LETTERA DEL RETTOR MAGGIORE
PASCUAL CHÁVEZ
«VOI CHE CERCATE IL SIGNORE,
GUARDATE
LA ROCCIA DA CUI SIETE STATI TAGLIATI» (Is
51,1)
Presentazione della Regione
Interamerica
INTRODUZIONE.
1. STRUTTURA E STORIA DELLA REGIONE. Zona Andina. Ecuador
– Colombia: Ispettorie di Bogotá e di Medellín – Perù –
Bolivia. Zona Mesoamericana.
Ispettorie di Messico-México e
di Guadalajara (MEM – MEG) – Venezuela – Centroamerica –
Antille – Haiti. Zona
Nordamericana. Stati Uniti:
Ispettorie di San Francisco e di New Rochelle (SUO – SUE) –
Canada . 2. LA REALTÀ
SOCIOCULTURALE. 3. LA PRESENZA SALESIANA. 3.1 La vita
delle comunità – 3.2 La Formazione – 3.3 La Pastorale
Giovanile. Le opere
salesiane. Le scuole – Le
parrocchie – Gli Oratori ed i Centri Giovanili - L’avviamento
al lavoro – L’attenzione ai giovani in situazioni di rischio –
Opere di Promozione Sociale – Cura dei migranti – Le Università.
Processi pastorali.
Associazionismo Giovanile. Il
Movimento Giovanile Salesiano – Pastorale Vocazionale. Volontariato
– Formazione dei laici – 3.4
La Famiglia Salesiana – 3.5 La Comunicazione Sociale – 3.6 Le
Missioni e l’animazione missionaria. 4. SFIDE E PROSPETTIVE
DI FUTURO. 4.1 Testimoniare il
primato di Dio tra i giovani nel mondo d’oggi – 4.2 Rigenerare
Don Bosco e la sua passione del “Da mihi animas” – 4.3
Risignificare le nostre presenze nella Regione, sospinti dalla
opzione per i nostri destinatari preferenziali – 4.4 Crescere in
sinergia, mettendo insieme sforzi, mezzi e impegni per realizzare
esperienze in collaborazione.
CONCLUSIONE.
Roma, 1 marzo
2006
Carissimi Confratelli,
vi scrivo al
termine di un mese intenso, ricco di visite e di incontri con
Confratelli. In un primo tempo sono stato nello Sri Lanka per la
celebrazione del 50° anniversario della presenza salesiana. Di qui
sono passato in India, a Thanjavur, dove ho presieduto la conclusione
delle celebrazioni per il Centenario dell’arrivo dei primi
Salesiani. Successivamente ho visitato, anche se molto
rapidamente, le Ispettorie di Chennai, Tiruchy, Bangalore e Hyderabad
e quindi mi sono recato in Cina, anche qui per celebrare i cento anni
di presenza salesiana: un sogno missionario di Don Bosco che continua
ad aspettare la sua piena realizzazione. Mi sono recato infine fino a
Johannesburg in Sud Africa per la “Visita d’insieme” della
Regione Africa – Madagascar.
Sono tante le impressioni
riportate e, anche se tutte assai belle ed entusiasmanti, sono molto
diversificate. Forse in altra occasione potrò parlarvene più
diffusamente. Per ora è sufficiente dirvi che dobbiamo essere
riconoscenti al Signore che ci vuole un gran bene e ci benedice
copiosamente. A nessuno sfugge il fatto che il futuro della
Congregazione, per quanto riguarda le vocazioni, si trovi in Asia e
in Africa. La nostra responsabilità è di inculturare fedelmente il
carisma di Don Bosco, che si traduce nell’espansione dell’opera,
nella fecondità vocazionale, nella crescita della Famiglia
Salesiana, nella qualità della missione educativo-pastorale e, più
di tutto, nella nostra santità.
Continuando con la
presentazione delle Regioni, questa volta voglio parlarvi dell’
“Interamerica”, alla quale mi sento particolarmente legato per il
fatto di essere la Regione che comprende il paese della mia origine
vocazionale e anche per il particolare incarico di Consigliere
Regionale che mi era stato affidato nel sessennio precedente. Non
conosco nessuna Regione così bene come questa: ricordo tutte le case
e i Confratelli. A loro il mio più cordiale saluto, esprimendo con
l’affetto anche il mio desiderio più grande: quello di vederli
totalmente impegnati a vivere la loro vocazione salesiana con gioia,
con generosità e fedeltà. In questo contesto, mi viene alla mente
il testo del profeta Isaia che, scrivendo al popolo di Israele in
esilio, gli ricorda la sua elezione e lo invita a orientarsi
pienamente a Dio contemplando la solidità delle sue origini:
«cercate il Signore…»
(Is 51,1).
Con un paio di immagini eloquenti, il profeta fa un pressante appello
a rinnovare la fiducia in Dio e ad imitare fedelmente coloro che ci
hanno generato nella Fede e nello Spirito: «…guardate
alla roccia da cui siete stati tagliati, alla cava da cui siete stati
estratti» (Is
51,1). È un testo molto bello, propositivo ed incoraggiante. Con
queste parole sintetizzo quanto Don Bosco vorrebbe oggi dai Salesiani
di questa Regione.
INTRODUZIONE
A quasi tutte le 18 nazioni che costituiscono la Regione
Interamerica si possono applicare le circostanze che, secondo Don
Ceria, favorirono la presenza dei Salesiani in America:
«Nei
suoi sogni missionari Don Bosco vide Salesiani al lavoro per tutta
l’America Meridionale; ma non ve li poté mandare dappertutto egli
stesso durante la sua vita. Li aveva mandati nell’Argentina,
nell’Uruguay e nel Brasile; poi negli ultimi anni gli pervennero
richieste da cinque delle altre Repubbliche mostrategli nei sogni,
due delle quali soltanto ricevettero ancora da lui operai evangelici,
mentre per le tre rimanenti provvide il suo successore. Sono le
cinque che si susseguono senza interruzione dal Mare delle Antille al
fondo dell’Oceano Pacifico, da Sucre a Santiago: Venezuela,
Colombia, Equatore, Perù e Cile. Di tanto interessamento
dell’America Latina per i Salesiani giunsero notizie a Leone XIII
da parte dei Governi medesimi, facendo sull’animo del Pontefice
tanta impressione, che da questo specialmente egli cominciò a
misurare la portata e l’efficienza della Congregazione
salesiana.
(…) Nel 1888 il Sudamerica ne aveva già
304.000 [emigrati italiani], il qual numero si sarebbe presto
accresciuto. Quelli erano tempi in cui la madre patria poco o nulla
si curava de’ suoi figli spinti dai bisogni della vita in straniere
contrade. Fu dunque per essi gran fortuna il trovare colà sacerdoti,
che li comprendessero e li aiutassero. L’assistenza degli emigrati
entrò, com’è noto, fin da principio nel programma missionario di
Don Bosco».
[1]
Probabilmente,
si potrebbero aggiungere altri motivi: l’effetto provocato dalla
biografia di Don Bosco scritta da Carlo D’Espiney, mentre lui era
ancora vivente, la lettura del Bollettino Salesiano in spagnolo, la
fama di Don Bosco trasmessa ai Paesi americani da Vescovi che
venivano in visita a Roma, da seminaristi che studiavano nei Collegi
Romani, specialmente nel Collegio Pio Latinoamericano, da diplomatici
che a Roma conobbero Don Bosco e la sua opera e ottennero dai loro
governi l’invito a fondare presenze salesiane nei rispettivi paesi
dell’America.
1. STRUTTURA
E STORIA DELLA REGIONE
Data
la grande varietà geografica, politica e sociale presente nei
diversi Paesi, la Regione Interamerica è strutturata in tre zone.
Tale distribuzione ci sembra utile per la presentazione della storia
e dello sviluppo della Congregazione in questo continente.
Zona
Andina La zona Andina comprende
Ecuador, Colombia, Perù e Bolivia.
Ecuador
I Salesiani giunsero a Quito il 28 gennaio 1888, in un
momento di profondi cambiamenti nel campo economico, politico,
sociale e religioso. Fu questa l’ultima spedizione inviata da Don
Bosco in persona.
Dopo due mesi e mezzo di continui
sacrifici, il 15 aprile 1888 si inauguravano i “Talleres Salesianos
del Sagrado Corazón” (laboratori di arti e mestieri) nell’antico
“Protectorado Católico”. Don Luigi Calcagno, cui era stato dato
l’incarico di responsabile della spedizione, fu nominato direttore
della nuova opera. La fondazione risultò ben presto un’eccezionale
esperienza educativa e pedagogica: si costruì una centrale per
l’installazione del servizio elettrico della capitale ecuadoriana,
si presero contatti con la Società Meteorologica Italiana per
l’installazione di un nuovo osservatorio a Quito, si sperimentarono
nuove materie prime per l’industria del cuoio. Il tutto con ottimi
risultati.
L’opera dei Salesiani a Quito si andava
ampliando poco a poco. Ci si curò dapprima dei giovani apprendisti
della Scuola di Arti e Mestieri, in seguito dei carcerati del
“Panóptico” (carcere di sicurezza). Si attivò la promozione dei
Cooperatori Salesiani, per giungere poi alla cura della classe
operaia con la creazione del Circolo Cattolico degli Operai, il 15
aprile del 1894. Fin dall’anno 1893, le case salesiane
dell’Ecuador, che formavano una Visitatoria, furono erette in
Ispettoria, anche se il decreto canonico si pubblicò solo il 20
gennaio 1902.
Il governo dell’Ecuador, desiderando
estendere ad altre province del Paese il gran bene che i Salesiani
realizzavano a Quito, aveva emesso un decreto – in data 8 agosto
1888 – in cui si disponeva l’insediamento di due nuove
fondazioni, a Riobamba e a Cuenca. Nel 1891 si fondò a Riobamba l’
Istituto “Santo Tomás Apóstol”; due anni più tardi, la Scuola
di Arti e Mestieri a Cuenca. Le seguirono nel 1896 le case della
Tola, a Quito, e il noviziato a Sangolquí, un paesino vicino alla
capitale. Come missionari, i Salesiani non tardarono ad entrare
nell’Oriente ecuadoriano, in zona amazzonica: Sígsig fu il punto
di partenza di quanti giunsero al Vicariato di Méndez e Gualaquiza.
Il 17 agosto 1903 si collocò la prima pietra del tempio di Maria
Ausiliatrice a Gualaquiza.
Durante la rivoluzione
liberale, di tendenza anticlericale, la presenza salesiana soffrì
notevolmente. Solo nel 1903, dopo il periodo più difficile e
violento, si poté riprendere il lavoro interrotto; cominciarono a
ritornare nel Paese i Confratelli che erano stati esiliati e si
riaprirono le case di Quito, Riobamba e Cuenca e, un anno più tardi,
fu fondato a Guayaquil l’Istituto “Domingo Santistevan”, che
divenne, in questo modo, il primo centro educativo e pastorale
salesiano del litorale. Durante il periodo rivoluzionario
l’Ispettoria poté fare affidamento su tre insigni superiori: D.
Luigi Calcagno, primo ispettore, che fu poi espulso dal Paese nel
1896; D. Antonio Fusarini, secondo ispettore, la cui memoria rimarrà
indissolubilmente legata alla storia dell’opera salesiana a
Riobamba; e specialmente Mons. Domenico Comin, terzo ispettore, che
governò le case salesiane per due periodi (dal 1909 al 1912 e dal
1916 al 1921) e fu consacrato Vescovo come Vicario Apostolico di
Méndez e Gualaquiza nell’ottobre del 1920.
Terminata la
Prima Guerra Mondiale e indebolitosi il regime liberale, nel Paese
cominciò un nuovo periodo di storia. La Congregazione riuscì a
consolidarsi, specialmente a partire dagli anni ’30, orientandosi
decisamente all’educazione della gioventù nella ‘Sierra’
(altipiano andino) e nella ‘Costa’ (pianura costiera), ed alla
promozione ed evangelizzazione nelle missioni amazzoniche. Il lavoro
educativo urbano si consolidò notevolmente, data la grande richiesta
dei settori popolari giovanili, cui la Congregazione rivolse la sua
attenzione preferenziale. Così pure si poterono organizzare nuove
spedizioni missionarie che permisero finalmente di cominciare la
desiderata opera di evangelizzazione della popolazione Shuar. Anzi,
si giunse ad ottenere, mediante un accordo col governo, il
riconoscimento ufficiale della tutela salesiana sul territorio ed
anche, mediante un sussidio ufficiale, un importante appoggio
economico per le istituzioni educative salesiane amazzoniche.
A
seguito alla Seconda Guerra Mondiale (1939-1945), che impedì ai
Salesiani la comunicazione con il centro della Congregazione in
Italia e ridusse di conseguenza l’invio di nuovo personale, la
presenza salesiana nell’Ecuador si vide costretta ad organizzarsi
più autonomamente, aprendo case proprie per la formazione dei
giovani Confratelli. Dopo il Concilio Vaticano II ed i Capitoli
Generali della Congregazione che ne accolsero i contenuti innovatori,
l’Ispettoria conobbe profondi cambiamenti. Le missioni salesiane
furono le prime ad essere toccate da grandi trasformazioni: venne
organizzata un’azione pastorale diretta alla formazione di ministri
originari del territorio e promossa una liturgia con delle
celebrazioni religiose in armonica simbiosi con i valori culturali
nativi. L’organizzazione della Federazione dei Centri Shuar ne
costituisce un esempio rilevante.
Nel 1961 l’Ispettoria
fu divisa in due, con le rispettive sedi a Quito e a Cuenca. La
divisione durò solo 12 anni, fino al 29 agosto 1973, e servì, tra
l’altro, al definitivo consolidamento del Vicariato di Méndez, con
l’apporto di nuove energie. Alla fine degli anni ’70 e inizio ’80
si aprirono nuovi fronti di lavoro: le missioni andine di Zumbagua,
Salinas e Cayambe, e il lavoro con i ragazzi di strada a Quito e
Guayaquil. Ad essi occorre aggiungere, negli anni ’90, la nascita
dell’Università Politecnica Salesiana con sedi a Cuenca, Quito e
Guayaquil.
Colombia:
Ispettorie di Bogotá e di Medellín
La presenza salesiana in Colombia è frutto di un
sogno di Don Bosco, che nel 1883, la
notte precedente la festa di Santa Rosa da Lima, vide una cartina
dove “in grande era rilevata la diocesi di Cartagena. Era il punto
di partenza”.
[2] Don Bosco, che in
Colombia era già conosciuto come taumaturgo, non tardò ad essere
scoperto come grande educatore della gioventù. E così, con la
mediazione del generale Joaquín F. Vélez, suo rappresentante presso
la Santa Sede, il governo colombiano invitò i Salesiani in Colombia,
al fine di provvedere all’educazione religiosa, scientifica ed
artistica della gioventù.
Mandati da Don Rua, i primi
Salesiani giunsero sul suolo colombiano il 31 gennaio 1890, sbarcando
a Barranquilla, sotto la direzione di Don Evasio Rabagliati. Pochi
giorni dopo facevano il loro ingresso a Bogotá, dove il 1°
settembre si apriva la prima scuola di educazione tecnica nel Paese,
il Colegio Salesiano León XIII de Artes
y Oficios, che divenne un punto focale
di irradiazione culturale in Colombia.
Poco a poco la
presenza salesiana cominciò a crescere e moltiplicarsi. Già nel
1896 fu eretta l’ Ispettoria, sotto il patrocinio di San Pietro
Claver. E l’anno 1905 nacque il primo ramo del fecondo albero della
Famiglia Salesiana, l’Istituto delle
Figlie dei Sacri Cuori di Gesù e Maria,
fondato ad Agua de Dios da D. Luigi Variara, continuatore delle gesta
eroiche di D. Michele Unia a favore dei lebbrosi.
Con 31
case sparse su tutto il territorio colombiano, nel 1957 l’Opera
salesiana si moltiplicò dando vita alla nuova Ispettoria di
Medellín.
La Congregazione Salesiana ha avuto in Colombia
opere carismatiche di riferimento, come la presenza a favore degli
ammalati di lebbra ad Agua de Dios e a Contratación, o l’opera
dell’Ariari, che continua ad essere un contesto di sfida per la
Chiesa, trattandosi di una delle regioni del Paese più flagellata
dalla violenza. Grazie al lavoro realizzato dai Salesiani durante
questi ultimi quarant’anni, il Vicariato è diventato Diocesi e
dispone di un gruppo di sacerdoti locali. Per tale motivo, i
Salesiani sono andati gradualmente ritirandosi e consegnando le
parrocchie al clero diocesano, pur essendoci ancora alcuni luoghi che
richiedono la generosità apostolica dei figli di Don Bosco.
I
Salesiani di Bogotá (COB) già da parecchi anni hanno aperto opere
di grande significatività, prendendosi cura dei ragazzi di strada,
conosciuti come “gamines”, giovani in situazioni ad alto rischio
a causa della violenza (Tibú, San Vicente del Caguán) o emarginati
che si ammassano in quartieri periferici (Ciudad Bolívar); giovani
che a causa dell’impoverimento familiare non avrebbero accesso ad
una educazione di qualità (nei ‘colegios concesionados’). Merita
una speciale menzione il movimento a favore dei ragazzi di strada,
oggi presente in tante Ispettorie del mondo, che nacque a Bogotá
sotto l’impulso di D. Saverio De Nicolò, il quale, identificato
questo tragico fenomeno sociale, seppe ideare una proposta educativa
efficace ed esemplare.
Anche i Salesiani di Medellín
(COM) hanno saputo potenziare opere sociali che realizzano l’opzione
preferenziale per i giovani più poveri. Vorrei qui ricordare
innanzitutto la “Ciudad Don Bosco”, come pure, negli ambienti
afro-colombiani di Buenaventura e di Condoto, la cura dei giovani a
rischio nel “Centro de Capacitación Don Bosco’” di Cali, la
proposta di rieducazione dei giovani dissociati dal conflitto armato
nel “Hogar San Juan Bosco” di Armenia, e la qualificazione per il
lavoro che si offre in molte opere.
Perù
Nel 1886 il Presidente della Repubblica del Perù visitò
Valdocco e, incontrandosi con Don Bosco, gli chiese dei Salesiani per
la sua Patria. Una richiesta simile era giunta a Don Bosco da alcuni
Cooperatori Salesiani a cui egli rispose, nel 1887, pregandoli di
mettersi d’accordo con D. Giacomo Costamagna, che avrebbe visitato
Lima nel 1888.
Nel 1890 Don Angelo Savio arrivò alla
capitale del Perù per esplorare il terreno per la desiderata
fondazione, entrando in comunicazione con una istituzione denominata
‘Sociedad de Beneficencia’,
che aveva l’intenzione di stabilire nella città un Istituto per
ragazze, diretto dalle Figlie di Maria Ausiliatrice, ed una Scuola di
Arti e Mestieri affidata ai Salesiani. Intanto Don Rua aveva ricevuto
due lettere, una di Mons. Macchi, Delegato Apostolico nel Perù, e
l’altra del Card. Rampolla, a nome del Santo Padre, insistendo
sulla presenza dei figli di Don Bosco nel Perù. Di fronte a queste
richieste, il 6 giugno 1890 fu approvato dal Consiglio Superiore, con
alcune modifiche, il progetto che aveva presentato la ‘Sociedad
Benéfica’, anche se la risposta definitiva di Don Rua veniva
rimandata fino ad avere l’approvazione dell’Arcivescovo di Lima;
questa giunse nel maggio 1891.
Il gruppo fondatore,
Salesiani e Figlie di Maria Ausiliatrice, partì da Torino il 16
agosto ed arrivò a Lima il 27 settembre 1891. I Salesiani, due
sacerdoti (D. Antonio Riccardi e D. Carlo Pane) e un coadiutore (il
Sig. Giovanni Siolli), si dedicarono, all’inizio, ad assistere le
nove Figlie di Maria Ausiliatrice che cominciarono la loro opera il
15 ottobre. Loro stessi poi poterono aprire un oratorio l’8
dicembre 1891. Quasi un anno più tardi iniziarono l’internato. La
presenza salesiana, nata a Lima, quartiere di Rimac, con Oratorio e
Laboratori di Arti e Mestieri, presto si fece presente ad Arequipa,
al sud del Paese (1896); più tardi a Brena, quartiere di Lima
(1897), e quasi contemporaneamente nel porto del Callao, a poca
distanza da Lima.
Vista la rapida crescita, Don Rua aveva
eretto l’Ispettoria di San Gabriele Arcangelo, con sede a Santiago
del Cile, che comprendeva le case del Cile e del Perù, ma davanti
all’impossibilità di una vera animazione e governo e mantenendosi
il ritmo di sviluppo delle opere, nel 1902 venne eretta l’Ispettoria
di Santa Rosa, con sede a Lima-Brena, per Perù e
Bolivia.
L’apertura delle missioni nella “Valle
Sagrado de los Incas”, dopo la chiusura delle opere di Puno e
Yucay, in cui si svolgeva un lavoro direttamente a favore dei giovani
indigeni dell’altipiano peruviano, fu un passo importante per dare
all’Ispettoria del Perù un volto salesiano più integrale; un
obiettivo simile ha realizzato l’organizzazione dei centri di
qualificazione per il lavoro a partire dagli anni ’70, così come
l’iniziativa delle Case di accoglienza “Don Bosco”. Inoltre, la
fondazione di “Bosconia” a Piura, il rilancio dell’Oratorio del
Rimac, l’irrobustimento del MGS, l’apertura della missione a San
Lorenzo (2000) nell’Amazzonia peruviana, stanno contribuendo
ugualmente a presentare un’immagine più completa della proposta
salesiana nel Perù.
Bolivia
Don
Giacomo Costamagna visitò la Bolivia nel 1889, entusiasmandone le
autorità, che chiesero la fondazione dell’opera salesiana nel
Paese. Dovettero però trascorrere alcuni anni finché Don Rua, nel
1895, firmò a Torino un contratto per aprire due internati di Arti e
Mestieri. Don Costamagna, a quel tempo ormai Vescovo, viaggiò a
Sucre e a La Paz per stabilire in entrambe le città il “Colegio
Don Bosco”, un internato con strutture per artigiani e studenti e
con oratorio festivo; a Sucre, inoltre, si aveva la cura di un
tempio. Le due case ebbero un magnifico sviluppo fin dai primi anni e
i Salesiani si conquistarono le simpatie della gente. Furono
integrate nell’Ispettoria peruviana: la lontananza del governo
ispettoriale non favorì i ripetuti tentativi di aprire nuove opere
in Bolivia. Solo nel 1943 si fondò la Scuola Agricola di Chulumani e
i due seminari diocesani, quello di “San Jerónimo” a La Paz e
quello di “San Luis” a Cochabamba. Nel 1955, anno in cui si
lasciarono i due seminari diocesani, l’apertura di un proprio
aspirantato a Calacoto favorì le vocazioni locali. L’anno seguente
si aprì la scuola agricola di Fátima, a Cochabamba. Nel 1960 iniziò
la scuola agricola della Muyurina a Montero (Santa Cruz); nel 1963 il
“Colegio Don Bosco” di Cochabamba.
A causa dell’esiguo
numero di opere e di personale, la Bolivia salesiana tardò a
costituirsi in Ispettoria; la sua erezione, col titolo di “Nostra
Signora di Copacabana”, ebbe luogo il 9 Gennaio 1963, con D. Pietro
Garnero come primo ispettore. Sfortunatamente D. Garnero dovette
lasciare la Bolivia dopo appena un anno e mezzo, essendo stato
nominato ispettore di San Paolo nel Brasile. Come suo successore fu
nominato D. José Gottardi, ma anch’egli non poté consolidare le
opere perché dopo un anno e mezzo di governo fu inviato come
ispettore nell’Uruguay. La presenza salesiana nella Bolivia trovò
una certa stabilità con D. Jorge Casanova, proveniente
dall’Argentina, che poté compiere felicemente il suo sessennio
come ispettore. Sotto il governo del suo successore, D. Rinaldo
Vallino, proveniente da Guadalajara (Messico), si iniziarono nuove
opere: la missione di Kami e di Independencia, sull’altopiano, e
quelle del “Sagrado Corazón” e di “San Carlos”
nell’Oriente.
Dopo il sessennio di D. Vallino,
l’Ispettoria cominciò ad avere superiori che uscivano dalle file
delle sue stesse comunità. Il primo fu Don Tito Solari, che era
venuto in Bolivia per il gemellaggio tra l’Ispettoria Veneta e
quella della Bolivia. Terminato il suo mandato, Don Solari fu
consacrato Vescovo Ausiliare di Santa Cruz e, qualche anno più
tardi, Arcivescovo di Cochabamba. Durante i sessenni di D. Carlo
Longo, di D. José Ramón Iriarte e di D. Miguel Angel Herrero
l’Ispettoria continuò a crescere in opere e in Confratelli. Dal
gennaio 2005 a capo dell’Ispettoria vi è D. Juan Pablo Zabala
Torres, primo ispettore di origine boliviana.
Zona
Mesoamericana
Comprende
Messico, Venezuela, America Centrale, Antille, Haiti.
Messico:
Ispettorie di Messico-México e di Guadalajara (MEM – MEG)
I
primi Salesiani giunsero nel Messico il 2 dicembre 1892. Erano tre
sacerdoti: D. Angelo Piccono, capo della spedizione, D. Raffaele
Piperni e D. Simone Visintainer, più un coadiutore, il Sig. Pietro
Tagliaferro, ed il chierico Agostino Osella.
Erano stati
chiamati per interessamento del cooperatore salesiano D. Angel
Lascuráin che dal 1890 seguiva un piccolo Collegio a Città del
Messico. Poco dopo, già nel 1893, i Salesiani si trasferirono al
quartiere di “Santa Julia”, nella periferia, dove costruirono un
grande Collegio per artigiani e studenti. Nel 1894 D. Piperni passò
alla città di Puebla, dove fondò la seconda opera salesiana. La
terza fu fondata, nel 1901, nella città di Morelia e la quarta, nel
1905, nella città di Guadalajara. Dal 1902 queste quattro case
formarono l’Ispettoria di “Nostra Signora di Guadalupe”. Ma
l’opera salesiana nel Messico non si poté sviluppare nei primi
cinquant’anni: prima a causa della rivoluzione (1910-1920) e, dopo,
a motivo della persecuzione (1926-1929) e del periodo di leggi
anticlericali (1930-1940). Di fatto, nel 1937 erano rimasti solo 13
Salesiani in tutta la Repubblica. Solo a partire dal 1941 la presenza
salesiana risorse e si sviluppò con insospettata vitalità, in modo
che in soli 22 anni (1941-1963) si moltiplicò, arrivando a 35 case e
400 Salesiani.
Tale prodigiosa crescita portò, nel 1963,
alla suddivisione in due Ispettorie: nel sud, con sede a Città del
Messico, l’Ispettoria “Nostra Signora di Guadalupe’” (MEM);
nel nord, con sede a Guadalajara (MEG), quella di “Cristo Re e
Maria Ausiliatrice”.
La presenza salesiana
nell’Ispettoria di Messico-México (MEM) ha una particolare
rilevanza per il lavoro missionario nel sud del Paese (Oaxaca), dove
si lavora con i Mixes, con i Chinantecos e con alcune comunità
Zapoteca. A partire dal 1962 arrivarono i primi Salesiani nella zona
e nel 1966 venne eretta la Prelatura Mixepolitana, incominciando così
il processo di inculturazione del Vangelo e la costruzione di una
Chiesa con volto indigeno, in sintonia col Concilio Vaticano II e col
Magistero della Chiesa. Pur trovandosi sotto la giurisdizione di MEM,
questo lavoro missionario fu affidato ad entrambe le Ispettorie.
Attualmente, nella stessa Prelatura, l’Ispettoria di Guadalajara ha
una comunità (San Antonio de Las Palmas) sotto la propria
responsabilità diretta.
Nel 1979 l’Ispettoria MEM avviò
una presenza a San Cristóbal de Las Casas (Chiapas), con una
proposta oratoriana, tenendo anche in conto la cura di alcune
comunità indigene della zona. Nella decade degli anni ’90 cominciò
un progetto di oratori a Mérida.
Fin dalla sua creazione
l’Ispettoria di Guadalajara (MEG) si è mostrata molto sensibile
per quanto riguarda la formazione dei giovani Confratelli,
preparando personale e costruendo case proprie.
A metà
degli anni ’80 cominciò a prendere corpo l’aspirazione di vari
Salesiani di aprire Oratori quotidiani nella zona di frontiera con
gli Stati Uniti per poter seguire i giovani a rischio, provenienti
dall’interno del Paese e da tutta l’America Latina; sorsero così
le opere di Tijuana, Mexicali, Los Mochis, Ciudad Juárez, Nogales e
ultimamente Chihuahua, Acuña e Laredo.
Da vari anni le
Ispettorie messicane sono in crescita progressiva di identità e di
senso di appartenenza mediante diverse iniziative: Assemblea della
Comunità Ispettoriale (ACI), Settimane di Formazione Permanente,
Natale Ispettoriale, Esercizi Spirituali Ispettoriali. In ciascuna
delle due Ispettorie, inoltre, vi sono presenze che si prendono cura
di ragazzi a rischio, come la Casa Nazaret (MEM) e la Città del
Ragazzo (MEG).
Venezuela
Nel febbraio del 1894 Mons.
Giulio Tonti, Delegato Apostolico nel Venezuela, inviato dal governo,
chiese a Don Rua la fondazione di qualche opera salesiana a Caracas e
a Valencia. Già prima, Mons. Uzcátegui, il P. Arteaga ed i
Cooperatori Salesiani venezuelani avevano chiesto a Don Bosco di
inviare i suoi figli nel Venezuela.
Il 29 novembre 1894
arrivarono al Venezuela i primi sette Salesiani. Non furono facili
gli inizi dell’opera a Caracas, a causa di divergenze col governo.
I Salesiani, guidati da D. Enrico Riva, fondarono una piccola opera
che col tempo crebbe e giunse ad essere il grande Collegio di S.
Francesco di Sales di Sarriá. Posteriormente nacquero, a fianco del
Collegio, le Scuole Gratuite Don Bosco. Agli inizi del 1900 si
incominciò la costruzione del Santuario in onore di Maria
Ausiliatrice. A Valencia, si era aperto nel 1894 il “Colegio Don
Bosco”, già iniziato sotto la direzione di D. Bergeretti. Nel 1902
si fondò l’opera di San Rafael (Stato di Zulia), che, su
indicazione di Don Albera, fu poi trasferita a Maracaibo. Nel 1914
nasceva l’opera salesiana a Táriba (Stato di Táchira) con il
“Colegio San José” ed una cappella in onore di Maria
Ausiliatrice. Dal 1927 si stabilirono le tappe della formazione a La
Vega; nel 1938 il noviziato si trasferì a Los Teques.
La
presenza salesiana nell’attuale Stato dell’Amazzonia data dal
1933, quando l’Ispettoria ricevette la Prefettura Apostolica di
Puerto Ayacucho. Il momento di crescita, in opere e personale, si
colloca nelle decadi degli anni ’50 e ’60. Si fondarono case a
Mérida, Coro, Judibana, Puerto La Cruz, Los Teques. Si costruirono
grandi edifici per opere educative. Si sviluppò la Prefettura
Apostolica di Puerto Ayacucho, con nuove presenze nell’Alto
Orinoco: Isla del Ratón, Manapiare, La Esmeralda. Nel 1953 la
Prefettura diventò Vicariato. Le FMA, che erano giunte nel Venezuela
nel 1927, si integrarono nel lavoro missionario nel Vicariato a
partire dal 1940; attualmente vi hanno 6 comunità. La Chiesa,
specialmente per mezzo della Congregazione Salesiana e dell’Istituto
delle Figlie di Maria Ausiliatrice, ha contribuito in gran misura
alla formazione dello Stato dell’Amazzonia, mediante centri
scolastici ed opere di evangelizzazione presso le diverse etnie che
dal secolo XVIII, dopo l’espulsione dei Gesuiti, erano rimaste
abbandonate. Negli anni ’50 i Salesiani cominciarono un itinerario
di evangelizzazione con gli Yanomami.
L’orientamento del
Capitolo Generale Speciale, nel 1972, introdusse cambi consistenti
nella configurazione dell’Ispettoria e nel servizio pastorale che
prestava. Si aprirono opere di inserimento nelle zone popolari: la
comunità “Primero de Noviembre” a Petare e la parrocchia di “San
Félix’”nello Stato Bolívar. La maggior parte delle opere
scolastiche si orientò al servizio dei ragazzi di estrazione
popolare, potendo contare su una sovvenzione dell’AVEC
(Associazione Venezuelana di Educazione Cattolica). Da quell’epoca
i formandi sono tutti venezuelani e si è irrobustita la presenza di
Confratelli venezuelani nell’insieme dell’Ispettoria.
Nel
1976 fu fondato l’ISSFE (Instituto Superior Salesiano de Filosofìa
y Educación), affiliato alla Università Pontificia Salesiana di
Roma, per la formazione dei giovani Salesiani. Nel 1991 si è
cominciato il processo di creazione del “Instituto Universitario
Salesiano Padre Ojeda”. Il Consiglio Nazionale delle Università lo
approvò il 7 febbraio 1996.
Nel 1994 la presenza
salesiana nel Venezuela ha compiuto i 100 anni. In questa occasione
hanno preso avvio due progetti che hanno voluto costituire una
risposta a nuove situazioni di sfida al servizio dei ragazzi e
giovani più bisognosi: la “Red de Casas Don Bosco” per la cura
dei ragazzi a rischio, che ha già sette case, e la “Asociación
para la Capacitación Juventud y Trabajo” che offre qualificazione
lavorativa a giovani e adulti descolarizzati, in 60 centri di
qualificazione nell’ambito nazionale, includendo anche opere di
altre Congregazioni Religiose.
Centro
America
È un’Ispettoria
che comprende sei Paesi: Guatemala, El Salvador, Honduras, Nicaragua,
Costa Rica e Panamà.
I primi Salesiani giunsero al porto
di La Libertad (El Salvador) il 2 dicembre 1897. Erano stati inviati
da Don Rua su richiesta del generale Rafael Gutiérrez, Presidente
della Repubblica. La domanda si basava su un desiderio esplicito di
Leone XIII. Questa prima spedizione salesiana in America Centrale era
costituita da D. Luigi Calcagno (superiore), D. Giuseppe Misieri, D.
Giuseppe Menichinelli, i coadiutori Stefano Tosini e Basilio Rocca e
i giovani chierici Pietro Martin, Costantino Kopsik e Luigi
Salmón.
In un primo momento i Salesiani si incaricarono
della “Finca Modelo”, nella capitale San Salvador, una scuola
agricola di proprietà governativa che aveva 120 studenti interni. La
presenza salesiana durò due anni; poi motivi di instabilità
politica ne provocarono l’estinzione. I Salesiani si incaricarono
allora di una istituzione che raccoglieva 20 orfani nella
vicina città di Santa Tecla.
Il 4 gennaio del 1903 giunse
a San Salvador la quarta spedizione di missionari salesiani. Quello
stesso anno fu eretta l’Ispettoria Centroamericana del Santissimo
Salvatore, che comprendeva le cinque Repubbliche dell’America
Centrale e il territorio di Panamà, che in quello stesso anno si era
costituito in stato indipendente dalla Colombia. Da Santa Tecla
partirono successivamente gruppi di Confratelli, fondando case e
opere salesiane in Honduras (Comayagua, 1905), Costa Rica
(Orfanotrofio di Cartago, 1907), Panamà (1907), Nicaragua (1912) e
Guatemala (1929). Nella stessa Repubblica di El Salvador i Salesiani
inaugurarono nel 1903 il “Colegio San José” nella città di
Santa Ana e nel 1904 il “Colegio Don Bosco” di Avenida Peralta a
San Salvador. Il 29 maggio del 1912 El Salvador ricevette la visita
del primo Vescovo salesiano e futuro Cardinale, Mons. Giovanni
Cagliero, in qualità di Delegato Apostolico.
Essendo
costituita da sei Paesi (Guatemala, El Salvador, Honduras, Nicaragua,
Costa Rica e Panamà), l’Ispettoria presenta un quadro di grande
complessità. Le frontiere rendono difficile il flusso di persone e
di materiale; le marcate divisioni sociopolitiche favoriscono
differenze culturali e un accentuato sentimento nazionale: sei
sistemi educativi, sei legislazioni lavorative, sei sistemi monetari,
sei frontiere, sei Conferenze Episcopali. L’Ispettoria ha 24
comunità: 6 nel Guatemala, 7 nel Salvador, 2 in Honduras, 3 nel
Nicaragua, 4 in Costa Rica e 2 a Panamà; esse svolgono attività di
case di formazione (compreso un centro regionale per coadiutori),
missioni, centri accademici, istituti tecnici, parrocchie, oratori,
centri giovanili e due università.
Antille
La presenza salesiana nelle Antille, dopo un primo
tentativo fallito a Curaçao e in Giamaica, si stabilì a Cuba,
dipendendo in un primo momento dall’Ispettoria salesiana
“Tarragonese” della Spagna. Successivamente, nel 1924, passò a
dipendere dall’Ispettoria del Messico. Tre anni più tardi, a causa
della persecuzione religiosa attuata nel Messico, l’ispettore portò
la sede dell’Ispettoria a La Habana. L’erezione canonica
dell’Ispettoria delle Antille avvenne il 15 settembre 1953, durante
il rettorato di D. Renato Ziggiotti, sotto il patrocinio di Don
Bosco, con sede a La Víbora (Habana, Cuba). In seguito alla
rivoluzione castrista la sede ispettoriale fu trasferita al “Colegio
Don Bosco” nella Repubblica Dominicana, presso cui rimase fino al
1993, quando poté disporre di una sede propria.
Cuba
I primi Salesiani, guidati dal Beato D. José Calasanz,
giunsero a Camagüey il 4 aprile 1917, per prender cura della
parrocchia di Nostra Signora della Carità. Li aveva preceduti,
due anni prima, Mons. Felice Guerra, che, nominato prima
Amministratore apostolico di Santiago de Cuba e poi Vescovo della
medesima città, fu il primo salesiano ad arrivare a Cuba.
Alla
fondazione di Camagüey seguirono quelle di La Habana (“Institución
Inclán”) e di Santiago de Cuba (1921). Nel 1929 si fondò una casa
di formazione per aspiranti e novizi a Guanabacoa. Nel 1931 si
acquistò la chiesa dell’ex-convento delle Carmelitane a La Habana,
convertita immediatamente nella Chiesa di Maria Ausiliatrice. Guines
fu fondata nel 1936. Nel 1939 si completò il progetto del grande
Istituto di Arti e Mestieri a Camagüey. Nel 1943 fu benedetta la
prima pietra della chiesa di San Giovanni Bosco a La Víbora,
terminata nel 1947, quando si stabilì presso di essa la casa
ispettoriale. Nel 1943 nacque la presenza di Matanzas, come casa di
noviziato. Nel 1955 ebbe inizio l’opera salesiana ad Arroyo Naranjo
(Habana); la Scuola Tecnica di Santa Clara nel 1956.
Dopo
il trionfo della rivoluzione castrista, nell’anno 1961, furono
nazionalizzate tutte le scuole salesiane; i Confratelli si videro
obbligati ad emigrare o furono costretti a vivere in ambienti
parrocchiali e nelle chiese, in mezzo a grandi difficoltà. In
qualche presenza rimase solo un salesiano; a Camagüey si dovette
lasciare la parrocchia, che fu poi ripresa nel 1988. In questi ultimi
anni la presenza salesiana si è andata consolidando nell’ambito
parrocchiale, con l’arrivo di nuovi Salesiani e – elemento di
grande speranza – col sorgere di vocazioni locali.
Motivo
pure di incoraggiamento per la presenza salesiana a Cuba è che, tra
i grandi Confratelli che vi hanno lavorato, si può annoverare la
figura di D. József Vándor, salesiano originario dell’Ungheria,
missionario straordinario, di cui è in corso la Causa di
beatificazione.
Repubblica
Dominicana
L’arrivo dei
Salesiani a Santo Domingo è legato alla figura di D. Riccardo
Pittini, il quale nel 1933, essendo allora ispettore degli Stati
Uniti, fu inviato da D. Pietro Ricaldone a studiare le possibilità
di fondare una scuola di arti e mestieri in Santo Domingo. In seguito
alla relazione favorevole che presentò al Rettor Maggiore, la
presenza salesiana divenne realtà il 26 agosto 1935. I Salesiani
cominciarono così a prendersi cura dei ragazzi poveri della città.
D. Pittini fu nominato dalla Santa Sede Arcivescovo di Santo Domingo:
in quel tempo la diocesi comprendeva il territorio di tutta la
Repubblica Dominicana.
Come Arcivescovo di Santo Domingo,
Mons. Pittini nel 1938 eresse la parrocchia di S. Giovanni Bosco, da
cui in seguito ebbero origine le case salesiane di “Cristo Rey” e
del “Sagrado Corazón de Jesús” (Villa Juana). Quello stesso
anno i Salesiani accettarono la Colonia Agricola di Moca, che il
governo cedette alla Congregazione; qualche anno più tardi, sempre a
Moca, ricevettero la parrocchia del “Sagrado Corazón de Jesús”,
trasformata in Santuario Nazionale da D. Antonio Flores. Nel 1947 si
aprì l’aspirantato di Jarabacoa. L’oratorio di Maria
Ausiliatrice a Santo Domingo cominciò nel 1944. Nel 1952 Mons.
Pittini creò la nuova parrocchia di “María Auxiliadora”. Il
“Hogar Escuela Domingo Savio” di Santo Domingo si aprì nel
1955.
Nel 1956 il “Colegio de Artes y Oficios” che
funzionava presso il “Don Bosco” si trasferì per costituire
l’attuale “Instituto Técnico Profesional Salesiano” (ITESA), e
al suo posto si organizzò una scuola secondaria. L’opera salesiana
di Mao ebbe inizio nel 1960. Nel 1968 si eresse la comunità
salesiana del “Corazón de Jesús”. Il 1974 segna l’inizio
della comunità salesiana di La Vega e della parrocchia “Domingo
Savio”. Nell’anno 1978 si avvia la presenza salesiana nella città
di Barahona. Nel 1982 lo Studentato Filosofico salesiano, che da
Aibonito (Puerto Rico) era stato trasferito alla Habana (Cuba) e poi
a Villa Mella, fu portato provvisoriamente nella Casa della Calle
Galván. Nel 1984 si eresse il noviziato “Sagrado Corazón de
Jesùs” a Jarabacoa, come pure la Comunità salesiana di “Cristo
Rey”. Nel 1987 si assunse l’Istituto Politecnico di Santiago de
los Caballeros (IPISA).
Negli anni ’90 l’Ispettoria
delle Antille ha dato avvio nella Repubblica Dominicana ad un grande
lavoro a favore dei ragazzi di strada, che si è venuto consolidando
ed estendendo.
Puerto Rico
La presenza dei Salesiani a Puerto Rico fu sollecitata
già nel 1933; ma solo nel 1947 D. Pietro Savani poté assumere la
parrocchia di “San Juan Bosco” a Santurce. Da questo posto
cominciò a curare un Oratorio negli attuali terreni di Cantera, dove
già nel 1949 si iniziò la costruzione di una piccola cappella, che
sarebbe poi divenuta l’attuale parrocchia-Santuario di Maria
Ausiliatrice. Più tardi si aprì il collegio per prendere cura dei
ragazzi della zona con scarse possibilità economiche.
Attualmente
Puerto Rico ha 6 case: Parrocchia e Oratorio - Centro Giovanile di
Aguadilla (1996), la casa di esercizi, l’antico seminario di
Aibonito (1961), la parrocchia “San Francisco de Sales” e
l’Oratorio - Centro Giovanile di Cataño (1968), la parrocchia “San
Juan Bautista” e il Centro Giovanile di Orocovis (1978), la
parrocchia “San Juan Bosco” con Scuola e Opera sociale di
Palmera, San Juan, Calle Lutz (1947), la parrocchia “María
Auxiliadora” con il “Colegio y Oratorio Juvenil San Juan Bosco”
di San Juan, Cantera (1952).
Haiti
La storia della presenza salesiana ad Haiti si confonde,
fin dagli inizi, con una istituzione, la “Ecole Nationale des Arts
et Métiers” a Port-au-Prince, più conosciuta col nome generico di
“Saint Jean Bosco”. Nell’ottobre del 1934 il Presidente
Vincent, che aveva visto l’opera realizzata dai Salesiani nel Paese
vicino, invitò Mons. Pittini, Arcivescovo di Santo Domingo, a
fondare a Port-au-Prince un’opera simile a quella che i Salesiani
dirigevano nella capitale dominicana. L’anno seguente il Rettor
Maggiore mandò a Port-au-Prince un Visitatore Straordinario, D.
Antonio Candela, che insieme a Mons. Pittini ed alle autorità
haitiane stilò gli accordi di base per la nuova fondazione. Il
Rettor Maggiore delegò D. Marie Gimbert, francese di origine
bretone, ex-ispettore di Lyon, affinché impiantasse il carisma
salesiano ad Haiti. Sbarcò nel Paese il 27 maggio 1936, in compagnia
di un coadiutore italiano, il Sig. Adriano Massa. In seguito altri
Confratelli vennero a completare la comunità.
I
laboratori, diretti dai giovani maestri salesiani italiani, dinamici
e competenti, diedero impulso alla scuola fino a risultare la miglior
scuola professionale della Nazione. L’arrivo di rinforzi di
personale, provenienti dal Belgio, aiutò a pensare alla promozione
di vocazioni locali. Il primo salesiano haitiano, D. Serges Lamaute,
professò nel 1946. L’anno seguente il Sig. Hubert Sanon, primo
coadiutore salesiano haitiano, fece la sua prima professione a Cuba.
Nel 1948 un gruppo di cinque giovani fu inviato in Francia per farvi
il noviziato e gli studi di filosofia.
Si dovette
attendere fino al 1951 per vedere i Salesiani aprire un’opera a
Petionville e il 1955 per trovarli a Cap-Haïtien nella “Fondation
Vincent”, con la prima parrocchia dedicata a San Giovanni Bosco in
territorio haitiano.
Dalla sua fondazione, Haiti formò
parte successivamente dell’Ispettoria Salesiana Messico-Antille con
sede a La Habana; più tardi fu parte dell’Ispettoria delle Antille
– insieme a Cuba, Repubblica Dominicana e Puerto Rico – con sede
a Santo Domingo. A partire dal gennaio 1992, Haiti è diventata una
Visitatoria, con sede a Port-au-Prince. Le presenze sono attualmente
10; le case di formazione tre: il prenoviziato, il noviziato e
il postnoviziato.
Grazie alla testimonianza dei pionieri
l’opera salesiana è ben impiantata, con presenze significative in
ambienti molto poveri e bisognosi. Oggi Don Bosco e il suo carisma
appartengono ad Haiti.
Zona
Nordamericana
Comprende le
Ispettorie degli Stati Uniti (SUE-SUO) e il Canada.
Stati
Uniti: Ispettorie di San Francisco e di New Rochelle (SUO – SUE)
-
Stati Uniti Ovest (SUO)
La
prima comunità salesiana si stabilì a San Francisco l’11 marzo
1897, su invito dell’allora Arcivescovo Mons. Patrick W. Riordan,
per seguire gli emigrati italiani e i loro figli, nella parrocchia
dei Santi Pietro e Paolo. I Salesiani erano quattro: D. Raffaele
Piperni, direttore, D. Valentino Cassini, il coadiutore Nicola
Imielinski e un chierico, Giuseppe Oreni. Il piccolo gruppo ebbe
un’accoglienza poco entusiasta, ma grazie alla guida dinamica di D.
Piperni la chiesa dei Santi Pietro e Paolo cominciò la sua lenta
ascesa verso la significatività e la ‘leadership’ nel North
Beach. Dopo il grande terremoto, che il 18 aprile 1906 devastò la
città, si dovette pensare alla ricostruzione della chiesa che di
fatto venne completata nel 1924.
Accanto a questo tempio e
con ugual fama vi è il “Salesian Boys and Girls Club”, fondato
nel 1921. Esso divenne rapidamente un centro per i numerosi ragazzi
del quartiere, attraverso lo sport, la musica ed altre attività
culturali, religiose e sociali. Cinque anni più tardi furono aperte
la scuola parrocchiale ed una ‘High School’. Dopo soli 15 mesi
dal loro arrivo a San Francisco, i Salesiani videro la necessità di
provvedere un’altra parrocchia a favore degli italiani che
lavoravano al sud della città. Nacque così nel 1898 la chiesa del
“Corpus Christi” , sempre al servizio della comunità italiana.
Più tardi si costruirono una scuola ed un centro giovanile.
Nel
1902 i Salesiani presero a loro carico la parrocchia portoghese di
“San José” a Oakland. La fecondità del lavoro fece sì che nel
1915 si sentisse il bisogno di costruire ad Oakland un’altra
chiesa, dedicata a Maria Ausiliatrice.
Nel 1902 venne
costituita l’Ispettoria degli Stati Uniti, con sede a San
Francisco, con D. Michele Borghino come primo ispettore. All’inizio
l’Ispettoria comprendeva solo cinque case: a San Francisco la
parrocchia dei Santi Pietro e Paolo e quella del “Corpus Christi”;
a Oakland la parrocchia di “San José”; a New York la parrocchia
di Maria Ausiliatrice e quella della Trasfigurazione.
Nel
1905 la sede ispettoriale si trasferì a Troy, N.Y.; in seguito, nel
1908 passò a Hawthorne e nel 1916 a New Rochelle. Tale cambio di
sede poté influire sul fatto che non vi furono altre fondazioni
all’Ovest fino al 1921, quando i Salesiani accettarono il collegio
di Watsonville in California. Nel 1923 essi giunsero a Los Angeles,
dove assunsero la cura della chiesa di San Pietro. L’anno seguente
a Los Angeles si avviò una seconda parrocchia, dedicata a Maria
Ausiliatrice. Il 28 maggio del 1926 fu eretta l’Ispettoria di San
Francisco, sotto il patrocinio di S. Andrea Apostolo.
La
presenza a Richmond risale al 1927. I Salesiani vi comprarono una
proprietà che divenne uno studentato per i futuri Salesiani. Nel
1960 i giovani Salesiani si trasferirono a Watsonville e il centro
scolastico fu aperto agli studenti della contea di West Contra
Coast.
L’opera di Bellflower iniziò nel 1938, anno in
cui si costruì la “St. John Bosco High School”. Nel 1954
si costruì la parrocchia S. Domenico Savio, cui si aggiunse una
scuola parrocchiale.
Nel 1952, su richiesta del Card.
James F. McIntyre e con la collaborazione di D. Felice Pena, aprì le
sue porte a Rosemead il “Don Bosco Tech”. Attualmente esso è un
centro di formazione professionale ed un “Junior College” con un
programma di cinque anni che porta al ‘Associate of Science
Degree’.
La casa di formazione “San Giuseppe” a
Rosemead, fondata nel 1958, era dedicata alla formazione dei
Coadiutori. Nel 1989 vi si stabilì il Noviziato . In seguito,
cercando di dare una risposta ai mutati segni dei tempi, la casa
ampliò i suoi servizi per la formazione di animatori giovanili.
Dal
1965, nella zona est di Los Angeles, i Salesiani assunsero la cura
della Chiesa di Santa Maria che, costruita nel 1898, era a servizio
degli emigrati irlandesi che abitavano in quella zona della città.
Attualmente si prende cura di una comunità di emigrati messicani. Vi
sono inoltre altre due opere significative: il “Salesian Boys and
Girls Club” (una estensione della scuola salesiana) e il “Salesian
Family Youth Centre” fondato nel 1998. Nel 1978 inoltre i nostri
Confratelli, su invito del Vescovo Joseph Drury, presero la cura
della parrocchia di San Luigi Re di Laredo.
Di questa
Ispettoria fa parte la “Don Bosco Hall” di Berkeley che da
teologato si è trasformato in centro di formazione permanente dal
1984, con un programma di studi ed esperienze formative nell’area
della Salesianità. I corsi hanno normalmente la durata di un
anno.
Nel quadro dell’impegno missionario promosso dal
Progetto Africa, la Sierra Leone fu affidata alle due Ispettorie
degli Stati Uniti, che hanno una presenza a Lungi (parrocchia “Holy
Cross”) e un centro tecnico agricolo a San Agustín, che
attualmente forma parte della nuova Visitatoria dell’Africa
Occidentale.
- Stati
Uniti Est (SUE)
Mentre a
San Francisco, nel 1897, iniziava l’opera salesiana, all’Est
degli Stati Uniti l’Arcivescovo di New York da tempo stava cercando
di avere i Salesiani nella sua diocesi. Il Card. Joseph McCloskey li
aveva chiesti due volte a Don Bosco, attraverso il suo vescovo
coadiutore Michael Augustine Corrigan. Alla morte del cardinale, nel
1885, Mons. Corrigan fu nominato Arcivescovo di New York e si propose
di far venire delle Congregazioni religiose che si prendessero cura
degli emigranti nella sua diocesi. Si diresse a Don Bosco, ma
occorsero dieci anni dopo la morte del Santo e numerose lettere a Don
Rua, prima che i Salesiani potessero rispondere positivamente al suo
invito a stabilirsi a New York.
Finalmente, il 28 novembre
1898 giunsero D. Ernesto Coppo, D. Marcellino Scagliola, il
coadiutore Faustino Squassoni ed un laico non identificato. La loro
prima casa fu un edificio della 12th
East Street. Gli inizi furono lenti e difficili, ma lungi dallo
scoraggiarsi, quei primi Salesiani continuarono la loro opera di cura
degli emigranti visitando case, curando ammalati e organizzando
missioni.
Attorno al 1920 i Salesiani stavano già
lavorando in altre parrocchie per emigrati italiani: quella di St.
Michael a Paterson (NJ), di Holy Rosary a Port Chester (NY) e di St.
Anthony a Elizabeth (NJ). Il primo lavoro, in questa parte orientale
del Paese, così come all’Ovest, fu a favore degli emigrati
italiani a cui offrirono ogni tipo di attenzioni.
La prima
scuola fu fondata a Troy (NY), nel 1903, ed era destinata a studenti
che potevano avere qualche interesse per il sacerdozio. In seguito i
Salesiani cercarono un altro luogo e lo trovarono a Hawthorne (NY),
dove costruirono un nuovo edificio, più vicino ad altre opere e con
abbondanza di spazio. La scuola ricevette il nome di “Columbus
Institute”. Ebbe un tale successo che dopo poco tempo cominciò il
primo anno di ‘High School’, con l’intenzione di aggiungere un
nuovo corso ogni anno. Nel 1912 il numero di italiani e polacchi
crebbe tanto che la scuola si sdoppiò. Nel 1915 la sezione polacca
fu situata a Ramsey (NJ); inizialmente conosciuta col nome di “Don
Bosco Polish School”, porta ora il titolo di “Don Bosco Prep”.
Dal punto di vista vocazionale, Ramsey è uno dei collegi più
fecondi di tutta la Congregazione, potendo contare tra i suoi alunni
più di 160 vocazioni sacerdotali o religiose.
Una grande
tragedia colpì il “Columbus Institute” la mattina del 11
dicembre 1917, quando il fuoco distrusse l’edificio. Una nuova
scuola fu allora costruita a New Rochelle (NY), su un terreno
comprato nel 1919. Gli studenti di filosofia e teologia non ebbero
una sistemazione finché non arrivò come ispettore D. Riccardo
Pittini, che comprò una proprietà nella contea di Sussex (NJ). Ivi
realizzò il suo sogno di dotare l’Ispettoria di una casa di
formazione. L’edificio fu inaugurato il 12 giugno 1931. Durante
cinquant’anni “Newton”, come era chiamato, costituì il cuore
dell’Ispettoria.
Intanto alcune delle prime parrocchie
si moltiplicarono. A Paterson la parrocchia di St. Michael diede
origine a quella di St. Anthony. Nella contea di Westchester (NY)
Holy Rosary originò la parrocchia di Corpus Christi. Altre
parrocchie furono accettate a Tampa (FL), Mahwah (NJ), Birmingham
(AL) ed una anche nelle Bahamas.
Dopo ripetute richieste
di Mons. Neve, una nuova casa salesiana fu aperta in Florida, a
Tampa, nel 1928: la casa “Maria Ausiliatrice”. Nel frattempo
cominciava una nuova Scuola Media a Goshen (NY) nel 1925.
L’orfanotrofio “Hope Haven”, nell’archidiocesi di New
Orleans, iniziò negli anni ’30. Due centri di formazione
professionale, il “Don Bosco Tech” di Paterson e quello di
Boston, divennero strutture modello per i Salesiani Coadiutori. Un
centro giovanile a East Boston fece conoscere Don Bosco in questa
zona etnica.
Molte case, tra quelle sopraindicate,
continuano a funzionare e intanto l’Ispettoria ha aperto nuove
scuole e centri giovanili: la “Archbishop Shaw High School” a
Marrero (LA), una parrocchia a Harlem (NY), il “Salesian Boys and
Girls Club” a Columbus (Ohio), il Santuario Mariano a West
Haverstraw (NJ).
Nel marzo 1997 un gruppo di Ex-allievi
salesiani del Messico, che vivono a Chicago, si presentarono
all’ispettore chiedendogli di aprire una casa salesiana nel loro
quartiere. Il Rettor Maggiore, D. Juan E. Vecchi, aderì alla
proposta e il 31 gennaio 1998 si assunse la cura pastorale della
parrocchia di San Giovanni Bosco, che era stata costruita e dedicata
a Don Bosco proprio al tempo della sua canonizzazione, nel 1934. Nel
luglio 1998 altre due opere furono affidate all’Ispettoria nella
diocesi di St. Petersburg (FL): la “St. Petersburg Catholic High
School” e la parrocchia del Buon Pastore a Tampa. Per ultimo, nel
2003 si è inaugurata una presenza a Washington.
Canada
I
Salesiani sono entrati nel Canada dagli Stati Uniti: da San Francisco
sulla costa del Pacifico e da New York sulla costa dell’Atlantico.
La fama di Don Bosco aveva preceduto i suoi figli. Dopo la
canonizzazione di Don Bosco, i due principali modelli di santità
sacerdotale proposti ai seminaristi erano il Curato d’Ars e Don
Bosco. Ancora in vita, il Santo educatore di Torino era conosciuto,
soprattutto nel Canada francofono, grazie al Bollettino Salesiano
francese, il cui primo numero risale all’anno 1881. La celebre
biografia di D. A. Auffray contribuì pure grandemente a far
conoscere il Santo al clero francofono. Nel settembre del 1893 vi era
già più di un centinaio di Cooperatori nel Canada. Andando a Roma,
molti Vescovi canadesi passavano da Valdocco chiedendo la presenza
salesiana nelle loro diocesi.
Come negli Stati Uniti, a
motivo dei bisogni spirituali degli emigrati italiani, l’Arcivescovo
di Toronto affidò ai Salesiani la parrocchia di Sant’Agnese
nel 1924. Purtroppo, nonostante che i Salesiani avessero saputo
creare una parrocchia modello per la diocesi, nel 1934 una parte
delle parrocchie dell’Ispettoria di New Rochelle furono consegnate
alle rispettive diocesi, giudicando che esse non corrispondevano allo
spirito del Fondatore. Anche la parrocchia di Sant’Agnese subì
questa sorte, dolorosa tanto per la diocesi come per la piccola
comunità salesiana.
Grazie a questo episodio si può
comprendere come il vero inizio dell’Opera Salesiana in Canada
venga considerata l’apertura dell’Istituto Don Bosco di Jacquet
River (N.B.) nel 1947. Sulla costa occidentale, la prima
fondazione fu la “St. Mary School” a Edmonton, nel 1951. Ad essa
seguì l’assunzione della parrocchia del Sacro Cuore a Vancouver
nel 1953. L’aspirantato fu aperto a Boucheville, vicino a Montreal,
nel 1959, e tre anni dopo fu trasferito a Sherbrooke. Purtroppo
quest’opera fu aperta nel momento in cui cominciava un periodo di
crisi per le vocazioni.
Le due fondazioni sulla costa
dell’Atlantico furono in seguito abbandonate a causa di profondi
cambiamenti nel sistema scolastico. I Salesiani ritornarono a Toronto
nel 1977 e il loro lavoro fu così apprezzato che si chiese loro di
farsi carico anche di una parrocchia. L’obiettivo di queste due
opere nell’Ontario era quello di attrarre vocazioni del settore
anglofono.
L’est del Canada fu una delegazione
dell’Ispettoria di New Rochelle a partire dal 1961 fino all’anno
1988, in cui fu eretta la Visitatoria, sotto il patrocinio di San
Giuseppe. Una dozzina di anni più tardi, l’Ispettoria di San
Francisco consegnò alla Visitatoria anche le opere di Edmonton
e nel 2002 quella di Surrey (B.C.) In questo modo la Visitatoria
canadese si estese “a mari usque ad
mare”. Resta certo che il Canada
salesiano deve molto, per il suo sviluppo, alle ‘Ispettorie madri’
di New York e di San Francisco.
Attualmente la presenza
salesiana nel Canada è, fondamentalmente, parrocchiale. Ma si deve
notare che nelle parrocchie l’attenzione prestata ai giovani è
preferenziale e l’abbandono di certe opere è avvenuto in base a
questo criterio.
2.
LA REALTÀ SOCIOCULTURALE
Come
possiamo renderci conto, nella Regione troviamo due realtà
assai diverse: gli Stati Uniti e il
Canada al Nord, stati fra i più ricchi
del pianeta, che sono riusciti ad avere una significativa
distribuzione della ricchezza tra la popolazione, senza negare la
presenza d’importanti gruppi di poveri, soprattutto negli Stati
Uniti; e i paesi latinoamericani
al Sud, con enormi disuguaglianze socio-economiche.
L'America
Latina è un continente ricco di risorse naturali, ma dove la
maggioranza della popolazione è povera, sì che il 45% della
popolazione totale si trova sotto la soglia della povertà. Le
minoranze indigene (40 milioni, che rappresentano circa l’11% del
totale della popolazione) si sentono escluse dallo sviluppo sociale e
devono lottare per il loro riconoscimento come popoli, la loro
autonomia, la loro cultura, lingua e terre. Gli afroamericani sono
molto più numerosi (100 milioni) degli indigeni, ma, in genere, si
trovano in peggiori condizioni, e anch’essi combattono per la loro
identità e dignità. È appunto questa inumana povertà la ragione
di un continuo flusso migratorio verso gli Stati Uniti e l’Europa,
particolarmente Spagna ed Italia.
Come è stato detto e
ribadito dalle Conferenze Episcopali Latinoamericane (Medellín,
Puebla, Santo Domingo) le cause di questo impoverimento si devono
cercare nella struttura socio-economica che non fa giustizia a tutti
i cittadini, nella corruzione e nel debito estero. A questo si
aggiunge il volto più inumano della globalizzazione, quello che ha
sottratto allo Stato capacità di intervento e ha lasciato che
l’economia prendesse il sopravvento sull’insieme dei fattori che
regolano la vita sociale. Inoltre, l’applicazione dei programmi e
le condizioni imposte dal Fondo Monetario Internazionale hanno
contribuito ad approfondire i meccanismi di esclusione sociale
preesistenti, ad indebolire la legittimità dei governi, ed a rendere
più conflittuali le relazioni con ampi gruppi di popolazione
nella regione.
È vero che c’è una crescita
macroeconomica, ma la ricchezza non
viene distribuita equamente. Anzi, si propizia una concentrazione
della ricchezza in poche mani, a scapito dell’impoverimento della
maggioranza. Gli obiettivi concordati da Presidenti e Primi Ministri
di tutta l’America, a Miami, di ridurre la povertà,
l’analfabetismo e le malattie entro l’anno 2015 sembrano molto
distanti.
Con riferimento alla democrazia,
quasi tutti i paesi latinoamericani hanno governi civili, liberamente
eletti, ma in parecchi paesi della regione c’è insoddisfazione
popolare nei confronti dei governanti, proprio per la lenta crescita
economica, per l’allargamento delle disuguaglianze, ed il
logoramento dei sistemi legali e dei servizi sociali.
La
realtà culturale della Regione Interamerica è molto complessa; ci
sono varie "matrici" culturali: la sassone, con predominio
soprattutto in USA e Canada, la latina (spagnola e francese),
l’indigena e l’africana. Dall’altra parte, i movimenti
migratori hanno provocato una grande interrelazione tra le diverse
culture, creando un vero mosaico culturale più che un “melting
pot” negli Stati Uniti e Canada.
Con una popolazione
altamente giovanile, i giovani formano la fascia più numerosa ed
anche la più esposta, sia per la velocità e profondità dei
cambiamenti culturali, sia per la mancanza di opportunità di
sviluppo di tutto il loro potenziale. Un esempio triste e
preoccupante è rappresentato dal fenomeno sociale delle “pandillas”
(gangs) o bande, sempre più diffuso e minaccioso, come lo stanno a
dimostrare quelle chiamate “Maras” dell’America Centrale. Nel
caso della Colombia un numero non indifferente di giovani (uomini e
donne) è entrato a far parte dei gruppi armati.
Dal
punto di vista religioso, nell’America del Nord la maggioranza è
protestante, mentre al Sud l’America Latina è quasi
completamente cattolica. Negli Stati Uniti più della metà dei
cattolici è di origine ispanica, frutto dell’emigrazione. Nel
continente americano si trova più della metà dei cattolici del
mondo intero. Una seria minaccia per la Chiesa in America è la
rapida crescita delle sette e dei gruppi evangelici ai quali
aderiscono, ogni anno, molti cattolici.
Le quattro
Conferenze Generali dell’Episcopato di America Latina e dei Caraibi
ed il Sinodo dei Vescovi di tutto il continente americano sono stati
un importante punto di riferimento per la vita e la missione della
Chiesa, in modo particolare per l’opzione preferenziale per i
poveri e per i giovani. Per il mese di maggio 2007 si è già
annunciata e convocata la V Assemblea del CELAM, che avrà luogo in
Brasile.
3.
LA PRESENZA SALESIANA
La
Regione Interamerica, nata nel 1996 dalla riorganizzazione
delle Regioni fatta dal CG24, ha voluto rispondere allo spirito
dell’Esortazione Apostolica Ecclesia
in America, che chiedeva di vedere il
continente americano come un tutto, con le sue differenze ma, nello
stesso tempo, con le sue inter-relazioni.
Nella Regione ci
sono 12 Ispettorie e 2 Visitatorie, in 18 paesi. Mentre due
Ispettorie sono plurinazionali (ANT e CAM), altre sei Ispettorie sono
in tre nazioni (Colombia, Messico e Stati Uniti). Secondo le
statistiche del 2005, i Salesiani sono 2.174, dei quali: Preti,
1.496; Coadiutori Perpetui, 229; Chierici Perpetui, 102; Chierici
Temporanei, 294; Coadiutori Temporanei, 52. I novizi sono 79. In
formazione iniziale si trovano 525 Confratelli, includendo i novizi.
A fine 2005 ci sono 106 prenovizi. L’età media nella Regione è di
circa 51 anni.
3.1
La vita delle comunità
Dopo
il CG25 c’è stata nelle Ispettorie della Regione una crescente ed
effettiva preoccupazione per rinvigorire la vita delle Comunità. Le
presenze salesiane sono, nell’insieme, robuste e sane, con uno
spirito fraterno, che si esprime nel Progetto di Vita Comunitaria. È
pure cresciuto il senso di appartenenza delle comunità locali all’
Ispettoria e delle stesse Ispettorie alla Congregazione.
Nonostante
questa realtà incoraggiante, non mancano le sfide:
q
Lo squilibrio tra le risorse e le opere, che comporta il pericolo
dell’attivismo che, spesso, porta alla superficialità, allo
svuotamento spirituale, all’individualismo, all’affievolimento
delle comunità, alla mancanza di qualità educativa pastorale,
facendo prevalere ciò che è urgente su ciò che è maggiormente
importante.
q Si nota
talvolta, qua e là, un indebolimento della testimonianza evangelica
della Comunità Religiosa, i cui segni sono la tendenza
all’imborghesimento e una certa atonia spirituale, che contrastano
con lo stile e il livello di vita della popolazione e con la tipica
esperienza religiosa delle fasce popolari.
q
Si avverte anche la mancanza di una comunicazione interpersonale più
profonda, che favorisca la crescita nella vita spirituale dei
Confratelli e la correzione fraterna; ciò incide negativamente sulla
perseveranza delle vocazioni.
q
La difficoltà di trovare Direttori di Comunità che siano animatori
della vita spirituale e pastorale della comunità religiosa e della
CEP. Diventa endemico il caso di Direttore-Economo, con conseguenze
negative per una saggia animazione.
3.2
La Formazione
Nelle
Ispettorie c’è vera preoccupazione per la formazione iniziale.
Ogni Ispettoria – ad eccezione di CAN – ha un numero di prenovizi
che varia tra 1 e 24. Alcune Ispettorie hanno il prenoviziato della
durata di due anni, anche se resta chiaro che il prenoviziato come
tale è la tappa di preparazione immediata per fare la prima
esperienza di vita salesiana.
I noviziati sono 11 (8
ispettoriali e 3 interispettoriali), con un minimo di 2 novizi e un
massimo di 12 per noviziato.
Ci sono 12 postnoviziati, di
durata triennale, dei quali solo il postnoviziato di Orange (SUE) è
interispettoriale, essendoci una collaborazione tra le due Ispettorie
degli Stati Uniti e la Visitatoria del Canada. Dei 12 postnoviziati,
9 hanno un centro salesiano di studi proprio, gli altri inviano i
postnovizi in Università non salesiane. I postnovizi coadiutori
normalmente svolgono lo stesso curricolo di studi filosofici e
pedagogici dei Salesiani chierici.
Come accade in altre
Regioni, anche nella “Interamerica” il tirocinio non è sempre
capito e realizzato come una vera fase formativa. Questo si traduce
nella poca attenzione al cammino formativo del giovane confratello e
nella scelta non sempre mirata delle comunità che possano
offrire un buon accompagnamento spirituale e pastorale.
Riguardo
alla formazione specifica dei Salesiani che s’incamminano al
presbiterato, nella Regione ci sono adesso due centri salesiani di
studio, uno in Centro America e uno a Guadalajara (MEG), tutti e due
affiliati all’UPS. Nella Zona Andina si sta facendo un processo di
riflessione a riguardo della formazione in questa fase, per cercare
una maggiore collaborazione interispettoriale, al fine di garantire
una maggiore identità e qualità. A Caracas gli studenti frequentano
un centro intercongregazionale di studio (ITER), aggregato all’UPS
e con una forte presenza di professori salesiani. In altre
Ispettorie, infine, i Confratelli frequentano centri di studio non
salesiani. Tutti questi centri di studio concludono il primo ciclo
con il baccalaureato riconosciuto ecclesialmente.
Riguardo
alla formazione specifica del Salesiano
Coadiutore, l’esperienza del Centro
Regionale per il Salesiano Coadiutore (CRESCO) di San Salvador,
portata avanti con frutto in questi anni, non sembra attualmente
essere sufficiente per soddisfare le urgenze della formazione
specifica dei coadiutori. Per questo è già iniziata una riflessione
da parte della Commissione Regionale di Formazione e degli stessi
Ispettori per trovare una soluzione unica, considerati il numero
ridotto di giovani coadiutori e le vicinanze culturali e linguistiche
del continente americano.
È cresciuta nelle Ispettorie la
preoccupazione per offrire una formazione permanente più
sistematica. In alcune Ispettorie si sono istituzionalizzati i corsi
periodici per i Confratelli, tenendo conto delle diverse fasce di
età. Insieme con questo cresce la cura degli Esercizi Spirituali
annuali come un momento forte della vita spirituale per ogni
Confratello (Cost. 91). Già dal sessennio scorso le Ispettorie hanno
elaborato un “Piano di qualificazione dei Confratelli”, che è
stato attuato parzialmente per le difficoltà di trovare personale
per le opere.
Nella Regione si trovano due Centri di
Formazione Permanente: l’ “Institute of Salesian Studies” (ISS)
di Berkeley (SUO) ed il “Centro Salesiano Regional de Formación
Permanente” con sede a Quito (ECU). Il primo si trova sotto la
responsabilità della Ispettoria di San Francisco ed è aperto ai
Confratelli di lingua inglese di qualsiasi Regione; l’altro dipende
dalle Ispettorie della Regione per quanto riguarda il personale e i
mezzi economici.
Tra i problemi che si trovano nell’ambito
della formazione si possono indicare i seguenti:
–
Da una parte la scarsità di vocazioni, in contrasto con il
grande numero di giovani in questi Paesi e l’humus religioso
presente nell’ambiente sociale, e, dall’altra, la fragilità
vocazionale, che si rende palese nel fatto che in alcune Ispettorie
il numero dei Confratelli usciti ha superato il numero dei
Confratelli entrati.
– A questo si aggiunge la
già citata sproporzione tra opere e Salesiani, che porta sovente a
ridurre al minimo le équipes formative o all’accorpamento di fasi
formative, o alla insufficiente qualificazione dei Confratelli. Tutto
questo rende più urgente il bisogno di una maggiore collaborazione e
di una comune ricerca di soluzioni. In modo particolare, i centri di
studio (specialmente per la formazione teologica) richiedono grande
qualità accademica e hanno bisogno di un forte investimento di
personale qualificato. Un altro elemento che merita forte attenzione
da parte di tutti è la formazione alla Salesianità, che è
piuttosto debole.
3.3
La Pastorale Giovanile
Nella
Regione i Confratelli, messi alla prova da ingenti problemi di tipo
sociale, culturale e religioso, spiccano per un grande dinamismo
pastorale. La presenza salesiana diventa sovente sostitutiva dello
Stato, lì dove questo non riesce a garantire il benessere sociale
(abitazione, impiego, educazione, salute). In altri casi, invece, lo
Stato favorisce la missione salesiana attraverso dei sussidi per la
scuola, i centri d’avviamento al lavoro, l’attenzione ai ragazzi
in condizioni di rischio.
Dopo il CG23 c’è stato un
grande sforzo per l’elaborazione del Progetto Educativo-Pastorale,
che quando viene assunto diventa una vera guida per la realizzazione
della missione. Capita spesso però che il PEPS non ha un’incidenza
reale, sia per la mancanza d’itinerari formativi, sia perché è
dimenticato nella pratica o non è stato aggiornato.
In
questi ultimi anni è cresciuta, nella mentalità e nella pratica, la
“prospettiva di attenzione della marginalità”
[3] , che implica tre
aspetti: l’attenzione preferenziale ai giovani in situazione di
rischio, l’apertura di tutte le opere verso le situazioni di
difficoltà e marginalità giovanile, la formazione alla sensibilità
sociale ed all’impegno per trasformare le situazioni di
ingiustizia. Ciononostante, è necessario intensificare questo sforzo
incrementando le strutture ad hoc per gli emarginati, aprendo di più
le nostre opere affinché riescano ad avere una vera incidenza sul
territorio, formando ad una vera cittadinanza attiva, impegnata nella
costruzione di una società più giusta e fraterna.
Dopo
il CG24 si è incominciato a costruire nelle opere la Comunità
Educativo-Pastorale (CEP) ed il suo Consiglio, chiamato ad essere un
vero nucleo animatore con attiva partecipazione dei laici, anche se
in alcuni casi lo si riduce a un’équipe di lavoro. Da anni la
Regione ha visto una crescita in certi processi pastorali mediante il
coordinamento regionale delle scuole, del settore emarginazione e dei
Delegati per la Pastorale Giovanile.
Le
opere salesiane
– Le
scuole
La presenza dei Salesiani nelle scuole occupa il
primo posto nel quadro delle opere nella Regione. Ci sono 172
istituzioni scolastiche (prescolare, elementare, basica e secondaria)
con più di 200.000 allievi/e. I Centri di Formazione Professionale e
le scuole agricole sono 56, con 25.000 allievi/e circa.
Le
scuole operano con un coordinamento zonale e regionale, per portare
avanti gli orientamenti presi nell’incontro sulla Scuola in America
realizzato a Cumbayá (Quito, Ecuador) nell’anno 2001, cercando un
vero rinnovamento della nostra proposta educativo-pastorale.
La
situazione della scuola, in relazione al rapporto e alle convenzioni
con i singoli Stati, è molto diversificata. In alcuni paesi lo Stato
contribuisce al finanziamento delle scuole; in altri addirittura
affida scuole di sua proprietà all’amministrazione educativa
salesiana. In questi due casi è più facile garantire l’attenzione
ai destinatari appartenenti ai ceti popolari. Una novità che si è
accentuata in questi ultimi anni è la presenza delle ragazze nelle
nostre scuole, il che propone un’ulteriore sfida, quella della
coeducazione.
– Le parrocchie
Senza
includere le presenze missionarie, le parrocchie salesiane nella
Regione sono 168 con circa 3 milioni di fedeli. In qualche Ispettoria
questo è il settore con il maggior numero di opere. In genere, il
lavoro parrocchiale è accompagnato dall’Oratorio-Centro Giovanile,
dalla scuola, dal centro di avviamento al lavoro, da un centro di
promozione sociale, da servizi per l’assistenza sociale
(dispensario medico), o dall’attenzione ai giovani in situazione di
rischio. Questo vuol dire che, in pratica, non ci sono parrocchie a
sé stanti.
La quasi totalità delle parrocchie si trova
in mezzo a quartieri popolari. Sono parecchie le parrocchie che hanno
assunto un metodo pastorale orientato ad assicurare una
evangelizzazione più salda ed efficace, ad esempio, il “Proyecto
de Renovación Diocesana y Evangelización” (PRDE), conosciuto
originariamente come “Nuova Immagine di Parrocchia” (NIP), o il
Sistema Integrale di Nuova Evangelizzazione (SINE). Tuttavia ritengo
che l’identità salesiana della parrocchia sia un elemento che va
irrobustito.
– Gli Oratori ed i Centri Giovanili.
Gli
Oratori e Centri Giovanili, specie quelli quotidiani, cercano di
offrire, oltre la catechesi e le attività culturali e sportive, una
risposta integrale ai bisogni dei giovani, abilitandoli per il lavoro
e l’inserimento sociale. Un rilievo particolare meritano gli
Oratori fondati lungo la frontiera del Messico con gli Stati
Uniti.
Entro quest’area pastorale si possono anche
annoverare le attività d’estate (Summer Camps) negli Stati Uniti e
nel Canada, che, con diverse modalità, offrono la possibilità di
occupare il tempo libero in modo costruttivo; inoltre sono
un’opportunità perché i giovani che portano avanti processi
formativi abbiano spazi di impegno educativo-pastorale a favore di
altri giovani.
– L’avviamento al lavoro
Qui
non si fa riferimento alle scuole tecniche, ma ai centri di
formazione al lavoro, come i “Centri d’Educazione Occupazionale”,
nel Perù; i “Centri di Abilitazione”, in Colombia; il centro
“Giovanni Bosco Operaio”, sito in uno dei quartieri più popolati
di Bogotá, che accoglie 4.000 ragazzi e ragazze circa, grazie ad un
accordo con il governo; i “Centri di Abilitazione al Lavoro”, in
Venezuela, che formano una rete che comprende più di 60 istituzioni,
delle quali tuttavia solo alcune sono dell’ Ispettoria.
In
alcuni casi l’abilitazione al lavoro è unita alla produzione e
commercializzazione, come nel “Poligono Industriale”, in San
Salvador, dove si trova un gruppo di microimprese che nel contempo
producono e avviano al lavoro. In Ecuador si è sviluppata molto bene
una rete di cooperative di produzione nelle zone rurali.
–
L’attenzione ai giovani in situazioni di rischio
L’attenzione
ai giovani in situazioni di rischio, che è uno dei fiori
all’occhiello della Regione, è cresciuta in tutte le Ispettorie,
ispirata all’opera di don Javier De Nicolò, creatore del complesso
“Bosconia”. Su questa stessa linea sono sorte nuove inziative:
l’“Hogar Don Bosco” a Santa Cruz (Bolivia), le “Casitas Don
Bosco” in Perú, il progetto “Chicos de la Calle” in Ecuador,
la “Ciudad Don Bosco” a Medellín (Colombia), le “Casas Don
Bosco” in Venezuela, il “Proyecto Inspectorial Muchachos y
Muchachas con Don Bosco” nella Repubblica Dominicana, la “Ciudad
de los Niños” di Santa Ana, in El Salvador, l’“Hogar Nazaret”
di Città del Messico e la “Ciudad del Niño” di León (MEG).
A
Port-au-Prince, in Haiti, la rete di scuole fondate dal missionario
salesiano olandese P. Laurent Bohnen continua a fornire un pasto
quotidiano a più di 20.000 bambini e bambine. Nella Repubblica
Dominicana si cerca di responsabilizzare i genitori, abilitando le
madri di famiglia e offendo loro i mezzi necessari perché possano
accedere a un posto di lavoro, evitando così che i loro figli
lavorino nelle strade.
Un lavoro di avanguardia, degno di
encomio, è quello che portano avanti le due Ispettorie della
Colombia ad Armenia, Cali e Bogotá con i giovani (uomini e donne)
che si svincolano dalla lotta armata e ai quali viene offerta
l’opportunità di recuperare il vero senso della vita attraverso
l’abilitazione ad un lavoro onesto.
– Opere di
Promozione Sociale
Anche se evidentemente ogni presenza
salesiana a favore dei ragazzi e delle ragazze in situazione di
rischio psico-sociale è promozione umana e sociale, ci sono certe
opere che lo sono in modo speciale, giacché in esse si lavora con
ragazzi, giovani ed anche adulti bisognosi di recuperare la coscienza
della loro dignità, possibilità e responsabilità. Essi vengono
incoraggiati, in alcune delle nostre opere, a sviluppare esperienze
lavorative comunitarie e ad organizzarsi per cercare di trovare
insieme soluzioni alle loro necessità. Condividono la produzione e
commercializzazione dei prodotti. Il tutto in una partecipazione
degli stessi spazi sociali e con un cammino in cui il singolo si
sente inserito in un contesto comunitario. Alcune di queste
iniziative sociali, inoltre, lavorano in rete con organismi europei
che favoriscono il commercio eco-solidale.
Sono parecchie
le Ispettorie che contano opere di questo tipo. Vorrei accennare
soprattutto a quelle di Bolivia ed Ecuador. Ugualmente degno di
menzione è il lavoro negli ambienti missionari di Valle Sagrado, nel
Perù, delle Missioni Amazzoniche e Andine, delle missioni dell’Alto
Orinoco, nel Venezuela, delle missioni del Alto Verapaz, in
Guatemala, della Prelatura dei Mixes e Chinantecos, in Messico, e
della presenza tra gli afro-ecuatoriani a Esmeraldas (ECU) ed a
Condoto (COM).
– Cura dei migranti
La cura
degli emigrati è stata uno dei tratti originali dei Salesiani negli
Stati Uniti, in tutte e due le Ispettorie, e nel Canada, sia agli
inizi della presenza salesiana, quando diedero avvio ad un lavoro a
favore degli emigrati italiani, sia in seguito attraverso le
parrocchie per gruppi etnici: cinesi, filippini, sloveni, croati,
ungheresi, vietnamiti, coreani. Tanto la Ispettoria di New Rochelle
come quella di San Francisco hanno parrocchie per fedeli cristiani di
origine spagnola, lusitana, latinoamericana, particolarmente
messicana.
Questa sfida però non è esclusiva del
Nordamerica, dato che la migrazione è un fenomeno inarrestabile che
fa sì che ci siano migliaia di Haitiani nella Repubblica Dominicana,
di Dominicani in Puerto Rico, di Cubani negli Stati Uniti. Penso che
le Ispettorie dell’America Latina devono trovare cammini per venire
incontro agli immigranti di questa area negli Stati Uniti, nel Canada
e ora anche in Europa.
– Le Università
L’università
costituisce una nuova frontiera della missione salesiana. Il Rettor
Maggiore ed il suo Consiglio, per l’insieme delle presenze
universitarie (IUS), ha delineato il profilo dell’identità
salesiana delle nostre università e il progetto istituzionale che
esse devono sviluppare per garantire la fedeltà al carisma.
Diverse
Ispettorie della Regione contano presenze di questo tipo. Ricordo qui
la “Universidad Don Bosco” di El Salvador e la “Universidad
Mesoamericana” in Guatemala, entrambe nel Centroamerica; la
“Universidad Salesiana” in Messico; la “Universidad Politécnica
Salesiana” in Ecuador; la “Universidad Salesiana” in Bolivia.
Altre Ispettorie hanno istituti di studi superiori di livello
universitario: l’“Istituto Universitario Salesiano Padre Ojeda”
in Venezuela; il “Politecnico Salesiano” a Lima, nel Perù. Altre
infine stando riflettendo sulla convenienza o meno di iniziare centri
universitari. Qui la sfida è, da un lato, la qualità della nostra
proposta culturale e, dall’altro, la presenza di Salesiani capaci
di lavorare a questo livello, sì da garantire la pastorale
universitaria e l’identità salesiana delle Università. Il
coordinamento, per incarico del Rettor Maggiore, viene portato avanti
da don Carlos Garulo, il quale cerca di consolidare quanto già è
stato fatto e di promuovere e applicare la politica della
Congregazione sulle IUS.
Processi
pastorali
L’Associazionismo
Giovanile. Il Movimento Giovanile Salesiano.
In tutte le
Ispettorie c’è un grande sviluppo dell’Associazionismo
Giovanile, anche se si deve aggiungere che non tutte sviluppano un
serio programma con itinerari educativi pastorali. Purtroppo sovente
l’eccessivo avvicendamento dei Salesiani responsabili provoca degli
alti e bassi che intaccano la qualità della proposta in questo
settore.
Poco a poco è cresciuta e si sta consolidando
l’idea di collegare tutti i gruppi attorno al Movimento Giovanile
Salesiano. Sono parecchie le Ispettorie che hanno un coordinamento
ispettoriale e addirittura nazionale, insieme alle FMA, che
organizzano momenti di incontro, congressi ed attività per
pianificare e verificare il cammino del MGS. Alcune Ispettorie sono
riuscite ad elaborare una proposta per la formazione degli animatori
giovanili.
Pastorale vocazionale. Volontariato.
Nei
paesi dell’ America del Nord la pastorale vocazionale trova delle
notevoli difficoltà a causa dell’ambiente spesso connotato da uno
stile di consumismo, edonismo ed anche a motivo degli scandali
legati a casi di abuso di minori denunciati contro membri della
Chiesa Cattolica. Nei paesi dell’ America Latina la
situazione è notevolmente differente. Un humus religioso ancora
ricco, la presenza di un substrato cattolico abbastanza consolidato,
unitamente alle grandi sfide sul versante sociale, fanno sì che la
proposta vocazionale trovi ancora grande accoglienza. Si deve
tuttavia registrare che spesso nei candidati di questi paesi la base
umana e cristiana non è tale da costruire solide personalità
religiose.
Tuttavia in tutte le Ispettorie c’è la
preoccupazione per la Pastorale Vocazionale, che viene condotta in
diversi modi. In alcuni casi si è organizzata una vera équipe di
animazione, talora formata da diversi membri della Famiglia
Salesiana, che cerca di spingere le Comunità ad elaborare un piano
vocazionale ed a sviluppare un cammino propositivo per i giovani .
Penso che in questa fase vengano perdute molte vocazioni per la
mancanza di un vero processo di maturazione della fede e di
accompagnamento, che aiuti i giovani ad assumere opzioni di vita
attorno a Gesù e al Regno di Dio.
Il volontariato,
presente con intensità e qualità diversa in tutte le Ispettorie, ha
un triplice volto: quello di volontariato sociale, che è certamente
il più diffuso, quello di volontariato missionario e quello di
volontariato vocazionale. La cosa più bella ed interessante è che
alcune Ispettorie sono riuscite a dare sistematicità al processo di
volontariato, dalla preparazione all’accompagnamento e al
dopo.
La formazione dei laici.
In linea con gli
orientamenti del CG23 e del CG24, i laici, che stanno assumendo
sempre più responsabilità importanti nella gestione delle opere,
ricevono una formazione, che per essere più efficace dovrebbe essere
più graduale e sistematica. In questa prospettiva, anche se si
ribadisce l’opzione che la formazione dei laici delle nostre opere
venga fatta a livello locale e ispettoriale, ritengo molto prezioso
il servizio che stanno prestando alcuni specifici centri di
formazione.
3.4
La Famiglia Salesiana
La
Famiglia Salesiana è ben sviluppata nella Regione, dove possiamo
trovare 12 rami: Salesiani (SDB), Figlie di Maria Ausiliatrice (FMA),
Cooperatori Salesiani, Figlie dei Sacri Cuori di Gesù e Maria,
Figlie del Divino Salvatore, Suore della Resurrezione, Suore della
Carità di Miyazaki, Volontarie di Don Bosco, Volontari Con Don
Bosco, Ex-Allievi/e, Associazione di Maria Ausiliatrice, Asociación
de Las Damas Salesianas (ADS).
Anzi, quattro di questi
rami sono nati nella Regione, ad incominciare da quello dell’Istituto
delle Figlie dei Sacri Cuore di Gesù e Maria, fondate dal Beato Don
Luigi Variara ad Agua de Dios (Colombia); le Figlie del Divino
Salvatore, fondate da Mons. Pedro Arnoldo Aparicio a San Vicente (El
Salvador); la Asociación de Las Damas Salesianas, fondate da Don
Miguel González a Caracas (Venezuela); le Suore della Resurrezione,
fondate dal missionario indiano don Giorgio Puthenpura a San Pedro
Carchá (Guatemala). E ancora il gruppo dei Volontari Con Don Bosco
(CDB) che ha avuto il suo riconoscimento ecclesiale da parte
dell’Arcivescovo di Caracas (Venezuela).
Nella
maggioranza delle Ispettorie si è istituita e funziona bene la
Consulta della Famiglia Salesiana, che molto ha giovato a far
crescere nel senso di unità, nella coscienza di famiglia spirituale
apostolica di Don Bosco, nella collaborazione per lavorare insieme
sul territorio, anche se c’è ancora molta strada da percorrere
In
questo settore le due sfide più grandi sono da una parte la cura e
promozione dell’Associazione degli Ex-Allievi Salesiani e,
dall’altra, la consapevolezza tra noi Salesiani della nostra
responsabilità di animare la Famiglia Salesiana (Cost. 5).
3.5
La Comunicazione Sociale
L’area
della Comunicazione Sociale trova in questa Regione una delle sue
migliori realizzazioni, soprattutto quando si prende in conto
l’insieme dei campi di questo settore. Abbondano le imprese di
produzione: ci sono 10 scuole di tipografia, 9 tipografie, 5 editrici
scolastiche, 3 editrici catechistiche, 4 editrici generali, 10
librerie, 4 centri audiovisivi, 2 centri di produzione di programmi,
12 emittenti radio, 6 canali di televisione, 4 riviste e 3 centri
progetti web. L’Editrice “Apostolato Biblico Cattolico” di
Bogotá diffonde i suoi libri dal Santuario del Bambino Gesù con una
produzione che per qualche titolo arriva ad alcuni milioni di
esemplari.
A favore di una particolare incidenza nel mondo
culturale hanno speciale rilievo le editrici di testi scolastici di
Venezuela, Ecuador e Bolivia. L’ editrice “Abya-Yala”, in
Ecuador, gode del riconoscimento mondiale per le sue pubblicazioni
sulla cultura e realtà sociali. Le due Ispettorie del Messico hanno
costituito una società insieme a EDEBE di Barcelona (Spagna) per la
pubblicazione di testi scolastici.
Il Bollettino Salesiano
si pubblica regolarmente in tutte le Ispettorie, tranne che nella
Visitatoria di Haiti. Le edizioni, eccetto quella del Messico che è
mensile, sono bimensili o trimestrali. L’Ispettoria di New Rochelle
edita il Bollettino Salesiano in inglese e in spagnolo. Nell’insieme
della Regione la tiratura supera le 700.000 copie: 204.000 nel
Messico, 128.000 nell’Ispettoria Stati Uniti Ovest, 100.000 negli
Stati Uniti Est, 76.440 nell’Ispettoria del Centramerica e 63.000
in quella del Canada.
Anche se nella Regione ci sono
parecchie facoltà di Comunicazione Sociale, e anche se c’è una
preoccupazione per la formazione dei Salesiani per essere
comunicatori, tuttavia si potrebbe fare molto di più.
3.6
Le Missioni e l’animazione missionaria
La
presenza missionaria della Regione Interamerica è assai
significativa, sia per la quantità di Ispettorie coinvolte, sia per
la qualità del lavoro fatto in alcune zone. Particolarmente
significativo è quanto si realizza tra gli indigeni a Kami, in
Bolivia; a Valle Sagrado e San Lorenzo, nel Perú; nelle Missioni
Andine e nel Vicariato di Méndez, che è il più antico della
Congregazione, in Ecuador; nel Vicariato di Puerto Ayacucho, in
Venezuela; nel Alto Verapaz, in Guatemala; e nella Prelatura
Mixepolitana, in Messico. Da mettere in rilievo anche l’apostolato
tra gli afroamericani: a Condoto ed a Buenaventura nell’Ispettoria
di Colombia-Medellín, a Esmeraldas nell’Ecuador e in una
parrocchia della Ispettoria di New Rochelle a Washington.
Nelle
missioni si è fatto un grande sforzo di inculturazione del Vangelo,
di sviluppo di processi di evangelizzazione, di catechesi e di
formazione degli animatori per l’impianto della Chiesa. Speciale
menzione merita il lavoro fatto tra gli Shuar (ECU), gli Achuar (ECU
e PER), tra gli Yanomami (VEN), tra i Mayas (CAM), tra i Mixes e i
Chinantecos (MEM).
La presenza dei Salesiani missionari è
stata decisiva per la sopravvivenza e lo sviluppo dei popoli
indigeni. Nei territori di missione la presenza salesiana è stata
l’unica istituzione che, per parecchi anni, ha portato avanti
un progetto di evangelizzazione dal punto di vista ecclesiale e
programmi di educazione e promozione dal punto di vista sociale. La
presenza dei Salesiani, inoltre, ha garantito il rispetto dei diritti
fondamentali di questi popoli, tra gli altri quello del possesso
della terra.
Insieme al lavoro tipicamente missionario ci
sono stati e ci sono ancora missionari studiosi della cultura
indigena dei popoli, della loro lingua e cosmo-visione. Sono numerose
le pubblicazioni al riguardo. In questo campo l’ editrice
“Abya-Yala” si trova all’avanguardia.
Com’è
naturale, non mancano problemi, dovuti soprattutto alla stanchezza
dei missionari, spesso sottoposti ad un duro regime di vita, alla
loro età avanzata e alla mancanza di ricambio. È urgente crescere
nella coscienza che tutta l’Ispettoria è chiamata ad essere e
sentirsi missionaria.
Le Ispettorie della Regione
Interamerica, come tutte le Ispettorie dell’Europa ed alcune
dell’Asia, sono state coinvolte nel Progetto Africa: le Ispettorie
degli Stati Uniti in Sierra Leone e le Ispettorie latinoamericane in
Guinea-Conakry. La prima è passata ora a far parte della nuova
Visitatoria di Africa West e la seconda di quella di Africa
Occidentale.
Nella Regione ci sono inoltre due Procure
che compiono un’importante opera di appoggio ai progetti missionari
e di sviluppo. Sono quella di Sherbrooke, nel Canada, e quella di New
Rochelle, negli USA, molto più conosciuta, anche per essere
stata la prima delle Procure Missionarie Salesiane. A Quito,
Ecuador, c’è una Procura vocazionale (Fondo Vocazionale)
iniziata da P. John Porter, che aiuta tutte le Ispettorie della
America Latina, comprese quelle della Regione America Cono
Sud.
4.
SFIDE E PROSPETTIVE DI FUTURO
Alla
fine della presentazione di questa Regione vorrei individuare quelle
che ritengo essere le principali sfide che essa deve affrontare e
quindi le prospettive di futuro. Prendo spunto e ispirazione della
citazione del profeta Isaia che ha ispirato il titolo di questa mia
lettera: «Voi che cercate il Signore
guardate alla roccia da cui siete stati tagliati, alla cava da cui
siete stati estratti» (Is
51,1). È questo un richiamo a tornare
alle origini, all’identità carismatica, alla fedeltà vocazionale,
alla spinta apostolica con la passione del “Da
mihi animas” di Don Bosco e dei
fondatori della presenza salesiana in questa zona del mondo.
Innanzitutto, la Regione è chiamata ad irrobustire
l’identità salesiana di consacrati
apostoli degli stessi Confratelli e
delle comunità, affinché possano testimoniare la loro sequela
radicale di Cristo e realizzare la missione con ardore
apostolico.
Giovanni Paolo II aveva incominciato a parlare
dell’urgenza, per tutta la Chiesa, di una nuova
evangelizzazione. Questo è un compito
urgente che, unito a quello dell’educazione
alla fede, dovrà far sì che i valori
del Vangelo siano assimilati e assunti personalmente e si passi da
una bontà naturale a scelte di fede veramente coscienti ed
interiorizzate. Un impegno che porti a promuovere il processo di
trasformazione dell’America Latina (cf. Documenti
di Medellín e di Puebla), a lavorare
per la promozione umana ed a contribuire alla costruzione di una
cultura alternativa centrata nelle persone e non nelle cose (Santo
Domingo), affinché i nostri popoli
possano trovare in Gesù Cristo il cammino per la conversione, la
comunione e la solidarietà (Ecclesia in
America).
Tutto questo ha
molto a che vedere con la formazione dei
Salesiani, che deve aiutare i
Confratelli a purificare ed approfondire motivazioni, ad assumere
personalmente i valori, a fare consapevolmente delle scelte e,
dunque, ad organizzare la vita attorno agli impegni della vita
religiosa salesiana assunta. Essa deve fornire loro robustezza
teologica e culturale. È necessario perciò trovare soluzioni
interispettoriali per le comunità formatrici e per i centri di
studio salesiani. Non sembra che le singole Ispettorie abbiano la
capacità né le risorse per essere all’altezza della loro
responsabilità in questo campo. La formazione specifica e la
specializzazione dei Salesiani coadiutori sono pure realtà da
approfondire.
Per affrontare queste sfide io propongo ai
Confratelli della Regione, ma anche a tutta la Congregazione, i
seguenti orientamenti:
4.1
Testimoniare il primato di Dio tra i giovani nel mondo d’oggi
La
complessità del tempo presente richiede il ritorno continuo
all’origine della nostra vita apostolica: Dio. Ciò comporta la
riscoperta della propria vocazione come progetto di vita centrato in
Cristo e la passione per la missione per “essere segni e portatori
dell’amore di Dio ai giovani, specialmente i più poveri” (Cost.
2).
Al fine di mantenere questo “alto grado di vita
cristiana ordinaria” abbiamo bisogno di “programmare la nostra
santità” (E. Viganò),
tanto a livello personale come comunitario. Perciò risulta
indispensabile curare:
q
La vita spirituale della comunità:
il primato assoluto di Dio deve esprimersi in una profonda esperienza
di fede condivisa e vissuta nel quotidiano.
q
La funzione animatrice del Direttore,
la cui prima responsabilità è appunto quella di promuovere la
crescita vocazionale dei Confratelli, incoraggiare la fedeltà della
Comunità Religiosa e animare la Comunità Educativo Pastorale (cf.
Cost.
55).
4.2
Rigenerare Don Bosco e la sua passione del “Da mihi animas”
È
molto importante, per ciascuna delle opere, elaborare ed
applicare il proprio progetto, nel quale vengano definite e chiarite
quelle priorità strategiche di evangelizzazione e di educazione alla
fede che meglio rispondano alle urgenze della situazione giovanile
nella Regione, e le misure pratiche per renderle poi effettivamente
operative. Ciò presuppone lo studio e la pratica delle Costituzioni
e la realizzazione della missione con gioia, convinzione ed
efficacia.
Il criterio che può correttamente guidare tale
discernimento sarà la riscoperta di Don Bosco, uomo mistico e
profetico, e l’assunzione vitale delle sue grandi convinzioni: 1)
l’importanza della cura della gioventù povera ed abbandonata; 2)
il valore dell’educazione come mediazione che può effettivamente
trasformare la società; 3) la necessità di coinvolgere il maggior
numero di persone nel progetto di salvezza dei
giovani.
4.3
Risignificare le nostre presenze nella Regione, sospinti dalla
opzione per i nostri destinatari preferenziali
[4]
L’opzione
per la gioventù povera, abbandonata e in situazione di rischio
psico-sociale è stata una preoccupazione di Don Bosco e della sua
famiglia spirituale apostolica fino ad oggi. I giovani sono il centro
della nostra missione e la nostra ragione d’essere; i loro
bisogni e aspirazioni devono determinare il tipo di presenza che
offriamo loro. Di conseguenza, non importa tanto il mantenimento
delle strutture quanto la loro validità educativa, significatività
sociale ed efficacia evangelica.
Questa convinzione ci
dovrebbe condurre a ristrutturare le opere esistenti per continuare
la nostra presenza in forma nuova, dove già ci troviamo, e, se
necessario, creare altre nuove realtà di servizio e di apostolato.
Un criterio fondamentale per migliorare la significatività delle
nostre presenze è la costituzione di comunità consistenti, sia per
il numero dei Confratelli, sia per la loro qualità. A ciò si deve
aggiungere l’urgenza di generare una più grande comunione e
partecipazione con la Famiglia Salesiana e con i laici nostri
collaboratori, per creare nuovi modelli di gestione delle opere.
Più
in concreto, la nostra proposta educativa e pastorale oggi va
espressa seguendo l’attuazione delle seguenti linee:
q
In tutte le nostre opere e presenze
si deve attuare un nuovo stile di presenza e di accoglienza di tutti,
con un servizio educativo integrale centrato sulla persona, la
promozione di una cultura della solidarietà e l’impegno per la
giustizia e la trasformazione della società.
L’attenzione
ai più poveri non si può ridurre, dunque, a un settore di alcune
opere di carattere sociale; è piuttosto una linea trasversale che
interessa tutte le presenze. Ciò porta, necessariamente, a
interrogarsi sul tipo di cultura che si propone nelle scuole, nelle
parrocchie, nei centri giovanili e oratori, nei centri di azione
sociale.
q Nelle
opere specifiche nel campo dell’emarginazione giovanile
dobbiamo offrire ai giovani in difficoltà delle risposte concrete,
entro un cammino di crescita integrale.
Queste opere o
attività richiedono competenza professionale, programmi
specializzati, collaborazione con altre agenzie e istituzioni civili,
e il superamento di una forma individuale di operare. Qui ci vuole
una maggiore integrazione delle iniziative e dei Confratelli nel
Progetto Organico Ispettoriale.
4.4
Creare sinergia, mettendo insieme sforzi, mezzi e impegni per
realizzare esperienze in collaborazione.
Oggi
più che mai è fondamentale crescere in solidarietà e
collaborazione inter-ispettoriale nei diversi settori, al servizio
della vita e della missione salesiana. La società, in genere, e i
giovani, in particolare, hanno il diritto di vedere che siamo un
gruppo solidale, che opera in comunione, lavora in rete e realizza un
progetto condiviso.
Parafrasando le parole di Gesù ai
suoi discepoli nell’Ultima Cena, io vi invito ad “essere una sola
cosa”, “un cuore e un’anima”, perché i giovani credano che
siamo stati inviati loro da Dio (cf. Gv
17,21). Ciò comporta di passare da una mentalità di Ispettoria a
una mentalità di Regione e di Congregazione. Non dobbiamo
dimenticare mai che quello che importa è Don Bosco e la sua presenza
sul territorio, e che tutta l’organizzazione e tutte le strutture
sono al servizio della missione. Oh quanto vorrei sentire e
contemplare questa disponibilità e questa
unità!
CONCLUSIONE
Concludo,
Cari Confratelli, invitando tutti a vivere, con apertura di cuore e
generosità di impegno, questo tempo di riconciliazione e conversione
che è la Quaresima, in modo che sia libera di prorompere nella
nostra vita la gioia della Risurrezione del Signore e noi possiamo
mettere a frutto la novità di vita che ci è stata resa possibile da
Gesù Cristo con il suo mistero pasquale e l’effusione dello
Spirito Santo nei nostri cuori.
Il nostro futuro dipenderà
dalla nostra fedeltà alle nostre origini. Da qui la validità
dell’appello del profeta ripetuto, oggi, a tutti noi: “Voi
che cercate il Signore guardate alla roccia da cui siete stati
tagliati, alla cava da cui siete stati estratti”.
Maria
aumenti la nostra capacità di contemplare con sguardo limpido e puro
il disegno originale di Dio su ciascuno di noi e su tutta la nostra
Congregazione e ci ottenga la grazia di saperci e volerci figli che
cercano solamente di fare la volontà del Padre.
Don
Pascual Chávez V.
[1]
E. Ceria, Annali della
Società Salesiana, SEI 1941, vol. I, pag. 600-601
[2]
MB XVI, pag. 389
[3]
Cf. ACG 380, Progetto
d’Animazione e Governo del Rettor Maggiore ed il suo Consiglio,
terza priorità, e terza area d’animazione del settore Pastorale
Giovanile (Promozione della Solidarietà e della Giustizia).
[4]
In altre Lettere ci sono
orientamenti concreti per la risignificazione delle presenze (cf. ACG
385, p. 26; ACG 387, p. 50-52).