Atti_2000_372.ACG_


Atti_2000_372.ACG_

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1. IL RETTOR MAGGIORE
VERSO IL CAPITOLO GENERALE 25°
1. c o n v o c a z io n e . - Lora del CG25. - Il nostro cammino. - 2. i l te m a d e l CG25. - La comunità sa­
lesiana. - “Oggi”. - I riferimenti principali. - La vita fraterna. - La testimonianza evangelica. -
La presenza animatrice tra i giovani. - La grazia di unità. - 3. a lc u n e con d izio n i p e r l ’anim azio ne
d e l l a c o m u n ità s a le s ia n a o g g i. - Il ministero del direttore. - La formazione permanente nella vita
quotidiana. - 4. in v ito a l l e i s p e t t o r ie .
Roma, 11 giugno 2000
Solennità della Pentecoste
Cari confratelli,
Stiamo percorrendo con frutto il cammino giubilare che ci
eravamo proposti. Ne ricevo conferma da numerosi confratelli e
comunità e ne vedo la ricaduta sui giovani. La Riconciliazione,
l’Eucaristia, la proposta di spiritualità giovanile, l’orienta­
mento della Famiglia Salesiana verso una comunione per la
missione, la spedizione missionaria straordinaria hanno ravvi­
vato dimensioni fondamentali del nostro carisma in un mo­
mento storico ricco di sfide e non privo di difficoltà.
Nel cuore dell’avvenimento giubilare giunge una scadenza
prevista dal nostro Progetto di vita, le Costituzioni, per aiutarci
a crescere come singoli e comunità in simbiosi con la Chiesa ed
a rispondere ai segni che il Signore ci dà: la convocazione del
Capitolo Generale.
Si sa che non si tratta soltanto di un adempimento giuri­
dico. «Il Capitolo generale è il principale segno dell’unità della
Congregazione nella sua diversità»1 .Impegna la Congregazione
e le singole Ispettorie, per un periodo di tempo non breve, in
uno sforzo di verifica, ricomprensione delle esigenze del ca­
risma e adeguamento alle circostanze nelle quali esso si deve
1 Cost. 146

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4 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
esprimere. Segna dunque il nostro cammino di rinnovamento
costante. Ce lo dice l’esperienza degli ultimi trent’anni.
Ci incontreremo come fratelli di tutto il mondo ed in tutto il
mondo per ripensare la nostra fedeltà al Vangelo, a Don Bosco e
ai tempi. La Congregazione si metterà tutta in atteggiamento
di docilità allo Spirito del Signore, cercando «di conoscere, in
un determinato momento della storia, la volontà di Dio per il
miglior servizio alla Chiesa»2.
Il Capitolo Generale, inteso come impegno comunitario, rag­
giunge sempre i nodi vitali dell’identità, dell’unità, della significati­
vità della presenza salesiana, qualunque sia il tema messo a fuoco.
Attraverso i segni e gli avvenimenti il Signore indirizza a
noi come Congregazione, l’invito dell’Apocalisse: «Chi ha
orecchi ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese»3. È un incorag­
giamento gravido di speranza, che comporta però un richiamo
pressante ad una fedeltà, semplice e genuina, nelle situazioni
nuove che oggi ci interpellano.
Conviene essere consapevoli di tale portata del Capitolo Ge­
nerale, sentirsi corresponsabili dei suoi esiti, partecipando nella
preghiera comune e coinvolgendosi attivamente nella rifles­
sione della propria Ispettoria.
1. CONVOCAZIONE.
Con la presente lettera intendo convocare, a norma dell’ar­
ticolo 150 delle nostre Costituzioni, il CG25. Si svolgerà
nella Casa Generalizia di Roma, via della Pisana 1111, e avrà ini­
zio il giorno 24 febbraio dell’anno 2002. Il suo Regolatore è Don
Antonio Domenech, Consigliere generale per la Pastorale Giovanile.
Lo scopo specifico4del CG25, all’interno delle finalità generali
2 Ib.
3 Ap. 2, 7
4 cf. Reg. 111

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IL RETTOR MAGGIORE 5
di animazione, orientamento e governo proprie di ogni Capitolo
Generale, è di approfondire e raggiungere criteri comuni su un
aspetto essenziale della nostra vita, riguardo al quale la Congre­
gazione si è dimostrata particolarmente attenta e preoccupata.
Abbiamo definito e circoscritto questo aspetto con le espres­
sioni: «La comunità salesiana oggi: la vita fraterna, la te­
stimonianza evangelica, la presenza animatrice tra i
giovani».
Il tema è risultato da un’ampia riflessione del Consiglio ge­
nerale sugli attuali orientamenti della Chiesa, sulle caratteri­
stiche della cultura, sulle linee di rinnovamento della vita con­
sacrata e sul cammino che la nostra Congregazione viene per­
correndo negli ultimi anni.
In un primo approfondimento nel gennaio del 2000, il Con­
siglio generale ha individuato alcune aree tematiche che, attra­
verso le visite straordinarie, le visite di insieme e altri incontri,
apparivano come le più sentite, feconde e bisognose di inter­
vento. Tali aree tematiche erano:
- La Comunità salesiana nel nuovo modello pastorale5.
- La nostra capacità di proporre la vocazione salesiana oggi:
«Vieni e vedi»6.
- Una presenza significativa tra i giovani: «Io con voi mi trovo
bene»7.
- La “grazia di unità” nella nostra vita oggi8.
Il risultato di questa verifica sintetica sulla vita della Con­
gregazione, è stato inviato agli Ispettori affinché, con i loro
Consigli, indicassero una priorità tra i punti individuati o ne se­
gnalassero altri. Essi, a grande maggioranza, hanno scelto il
primo tema considerandolo in stretta connessione con gli orien­
tamenti pratici dei CG 23 e 24.
6 cf. Cost. 49. 51
6 cf. Cost. 16. 37
7 cf. Cost. 14. 39
8 cf. Cost. 3. 24

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6 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
A questo, che è il primo e principale scopo, si aggiunge
quello di dare compimento a un orientamento operativo del
CG24 che chiedeva al Rettor Maggiore e al suo Consiglio $i stu­
diare «il modo di fare una verifica più profonda delle strutture
del governo centrale, coinvolgendo i Capitoli ispettoriali in
vista del CG25»9.
Scopo del CG25 è pure di eleggere il Rettor Maggiore e i
membri del Consiglio Generale per il periodo 2002-2008. È
questa una responsabilità di proiezione storica per il servizio di
unità e orientamento che essi sono chiamati a prestare.
Tutti i confratelli possono e debbono partecipare correspon­
sabilmente nell’elezione che compiranno i capitolari, attraverso
la preghiera costante e intensa perché il Signore dia alla Con­
gregazione la guida che l’attuale momento della Chiesa, del
mondo e dei giovani necessita.
La “Commissione tecnica” , nominata a norma dei Regola­
menti 112, ha lavorato già con il Regolatore per preparare l’iter
affinché la riflessione delle Ispettorie si svolga in tempi utili e
nelle forme adeguate e i loro contributi siano inviati al Regola­
tore del Capitolo in maniera anche tecnicamente appropriata.
Ha elaborato un sussidio che precisa la portata del tema e ne
chiarisce l’impostazione. Tale sussidio, incluso nel presente nu­
mero degli Atti insieme ad indispensabili indicazioni giuridi­
che10, è pensato come mezzo per sensibilizzare le Ispettorie e
orientarle nello svolgimento del loro Capitolo.
“L’ora” del CG25.
Sarà questo il primo Capitolo Generale del terzo millennio.
Nel Giubileo in corso che celebra i duemila anni dell’incarna­
zione del Figlio di Dio, il Papa ha invitato la Chiesa e l’umanità
a centrare lo sguardo sulla persona di Cristo, a rinnovare la
mentalità e la vita cristiana, a rendersi consapevoli della voca­
9 CG24, 191
10 cf. Reg. 112

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IL RETTOR MAGGIORE 7
zione alla santità, a impegnarsi con ardore in una nuova evan­
gelizzazione, ad assumere le nuove dimensioni della comunione
e a renderla più evidente come il primo segno evangelico.
La preparazione e la realizzazione del CG25 saranno per noi
un tempo di grazia, un’opportunità straordinaria per mettere a
frutto i doni e le consegne del Giubileo.
I Sinodi continentali e quelli della Chiesa universale, cele­
brati nel contesto ampio del Giubileo, hanno fatto un pressante
appello alla vita consacrata perché continui a rinnovarsi ren­
dendosi eloquente e significativa per gli uomini di oggi.
Essa è un avvenimento tutt’altro che secondario nell’evan­
gelizzazione di ogni contesto. Viene invitata quindi a vivere con
maggior intensità l’adesione personale e comunitaria a Cristo
Salvatore; ad assumere l’impegno per una santità capace di
parlare all’uomo d’oggi; a produrre attraverso le comunità una
testimonianza significativa di vita fraterna; ad impegnarsi in
una evangelizzazione capace di dialogare con la società e con la
cultura, divenendo in essa lievito, profezia e istanza critica.
L’espressione massima e concentrata di questo appello è il
Sinodo sulla vita consacrata e la corrispondente Esortazione
Apostolica Vita Consecrata. Accenni significativi però si trovano
nei Sinodi continentali e nelle rispettive Esortazioni11, così
come in quelli che riguardano i laici e i pastori.
Dietro queste indicazioni è in atto negli Istituti religiosi
un’ampia riflessione ed una ricerca vivace di rinnovamento. Ne
sono segno gli approfondimenti e studi realizzati in questi ul­
timi anni dalla Unione Superiori Generali (USG) sul tema della
rifondazione della vita religiosa, la sua ricollocazione nella co­
munione ecclesiale e nei contesti sociali, la sua inculturazione
nelle diverse aree geografiche.
Immersi in un mondo pluralista da ogni punto di vista,
spesso agitato e distratto, i religiosi, presi talvolta da compiti
molteplici e assillanti, devono ritornare alle sorgenti della loro
11 cf. Ecclesia in America, 43; Ecclesia in Africa, 94; Ecclesia in Asia, 44

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8 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
vocazione, verificare serenamente la qualità evangelica della
propria vita, confermare l’impegno della propria consacrazione,
per testimoniare con gioia l’assoluto di Dio: cioè che il Signore è
l’Amore capace di colmare il cuore della persona umana ed è il
punto indispensabile di riferimento e di arrivo perché la vita
umana sia tale.
La situazione critica di alcuni Istituti religiosi, in gran parte
legata ad uno squilibrio tra impegni di gestione, qualità di vita e
capacità vocazionale, richiede oggi un riorientamento verso le
esperienze della fede e le fonti del carisma per essere testimoni
visibili e trasparenti del Dio che si è manifestato in Gesù Cristo.
D’altra parte, le nuove forme di vita consacrata, attraverso
le quali lo Spirito sta risvegliando la Chiesa, manifestano che la
radicalità evangelica parla ancora eloquentemente all’uomo.
Le urgenti e drammatiche situazioni di povertà ed oppres­
sione in cui vivono milioni di persone, le nuove piaghe sorte
come conseguenza della globalizzazione sono una sfida alla Vita
Consacrata a rinnovare con creatività i carismi per essere
segno profetico ed efficace di libertà e di donazione.
La Vita Consacrata può tenersi in piedi in questi tempi sol­
tanto se, come la casa costruita sulla roccia, è cementata sull’a­
desione incondizionata a Gesù Cristo, ancorata alle scelte evan­
geliche che la portano ad assumere le gioie, le speranze, le tri­
stezze e le angosce degli uomini e delle donne del nostro tempo,
collocandosi nelle frontiere della missione ecclesiale.
In tale processo di ricollocazione ecclesiale, culturale e so­
ciale un punto decisivo è la qualità della vita fraterna, secondo
un modello di comunità significativo e profetico, del quale sen­
tiamo l’urgenza, anche se ancora non ne vediamo con chiarezza
tutti i tratti. L ’esperienza di comunione dei consacrati viene
considerata non come una grazia individuale, ma come un ca­
risma dinamizzatore della comunione ecclesiale nell’ambito
delle stesse comunità cristiane, ed anche sulla linea dell’in­
contro ecumenico, del dialogo interreligioso ed ancora della ri­
conciliazione ed accoglienza tra le persone e gruppi.

1.7 Page 7

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IL RETTOR MAGGIORE 9
Anche nella nostra Congregazione si percepisce questa forte
tensione verso un rinnovamento che esprima con più vivacità la
nostra vocazione. Molte Ispettorie, negli ultimi tempi, hanno
cercato vie concrete per aiutare le comunità a vivere con più
chiarezza e fedeltà lo stile salesiano di famiglia, le dimensioni
della nostra spiritualità e una presenza rinnovata tra i giovani.
Ci sono esperienze e percorsi positivi e promettenti, ma anche
non poche preoccupazioni perché le situazioni sono cambiate,
alcuni appoggi e modalità, che ci aiutavano a vivere in unità e
serenità i diversi aspetti della nostra vita consacrata, si sono af­
fievoliti.
Ciò crea tra i confratelli un diffuso disagio che fa emergere
la voglia di una maggiore autenticità umana, di una profondità
spirituale e di una più radicale coerenza vocazionale. La ri­
sposta delle Ispettorie, che privilegiava il tema della comunità
salesiana come il più urgente e necessario in questo momento,
riflette proprio questo desiderio.
È una richiesta autorevole che dobbiamo discernere in­
sieme. All’inizio del nuovo millennio siamo chiamati a vivere
con più significatività, gioia e trasparenza la nostra fraternità
in Cristo, anche come risposta alle aspirazioni profonde del no­
stro cuore12, per essere veramente tra i giovani segni dell’amore
di Dio, centri di animazione spirituale della CEP e della Fami­
glia Salesiana.
Nella società e nella cultura hanno luogo fenomeni di vasta
portata che interpellano la nostra vita religiosa circa il modello
umano che proponiamo e l’impegno educativo e di evangelizza­
zione che svolgiamo. La globalizzazione, affermata già nel
campo economico, è sempre di più estesa in altre dimensioni
della vita sociale: i problemi si mondializzano e divengono in­
terdipendenti.
Lo sviluppo di società plurietniche, pluriculturali e plurireli-
giose e, allo stesso tempo, il sorgere di nazionalismi escludenti,
12 cf. Cost. 49

1.8 Page 8

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10 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
l’affermarsi di integralismi religiosi ci interpellano sulla capa­
cità di convivenza e di dialogo.
La comunicazione di massa a tutto campo e l’informatica
producono una nuova mentalità; richiedono modalità di rap­
porto, creano nuove esigenze educative e di formazione. Il dia­
logo infatti diventa più difficile e complesso, quasi caotico; il
rapporto può rendersi impersonale. Paradossalmente dunque si
diffonde un senso di solitudine e di isolamento e una ricerca di
“incontro” e condivisione le cui manifestazioni, in campo giova­
nile, sociale ed ecclesiale, ci sono note e le abbiamo spesso com­
mentate.
In questo contesto la nostra fraternità può costituire uno
stimolo e una profezia.
Il nostro cammino.
Gli ultimi Capitoli Generali hanno formulato orientamenti e
proposte organiche per l’educazione dei giovani alla fede13e per
la partecipazione dei laici alla missione salesiana14.
Per realizzare tali proposte le Ispettorie si sono premurate
di dare vita a comunità educativo-pastorali, di rivolgere un’at­
tenzione particolare alla situazione giovanile attuale, soprat­
tutto per quanto riguarda il disagio e l’emarginazione, di elabo­
rare insieme progetti educativi pastorali, di organizzare e quali­
ficare l’animazione ispettoriale della pastorale giovanile, di
pensare cammini di formazione per i collaboratori e animatori,
di mettere in atto diverse esperienze di corresponsabilità dei
laici nella gestione delle opere.
In questi anni si sono anche moltiplicati i fronti di lavoro e
numerose opere sono diventate più complesse, mentre molte
comunità si sono ridotte ed è aumentato in esse il numero degli
anziani. I compiti pastorali e gestionali sono diventati molte­
13 cf. CG23
14 cf. CG24

1.9 Page 9

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IL RETTOR MAGGIORE 11
plici e più pesanti. La presenza attiva dei laici, che costitui­
scono maggioranza, il nuovo ruolo di animazione attribuito alla
comunità religiosa salesiana nella CEP e nella elaborazione del
PEPS creano nelle comunità religiose salesiane incertezze ed
interrogativi, in particolare riguardo alla propria esperienza
spirituale e alle condizioni ragionevoli del proprio lavoro.
Nelle Visite d’insieme si è riflettuto sul modello pastorale
che vuole la componente salesiana come gruppo animatore. Si è
visto che la qualità della vita di tale gruppo è il fattore determi­
nante e motore della totalità; da esso si parte e ad esso si ri­
torna sempre; nel suo vivere quotidiano si concentrano le
grandi attese di significatività, di animazione e di incidenza
apostolica.
La comunità salesiana infatti è il soggetto al quale si affida
l’adempimento delle importanti deliberazioni nei due ultimi Ca­
pitoli Generali. Il cammino di fede da proporre ai giovani e da fa­
re con essi richiede la testimonianza di una comunità che si rin­
nova continuamente15e l’inserimento di tale comunità nel con­
testo e nel mondo giovanile con una nuova qualità pastorale16.
Allo stesso tempo, l’animazione della comunità educativa e
della Famiglia Salesiana17suppone un nucleo salesiano che vive
fraternamente, opera solidalmente e adegua costantemente i
suoi criteri di intervento.
Scriveva Don Viganò, commentando il Sinodo sulla Vita
Consacrata: «Sia l’educazione dei giovani alla fede (CG23) sia il
coinvolgimento di molti laici nello spirito e nella missione di
Don Bosco (CG24) richiedono che concentriamo i nostri sforzi
di formazione permanente sull’intensificazione della vita nello
Spirito e sulla cura prioritaria della vita fraterna in comunità.
Di qui passa la strada verso il terzo millennio; è un’ora germi­
nale per entrarvi con autenticità»18.
15 cf. CG23, 219-224
16 cf. CG23, 225-231
17 cf. CG23, 232-238
18 ACG351, pag. 31

1.10 Page 10

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12 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
Analoghe sono le motivazioni offerte dalle Ispettorie per la
scelta del tema del prossimo Capitolo e le problematiche che esse
hanno indicato come quelle che più preoccupano e interpellano.
Da più parti infatti si afferma che la cultura odierna sfida la
nostra vita comunitaria, sia dal punto di vista dello stile quanto
della significatività evangelica. In tal senso si sottolinea la sol­
lecitudine per le comunità salesiane in situazioni di precarietà:
per il numero ridotto di confratelli, l’età media avanzata o la di­
spersione su molti fronti di lavoro...
Si ribadisce l’importanza dell’animazione della comunità, in
modo speciale del ruolo del Direttore e del Consiglio. Così pure
si insiste sulla necessità di formazione del salesiano giovane e
anche adulto (formazione iniziale e permanente) per affrontare
i nodi dei rapporti quotidiani basati sulla sequela di Cristo e
per inserirsi positivamente in comunità sottomesse alle ten­
sioni enunciate sopra. Si chiede pure una riflessione su possibili
nuove forme di comunità secondo il nostro carisma.
2. IL TEMA DEL CG25
La Comunità Salesiana.
Il tema del CG25 centra la riflessione sul soggetto della mis­
sione educativa e pastorale. Vuole verificare le condizioni
di vita e di azione che possono favorire un’esperienza gioiosa e
incoraggiante della vocazione, un’esistenza che sia testimo­
nianza e profezia, un ambiente che diventi appello vocazionale,
scuola di spiritualità, fattore di comunione e animazione
per tutti coloro che condividono con noi lo spirito e la missione
di Don Bosco.
Non si tratta dunque, come qualcuno potrebbe pensare
dopo una lettura rapida e superficiale dell’enunciato, di volgere
lo sguardo verso noi stessi, distogliendolo dai giovani e dai laici.
Mettiamo invece molto meglio a fuoco, dal punto di vista opera-

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2.1 Page 11

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IL RETTOR MAGGIORE 13
tivo, quanto gli ultimi Capitoli Generali hanno indicato ri­
guardo alla missione tra i giovani ed i laici.
La nostra vita di comunità è il primo dono da offrire ai gio­
vani, il segno evangelico più immediato e specifico che precede
ed accompagna ogni nostra azione pastorale19.
L’obiettivo del CG25 non è tanto ciò che la comunità e i con­
fratelli devono fare ancora per i giovani, ma ciò che devono es­
sere e vivere oggi per loro e con loro. Lo sguardo va anzitutto a
quello che siamo e viviamo per agire più efficacemente, dal
punto di vista evangelico, in favore dei destinatari della nostra
missione.
Si tratta di compiere una verifica della nostra vita comuni­
taria con lo spirito e la metodologia del discernimento evange­
lico, per scoprire le modalità di fraternità salesiana capaci di ri­
spondere alle esigenze della sequela di Cristo e della missione
così come sono state presentate dagli ultimi documenti eccle­
siali e dai Capitoli Generali e come emergono dagli interventi
educativi e pastorali che abbiamo provato in questi ultimi anni.
“Oggi”
Questa parola, che si è voluta nell’enunciato del tema, sot­
tolinea il presupposto e la consapevolezza che ci troviamo in un
contesto nuovo le cui caratteristiche è indispensabile capire nei
loro rischi, esigenze e possibilità.
“ Oggi” contiene un riferimento alla situazione attuale della
Chiesa, impegnata nella nuova evangelizzazione, nella quale la
vita consacrata ha un ruolo di testimonianza e annuncio, speci­
fico e insostituibile.
L’oggi richiama la situazione del mondo, soprattutto il
mondo dei giovani, che richiede persone che siano prove credi­
bili e significative di un nuovo modo di vivere e di rapportarsi
in società interetniche, interculturali, interreligiose, pluraliste,
19 cf. Cost. 50. 57; La vita fraterna in Comunità, 54

2.2 Page 12

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14 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
libere, frammentate. L’oggi fa pensare alla situazione della no­
stra Congregazione e delle singole Ispettorie collocate in terri­
tori diversi e viventi in condizioni varie per impegni e disponi­
bilità di personale.
Davanti a queste sollecitazioni sentiamo l’urgenza di ap­
profondire le radici della nostra vocazione, rinnovare il dina­
mismo e la significatività della nostra forma di vita, fare più
chiara e interpellante la vita religiosa nell’azione educativa e
pastorale tra i giovani e i poveri.
Ho accennato al discernimento. Non si tratta di ripetere e
riscrivere la dottrina sulla comunità religiosa, già abbondante a
livello di Congregazione20e di Chiesa21.
I criteri teologici e le ispirazioni carismatiche dovranno cer­
tamente essere richiamati e rimeditati per non sbagliare la
mira. Il CG25 sarà un’opportunità per approfondire e interio­
rizzare quanto ci viene dicendo la Chiesa riguardo alla forza si­
gnificativa ed evangelizzante delle comunità cristiane, delle
quali quelle consacrate sono segno, stimolo ed esempio.
Ma il traguardo principale e terminale è di trovare vie effi­
caci per rimotivare le comunità a manifestare con semplicità e
chiarezza l’identità religiosa nelle nuove situazioni; determi­
nare le condizioni o criteri essenziali che permettano, anzi sti­
molino a vivere in modo gioioso, umanamente significativo, la
nostra professata fraternità al seguito di Cristo.
Viene dunque indicato non un percorso intellettuale (ripe­
tere e risistematizzare la dottrina dei documenti), essenzial­
mente deduttivo (estrarre, a partire soltanto dalla dottrina, le
conseguenze operative). Vogliamo invece partire da quello che i
confratelli e le comunità pensano sull’attuale loro esperienza,
riflettere su quello che essi si sentono chiamati ad essere e ad
esprimere nelle diverse situazioni in cui si trovano: fare cioè
una lettura della realtà che ne faccia emergere le risorse e gli
20 cf. CGS, 483-555; CG21, 33-61
21 cf. La vita fraterna in comunità, 1994, Vita consecrata, 1996

2.3 Page 13

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IL RETTOR MAGGIORE 15
aspetti positivi per rinforzarli e approfondirli, come pure i di­
sagi e i conflitti per affrontarli alla luce della Parola, delle esi­
genze evangeliche e delle ricchezze del nostro carisma.
Il Capitolo vorrebbe raggiungere immediatamente la vita e
suggerire una “pratica” della comunione fraterna oggi. Si posso­
no rilevare gli sforzi che si stanno realizzando, i cammini speri­
mentati che possono illuminare e incoraggiare verso forme di vi­
ta comunitaria salesiana secondo le esigenze e i bisogni attuali.
I riferimenti principali.
Nell’enunciato del tema vengono esplicitati quattro aspetti
fondamentali sui quali vi invito a concentrare l’attenzione: la
vita fraterna, la testimonianza evangelica, la presenza anima­
trice tra i giovani e la grazia di unità.
Essi rispondono alle sfide che la cultura odierna e l’espe­
rienza religiosa presentano alla nostra esistenza di consacrati.
Non devono essere considerati come giustapposti, ma come di­
mensioni inseparabili, congiuntamente qualificanti la nostra
vita religiosa comunitaria22.
Il carattere indispensabile della fraternità per maturare
come persone consacrate, per assumere con gioia e stabilità in­
teriore la propria vocazione e ricostruire continuamente l’unità
della vita è un dato permanente nella storia della Chiesa. Oggi
se ne sente addirittura un’urgenza pressante perché il mondo
attuale porta verso la dispersione e la frammentarietà.
I giovani, d’altra parte, hanno bisogno di testimoni, di per­
sone e ambienti che mostrino, per via di esempi, le possibilità di
impostare la vita secondo il Vangelo nella nostra società.
Questa testimonianza evangelica, che è allo stesso tempo comu­
nione tra fratelli, sequela radicale di Cristo e presenza attiva,
stimolante e portatrice di vita tra i giovani, costituisce il primo
servizio educativo da offrire loro, la prima parola di annuncio
22 cf. Cost. 3

2.4 Page 14

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16 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
del Vangelo. Dal punto di vista vocazionale è evidente che essi
si sentono attirati ad entrare in ambiti comunitari significativi,
piuttosto che ad assumere soltanto un lavoro.
Spendo soltanto qualche parola su ciascuno dei quattro rife­
rimenti sopra indicati.
La vita fraterna.
Don Bosco, ispirato dal Signore, intenzionalmente volle
creare, e di fatto plasmò, una comunità di religiosi, aH’interno
del vasto movimento di persone e gruppi creatosi attorno a lui.
Erano i suoi seguaci più fedeli e stretti, avevano una funzione
di fermento animatore del comune spirito e un compito trai­
nante nella missione. A comunicare loro il suo stile spirituale e
la sua prassi pedagogica, Don Bosco dedicò gran parte del suo
tempo e delle sue energie.
Tale gruppo si caratterizza per l'habitare in unum da fra­
telli: vivere nella stessa casa, fisicamente, cioè fare vita co­
mune; in unum spiritum, cioè in unità di mentalità e di valori,
edificandosi nella carità manifestata in un gioioso affetto reci­
proco capace di creare famiglia; in unum agendi finem, cioè im­
pegnato solidalmente nella missione comune23.
La vita fraterna salesiana risponde a propositi di perfezione
cristiana e di efficacia nel lavoro educativo, venendo incontro al­
lo stesso tempo a profonde aspirazioni della persona, come il de­
siderio di rapporti autentici, di condivisione di esperienze, di co­
municazione, amicizia e affetto. Ciò, d’altra parte, prepara e al­
lena al rapporto educativo che il Sistema preventivo suppone ed
all’ambiente giovanile che lo stesso Sistema si propone di creare.
Le relazioni interpersonali, infatti, sono collegate alla matu­
rità umana e spirituale della persona. La loro qualità, il modo
di intavolarli e gestirli, manifestano fino a che punto l’amore,
primo comandamento cristiano e massima energia educativa,
23 cf. CGS, 498; MB IX, 573

2.5 Page 15

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IL RETTOR MAGGIORE 17
si è fatto strada in noi e fino a che punto abbiamo imparato
a manifestarlo24.
Già nel CGS i confratelli chiedevano che nella comunità si
cercasse di creare un ambiente di maggiore calore umano, pro­
prio della vita di famiglia; un clima di amicizia fondato sul ri­
spetto e sulla stima vicendevole25. Da allora è cresciuto il desi­
derio di rapporti che superino l’abitudine e la formalità, perché
vengono rinnovati continuamente nell’incontro, approfonditi
attorno all’Eucaristia e ricostruiti mediante la pratica quoti­
diana della riconciliazione.
Le nostre comunità sentono oggi il bisogno di sottolineare le
dimensioni umane della vita fraterna per aiutare la persona a
maturare e sostenerla in ogni passaggio della vita26.
Si vuole dunque che i rapporti non siano solo funzionali al
lavoro, ma tali da portare verso amicizie nella sequela del Si­
gnore e nella solidarietà per la missione; soprattutto che siano
ispirati all’oblatività e donazione e non centrati sulla propria
persona o sui propri fini.
Nella capacità di tali rapporti bisogna “progredire” at­
traverso una formazione permanente. E necessario educarsi ed
educare i singoli ad accogliere e amare i fratelli. Il CG24 parla
di una nostra spiritualità relazionale: una spiritualità che non
solo ama con carità interiore ma, come Don Bosco aveva già in­
segnato, per il tratto con i ragazzi, sa intessere relazioni adulte
conformi alla vocazione ed alle sensibilità attuali.
Nell’esperienza fraterna salesiana è molto importante im­
parare a superare positivamente le tensioni che la vita porta
con sé, integrare libertà ed autonomia personali con le esigenze
di una reale comunione. Per questo vanno rivisitate le motiva­
zioni soprannaturali che sono alla base della nostra fraternità,
vanno curati gli elementi di un’ascesi, tanto nei singoli come
24 cf. ACG 363, pag. 30
25 cf. CGS, 483
26 cf. CGS, 485-486

2.6 Page 16

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18 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
nella comunità27. Siamo infatti in tempi di privatizzazione e di
individualismo nei quali si manifestano anche forti dipendenze
affettive e di pensiero. La vera libertà, unita alla volontà effi­
cace di comunione, ci farà educatori dei giovani a questi valori.
Insieme alla capacità di rapporti, ci vuole la comunica­
zione. Oggi si desidera che nelle comunità essa non si limiti al­
l’organizzazione, ma raggiunga l’esperienza personale; che si
scambino non solo notizie del giornale o dati del lavoro, ma va­
lutazioni, esigenze, intuizioni che riguardano la nostra vita in
Cristo e la nostra forma di comprendere il carisma. È quello a
cui tende la revisione di vita, la verifica della comunità, l’inter­
scambio nella preghiera, il discernimento su situazioni, progetti
e avvenimenti.
La comunicazione è necessaria anche a motivo del plura­
lismo positivo di visioni e doni che c’è nella comunità. Le di­
verse forme di coinvolgimento dei confratelli giustificano l’im­
portanza data dalle Costituzioni agli incontri comunitari. Ri­
durre la possibilità di dialogo e di interscambio nella comunità
religiosa porterebbe a non sviluppare e non accompagnare i
processi di crescita dei singoli28.
La comunicazione richiede apprendimento, pratica e anche
animazione. Diciamo apprendimento spirituale, più ancora che
tecnico. Quando si comunica a certi livelli c’è un certo pudore
da superare, per cui non vogliamo raccontarci; c’è pure la fi­
ducia nell’altro da consolidare. L’esperienza dice che non tutti
hanno il coraggio di fare questo. Ci vuole apprendimento,
spazio per la conversazione, capacità di ascolto29.
Il CG24 stimolava le singole comunità a favorire la condivi­
sione delle esperienze educativo-pastorali dei confratelli, a vi­
vere il giorno della comunità e altri incontri come opportunità
di crescita attraverso la comunicazione interpersonale30.
27 cf. La vita fraterna in comunità, 23. 25. 28. 37
28 cf. ACG 370, pag. 10
29 cf. ACG 363, pag. 32-34
30 cf. CG24, 133

2.7 Page 17

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IL RETTOR MAGGIORE 19
La qualità nei rapporti e nella comunicazione richiede l’acco­
glienza umile della vocazione alla comunione come dono piut­
tosto che come peso: «Dio ci chiama a vivere in comunità affidan­
doci dei fratelli da amare»31. Ne scaturisce l’applicazione di cia­
scuno alla costruzione quotidiana della fraternità che porta a su­
perare le tendenze individualiste, ad accettare la correzione fra­
terna ed a partecipare assiduamente alla vita e al lavoro comune.
La forza per fare un tale percorso, la troviamo soprattutto
nella preghiera comunitaria e nel rapporto personale con
Cristo. La comunità «non nasce da volontà umana ma è frutto
della Pasqua del Signore. (...) Quando prega, la comunità sale­
siana (...) ravviva la coscienza della sua intima e vitale rela­
zione con Dio»32e della sua comunione fraterna.
Soprattutto nella celebrazione della Eucaristia la comunità
si lascia costruire da Cristo come fraternità apostolica. Per
questo sono tanto importanti i momenti di preghiera e la cele­
brazione comunitaria.
Don Bosco - ricorda l’articolo 16 delle Costituzioni - voleva
che nei suoi ambienti ciascuno si sentisse “ a casa sua” di modo
che la casa salesiana diventasse una famiglia. Tale testimo­
nianza suscita nei giovani e nei laici il desiderio di conoscere e
seguire la vocazione e missione salesiana33.
In un mondo diviso e lacerato, in una società di massa dove
le persone sovente vengono trattate come numeri, la testimo­
nianza di fraternità evangelica che offrono le nostre comunità
sarà sempre più significativa.
In particolare, il CG23 chiede che la comunità salesiana sia cen­
tro di comunione ed energia di animazione della comunità educa­
tiva pastorale e della Famiglia Salesiana34. Il dinamismo della no­
stra vita comunitaria ci rende atti a convocare ed a coinvolge­
re molte altre persone nello spirito e nella missione di Don Bosco.
31 Cost. 50
32 cf. Cost. 85
33 cf. Cost. 16
34 cf. CG23, 232 ss.

2.8 Page 18

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20 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
Da carismatici, siamo chiamati ad una presenza che sollevi in­
terrogativi, dia ragioni di speranza, convochi persone, susciti col­
laborazione, attivi una comunione sempre più feconda per realiz­
zare insieme un progetto di vita e di azione secondo il Vangelo.
Ciò evidentemente richiede il miglioramento della nostra for­
ma di lavorare insieme, in modo che essa divenga il luogo dove
avviene il passaggio dall’io al noi, dal mio lavoro o settore alla
nostra missione, dalla prosecuzione dei miei obiettivi e mezzi
alla convergenza sull’evangelizzazione e sul bene dei giovani35.
Le Costituzioni e i Regolamenti stabiliscono opportunità
molteplici e diverse di intesa, di coordinamento e di conver­
genza. I Consigli e assemblee comunitarie tendono a darci una
lettura comune delle situazioni alla luce del Vangelo e della no­
stra vocazione, a progettare in forma solidale i grandi aspetti
della pastorale; per questo è così importante la partecipazione
ad esse e la loro qualità.
Oggi molti giovani e laici desiderano “vedere” e “parteci­
pare” della nostra vita fraterna e prendere parte con noi al la­
voro. Per questo dobbiamo ordinarla in modo tale che sia possi­
bile pregare con i giovani, condividere momenti di fraternità e
di programmazione con i laici collaboratori e persino accogliere
alcuni di questi a fare con noi un’esperienza temporanea di vita
comunitaria.
Tutto questo esige di tenere conto della consistenza quanti­
tativa e qualitativa delle nostre comunità, come chiedeva il
CG24, di modo che siano in grado di vivere quello che viene ri­
chiesto e che si aspetta da esse36.
La testimonianza evangelica.
Il secondo riferimento incluso nell’enunciato, riguarda la
consistenza e la manifestazione della nostra esperienza religiosa
e spirituale. La comunità salesiana è chiamata a vivere e a mo­
36 ACG 363, pag. 34
36 cf. CG24, 173-174

2.9 Page 19

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IL RETTOR MAGGIORE 21
strarsi come consacrata, come gruppo di persone alla sequela di
Cristo, attratte potentemente da Lui, dalla sua persona, dalla
sua Parola, dal suo mistero operante nel mondo; un gruppo che
di tutto questo fa un’esperienza comune, sentita e goduta, testi­
moniata con la dedizione totale alla missione giovanile, la vita
fraterna e l’assunzione degli atteggiamenti evangelici37.
Anima di questa testimonianza è la spiritualità, il desiderio
di impostare la vita secondo lo Spirito. La missione ne è il
frutto maturo e il luogo di espressione e di crescita. Lo sap­
piamo per esperienza: la sola gratificazione che viene dal suc­
cesso non conduce molto lontano nell’impegno apostolico. Ci
vuole molto di più!
La missione è anzitutto opera dello Spirito dentro di noi.
Egli ci rende «segni e portatori dell’amore di Dio ai giovani,
specialmente ai più poveri»38. Senza esperienza dello Spirito
non si dà missione, né da parte nostra, né da parte dei laici. La
contemplazione di Dio, che ama e salva l’uomo, e il desiderio di
parteciparvi danno origine e mantengono la nostra tensione
verso i giovani ed il popolo di Dio.
La comunità salesiana dunque non può fondare il suo dina­
mismo missionario e la sua forza di significatività se non su
una intensa esperienza spirituale.
I CG 23 e 24 hanno approfondito le caratteristiche specifiche
della spiritualità salesiana e hanno promosso nella Congregazio­
ne la conoscenza e la stima dei suoi punti cardine. Ma bisogna
esserne ancora più consapevoli, elaborare una pedagogia per
fare strada in questo stile particolare di santità, superando i
rischi della superficialità, dell’attivismo, della abitudinarietà.
Le Costituzioni affermano che la santità è il dono più pre­
zioso che possiamo fare ai giovani39, il principale contributo dei
Salesiani religiosi all’educazione ed alla promozione umana. La
santità ha un valore temporale non soltanto per le opere di ca-
37 cf. Cost. 3
38 Cost. 2
39 cf. Cost. 25

2.10 Page 20

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22 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
rità a benefìcio dei poveri, ma per l’orizzonte, il senso e la di­
gnità che immette nella convivenza umana. «In un mondo ten­
tato dall’ateismo e dall’idolatria del piacere, del possesso e del
potere, il nostro modo di vivere testimonia specialmente ai gio­
vani che Dio esiste e che il suo amore può colmare una vita»40.
La spiritualità, assunta e vissuta, è il “segreto” per realiz­
zare quanto i CG 23 e 24 hanno proposto. È come l’anima della
CEP il midollo degli itinerari di fede da percorrere insieme ai
giovani, in un clima di scambio di doni. Per diventare nucleo
animatore ci è necessario vivere consapevolmente, con convin­
zione, la nostra spiritualità ed esprimerla comunitariamente
con gioia e immediatezza.
Avviene che l’esperienza spirituale salesiana venga talvolta
vissuta in modo occasionale e parziale dalla comunità e dai con­
fratelli, piuttosto che come un criterio, una tensione e un pro­
getto di vita. Spesso la si riduce a “momenti” ; oppure la si as­
sume individualmente, mentre la sua espressione comunitaria
è scialba e poco rilevante.
L’esperienza spirituale non può fare a meno dell’atteggia­
mento e della pratica assidua della preghiera. La comunità è
chiamata ad essere luogo e scuola di preghiera. Solo se si ha
una stima ed un’applicazione personale alla preghiera, si sa­
pranno anche salvaguardare spazi comunitari dall’invadenza
delle occupazioni e vivere momenti curati e calmi di preghiera
comunitaria, liberi dalla fretta e dalla dispersione.
La comunità infine deve imparare a vivere la comunicazione
della fede, la condivisione delle esperienze spirituali, la messa
in comune delle motivazioni vocazionali, la pratica del discerni­
mento comunitario, il confronto sui progetti pastorali. Lì av­
viene lo scambio dei doni tra confratelli, l’offerta e l’accoglienza
delle ricchezze di ciascuno.
Si tratta in sostanza di percorrere, all’interno delle nostre
comunità, autentici cammini di crescita nell’adesione di fede
40 Cost. 62

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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IL RETTOR MAGGIORE 23
alla Parola ed alla presenza di Cristo, di manifestare e comuni­
care tale fede: questa è la condizione perché, della fede, esse
possano essere “ segni, ambienti e scuole” .
Nella testimonianza evangelica, un posto privilegiato va ai
Consigli evangelici. Essi riproducono e rendono presente
nell’oggi la forma di esistenza di Cristo; preannunciano ciò che
è definitivo di fronte a ciò che è provvisorio; hanno una fun­
zione critica e terapeutica nei riguardi della libertà, della ric­
chezza e dell’amore vissuti nella logica esclusiva della realizza­
zione di sé e non del dono; presentano un modo riuscito di rea­
lizzare pienamente l’esistenza umana. La sequela di Cristo ob­
bediente, povero e casto, oltre che essere espressione dell’a­
more personale a Gesù, ha una carica pedagogica di motiva­
zione e proposta di un paradigma di nuova umanità41.
Oggi si insiste sul significato antropologico dei consigli
evangelici. «La scelta di questi consigli, infatti, lungi dal costi­
tuire un impoverimento di valori autenticamente umani, si pro­
pone piuttosto come una loro trasfigurazione. (...) Così coloro
che seguono i consigli evangelici, mentre cercano la santità per
se stessi, propongono, per così dire, una “terapia spirituale” per
l’umanità, poiché rifiutano l’idolatria del creato e rendono in
qualche modo visibile il Dio vivente»42. Questo esige da noi uno
sforzo per viverli non solo con coerenza e verità, ma anche in
profondo dialogo con la cultura odierna, in modo che appaia con
chiarezza questo loro valore di umanizzazione.
Non sono pochi infatti le ambiguità e i cedimenti inconsape­
voli che si introducono nel nostro vivere e gli fanno perdere la
sua eloquenza evangelica.
I Consigli completano e qualificano la vita fraterna e ren­
dono possibile la dedizione della totalità del nostro essere alla
missione43, facendo trasparire la gratuità, l’offerta incondizio­
41 cf. CG24, 152
42 VC 87
43 cf. Cost. 61

3.2 Page 22

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24 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
nata della vita, l’amore senza misura e senza risparmio soprat­
tutto per i più poveri.
Spesso la comunità salesiana non riesce a rendere visibile e
comprensibile tutto ciò e, quindi, la testimonianza non risulta
leggibile. Si devono trovare forme espressive di un tale stile
evangelico, perché soltanto scelte profetiche e radicali rende­
ranno le nostre comunità attraenti e contagiose.
La presenza animatrice tra i giovani.
Un tratto caratteristico di Don Bosco, un punto generatore
della sua spiritualità fu l’andare ed essere tra i giovani, sì da
trasformare l 'assistenza in sistema pedagogico e in esperienza
spirituale. «Familiarità coi giovani specialmente in ricrea­
zione... Il maestro visto solo in cattedra è maestro e non più,
ma se va in ricreazione coi giovani diventa come fratello...»44.
Don Bosco stesso deplora e denuncia alcune tendenze che sfigu­
ravano tale presenza: non si condivide la vita con i giovani se si
è preoccupati delle proprie cose, se si vive lontano, o lo si fa
senza attenzione alle persone, curando soltanto l’adempimento
di un regolamento; se non si dimostra amore e vero interesse
per la persona del giovane...
La prima comunità di Valdocco, criterio permanente di di­
scernimento e rinnovamento pastorale45, è una comunità non
soltanto per i giovani, ma con i giovani: condivide la vita di
questi e si adegua alle loro esigenze. La partecipazione dei gio­
vani determina gli orari, lo stile di lavoro, la modalità di pre­
ghiera. Restare con Don Bosco significa voler stare tra i giovani.
Le condizioni sono oggi cambiate. Molte delle nostre opere
si sono fatte complesse, con molteplici esigenze strutturali.
Nella società attuale si stabiliscono molti rapporti, ma spesso
fugaci e di poca profondità umana. La relazione tra le diverse
44 cf. Don Bosco, Lettera da Roma. Appendice Costituzioni, pag. 248
45 cf. Cost. 40

3.3 Page 23

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IL RETTOR MAGGIORE 25
generazioni si è resa meno fluida, anche a motivo degli stili e
dei gusti... Ciò accresce in tutti, ma soprattutto nei giovani, la
voglia di comunicazione e di rapporti personali gratuiti.
In occasione del CG24 i giovani hanno chiesto ai SDB che fos­
sero più presenti tra loro, condividendo la loro vita, particolar­
mente nei momenti spontanei ed informali; di accompagnarli e
aiutarli nella loro formazione, di creare per loro spazi di parteci­
pazione effettiva nel lavoro educativo e di evangelizzazione46.
Quali sono le richieste che, in merito, ci rivolgono oggi i gio­
vani dei nostri ambienti, i giovani animatori che condividono
con noi la missione salesiana, gli stessi laici?
Ci viene chiesta una presenza fisica tra i giovani, che ci por­
ti ad “amare quello che amano i giovani” , a capire e condividere
tanti valori e aspetti positivi del loro mondo; una presenza di
amico, gratuita, che s’interessa delle persone, non soltanto isti­
tuzionale, orientata principalmente verso l’organizzazione di at­
tività; una presenza attiva, che sa fare proposte, offrire moti­
vazioni ispirate nella ragione e nella fede, risvegliare la creati­
vità e la corresponsabilità dei giovani e allo stesso tempo accom­
pagnare il loro cammino; una presenza testimoniale, che pre­
senta nei fatti la vita e i valori che annuncia. E questo non sol­
tanto come singole persone, ma soprattutto come comunità.
Questa presenza salesiana tra i giovani diviene anima­
zione spirituale. Il CG23 invitava ogni comunità ad essere
una “ scuola di fede” per i giovani e i laici47. Non si tratta, in­
fatti, soltanto di impegnare i laici nelle molteplici mansioni di
servizio educativo e pastorale, ma di coinvolgerli in una avven­
tura spirituale e di vivere noi con tale intensità la spiritualità
salesiana da suscitare in loro un desiderio di condividerla per
costruire insieme un ambiente educativo di forte carica spiri­
tuale, un clima di santità condivisa, come ricordava il CG24
portando l’esempio di Valdocco48.
46 cf. CG24, 284
47 cf. CG23, 217
48 cf. CG24, 104

3.4 Page 24

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26 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
Nella lettera Esperti, testimoni e artefici di comunione scri­
vevo: «Noi non siamo una società di beneficenza o una organiz­
zazione educativa che abbia come fine ultimo determinate rea­
lizzazioni materiali o culturali; siamo dei carismatici. Ciò com­
porta di dare vita ad una presenza che sollevi interrogativi, dia
ragioni di speranza, convochi persone, susciti collaborazione,
attivi una comunione sempre più feconda, per realizzare in­
sieme un progetto di vita e di azione secondo il vangelo»49.
È importante verificare in quale misura ciò si attua nella pro­
pria comunità e come lo si può tradurre e rendere possibile.
Questa presenza diviene annuncio e profezia, proposta di
una forma alternativa di vita secondo il Vangelo. Per essere
profetica la vita consacrata deve essere in grado di scuotere
quel mondo che si va allontanando dal Vangelo. L’importante
non è soltanto quello che realizza materialmente, ma quello che
suscita o risveglia, quello a cui accenna per sollevare interroga­
tivi. Dobbiamo chiederci che cosa immettere oggi nell’educa­
zione e come qualificare la nostra presenza tra i giovani, per
rendere attuale quell’impatto di novità nell’espressione dell’a­
more che ebbe Don Bosco sul suo contesto.
Davanti ad un mondo segnato dalle povertà e dall’esclu­
sione soprattutto dei giovani, la nostra presenza deve essere
una prova evidente di solidarietà e gratuità; davanti a una cul­
tura plurale, nella quale spesso si discrimina il diverso, la no­
stra presenza deve farsi dialogo e condivisione; davanti ad una
società che promuove atteggiamenti di superficialità e sfrutta­
mento consumistico delle cose e della natura, il nostro stile di
vita e di lavoro deve realizzare la sintesi tra riflessione ed
azione, tra uso dei beni e rispetto della natura. Ci domande­
remo come il nostro stile di vivere e di lavorare comunichi
questi valori ai nostri giovani e laici o fino a che punto ci la­
sciamo trascinare dai criteri imperanti nella società attuale.
La nostra presenza può diventare così proposta vocazio-
49 cf. ACG 363, pag. 21

3.5 Page 25

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IL RETTOR MAGGIORE 27
naie. Oggi la provocazione vocazionale si realizza secondo la lo­
gica del “vieni e vedi” , offrendo cioè un’immagine che susciti
nei giovani attrattiva e desiderio di condividere la missione e la
vita. Ciò si realizza innanzitutto con la testimonianza della no­
stra gioia nel vivere la vocazione religiosa salesiana, senza
paura e senza riserve; con la preoccupazione di sviluppare in
ogni giovane la disponibilità vocazionale, cioè la disponibilità a
considerare la vita come dono e servizio; ed ancora con la capa­
cità di comunicare e condividere la spiritualità salesiana e il no­
stro stile educativo, di offrire motivazioni che animano e inco­
raggiano malgrado le difficoltà e limitazioni personali o istitu­
zionali; con il dedicarci con reale priorità di tempo ed energie
all’attenzione ed accompagnamento delle persone per aiutarle a
discernere e ad accogliere il progetto di Dio su di esse.
La grazia di unità.
Questi dinamismi della nostra vita personale e comunitaria
richiedono di essere vissuti secondo quella che chiamiamo
“ grazia di unità” , ossia in una sintesi che sgorga dalla carità
pastorale. Questa, affermava il Papa nel suo discorso al CG23,
«è frutto della potenza dello Spirito Santo che assicura l’insepa­
rabilità vitale tra unione con Dio e dedizione al prossimo, tra
interiorità evangelica ed azione apostolica, tra cuore orante e
mani operanti»50.
Oggi la nostra vita appare esposta a varie tensioni, dovute
ai modelli culturali di vita e alla molteplicità degli impegni.
Rischia di diventare frammentata, di opporre la pratica dei con­
sigli evangelici ai modelli di realizzazione umana, di non tro­
vare spazi e momenti comunitari dove esprimersi nella sua in­
tegralità e di svuotare la missione del suo contenuto evangelico.
Occorre ricuperare una sintesi nella mentalità e nella vita,
che aiuti a vivere positivamente le tensioni. Per questo è indi­
50 cf. CG23, 332

3.6 Page 26

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28 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
spensabile un rinnovato riferimento e rapporto con Cristo
Buon Pastore, che diventi motivo ispirante della nostra vita e
chiave per congiungere preghiera, studio, lavoro educativo pa­
storale, vita fraterna.
Occorre pure una riconsiderazione di come comporre oggi
l’unità da dare alla propria vita tra primato di Dio, dedizione
nella missione e relazione fraterna matura. Ciò va ripensato e
realizzato in comunità fraterne e accoglienti, che si mettono al
seguito di Cristo, che si sentono inviate ai giovani, che cercano
di agire secondo il cuore di Don Bosco. Richiede di saper indivi­
duare e mettere in atto oggi nuovi equilibri personali e comuni­
tari tra i diversi aspetti nella nostra vita.
La comunità è il luogo della crescita vocazionale di
ognuno; aiuta il confratello a vivere con gioia e trasparenza
la sua vocazione salesiana; diventa il suo ambiente di matu­
razione.
È importante che sia il luogo ordinario della formazione
continua dei confratelli; già il CG23 insisteva su questa op­
zione, collegata con il fatto che è la qualità della vita quotidiana
vissuta all’interno della comunità che assicura il processo di
crescita continua. L’animazione della comunità da parte del di­
rettore e il giorno della comunità la favoriscono.
La comunità, oltre a stimolare la responsabilità personale di
crescita, garantisce le forme di accompagnamento personale; è
insufficiente infatti l’animazione comunitaria senza l’accompa­
gnamento. La ripresa del colloquio con il direttore, la Confes­
sione frequente, il riferimento ad una guida spirituale per ogni
confratello aiuteranno la crescita personale all’interno della co­
munità.

3.7 Page 27

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IL RETTOR MAGGIORE 29
3. ALCUNE CONDIZIONI PER L’ANIMAZIONE
DELLA COMUNITÀ SALESIANA OGGI.
Il ministero del direttore.
L’animazione della comunità salesiana è affidata alla corre­
sponsabilità comunitaria; ma l’adeguato funzionamento di tale cor­
responsabilità ha nel direttore il suo punto di riferimento principale.
Perciò la qualità della direzione è sentita dalle Ispettorie come
un elemento strategico per la vita delle comunità in ogni senso.
Il CG21 ci ha offerto una gerarchizzazione delle funzioni e
responsabilità del direttore salesiano. Ha collocato al primo
posto quella di essere servitore dell’unità e dell’identità sale­
siana. Poi lo ha indicato come guida pastorale nella missione sa­
lesiana e nell’orientare gli impegni di educazione. Infine il diret­
tore è il primo responsabile della gestione globale dell’opera51.
Nel manuale del direttore salesiano si afferma che il primo
compito del direttore e quello di destare nei singoli la consape­
volezza di ciò che sono; di fare emergere le capacità ed i ca­
rismi; di aiutarli a tenere desto lo spirito della vita teologale...
in una parola, di creare il clima e le condizioni adatte perché
ogni salesiano, in piena docilità alla grazia, possa maturare nel­
l’identità della propria vocazione52.
In questa responsabilità il direttore è aiutato dal Consiglio53
ed in modo speciale dal vicario54. Insieme curano l’animazione
spirituale e pastorale e coordinano l’amministrazione della co­
munità e dell’opera.
Negli ultimi anni la realizzazione di questo ministero si è
fatta sempre più complessa e difficile, con il rischio che funzioni
marginali sovrastino quelle più decisive dal punto di vista reli­
gioso e pastorale.
51 cf. CG21, 52
62 cf. Il direttore salesiano, Roma 1986, n. 105
63 cf. Cost. 178
64 cf. Cost. 183

3.8 Page 28

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30 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
Per questo molte Ispettorie domandano una riflessione pra­
tica che indichi vie concrete per aiutare i direttori salesiani a
priorizzare i ruoli fondamentali del loro ministero.
Mi sento di affermare, da testimone, che negli ultimi anni,
proprio a causa della nuova situazione della vita consacrata, del­
la vita comunitaria, della numerosa presenza di laici e delle con­
dizioni del lavoro educativo, si è sentita l’urgenza di una triplice
ulteriore concentrazione nel ruolo del direttore: concentrazione
che richiede sensibilità, attenzione, capacità di intervento.
C’è una concentrazione carismatica che risponde al­
l’oggi della vita consacrata. Il direttore, superiore religioso,
deve essere capace di spiegare, di illuminare, di orientare, di
animare la vita consacrata salesiana, di aiutare a viverne il
senso umano e cristiano degli impegni ed a capire che cosa vuol
dire seguire Gesù Cristo sulla traccia di Don Bosco.
Oggi si sente il bisogno di animatori carismatici, che man­
tengano vivi la coscienza e l’entusiasmo della propria scelta vo­
cazionale nei confratelli e nelle comunità. La concentrazione
carismatica riguarda la cura e l’approfondimento dello spirito
salesiano e delle sue caratteristiche.
C’è poi una concentrazione pastorale: il direttore, con il
suo Consiglio e con la comunità, guida tutta l’opera verso gli
obiettivi di evangelizzazione, anche quelli più qualificati.
Compiti e ruoli educativi e gestionali, assunti da persone
diverse, devono convergere quanto ad obiettivi e stile sulla for­
mazione alla fede di ogni singolo giovane e sulla creazione di
un ambiente in cui si manifestano immediatamente valori
umani e religiosi.
Non ci si deve accontentare del minimo. Vanno curati coloro
che rispondono all’invito della fede o che presentano segni di
vocazione. Tutto questo richiede che il direttore entusiasmi,
orienti, precisi, ridimensioni, faccia presenti continuamente le
condizioni perché la missione venga adempiuta.
Vi è la terza concentrazione: la concentrazione fraterna,
cioè la dedizione ad animare i rapporti, il dialogo, la correspon-

3.9 Page 29

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IL RETTOR MAGGIORE 31
sabilità: una dimensione molto sentita oggi. Dal punto di vista
vocazionale si è visto che i giovani sono attirati dalla fraternità.
Essi non mostrano particolare interesse nel fare parte di comu­
nità che siano solo gruppi di intenso lavoro. Non sono attratti
da questo. Si domandano con chi e come vivranno. La frater­
nità dunque sta risultando determinante, e l’animazione delle
sue diverse manifestazioni viene affidata alle cure del direttore.
Per realizzare tutto ciò, il direttore mette in gioco il suo ca­
risma sacerdotale.
Le Costituzioni dicono che il direttore deve essere sacerdo­
te55. Non vuol dire semplicemente che deve avere il requisito giu­
ridico dell’ordinazione sacerdotale; ma che il direttore esercita il
sacerdozio nella e per la sua comunità religiosa ed educativa.
Cioè deve in essa offrire il dono e il ministero della parola. Deve
far fruttificare il dono e il ruolo della santificazione attraverso
l’amicizia, l’animazione spirituale fino ai sacramenti. Deve reg­
gere e orientare la comunità verso Cristo, unificandola in Lui.
Non c’è bisogno che un direttore attenda il fine settimana
per potere fare il prete nella parrocchia. Egli fa il prete nella
sua comunità educativa. Questa è la sua parrocchia e la sua
Chiesa. Lì deve fare l’offerta della Parola di Dio in molte forme:
il consiglio, l’incontro, il buon giorno, la buona notte, la scuola
e tante altre.
Non dobbiamo staccare tanto il religioso dal profano, da
pensare che non ci sia continuità tra la nostra omelia e il nostro
parlare con un ragazzo in cortile. Quando aspettiamo un ragaz­
zino sulla porta della scuola o lo orientiamo con una parola
amichevole in cortile, questa, per il ragazzo, può essere parola
di Dio perché lo solleva, lo consola, gli dà un segno di stima, lo
predispone a rispondere alla grazia.
Il sacerdote opera in persona Christi. Non è una funzione il
sacerdozio: è un essere. Lo stesso va detto del dono della santi­
ficazione e del ruolo di reggere.
55 cf. Cost. 121

3.10 Page 30

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32 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
La formazione permanente nella vita quotidiana.
La significatività della nostra vita comunitaria e della no­
stra pastorale non è garantita tanto dalla struttura o dall’eser­
cizio dell’autorità, ma innanzitutto dalla presenza e azione di
confratelli che vivono con entusiasmo e competenza i valori
della spiritualità, della pedagogia e della vocazione salesiana e
li sanno trasmettere con chiarezza e convinzione.
Per questo la formazione costante delle persone è oggi una
priorità. Suppone una nuova mentalità attenta a rispondere
agli interrogativi e a lanciare sfide evangeliche, un’interiorizza­
zione dei valori che ci renda capaci di superare resistenze e
paure davanti ai cambiamenti; richiede di acquisire una consa­
pevolezza più matura e fondata dei valori e dei criteri della pe­
dagogia salesiana, sviluppare una rinnovata capacità di impa­
rare dalla vita quotidiana.56
La vera formazione, quella che trasforma le persone e i
gruppi, nasce nella vita e dalla vita di ogni giorno; per questo
vivere la fraternità, la testimonianza evangelica e la presenza
animatrice tra i giovani ed i laici implica assumere una forma e
un ritmo di vita che favoriscano e quasi predispongano all’ani­
mazione. Quando questo succede, la stessa vita quotidiana non
solo non logora i confratelli, ma li aiuta a sentirsi bene e a cre­
scere dal punto di vista culturale, psicologico, sociale e soprat­
tutto spirituale.
È fondamentale allora ridare ai Salesiani il senso della prio­
rità della formazione; siamo chiamati ad essere animatori della
crescita delle persone e per questo è necessario che noi stessi
sviluppiamo un dinamismo di crescita costante ed integrale.
56 cf. Cost. 119

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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IL RETTOR MAGGIORE 33
4. INVITO ALLE ISPETTORIE.
Il Capitolo Generale non comprende soltanto l’Assemblea
degli Ispettori e dei Delegati che si terrà a Roma, ma tutto il
percorso che va dalla sua convocazione alla sua applicazione. Si
realizza pienamente nella riflessione, studio e lavoro di tutte le
Ispettorie. Sarà dunque un tempo lungo di rinnovamento della
vita comunitaria nelle singole Ispettorie. L’Assemblea capito­
lare sarà una fraterna condivisione degli sforzi per individuare
quegli elementi che l’esperienza dei diversi contesti ha fatto
emergere come fondamentali e più capaci di generare vita e di­
namismo comunitario nelle situazioni attuali.
Questo tempo sia perciò per le Ispettorie un momento di gra­
zia, nella verifica della fedeltà alla nostra vocazione religiosa e
comunitaria, nella ricerca di un modo più significativo di vivere
in comunità come “ segno di fede” , “ scuola di fede” e “centro di
comunione” , come già ci invitava il CG2357.
In questa verifica è utile anche ascoltare le attese dei nostri
destinatari e collaboratori: come ci vedono e che cosa attendono
dalle nostre comunità. Un dialogo con loro può aiutarci a capire
quello che il Signore ci chiede in questo momento per poter te­
stimoniare con un linguaggio accessibile soprattutto ai giovani i
valori del Vangelo con la nostra stessa vita.
È anche un momento provvidenziale per rimeditare insieme
l’abbondante dottrina sulla comunità religiosa salesiana che
abbiamo nei documenti salesiani ed ecclesiali. Questo ci aiuterà
ad illuminare e orientare le scelte per vivere in unità i diversi
aspetti della nostra vocazione nei complessi contesti della vita
quotidiana.
Nella riflessione e lavoro capitolare vanno evitati due scogli:
quello di ripetere semplicemente gli obiettivi e i propositi o di
scoraggiarsi davanti all’ideale presentato dalle Costituzioni,
quasi fosse oggi irrealizzabile nella pratica.
57 cf. CG23, 215-218

4.2 Page 32

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34 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
Per questo vi invito a cercare le condizioni pratiche che ren­
dano possibile l’avvicinarsi a questo ideale, consapevoli che il
primo dono e il primo servizio che dobbiamo offrire oggi ai gio­
vani è il nostro essere discepoli di Cristo, coinvolti in una
forma di vita alternativa capace di riempire le attese più
profonde del cuore umano. A tale scopo è importante condivi­
dere le esperienze positive che sono già in atto nelle Ispettorie
e avviarne di nuove.
La preparazione al prossimo Capitolo Generale ci obbligherà,
cari confratelli, a intensificare due aspetti della nostra vita con­
sacrata: la spiritualità e la formazione. Due aspetti determinan­
ti per noi, che riguardano da vicino anche i nostri destinatari.
Perché tutto questo si compia, vi chiedo il ricordo speciale
nella preghiera comunitaria. Il rinnovamento della vita consa­
crata è opera dello Spirito che deve rivitalizzare in ognuno e
nelle comunità la carità pastorale e il dono di predilezione dei
giovani. E una grazia che dobbiamo chiedere con fede e con fi­
ducia, aprendoci ad essa con lo sforzo di riflessione e condivi­
sione in comunità e con i giovani e laici.
Invochiamo Maria, Madre della Chiesa e Madre della nostra
Famiglia, attorno alla quale Don Bosco voleva costruire le sue
comunità come vere famiglie.
Con tanti auguri per il vostro cammino capitolare, vi saluto
cordialmente e vi benedico.