio dell’anno giubilare dedicato al Padre, dal
quale provengono tutti i doni. Fra i doni più grandi ricevuti
nella nostra esistenza si colloca, dopo quello del Battesimo e
della vita cristiana, la speciale grazia della consacrazione, sulla
quale vi ho invitato a riflettere nella lettera precedente.
In essa «eccelle il prezioso dono (...) dato dal Padre ad
alcuni (cf. Mt 19,11; 1 Cor 7,7) di votarsi a Dio solo, più facil­
mente e con cuore indiviso (cf. 1 Cor 7, 32-33) nella verginità e
nel celibato»2.
Mi è sembrato dunque opportuno continuare il discorso ini­
ziato proponendovi alcuni spunti su questa dimensione della
nostra consacrazione.
Le Costituzioni presentano la manifestazione singolare
che questo dono ha nel nostro carisma, quando affermano che è
«un amore senza limiti a Dio e ai giovani»3. Esso include la to­
tale donazione di sé e dispone ad affrontare con maggior libertà
1 Cost.81
2 LG 42
3 Cost. 81

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4 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
e prontezza anche il rischio della vita sulle frontiere della mis­
sione ad gentes, la solidarietà con i poveri, le situazioni in con­
flitto.
Mentre sto concludendo la stesura di questa lettera, sono
stati fatti pubblici i nomi dei missionari e delle missionarie uc­
cisi nel 1998 in contesti di guerra, fondamentalismo religioso e
conflitti etnici: un totale di trentuno, che vengono a sommarsi
ai numerosissimi che formano il martirologio del secolo XX.
Su questo sfondo segnato dalla storia di sorelle e di fratelli
che non hanno esitato a donare la vita vorrei collocare la mia
riflessione su quel «modo intensamente evangelico di amare
Dio e i fratelli»4che si realizza attraverso il voto di castità. Con
tale riflessione mi propongo anche di fare «emergere la valenza
educativa della nostra consacrazione religiosa nella vita quoti­
diana» 6, secondo quanto ci siamo proposti nella programma­
zione di questo sessennio.
1. LA CASTITÀ PER IL REGNO
Quello che abbiamo professato.
L’Esortazione Apostolica Vita Consecrata non fa una tratta­
zione separata dei singoli consigli evangelici. Li unisce nell’u­
nica grazia della sequela, limitandosi a esplicitare qua e là si­
gnificati, valenze o esigenze particolari di ciascuno di essi. Sot­
tolinea così il carattere di rapporto personale con il Signore che
ha la professione e la dimensione mistica dei voti. Ciascun con­
siglio comporta atteggiamenti e impegni specifici, ma finisce
per comprendere gli altri due. È diffìcile pensare ad una castità
coerente e luminosa staccata da quella povertà che consiste nel­
l’offerta totale dei propri beni materiali e personali o da una
4 Cost. 80
5 cf. ACG 358, Numero speciale, pag. 16, Comunità SDB nucleo animatore, n. 34.
(interventi)

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IL RETTOR MAGGIORE 5
obbedienza del cuore che mette se stesso a qualsiasi costo a
disposizione della missione. E viceversa.
Vita Consecrata non presenta nemmeno un discorso disteso
sui consigli nel loro insieme, ma ne inserisce degli spunti
quando tratta sulla consacrazione, sulla missione e sulla comu­
nità fraterna. I consigli sono condizioni per una realizzazione
serena e coerente di questi aspetti fondamentali della nostra
vita e si riflettono su ciascuno di essi.
La chiarezza con cui ne parla il vangelo, la frequenza con la
quale i documenti della Chiesa e della Congregazione, anche in
tempi recenti, hanno studiato l’argomento ci hanno aiutato ad
acquisire un quadro sufficientemente sicuro circa il senso della
castità consacrata: è un dono del Padre e, da parte nostra, una
risposta libera di amore che ci porta a conformarci al genere di
vita verginale scelto da Gesù. E così pure sono certi gli impegni
che essa comporta: il celibato come stato di vita e la pratica
della continenza propria di tale stato, la volontà di donazione
senza limiti a Dio e ai giovani. Dottrinalmente acquisita è pure
l’ascesi che la pratica della castità richiede, espressa quasi
sempre in una serie di indicazioni che comprendono mezzi
umani e soprannaturali.
Eppure il clima culturale che stiamo vivendo suggerisce di fare
una riflessione personale e contestualizzata su questo consiglio6.
Siamo infatti quasi sommersi da immagini, messaggi, opi­
nioni e spiegazioni che riguardano la sessualità, mentre il si­
lenzio sulla castità è quasi totale.
Ciò porta ad interrogarsi sulla pratica attuale della castità,
sulle condizioni da richiedere e creare affinché sia maturante e
serena, sulla sua forza di testimonianza, sui percorsi pedagogici e
spirituali che ci possono portare ad una sua realizzazione signifi­
cativa in un mondo che sembra non prenderla in considerazione.
6 Così l’ha percepito il Gruppo dei sedici Superiori generali che nella loro adunanza
con la CIVCSVA hanno sviluppato il tema: Vivere la castità - celibato oggi: problemi e
nostre responsabilità.

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6 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
Il clima culturale.
Un certo silenzio sulla castità cristiana, anche da parte no­
stra, può derivare dal cambiamento culturale che rende oggi
più difficile di ieri percepirne il significato umano e parlare, in
termini realistici e delicati, su alcuni problemi che essa suscita:
come le espressioni legittime dell’amore, la forma della coppia,
le pratiche che riguardano la vita, la colpevolezza o meno di
certi comportamenti personali.
La riflessione cattolica viene sottoposta a particolari sforzi
dalla complessità delle questioni e dalla varietà di opinioni.
Cerca risposte alle interpellanze, approfondendo il carattere
della persona, il ruolo della coscienza, l’influsso della situa­
zione, l’orientamento esistenziale. Giudizi sommari dunque,
anche formalmente corretti ma senza sufficiente analisi o ap­
profondimento, finiscono per non risolvere pressanti interroga­
tivi che la castità solleva.
Tra gli elementi che segnano la presente evoluzione c ’è
senza dubbio la valorizzazione della sessualità. È complessa. Le
si riconosce un influsso determinante nello sviluppo della per­
sonalità. La si considera una ricchezza da sfruttare piuttosto
che un istinto da debellare. Viene messa in relazione con
aspetti molto sentiti della persona come la maturità, la realiz­
zazione completa, la capacità di rapporto, il godimento, l’equili­
brio interiore che sa superare complessi, sentimenti di colpa e
insicurezze. Questa prospettiva positiva è assunta anche dal
pensiero della Chiesa come dimostrano l’abbondante catechesi
di Giovanni Paolo II e una vasta letteratura morale e spirituale.
D’altra parte sono caduti i controlli sociali e a volte anche
quelli familiari. C’è tolleranza pubblica e si difende il diritto a
scelte diverse; anzi, stampa, letteratura, spettacoli spesso esal­
tano la trasgressione e presentano le deviazioni come scelte pos­
sibili, conseguenza di condizioni personali. Qualsiasi dimensione
etica, anche soltanto umanistica, viene trascurata, quando non
ignorata, persino in programmi ufficiali ampiamente diffusi. Ci

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IL RETTOR MAGGIORE 7
si preoccupa solo di vivere la sessualità in modo appagante e si­
curo da rischi per la salute fisica o psichica e la si stacca dai com­
ponenti che le danno senso trascendente e dignità umana.
Il corpo viene avvalorato e quasi esaltato nelle sue diverse
possibilità: salute, forma, bellezza, espressione artistica, piacere.
È al centro di molte cure e relative industrie che rispondono e
stimolano nuovi interessi: ginnastica, sport, cosmetica, danza. Il
pensiero cristiano sottolinea che il corpo è chiamato ad inte­
grarsi sempre meglio nel progetto vocazionale, che l’uomo non
solo ha un corpo, ma è corpo capace di esprimere ciò che lo spi­
rito sente e vuole comunicare: l’amore e la gioia, l’ansia e la rab­
bia, l’attenzione per l’altro o l’esclusivo interesse per sé.
L’evoluzione culturale nel suo insieme ed i contributi di un
femminismo equilibrato hanno messo in luce l’originalità della
donna, le ricchezze del suo genio e la complementarità reci­
proca con l’uomo. Gli interventi di Giovanni Paolo II in merito
sono il segno anche di un cambiamento ecclesiale. La conse­
guenza per noi è una vicinanza maggiore alla donna che si
esprime nella compresenza in tutti gli ambiti, nella collabora­
zione, nel rapporto più libero, che non poche volte porta verso
la confidenza, la familiarità e l’amicizia.
Le nostre società poi sono diventate allergiche a controlli e
leggi che pretendano di addentrarsi in quella che è ritenuta la
sfera del privato, per cui le stesse norme morali suscitano rea­
zioni e stentano a trovare spazio in ambito civile per esprimere
in esso la loro profonda valenza umana e religiosa. La sessua­
lità, l’amore e per certi versi la famiglia sono privatizzate. Non
pochi comportamenti e scelte personali in merito non sono più
valutate a partire da una considerazione morale comunemente
accettata ma dai diritti della persona, ora considerata nella sua
irripetibile dignità, ora confusa con una libertà arbitraria
La trasmutazione culturale in atto comporta sviluppi posi­
tivi e costi pesanti. Tra i primi possiamo enumerare una mag­
giore libertà nel vivere le proprie scelte, la percezione di vuoti
che chiedono di essere colmati e di fatto lo sono attraverso il

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8 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
riapparire del desiderio di un amore autentico, la ricerca e l’of­
ferta del gratuito, cioè di quello che non può essere acquistato,
ma si scopre e si vive al di fuori degli scambi.
Tra i secondi c’è una esagerata sottolineatura della soggetti­
vità in materia sessuale; l’indebolirsi o il venir meno del legame
matrimoniale e la paura di assumerlo, con le conseguenti “ ado­
lescenze prolungate” ; il proliferare di immagini e materiale ses­
suale di bassa lega, praticamente alla portata di tutti, attra­
verso canali e reti autorizzate o clandestine.
Tutto questo produce una ambiguità che sfida non soltanto
la capacità di valutazione, ma anche il controllo dei desideri. Da
una parte si difende con forza la dignità della donna, che è ben
più del suo corpo, ma nello stesso tempo si continua a presen­
tarla come oggetto erotico nella pubblicità e nel cinema. Si sti­
mola la libera espressione della sessualità, ma si reagisce con
durezza quando, incontrollata, non riconosce limiti. Si preme
sulla “ emozione” , in particolare dei giovani, attraverso imma­
gini e slogan, e si pretende da loro la costanza e la fedeltà, che è
frutto di capacità riflessiva e progettuale. La conquista dei mer­
cati porta i media a puntare sulla efficacia comunicativa, se non
addirittura sulla furbizia tecnologica, piuttosto che sull’offerta
di una visione vera e profonda della realtà.
Il clima avvolge i giovani ai quali la prima informazione
sulla sessualità e la castità arriva confusa e ambigua. Ma non
risparmia i religiosi, nemmeno quelli che ne avevano preceden­
temente interiorizzato una visione cristiana. Ne può derivare,
anche per noi, un calo di sensibilità, che ci rende quasi indiffe­
renti riguardo a valutazioni o comportamenti e diminuisce il
valore specifico della nostra scelta consacrata. Può venir meno
il rigore della vigilanza, che evita l’esposizione ad occasioni ne­
gative, da parte di chi ha scelto di porre Gesù al centro del pro­
prio cuore. Si può ingenerare, nei pastori e negli educatori, in­
certezza nel guidare le coscienze in comunione con la Chiesa, e
nel proporre, in modo convincente, la castità come un valore es­
senziale nella costruzione dell’uomo e del cristiano.

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IL RETTOR MAGGIORE 9
Ciò può diventare più rischioso, nel caso che l’educazione da
noi ricevuta, che ha avuto i suoi limiti accanto ad indubbi pregi,
non ci abbia sufficientemente provveduto dei necessari stru­
menti di valutazione, di consolidati atteggiamenti di vita, di
onesta interiorità capace di smascherare le razionalizzazioni di
cui il male spesso si riveste.
Vita Consecrata invita a rispondere alle provocazioni della
cultura con la «pratica gioiosa della castità perfetta, quale testi­
monianza della potenza dell’amore di Dio nella fragilità della
condizione umana»7.
Noi Salesiani avvertiamo la necessità di una mobilitazione in­
teriore, personale e comunitaria, per vivere con gioia più grande e
con più irradiante trasparenza questa virtù, che configura le mem­
bra di Cristo alla totale libertà e capacità di dono del loro Capo.
Solo con lo sguardo posato su di Lui, siamo in grado di co­
gliere il significato della castità, specie in quella forma profetica
e peculiare che brilla nel dono della verginità, professata per il
Regno dei cieli, nelle comunità religiose.
La certezza ispirante:
un amore che annuncia il Risorto e lo attende.
È impossibile affrontare qualsiasi questione specifica della
castità cristiana senza cercarne le radici più profonde nella pa­
rola di Dio. E, piuttosto che in testi particolari, che certamente
non mancano, il fondamento della castità consacrata e il suo si­
gnificato vanno ricercati nella persona stessa di Gesù, Parola
totale e definitiva di Dio. Egli è celibe per il Regno, per manife­
stare visibilmente l’amore di Dio per tutti e per ciascuno. Inau­
gura così un altro modo di essere persona in cui la sessualità
realizza, con totale libertà, la piena appartenenza al Padre e la
donazione fino all’estremo per gli uomini.
Dalla Bibbia prendo soltanto qualche stimolo che giudico par­
7ve 88

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10 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
ticolarmente adeguato al nostro presente. Vi servirà come invito
ad avvicinare la Parola in forma personale e calma per collocare
tutta la riflessione nel suo contesto pieno di luce e di grazia.
L’Antico Testamento adombra la futura rivelazione della
verginità per il Regno quando Geremia, che ha messo il suo ce­
libato al servizio della missione profetica8, introduce l’imma­
gine della vergine d ’Israele9. Ma la normale attesa dell’Antico
Testamento è la fecondità, benedetta da Dio con figli che scen­
dono, di generazione in generazione, a conferma delle promesse
di Jahweh e della speranza di propiziare, nella propria carne e
nel proprio sangue, la venuta del Messia.
Il dono della verginità appartiene al Nuovo Testamento e
porta nel suo cuore - come dicevamo - la memoria di Gesù, che
la visse con semplicità e ne espresse il contenuto con la sua esi­
stenza, donata al Padre ed al servizio dei fratelli.
È facile cogliere nel Nuovo Testamento una sottolineatura
della relazione personalissima che lega il discepolo a Gesù. Ap­
pare particolarmente forte e propositiva nel vangelo di Gio­
vanni. Si sviluppa nel dialogo di Gesù con Nicodemo e con la
Samaritana, diventa familiarità nella casa di Lazzaro, Marta e
Maria; si dimostra fedele nell’ora della croce, in un intreccio di
vicendevole donazione e di passione, che vede protagonisti
Gesù, la Vergine Madre, il discepolo prediletto.
È proprio l’icona del discepolo che Gesù amava10a mostrare
la centralità dell’amore personale. Il “discepolato” , ha la sua
origine ed espressione nell’amore credente ed obbediente. E ciò
fonda l’“ apostolato” . È questo il senso del dialogo con Pietro
del capitolo XXI del vangelo di San Giovanni: in esso l’amore
personale per il Maestro è richiesto come condizione imprescin­
dibile, in vista dell’affidamento del ministero pastorale: «Mi
ami tu più di questi?» 11.
8 cf. Ger. 16, 1-2
9 cf. Ger. 18, 13; 31, 4.21
10 Gv 20, 2
11 Gv 21, 15

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IL RETTOR MAGGIORE 11
È un amore segnato dall’intimità immediata fra Gesù e il
discepolo prediletto, che nell’ultima cena riposa il suo capo sul
cuore del Maestro. È amore coraggioso, che gli resta accanto
nella prova. È amore illuminato, che, il giorno della Risurre­
zione, “crede senza vedere” , e mantiene lo sguardo acuto, ca­
pace di riconoscere il Risorto sulla sponda del lago, anche fra le
brume del mattino. È amore che dura «finché Egli venga»12.
Oggi si ritiene che il discepolo che Gesù amava sia anche il
“tipo” del cristiano maturo, che ha fatto di Cristo il centro, la
causa, il “primo amore” della propria vita. E c’è anche una tra­
dizione ecclesiale, antica e sempre viva, che vede nel discepolo
prediletto il “ simbolo” della verginità e del “ cuore indiviso” ,
quasi una premonizione della vita consacrata, che fa di Cristo
l’amore unico e sovrano della propria esistenza, capace di dare
vigore e regola a tutti gli altri amori. La sua casa è con Maria,
nel cuore della Chiesa. La sua famiglia è la compagnia dei fratelli
e delle sorelle, cui viene fatto il dono della medesima chiamata.
Suo destino è di durare “fino al Suo ritorno” , scrivendo, in mo­
do sempre nuovo, la lunga storia degli amici e seguaci di Gesù.
La comprensione di una tale novità non fu agevole. Il cam­
biamento introdotto da Gesù nel costume corrente, in omaggio
al piano originario di Dio - «al principio non era così» 13 - era
troppo radicale. Per questo Gesù stesso afferma - rispettiva­
mente nei confronti della fedeltà matrimoniale e del celibato
per il Regno - che «non tutti capiscono questo insegnamento,
ma lo accolgono soltanto quelli ai quali Dio dà la capacità di
farlo» 14: «altri poi non si sposano per servire meglio il regno di
Dio. Chi può capire cerchi di capire»15.
«Che cosa è allora questo Regno di Dio che abilita addirittu­
ra a rinunciare al matrimonio? È l’amore paterno, materno, spon­
12 1 Cor 11, 26
13 Mt 19, 8
14 Mt 19, 11
15 Mt 19, 12

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12 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
sale di Dio per l’uomo, di cui parla tutta la Scrittura; la signoria
dolce del Padre, attraverso Cristo, nello Spirito, a cui si decide di
rispondere con un amore filiale e sponsale. La percezione dell’ir­
ruzione del Regno: questa è la radice della verginità cristiana»16.
Se Gesù predica il Regno, gli apostoli predicano Cristo, che
ne incarna la definitiva pienezza. La verginità fa memoria di
Lui. Egli è il Regno, che, in spirito e verità, riavvia l’umanità
verso il destino di Grazia, preparato dal Padre.
L’Apocalisse vede nella verginità il segno della sposa, “che
scende dal cielo, da Dio” 17 e che, dalla terra, sale verso di Lui.
Essa significa dunque prossimità a Cristo Signore, gioia di ac­
compagnarlo in comunità festose, che si esprimono con un can­
tico nuovo, carico di bellezza e di mistero, tensione sostenuta
dalla speranza di un incontro definitivo. Per la entusiasmante
scoperta di Cristo, «lo stato religioso più fedelmente imita e
continuamente rappresenta nella Chiesa la forma di vita, che il
Figlio di Dio abbracciò, quando venne nel mondo per fare la vo­
lontà del Padre, e che propose ai discepoli che lo seguivano»18.
Il nostro voto è un segno che indica Cristo: vivo, risorto,
presente nella Sua Chiesa, capace di innamorare i cuori, con
quell’ “amore” , che la Chiesa canta da secoli nella sua storia e
nella Liturgia.
Attraverso la castità, il religioso si fa immagine e primizia
della Chiesa, tutta donata - solo e per sempre - al Suo Signore.
La sua identificazione con la Chiesa avviene e si esprime so­
prattutto attraverso il totale dono di sé. «Non c ’è nessuna ver­
ginità che sia feconda e piena di significato in sé (...); essa ac­
quista il suo senso e la sua fecondità unicamente dalla totale
dedizione nella Chiesa»19.
La verginità cristiana sta o cade col mistero della croce, con
16 AA.VV. Parola di Dio e spirito salesiano. Ricerca sulla dimensione biblica delle
Costituzioni della Famiglia Salesiana, pag. 137
17 cf. Ap 21, 2
18 LG 44
19 Von Balthasar, Gli stati di vita del cristiano, (Jaca Book 1995) pag. 204

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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IL RETTOR MAGGIORE 13
l’apertura della ferita sul fianco e la nascita della Chiesa da
essa, come “corpo e sposa di Cristo” . Questa espressività eccle­
siale è la ragione per cui in ciascun voto si ricapitolano anche
gli altri due. «L’obbedienza è la povertà dello spirito per amore,
e la verginità, che è una povertà del corpo per amore, diventa
feconda solo laddove ha per presupposto il sacrificio spirituale»20.
La castità - anche sotto questo profilo - ci configura a Cristo
che “da ricco che era, si è fatto povero per noi” 21. Il religioso -
sull’esempio di Cristo morto nudo sulla nuda croce - si troverà,
alla fine della sua esistenza, come uomo senza famiglia e senza
fortuna, che non ha costruito niente per proprio conto, i cui occhi
sono fissi in Dio, che, solo, dà un significato alla sua esistenza.
La castità viene ad esprimere così una forma matura di li­
bertà, che è la scelta di donarsi senza risparmio, di realizzare in
forma insolita una dimensione personale, di consegnarsi total­
mente alla propria missione senza nulla ricercare né tenere per
sé. È questa la testimonianza che tanti missionari di ieri e di
oggi - e molti confratelli salesiani fra loro - hanno dato e danno
alla Chiesa, quando, sugli avamposti della missione, continua­
mente donano tutto, anche la propria vita, esposta spesso a ri­
schi mortali, per la fedeltà al popolo ad essi affidato. Si scopre
così la presenza operosa del Mistero pasquale nel cuore della
Congregazione e dei nostri fratelli migliori. La storia della
Chiesa, specie nei paesi di missione, e le cronache drammatiche
di questi ultimi anni confermano ampiamente che non stiamo
giuocando con le parole, ma solo sforzandoci di leggere “ fatti
di Vangelo” .
Questa incondizionata totalità di oblazione è il cuore della
castità di Maria, che - nell’atto di dire Ecce ancilla Domini,
«Eccomi, sono la serva del Signore»22- intreccia insieme la ca­
stità più alta e l’autoconsegna totale al progetto di Dio.
20 ib.
21 cf. 2 Cor 8, 9
22 Le 1, 38

2.2 Page 12

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14 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
2. CASTITÀ E CARISMA SALESIANO
Nel solco di una tradizione.
È appena da ricordare l’attenzione di Don Bosco per la virtù
della purezza, in cui egli vedeva una componente essenziale
della crescita cristiana del giovane, una garanzia del clima edu­
cativo della casa salesiana, una premessa per l’autoconsegna
del salesiano e del giovane a Cristo ed alla Chiesa.
È unanime la testimonianza dei contemporanei sul fascino
che l’esercizio di questa virtù conferiva a Don Bosco, diven­
tando uno dei più limpidi lineamenti della sua santità. Non
desta dunque stupore che il nostro santo Fondatore sogni i Sa­
lesiani caratterizzati dalla castità e collochi questa virtù all’in­
crocio di esigenze educative, di cammini di santificazione perso­
nale al seguito di Cristo, di urgenze profetiche al servizio dei
giovani e del popolo di Dio.
Il nostro Padre ha certo goduto di un dono straordinario,
per aiutare i giovani a vivere con gioia la castità. In una sua
nota, don Giovanni Bonetti osserva, parlando di Don Bosco:
«Più volte dal pulpito l’ho udito parlare di questo argomento,
ma sempre, una volta più dell’altra, lo confesso, sperimentai la
forza delle sue parole, e sentivami spinto ad ogni sacrifìcio, per
amore di così inestimabile tesoro»23.
Rileggendo la prassi di Don Bosco24, si ricava la convinzione
che la qualità globale dell’ambiente educativo, la paternità
amorevole di Don Bosco stesso, educatore e confessore, la con­
tinua e serena proposta dei mezzi soprannaturali (Eucaristia,
Penitenza, amore a Maria), lo spirito di mortificazione e la fuga
delle occasioni, uno stile di vita carico di allegria, vissuto e pro­
23 Don Ricaldone, Santità è purezza, in ACS n. 69 (31 gennaio 1935), pag. 11
2t cf. L’attenta analisi di don E Stella, in Don Bosco, II (Roma 1981), pag. 240-274;
la trattazione di don E Braido in II sistema preventivo di Don Bosco (FAS-Verlag 1964),
pag. 289-311; F. Desramaut, Don Bosco et la vie spirituelle (Faris 1967), specialmente il
capitolo “L ’ascése indispensable”.

2.3 Page 13

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IL RETTOR MAGGIORE 15
posto in positivo erano le piste che il nostro Fondatore batteva
di preferenza e indicava con convinzione agli educatori, per for­
mare i giovani alla castità.
Non fu soltanto un tratto della sua santità personale, ma
elemento del carisma. Don Bosco inaugura una tradizione. Nel
20° anniversario della sua morte, il Beato Michele Rua scrive
una delle sue lettere più accorate, intitolandola Vigilanza. Sua
preoccupazione è di rendere noto «quello che di mano in mano
l’esperienza ci insegna o che i bisogni dei tempi presenti ci sug­
geriscono» 25. La lettera viene pubblicata all’indomani di quella
difficile prova, nota nella storia della Congregazione come i
fatti di Varazze26. «Una valanga di calunnie e di orribili accuse
squagliò in un istante come nebbia al sole» - scrive don Rua -
ed evoca le parole di Don Bosco: Est Deus in Israel. Niente ti
turbi. Tirando la lezione dalla dolorosa esperienza, il Beato
però aggiunge, con sereno realismo: «Non possiamo farci illu­
sioni: sono scrutati i nostri pensieri, sono raccolte e vagliate le
nostre azioni». Appare chiaro il proposito di infondere coraggio
in un momento di prova, ma anche di prevenire fatti che potes­
sero dare luogo a critiche e accuse in un campo così delicato,
quale quello giovanile ed educativo.
Sotto questo profilo occorre dire che - da allora, fino ad
oggi, in molte parti del mondo - il clima si è reso ancor più sen­
sibile ed esigente.
Anche don Paolo Albera, nel 1916, credette opportuno scri­
vere una lettera Sulla castità27, densa di elementi, derivanti
dalla tradizione salesiana, ed attenta a fornire i grandi mezzi di
fedeltà: Eucaristia e Penitenza, preghiera e devozione a Maria,
mortificazione, umiltà e prudenza. Anche questa lettera è con­
testualizzata. Si cominciava allora a proporre, come parte del­
l’educazione dei giovani, una informazione più sistematica e
25 cf. Lettere circolari di don Michele Rua ai Salesiani (Torino 1965), pag. 461-73
26 cf. Annali della Società Salesiana, voi. Ili, pag. 684-702
27 cf. Lettere circolari di don Paolo Albera ai Salesiani (Torino 1965), Sulla castità,
pag. 212-229

2.4 Page 14

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16 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
fondata sulle questioni sessuali. Niente più naturale che ricor­
dare la delicatezza di Don Bosco, riportare le espressioni da lui
usate nel proporla e le strade da lui indicate per svilupparla.
Don Albera insiste sul carattere offertoriale della castità, con
riferimento a la Lettera di San Paolo ai Romani: «Vi esorto, dun­
que, fratelli a offrire voi stessi a Dio in sacrificio vivente, a lui
dedicato, a lui gradito. E questo il vero culto che gli dovete»28.
Il suo secondo successore - che Don Bosco ebbe carissimo -
ha colto bene il fondamento evangelico della castità, che il no­
stro Fondatore annunciava più con lo stile della sua vita, total­
mente donata ai giovani, che coi discorsi: l’offerta eucaristica, si
prolunga nella vita, che ripete umilmente ma fermamente:
«Questo è il mio corpo dato per voi»29.
Don Pietro Ricaldone, col cuore ancora pieno delle celebra­
zioni della Pasqua del 1934, che aveva visto la canonizzazione
di Don Bosco, offriva la sua lettera Santità è purezza, a corona­
mento di quell’anno indimenticabile. Si trattava di una scelta
calcolata e radicata nella certezza di toccare uno dei punti ne­
vralgici dello spirito salesiano. Don Ricaldone si diceva convinto
di non poter fare a Don Bosco «cosa più gradita che esortando
tutti i Salesiani a riflettere senza posa che la santità nostra
deve estrinsecarsi specialmente con una vita di candore e pu­
rezza verginale»30.
Don Luigi Ricceri nel 1977, con la lettera Vivere oggi la ca­
stità consacrata, riproponeva, «obbedendo ad un preciso det­
tame» della sua coscienza, «la testimonianza tipica della castità
salesiana». È una lettera interessante, ancora di grande attua­
lità, che vi invito a rileggere a complemento di questa mia. È
infatti contestualizzata agli inizi della temperie che noi viviamo
in pieno: nuovo contesto e nuove sfide da parte del mondo e in­
terpellanze da parte della Chiesa: un contesto segnato all’in­
28 Rm 12, 1
29 Le 22, 19
30 Don Pietro Ricaldone, Santita è purezza, in ACS n. 69 (31 gennaio 1935), pag. 6

2.5 Page 15

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IL RETTOR MAGGIORE 17
terno della Congregazione dal doloroso problema delle defezioni
spesso toccate, sebbene non unicamente, da vuoti, mancanze di
fondamento, imprudenze o trascuratezza in questo campo.
Forse, troppo sommariamente si sono attribuite le severe pa­
role di Don Bosco, in tema di castità, al contesto culturale ed
ascetico della sua epoca, certo non priva di limiti anche seri. Og­
gi, comprendiamo meglio di essere chiamati a leggere in esse an­
che la saggezza di un santo, profondo conoscitore del cuore uma­
no, che vedeva con preoccupazione le conseguenze negative an­
che lontane di alcune tendenze e atteggiamenti. Tornano di at­
tualità - alla luce di quanto, con frequenza, viene oggi pubblica­
mente denunciato - le riflessioni di Don Bosco durante il terzo
Capitolo generale del 1883: «Mancando contro la moralità,
in faccia a Dio si perde l’anima, in faccia al mondo l’onore»31.
«Il Signore - osservava in altra occasione - disperderebbe la
Congregazione, se noi venissimo meno alla castità»32.
I drammi educativi della nostra epoca, gli abusi sui minori
dentro e fuori della famiglia, la prostituzione minorile organiz­
zata e trasformata in nuova schiavitù nel contesto di un tu­
rismo depravato, forme atroci di pedofilia, rinnovata “tratta
degli schiavi” nei confronti di donne indifese, giovani uomini e
adolescenti ci confermano che questo non è solo un problema di
religione, ma un’urgenza etica, non è questione di virtù pri­
vata, ma bisogno di pubblica giustizia, non è esclusivo pro­
blema della Chiesa, ma responsabilità di una società civile,
preoccupata del suo futuro e della sua dignità.
Al servizio dell’amore educativo.
Quando cerchiamo i motivi profondi dell’insistenza che per­
corre la nostra tradizione ci vengono alla mente espressioni con
cui Don Bosco esprime il suo amore ai giovani e che forse noi
31 MB XVI, 417
32 MB XIII, 83
2

2.6 Page 16

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18 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
oggi stentiamo a ripetere: «Vi amo cari giovani e per voi sono
disposto a dar la vita!». O quelle che abbiamo letto nel prologo
al Giovane Provveduto: «Miei cari, vi amo tutti di cuore. (...) Vi
posso accertare che troverete libri propostivi da persone di gran
lunga più virtuose e più dotte di me, ma diffìcilmente potrete
trovare chi più di me vi ami in Gesù Cristo e che più desideri la
vostra vera felicità»33.
«Il celibato... è uno stato d ’am ore»34, che ci fa «segni e por­
tatori dell’amore di Dio ai giovani» 36. Per amare evangelica­
mente ed educativamente, con più grande libertà ed efficacia, si
professano i voti. È ormai acquisito che la castità non va stac­
cata dalla carità. San Francesco di Sales lo dice con la sua solita
semplicità ed eleganza: «Noi conosciamo che la nostra pre­
ghiera è buona e che noi in essa progrediamo se, uscendone, il
nostro volto splende di carità e il nostro corpo di castità»36.
Si sa che la carità pastorale, che costituisce il cuore della
missione salesiana nell’ambito educativo, si esprime in forma
“ sensibile” : “Cerca di farti amare” , “ Che i giovani vedano che li
amate” . Non solo dunque vicinanza e professionalità, ma ami­
cizia, affetto paterno e materno che solleva, lenisce e tante
volte supplisce quello che ai ragazzi è mancato. E tutto questo
guardando al loro bene e non alla nostra soddisfazione, senza
meccanismi captativi né possessivi, senza ambiguità né stan­
chezza nelle inevitabili prove di mancata corrispondenza o in­
comprensione. Chi ne ha fatto l’esperienza capisce la portata
delle parole di Don Bosco : «Chi spende la vita a prò dei giovani
abbandonati deve certamente fare tutti gli sforzi per arricchirsi
di ogni virtù. Ma la virtù che si deve sommamente coltivare....
è la virtù della castità»37.
33 Don Bosco, Opere edite II, pag. 1886
34 Congregazione per l’Educazione Cattolica: Orientamenti educativi per la Forma­
zione al celibato sacerdotale
35 Cost. 2
36 Dictionnaire de spiritualité, voce SFDSales, 1085
37 Costituzioni 1875, V, 1 (cf. Motto F., pag. 109)

2.7 Page 17

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IL RETTOR MAGGIORE 19
Anche in quest’ambito centrale del nostro ministero educa­
tivo ci viene data una “ grazia di unità” , per la quale la carità si
fa generatrice di purezza e la delicatezza comunicazione otti­
male di affetto.
«La chiave della castità salesiana - nota don Ricceri - è la ca­
rità salesiana» 3S. Lo stile della carità salesiana è profondamente
segnato dalla castità. Questa libera ed esprime, tempra e proteg­
ge, conferisce originalità all’amore dell’educatore - pastore.
Anzitutto lo rende capace di profonda gratuità. Sua gioia è
veder crescere ciascun giovane e per questo “dà la vita” nel pa­
ziente accompagnamento quotidiano. Desidera la corrispon­
denza e ne gode perché in essa vede il segno che il giovane ha
accolto quanto l’educatore gli va proponendo; ma, di fronte alla
resistenza, è anche capace di attendere ed offrire nuove oppor­
tunità di salvezza.
La castità ispira poi un’amorevolezza trasparente e schietta
sul modello di Don Bosco, dal quale ciascuno si sentiva predi­
letto, in base ai segni di un amore che si fa leggibile con inesau­
ribile creatività: «un amore, senza il minimo movimento di ri­
torno su di sé»39, che non si inquina e non suggerisce nemmeno
da lontano ambiguità di sorta.
Questo tipo di amore educativo dà origine allo spirito di fa­
miglia, autentica fucina della casa e dell’opera salesiana40. La
carità tiene acceso il fuoco; ma la castità ne esalta la luce ed il
calore. Essa stimola l’accoglienza pronta dei confratelli e dei
giovani, coltiva il gusto per il servizio della casa, apre il cuore
ad amicizie limpide e profonde41 e nell’incontro di cuori rasse­
renati si fa scudo e sostegno della perseveranza e della allegria
di Salesiani e giovani. «Coloro che Dio conduce a separarsi dai
38 Lettere circolari di don Luigi Ricceri ai Salesiani (Roma 1966), Vivere oggi la ca­
stità consacrata, II, pag. 984
39 ib. pag. 979
40 cf. Don Pietro Ricaldone, Santità è purezza, in ACS n. 69 (31 gennaio 1935),
pag. 57-58
41 cf. Cost. 83

2.8 Page 18

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20 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
loro prossimi parenti per Suo amore - nota J. H. Newman -
trovano fratelli nello spirito al loro fianco. Coloro che riman­
gono soli per Suo amore hanno dei figli nello spirito allevati per
l o r o » 42.
Don Bosco «ci avverte che il suo metodo esige che noi
amiamo la gioventù non solo santamente e soprannatural­
mente, ma anche sensibilmente; e questo amore deve avere
tutto il profumo della vita di famiglia e le espansioni sante del­
l’amorevolezza» 43. Don Ricaldone esita44 a parlare di “carità
sensibile” , e non è l’unico; ma comprende che è proprio la pa­
rola giusta per esprimere l’intenzione di Don Bosco, il quale
“voleva che l’alunno avvertisse non solo, ma sentisse la carità
del suo educatore” .
Questa dimensione è così centrale che il CG24 la riprende
sotto il titolo Spiritualità della relazione: spirito di famiglia.
Per liberare la relazione educativa da possibili risvolti captativi
o manipolatori, essa «va riempita di carità, fino ad essere tra­
sformata in espressione di autentica spiritualità. Ne è frutto e
segno quella castità serena, così cara a Don Bosco, che regge
l’equilibrio affettivo e la fedeltà oblativa»45.
Situazioni gravi, che mettono a rischio la vocazione sale­
siana, possono avere il loro inizio nella difficoltà di coniugare
insieme la carità generosa e la castità prudente, l’audacia apo­
stolica e la regolarità comunitaria. La parabola di certi cam­
mini, cominciati con sincero desiderio di servizio, ma progressi­
vamente falliti, invita ciascuno a sentirsi responsabile della
42 J. H. Newman, Parochial and plaiti Sermons, V, 280
43 Don Pietro Ricaldone, Santità è purezza, in ACS n. 69 (31 gennaio 1935),
pag. 59-60.
44 cf. don Pietro Ricaldone, Santità è purezza, in ACS n. 69 (31 gennaio 1935),
pag. 58-59. «Vi confesso, figliuoli carissimi, che mi trema la mano nello scrivere queste
cose, pur essendo persuaso di rendere nel modo più esatto, perché il più delle volte non
fo che ripetere espressioni sue, il pensiero del nostro Padre. Tremo perché non è chi
non vegga quanto possa riuscire pericolosa la pratica della carità colle caratteristiche di
cui egli la volle adorna».
45 CG24, 93

2.9 Page 19

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IL RETTOR MAGGIORE 21
gioiosa perseveranza del confratello, donandogli il calore dell’a­
micizia, la gioia della famiglia, l’aiuto della correzione fraterna.
Segno della donazione totale.
«Per voi sono disposto a dare la vita», «chi spende la vita per
i giovani...» sono espressioni di Don Bosco per definire il propo­
sito interno che garantisce la pratica del Sistema Preventivo.
La verginità di Gesù, di Sua madre, di Giuseppe suo sposo è
il segno della loro autoconsegna incondizionata al progetto del
Padre per la salvezza degli uomini. Essi non ebbero un loro pro­
getto o, se lo ebbero, l’abbandonarono nell’atto stesso in cui ri­
cevettero la loro speciale vocazione. Fecero proprio il disegno di
Dio. Non ebbero una propria famiglia, ma solo la Famiglia di
Dio; non una propria discendenza, ma solo quella inclusa nella
Promessa di Dio.
Maria “ Tota pulchra” è radicalmente consegnata a Dio.
«Non soltanto partecipa alla forma di vita che consiste nella de­
dizione di sé, ma viene impiantata in essa come sua anima»46.
Ne è il modello, il motore, la spinta e il punto di attrazione.
Il “Totus Tuus” - ripetuto da Giovanni Paolo II - è l’atteg­
giamento interiore di Cristo, venuto a fare la volontà del Padre
fino alla morte, ed alla morte di croce.
A confronto con questi parametri ci sentiamo piccoli e
diventiamo sempre più coscienti della nostra povertà. Per questo
Gesù ci ama, con amore di predilezione. L’essenziale è che, in ri­
sposta all’eterno Suo amore, gli doniamo tutto, magari soltanto
un paio di spiccioli, sull’esempio della vedova del Vangelo47. Pur­
ché sia tutto ciò che siamo, tutto ciò che abbiamo. Ci è difficile
comprendere appieno i voti religiosi, se non all’interno di questo
orizzonte, entro cui si colloca la nostra paziente navigazione ver­
so la totalità della donazione a Dio nella missione.
46 V Balthasar, Gli stati di vita del cristiano (Jaca Book 1995), pag. 248
47 Le 21, 2

2.10 Page 20

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22 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
I voti costituiscono tre segni di quell’atteggiamento totale
ed unico con il quale ci abbandoniamo alla fedeltà del Signore,
e che trasfigura evangelicamente tutti i valori della nostra
esistenza.
«Don Bosco visse la castità come amore senza limiti a Dio ed
ai giovani»4S. Essi divennero - per la forza e il dono dello Spi­
rito - la sua famiglia. Si consumò, per incontrarli, raccoglierli
ed educarli. Bruciò il suo tempo per raggiungerli, ovunque fos­
sero, nelle carceri e nelle strade, attraverso le “Letture Catto­
liche” e le collane di libri scolastici. Costruì per loro una casa,
per dare ad essi vitto e vestito, una famiglia ed una scuola, no­
nostante l’esiguità dei suoi mezzi.
C’è nella tradizione spirituale dell’Occidente un significato del­
la locuzione purezza angelica, che merita di essere riscoperto49.
Essa fa riferimento per un verso alla profondità con cui gli ange­
li contemplano Dio e, per l’altro verso, alla prontezza con cui si
fanno suoi messaggeri di salvezza presso gli uomini e si trasfor­
mano in custodi di coloro che Egli ama, accompagnandoli in mez­
zo alle drammatiche vicende del mondo. È una valenza missio­
naria che va recuperata ed esplicitata, per analogia, a proposito
della vocazione dei Salesiani, chiamati ad essere custodi ed edu­
catori dei giovani. La castità rende totalmente “ disponibili” :
a stare qui o a correre là, a condurre una raccolta vita di studio
e di educazione, oppure ad osare quando e dove si rischia la vita;
a consegnarsi alla “ obbedienza” religiosa (virtù missionaria, per
eccellenza), come ci si abbandona alle braccia della Provvidenza
di Dio.
La gioia espressa da molte popolazioni, per chi “resta” -
anche nei momenti più difficili - a condividere e rischiare tutto
con loro; la risonanza enorme che, ovunque, ha avuto la morte di
Madre Teresa di Calcutta ci mostrano i frutti maturi di quella
“dedizione totale” alla causa del Regno, di cui la castità è segno.
48 Cost. 81
49 cf. 34a Congregazione della Compagnia di Gesù, Castità, numero 11 e nota 5

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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IL RETTOR MAGGIORE 23
Chi guardava a Don Bosco o a Madre Teresa non si interro­
gava sulla loro vita di castità, ma la coglieva e l’apprezzava
come un fuoco, che accendeva ogni giorno una vita totalmente
donata.
A chi, durante la giornata mondiale della gioventù di Parigi
1997, chiedeva loro quale fascino trovassero in Giovanni Paolo
II, vecchio e cadente, due ragazzi risposero: «Siamo venuti,
perché comprendiamo che egli dà la sua vita per noi».
Porre la vita totalmente a disposizione non è un movimento
spontaneo. Eppure non era difficile per i migliori ragazzi di Val-
docco (fra i quali c’erano molti birichini...), dire: «Io voglio fer­
marmi con Don Bosco». Si fermavano non solo per “ stare con
lui” , ma anche per “fare come lui” , il che comportava inevita­
bilmente il “vivere come lui” .
Sono convinto che, per quei ragazzi, la castità di Don Bosco
non era colta come un problema, una difficoltà, o un sacrifìcio -
e qualche volta lo sarà pur stato, anche per il santo dei giovani
- ma sempre come un dono del Signore, una gioia di amare,
una pienezza di vita, uno slancio gaudioso, che gli consentiva di
essere “tutto” per loro. Per questo, pur trattandosi di una virtù
esigente, essi l’abbracciavano, insieme a tutto ciò che fa bella,
ma anche impegnativa, la vita salesiana.
“Quasi un postulato dell’educazione”.
L’espressione è di don Alberto Caviglia che così definisce
il ruolo della purezza nel progetto educativo pensato da Don
Bosco.
La nostra castità, abbiamo detto sopra, è feconda nell’ispi-
rare un amore paterno verso i giovani, in particolare quelli che
ne hanno più bisogno, e nel suggerire i gesti che lo possono fare
immediatamente comprensibile.
È altrettanto feconda quanto agli obiettivi e ai contenuti
dell’educazione per la visione della vita, della persona e della
cultura che suppone, testimonia e comunica.

3.2 Page 22

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24 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
La sessualità comprende certamente una costellazione di
manifestazioni specifiche: il senso giusto del corpo, la relazione,
l’immagine di sé e degli altri, il dominio e l’orientamento del
piacere, valori come l’amore, l’amicizia, la donazione. Ma ma­
tura e si esprime nel contesto di tutta la persona e mai come
funzione separata. Interagisce con ogni altro aspetto della per­
sonalità. Educare la totalità della persona conforme ad una
certa visione è dunque indispensabile.
Ciò fa vedere l’influsso quotidiano che la presenza, le pa­
role, l’amicizia, gli atti di educatori ed educatrici possono avere
sui giovani che frequentano i nostri ambienti. Educhiamo più
per quello che siamo che per quello che diciamo.
Oggi si sente il bisogno diffuso di individuare vie adeguate,
per aiutare i giovani a rendersi capaci di vivere ed integrare la
sessualità nel progetto di vita, a cui si sentiranno chiamati. Ciò
comporta processi delicati ed impegnativi spesso destinati ad
andare controcorrente; non ci si può illudere che essi maturino
da soli senza illuminazioni, proposte e sforzo.
Se - come è stato giustamente notato - “ castità è libertà”
nell’amare e nell’essere amati, allora occorre individuare le
tappe successive di un “processo di liberazione” , che conduca
progressivamente a orientare le risorse affettive della persona,
ponendole a servizio dell’amicizia e dell’amore, in uno stabile
progetto di vita.
Per compiere un tale processo occorre, innanzitutto, ricollo­
care al centro dell’attenzione educativa la persona con le sue
molteplici possibilità e, in particolare, la sua destinazione a Dio.
Ciò porterà a chiarire il giusto valore del corpo e di quella virtù,
oggi non comune, che si chiama pudore. Con esso l’uomo e la
donna riconoscono di essere assai più del proprio corpo e si abi­
tuano a scorgere l’inedita ricchezza degli altri.
La presenza, in molti nostri ambienti, di ragazzi e di ra­
gazze ci impegna a prendere molto sul serio il cammino di coe­
ducazione, in cui ogni persona accoglie la propria sessualità
come una vocazione, scopre ed apprezza l’originalità dell’altro

3.3 Page 23

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IL RETTOR MAGGIORE 25
senza trasformarlo in oggetto del desiderio, impara ad impo­
stare dialoghi liberi e maturi, in una dinamica relazionale, nella
quale si espande l’amicizia serena e lo scambio dei doni.
I giovani oggi sono inseriti a forza in campi ad alta tensione
emozionale (media, gruppi amicali, discoteche, cultura am­
biente...). Questo chiede un surplus di impegno per educare la
castità del cuore, insegnando sobrietà e regolarità di vita, con­
trollo e orientamento dei desideri, riflessione permanente sulle
proprie scelte ed atteggiamenti affettivi, forte e serena capacità
di attesa, cui è chiamato un giovane cristiano, in preparazione
agli impegni vocazionali e matrimoniali.
A partire dai primi anni, accompagniamo i nostri giovani a
comprendere come la persona si realizza nell’esperienza d ’a­
more. Di un amore che è incontro e progetto, offerta e dono,
gioia e sacrificio, volontà di fare felici più che di esserlo, magari
a spese altrui.
Solo l’amore oblativo può essere l ’approdo sereno della
spinta sessuale. Il giovane deve capire che quanto più la sessua­
lità gira su se stessa, altrettanto resta inappagata ed impaz­
zisce alla ricerca di evasioni, cui invano si chiederà di soddi­
sfare l’anelito del cuore. La nostra società ci offre, anche senza
volerlo, mille conferme del dramma che coinvolge chi non im­
bocca il giusto sentiero dell’amore. Un amore, che ignori il sa­
crificio, che non faccia spazio alla croce di Cristo, rischia di tra­
sformarsi continuamente in possessività, che soggioga e stru­
mentalizza.
Ma imparare ad amare è imparare a vivere, è cominciare ad
essere cristiani. Don Bosco lo sapeva e lo insegnava ai suoi ra­
gazzi. Per questo, ad un invito che non ammetteva dubbi, ag­
giungeva indicazioni sagge di custodia dei propri movimenti e
sensi, di rafforzamento interiore, di purificazione.
II CG23 ha considerato particolarmente influente sulla te­
nuta o decadimento della fede questa educazione all’amore e ci
ha invitato a riprenderla con decisione ed in maniera aggior­
nata mediante alcuni itinerari: clima educativo ricco di ami­

3.4 Page 24

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26 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
cizia, attenzione integrale alla persona, qualità umana nella
compresenza ragazzi - ragazze, educazione della sessualità,
testimonianza di Salesiani e laici che vivono serenamente la
donazione, catechesi che orienti verso il Signore e formi la
coscienza, vita spirituale che sottolinei la forza trasformante
dei Sacramenti50.
Complementarità arricchente.
Il CG24 ha sancito un tipo di ambiente educativo che si
veniva formando da tempo, ma le cui caratteristiche non erano
ancora pienamente espresse né le conseguenze sui nostri
atteggiamenti e possibilità, esplicitate. Una di tali carat­
teristiche è la complementarità tra educatori e genitori che si
traduce in dialogo, collaborazione, illuminazione e scambio di
esperienze. «Si intensifichi la collaborazione con la famiglia in
quanto prima educatrice dei suoi figli e delle sue figlie. A
questo fine bisogna offrire nelle nostre opere un clima
educativo ricco di valori familiari e, in particolare, un’équipe
di educazione integrata armoniosamente di presenze maschili
e femminili» 61.
L ’amore tra gli sposi, così come dà origine alla vita,
costituisce la prima e principale energia educativa della
famiglia. Ora gli sposi, protagonisti della famiglia cristiana, ed
i celibi, protagonisti della vita consacrata, esprimono il dono
di Cristo alla sua Chiesa nella fedeltà coraggiosa e nell’offerta
totale ad una missione tipica. Il matrimonio cristiano e la
castità consacrata manifestano in due modi eccellenti, anche
se diversi, lo stesso mistero di totalità, espresso nel “patto di
amore” , animato dal medesimo Spirito Santo 52. «Il sì della
promessa matrimoniale e il sì del voto religioso corrispondono
a quello che Dio si aspetta dall’uomo: la consegna di sé senza
50 cf. CG23 195-202
51 CG24 177
52 Cf. Familiaris consortio, n .l l

3.5 Page 25

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IL RETTOR MAGGIORE 27
condizioni, così come il Signore sulla croce offrì tutto, anima
e corpo, per il Padre e per il m ondo»53.
Nello scambio di doni fra vocazioni e stati di vita, la fedeltà
degli sposi incoraggia i consacrati, e la feconda verginità di
questi sostiene il cammino degli sposi, oggi assai più insidiato
ed esposto di ieri. Essi si testimoniano reciprocamente quella
forza che non viene dalla carne e dal sangue, ma dallo Spirito di
Cristo, che anima la Sua Chiesa. Un’unica fedeltà al Signore li
accomuna, aprendo fra loro profondi dialoghi di comunione.
Nell’incontro e nella collaborazione quotidiana, questo dia­
logo diventa per i giovani comunicazione di valori ed esempio di
vita cristiana. «In questo contesto - afferma il CG24 - è neces­
sario rilevare il significato e la forza profetica del salesiano: egli
non solo concorre all’educazione con i valori maschili ma, vi­
vendo il celibato con gioia e fedeltà, testimonia una qualità par­
ticolare dell’amore e della paternità»54.
Negli ambienti educativi, inoltre, siamo oggi chiamati ad
esprimere la ricchezza educativa della complementarità ma­
schile - femminile. Religiosi ed educatori progettano, agiscono e
verificano insieme. Il percorso di coeducazione interpella noi in­
sieme e forse prima che i giovani. Paura, distanza, timidezza,
incomunicazione vanno superate. Così pure leggerezze, superfi­
cialità, appannamento del senso pastorale e della testimonianza
consacrata.
L’esigenza di coeducazione tocca il cuore, i pensieri, gli at­
teggiamenti profondi, piuttosto che soltanto le maniere.
Lo sguardo di Gesù e la persona di Maria ci danno i para­
metri per orientare e modellare pensieri, sentimenti ed atteg­
giamenti. È chiaro che i rapporti umani e la collaborazione edu­
cativa fondata ed espressa conformemente a tali parametri dà
un tocco di qualità umana e di testimonianza cristiana all’am­
biente e ad ogni intervento educativo.
53 Von Balthasar, Gli stati di vita del cristiano (Jaca Book 1995), pag. 206
51 CG24 178

3.6 Page 26

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28 ATT! DEL CONSIGLIO GENERALE
Il CG24 ce lo ricorda in molti passaggi. Ne riporto uno: «La
presenza della donna aiuta i Salesiani non solo a interpretare
l’universo femminile, ma a vivere una più completa relazione
educativa: infatti uomo e donna aiutano il ragazzo e la ragazza
a scoprire la propria identità, ad accettare come arricchente la
propria specificità da offrire come dono nella reciprocità»55.
La carità verginale unendosi all’amore coniugale, l’origina­
lità maschile in dialogo con il genio femminile confluiscono con
inedita fecondità nella “carità educativa” , che diventa capace di
strutturare unitariamente i cammini di crescita umana e cri­
stiana di giovani e adulti.
3. IL CAMMINO VERSO LA MATURITÀ
Un’emergenza che sfida e interpella96.
Non posso passare sotto silenzio un’esperienza dolorosa, che
sta mettendo a dura prova alcune Chiese locali ed Istituti reli­
giosi, in diverse parti del mondo. Si sono riscontrati - qua e là -
casi di sacerdoti e religiosi che sono stati accusati di “abusi e mo­
lestie sessuali” su minori o donne indifese. È nota la devastazio­
ne - spesso irrimediabile - che tali traumi apportano ad una gio­
vane vita. Questo spiega la severità di molte legislazioni nei con­
fronti di tali deprecati episodi e la severità dei tribunali nei con­
fronti dei colpevoli. A volte, i fatti in questione risalivano addi­
rittura a diecine di anni precedenti: nondimeno sono diventati
oggetto di procedimenti penali, con grave pregiudizio della mis­
sione della Chiesa, ripercussioni dolorose sull’accusato e sulla
sua comunità, e anche con ingenti danni di natura economica.
Questi avvenimenti acquistano rilevanza - oltre che per
l’oggettiva gravità dei fatti - anche per i problemi connessi che
55 CG24 53
66
cf. documento di lavoro del Consiglio Generale: Di fronte alle accuse di abusi e
di molestie sessuali.

3.7 Page 27

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IL RETTOR MAGGIORE 29
creano preoccupazione nelle Chiese ed nelle istituzioni reli­
giose. È in corso, talora, un anomalo allargamento del concetto
di “abuso e molestia sessuale” , sotto il quale possono venir a
cadere anche atti soltanto imprudenti. Non mancano esempi da
tutti conosciuti.
Non sfugge il rilievo che i media danno alle mancanze di sa­
cerdoti e consacrati, il più delle volte per una legittima de­
nuncia e per un’ovvia attesa di coerenza, ma, spesso, anche a
scopi speculativi e diffamatori nei confronti della Chiesa catto­
lica e di altre Istituzioni. Il tutto è aggravato dalla strumenta­
lizzazione dei fatti in vista dell’esborso di ingenti somme di de­
naro per danni e spese processuali.
Tutto ciò risveglia in noi l’eco delle parole drammatiche che
Don Bosco scriveva da Roma il 5 febbraio del 1873: «La voce
pubblica spesso lamenta fatti immorali succeduti contro i co­
stumi e scandali orribili. È un male grande, è un disastro: ed io
prego il Signore a fare in modo che le nostre case siano tutte
chiuse, prima che in esse succedano somiglianti disgrazie»57.
I fatti che stanno sotto i nostri occhi, da una parte ci impe­
gnano, in tutti i modi possibili, ad intervenire in difesa dei mi­
nori e contro lo sfruttamento delle donne. E ringrazio di cuore i
confratelli impegnati su queste frontiere.
Ci spingono anche a riscoprire elementi del sistema preven­
tivo, che Don Bosco aveva evidenziato o suggerito, e che, forse,
in qualche luogo, sono stati parzialmente disattesi.
Occorre recuperare alcune norme pedagogiche e prudenziali
- proprie della tradizione salesiana - che meritano di essere ri­
proposte e che, a suo tempo, sono state fatte presenti ai supe­
riori responsabili, ai quali, anche attraverso queste pagine,
chiedo una collaborazione ferma e serena. È questa una parte
non insignificante di quella preventività, che struttura am­
bienti ed abitudini, in modo da aiutare il fiorire di ogni virtù
umana e cristiana.
57 Don Pietro Ricaldone, Santità e purezza, in ACS n. 69 (31 gennaio 1935), pag. 62

3.8 Page 28

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30 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
Ma soprattutto ci sollecita a ricomprendere, alla luce di co­
noscenze adeguate e della Parola di Dio, il cammino di crescita
permanente che siamo chiamati a fare. La ricerca incontrollata
di soddisfazioni, sebbene la più grave, non è l’unica manifesta­
zione di una sessualità immatura e repressa. Ci sono pure l’in­
capacità di amicizia, la chiusura alla fraternità, la durezza di
cuore, l’attaccamento incomprensibile a pareri, cose o vantaggi,
l’aridità nei rapporti. Ci è necessario dunque mantenere la ten­
sione verso la pienezza della nostra donazione e della nostra ca­
pacità educativa.
Un percorso da assumere.
La energia e l’identità sessuale - che la castità riconosce con
gioia, accoglie senza esitazioni e valorizza nel proprio progetto
di vita - struttura la personalità ai livelli più profondi, conno­
tandone ogni dimensione: il pensiero, gli affetti, l’espressività,
la progettualità, la relazione. Essa resta segnata dalle espe­
rienze di vita più significative. La stagione prenatale, i primi
mesi ed i rapporti con la madre, il clima e le relazioni familiari,
gli elementi di ereditarietà, la precocità o i ritardi nell’educa­
zione e nell’autoeducazione, le esperienze traumatiche di non
facile elaborazione ed altre influiscono nel processo di matura­
zione dell’affettività e della sessualità.
La castità serena è al termine di un lungo cammino, per la
semplice ragione che la personalità matura è anch’essa il
punto di arrivo di un lungo percorso. Si tratta dunque di
accogliere - per noi stessi e per coloro che sono affidati alla
nostra cura educativa - i processi necessari per raggiungere
quella maturità, che genera la gioia e la pace e si traduce in
forza di testimonianza.
Al tempo stesso, siamo chiamati a prendere atto che in
questo decisivo campo della crescita umana, la vita religiosa, ed
ancor più una Congregazione di educatori, è messa, per così
dire, alla prova non soltanto quanto alla morale sessuale, ma

3.9 Page 29

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IL RETTOR MAGGIORE 31
soprattutto alla ricchezza affettiva. «È necessario che la vita
consacrata presenti al mondo di oggi esempi di una castità vis­
suta da uomini e donne che dimostrano equilibrio, dominio di
sé, intraprendenza, maturità psicologica ed affettiva» 58. Ciò
comporta il controllo e l’orientamento delle tendenze spon­
tanee, ma più ancora lo sviluppo della capacità di amare.
Le Costituzioni ci rendono avvertiti che «la castità non è
una conquista fatta una volta per sempre. Ha i suoi momenti di
pace e i momenti di prova. È un dono, che, a causa dell’umana
debolezza, esige un quotidiano impegno di fedeltà»69.
«Vuol dire - nota paternamente don Ricceri - non meravi­
gliarsi né spaventarsi, se in certe ore di depressione, d’inatti­
vità o d’isolamento, ne soffriamo nella carne e nel cuore. È un
aspetto della nostra croce. E qualche volta, forse, una forma di
partecipazione all’angoscia di Cristo nell’orto del Getsemani»60.
Difficoltà nelle relazioni, frustrazioni apostoliche, incompren­
sioni comunitarie, ansie per la salute propria o dei propri cari,
momenti di stress: tutto viene puntualmente registrato nella
nostra sfera affettiva, con contraccolpi, che vanno messi in bi­
lancio e superati con l’aiuto della grazia e della preghiera, dello
spirito di mortificazione, di una serena determinazione, di una
comunità che accoglie ed accompagna. Non è da escludere che
si debbano pure intraprendere pazienti itinerari per ricuperare
motivazioni e per cambiare abitudini radicate. Le diverse sta­
gioni della vita richiedono ulteriori processi di ricomprensione
dell’impegno assunto.
Alcune indicazioni sostanziali per tale camino vanno ricordate.
Il nostro ministero va gestito con spirito di umiltà e di pru­
denza, liberandolo da ogni forma di presunzione, nei confronti
di quanto può ferire la castità: «Ricordatevi che vi mando a pe-
“ VC 88
59 Cost. 84
“ Lettere circolari di don Luigi Ricceri ai Salesiani (Roma 1966), Vivere oggi la
castità consacrata, II, pag. 974

3.10 Page 30

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32 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
scare, e che non dovete essere pescati», diceva Don Bosco ai
suoi, con una punta di umorismo, e, sapendoli impegnati in am­
bienti di qualche rischio, li avvisava di «lasciare gli occhi a
casa» 61. Tali parole ripropongono, oltre gli accenni materiali,
l’attenzione da mantenere in fatto di amicizie e familiarità nei
nostri ambienti educativi e pastorali, segnati dall’incontro quo­
tidiano con collaboratrici e giovani di entrambi i sessi.
Il cammino verso la serena maturità è segnato dalla croce.
Con l’autorevolezza del testimone oculare, don Albera scrive:
«Non si creda che Don Bosco abbia dato poca importanza allo
spirito di mortificazione; se ne studi bene la vita e si troverà
che ogni circostanza di essa è un eccitamento ed una lezione
per la pratica della mortificazione»62. Può sembrare una parola
inattuale, va invece collegata alla fecondità della croce. Forse,
l’insidia più pericolosa dello spirito borghese non solo alla vita
religiosa, ma prima ancora alle radici cristiane è il rifiuto della
croce: tacito, pratico, sistematico. Il comfort è ritenuto un va­
lore da ambire ed uno status da raggiungere; gli analgesici sono
passati dal mondo della medicina a quello della vita quotidiana,
desiderosa di alleviare ogni sofferenza. Si sono così ingenerati
atteggiamenti ed abitudini per cui il soddisfacimento del desi­
derio diventa un imperativo, la soppressione dei rischi di soffe­
renza, sia fìsica che morale e spirituale, uno stile di vita. Ciò
che nel campo fisico è lecito, e spesso auspicabile, tende a tra­
sferirsi nel campo morale, azzerando o riducendo quel prezzo di
doverosa fatica che ognuno è chiamato a pagare in difesa dei
valori, della fedeltà, dell’autenticità della vita cristiana. Questa,
fin dagli inizi, si è trovata a misurarsi con la croce, la persecu­
zione, il martirio. La parola di Paolo ai cristiani di Filippi resta
di piena attualità per noi uomini di oggi, immersi, a volte, in un
clima di disimpegno morale: «Non pochi si comportano da ne­
61 MB V, 165
62 Lettere circolari di don Paolo Albera ai Salesiani (Torino 1965), Sulla castità,
pag. 224

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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IL RETTOR MAGGIORE 33
mici della croce di Cristo. Ve l’ho già detto più volte e ve lo ri­
peto ancora fra le lacrime»63.
Quando si discusse sul motto da inserire nello stemma della
Congregazione, ci fu anche chi propose Lavoro e temperanza. È
nota l’insistenza di Don Bosco sul binomio, che invita a spen­
dersi con generosità, senza dimenticare, al tempo stesso, la mi­
sura. In questo senso, i due elementi vanno letti non disgiunti,
ma congiunti, a significare che lo stesso lavoro va regolato dalla
temperanza, in modo che possa continuare ad esprimere carità
verso Dio e verso l’uomo, evitando gli eccessi che possono por­
tare allo stress, al “burn out” ed alla confusione affettiva.
Occorre un ragionevole dosaggio di tempi di lavoro e tempi
di recupero, di spazi di azione e di formazione, di immersione
tra la gente e di emersione spirituale alla ricerca di noi stessi e
delle motivazioni più profonde del nostro vivere e del nostro
operare. Va superato l’attivismo e il disordine della vita e ricon­
quistata la padronanza sul tempo, sulle attività e su se stessi.
Per questo, occorre dare il rilievo necessario agli esercizi spiri­
tuali annuali, al ritiro mensile, al giorno del Signore settima­
nale, ai momenti di comunità e di preghiera quotidiani (ivi
compresa la meditazione!) Il raccoglimento personale deve, di
nuovo, trovare spazio nella programmazione della nostra gior­
nata. «L’isolamento è negativo, ma la solitudine è altra cosa: si
può dire che è il suo contrario. È come il silenzio, che precede e
feconda la parola»64.
Gli aiuti più decisivi, tuttavia, ci vengono dalla grazia del
Signore, che ha nei sacramenti e nell’amore a Maria Ausilia-
trice elementi che la nostra tradizione ha sempre riconosciuto
di grande efficacia.
L’Eucaristia, che ci nutre del Corpo e Sangue del Signore,
63 Fil 3, 18
64 Lettere circolari di don Luigi Ricceri ai Salesiani, Vivere oggi la castità consa­
crata, (Roma 1996) II, pag. 976

4.2 Page 32

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34 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
rinnova continuamente la nostra coscienza di essere Sue
membra, ci dà la forza di vivere da cristiani, evitando tutto ciò
che è contrario a questo nome.
L’ascolto quotidiano della Parola di Dio contesta e scioglie i
sofismi, con cui siamo tentati di giustificare eventuali cedi­
menti o di abbandonarci ad abitudini meno positive.
L’amore a Maria e la contemplazione della sua impareggia­
bile esistenza mantengono alte e caste le intenzioni del cuore
ed animano una più grande docilità alle mozioni della grazia.
Don Paolo Albera rilevava l’importanza della confidenza in
un direttore spirituale quando raccomandava di «aprire a due
battenti la propria coscienza al confessore» 65. È un’insistenza
in fase di ricupero. Per mantenere la coscienza sensibile e vigi­
lante, capace di riconoscere da lontano il bene e il male, e per
difendere la propria libertà spirituale giova mettere la propria
esistenza sotto gli occhi dei fratelli, sapersi confidare e valoriz­
zare le mediazioni che il Signore mette nel nostro cammino.
Discernimento vocazionale e formazione iniziale.
Il cammino, cui abbiamo accennato, richiede un’attitudine
fondamentale di partenza che è segno della chiamata alla vita
salesiana e l’apprendimento interiorizzato degli atteggiamenti,
abitudini e pratiche consone con la castità. Non si può dunque,
parlando del cammino verso la maturità, tralasciare il discorso
sul discernimento vocazionale e sulla formazione iniziale. I no­
stri documenti offrono già dei criteri carismatici di discerni­
mento e scelte pedagogiche per l’accompagnamento dei candi­
dati. Non è il caso di riportarli qui. Conviene comunque richia­
mare qualche punto di particolare attualità.
L’esperienza, la riflessione e gli orientamenti ecclesiali di
questi ultimi anni hanno dato particolare rilievo alla matura-
85 Lettere circolari di don Paolo Albera ai Salesiani, Sulla castità, (Torino, 1965)
pag. 222

4.3 Page 33

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IL RETTOR MAGGIORE 35
zione affettivo-sessuale di base come condizione previa per
l’ammissione ai voti religiosi e al ministero ordinato e come ele­
mento indispensabile per un’esperienza vocazionale serena e
matura56.
Una formazione specifica all’affettività, che integri l’aspetto
umano con quello più propriamente spirituale, è particolar­
mente necessaria nel contesto attuale, che è allo stesso tempo
di grande apertura e di continua esposizione a stimoli vari. «Si
fa più difficile ma diventa più urgente, - afferma la Pastores
Dabo Vobis - un’educazione alla sessualità che sia veramente e
pienamente personale e che, pertanto, faccia posto alla stima e
all’amore per la castità, quale virtù che sviluppa l’autentica
maturazione della persona e la rende capace di rispettare e di
promuovere il significato sponsale del corpo»67.
In versione contestualizzata nella fase che si va aprendo per
noi, il CG24 domanda che «sia riservata una particolare atten­
zione alla maturità affettiva richiesta dalla collaborazione con i
laici e con il mondo femminile»68 e che si aiutino i confratelli
sin dalla prima formazione «a crescere in un atteggiamento se­
reno e maturo nei confronti della femminilità»69.
Si tratta di portare i candidati ad una decisione matura e li­
bera, fondata sulla conoscenza di sé e del progetto vocazionale
cui sono chiamati; di assicurare quella idoneità «grazie alla
quale il consacrato ama la sua vocazione e ama secondo la sua
vocazione» 70.
Nel processo di discernimento e nei momenti di ammissione
l’area affettivo-sessuale deve essere oggetto di particolare atten­
zione, valutata nella globalità della persona e della sua storia, in
rapporto con le caratteristiche della vocazione salesiana.
Tra i punti da verificare e chiarire prima del noviziato, in
66 cf. Pastores Dabo Vobis (PDV) e Potissimum Institutioni (PI)
67 PDV 44
68 CG24 147
69 CG24 178
70 VFC 37

4.4 Page 34

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36 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
base ad una conoscenza adeguata e ad una valutazione pru­
dente, vi è lo stato sano dell’affettività, particolarmente l ’equili­
brio sessuale. Il decreto Perfectae Caritatis del Vaticano II, ri­
preso da Potissimum Institutioni, chiede che i candidati alla
professione della castità non abbraccino questo stato, né vi
siano ammessi, se non dopo una prova sufficiente e dopo che sia
stata da essi raggiunta una conveniente maturità psicologica
ed affettiva71.
Il discernimento iniziale o il percorso formativo possono evi­
denziare serie inconsistenze, esperienze di vita che inducono
quanto meno ad una estrema prudenza. L’articolo 82 delle Co­
stituzioni richiama la parola di Don Bosco: «Chi non ha fondata
speranza di poter conservare, col divino aiuto, la virtù della ca­
stità nelle parole, nelle opere e nei pensieri, non professi in
questa società, perché sovente si troverebbe in pericolo». È una
direttiva, che ci impegna ad assicurare la serietà del discerni­
mento e delle ammissioni.
Ci sono personalità che mostrano, fin dall’inizio, elementi
che sollevano seria preoccupazione: la vita salesiana non è la
loro strada72. La “fondata speranza” , sottolineata dalle parole
di Don Bosco, non può coesistere con situazioni che hanno in­
ciso profondamente sulla persona, né con inclinazioni che diffi­
cilmente si armonizzano con le caratteristiche della vocazione
salesiana e con le esigenze della missione di educatore pastore,
né con una vita precedente gravemente scorretta.
Conosciamo tali situazioni e tendenze; penso ad esempio ai
rapporti precoci, alle esperienze sessuali, alle problematiche
nell’ambito della omosessualità, a situazioni di violenza, e altre
simili. Su di esse si discute con abbondanza di dati antropolo­
gici, pedagogici e morali. La varietà dei soggetti, la diversa inci­
denza delle situazioni e lo stato differente in cui si possono tro­
vare le suddette tendenze sconsiglia una trattazione sommaria,
71 PC 12; PI 13
72 cf. Criteri e norme, 46-49

4.5 Page 35

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IL R E TTO R M A G G IO R E 37
per non far torto alle persone e non limitarsi al fatto dell’accet­
tazione o meno. È conveniente però sapere che noi abbiamo cri­
teri propri di una Congregazione di educatori espressi nei no­
stri documenti e con possibilità di venire ulteriormente specifi­
cati per casi particolari.
Non sempre è facile discernere e valutare con delicatezza e
prudenza. È necessario perciò il ricorso a professionisti seri, per
giovarci di tutto ciò che la scienza mette a nostra disposizione
in questo fondamentale campo della maturità umana.
In ogni caso non si possono chiudere gli occhi su situazioni
dubbie. Esse devono essere chiarite prima di ammettere ad
impegni che coinvolgono seriamente la persona e la Congre­
gazione. Il formatore, guida o accompagnatore deve essere
in grado di non illudersi e di non illudere sulla consistenza
del candidato73.
Certi abbandoni, in fase di esperienza avanzata, spesso con­
seguenza di ammissioni poco prudenti, e altre situazioni dolo­
rose (ambiguità di vita, insoddisfazione permanente ed inspie­
gabile, compensazioni illegittime) invitano alla vigilanza nel
discernimento.
Sottolineata l’attenzione da rivolgere alla dimensione affetti­
vo sessuale e rilevata la necessità di un’attitudine di base per la
castità “salesiana” , c’è da ricordare che questa richiede una for­
mazione mentale, morale, spirituale e ascetica, se si vuole che
porti alla realizzazione di persone mature e gioiose. È dunque
un punto da affrontare in forma serena, aperta e diretta.
La conoscenza adeguata, in termini reali, della sessualità
nei suoi diversi aspetti, significati e realizzazioni è oggi neces­
saria, senza tralasciare l’informazione su fatti e tendenze pre­
senti nella nostra cultura. In tal senso, va presentato il pro­
blema degli “ abusi e molestie” e le sue implicanze di natura ci­
vile, ecclesiale, vocazionale, sottolineando il senso di giustizia
73 cf. Direttive sulla preparazione degli educatori nei seminari, 57

4.6 Page 36

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38 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
verso coloro che ne sono oggetto e coltivando una premurosa
preoccupazione pastorale sia nei confronti della vittima che del
colpevole.
Contemporaneamente sarà necessario presentare in forma
“positiva” il celibato e la castità per il Regno, aiutando ad assu­
merla come un bene anche dal punto di vista umano, con quella
libertà che «si configura come obbedienza convinta e cordiale
alla verità del proprio essere, al significato del proprio esistere»74.
La visione che se ne offre, basata sempre sulla Parola di Dio,
caratterizzata dal realismo, indicherà criteri e parametri di au­
tovalutazione che il soggetto possa applicarsi senza ansietà e
senza illusioni.
In questa prospettiva si inseriscono armonicamente, senza
dicotomie e senza ingenuità, l’esigenza di vigilanza spirituale,
di prudenza e rinuncia, il richiamo all’ascesi e alla disciplina di
vita, all’indispensabile e continuo sforzo per padroneggiare e
integrare gli impulsi sessuali.
L’apertura trasparente nel dialogo formativo (direzione spi­
rituale) e la pratica frequente del sacramento della riconcilia­
zione, i rapporti umani e comunitari di serena amicizia e frater­
nità, il senso della missione e l’amore personale a Gesù Cristo
sostengono un cammino di fedeltà non privo di insidie.
La formazione alla castità consacrata costituisce una sfida e
un impegno per tutti coloro che intervengono a diverso titolo
nel processo vocazionale. E in alcuni contesti può includere dif­
ficoltà provenienti dal retroterra culturale. In tal senso, spe­
ciale attenzione andrà riservata alla preparazione iniziale dei
candidati ed alla formazione continua, al rinnovamento pedago­
gico e all’unità di criteri lungo tutto il cammino formativo.
L’insegnamento di Don Bosco e l’esperienza della Congrega­
zione ci aiutano ad unire fiducia educativa ed esigenza, sensibi­
lità pedagogica e responsabilità carismatica.
74 PDV 44

4.7 Page 37

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IL RETTOR MAGGIORE 39
Il ruolo della comunità.
Quanto abbiamo detto può ingenerare l’impressione che la
castità riguardi esclusivamente la sfera individuale. Sarebbe
come accettare quell’insinuazione insistente della cultura
odierna che relega certi aspetti del comportamento all’insinda­
cabile “privato” , alla sola coscienza del singolo.
È vero che in questo ambito, come in tutto il processo vo­
cazionale, ciascuno di noi porta una responsabilità intrasferi­
bile e unica. Eppure la comunità ha una funzione tutt’altro che
secondaria.
Ciascuno è chiamato personalmente a inserirsi nella comu­
nità con maturità e a rendersi disponibile per un interscambio
fraterno di doni ed esperienze. La comunità, d’altra parte, crea
il clima, appoggia, stimola e sostiene. La qualità della nostra te­
stimonianza di castità è legata alla qualità del nostro essere e
costruire comunità, del nostro vivere e lavorare insieme. Pos­
siamo esplicitare alcuni motivi di questa interdipendenza.
«Nella comunità - dicono le Costituzioni - troviamo una ri­
sposta alle aspirazioni più profonde del cuore»75, cioè al bisogno
di amare ed essere amati. Nell’affetto donato e ricambiato ci
rendiamo consapevoli del nostro valore come persone ed espri­
miamo le più profonde potenzialità del nostro essere. La comu­
nità è la nostra famiglia. Nella comunicazione serena e nell’a­
micizia adulta cresce e si manifesta la nostra capacità di dona­
zione, costruiamo rapporti di efficace collaborazione. Quanto
più è forte e sincero il nostro vivere insieme, tanto più il senso
della nostra castità, anche nei suoi evidenti aspetti di rinuncia,
tonifica il nostro bisogno di amore umano e dà testimonianza
credibile che l’amore di Dio riempie la nostra esistenza. Risulta
evidente allora, specie per i giovani e la gente che ci vive ac­
canto, che la verginità che professiamo è scelta di un amore au-
,s Cost. 49

4.8 Page 38

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40 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
tentico, sincero, coinvolgente, ricco di umanità ed aperto a
tutti. È cosa certa che l’amore fraterno previene, neutralizza,
tempera e riorienta per tempo eventuali cedimenti affettivi. La
dissoluzione comunitaria invece, che ha le sue manifestazioni
nella freddezza, nella fuga verso l’esterno, nell’individualismo
apostolico, spinge verso evasioni e soddisfazioni alternative.
Un secondo motivo dello stretto intreccio tra responsabilità
personale ed esperienza comunitaria riguarda la nostra mis­
sione di educatori. La vita comunitaria è una scuola e una pale­
stra. La comunicazione educativa ha efficacia se realizzata at­
traverso un rapporto corretto e intenso, capace di trasmettere
valide esperienze e visioni di vita. La condivisione comunitaria,
la capacità e disponibilità ad integrarci e completarci reciproca­
mente forniscono il banco di prova per rapportarci in maniera
equilibrata ed efficace anche nei confronti dei giovani. Forse
dietro molte tensioni comunitarie si nasconde l ’incapacità al
confronto, la rinuncia ad integrarci nella missione, la capar­
bietà di voler fare contro tutto e contro tutti la nostra strada.
La fragilità del tessuto comunitario si ripercuote negativa­
mente sull’efficacia della nostra presenza in mezzo ai giovani,
che possono diventare l’oggetto dei nostri sfoghi e delle nostre
tensioni. Un’esperienza di vita comunitaria serena diventa edu­
cativa per se stessa, soprattutto nella sfera dell’amore, dell’a­
micizia, dell’affettività, nella quale i giovani sono particolar­
mente sensibili.
Da ultimo, la comunità ci guida e ci sorregge nel nostro
cammino di fedeltà, offrendoci uno spazio umano di interrela­
zioni, circostanze, avvenimenti e contatti che fanno sì che ci
sentiamo umanamente realizzati, inseriti positivamente nella
società e nel mondo. Una comunità ben integrata comunica
forza, energia a ciascuno dei suoi membri, motivandolo ulte­
riormente nel vivere la propria chiamata, sostenendolo nei mo­
menti di difficoltà, fornendogli uno spazio ampio di compren-

4.9 Page 39

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IL RETTOR MAGGIORE 41
sione per affrontare anche situazioni diffìcili, momenti di crisi e
di smarrimento. La vicinanza amichevole e discreta dei confra­
telli è sostegno per chi vive le tensioni della giovinezza e le crisi
della maturità, gli affanni della malattia e dell’anzianità.
La comunità ha quindi un compito delicato: assistere e di­
scernere. Assistere nel senso salesiano significa prevenire, per­
cepire prontamente i segni di uno stato d’animo o insoddisfa­
zione, avvertire con una parola fraterna insorgenti ambiguità e
rischi, dare coraggiosa e franca illuminazione e chi ne avesse
bisogno.
Discernere vuol dire risolvere situazioni insostenibili con ri­
spetto fraterno, ma con altrettanta fermezza e tempestività. È
compito del superiore, ma non solo. La testimonianza di cia­
scuno influisce su tutta la comunità e quindi le appartiene.
Essa deve sentirsi investita del dovere di custodire tale testimo­
nianza. A ciò richiama il nostro impegno religioso e per alcuni
versi anche la legge civile.
Conclusione: la forza di una profezia.
L’Esortazione Apostolica Vita Consecrata sottolinea il fatto
che i religiosi «mentre cercano la santità per se stessi, propon­
gono per così dire, una “terapia spirituale” per l’umanità,
poiché rifiutano l’idolatria del creato e rendono in qualche
modo visibile il Dio vivente»76.
Urs Von Balthasar, riprendendo un’espressione di Nietzsche,
scrive: «La frase più assennata che io abbia udito è: Nel vero
amore, è l’anima che avvolge il corpo», cioè: «L’irraggiamento
del corpo ad opera della purezza dell’anima è effettivamente la
castità assoluta»77. L’uomo, riplasmato dal Battesimo, in modo
76 VC 87
77 Cit. da Von Balthasar, Gli stati di vita del cristiano (Jaca Book 1995), pag. 86

4.10 Page 40

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42 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
nuovo, attraverso il dono della castità, assume la sua corporeità
nella grazia, per farne segno non già di dominio, né di solo pia­
cere o di semplice prestanza fisica od estetica, ma di una vita che
si dona incondizionatamente al Signore ed ai fratelli.
Siamo consapevoli che non basta “ragionare” di castità. Don
Bosco ci ha insegnato ad irradiarla: «L’educazione alla purezza
si svolge, come condizione base, da una irradiazione personale
degli educatori»78.
Né si può parlare di castità salesiana, sganciandola dal
clima che la generava e la esprimeva. In quella esperienza di
Spirito Santo, Gesù Eucaristico nutriva la vita degli educatori e
dei giovani facendoli cristiani, illuminava le anime col fuoco
della carità e conferiva alla presenza ed ai gesti la capacità di
comunicare la grazia. Creava così una scuola di spiritualità, che
continua a dare, in ogni parte del mondo, frutti di santità apo­
stolica ed educativa. Suo “ segno” è quell’allegria, in cui Don
Bosco vedeva la versione salesiana della “buona notizia” evan­
gelica. Poiché la castità salesiana, rilevava don Luigi Ricceri
«viene abitualmente vissuta con una specie di serenità e di alle­
grezza, con un ardore giovanile, con la freschezza dell’animo,
con la chiarezza dello sguardo, con una fiducia invincibile nella
vita, con la percezione della presenza segreta di D io»79.
La festività odierna dell’immacolata è carica di memoria di
quell’ambiente che ci serve sempre di ispirazione. Sotto i suoi
occhi premurosi e dal fascino della sua maternità verginale,
nacque e crebbe quel gruppo di giovani, futuri pilastri della
Congregazione salesiana che costituì la Compagnia dell’imma­
colata. L’amorevolezza di Don Bosco aveva suscitato in essi de­
siderio di consacrazione totale.
Aiuti anche noi a maturare nell’amore e ad orientare i gio­
vani verso propositi di santità.
78 E Braido in II sistema preventivo di Don Bosco (PAS-Verlag 1964), pag. 292
79 Lettere circolari di don Luigi Ricceri ai Salesiani (Roma 1966), Vivere oggi la
castità consacrata, II, pag. 984

5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

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IL RETTOR MAGGIORE 43
Con l’augurio di un anno nuovo arricchito dalla grazia
del Padre, al quale ci volgiamo con amore di figli80 alla vigilia
del terzo millennio.
80 Cf. Strenna 1999