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GLI ATTI DEL CONSIGLIO SUPERIORE
COME STRUMENTO DI ANIMAZIONE
Introduzione. - Gli Atti del Consiglio Superiore come strumento di animazione. - Un po’ di storia. - Inizia una nuova serie degli ACS. - Importanza di un buon uso. - Un richiamo di valorizzazione della recente allocuzione del Papa all’Unione Superiori Generali. - Conclusione.
Lettera pubblicata in ACS n. 291
Roma, 24 novembre 1978
Cari Confratelli,
a tutti un saluto fraterno all’inizio di questo nuovo anno contrassegnato, per noi, dalla strenna sul Sistema Preventivo di Don Bosco. Auguro ad ogni Comunità di poter approfondire e vivere quanto il CG21 ci ha offerto sul Progetto educativo salesiano, di cui vi ho già parlato nell’ultima circolare.
Gli Atti del Consiglio Superiore come strumento di animazione
Con il presente numero degli ACS, il primo dell’anno 1979, si inizia, possiamo dire, una nuova serie degli Atti. Il Capitolo Generale Speciale aveva già formulato, nell’art. 149 delle Costituzioni rinnovate, il significato sostanziale di questo «organo ufficiale per la promulgazione delle direttive del Consiglio e per le informazioni salesiane», affidato alla cura del Segretario generale.
Il CG21 ha poi insistito particolarmente sull’aspetto vivo e animatore che si vorrebbe avessero tali Atti «in segno di unità e come interpretazione autorevole della nostra identità».1 Essi dovrebbero essere uno strumento valido del «ministero dell’animazione comunitaria»
del Consiglio Superiore ed offrire sussidi pratici soprattutto per favorire una aggiornata «direzione spirituale» e dei criteri apostolici per le comunità e i confratelli.2
Ripensando ai quasi 60 anni di storia degli Atti vediamo che essi sono nati per aiutare a svolgere unitariamente in tutta la Congregazione il servizio di animazione proprio del Consiglio Superiore. Il significato spirituale e indispensabile del ministero dell’autorità religiosa è stato recentemente descritto, con felice senso ecclesiale, dal documento della S. Sede sulle vicendevoli relazioni tra i Vescovi e i Religiosi.3 Nel presentare, al n. 13, le caratteristiche del servizio «carismatico» dei Superiori in favore dei confratelli del proprio Istituto, il documento conferma innanzitutto «il loro compito di servizio e di guida all’interno dell’Istituto religioso in conformità dell’indole propria di esso»;4 e poi sottolinea il loro ufficio di insegnare indicando che «i Superiori Religiosi hanno la competenza e l’autorità di maestri di spirito in relazione al progetto evangelico del proprio Istituto; in tale ambito, quindi, devono esplicare una vera direzione spirituale dell’intera Congregazione e delle singole Comunità della medesima, e l’attueranno in sincera concordia con l’autentico magistero della Gerarchia, sapendo di dover eseguire un mandato di grave responsabilità nell’area del piano evangelico, voluto dal Fondatore».5
E, più avanti, il documento ricorda che «I Superiori dei Religiosi hanno il grave compito, assunto come prioritaria responsabilità, di curare con ogni sollecitudine la fedeltà dei confratelli verso il carisma del Fondatore, promuovendo il rinnovamento che il Concilio prescrive e i tempi richiedono».6
Un po’ di storia
Già fin dai tempi di Don Bosco, in Congregazione i Superiori hanno cercato sempre di far giungere ai confratelli orientamenti e direttive in questo senso. Il 24 maggio 1867 Don Bosco scriveva di suo pugno una lettera che può essere considerata la prima di questo tipo di circolari: «La nostra Società — diceva — sarà forse tra non molto definitivamente approvata e perciò io avrei bisogno di parlare ai miei amati figli con frequenza. La qual cosa non potendo fare sempre di persona procurerò almeno di farlo per lettera».7
In quel momento la Congregazione contava 44 professi e 36 novizi. Don Bosco fece trarre varie copie della sua lettera e, mutando la data, scrisse di proprio pugno i vari indirizzi. In essa tratta del fine che si deve avere per farsi salesiani. Era un tema in piena consonanza con quanto indica il recente documento della S. Sede; e l’argomento è trattato con tanta chiarezza e convinzione che rende questa lettera un vero modello di circolare per gli Atti. Ve ne raccomando la rilettura.
Da quella data, lo stesso Don Bosco e posteriormente Don Rua inviavano ai confratelli delle circolari senza scadenza fissa.
Il 24 gennaio 1905 don Rua avvia la consuetudine della «Lettera mensile», datata regolarmente il 24 del mese, con interventi del Rettor Maggiore e degli altri Superiori. Ma inoltre, tanto lui come soprattutto don Albera, scrivono circolari e lettere edificanti di più notevole lunghezza, secondo le esigenze delle circostanze.
Il 24 giugno 1920 don Albera dà inizio propriamente agli «Atti».8
Ne fissava il compito con chiara formulazione; scriveva infatti: «Per favorire e agevolare lo sviluppo organico della nostra Pia Società, e per avvivare negli animi e nei cuori lo spirito del nostro Padre, i Superiori Maggiori hanno sempre usato di rivolgere [...] le loro deliberazioni e i loro consigli mediante Lettere Circolari». Faceva notare, però, che per rendere più stabile e organica tale importante comunicazione ai confratelli, il Consiglio Superiore aveva deliberato di riunire periodicamente in un fascicolo i suoi «Atti», perché confidava che «questo nuovo mezzo [sia] per giovare al bene di tutta la Pia Società, stringendo sempre più i vincoli che uniscono i Confratelli ai Superiori Maggiori, e ravvivando di continuo quello spirito di Don Bosco, che deve animare tutte le nostre opere».9
Inizia una nuova serie degli ACS
Orbene: il nuovo Consiglio Superiore, eletto nel CG21, considerando vari autorevoli suggerimenti, pensando alle attuali e urgenti esigenze di animazione e assumendo le modalità di uno stile più collegiale nei servizi del Consiglio Superiore, ha studiato (già fin dai primi mesi del 1978) una certa ristrutturazione degli ACS, da iniziarsi con il nuovo anno 1979. Curando la genuina finalità di questi «Atti» e partendo dalla volontà capitolare di migliorarne la capacità di comunicazione, si è voluto ritornare a una loro impostazione e presentazione di stile più esplicitamente «collegiale», non solo perché gli orientamenti ivi esposti sono condivisi corresponsabilmente da tutto il Consiglio, ma anche perché sono redatti con la partecipazione diretta del Vicario e dei Consiglieri, incaricati dalle stesse Costituzioni di curare alcuni importanti aspetti mondiali della vita salesiana dei confratelli.
è, questa, una modalità che era già in uso nelle «lettere mensili» iniziate nel 1905 e poi negli stessi «Atti» dal 1920 fino al CG19 del 1965.
Ogni fascicolo della nuova serie comprenderà sostanzialmente due parti: la prima parte, più agile e variata, conterrà dei servizi di animazione attraverso una lettera del Rettor Maggiore e alcuni interventi qualificati del Vicario o dei Consiglieri, evidentemente non tutti simultaneamente nello stesso fascicolo.
In una seconda parte ci saranno dei servizi di comunicazione circa disposizioni e norme, attività del Consiglio, informazioni e documenti d’interesse specificamente salesiano, in consonanza con la natura propria degli ACS, evitando di farne un doppione di altre pubblicazioni che circolano nei nostri ambienti.
La lettera del Rettor Maggiore sarà ordinariamente piuttosto breve, riservando una trattazione più attenta di qualche tema a delle situazioni particolarmente opportune. La periodicità dei fascicoli sarà trimestrale: 4 numeri all’anno.
Importanza di un loro buon uso
Vorrei, cari fratelli, che si desse in ogni Ispettoria e in ogni Comunità vitale importanza agli ACS servendosene personalmente e comunitariamente 10 come strumento particolarmente qualificato di animazione salesiana. Il CG21 ci ha ricordato l’importanza dell’animazione con indicazioni penetranti e suggestive.11
Il Consiglio Superiore ha coscienza del delicato mandato ricevuto dalla Congregazione e della responsabilità assunta nel ministero dell’autorità religiosa. Vuol esprimere la sua volontà di servizio in un’animazione tempestiva e aggiornata, sommergendo le proprie direttive e i propri orientamenti nel ricco alveo del carisma del Fondatore con ampi contesti di spirito religioso e di missione salesiana. Vorrebbe saper provocare un’attenzione simultanea alla tradizione viva e ai segni dei tempi.
È compito particolare del Rettor Maggiore con il suo Consiglio di saper guidare questo urgente discernimento per leggere una realtà umana complessa e ambigua con il fine di tradurre nella vita di oggi lo stesso spirito di Don Bosco confrontando i valori permanenti della più genuina tradizione salesiana con gli appelli del nuovo.
Facciamo voti di saperci muovere con intelligente cura su questa linea!
Un richiamo alla valorizzazione della recente allocuzione
del Papa all’unione Superiori generali 12
E, prima di concludere, voglio offrirvi una breve riflessione sul discorso che il S. Padre Giovanni Paolo II ha rivolto proprio oggi a noi, Superiori generali riuniti in sessione di studio e di preghiera.
Ci ha parlato dell’indispensabilità della Vita Religiosa e dei suoi rapporti positivi agli impegni di salvezza di tutto il Popolo di Dio; senza di essa «la Chiesa non sarebbe pienamente se stessa».
Urge, dunque, curare i valori della Vita Religiosa con sollecitudine e farli «funzionare» convenientemente «nell’insieme della vita della Chiesa contemporanea».
Per raggiungere uno scopo così importante il S. Padre sottolinea alcuni grandi valori e mette in guardia contro ben note insidie. rifiorimento della Vita Religiosa oggi il Papa annovera:
Tra i grandi valori da curare per il
— Il carisma del Fondatore, assunto con gratitudine dalla Chiesa, non come «un richiamo al passato», ma come un dinamismo di vita per i tempi nuovi.
— La chiarezza evangelica della sequela di Cristo, non con lo spirito di «contestazione», ma come «testimonianza» pubblica nella Chiesa, alimentata dallo «spirito di massimalismo evangelico, che si differenzia da qualsiasi radicalismo socio-politico».
— Una concreta incorporazione alla vita ecclesiale, da curare secondo i criteri direttivi del documento sui rapporti vicendevoli tra i Vescovi e i Religiosi. In questo campo bisogna considerare che la «via» caratteristica per i Religiosi, ovunque si trovino nel mondo, è quella di essere «per la Chiesa universale, attraverso la [...] missione in una determinata Chiesa locale. [...] L’unità con la Chiesa universale, attraverso la Chiesa locale»!
— Il primato della dimensione contemplativa, con una cura particolare dell’impegno nella preghiera. È, questo, — dice il Papa — un dato ontologico che chiede di emergere alla coscienza e di orientare la vita, non solo a beneficio della singola persona, ma anche a vantaggio dell’intera comunità».
Queste quattro grandi linee d’impegno per la genuinità e il rifiorimento della Vita Religiosa siano oggetto della nostra considerazione personale e comunitaria; ce le propone il Vicario di Cristo con autorevole preoccupazione dopo una attenta considerazione delle esigenze e dei problemi attuali. Sono riflessioni e direttive offerte a noi, Religiosi di oggi, perché diveniamo davvero, nella Chiesa, i testimoni pubblici della centralità di Dio, del suo amore salvifico e dell’urgenza di ridonare alla «santità» un particolare peso comunitario e sociale. È coltivando questa via di santificazione specifica, ci dice il Papa, che i Religiosi potranno evitare certi pericoli assai attuali, come:
— la tentazione di particolarismi e di contrapposizioni, che rovinano l’unità degli Istituti e delle comunità attraverso l’organizzazione di gruppi di pressione e di dannose polarizzazioni;
— le radicalizzazioni socio-politiche; per ben due volte il Papa ce le ha ricordate sottolineandole con il ricordo della sua personale esperienza: «l’opzione per i più poveri e per ogni vittima dell’egoismo umano» deve essere chiaramente espressione di preoccupazione «evangelica», ben distinta da progetti temporalisti e radicalizzazioni ideologiche «che alla lunga si rivelano inopportune, controproducenti e generatrici esse stesse di nuove sopraffazioni»;
— gli atteggiamenti di secolarismo, per cui ci si inserisce tra la gente mettendo in questione «la propria identità religiosa» e offuscando «l’originalità specifica della propria vocazione».
Cari confratelli, facciamo tesoro di queste direttive tanto concrete e attuali e raccomandiamoci alla Vergine Maria per viverle con crescente testimonianza.
Il Papa stesso ha ricordato ai Superiori generali che la Madonna «resta il modello insuperabile di ogni vita consacrata. Sia Lei a farvi da guida nell’ascesa, faticosa ma affascinante, verso l’ideale della piena assimilazione a Cristo Signore».
Un saluto cordiale a tutti, nello spirito del nostro caro Fondatore Don Bosco.
Don Egidio Viganò
NOTE LETTERA 3 -------------------------------------
1 CG21 19b
2 cf. CG21 61
3 cf. Mutuae relationes (MR), maggio 1978
4 MR 13
5 MR 13a
6 MR 14c
7 MB VIII, 828
8 Una illustrativa cronistoria di ciò che precedette e preparò la creazione degli ACS può essere riassunta nelle seguenti date:
1867, 24 maggio: la lettera significativa di Don Bosco che è considerata come l’inizio delle circolari formative dei confratelli;
1867-1888: circolari di Don Bosco e altri Superiori, senza scadenza fissa (copia dattiloscritta negli archivi);
1888-1905: Don Rua prosegue l’invio di Lettere circolari senza periodicità fissa (tutte raccolte in volume);
1905-1920: Don Rua avvia la consuetudine della «Lettera Mensile», datata regolarmente il 24 del mese, con brevi interventi del Rettor Maggiore e degli altri Superiori (tutte conservate in archivio). Inoltre prosegue l’invio di lettere edificanti secondo le esigenze e le circostanze;
1920, 24 giugno: Don Albera dà inizio al «numero uno» degli Atti del «Consiglio» Superiore (cf. ANS, novembre 1974, pag. 20)
9 ACS n. 1 (1920), pag. 1-2
10 Conviene osservare che un buon uso comunitario degli ACS implica, da parte del Direttore — o di chi per esso — un criterio di scelta per la lettura in comune. Non tutto ciò che verrà incluso nelle pagine degli Atti è, di per sé, materia atta ed opportuna per una lettura spirituale comunitaria
11 cf. CG21 46. 584-586
12 cf. Osservatore Romano, 25 novembre 1978