LETTERA DEL RETTOR MAGGIORE
PASCUAL CHÁVEZ
ACG 387 ‘04
«RINGRAZIO IL MIO DIO
OGNI
VOLTA CHE MI RICORDO DI VOI» (Fil 1,3)
Presentazione della Regione Europa
Ovest
Don Bosco in Francia,
Spagna, Portogallo e Belgio Sud. – Alle origini, una buona
impiantazione del carisma. – Uno sviluppo spettacolare. –
Situazione culturale, sociale e religiosa odierna. – Situazione
salesiana nella Regione. – Una parola sulle diverse Opere. – La
Pastorale Giovanile. – La Comunicazione Sociale. – La dimensione
missionaria. – La Famiglia Salesiana. – La formazione iniziale e
la formazione continua. – La formazione permanente. – Le grandi
sfide della Regione. – Linee di azione. – 1. Promuovere
un’animazione vocazionale specifica che sia espressione della
testimonianza della vita comunitaria e della fecondità della
missione. – 1.1. Assicurare le
condizioni affinché ogni comunità viva una vera esperienza
spirituale e sia testimone di fede, visibile e leggibile dai giovani.
– 1.2. Creare
un nuovo modo di presenza salesiana veramente significativa, che sia
attraente e propositiva per i giovani e che ponga l’evangelizzazione
come obiettivo prioritario. – 2.
Assicurare i cambiamenti conseguenti nella vita e nell’organizzazione
delle Ispettorie e della Regione.
Roma, 8 settembre 2004
Natività
della Beata Vergine Maria
Carissimi confratelli,
vi
scrivo con vivo affetto, ringraziando il
mio Dio ogni volta che mi ricordo di voi (Fil.
1,3). È questo il titolo che ho voluto dare a questa lettera sulla
Regione Europa Ovest. Anche se esso è valido per tutte le Regioni,
perché esprime l’intensa comunione che c’è tra noi e la
riconoscenza del lavoro fatto per l’espansione della Congregazione
e la diffusione del carisma di Don Bosco, non c’è dubbio che si
applica in modo speciale a questa Regione. La Spagna salesiana ha
conosciuto una grande crescita, la più abbondante e consistente dopo
l’Italia e prima che venisse quella dell’India. La Francia ha
spiccato per il suo amore a Don Bosco, alla sua spiritualità, alla
sua pedagogia. Il Portogallo ha avuto una mirabile estensione
missionaria in tutti i paesi delle antiche colonie lusitane. Il
Belgio Sud ha collaborato sempre generosamente nelle presenze
missionarie.
Durante questi ultimi tre mesi, dall’ultima
mia lettera sulla Parola di Dio e Vita Salesiana, ho trascorso la
maggior parte del tempo alla Casa Generalizia in una impegnativa
sessione di Consiglio, nella quale abbiamo esaminato e approvato ben
due terzi dei documenti elaborati dai Capitoli ispettoriali. Ci sono
tuttavia alcune notizie che meritano un piccolo
commento.
Innanzitutto gli Esercizi
Spirituali che abbiamo realizzato
insieme con il Consiglio Generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice,
a Santa Fosca di Cadore, all’inizio di luglio. Oltre al fatto di
essere la prima volta di un simile evento nella storia dei nostri
Istituti, con tutto il significato carismatico che esso può avere,
volevamo fare una esperienza di ricerca insieme del passo dello
Spirito nell’oggi della Chiesa e del mondo, per conoscere
meglio che cosa si attende il Signore da noi, quali sono le sue
attese, quale la sua volontà. Sotto questo profilo, sia lo scenario
naturale, davvero spettacolare, sia il clima gradevole, sia la
convivenza familiare, sia la condivisione spirituale, sia la
riflessione offerta e celebrata, sono stati illuminanti e
propositivi. Ci sono mancate la Madre Antonia Colombo e due
Consigliere che, per motivi di salute, non hanno potuto
partecipare.
Il mese di agosto è stato caratterizzato dal
“Campobosco”
dei giovani della Spagna e dal Confronto
Europeo,
che ha radunato centinaia di giovani, in occasione del giubileo della
canonizzazione di San Domenico Savio e del centenario della morte di
Laura Vicuña. Tutti e due i raduni sono stati preparati
accuratamente e realizzati con grande impegno di tutti, a cominciare
dai giovani stessi, veri protagonisti degli eventi. Come è naturale,
questi sono tanto più fecondi quanto più segnano una meta e un
punto di rilancio dentro di un processo di maturazione umana e
cristiana e di spiritualità salesiana.
Non posso, in
questo contesto di comunicazione fraterna, non dire una parola sulla
recente campagna che si è riversata contro di noi da parte di alcuni
mass media americani, accusando la Congregazione di portare avanti
una politica di trasferimento da un paese ad altro dei confratelli
accusati di abusi contro minorenni, tenendo nel mirino in particolare
l’Ispettoria dell’Australia. Gli Ispettori degli Stati Uniti
prima e l’Ispettore dell’Australia in seguito hanno pubblicato un
comunicato stampa, negando una simile politica come istituzione,
chiedendo perdono dei possibili misfatti e di una gestione non sempre
adeguata dei casi, mostrando solidarietà con le vittime, ribadendo
gli orientamenti dati dal Rettor Maggiore e dal suo Consiglio, e
mettendo in chiaro che ogni Ispettoria è responsabile della gestione
di questi casi. Mentre accogliamo questa prova come un momento di
purificazione per quello che nel passato non fosse stato alla altezza
di quanto si attende di noi, rinnoviamo il nostro impegno di fare dei
giovani la ragione della nostra vocazione e missione, ed essere per
loro “segni e portatori dell’amore di Dio”.
Don
Bosco in Francia, Spagna, Portogallo e Belgio Sud.
Con
la lettera “Sarete i miei testimoni...
fino agli estremi confini della terra”
(ACG 385) davo inizio alla presentazione della realtà della
Congregazione in ognuna delle sue Regioni geografiche e vi annunciavo
già la presentazione della Regione Europa Ovest. Con questa lettera
«Ringrazio il mio Dio ogni volta che io
mi ricordo di voi» (Fil 1,3) tento di
avvicinarvi alla storia di questa Regione, che è gloriosa, alla
ricchezza della sua realtà presente, e allo stesso tempo, cerco di
rendervi partecipi degli sforzi che sta realizzando per rispondere
con creatività alle ingenti e urgenti sfide che interpellano il
carisma salesiano in Occidente.
La Regione Europa Ovest
fu costituita nel CG24. Geograficamente è la più piccola della
Congregazione. Comprende il Belgio, la Francia, la Spagna e il
Portogallo, con alcune presenze in nazioni che, per ragioni
storico-politiche o per generosità apostolica, sono rimaste unite a
qualcuna delle Ispettorie. Il Portogallo mantiene la sua presenza
nelle isole del Capo Verde, la Francia ha una comunità nel Marocco e
una in Svizzera, l’Ispettoria di Barcellona dirige un centro
scolastico nella Repubblica di Andorra. La Delegazione del Mozambico,
benché dipendente dall’Ispettoria del Portogallo, a partire dal
CG24 fa parte della Regione Africa. Dopo l’unificazione delle
Ispettorie di Francia (1999), la Regione comprende 10 Ispettorie.
Alcune case, in tutte queste Ispettorie, hanno celebrato già il
centenario della loro fondazione.
Indubbiamente la
presenza salesiana nella Regione subisce l’impatto dell’accelerato
e profondo processo di trasformazione dell’Europa, ad incominciare
dell’unificazione della moneta. Durante questi ultimi decenni
infatti si è avanzato decisamente nella definizione del volto
europeo nelle diverse dimensioni della vita. Come altrove, anche qui
gli aspetti economici hanno preso il sopravvento, mentre in altri
campi si trovano delle difficoltà. Lamentabili sono state le
esperienze delle guerre dei Balcani, della guerra dell’Iraq e della
sua ricostruzione e dure le trattative al momento di sottoscrivere la
Costituzione Europea. Tutto questo fa emergere i diversi interessi e
le differenti sensibilità. L’Europa non è uniforme, né nella
cultura, né nella sua storia, né nella teologia, né nelle
espressioni della sua religiosità. E neppure la realtà salesiana,
sempre tanto legata ai contesti, è la stessa in questa Regione della
Congregazione. Durante questi ultimi anni, la Regione ha voluto
essere uno spazio di apertura, di dialogo, di conoscenza reciproca e
condivisione. Si può assicurare che si è fatta strada, ma le stesse
vicissitudini storiche e culturali vissute lungo la storia in
ciascuno di questi Paesi hanno lasciato la loro impronta anche nella
vita salesiana e nelle molteplici sue espressioni. Il processo di
unificazione è forte e inarrestabile, e ci sono fattori che incidono
nella stessa misura nella Regione, ma la storia ha il suo peso, il
che spiega la diversità della stessa realtà salesiana in essa.
Alle origini, una buona
impiantazione del carisma.
Nel
dicembre del 1874, quasi un anno prima di dare l’avvio alla sua
avventura americana, Don Bosco, è “ricevuto a Nizza
(Francia) in forma apoteosica”
[1] . Un anno dopo, il 20
novembre 1875, vi ritorna per prendersi cura di un piccolo
“patronage”. Lo accompagnavano Don Ronchail (cognome francese)
che ne sarà il direttore, il Coadiutore Filippo Cappellaro e il
novizio Jean-Baptiste Perret. Don Bosco voleva ripetere a Nizza
l’esperienza di trent’anni prima alla casa Pinardi. La nuova casa
ha «tutte [le] basi di quella di Torino», scriveva a Don Rua
[2] . Durante l’anno
1876-1877 furono avviati i primi laboratori per calzolai, sarti e
falegnami. Il 12 marzo 1877 fu inaugurata, con solennità, la nuova
sede dell’opera. “Per ricordare l’avvenimento, Don Bosco fece
stampare un fascicolo bilingue, dove appare per la prima volta il suo
‘trattatello’ sul sistema preventivo”
[3] Le fondazioni si
moltiplicano rapidamente in Francia: l’Oratorio di Saint-Léon a
Marsiglia, Cannes e Challonges, di breve durata, La Navarre, la casa
sognata da Don Bosco, dove per la prima volta i Salesiani prendono la
direzione di una “colonia agricola” in cui i giovani orfani
sono avviati ai lavori dei campi. In questi anni, Don Bosco visita
varie volte il sud della Francia. Nel 1883 arriva fino a Parigi. Da
questo momento in avanti, fra Don Bosco e la Francia, si stabiliscono
tali relazioni di ammirazione, apprezzamento e amicizia da una parte,
e di generoso aiuto dall’altra, che un secolo dopo possono davvero
sorprendere. Nel 1884 i Salesiani arrivano a Parigi, guidati da Don
Charles Bellamy, sacerdote diocesano che si era fatto salesiano un
anno prima.
Poco dopo l’avvio dell’opera in Francia,
il 24 Gennaio 1880, in un pittoresco viaggio in treno,
meravigliosamente narrato in una lettera scritta a Don Rua, Don
Cagliero, assieme al Coadiutore Giuseppe Rossi, arriva a Siviglia
(Spagna)
in ruolo di esplorazione: Cagliero con “teja - tégola” o
cappello ecclesiastico spagnolo e Rossi con il “cilindro de su
chistera”. Due giorni dopo, l’Arcivescovo di Siviglia, molto ben
impressionato dai due illustri visitatori, scriveva a Don Bosco: «Mi
sembra che questa Congregazione è destinata a estendersi e a fare
molto bene in Spagna… I migliori auguri ai nuovi operai»
[4] . La profezia si
realizzerà molto presto e in grado eminente.
Cagliero e
Rossi lasciarono in Siviglia un alone di grande simpatia e di
entusiasmo per le opere di Don Bosco. Giovanni Cagliero “aveva
conquistato i vivaci andalusi con la sua grande semplicità, il suo
costante buon umore, e il suo modo di trattare la gente, la sua
franchezza e cordialità”
[5] . Nonostante il
viaggio sia stato molto gratificante, la promessa che la Spagna
poteva avere una comunità salesiana non si sarebbe compiuta fino al
16 febbraio dell’anno seguente, 1881, giorno in cui arrivarono a
Utrera i primi sei salesiani che Don Bosco mandava per la fondazione
in Spagna.
Se il viaggio di esplorazione, fatto in treno
da Cagliero e Rossi, fu pittoresco, per mare e sempre in burrasca fu
quello della prima comunità: venti, tempeste, onde giganti, nebbie,
e mal di mare. C’era tutto, non mancava proprio nulla. A Gibilterra
danno l’ultimo abbraccio ai Confratelli che continuano il viaggio
verso l’America, mentre la nuova comunità fa il suo ultimo scalo a
Cádiz. Da Cádiz, adesso in terraferma e in treno, proseguono verso
Utrera. Alle sei e mezzo della sera i pellegrini avvistano le
svettanti torri della città e don Cagliero, emozionato, grida: “Ecco
Utrera”. “Tutti i Salesiani, con le mani giunte, recitarono
un’Ave Maria all’Ausiliatrice. Iniziava l’opera di Don Bosco
nella Penisola Iberica”
[6] .
Visitando
le case salesiane in Andalusia, si ha l’impressione che i Salesiani
non hanno smesso di recitare e cantare quest’Ave Maria, in mezzo al
popolo. Quando Don Bosco inviò in America i primi Salesiani nel 1875
si congedò da loro nel Santuario di Maria Ausiliatrice e, per
iscritto, diede loro venti ricordi che sono un vero breviario di
pastorale pratica e che conservano tuttora piena validità:
Amatevi mutuamente, aiutatevi e
correggetevi…
Inculcate
la devozione al Santissimo Sacramento e a Maria Ausiliatrice…
Il
bene di uno sia il bene di tutti…
Nelle
fatiche e nel lavoro, non dimenticatevi che una grande ricompensa vi
aspetta in cielo (MB XI,
389-390).
Partirono dall’Italia quei primi Salesiani e
misero in pratica i consigli del Padre anche nella Penisola Iberica:
“Il popolo li accoglie e venera perché sono uomini di Dio: aiutano
i giovani nelle loro necessità, cercano risorse nella lotta contro
infortuni o tentano di diminuirli; sono infaticabili e disinteressati
lavoratori”
[7] . Lo spirito
salesiano, manifestato nella preoccupazione di educare i giovani più
poveri e abbandonati, nell’oratorio festivo, nella sua semplicità
e stile popolare, e, soprattutto, nella propagazione della devozione
a Maria Ausiliatrice, s’impossessa immediatamente del cuore degli
Andalusi e apre la porta di tutti, compresa una parte della nobiltà
e della borghesia “conservatrice” di Spagna, che vedeva con
preoccupazione le disastrose conseguenze che la mancanza d’istruzione
e di educazione cristiana produceva tra i figli degli operai e delle
classi povere.
Grazie all’efficiente intervento di Doña
Dorotea de Chopitea, che anelava di poter fare qualcosa per la
gioventù povera di Barcellona, nel 1884 i Salesiani arrivano a
Sarriá. Lo sviluppo dei suoi laboratori e la sua influenza nella
Spagna salesiana è “quasi un miracolo”. La venuta di D. Bosco a
Barcellona nel 1886 suscitò ondate di entusiasmo e generosità da
tutte le parti, fino al punto di regalargli la collina del Tibidabo
affinché vi fosse costruito un tempio al Sacro Cuore.
Le
prime richieste per un’opera in Portogallo
risalgono al 1877
[8] , ma le prime
trattative per ottenere una presenza dei figli di Don Bosco nel Paese
cominciarono nel 1882, per opera di Don Sebastião Vasconcelos, che
si mise in contatto diretto con Don Bosco e che nel 1883, animato
dallo stesso spirito del Santo, fondò le “Oficinas são José do
Porto” (Laboratori San Giuseppe di Porto), per l’educazione e
qualificazione professionale “dos rapazes da rua” (dei “ragazzi
della strada”), dando a questi laboratori la fisionomia di una
tipica casa salesiana
[9] . Ma i Salesiani
arrivarono in Portogallo solo nel 1894, essendo Superiore Generale
Don Rua. La Città di Braga, sebbene non sia stata la prima a
chiedere la presenza dei figli di Don Bosco, fu la prima ad averli.
La prima comunità – due preti e uno studente – prenderà
la cura del “Colégio dos Órfãos de São Caetano”
(Collegio degli Orfani di San Gaetano). A questa faranno seguito
altre fondazioni: Lisbona (1896), Angra do Heroismo (1903), Viana do
Castelo (1904), Porto (1909). Sono ben note le grandi imprese
marinare dei portoghesi. Non fa meraviglia dunque se da Lisbona i
Salesiani vanno immediatamente a Macao (1906), a Tanjor (1906) e a
Maliapor (1909) in India, e fondano una scuola di Arte e Mestieri nel
Mozambico (1907). Il carisma salesiano in Portogallo si sviluppò
tanto che nel 1899 fu eretta come Ispettoria autonoma, separandosi da
Barcellona, prima sede ispettoriale nella Penisola Iberica
[10] .
Possiamo
pure considerare miracolosi gli inizi dell’opera salesiana nel
Belgio. Il
7 dicembre 1887, il Vescovo di Liegi, mons. Doutreloux, si recava a
Torino per convincere Don Bosco ad aprire una scuola professionale
nella sua città. I Superiori, d’accordo con Don Bosco, pensavano
di temporeggiare prima di accettare. Ma la mattina del giorno
seguente, “con grande meraviglia di Don Celestino Durando
(incaricato delle pratiche per le nuove fondazioni), Don Bosco, ha
detto sì al Vescovo, come se non esistessero più le difficoltà
sorte nel giorno anteriore”
[11] .
Che
cosa era accaduto?. Il giorno dell’Immacolata Don Carlo Viglietti
andò in camera di Don Bosco e lo sentì dire: «Prendi la penna,
inchiostro e carta e scrivi quello che ti detterò. Parole testuali
della Vergine Immacolata che mi è apparsa questa notte e mi disse:
“Piace al Signore e alla Beata Vergine Maria che i Figli di San
Francesco di Sales aprano una casa a Liegi in onore del Santissimo
Sacramento….”»
[12] . Poco dopo arriva
Mons. Cagliero e don Viglietti gli legge lo scritto. Il Monsignore,
meravigliato, dice: «Anch’io ieri mi sono opposto, ma adesso è
arrivato il decreto. Non c’è più niente da dire!»
[13] . Fu in questa
occasione che Don Bosco pronunciò la famosa sentenza: «Fino adesso
abbiamo messo piede sul sicuro, non possiamo sbagliarci: È Maria che
ci guida…»
[14] . La forma con cui
si acquistarono i terreni e come si realizzò l’opera in Liegi non
tardarono a dimostrare che proprio Maria voleva quella casa in quella
città del “Corpus Christi”. A Liegi fecero seguito Tournai, una
casa di noviziato a Hechtel e altre opere, fino a costituire le case
del Belgio in Ispettoria autonoma nel 1902.
Uno
sviluppo spettacolare.
Si
potrebbe davvero definire spettacolare lo sviluppo della
Congregazione Salesiana nei Paesi della Regione. Quando nel 1892 Don
Albera, primo Ispettore in Francia,
ritornò in Italia per essere nominato Catechista Generale, lasciava
tredici fiorenti fondazioni. Anche gli avversari, a modo loro,
rendevano testimonianza alla vitalità dei figli di Don Bosco, i
quali, secondo il relatore di una commissione del Senato francese,
formavano “un aggregato di creazione recente, ma che oggi s’irradia
sul mondo intero”
[15] . Nel 1896
erano già due le Ispettorie in Francia e “in occasione
dell’Esposizione universale di Parigi (1900), i Salesiani si
vedevano attribuire due medaglie per le loro realizzazioni sociali”
[16] .
In
Spagna “il
lavoro dei Salesiani era apprezzato, anche dal governo. Un decreto
del 1893 li elogiava mettendo in risalto il contributo dato da loro
alla soluzione della questione operaia. Identici elogi si udirono
l’anno seguente, al quarto congresso internazionale cattolico di
Tarragona”
[17] .
Come
nell’Argentina, anche in Spagna fu Don Cagliero il fondatore
dell’Opera Salesiana. Tuttavia, sono stati Don Filippo Rinaldi, Don
Pietro Ricaldone, Don Juan Branda, Don Ernesto Oberti coloro che
hanno veramente impiantato il carisma salesiano nella Penisola
Iberica.
Nel 1889 arrivò nella Spagna don Filippo Rinaldi
come direttore della Casa di Sarriá. Per la sua amabilità,
grandezza di cuore e intuizione psicologica, si guadagnò subito
l’affetto di tutti. Tre anni più tardi venne nominato “primo
Ispettore di Spagna e Portogallo”, con sede a Barcellona.
Nove anni dopo rientrava in Italia a far parte dell’allora chiamato
Capitolo Superiore. Lasciava venti comunità di Salesiani in Spagna e
tre nel Portogallo. È in questo momento che fa la sua apparizione
sul palcoscenico, con grande dinamismo e carisma, Don Pietro
Ricaldone.
Lui pure aveva avuto l’occasione di conoscere
e salutare Don Bosco. Fece il noviziato a Valsalice, “dove ebbe
come compagni il principe don Augusto Czartoryski e don Andrea
Beltrami”
[18] . Arriva in Spagna
all’età di 19 anni. Da Utrera fonda con successo l’oratorio
festivo nel difficile sobborgo di Siviglia-Trinidad. Nel 1889 è
consacrato sacerdote e, un anno dopo, è nominato direttore della
stessa casa di Siviglia-Trinità. Aveva 24 anni, ma al dire di Don
Filippo Rinaldi a Don Rua: “È proprio un uomo ed è molto amato”
[19] . A Siviglia don
Pietro si fa spagnolo e andaluso. Nel 1901 è nominato “primo
Ispettore della provincia Betica”. A questo punto – a soli venti
anni dall’arrivo dei primi Salesiani – si creano quattro
Ispettorie nella Penisola Iberica: tre in Spagna e una in
Portogallo.
Gli inizi del sec. XX non sono certo di buon
auspicio per le Congregazioni religiose in Europa. Leggi di governi
liberali e apertamente anticlericali, come violento uragano, si
abbattono contro di esse. Il colpo rivoluzionario (1910) soffocava
bruscamente lo sviluppo dei Salesiani nel Portogallo.
L’Ispettoria Nord di Francia
veniva soppressa.
Un’altra dura prova per la
Congregazione fu la prima guerra mondiale. Quasi la metà dei
Salesiani furono chiamati a prendere le armi. Molti collegi furono
requisiti per essere trasformati in caserme o in ospedali. Ma
precisamente in Francia e in Belgio l’opera salesiana sarebbe
rinata dopo la prima guerra mondiale, e con una forza straordinaria,
di modo che nel 1959 le presenze salesiane del Belgio si configurano
in tre Ispettorie: Belgio Nord, Belgio Sud e Africa Centrale. Le due
Ispettorie di Francia (di nuovo due dal 1925) cominciano a rendersi
presenti in Africa (Congo, 1959).
Da parte sua, la Spagna
– ed in essa la Famiglia Salesiana – si vide insanguinata dalla
guerra civile (1936-1939). Furono momenti di prova e di
purificazione. I martiri della Famiglia Salesiana, 95 in totale, ne
sono una buona testimonianza. Ma come dice Tertulliano: “il sangue
dei martiri è sempre semente di nuovi cristiani”, e anche in
questo caso lo è stato di molte vocazioni. Alla fine degli anni
cinquanta e inizio degli anni sessanta, la crescita vocazionale porta
la Spagna fino a sette Ispettorie, e i suoi missionari diffondono il
carisma salesiano fino ai più lontani confini del mondo. Nello
stesso tempo, l’Ispettoria del Portogallo si rende responsabile
delle case di Macao, Capo Verde e Mozambico.
Situazione
culturale, sociale e religiosa odierna.
La
Regione comprende oggi un’area con 120 milioni di abitanti circa e
una densità che va dagli 80 abitanti per chilometro-quadrato in
Spagna ai 334 nel Belgio. La mortalità infantile non supera mai il
0,9%, mentre l’aspettativa di vita arriva a 74 anni per gli uomini
ed a 80 anni per le donne. L’analfabetismo è praticamente sparito,
tranne fra piccole minoranze o ceti etnici. I nuclei familiari
formati da una sola persona sono aumentati in tutti i paesi
dell’Unione Europea, superando il 28%.
A livello
sociologico non si può trascurare la presenza massiccia degli
immigranti,
come un fattore sociale di rilievo che
preoccupa i governi e la Chiesa e a noi presenta delle sfide non
indifferenti. Da una parte l’Europa ha bisogno degli immigranti, ma
dall’altra impensierisce la condizione d’illegalità in cui
vengono e tantissimi vi rimangono. Questo favorisce lo sfruttamento,
lo sviluppo delle mafie, l’emarginazione, il vivere in condizioni
inumane e/o il ricorrere alla delinquenza per sopravvivere. Il Belgio
è il paese della Regione con la percentuale d’immigranti più
alta: supera il 10%.
Attraverso le scuole, i collegi, i
centri giovanili, diverse piattaforme sociali, e “case di
accoglienza”, la Congregazione Salesiana nella Regione tenta di
collaborare offrendo risposte agili e creative a questo assillante
problema.
In modo particolare si constata la crescita dei
musulmani
(7.500.000 circa nella Regione, il che fa dell’Islam la seconda
religione), con la naturale esigenza dei loro diritti e del loro
riconoscimento politico e religioso, ma anche con la loro cultura,
che sovente entra in conflitto con quella europea e perfino con i
diritti umani (soprattutto quelli riguardanti la donna). Un altro
fenomeno serio è il dilagare delle sette,
che sfidano la nostra capacità di evangelizzazione.
Il fenomeno della mondializzazione e della
globalizzazione
ha – come tutte le realtà storiche – degli aspetti positivi,
soprattutto se si riesce a dargli un volto umano e far prevalere il
valore delle persone sugli altri interessi. Ma ci rendiamo conto che
non sempre sono i valori evangelici a reggere questo mondo. Basta
vedere come neppure le radici cristiane siano state riconosciute
nella Costituzione Europea.
La secolarizzazione, che in se
stessa è un valore, si è trasformata in secolarismo,
il quale prescinde dal riferimento a Dio nell’organizzazione della
vita personale e sociale. Allo stesso modo, il valore della laicità
è stato convertito in laicismo,
con la pretesa di una autonomia assoluta del fatto civile, per cui
alcuni paesi si riaffermano “aconfessionali e laici”, ma senza
garantire quello che dovrebbe essere la laicità, vale a dire, “un
luogo di comunicazione tra le diverse tradizioni spirituali e la
nazione”
[20] . Certo, a questo
livello, nelle Costituzioni dei diversi Stati Europei la libertà
religiosa è garantita, assicurando l’uguaglianza dei cittadini
“senza distinzioni di origine, razza o religione”. Purtroppo, in
realtà non sempre è così. Qua e là appaiono espressioni
chiaramente anticlericali e un laicismo aggressivo, che affonda le
sue radici nell’Illuminismo e nella Rivoluzione francese, e che non
rimane come puro atteggiamento culturale, ma informa le stesse
istituzioni civili.
La società
dei consumi tenta di soddisfare i
bisogni dell’essere umano riducendo il suo campo al materiale e
trasformando la stessa persona in un perfetto consumatore di
prodotti, di sensazioni, di esperienze, mentre il professionalismo
– anche se positivo e necessario – limita sovente lo spazio della
missione per molti carismi. Evidentemente l’autosufficienza e
maturità della società del benessere è un bene in se stesso, dal
momento in cui la società raggiunge la capacità di soddisfare le
necessità principali della popolazione: educazione, salute, lavoro,
casa, attenzione all’emarginazione, tutto questo svolto in centri
gestiti con vera professionalità dalle istituzioni pubbliche. Ma è
anche un fatto incontrovertibile che questo tipo di organizzazione
circoscrive sempre di più lo spazio per la gratuità, elemento
caratteristico della vita religiosa. D’altra parte, la
frammentazione sociale confina la dimensione religiosa e trascendente
nell’ambito del privato.
La diminuzione
drastica della natalità in questo
modello sociale non viene letta tanto come dato statistico, ma come
tratto che evidenzia la mentalità della società del “benessere”.
È evidente un certo edonismo ed egoismo che addita il piacere come
uno egli obiettivi primordiali della vita, senza assicurare il
rispetto degli altri o della legge morale; gravissime sono le
ripercussioni sulla famiglia: divorzi, delega dell’educazione dei
figli ad altre persone, difficoltà o manipolazioni nei rapporti
interpersonali.
Frutto di questi fenomeni è il
diffondersi di una cultura tratteggiata da un certo relativismo
scettico e dal disincanto, che sfidano fortemente la Chiesa, la vita
religiosa e il carisma salesiano.
Parlare della religione
o delle religioni nell’Europa Ovest è
veramente complesso. Di fronte alle cifre di appartenenza ufficiale,
si trovano la prassi personale e la pratica sociale (battesimi,
matrimoni, assistenza alla messa domenicale, funerali), le credenze
più profonde, tutta una tipologia del vissuto dell’esperienza
religiosa che va dal credente convinto e coerente all’ateo pratico
o all’agnostico più radicale, il che si traduce di fatto nella
crescente disaffezione della Chiesa, soprattutto da parte dei
giovani.
Sono molti gli articoli, i saggi pubblicati in
questi anni sul fatto religioso. In genere sono pessimisti. Basta
sentire i titoli: “Bisogna credere all’avvenire del
cristianesimo?”
[21] , “Il
Cristianesimo ha un avvenire”?
[22] , “Il
cristianesimo ha compiuto il suo tempo”?
[23] , “Gli ultimi
Mohicani?”
[24] , “Catholicisme,
la fin d’un monde”?
[25] .
A noi
Salesiani questo fenomeno sociale interessa, soprattutto per la
ricaduta che ha sui giovani. “Si tratta di uno strato della
popolazione più sensibile alle mode culturali e certamente più
colpito dalla secolarizzazione ambientale.”
[26] . L’evangelizzazione
diventa ogni volta più difficile a causa di questa secolarizzazione
degli ambienti. Penso che si possa affermare che c’è un vero
divorzio fra le nuove generazioni di giovani e la Chiesa. L’ignoranza
religiosa e i pregiudizi alimentati da certi mezzi di comunicazione
hanno forgiato in loro l’immagine di una Chiesa-Istituzione,
conservatrice, che cammina contro la cultura moderna, soprattutto nel
campo della morale sessuale.
Il cambiamento religioso in
Spagna è stato talmente veloce che l’orizzonte culturale in cui
vivono i giovani ci può risultare del tutto sconosciuto. “In
particolare, si nota l’aumento degli indici che parlano della
secolarizzazione in questa fascia di popolazione, e soprattutto
l’allontanamento dalla Chiesa come istituzione, che perde prestigio
e valore agli occhi dei giovani”
[27] . Gli studi della
“Fundación Santa María” arrivano alla conclusione che la
Chiesa, in Spagna, ha perso il monopolio religioso. Questo significa
che non si tratta già di scegliere fra diversi assoluti, ma che
tutte le offerte religiose vengono automaticamente svalutate,
relativizzate. Ognuno può fare le proprie scelte fra le diverse
offerte, tutte messe allo stesso livello, e vivere la sua religione
“alla carta”, “self-made”.
Il dramma è la
rottura esistente degli anelli nella catena di trasmissione della
fede. Gli spazi naturali e tradizionali (famiglia, scuola,
parrocchia) si rivelano talvolta inefficaci per trasmettere la fede.
Quindi cresce l’ignoranza religiosa tra le nuove generazioni.
Uno
degli analisti della sociologia religiosa spagnola afferma che fra i
giovani continua la “emigrazione silenziosa extra mura della
chiesa”. In un suo articolo “Una Iglesia irrilevante para la
juventud actual?” (Una Chiesa irrilevante per la gioventù dei
nostri giorni?) sostiene che “i giovani continuano a credere in
Dio, continuano a dichiararsi cattolici praticanti, ma vanno sempre
meno in chiesa”
[28] . Con tutte le
riserve che meritano le inchieste, è giusto tuttavia riconoscere
che tutte fanno risaltare l’aumento, nella nostra società
occidentale, del numero di coloro che si dichiarano credenti in
qualche modo, ma senza un’appartenenza ad una determinata
religione. “Le credenze religiose si pluralizzano e seguono sempre
meno un canone ecclesiale: quindi lentamente vengono meno i livelli
di pratica religiosa: sacramenti e orazione”
[29] .
Se
andiamo un po’ più in fondo, notiamo l’assenza del senso di
peccato. Sempre stando alle statistiche, più del 50 % dei giovani di
questa Regione si dichiarano alieni al senso del peccato e si
caratterizzano per un’accentuata tendenza a una maggiore
permissività e relativismo morale.
Ma sebbene sia vero
che la religione e la politica sono i valori meno apprezzati dai
giovani d’oggi, è anche vero che il fenomeno religioso è
fortemente presente nella società europea. Ci sono tanti aspetti
positivi in questo contesto sociale e culturale che si può parlare a
ragione di un’epoca d’intenso lavoro
dello Spirito. La gioventù continua a
sorprendere per la sua generosità, per la sua capacità di
ammirazione e di risposte davanti ad alcune figure ecclesiastiche (il
Papa per esempio), per il suo impegno davanti a cause nobili. Il
quadro sopradescritto potrebbe essere considerato negativo e portarci
al pessimismo. Niente affatto! Dobbiamo anche dire con decisione che,
sebbene “il nuovo” ci lasci attoniti, i cambi profondi non
rispondono mai al capriccio di alcuni, ma alle necessità dei tempi.
Ciò significa che sotto di essi c’è il dinamismo dello Spirito e
l’energia del Risorto che stanno lavorando nella storia,
purificando e rinnovando, facendo a pezzi l’inerzia della società
e ringiovanendo la Chiesa, dando spazio a un’organizzazione sociale
più confacente al disegno salvifico del Padre. Vuol dire che la
situazione presente è gravida di opportunità nuove, che sono in
atto quelle forze della salvezza che spingono verso il cambio. Il
futuro del Cristianesimo e della vita religiosa dipende, in primo
luogo, non dall’uomo ma da Dio, che può smentire tutte le
statistiche e le più infauste predizioni. Mi azzarderei a dire che
l’ora attuale dell’Europa è un’ora nettamente salesiana,
perché la gioventù oggi, più che mai, vi ha bisogno del carisma
salesiano. Il nuovo contesto sociale e culturale è una sfida e al
tempo stesso un’opportunità.
Le statistiche e i
sondaggi, per noi, non sono mai l’ultima parola. È importante però
conoscere questi studi, perché essi sono rivelatori della situazione
in cui ci troviamo a vivere ed a svolgere la missione che ci è stata
affidata, ci aiutano a comprenderla e ad interpretarla, e,
soprattutto, possono servire come base per il nostro impegno
educativo ed evangelizzatore. Vi invito perciò a studiare ed
approfondire gli studi sulla realtà di nostri giovani. È una prima
manifestazione del nostro amore per loro.
Mi viene in
mente l’espressione di Höldering: «Lì dove cresce il pericolo,
crescono anche le possibilità di salvezza». La nostra speranza e la
nostra forza risiedono nello Spirito del Risorto. Non ci sono porte
sbarrate per la sua energia trasformatrice. Le sue parole sono
rasserenanti e incoraggianti: «Voi avrete tribolazioni nel mondo, ma
abbiate fiducia. Io ho vinto il mondo» (Gv 16,33b). Abbiamo solo
bisogno di docilità al suo Spirito, che ci curi e ci rigeneri.
Chissà se non sia questo il tempo in cui lo Spirito ci spinge al
deserto, alla purificazione e all’attesa. Chissà se non sia questo
il momento di rompere i vincoli che ci legano troppo ai modi passati
di vedere e di vivere. Chissà se lo Spirito non stia mettendo in
moto dinamismi storici per la trasformazione della storia, che
chiedono a noi di essere preparati. Una cosa è certa: non siamo
soli, Egli è fedele e ci accompagna
Situazione
salesiana nella Regione.
Ci
troviamo davanti al paradosso e all’interpellante constatazione che
mentre la situazione giovanile (ignoranza religiosa, miscredenza,
nuove povertà sociali, familiari, emigrazione e sfruttamento o
abbandono dei minorenni, cultura della notte - tema attuale che
preoccupa i governanti) invoca veri e intraprendenti apostoli, le
vocazioni alla vita religiosa e al ministero sacerdotale in genere, e
alla vita salesiana in particolare, si trovano in situazione di forte
calo numerico.
Prima di offrire alcuni dati, vorrei
richiamare l’attenzione sui dati stessi e la loro finalità. Essi,
come detto sopra, illuminano la realtà e invitano a riflettere sulle
nostre presenze e ad agire di conseguenza, sì da progettare bene il
futuro, assumendo con audacia le sfide del presente. Ecco dunque
l’ottica in cui mi colloco.
I Salesiani nella Regione
sono 1.795. Da notare che in questi ultimi venticinque anni c’è
stata una diminuzione di circa 2000 Confratelli. Alcuni di loro hanno
fatto la scelta di restare nelle nuove Circoscrizioni dell’Africa
salesiana, altri sono andati in diversi Paesi di Missione, altri
hanno lasciato la Congregazione, altri sono morti. A questo si
aggiunge, da una parte, la drastica diminuzione vocazionale in tutti
questi paesi, Belgio, Francia, Portogallo e Spagna, e, dall’altra,
l’invecchiamento dei confratelli attivi e la complessità delle
opere. L’insieme di questi fattori fa sì che si spendano le
migliori energie nella gestione delle strutture e nell’organizzazione
e si metta a rischio la qualità dei rapporti interpersonali e
dell’animazione pastorale. Certo, la competenza educativa e
l’identità salesiana dei laici, insieme al lavoro dei confratelli,
contribuiscono a rendere salesiane le opere e le diverse attività.
Tuttavia la comunità salesiana perde visibilità e
significatività.
Una parola
sulle diverse Opere.
Dobbiamo
dire che la scuola
è la presenza salesiana più consistente della Regione. Ci sono 217
scuole, con un totale di 105.800 allievi. In genere, la scuola è
sovvenzionata dallo Stato o dalle regioni politiche.
Professionalmente è ben organizzata, sovente gestita da laici o
almeno con una loro forte presenza e collaborazione. Qui vorrei
sottolineare lo sforzo fatto dalla Ispettoria di Francia che,
attraverso l’Associazione “Maisons Don Bosco”, la “Tutelle”
ed i suoi diversi organismi, tenta con creatività di garantire
l’identità del Progetto salesiano nelle differenti opere gestite
completamente dai laici. Lo stesso può affermarsi della “Réseau
Don Bosco” nel Belgio e della presenza dei Salesiani nelle diverse
associazioni ASBL (associazioni senza fine di lucro).
I
Centri Scolastici hanno elaborato il loro Progetto
Educativo-Pastorale, in cui si definiscono come centri Cattolici e
Salesiani. In genere, è garantita la libertà di organizzare la vita
accademica d’accordo con questo carattere proprio. Non dappertutto
invece è garantita la stessa libertà al momento di scegliere gli
insegnanti, e continua una certa lotta fra scuola pubblica e privata.
Esistono le associazioni dei genitori e, in diversi modi, si fa un
interessante lavoro di formazione per loro.
Con generosa
responsabilità e in modi diversi si cura la formazione
professionale, cristiana e salesiana degli insegnanti e, in specie,
dei quadri direttivi.
Le scuole di formazione
tecnica e professionale nella Regione
meritano un cenno particolare. Ce ne sono 78 e si curano di 30.000
allievi circa.
Dai semplici laboratori di Nizza alle
moderne scuole tecniche e agricole in Francia, dalla scuola di Arti e
Mestieri di Sarriá alle Universidades Laborales o scuole
d’Ingegneria in Spagna, la Congregazione Salesiana ha scritto
gloriose pagine di storia nella promozione del giovane lavoratore.
Gli Ex-allievi hanno riempito le imprese e fabbriche d’Europa come
lavoratori qualificati, come tecnici e professionisti competenti,
come cittadini onesti e responsabili.
I licei tecnici,
professionali, di agricoltura e di orticultura (13 centri con 8.000
studenti circa) in Francia,
rendono alla cittadinanza un servizio sociale di enorme qualità. Lo
stesso possiamo affermare delle opere del Belgio.
Il volto della Congregazione in questa Regione è fortemente marcato
da tratti di promozione sociale, di addestramento alla professione,
di vicinanza al mondo del lavoro. I buoni rapporti con le imprese
assicurano sovente l’impiego a una buona parte degli allievi che
completano la loro formazione professionale nelle scuole
salesiane.
Se Doña Dorotea de Chopitea fu la fondatrice
dei laboratori salesiani in Spagna
[30] , Don Rinaldi e Don
Ricaldone furono gli indiscutibili promotori di una loro lenta, ma
progressiva crescita. L’audacia dei Salesiani andava di pari passo
con la generosità dei Cooperatori e dei Benefattori. La fedeltà
alla vocazione e la volontà e iniziativa dello spirito di Don Bosco
crearono un vero modello salesiano di “scuole professionali”.
Degno di ogni elogio fu, fino al 1974, il lavoro sociale
fatto dalle scuole professionali nel Portogallo.
Le “Oficinas de são José” a Lisbona, la scuola tecnica di
Estoril, il “Colégio dos Orfãos” di Porto, la scuola di “Artes
e Ofícios” di Funchal, la scuola professionale di Izeda,
Santa Clara di Vila do Conde apportarono alla società dei buoni
professionisti e uomini responsabili, nel momento che il Portogallo
cominciava il cammino dello sviluppo industriale. Purtroppo con il
cambio politico (25 aprile 1974) l’insegnamento industriale,
commerciale, professionale sparisce completamente.
Come
appoggio alla educazione la Regione conta su 38 internati, alcuni
molto numerosi, come quelli di Francia (600 alunni). Vale la pena di
ricordare l’importanza che ha avuto l’internato nella storia
salesiana. Oggi è opportuno dotarli di un buon Progetto
Educativo-Pastorale, in coordinamento e complementarità col Progetto
globale dell’opera, ed approfittare, allo stesso tempo, delle
originali opportunità educative che gli internati e i convitti
offrono. Dobbiamo tener presente la responsabilità che abbiamo
davanti a questi giovani, per i quali purtroppo, anche in famiglia,
le difficoltà si moltiplicano.
Esistono 111
parrocchie sotto la responsabilità
pastorale diretta dei Salesiani. In Francia e in Belgio, inoltre,
diversi Confratelli lavorano in parrocchie diocesane. Dappertutto si
prende cura di moltissime cappellanie. La Conferenza Iberica ha
elaborato, da anni, “la proposta educativo-pastorale della
parrocchia salesiana”, che serve di modello per l’elaborazione
del Progetto Pastorale di ogni parrocchia. Di solito, esiste una
commissione che anima questo settore, che è coordinato entro la
pastorale giovanile. Conviene rinnovare sempre la volontà di
garantire l’identità propria delle nostre parrocchie, mettendo in
atto le caratteristiche che le fanno essere davvero salesiane, cioè
popolari, giovanili, educative, missionarie e comunitarie. Nelle
attuali circostanze della nostra cultura, le parrocchie devono fare
uno sforzo serio per essere piattaforme di formazione,
evangelizzazione e trasmissione della fede.
Le
statistiche parlano di 81 oratori
e di 110 centri giovanili dei
Salesiani nella
Regione, con circa 15.000 oratoriani e circa 30.000 adolescenti e
giovani appartenenti come soci ai centri giovanili. I destinatari dei
programmi e attività arriverebbero a 75.000 adolescenti e
giovani circa.
Nel territorio dello Stato Spagnolo esiste
una Confederazione che raggruppa la maggioranza dei Centri Giovanili
delle Ispettorie dei Salesiani e delle FMA (200 circa) e che è un
sostegno del MGS. Attualmente
è composta da 10 Federazioni che corrispondono ad altrettante
“Regioni autonome” dello Stato Spagnolo.
Uno dei
frutti più evidenti della pastorale giovanile in Spagna e Portogallo
è la quantità e la qualità degli animatori giovanili. La loro
identità salesiana e la competenza professionale è in paragone alla
loro generosità e dedizione. La sfida per i Salesiani è quella di
assicurar loro l’adeguato accompagnamento
personale.
Manifestamente la
preoccupazione sociale e la
sensibilità per i giovani poveri è
sempre stata un tratto caratteristico della Congregazione Salesiana.
Il fatto che i Paesi della Regione siano dentro della cosiddetta
società occidentale del “benessere” non ci permette di chiudere
gli occhi alle “nuove povertà” e alle “nuove forme di
emarginazione” che questa società genera. I Salesiani di questa
Regione stanno dando prove di grande sensibilità e impegno sociale.
L’immigrazione, i fallimenti scolastici e tutti i problemi che
girano attorno alla famiglia (divorzio, separazioni…) sfidano la
creatività e il cuore dei Salesiani, che fanno di tutto per trovare
nuove soluzioni ai nuovi problemi. Nella Regione vi sono 65 presenze
che si dedicano ad assistere i giovani in particolari difficoltà.
Si
fa un bel lavoro nel campo del sociale da parte delle scuole e in
particolare delle scuole di formazione professionale, con programmi
adeguati per introdurre i giovani meno dotati nel mondo del lavoro.
Ci sono altre iniziative messe in atto che rendono significativo
l’orientamento sociale della Congregazione: case per i ragazzi di
famiglie disfatte, laboratori di recupero e occupazionali, "centri
di giorno”, unità di scolarizzazione esterna, programmi
d’intervento educativo nelle periferie delle città, pensionati per
ragazzi problematici o condannati dalla giustizia, iniziative di
accompagnamento e promozione sociale per gruppi minoritari o etnici.
È cresciuta la sensibilità sociale in tutte le Ispettorie e,
soprattutto, il senso di coordinamento, di sistema, di lavorare con
progetti complessivi in questo campo. Così è stata creata la rete
salesiana di “établissements d’action sociale” in Francia o le
diverse Fondazioni in altre Ispettorie.
Il 30 gennaio
2002, è stata concessa dal Governo Spagnolo, la Medaglia d’argento
della Solidarietà alla Confederazione Nazionale dei Centri Giovanili
Salesiani. Un meritato riconoscimento al lavoro sociale
realizzato.
L’opzione per i più poveri deve
caratterizzare la vita e l’azione educativo-pastorale di tutte le
nostre comunità ed opere, giacché è uno dei criteri preferenziali
di significatività. Quindi, rimane valida la riflessione fatta
nell’ultima Visita d’insieme svoltasi a Santiago de Compostela:
“Promuovere in tutte le Comunità Salesiane e CEP un’opzione più
sistematica e più impegnativa per i giovani poveri”
[31] . Evidentemente il
nostro lavoro, anche in questo settore, deve essere fatto sotto
l’ottica educatrice ed evangelizzatrice; perciò cito pure un’altra
delle conclusioni della stessa Visita: “Sviluppare fra i giovani
più poveri l’itinerario della educazione alla fede proposto dal
CG23”
[32] , curando in modo
particolare una presenza di testimonianza evangelica esplicita, che
sia per questi giovani punto di riferimento e di stimolo che li aiuti
ad aprirsi alla fede. Si devono quindi sviluppare e approfondire le
motivazioni vocazionali e di fede degli educatori.
La
Pastorale Giovanile.
“Evangelizzare
educando e educare evangelizzando”, ecco uno dei classici binomi di
Don Egidio Viganò per sintetizzare tutta la nostra missione. Con
esso si vuole affermare con chiarezza e convinzione che tutta la
presenza salesiana deve essere, allo stesso tempo, educativa ed
evangelizzatrice e che qualsiasi tipo di opera o attività deve
essere piattaforma di educazione ed evangelizzazione. Tenendo
presente questo, credo che il fin qui detto è dentro il campo della
pastorale giovanile, che abbraccia tutte le dimensioni della
persona e tutti i settori propri della missione salesiana (scuole,
parrocchie, oratori, centri giovanili, piattaforme di emarginazione,
sport, tempo libero).
Nella Regione ogni Ispettoria
ha il suo Delegato per la Pastorale
Giovanile a tempo pieno. Si è arrivati ad assumere e mettere in
pratica il nuovo modello educativo pastorale di corresponsabilità
fra salesiani e laici. Da tempo, ogni opera prepara il suo Progetto
Educativo-Pastorale e l’aggiornamento nella formazione ed
applicazione del Sistema Preventivo, in modo che sia punto di
riferimento per tutti i membri della CEP. Ci sono in atto programmi
di formazione sistematica e organica per educatori e animatori, al
fine di qualificare la loro vocazione educativa e pastorale,
recuperare la gioia e l’originalità della presenza salesiana tra i
giovani, lo zelo e la freschezza del lavoro pastorale e missionario,
e garantire l’identità salesiana delle nostre
opere.
L’associazionismo è una delle colonne della
Pastorale Giovanile nella Regione, specie nel seno della Conferenza
Iberica. Viene considerato come piattaforma ideale per accompagnare i
giovani nel loro cammino di approfondimento e maturazione nella fede,
come veicolo per trasmettere la spiritualità salesiana, come clima
in cui si possono proporre e maturare scelte vocazionali. Sarebbe
bene intensificare l’apertura delle associazioni, strutture e
itinerari giovanili di formazione, alla realtà dell’intera
Famiglia Salesiana, cercando i momenti opportuni per fare l’adeguata
presentazione e proposta vocazionale al carisma salesiano e a ognuno
dei diversi gruppi.
L’educazione dei figli oggi è
incomprensibile senza lo sforzo di affacciarci a ognuno degli
ambienti in cui vivono. Il principale è – o dovrebbe essere – la
famiglia. Si affronta, ma si deve fare ancora con più decisione, il
lavoro a favore delle associazioni di genitori attraverso le scuole
di genitori.
La Delegazione della Conferenza Iberica e il
Centro Nazionale di Pastorale Giovanile di Madrid
hanno fatto un buon lavoro di riflessione, di proposta e di
accompagnamento in tutto il campo della Pastorale Giovanile; è stato
notevole il loro contributo per mettere in pratica gli ultimi
Capitoli Generali. Anche la commissione per le scuole, la segreteria
tecnica della formazione professionale, la “coordinadora de las
plataformas sociales”, la commissione per l’emarginazione, la
commissione dei centri giovanili con la confederazione e la
commissione per lo sport fanno il loro lavoro di coordinamento e
appoggio della Conferenza Iberica. Un frutto è stato l’elaborazione
della Proposta Educativo-Pastorale di ogni settore (Scuola,
Parrocchia, Oratori - Centri Giovanili, Sport e tempo libero,
Piattaforme e attività di carattere sociale) e, soprattutto, l’
“Itinerario di Educazione nella fede”, piano di formazione umana
e cristiana per bambini, adolescenti e giovani, che permette
l’accompagnamento personale fino al momento di assumere l’opzione
vocazionale nella Chiesa e nella società.
In ogni
Ispettoria o a livello della Conferenza Iberica, si organizzano delle
attività interessanti (Pasqua, Campobosco, Esercizi Spirituali per
gli animatori a Torino…), che hanno senso pieno nella misura che
siano integrate in questo piano generale di formazione degli
Itinerari, dove si considerano i ritmi giornalieri (Buon Giorno),
settimanali (tutorie, scuola di religione, riunioni di gruppi),
mensili (24 del mese, ricordo mensile di Don Bosco), trimestrali
(celebrazioni, ritiri, campagne), annuali (convivenze, esercizi
spirituali, Pasqua, Campobosco, incontri di estate, campeggi).
Si
può affermare che in qualche momento la Pastorale Giovanile nella
Conferenza Iberica è stata un po’ il laboratorio dove si
sperimentavano le nuove proposte della Pastorale della Congregazione.
Si sono definite le grandi linee, si è riusciti a metterle in
pratica con un’organizzazione coerente nei principali settori di
attività e, specialmente, attraverso l’associazionismo, in cui i
processi personali hanno priorità nei riguardi delle attività.
Forse il successo della Pastorale Giovanile è stato
proprio questo: da una parte il considerare la centralità della
persona del ragazzo che si deve accompagnare nella crescita di tutte
le sue dimensioni, intellettuale, associativa, spirituale,
vocazionale; e, dall’altra parte, il senso di unità, globalità e,
quindi, di coordinamento dei diversi progetti. Proprio la centralità
della persona del giovane esige di lavorare in équipe, in rete,
cercando le sinergie fra i differenti settori di attività: scuola,
parrocchia, centro giovanile: lo stesso soggetto educativo-pastorale,
gli stessi obiettivi fondamentali, diversi contesti che si potenziano
vicendevolmente.
Ma in questo campo niente è mai
conquistato definitivamente. Perciò, si devono con creatività
cercare linguaggi intelligibili per i giovani, che cambiano
costantemente, e rendere tutte le nostre opere luoghi e piattaforme
d’evangelizzazione, e si deve garantire, ancora meglio,
l’accompagnamento delle persone nel loro processo di crescita e nel
loro discernimento vocazionale, con chiaro riferimento alla
spiritualità giovanile salesiana.
La
Comunicazione Sociale.
Esistono
nella Regione 29 case con attività di comunicazione
sociale, comprese le diciassette
librerie e le sei editrici.
Ogni Ispettoria ha il suo
Delegato Ispettoriale per la comunicazione sociale. In Spagna esiste
il Delegato Nazionale, che è lo stesso direttore del Bollettino
Salesiano e il corrispondente di ANS.
A Marsiglia esiste
un centro multi-media di riflessione e produzione.
Si
pubblica il Bollettino in tre lingue: portoghese, bimensile, con una
tiratura di 10.000 esemplari; francese, bimensile, con 36.000
esemplari per la Francia e per il Belgio; spagnolo, mensile, con
75.000 esemplari.
Assai rimarchevole ed interessante è il
lavoro delle editrici: “Editions Don Bosco” a Parigi,
specializzata nella storia, nella pedagogia e spiritualità
salesiana; “Edições Salesianas” a Porto, specializzata in
salesianità, pastorale giovanile e catechesi; la “Central
Catequística Salesiana” in Madrid (CCS), fondata da Don Ricaldone
e specializzata in salesianità, catechesi, educazione, formazione di
agenti per l’educazione e la pastorale; EDEBE dell’Ispettoria di
Barcellona, che pubblica dei testi scolastici nelle diverse lingue
che si parlano nello Stato Spagnolo, e ha delle convenzioni con
Argentina, Cile, Messico.
La
dimensione missionaria.
Tutte
le Ispettorie della Regione sono state animate da un forte
spirito missionario. Nel 1959 si
costituiva la prima Ispettoria africana con le opere fino allora
appartenenti al Belgio; nello stesso anno, la Francia cominciava a
lavorare nel Congo. Per mettere in luce lo zelo apostolico
dell’Ispettoria del Portogallo basta ricordare Macao, Timor,
Mozambico, Capo Verde. E i missionari spagnoli sono sparsi nel mondo
intero, subito dopo gli italiani. Al momento della costituzione delle
nuove Visitatorie africane AFO e ATE sono rimasti in esse 101
salesiani della Regione e attualmente restano ancora più di seicento
missionari nel mondo che appartengono alla Regione.
Merita
anche di essere sottolineata la realtà della Procura
delle Missioni a Madrid, che ha una
funzione molto più ampia di quella solo di raccogliere soldi per le
Missioni. È organizzata in quattro settori, a seconda dei servizi
che presta: l’animazione missionaria in Spagna, attraverso la
Rivista “Juventud Misionera” e le esposizioni missionarie;
l’alloggio ed appoggio logistico ai missionari che passano per
Madrid; la raccolta di Fondi che ogni sei mesi mette a disposizione
del Rettor Maggiore; e l’ONG “Giovani per il Terzo Mondo” con
due dimensioni, quella di appoggiare ed accompagnare progetti e
quella di promuovere e curare la formazione e l’esperienza dei
volontari.
Colgo l’occasione per rendere grazie, a nome
mio personale e di tutta la Congregazione, per il prezioso servizio
svolto da questa Procura, insieme con la generosità di tanti
benefattori.
La Famiglia
Salesiana
La Famiglia
Salesiana è una realtà consolante nella Regione. I Cooperatori
hanno fatto un lavoro notevole di aggiornamento e un grande sforzo
per ritrovare la loro identità. Il numero di Cooperatori con
promessa nella Regione arriva a 1940 circa e conta su 600 aspiranti.
Funzionano 140 centri di Ex-allievi
organizzati in federazioni ispettoriali. Si presenta la vocazione
alla Famiglia Salesiana nel processo di maturazione della fede
nell’itinerario della pastorale giovanile, e il coinvolgimento
nella missione salesiana da parte dei Cooperatori, Ex-allievi e
“Amici di Don Bosco” è pregevole. A causa del loro sviluppo ed
entusiasmo meritano di essere messe in rilievo le Associazioni
di Maria Ausiliatrice che in Spagna
contano su circa 100.000 associati; i gruppi hanno superato gli
aspetti meramente di devozione, per impegnarsi nella propria
formazione e anche nella catechesi, in centri giovanili,
accompagnamento e attenzione agli ammalati, collaborazione con la
“caritas” e con tutta la Famiglia Salesiana nell’impegno
sociale a favore dei più poveri o emarginati; ma dove si mette più
impegno è certo nella propagazione della devozione a Maria
Ausiliatrice.
Ci sono anche diversi gruppi di Volontarie
di Don Bosco e quattro centri di “Damas
Salesianas”. Come movimento originale
dalla Spagna e collegati ai Cooperatori, ci sono “Los
Hogares Don Bosco”, piccoli gruppi di
coppie che vogliono vivere il Sistema Preventivo e la Spiritualità
Salesiana nel seno della famiglia. Il gruppo è numeroso e vivace,
specie nelle Ispettorie del Sud. Sono associate un totale di 1.150
coppie.
Forse è opportuno sottolineare che, oltre ai
martiri
della guerra civile spagnola già beatificati (aspettiamo in breve la
lettura del decreto di martirio dei 63 mancanti), la Famiglia
Salesiana della Regione ha dato altri ammirevoli frutti
di santità: suor Eusebia Palomino
(FMA), Alexandrina Maria da Costa (Cooperatrice), il principe Augusto
Czartoryski con nascita e sangue di Europa Ovest. E altri la cui
causa è in corso: Dª. Dorotea de Chopitea (Spagna), il P. Auguste
Arribat (Francia).
Va ricordato qui il ruolo che la
Congregazione ha all’interno dell’insieme della Famiglia
Salesiana, cui deve assicurare, specie attraverso i corrispettivi
delegati o assistenti, l’animazione e la formazione.
Pur
non appartenendo tutti alla Famiglia Salesiana, i
laici che
lavorano nelle nostre opere ci sono molto vicini, appunto per il
fatto di condividere con noi missione e spirito. Nella Regione si può
dire che il 95% degli agenti educativi e pastorali sono laici che, in
genere, assumono con competenza la responsabilità nei diversi campi
educativi, pastorali e direttivi.
Le Ispettorie hanno
elaborato il “Progetto Laici”
che regola i rapporti con i collaboratori, le loro responsabilità e
la loro formazione. Da anni i professori, gli animatori giovanili, i
catechisti svolgono attività di formazione, sia nel campo
professionale, sia in quello pedagogico, salesiano e cristiano; sia
nei programmi realizzati nei diversi centri, sia nelle attività o
corsi organizzati dalle Ispettorie o in altri livelli. Ci sono delle
iniziative interessanti e, sempre più, questa formazione è
ricevuta, con diverse modalità, insieme da salesiani e laici. Merita
una sottolineatura speciale la costruzione del Centro “Jean Bosco”
di Lyon, inaugurato dalla Madre Antonia Colombo e da me, il 13
febbraio scorso, come espressione dello sforzo e della volontà di
collaborazione di SDB e FMA nella formazione di religiosi/e e laici
nel campo della storia, pedagogia e spiritualità salesiana. Nella
stessa linea è stata creata la rete salesiana “Réseau Don Bosco”
nel Belgio.
Purtroppo in qualche parte non è sparita del
tutto tra i Salesiani una certa mentalità di proprietari, restii ad
assumere le grandi scelte del CG24, che ci invitavano a passare ad un
nuovo paradigma di rapporti SDB/laici, non solo di collaborazione ma
di autentica corresponsabilità nei compiti direttivi. E neppure
sempre è garantito “l’accompagnamento salesiano” personale dei
laici, chiamati a una maggiore identificazione con Don Bosco e il suo
carisma, la sua pedagogia, la sua spiritualità, appunto per il loro
coinvolgimento nella missione.
La
formazione iniziale e la formazione continua.
Una
presenza salesiana tanto robusta e ragguardevole presuppone una
pastorale vocazionale e una formazione iniziale e permanente di
qualità. Sono ben noti i tempi in cui ogni Ispettoria della Regione
aveva le sue case di formazione piene. I nomi di Lyon, Salamanca,
Barcellona, Sanlúcar, per citare solo i teologati, sono vivi nella
mente e nel cuore di tanti confratelli della Regione e di altre parti
della Congregazione, che vi impararono a modellare la propria vita su
quella di Don Bosco per diventare come lui “preti per i giovani”.
Naturalmente, dopo quanto abbiamo detto prima, oggi la realtà è
un’altra. La crisi di vocazioni che soffre la Regione non ha
paragone con nessuna altra parte della Congregazione. Basta pensare
che questo 16 agosto soltanto tre novizi in tutta la Regione hanno
fatto la loro prima professione. Le cause si possono trovare appunto
nell’insieme di fattori che costituiscono la cultura odierna in
questa parte del mondo.
Anche qui, più che in qualsiasi
altro campo della vita della Chiesa e della Congregazione, ci vuole
fede nel Signore della storia, che ha i suoi ritmi. Questo non
significa cedere alla rassegnazione. A noi spetta di continuare a
lavorare con una pastorale giovanile di qualità, altamente
propositiva e competente nell’accompagnamento spirituale, sì da
aiutare a maturare scelte di vita. E dobbiamo pregare il Signore
perché mandi operai anche a questa parte della sua messe. Vorrei
invitarvi a rileggere la lettera di Don Vecchi: “Ecco
il tempo favorevole” (ACG 373).
Questo dovrebbe portare ognuno di noi e tutte e ciascuna delle nostre
comunità a diventare promotori vocazionali.
La
formazione ha il bel compito di trasmettere alle nuove generazioni
l’identità carismatica salesiana, con un bagaglio e una
preparazione intellettuale e culturale che le qualifichi per vivere
da consacrati apostoli e sviluppare la missione. Si deve garantire
l’identità carismatica, ma anche la qualificazione professionale
come educatori-pastori dei giovani. Tutto questo richiede tempo,
serenità, strutture, mezzi, e, soprattutto, formatori competenti,
programmi adeguati e un numero sufficiente di formandi che rendano
possibile l’applicazione dei programmi e dei mezzi.
Nella
Regione ogni Ispettoria ha il suo Delegato per la Formazione. Insieme
e coordinati formano la Delegazione di Formazione di ogni Conferenza.
È bello constatare che in ogni tappa della formazione iniziale, la
Regione cerca di avere la massima “collaborazione
inter-ispettoriale” possibile.
Parlando di formazione
abbiamo solo una strada: evitare soluzioni di emergenza. Dobbiamo
cercare la qualità.
Questa ha alcune esigenze che sono imposte dalla nostra condizione di
religiosi e dalla missione, che deve svilupparsi in un contesto
storico e culturale molto concreto:
- Équipe
di formatori consistente sia
quantitativamente che qualitativamente: uomini preparati nella
dottrina e nella riflessione per questo mestiere, intenditori della
cultura attuale dei giovani, dei loro problemi; con sapienza
nell’accompagnamento e nella direzione spirituale; con capacità di
trasmettere entusiasmo per la vita religiosa e salesiana.
-
Programmi adeguati:
La Congregazione ha pubblicato quattro anni fa la sua nuova edizione
della Ratio.
Adesso, si chiede che sia conosciuta da tutti, specialmente
dall’Ispettore e dal suo Consiglio, dai direttori e dai formatori,
e messa in pratica. Si tratta di programmi, contenuti e processi per
garantire qualità e identità nella maturazione della vocazione
salesiana. Se la missione non è generica, non deve esserlo neppure
la formazione.
La Regione ha spiccato sempre per la cura
delle case di formazione, senza risparmio di personale e
investimenti. Un grazie dal profondo del cuore per la volontà e per
gli sforzi che si stanno facendo in questo momento, nonostante il
ridotto numero di formandi.
La Congregazione deve
investire generosamente e responsabilmente nelle persone, tempo e
mezzi per ottenere l’identità carismatica e la competenza
professionale di ogni Confratello, per garantire la fecondità della
missione nel futuro. Il tempo sottratto alla riflessione,
all’orazione, allo studio durante il tempo di formazione è tempo
che va perso, a detrimento della qualità della vocazione e della
missione futura, che poi si rivelerà nella superficialità e nella
mancanza di entusiasmo e zelo pastorale. La passione educativa del
“Da mihi animas”
è frutto di una vita totalmente consacrata a Dio e interamente
votata ai giovani, e va coltivata con dedizione, sistematicità e
generosità alla scuola di Don Bosco. Per questo, è molto importante
saper mettere al loro posto, accompagnare e valutare le pratiche
pastorali in ogni tappa della formazione.
Vorrei anche
dire una parola sulla vocazione e formazione dei Coadiutori.
Nella Regione ci troviamo davanti a situazioni molto diverse: da
Ispettorie con 4 coadiutori, fino a quella di Madrid, che è la
seconda nel mondo salesiano per numero di Confratelli Coadiutori –
dopo la ICP – o quella di León, che ha la percentuale più alta di
Coadiutori come Ispettoria. Il salesiano laico ha avuto un rilievo
speciale nel volto salesiano della Regione. Bisogna fare onore alla
storia e preparare un piano adeguato di animazione per la vocazione
del Coadiutore oggi, curando allo stesso tempo la dovuta formazione.
Per questo, non ci resta altra soluzione che quella di rivolgersi
alla collaborazione interispettoriale, come si è fatto in altri
momenti e con soddisfacenti risultati. Basta pensare alla esperienza
di La Almunia o di Urnieta.
La
formazione permanente.
La
formazione permanente generalmente si struttura in ogni Comunità
attorno ad un incontro comunitario settimanale. Il “giorno della
Comunità” si trova nella maggior parte delle programmazioni, con
risultati soddisfacenti. Per questi incontri, i direttori si servono
del materiale che viene loro offerto dalle sedi ispettoriali o dalla
Conferenza Iberica nel caso della Spagna (Quaderni di Formazione
Permanente, Ventall). Ho visto che le lettere del Rettor Maggiore si
stampano in edizione separata e si consegnano a ciascun Confratello,
e si fa uno studio adeguato dei documenti della Congregazione.
La
Francia e il Belgio (SDB e FMA) si coordinano nell’organizzazione
di varie attività formative per i giovani salesiani durante l’anno.
La Conferenza Iberica organizza incontri di formatori, per tappe,
mediante la Delegazione Nazionale per la Formazione. Ci sono altre
iniziative di formazione permanente: un corso in settembre, corsi di
preparazione alla professione perpetua, corsi per sacerdoti e
Coadiutori giovani, corsi per la terza età, viaggi in Terra Santa e
a Torino, corsi di formazione permanente a Campello (40/55 anni) ai
quali, di solito, prendono parte anche confratelli dell’America
Latina.
La Conferenza Iberica organizza, ogni due anni, un
corso di una settimana, con la partecipazione di vari Consiglieri
generali, per i nuovi direttori di comunità.
La Regione
Europa Ovest ha capito molto bene che la formazione permanente è
un’esigenza prioritaria della nostra vocazione e della nostra
missione e ha cercato di agire di conseguenza. Il contesto culturale,
specialmente fra i giovani, cambia rapidamente. La nostra missione di
educatori/pastori
ci obbliga ad essere aggiornati. Le grosse sfide della cultura
odierna e della società dei consumi vanno affrontate con coraggio e
competenza attraverso offerte di qualità dell’educazione e
dell’evangelizzazione delle nuove generazioni giovanili, e
attraverso l’animazione e la formazione dei laici, degli animatori
giovanili, dei professori, dei responsabili delle Comunità e dei
gruppi della Famiglia Salesiana.
Resta tuttavia il fatto
che il luogo e il tempo privilegiato per la formazione permanente
sono la Comunità e la vita quotidiana, per cui si deve impostare un
ritmo che favorisca la qualità della preghiera, della convivenza,
della programmazione, del lavoro, dello studio, della riflessione,
della verifica. Dobbiamo considerare la vita quotidiana come
piattaforma privilegiata di formazione. Si tratta di “mantenersi in
forma” professionalmente, pedagogicamente e spiritualmente; quindi,
non basta conoscere gli ultimi principi pedagogici o i progressi
della tecnica; è, altresì, necessario garantire l’atteggiamento
positivo del nostro cuore davanti alla cultura giovanile e davanti
alle sfide educative e pastorali che ci si pongono dinanzi. È bello
pensare tutta la vita come vocazione e missione. È ugualmente
entusiasmante voler e poter essere sempre attrezzati per essa.
Le
grandi sfide della Regione.
La
presentazione della Regione Europa Ovest ci fa vedere una regione
salesianamente ben identificata ed organizzata, con opere e attività
consistenti: centri accademici di prestigio professionalmente
gestiti, un’impostazione e una portata sociale forte, un’attenzione
crescente e con iniziative generose e interessanti verso il mondo
dell’emarginazione, un movimento giovanile salesiano robusto ed
impegnato, organizzato – almeno nel caso della Spagna –
attraverso la confederazione dei centri giovanili, un piano formativo
chiaro ed esigente (“Itinerari d’educazione nella fede”) per
accompagnare i giovani dalla prima comunione fino al momento di
assumere l’opzione vocazionale, progetti ben elaborati e condivisi
per le scuole, per le parrocchie, per i centri giovanili, per il
tempo libero, per il settore sociale; un’animazione con
spirito missionario, che si esprime al meglio tra l’altro nel
volontariato; una Famiglia Salesiana con vitalità; laici competenti
professionalmente e salesianamente, ben identificati, coinvolti
corresponsabilmente nella missione salesiana; un alto livello di
studio, di conoscenza e di assimilazione dei documenti salesiani
(Capitoli generali, lettere del Rettor Maggiore, strenne…); un
notevole investimento nella formazione dei laici (professori,
animatori, catechisti, Famiglia Salesiana); imprese e realizzazioni
importanti nel campo della Comunicazione Sociale.
Desta
meraviglia che, con tutto questo, i risultati pastorali e vocazionali
non corrispondano allo sforzo fatto. Ma in una società sempre più
secolarizzata, pluralista e di alto benessere questo sembra normale.
A noi spetta seminare, al Signore dare fecondità spirituale,
pastorale e vocazionale. Ho già accennato al fatto che qui lo Stato
è in grado di soddisfare le necessità principali della società.
Sotto questo profilo, l’Occidente non ha bisogno della vita
religiosa, considerata come mano d’opera economica nei campi
dell’educazione, della salute, della promozione sociale, neppure
per l’attenzione ai più bisognosi ed emarginati come gli
immigrati. Qual è dunque la nostra missione in tale contesto? Qual è
lo spazio in esso per la vita religiosa? Come Salesiani, che cosa
allora offrire ai giovani? O ancora di più, il carisma salesiano è
utile, necessario e ha futuro in questa società occidentale?.
Dico
immediatamente di sì. Anzi l’Europa è il luogo dove appare più
necessaria e urgente la missione salesiana. La società europea
moderna, dal punto di vista economico, è autosufficiente; ma una
grande massa di giovani sono perduti, insoddisfatti. Malgrado tutte
le risorse materiali di cui dispongono, non trovano il senso della
loro vita e il loro orizzonte si rende opprimente e asfissiante.
Questi giovani in Europa sfidano frontalmente il carisma salesiano,
ci mettono alla prova e questionano la verità e capacità della
missione, della pedagogia e della spiritualità di Don Bosco. È una
sfida imponente per noi sapere se siamo capaci o meno di accompagnare
i giovani che cercano il senso della loro vita, se riusciamo a
diventare segni e portatori dell’amore di Dio per i giovani segnati
dalle nuove povertà, se riusciamo ad avvicinarli alla persona di
Cristo come l’unico che può soddisfare gli aneliti più profondi
del loro cuore e assicurare la pienezza della vita.
I
giovani europei ci obbligano ad approfondire il cuore della nostra
identità carismatica: bisogna convincerli che Dio li ama, che Dio li
ha riempiti di energie di bene da liberare e di potenzialità da
sviluppare, che Dio crede in loro come protagonisti e agenti di
cambio per la costruzione di un mondo più umano. Non possiamo fare
di meno! Sarebbe ingannare i giovani e diventare inutili per Dio. La
missione salesiana viene perfettamente definita nelle Costituzioni:
“essere segni e portatori dell’amore di Dio” (Cost. 2), vale a
dire essere presenza visibile, leggibile ed efficace del Dio amore
fra loro. Senza questa sacramentalità la presenza salesiana tra i
giovani perde il suo carattere di missione e diventa lavoro,
mestiere, filantropia.
Mi domando se potrebbe esserci un
compito più entusiasmante. L’Europa può rendere un grande
servizio alla Congregazione: aprire la riflessione e scoprire cammini
per evangelizzare i giovani di un mondo postmoderno e postcristiano.
Iniziative coraggiose e audaci sono messe in atto, ma dobbiamo
riconoscere che le formule tradizionali servono poco per giovani
culturalmente nuovi e diversi. Quindi bisogna inventare quasi tutto:
la vita religiosa come profezia e parabola che parla di Dio, e la
missione salesiana come apertura al senso e alla pienezza della
vita.
E questo può essere compatibile con l’età
avanzata e con le malattie dei confratelli, perché non dipende tanto
dal numero e dalle attività realizzate quanto dalla fedeltà a Dio e
dal fuoco che ognuno porta nel cuore per irradiare e diventare luce.
Linee di azione.
Ecco dunque le linee di
azione che propongo per rispondere a
questa grossa sfida della realtà giovanile oggi. Sappiamo che senza
Salesiani non avrà sopravvivenza il carisma di Don Bosco. Il grande
problema in Europa è appunto la mancanza di vocazioni. Quindi le
sfide fondamentali saranno di coltivare vocazioni, assicurare
un’organizzazione nella vita delle Ispettorie e una
ristrutturazione della Regione che permetta di puntare su comunità
più significative carismaticamente e, pastoralmente e
vocazionalmente, più feconde.
1.-
Promuovere un’animazione vocazionale specifica che sia espressione
della testimonianza della vita comunitaria e della fecondità della
missione.
Le tendenze
vocazionali nella Regione sono preoccupanti e tutti gli indicatori
manifestano che la situazione è destinata a rimanere tale, se non ci
sono interventi forti. Bisogna dunque intervenire decisamente. Ma
sappiamo che le vocazioni non sono tanto il frutto di tecniche e
strategie puramente umane, quanto dono di Dio che richiede la nostra
collaborazione, nell’instancabile preghiera al padrone della messe,
nell’accettazione della propria vita come vocazione, nella fedeltà
carismatica e nella generosa dedizione alla missione fra i
destinatari preferenziali.
Perciò parlare della pastorale
vocazionale implica:
1.1.-
Assicurare le condizioni affinché
ogni comunità viva una vera esperienza spirituale e sia testimone di
fede, visibile e leggibile dai giovani.
L’atmosfera
di secolarizzazione e di sincretismo religioso spinge le comunità
religiose a sottolineare il loro carattere di segno e profezia
attraverso l’organizzazione del quotidiano, dove si deve
manifestare il primato della vita spirituale. Una vita religiosa che
offra al mondo la sua santità, cioè che giovi a “cercare e
contemplare Dio”, a leggere, decifrare, raccontare e interpretare
il costante intervento di Dio nella storia: ecco il primo e il
miglior servizio della vita religiosa a favore dell’uomo
contemporaneo. Quindi la famiglia religiosa che non sia scuola e
proposta di spiritualità non ha molto da dire in questa società. Ma
la profondità spirituale non ci è concessa in modo automatico. È
frutto della grazia e dello sforzo personale. È necessario badare,
con amorosa fedeltà, alle semplici pratiche di ogni giorno: la
meditazione, la lettura, i ritiri, la pratica del sacramento della
Riconciliazione. Il primo contenuto della missione è di rivelare ai
giovani la nostra vita: come viviamo la nostra alleanza con il
Signore, come ci amiamo, come il vissuto radicale dell’obbedienza,
della povertà e della castità ci rende più liberi e disponibili
per la generosa dedizione alla missione tra loro. Questo esige di
garantire a ogni comunità le condizioni concrete di consistenza
quantitativa e complementarità per renderla testimone di vita e
anima della comunità educativa. Si deve investire nella comunità
per qualificare la comunicazione e i
rapporti interpersonali, per creare
un’intensa esperienza di famiglia; così la comunità sarà
testimone e profezia di comunione tra i destinatari. Il funzionamento
di tutti i dinamismi comunitari (consigli, assemblee) e il ricupero
della funzione carismatica del direttore, ci porterà a oltrepassare
i ruoli gestionali ed a godere le ricchezze della vita religiosa,
salesiana e comunitaria.
Se vogliamo assicurare
l’efficacia dei buoni propositi e degli obiettivi indicati è
conveniente stabilire tempi, modalità e criteri nel seno delle
comunità per verificare la loro testimonianza di vita e il loro zelo
apostolico fra i giovani.
1.2.-
Creare un nuovo modo di presenza
salesiana veramente significativa, che sia attraente e propositiva
per i giovani e che ponga l’evangelizzazione come obiettivo
prioritario.
Questo
implica in primo luogo di “essere salesianamente presenti” tra i
giovani e manifestare praticamente che gli ultimi, i più bisognosi,
saranno sempre i preferiti nelle opere e nelle attività salesiane.
Dobbiamo rivendicare l’evangelizzazione dei giovani come
l’obiettivo prioritario dei Salesiani: siamo missionari dei
giovani. Constatiamo che nelle nuove generazioni cresce l’ignoranza
religiosa, che gli spazi naturali e tradizionali (famiglia, scuola,
centro giovanile, parrocchia) trovano sempre più difficoltà a
trasmettere la fede. La nuova evangelizzazione è la sfida per la
Chiesa e per i Salesiani in Europa. Né la riuscita accademica, né
la promozione sociale in se stessa, giustificano oggi una presenza
salesiana in Europa, se non ha, allo stesso tempo, la possibilità
pratica e la volontà ben determinata di proporre la fede ai giovani.
L’elaborazione e la messa in pratica di un piano di
pastorale organico, sistematico e unitario, con degli itinerari
concreti, come già ci chiedeva il CG23, che vadano dal primo
annuncio all’accompagnamento personale e vocazionale per i più
disponibili, ci aiuterà a rendere ogni settore (scuola, tempo
libero, parrocchia) una piattaforma di evangelizzazione.
Cari
confratelli, vi incoraggio ad offrire ai giovani, con rispetto,
libertà e pedagogia, autentiche esperienze di fede: scuole di
preghiera, percorsi educativi personalizzati di vita sacramentale,
esperienze di gratuità, valorizzando e promuovendo i diversi modi di
volontariato. In questo momento in cui i canali di trasmissione della
fede sembrano spezzati, dobbiamo favorire i gruppi, le associazioni,
il MGS come veicolo di trasmissione della spiritualità salesiana e
come opportunità di proporre il carisma di Don Bosco vissuto nella
vita consacrata. Sottolineo l’importanza di garantire ai giovani
una salda formazione cristiana attraverso i corsi sistematici di
religione e attraverso la catechesi. Bisogna curare i contenuti,
perché sull’ignoranza religiosa non si può costruire la
fede.
Grazie a Dio, la Regione conta su risorse materiali
e strutturali straordinarie, e soprattutto, su un numero di laici di
qualità ad ogni livello, perfino nel campo della salesianità.
Occorre dar loro fiducia, coinvolgendoli nei compiti pastorali e
garantendo loro la formazione adeguata. Occorre disegnare assieme a
loro, con creatività e immaginazione, una risposta alle questioni e
alle sfide della cultura e dell’evangelizzazione dei giovani di
oggi.
È vero che l’età media comincia ad essere alta,
ma i giovani ci domandano accompagnamento personale e vocazionale. Si
tratta, dunque, di ravvivare nei nostri cuori la fiamma del “Da
mihi animas” del nostro amato Don
Bosco, che non è altro che la passione per Dio e la passione per i
giovani.
2.- Assicurare i
cambiamenti conseguenti nella vita e nell’organizzazione delle
Ispettorie e della Regione.
Diventa
facile constatare alcuni rischi che oggi ci minacciano: lo squilibrio
tra il numero di Salesiani e la vastità e complessità delle opere,
che ci obbliga ad investire le migliori risorse personali
nell’organizzazione, nella gestione e mantenimento delle strutture,
affievolendo talvolta la presenza e l’accompagnamento educativo e
pastorale delle persone (giovani, animatori, professori, genitori);
la mole di lavoro che si svolge e che non sempre lascia vedere la
comunità, la singola persona del salesiano, le sue motivazioni più
profonde, e il suo ruolo animatore nella CEP; l’attivismo, che da
un canto sottrae significatività alla missione salesiana e ruba
freschezza e soddisfazione nel vissuto vocazionale ai confratelli, e
dall’altro blocca la riflessione e impedisce il cambio perché non
permette l’ascolto della riflessione congregazionale, dei segni dei
tempi, delle mozioni dello Spirito e neppure della cultura giovanile.
Il numero dei Salesiani, il fenomeno dell’invecchiamento
che si acuirà durante i prossimi anni, il calo vocazionale e il
bisogno di rendere più significative le comunità e la missione,
richiedono, con certa urgenza, una nuova organizzazione all’interno
di ogni comunità e Ispettoria, ma anche, una ristrutturazione nella
Regione, perché non possiamo permettere che la routine o la
pesantezza dell’organizzazione freni la vitalità del carisma o
impoverisca il servizio ai giovani.
La Regione ha capito
l’urgenza del tema e ha già incominciato a fare dei primi passi.
La Francia ha realizzato l’unificazione delle due Ispettorie, e il
Belgio, il Portogallo e la Spagna hanno avviato la riflessione in
vista di una nuova ristrutturazione.
Se parliamo di
ristrutturazione, è soltanto in vista di un servizio più agile e
migliore alla missione e di un’impostazione più significativa del
carisma. Sia all’interno di ogni Ispettoria, sia a livello della
Regione, occorre entrare nella dinamica della sinergia e puntare su
un raggruppamento delle forze, dove siano comunitariamente più
significative e pastoralmente e vocazionalmente più feconde,
pensando che in questo momento l’obiettivo prioritario per la
Regione è quello di promuovere un’animazione vocazionale specifica
che sia espressione della fecondità della vita della comunità e
della missione.
Ci sono dei rischi:
non essere capaci di superare l’inerzia che ci viene imposta dalla
gestione delle grosse strutture e non avere il coraggio di fare delle
scelte audaci e con chiara identità carismatica. Se la
superficialità spirituale è il grosso pericolo che può privare di
senso la vita religiosa in Occidente, il “genericismo” è il
primo nemico della missione.
Mi sembra che le parole più
importanti della Congregazione a favore della gioventù europea non
sono state ancora pronunciate. La missione salesiana in questo nostro
mondo secolarizzato è così importante e grande che anche
pedagogicamente è necessaria una crisi per prepararci adeguatamente
ad un compito così straordinario e accattivante.
Otri
nuovi per vino nuovo. Così mi
esprimevo nel discorso di chiusura del CG25. Non rimaniamo ancorati
al passato. A una cultura, povertà e necessità nuove, dobbiamo dare
risposte nuove come fece Don Bosco, che creò le sue risposte per
venire incontro ai bisogni dei giovani. Infatti, non sono le
strutture che faranno un’opera salesiana, ma gli educatori
carismaticamente identificati, i destinatari preferenziali e i
programmi di educazione e di evangelizzazione che mettiamo a loro
disposizione. E, senza dubbio, la prima cosa che dobbiamo mettere a
disposizione dei giovani è il nostro cuore ben unificato dalla
carità pastorale e dalla passione educativa di Don Bosco.
*
* *
Cari confratelli, la Regione vive un momento sfidante
ed entusiasmante: un crocevia, un profondo esodo culturale, un
“kairós”.
E non ci sono strategie speciali per ottenere i risultati desiderati.
Qui valgono soltanto la coerenza nella vita personale, la
testimonianza comunitaria e l’audacia evangelizzatrice nella
missione.
Dopo questa presentazione della Regione Europa
Ovest, nel corso della quale ho avuto anche un ricordo riconoscente e
lieto di tutti e ciascuno dei confratelli che hanno scritto o
continuano a scrivere pagine d’oro in questi paesi dell’Europa,
concludo ringraziando il mio Dio, che porta avanti il suo
meraviglioso disegno di salvezza dei giovani attraverso di
noi.
Maria Ausiliatrice, la Madonna di Don Bosco, la cui
devozione è stata tanto ben diffusa e accolta in questa Regione,
particolarmente nella Spagna, come forse in nessuna altra parte della
Congregazione, continui a benedire le nostre comunità e accompagnare
il nostro lavoro apostolico. A Lei affido tutti e ciascuno di
voi.
Don Pascual Chávez V.
Rettor Maggiore
[1]
FRANCIS DESRAMAUT. “Don Bosco en son temps”,
943
[2]
Epistolario IV, lett. 2225, 24-11-1875.
[3]
MORAND WIRTH. “Da Don Bosco ai
nostri giorni” p. 175, nota 14
[4]
A. MARTIN GONZALEZ. “Los
salesianos de Utrera en España , 87
[5]
A. MARTIN GONZALEZ. “Los
salesianos de Utrera en España, 100.
[6]
Ibidem, 165.
[7]
Ibidem, 103.
[8]
Nel 1877 Mons. Lacerda
scrisse a Don Bosco auspicando una presenza dei suoi figli in
Portogallo (Annali
II, 345). Nel 1880 si registra una nutrita corrispondenza con Don
Bosco dal Portogallo (ivi). Nel 1881 Don Bosco invia Don Cagliero da
Utrera a Oporto per una visita conoscitiva (Annali
I, 453. 612).
[9]
cfr. AMADOR ANJOS:
“Centenário da obra salesiana en Portugal”, 27
[10]
cfr. AMADOR ANJOS:
“Centenário da obra salesiana en Portugal”, 27. 28
[11]
Cfr. MB. XVIII, p. 437.
[12]
Cfr. MB. XVIII, p. 438.
[13]
Cfr. MB. XVIII, p. 439.
[14]
Ibidem.
[15]
MORAND WIRTH . “Da Don Bosco
ai nostri giorni”, 275 – Citato : Annali
III, 135
[16]
MORAND WIRTH . “Da Don
Bosco ai nostri giorni”, 283
[17]
MORAND WIRTH . “Da Don
Bosco ai nostri giorni” , 282
[18]
“Don Bosco, cien años
en España...”, 40
[19]
J.M.ESPINOSA. “Cara e
Cruz de Don Pedro Ricaldone”, 103
[20]
GIOVANNI PAOLO II
al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, 12 gennaio
2004 (OR,
12-13 gennaio 2004, pp. 6-7).
[21]
OUEST-FRANCE, 26 novembre
1999.
[22]
PHILIPPE BAUD. Livre collectif.
[23]
BRUNO CHENU, La
Croix, 20 octobre 2000.
[24]
CHARLES DELHEZ, Sur le catholiques en
Belgique. 1998.
[25]
HERVIEU-LEGER (Bayar). 2003.
[26]
LLUIS OVIEDO TORRÓ. “La
religiosidad de los jóvenes”. Razón
y fe. Giugno 2004, p. 447
[27]
LLUIS OVIEDO TORRÓ.”
La religiosidad de los jóvenes”.
Razón y fe. Giugno 2004, p. 449
[28]
GONZALEZ ANLEO: Una
iglesia irrelevante para le juventud actual?, Sal
Terrae. Settembre 1999, p.
310.
[29]
LLUIS OVIEDO TORRÓ “La
religiosidad de los jóvenes”. Razón y Fe.
Giugno 2004, p. 449.
[30]
Cfr. RAMÓN ALBERDI. “Don
Bosco : cien años en España”, p. 114
[31]
Conclusioni -
Significatività 1-1. Visita d’insieme Europa Ovest. Santiago de
Compostela 1999.
[32]
Ibidem, Significatività 1-2.
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© Direzione Generale Opere Don Bosco, via della Pisana, 1111 - 00163 Roma, Italia |