LETTERA DEL RETTOR MAGGIORE
PASCUAL CHÁVEZ
ACG 383 ‘03
«Voi siete una lettera di Cristo, scritta non con l’inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente»(2ª Cor 3,3)
Informazioni e riflessioni sugli ultimi viaggi
Visita in
Albania (IME) – Il Borgo Ragazzi “Don Bosco” di Roma –
Esercizi spirituali a Fatima – Esercizi spirituali del Rettor
Maggiore e del Consiglio – Visita alla Ispettoria del Portogallo –
Visita in Terra Santa – Sessione intermedia del Consiglio Generale
– Enciclica sulla Eucaristia – Visita alla Ispettoria di Gran
Bretagna – Presenze di Treviglio e Chiari (ILE) – Visita alla
Ispettoria Sicula – Visita alla Ispettoria di Bilbao – Visita
alla Ispettoria di München – Visita alla Ispettoria di Köln –
Feste in onore di Maria Ausiliatrice a Torino – Visita alla
Ispettoria di Verona (IVO) – Partecipazione alla Assemblea
Semestrale della USG – Visita alla Ispettoria Adriatica –
Conclusione: il compleanno di Don Bosco.
Roma, 8 settembre 2003
Festa
della Natività della B. V. Maria
Carissimi confratelli,
vi saluto con affetto,
in qualsiasi parte del mondo vi trovate, specialmente nelle zone
lontane e isolate o in situazione di difficoltà e rischio. Con
preoccupazione abbiamo seguito il corso degli avvenimenti in vari
paesi dell’Africa: Costa d’Avorio, Repubblica del Congo, Rwanda,
Burundi, Liberia, che sono stati - e continuano ad essere - scenari
di violenza, guerra e irrequietezza sociale. C’è bisogno di
riconciliazione e di pace, di stabilità e tranquillità per poter
costruire le condizioni di una vita davvero umana. Se provoca orrore
la morte di tante persone innocenti, desta commozione la sorte di
bambini, adolescenti e giovani, privi di speranza e di futuro. Vorrei
raggiungervi tutti e dirvi ancora che vi sono vicino e che apprezzo l
vostra generosa dedizione; vi incoraggio quindi a rendere
testimonianza dell’amore che Dio ha per i giovani.
Scrivendo
alla comunità di Corinto, san Paolo risponde a quegli oppositori che
contestavano la sua autorità di apostolo e la legittimità del suo
vangelo. La credibilità della sua azione non gli viene dalla
testimonianza di altri o da esperienze esoteriche, ma dallo Spirito
che agisce nei cuori degli uomini per cambiarli e renderli docili
alla parola evangelica. È l’esistenza stessa della comunità la
sua “lettera di raccomandazione”. La fede salda e l’operosa
carità della comunità sono le migliori credenziali: «Voi siete la
mia lettera». E subito precisa: «Voi siete una lettera di Cristo,
scritta da me non con l’inchiostro, ma con lo Spirito del Dio
vivente» (2 Cor 3, 2-3). Se la prima metafora era già ardita, la
seconda è sorprendente: nella nascita della comunità agisce la
forza vivificatrice dello Spirito; e il risultato è la creazione di
persone nuove, aperte e docili al progetto salvifico di Dio.
Sono
sicuro che il nostro amato padre Don Bosco, sentendosi fiero dei suoi
figli, delle presenze educative e pastorali estese in tanti paesi del
mondo, del servizio reso ai giovani poveri attraverso una variegata
molteplicità di opere, parafrasando le parole di san Paolo potrebbe
ripetere a voi: «Voi siete la mia lettera di raccomandazione. Voi
siete una lettera di Cristo, scritta da me non con l’inchiostro, ma
con lo Spirito del Dio vivente» (2 Cor 3,3). Quanto a me, mi è data
una migliore raccomandazione davanti a Dio e di fronte al mondo che
voi stessi? No, perché anche per me voi siete la
mia lettera di Cristo.
Dopo la mia
ultima lettera circolare, che ha provocato in molti confratelli,
comunità e Ispettorie il desiderio di fare una verifica del modello
di vita consacrata che stiamo vivendo, con la volontà di convertirsi
sempre più a Cristo e al suo Vangelo e l’impegno di realizzare una
vita più autentica e significativa, più profetica ed efficace, mi
rivolgo di nuovo a voi con il desiderio di condividere alcune notizie
e riflessioni dei miei ultimi viaggi.
Lo scopo, come sapete, è
sempre quello di far conoscere e valorizzare tutto ciò che siete e
state facendo, raccogliere le sfide che la missione salesiana
incontra, riflettere ad alta voce, cercando di attingere al nostro
ricco patrimonio salesiano, per rispondervi con la mente, lo spirito
e l’intraprendenza di Don Bosco.
Sarà l’ultima lettera di
questo tipo perché, come vi avevo preannunciato, alternerò le
lettere di contenuto dottrinale con la presentazione delle otto
Regioni della Congregazione. Non preoccupatevi dunque se non parlo di
tutte le Ispettorie che ho visitato; non è, certo, segno di
dimenticanza, né mancanza di stima.
Visita
in Albania (IME)
Nella prima parte
di febbraio, in un fine settimana, ho fatto visita all’Albania. Si
celebrava il decimo anniversario della presenza salesiana in questa
parte dei Balcani, che inizialmente era stata affidata da don Egidio
Viganò alla responsabilità delle quattro Ispettorie italiane IME,
IRO, ISI e ISA e che dal 1997 dipende dalla sola Ispettoria
Meridionale.
Arrivati il 24 settembre 1992, i primi salesiani si
impegnarono da una parte nel settore catechistico, al fine di aiutare
le Chiese di tutto il paese a superare decenni di propaganda atea, e
dall’altra nel settore della formazione professionale, e
nell’oratorio - centro giovanile, per dare ai ragazzi educazione
integrale, formazione professionale e avviamento al lavoro,
indipendentemente dallo loro situazione culturale, religiosa,
sociale.
Nel 1999, durante la guerra in Kosovo, molti rifugiati
trovarono nel nostro campo profughi di Tirana una fraterna
accoglienza e conobbero un centro che destò in essi il desiderio di
avere un’opera simile in Kosovo. La riposta di don Juan Vecchi fu
positiva e così si diede avvio alla nostra presenza di Pristina, che
nei prossimi mesi vedrà l’apertura del centro professionale.
Sin
dal mio arrivo a Tirana sono rimasto sorpreso dell’accoglienza dei
giovani che frequentano l’oratorio e il centro di formazione
professionale “Don Bosco”. Superato il periodo difficile della
guerra, oggi con i suoi 500 alunni, esso è diventato il centro di
formazione più significativo del paese. La presenza di Tirana
comprende un complesso di opere, che include tra le altre una
esperienza d’imprenditoria giovanile. Il progetto Pony-Express,
in effetti, dà lavoro a 70 giovani scelti tra gli orfani che vivono
in strutture statali, a ragazzi di strada, a disabili. Nella
parrocchia Maria Ausiliatrice a Tirana nord, l’oratorio - centro
giovanile, insieme alle consuete attività di educazione e di
animazione, si impegna a favore dei bambini nomadi Rom
in collaborazione con l’UNICEF. Qui c’è ancora molto da fare per
poter rendere un servizio più sistematico a questo quartiere
bisognoso.
Nella capitale dell’Albania ho potuto verificare la
portata della nostra presenza, vedendo la grande stima che ne hanno
le autorità; esse sono state presenti al dibattito pubblico su: “Le
sfide educative dei giovani in un mondo globalizzato”,
in cui ho evidenziato il motivo della nostra presenza in Albania,
cioè la volontà della Congregazione e della Famiglia salesiana di
essere presente là dove ci sono giovani da educare. Qui si trova uno
dei fiori all’occhiello del VIS, il Volontariato Internazionale per
lo Sviluppo, che si è impegnato nella ricostruzione del paese
attraverso il centro di Tirana, non soltanto con denaro ma anche con
volontari, che stanno conducendo un’esperienza assai positiva ed
entusiasmante.
Durante la visita si è celebrato un altro
importante avvenimento: la consacrazione della chiesa intitolata a
Don Bosco a Scutari. È un bel tempio, che animerà tutta questa
presenza che comprende la casa di formazione per aspiranti e novizi,
l’oratorio - centro giovanile, la parrocchia e soprattutto, come
elemento caratterizzante, il centro catechistico, prima nazionale e
ora diocesano. La nuova chiesa è un segno di riconoscenza a Dio per
i dieci anni di presenza salesiana in Albania e stimolo di
rinnovamento dell’impegno educativo dei Salesiani e della Famiglia
salesiana in questa nazione. Nell’attuale situazione di transizione
del paese, è urgente puntare tutte le forze per preparare i giovani
albanesi ad essere corresponsabili e attori del cambiamento.
È
pure soddisfacente la spinta che la Famiglia salesiana ha in tutte e
due le opere di Tirana e Scutari. Dopo dieci anni ci troviamo con una
presenza salesiana feconda, dove la Famiglia di Don Bosco si sta
sviluppando bene. Sono sorte anche vocazioni salesiane locali, che
aiuteranno a consolidare e far crescere questa delegazione.
Una
presenza come questa fa vedere la capacità della Congregazione di
rispondere alle nuove sfide, ecclesiali e sociali, il suo contributo
specifico attraverso l’educazione in un paese in ricostruzione, la
novità nella forma di venire incontro ai bisogni, vale a dire il
lavoro in rete che crea sinergia, coinvolgimento delle ONG per il
finanziamento, l’impegno del volontariato, lo sforzo
d’inculturazione del carisma, la cura delle vocazioni del luogo.
Vedendo questa presenza appena nata, si rimane sorpresi della
creatività carismatica salesiana: mancano risorse e personale, ma
non fede e intraprendenza.
Oltre alla visita in Albania, a metà
giugno sono stato di nuovo nella Ispettoria Meridionale per la
celebrazione del centenario dell’opera di Portici.
Come in altri posti, anche qui mi è stata conferita la cittadinanza
onoraria, che ho accettato volentieri a nome dei confratelli che
durante 100 anni hanno lavorato per il bene della gioventù povera e
bisognosa. Sono essi che meritano la cittadinanza; a loro va la
riconoscenza! Forse voi potreste domandarvi perché parlare del
consenso e apprezzamento che l’opera salesiana è riuscita a
destare in città. Ebbene, perché tutti gli schieramenti politici
presenti nel Comune si sono espressi unanimemente in termini così
incoraggianti, da sentirmi fiero di essere salesiano e grato ai
confratelli che lì hanno lavorato. A Portici, Don Bosco si sarebbe
sentito a suo agio!
Un momento di grande comunicazione è stato
l’incontro con i giovani del MGS, provenienti da tutta
l’Ispettoria. Resto sempre meravigliato davanti all’apertura e
alla sensibilità dei giovani; quanto bene possiamo fare, se siamo
capaci di fare proposte di qualità! Così magistralmente operava Don
Bosco e così anche noi siamo chiamati a fare.
Il
Borgo Ragazzi “Don Bosco” di Roma
Il
fatto che la Casa generalizia si trovi a Roma, rende possibile la
partecipazione del Rettor Maggiore a frequenti incontri, raduni e
celebrazioni nella Ispettoria Romana. Anche se ho visitato diverse
presenze, vorrei soffermarmi su quella del Borgo Ragazzi “Don
Bosco”, che da cinquant’anni rende servizio a centinaia di
adolescenti e giovani della periferia di Roma e che ho visitato
all’inizio di marzo. Erano presenti molte autorità civili.
Una
cosa degna di attenzione, oltre al coinvolgimento delle forze
politiche e sociali che trovano nel Borgo un’opera assai valida,
oggi come 50 anni fa quando fu creata per impulso della Chiesa e
della Congregazione per curare gli sciuscià,
è scoprire la volontà dei confratelli di continuare a “sognare”
con e per i ragazzi in difficoltà, a cui si offrono diversi tipi di
programmi educativi: la casa famiglia per bambini e ragazze madri, il
centro di formazione professionale con 300 ragazzi, i progetti SOS
“ascolta giovani”, la semiautonomia, l’affido familiare,
l’animazione territoriale e l’imprenditoria giovanile. C’è poi
un’espressione eloquente di questa sensibilità sociale che mi ha
stupito assai, cioè la creazione della “Operazione Argentina”
per venire incontro ai bambini poveri di quel travagliato paese.
Direi che non è abituale vedere un’opera sociale, che vive appunto
di sussidi di altri, preoccuparsi di dare aiuto a chi è più
bisognoso. Questa è solidarietà cristiana!
Il Borgo
appartiene a quel tipo di opere che sono significative in se stesse,
per la collocazione geografica, per i destinatari, per la varietà
delle offerte educative, per l’identificazione dei numerosi
collaboratori, e insieme per il coinvolgimento delle autorità
politiche e delle istituzioni private, per risolvere in sinergia un
problema sociale ed offrire speranza e futuro ai giovani. Non va
dimenticato il fatto che il Vescovo ha accettato la proposta di
convertire la nostra chiesa nella prima parrocchia giovanile, dunque
con un senso meno territoriale e più pastorale al servizio dei
giovani, in linea con l’articolo 40 delle Costituzioni, secondo il
quale ogni casa salesiana “è parrocchia che evangelizza” i
giovani. Spero che possiamo meritarci questo gesto di fiducia e
realizzare un modello di ciò che potrebbe significare una parrocchia
giovanile nella città, che è sede del Vicario di Cristo.
Esercizi
spirituali a Fatima
Dal 16 al 22
marzo ho predicato gli esercizi spirituali ai direttori SDB e alle
direttrici FMA delle Ispettorie meridionali d’Italia. Anche se non
è l’unica esperienza in cui direttori e direttrici fanno gli
esercizi insieme, vorrei evidenziarla positivamente. La Famiglia
salesiana cresce in unità come frutto dell’ascolto comune della
Parola, dell’illuminazione condivisa dei criteri di vita e di
missione salesiana, della preghiera congiunta. Evidentemente questa
non è l’unica forma; e non è detto che il risultato sia
garantito: esso dipende dalla preparazione e dagli atteggiamenti.
Certamente, questo è un segno di comunione non indifferente.
Ho
potuto constatare la buona preparazione dell’esperienza spirituale,
sì da non lasciar nulla all’improvvisazione. Ciò aiuta a fare in
modo che le cose riescano bene, ad assicurare l’ “estetica”
della liturgia, non in senso formalistico ma in senso mistagogico, a
creare un clima favorevole all’incontro con Dio. Certamente, alla
fine tutto dipende da ciascun partecipante; ma l’atmosfera aiuta e
tanto!
Vorrei fare anche un cenno al luogo degli esercizi:
Fatima,
accanto al Santuario e alla cappellina delle apparizioni, con un
enorme piazzale, che si contrassegna per il raccoglimento e il clima
di preghiera; è davvero un luogo “sacro”. Sono rimasto colpito
di ciò che è riuscito a generare un evento semplice ed umile, che
ha avuto come protagonisti tre bambini pastorelli. Oggi a Fatima si
può sperimentare la forza della presenza di Dio. Non c’è dubbio:
l’umile attira il Dio di Gesù Cristo.
Ciò che mi fa
riflettere è il fatto che tutta la Congregazione, vale a dire i
circa 17.000 confratelli e novizi, ogni anno durante una settimana
vivano una forte esperienza, quale è quella degli esercizi
spirituali. Lo stesso si dica delle FMA e di quasi tutti i gruppi
della Famiglia salesiana. Certamente si tratta dell’impegno
istituzionale e dell’opportunità personale più importante per il
rinnovamento e il rilancio spirituale. È doveroso ricordare però
che il profitto personale, comunitario e istituzionale dipende
dall’atteggiamento di ognuno per accogliere questa grazia e
progredire nella vita spirituale e pastorale, sospinto dallo Spirito
Santo, che opera meraviglie in quelli che gli sono docili e lo
prendono come guida.
L’articolo 91 delle Costituzioni,
descrivendo la natura e gli obiettivi del ritiro mensile e degli
esercizi spirituali, presenta il seguente titolo: “momenti
di rinnovamento”. I ritiri e gli
esercizi, insieme allo sforzo costante di vigilanza e alla pratica
frequente del Sacramento della Riconciliazione, sono come i tre
elementi di base del nostro cammino penitenziale. Si tratta di una
pedagogia e di una disciplina – nel senso migliore del termine, che
è quello di itinerario ascetico per diventare discepoli – che ci
mettono alla “scuola” di Gesù, lasciando che Egli sia il Maestro
e ponendo noi ai suoi piedi per ascoltarlo come fece Maria di
Betania, che scelse la parte migliore. Non ci capiti di cadere nella
tentazione di Marta, che voleva insegnare a Gesù cosa fare,
stravolgendo i ruoli: «Dì a mia sorella…» (cfr. Lc 10, 38-42).
Accoglienza e ascolto sono al servizio della realizzazione della vita
cristiana e religiosa, che si dovrebbe considerare – come dice Karl
Rahner – un processo di conversione permanente.
Due termini
biblici possono aiutarci a precisare meglio la natura di tale
processo e, di conseguenza, a vivere con maggior consapevolezza
questi “momenti di rinnovamento”.
-
Nell’Antico Testamento la forma tipica per parlare della
conversione si esprime col verbo ‘shub’,
che significa ‘ritornare’,
alludendo chiaramente all’esperienza originaria del rapporto
amoroso di alleanza tra Yahvé e Israele. Esso ha una evidente
connotazione personalista: ritrovare l’amato. Il testo più
eloquente è quello di Osea: «Allora dirà: ‘Ritornerò
dal mio primo marito perché per me allora era meglio di adesso’ …
Per questo [dice Yahvé ], la sedurrò, la condurrò nel deserto e
parlerò al suo cuore ... Là ella risponderà come ai giorni della
sua giovinezza, come il giorno in cui salì dalla terra d'Egitto»
(Os 2, 9.1-17).
-
Nel Nuovo Testamento invece il termine usato invariabilmente è
quello di ‘metanoia’,
tradotto ordinariamente con ‘conversione’,
ma che alla luce dei molti testi in cui si trova, significa meglio
‘ribaltamento della mente’, cioè un cambiamento nel modo di
vedere, di giudicare e di vivere. Si tratta insomma di una
‘transvalutazione’, come la cosiddetta ‘conversione di san
Paolo’ (At 9; Gal 1,15; Fil 3,7-14; 1 Tim 1,12-16), per cui tutto
ciò che prima si riteneva valore e guadagno ora viene considerato
perdita e cosa degna di disprezzo, di fronte al ritrovamento di ciò
che vale davvero: Cristo il Signore.
Penso che i due termini
“ritorno” e “trasformazione” non si escludono a vicenda.
Infatti noi che abbiamo fatto un’opzione di fede in Lui e di
sequela ed imitazione di Lui, cioè noi che ci siamo ‘convertiti a
Lui’, siamo invitati costantemente a ‘ritornare a Lui’.
Convertirsi a Cristo è dunque “ripartire
da Cristo”, cioè «ritrovare il
primo amore, la scintilla ispiratrice da cui è iniziata la sequela.
È suo il primato dell’amore» (RdC 22).
Alla luce di questi
testi, risulta più comprensibile l’articolo costituzionale che
afferma che gli esercizi «sono tempo di ripresa spirituale».
L’espressione evoca la ‘memoria biblica’ e ci richiama un altro
passo evangelico: la scena di Gesù con i suoi discepoli, che
ritornano dalla loro prima esperienza apostolica, entusiasti per
“tutto ciò che avevano fatto e ciò che avevano insegnato”. Gesù
risponde alla loro euforia con l’invito: «Venite anche voi in
disparte, in un luogo solitario, per riposarvi un poco» (Mc 6,
30-31). Questo testo è parte di quel passo che per eccellenza indica
ciò che chiamiamo “carità pastorale” (Mc 6, 30-44). Infatti
come si può riuscire ad amare da veri pastori i nostri destinatari,
senza riposare prima da soli con Gesù? Da chi e come imparare ad
avere compassione della gente smarrita, se non da Cristo, come imparò
Don Bosco (cfr. Cost. 11)?
La chiave di comprensione del testo è
offerta da una parte da quel ‘anche
voi’ e dall’altra da quel ‘per
riposarvi’. Infatti gli evangelisti
constatano unanimemente che Gesù si ritirava a pregare. Orbene,
questo è ciò che Gesù chiama ‘riposare’, ‘ricuperarsi’,
una espressione con profonda risonanza antropologica e mistica, come
dimostra la nostra esperienza umana, che ci dice che nulla è così
riconfortante come l’intimità, l’entrare in comunione profonda
con Dio. A questo tipo di riposo Gesù invita ‘anche loro’.
Il
nostro tipo di vita, che presenta parecchie attività e ridotte
pratiche di pietà in comune, corre il rischio di farci cadere nella
frenesia dell’attivismo, con la sua triplice conseguenza:
stanchezza fisica, ‘stress’ psichico e superficialità spirituale
che, invece di convertirci in “contemplativi nell’azione”, fa
sì che siamo, nel migliore dei casi, quel che si dice ‘workaholic’,
maniaci del lavoro, o nel peggiore dei casi, semplici ‘funzionari’
più che missionari.
L’unico modo di contrastare tali
conseguenze negative dell’attivismo e di dare profondità alla
nostra vita, guadagnare in significatività
e riempirla di dinamismo che ci faccia
vivere non ‘burocraticamente’,
facendo quel che dobbiamo fare, ma ‘creativamente’
a immagine del nostro Dio e Padre Creatore (cfr. Gv 5,17-18) e
‘salvificamente’,
prolungando l’azione salvifica del Signore Gesù (cfr. At 3,1-10),
è quello di diventare prima “contemplativi nella preghiera”.
Nell’intimità col Signore torneremo a ricordare che il ‘padrone’
della vigna e della messe è Lui, che colui ‘che fa crescere il
seme’ è Lui, che colui che scandisce i ritmi è Lui. Così pure
nell’intimità con Lui impareremo i segreti del suo Regno,
approfondiremo il suo piano di salvezza, faremo nostra la sua carità
pastorale.
Sempre secondo l’articolo 91 del nostro Progetto di
Vita, ritiri ed esercizi spirituali ci offrono tre mezzi
privilegiati:
-
Ascoltare la Parola di Dio.
All’ascolto l’articolo 87 attribuisce la capacità di essere
«fonte di vita spirituale, alimento per la preghiera, luce per
conoscere la volontà di Dio negli avvenimenti, forza per vivere in
fedeltà la nostra vocazione», a condizione che come la Vergine
Maria accogliamo la Parola incondizionatamente, ne facciamo tesoro
nel nostro cuore e la facciamo fruttificare.
-
Purificare il cuore.
Ciò richiede di rettificare e maturare motivazioni e significati,
consapevoli del valore e del dinamismo trainante che hanno oggi i
‘significati’, quelli che danno senso alla vita, e di purificare
sentimenti, specialmente quelli disordinati sia a causa
dell’eccessiva dipendenza dalle manifestazioni esterne di affetto,
stima e valorizzazione, sia a motivo di risentimento, amarezza e
frustrazione.
-
Discernere la sua volontà.
Questo in ultima istanza è ciò che importa e da cui dipende la
nostra felicità. Anche qui Maria nell’annunciazione si presenta
come modello di ricerca della volontà di Dio nella propria vita
(cfr. Lc 1,26-38). Il discernimento, più che un fatto puntuale –
come ricorso nei momenti di crisi o nella presa di decisioni
importanti – deve essere un atteggiamento di vita che ci porta a
cercare «la volontà di Dio, ciò che è buono, a Lui gradito e
perfetto» (Rm 12,2b).
Il frutto è duplice e non potrebbe
essere più appetibile: innanzitutto quello di guadagnare in unità
interiore,
proprio quando tutto favorirebbe la disintegrazione, a volte fino a
condurre a situazioni patologiche; in secondo luogo quello di
ravvivare l’attesa del Signore, che ritardando la sua venuta
potrebbe condurci a smettere di aspettarlo e a cercare semplicemente
di sopravvivere. In qualche modo è ciò a cui ci conduce questo
tempo in cui si proclama la “morte delle utopie”.
Esercizi
spirituali del Rettor Maggiore e del Consiglio
Vorrei
a questo punto, perché è in connessione con il tema sviluppato
sopra, dare la mia personale testimonianza del corso di esercizi
spirituali del Consiglio Generale, predicato da don Pietro Braido
nell’ultima settimana di giugno. È stato davvero un “itinerario
spirituale” sotto la guida sapiente di un genuino cultore e
innamorato di Don Bosco, che ci ha presi per mano, ci ha fatto
percorrere le grandi tappe del cammino esteriore e interiore del
nostro amato Padre, sì da riscaldarci il cuore. Mentre ci richiamava
la biografia, il predicatore ci offriva alcuni criteri per «Camminare
verso il futuro con Don Bosco “prete dei giovani”»;
questo era infatti il tema degli esercizi.
Punto di partenza è
stata l’affermazione del principio che Don Bosco è per noi SDB non
soltanto punto di riferimento, ma modello di vita; il che ci spinge a
conoscerlo e comprenderlo nella totalità della sua esistenza.
La
prospettiva del predicatore, che intendeva aiutarci a guardare Don
Bosco nel suo divenire storico, ci ha permesso di comprendere meglio
la sua maturazione personale, l’iniziativa di Dio che lo guidava,
lo sviluppo della sua opera. Ci ha pure offerto una visione d’insieme
di ciò che è la vita salesiana nelle sue componenti fondamentali:
identità, posto nella Chiesa e ruolo sociale, missione tra i giovani
e metodo educativo, comunità di vita e di azione, stile dei consigli
evangelici, specificità della spiritualità, profilo del salesiano
da formare, tipo di animazione e governo.
Presentandovi un
piccolo commento al tema, vorrei condividere con voi alcuni spunti
della più ampia riflessione proposta e delle risonanze in me
risvegliate.
-
Camminare.
Per Don Bosco, come per tutti i Salesiani, la vocazione non è
qualcosa di astratto, ma un mettersi in movimento e un’esperienza
di vita simile a quella di cui parla il vangelo di Giovanni: «Vieni
e vedi» (cfr. Gv 1,39). Don Bosco plasmò i suoi salesiani,
raccontando più che dissertando. Ciò significa che la vocazione
salesiana deve continuare ad essere intesa, presentata e vissuta in
questo modo. È un’esperienza che diventa immediata, affascinante,
convincente, propositiva. Forse questo è quanto voleva indicare don
Viganò quando scriveva che «la nascita del salesiano dei tempi
nuovi è cominciata con Don Bosco»: egli è il nostro
“incunabolo”.
Oggi, come ieri, abbiamo bisogno di realizzare
la pastorale vocazionale e di plasmare i salesiani “raccontando”,
rifacendoci più sovente ed esplicitamente a Don Bosco, alla maniera
di don Barberis, uno dei suoi biografi, che mentre narra le
“antichità” dell’Oratorio di Valdocco, ce ne offre le ragioni:
esse ci istruiscono nelle cose nostre, nei nostri metodi, nel nostro
spirito di famiglia; nello stesso tempo fanno crescere in noi il
senso di appartenenza, ci fanno sentire membri della famiglia, ci
rendono protagonisti.
-
Verso il futuro.
È vero che i giovani sono il nostro futuro, anche se si deve dire
che essi non sono puro sogno od utopia, perché portano con sé
eredità ed esperienze. Ebbene Don Bosco riuscì ad essere giovane e
quindi ad essere in sintonia con il futuro a forza di stare in mezzo
ai giovani. Le esigenze dei giovani, le loro necessità, i loro
bisogni hanno determinato il futuro di Don Bosco ed ancora oggi
orientano e devono orientare le decisioni della nostra
Congregazione.
-
Con Don Bosco.
Nell’esperienza di Valdocco è chiaro che c’è stata una
maturazione della missione e quindi un passaggio dalla gioia di
“stare con Don Bosco” allo “stare con Don Bosco per i giovani”,
dallo “stare con Don Bosco per i giovani in forma stabile” allo
“stare con Don Bosco per i giovani in forma stabile con voti”. Lo
stare con Don Bosco non esclude “a priori” l’attenzione ai suoi
tempi, che lo modellarono o condizionarono, però richiede di vivere
con il suo impegno le sue scelte, la sua dedizione, il suo spirito di
intraprendenza e di avanguardia.
-
Prete dei giovani. Il
genitivo “dei giovani” è allo stesso tempo oggettivo e
soggettivo: cioè Don Bosco è prete per i giovani, essendo per loro
e al loro servizio; nello stesso tempo egli è prete dei giovani,
appartenendo a loro ed essendo sollecitato da loro. Egli è tutto per
i giovani ed è sempre con i giovani. Lo stare con i giovani ed
essere disponibili per loro connota profondamente il nostro essere
salesiani come Don Bosco. Noi non possiamo pensarci lontani,
distaccati, indifferenti nei confronti dei giovani; la vicinanza ai
giovani è il primo passo che con decisione oggi noi tutti dobbiamo
fare.
Tutto ciò fa di Don Bosco un uomo affascinante, e nel
nostro caso un padre da amare, un modello da imitare, ma anche un
santo da invocare. A questo riguardo merita di essere ricordata la
lettera, scritta da don Ricaldone dopo la canonizzazione di Don
Bosco, in cui si dice: «sarebbe impiccolire pensare che Iddio ha
mandato Don Bosco soltanto per i Salesiani o per la Famiglia
salesiana. No! Iddio lo ha mandato come un dono per tutta la Chiesa,
per tutto il mondo. E noi dobbiamo farlo conoscere e promuovere la
sua devozione».
Al termine degli esercizi eravamo davvero
soddisfatti dell’esperienza fatta. Se per tutti i Salesiani è
importante conoscere Don Bosco, per averlo come punto normativo di
riferimento, ciò diventa un compito imprescindibile per il Rettor
Maggiore e i Consiglieri generali, chiamati appunto a essere suoi
continuatori nella guida della Congregazione. Ci rendiamo conto che
più aumenta la distanza dal Fondatore, più reale è il rischio di
parlare di Don Bosco in base a “luoghi comuni”, ad aneddoti,
senza una vera conoscenza del nostro carisma. Da qui l’urgenza di
conoscerlo attraverso la lettura e lo studio; di amarlo
affettivamente ed effettivamente come padre e maestro per la sua
eredità spirituale; d’imitarlo cercando di configurarci a lui,
facendo della Regola di vita il nostro progetto personale. Questo è
il senso del ritorno a Don Bosco, a cui ho invitato me e tutta la
Congregazione sin dalla mia prima “buona notte”, attraverso lo
studio e l’amore che cercano di comprendere, per illuminare la
nostra vita e le sfide attuali. Insieme al vangelo, Don Bosco è il
nostro criterio di discernimento e la nostra meta di identificazione.
Colgo l’occasione per incoraggiarvi ad avere sempre più Don Bosco
come riferimento per il rinnovamento spirituale e pastorale nelle
Ispettorie.
Visita alla Ispettoria
del Portogallo
Subito dopo gli
esercizi a Fatima, anche per approfittare della presenza in
Portogallo, ho fatto una visita di animazione a questa Ispettoria,
nella quale ho incontrato, oltre i direttori e il Consiglio
ispettoriale, confratelli, gruppi della Famiglia salesiana, allievi
delle nostre scuole, insegnanti e collaboratori laici, nelle opere di
Porto, Mogofores, Lisbona, Manique, Estoril.
Se è vero che
alcune di queste opere fanno impressione per la qualità delle
strutture edilizie, il tipo di destinatari, il nome che hanno nella
società e dinanzi alle autorità civili, tuttavia l’Ispettoria
conta un ventaglio di presenze variegate e significative anche nel
campo dell’emarginazione e della promozione sociale.
Accenno a
tre elementi che caratterizzano in modo particolare l’Ispettoria
del Portogallo. Conoscendo la sua storia, quello che più spicca è
la sua missionarietà. È opportuno ricordare che questa Ispettoria è
stata, anche per ragioni politiche, responsabile della nascita e
dello sviluppo salesiano a Goa, in Timor Est, a Macao, nel Mozambico,
in Cabo Verde e nelle Isole Azzorre. Mentre essa ha smesso di essere
presente nei tre primi luoghi, continua a portare avanti le opere
negli altri tre paesi.
Una seconda caratteristica è la
devozione mariana del Portogallo salesiano, dovuta in parte
all’influsso della Madonna di Fatima, il che non potrebbe essere
diversamente, ma anche per la diffusione che vi ha avuto la devozione
a Maria Ausiliatrice. Per noi salesiani la pietà mariana è prova e
garanzia di fedeltà carismatica.
Infine si può indicare
l’intensa religiosità popolare di tutto il paese, che offre grandi
possibilità per una feconda pastorale giovanile e vocazionale di
qualità. Esattamente perché comincia a diffondersi il secolarismo,
è importante che i Salesiani possano aiutare i ragazzi a farvi
fronte attraverso un’educazione della fede che porti all’incontro
con Cristo e maturi scelte di vita cristiana. La prossima
beatificazione della Venerabile Alessandrina da Costa dovrà essere
un motivo di rilancio della proposta di santità giovanile salesiana;
sarà un modo efficace di rendere grazie a Dio per questo dono.
Visita in Terra
Santa
All’inizio di aprile ho
visitato la Terra Santa, in occasione della celebrazione del
centenario della Ispettoria del Medio Oriente, fondata da Don Rua nel
1902, anno in cui il primo Successore di Don Bosco eresse
giuridicamente ben 32 Ispettorie. La celebrazione era stata
programmata per il 12 maggio del 2002, ma l’intifada e il
coprifuoco obbligarono a posticiparla per ben due volte. Anche se la
situazione politica restava la stessa, anzi si era aggravata con la
guerra in Iraq, ho deciso di farmi presente tra i confratelli, che
vivono in questa pesante atmosfera già da tanto tempo.
La
visita è stata preparata dall’Ispettore con il suo Consiglio come
un pellegrinaggio; perciò sono stato a Nazareth, dove ho celebrato
l’Eucaristia nella Grotta dell’Annunciazione con la
partecipazione dei confratelli della comunità, delle Figlie di Maria
Ausiliatrice, di un piccolo gruppo di Cooperatori ed Exallievi. È
stata un’occasione per riflettere sulla vocazione alla luce di
Maria e per imparare da Lei a rispondere positivamente al progetto
che Dio ha su di noi. Ciò è possibile nella misura in cui
sviluppiamo gli atteggiamenti fondamentali di Maria: la continua
ricerca della volontà di Dio, l’accoglienza di questa come
progetto di vita, la docilità all’azione dello Spirito Santo in
modo che Egli sia la nostra guida.
C’è stato anche un
incontro con allievi e professori e un momento di festa con la
partecipazione dei membri della Famiglia salesiana, della comunità
educativa e di autorità ecclesiastiche e civili. Il clima di
ostilità continua e di terrorismo, che ha privato i luoghi santi di
turisti e pellegrini, ha messo in ginocchio l’appena nata economia
palestinese e reso pesante l’atmosfera sociale.
Abbiamo
proseguito con la visita alla comunità di Beitgemal, un luogo
bellissimo e di grande valore, situato in contesto ebraico, dove la
nostra missione si riduce alla testimonianza e all’accoglienza. Lì
abbiamo celebrato l’Eucaristia nella chiesa di Santo Stefano, cui
hanno preso parte anche la comunità delle Suore di Bethlehem e della
Vergine Assunta e San Bruno e tre fratelli preti di questa stessa
Congregazione. Si tratta di due comunità religiose di vita
contemplativa, che sono state accolte nella nostra proprietà perché
vi stabilissero il loro convento.
Da Beitgemal ci siamo recati
alla basilica del Santo Sepolcro, dove abbiamo avuto un tempo breve
ma intenso di preghiera davanti al Calvario e nel Santo Sepolcro
stesso. Il potere della morte e il trionfo finale della vita trovano
qui la loro migliore icona. Il santuario è tutto ricolmo di Cristo e
tutto Cristo è lì, perché ha preso su di sé le nostre colpe e la
nostra morte, e perché Egli è il primogenito di quelli che
risuscitano dai morti. Non posso tacere la commozione profonda che ho
sentito, come Gesù davanti alla tomba dell’amico Lazzaro,
presentendo la forza della morte, quella che toglie il senso alla
vita, e al tempo stesso il dinamismo dell’amore che vince la morte.
Peccato che il tempo tiranno non ci abbia consentito di restare più
a lungo; ne avevo proprio bisogno.
Quindi ci siamo portati a
Cremisan per l’incontro con i confratelli dello Studentato,
formatori e formandi. È stato un momento molto bello, come bello è
l’ambiente di famiglia che vi ho trovato.
Infine siamo andati
a Bethlehem, dove abbiamo fatto visita alla Grotta della Natività.
Qui ho avuto un tempo più lungo per sostare in preghiera. Vi posso
assicurare che ho ricordato tutti voi, mentre portavo con me le
preoccupazioni del mondo, i bisogni della Congregazione e della
Famiglia salesiana, le attese e i bisogni dei giovani. Il Dio
incarnato, che ha fatto esperienza di ciò che significa essere uomo
tranne il peccato, è un sacerdote compassionevole che intercede per
noi presso il Padre.
A Bethlehem c’è stato poi un incontro
con i giovani dell’oratorio e del centro di formazione
professionale, e con i confratelli della comunità della Casa del
Pane, che veramente fa onore al suo nome, perché pur nelle attuali
circostanze con l’economia ridotta a zero, continua ad distribuire
gratuitamente pane ogni giorno.
Il punto culminante della visita
è stata la celebrazione del centenario la domenica 6 aprile. Si è
voluto privilegiare la riconoscenza a Dio più che la festa, anche
perché non sarebbe stato giusto festeggiare in mezzo a tanta
sofferenza. Alla Celebrazione Eucaristica hanno partecipato un grande
numero di sacerdoti, salesiani e altri religiosi. Nel saluto iniziale
ho detto che la visita del Rettor Maggiore non voleva essere una mera
commemorazione, ma voleva soprattutto significare il rinnovato
impegno della Congregazione a favore dei giovani della Terra Santa,
di cui vogliamo continuare ad essere compagni di cammino, come il
pellegrino di Emmaus.
Alla successiva commemorazione nella sala
teatro della scuola salesiana erano presenti autorità civili ed
ecclesiali. Varrebbe la pena conoscere la storia della presenza
salesiana in Terra Santa, che ci è stata presentata, perché è
stata quasi sempre una storia tormentata, il più delle volte per
conflitti esterni, che comunque ci toccavano da vicino. Ugualmente si
deve conoscere il lavoro fatto prima di noi da don Antonio Belloni,
che ha consegnato le sue opere di Betlemme, Cremisan e Beitgemal, e
la sua fondazione “Opera della Sacra Famiglia” a Don Bosco, nella
persona di Don Rua. Siamo eredi di un grande uomo conosciuto da
tutti, a ragione, come “Abulyatama”:
il padre degli orfani.
Nel mio intervento finale a conclusione
della visita, indicavo ai confratelli le seguenti linee di
futuro.
- Don
Bosco e don Belloni sono stati due preti sensibili ai bisogni dei
giovani poveri e in difficoltà. L’esercizio ministeriale li ha
resi preti per i giovani ed educatori dei giovani, per aiutarli a
maturare, a sviluppare tutte le loro dimensioni, a trovare il senso
della vita, ad essere cittadini di questo mondo, aperti a Dio e agli
altri. Non avete patrimonio migliore di questo: i giovani e
l’educazione.
-
Don Belloni si caratterizza – tra altre cose – per la sua
capacità d’inculturazione, che lo portò a imparare la lingua, a
penetrare nella cultura dei suoi destinatari, a farsi uno di loro.
Per noi salesiani questa è una concretizzazione del Sistema
Preventivo, che insiste sulla necessità che i ragazzi non soltanto
siano amati, ma che sappiano e sentano di essere amati; l’amore si
fa amorevolezza nell’incontro dell’altro, nella vicinanza, nella
somiglianza, nel pensare e nel parlare con l’altro e come lui.
L’inculturazione è perciò un compito essenziale
dell’evangelizzazione e dell’educazione salesiana.
-
Il segreto della fecondità educativo - pastorale di Don Bosco e di
don Belloni sta nel fatto che l’essere totalmente dediti alla
missione tra i giovani sboccò naturalmente nella coltivazione delle
vocazioni. Queste sono frutto di fattori diversi, il più decisivo
dei quali è l’ambiente che si riesce a creare fra i ragazzi, sì
da destare in essi il desiderio di condividere la nostra passione
giovanile ed educativa come consacrati apostoli. Le vocazioni devono
essere dunque una priorità della nostra missione in queste
terre.
- Tanto
Don Bosco come don Belloni, consapevoli delle esigenze che comporta
il lavoro a favore degli adolescenti e dei giovani poveri, sono stati
così lungimiranti e aperti alla società civile, che hanno saputo
coinvolgerla nei loro progetti ed opere per poter venire incontro ad
ogni tipo di bisogno di quei ragazzi. Il cammino è aperto; esso ci
dovrebbe portare a continuare quest’impegno, lavorando di più in
rete.
- Infine,
questa storia travagliata, significativa per collocazione,
destinatari e missione, è stata sigillata da un confratello in via
di beatificazione, il Ven. Coadiutore Simone Srugi, una figura che
già in vita fece impressione su don Rua. La santità è uno dei
segni che c’è stata una buona incarnazione del carisma e continua
ad essere il miglior dono che possiamo offrire ai giovani.
Sessione
intermedia del Consiglio Generale
In
aprile abbiamo avuto il primo raduno intermedio del Consiglio
Generale di questo sessennio. L’iniziativa di realizzare ogni anno
due Consigli intermedi era stata voluta da don Vecchi, che sentiva il
bisogno di una maggiore riflessione da parte del Rettor Maggiore e
del Consiglio su temi di primo ordine per la vita della
Congregazione. Al tempo stesso il Consiglio intermedio garantiva la
possibilità di trovare un numero significativo di Consiglieri
presenti in sede, tra le due sessioni plenarie, per poter risolvere
le richieste di autorizzazione, che esigono la presenza di almeno 6
Consiglieri.
Anche se nel sessennio precedente avevo partecipato
due volte a questo tipo di raduno e ne avevo visto il funzionamento e
gli obiettivi, adesso mi sono reso conto del grande valore di questa
iniziativa, perché effettivamente ci offre la possibilità di uno
studio che prepara la riflessione più allargata a livello di tutto
il Consiglio. Questa volta in concreto abbiamo esaminato parecchi
temi.
-
Promozione della vocazione del Salesiano
Coadiutore.
Abbiamo voluto
approfondire e concretizzare ulteriormente l’appello di don Vecchi
alle Ispettorie, in seguito alla beatificazione del Sig. Artemide
Zatti, di assumere un impegno rinnovato, straordinario e specifico
per la vocazione del Salesiano Coadiutore. Si trattava di passare
dagli aspetti celebrativi, che hanno caratterizzato l’anno della
beatificazione, all’attenzione operativa, con delle indicazioni e
dei suggerimenti ben precisi. Colgo l’occasione per richiamare gli
Ispettori, i direttori e tutti i confratelli a studiare
l’orientamento del Consigliere per la Formazione negli Atti del
Consiglio Generale (cf. ACG 382, pag. 29-43).
-
Modalità di svolgimento del Capitolo
Generale.
Abbiamo cominciato a
studiare le possibili modalità di svolgimento del Capitolo Generale,
per rispondere all’orientamento operativo del CG25 (n. 136), che
chiede al Rettor Maggiore e al suo Consiglio di fare «una verifica
della celebrazione degli ultimi Capitoli Generali al fine di valutare
e proporre una modalità di svolgimento più agile e rivolta, oltre
che a realizzare gli adempimenti costituzionali, a sviluppare un
esame della situazione della Congregazione e a delineare le
fondamentali linee di politica congregazionale da attuare nel
sessennio seguente». Ci rendiamo conto del bisogno di impostare un
Capitolo Generale che, più che dedicarsi allo studio di un tema
particolare, come è stato nei CG23, CG24 e CG25, parta dallo stato
della Congregazione, dalle sue tendenze, dalle sue sfide, dalle sue
opportunità, per definire insieme la sua progettazione. Abbiamo già
riflettuto parecchio e stiamo arrivando alla conclusione da inviare
alle Ispettorie.
-
Fragilità vocazionale dei giovani
confratelli.
Abbiamo esaminato un
triplice risvolto: uno psicologico, davanti a qualsiasi problema,
difficoltà o frustrazione; un altro morale, che si evidenzia nella
difficoltà di organizzare tutta la vita attorno alle grandi scelte;
uno estremo, quale è la perdita del senso della vita. Anche se
abbiamo fatto già una prima riflessione, il tema merita un
approfondimento maggiore, tenendo presente che ciò che importa è la
maggiore consistenza e saldezza, frutto del crescere “umili, forti
e robusti”.
-
Tematiche per i prossimi Capitoli
ispettoriali.
Abbiamo prospettato
alcuni temi dei Capitoli ispettoriali, che da una parte devono
affrontare problemi locali e dall’altra devono rispondere alle
richieste dal CG25. Tra i temi segnalati, ricordo: l’elaborazione
del Piano Organico Ispettoriale; l’aggiornamento della sezione
formazione del Direttorio ispettoriale, per adeguarlo alla nuova
edizione della “Ratio”, e della sezione povertà e
amministrazione; l’argomento della promozione della vocazione del
Salesiano Coadiutore.
-
“Don Bosco International”
(DBI).
Questa associazione è il
volto civile della Congregazione Salesiana, promotrice di vari tipi
di reti di ONG, come quella delle Procure Missionarie, e di
associazioni per la realizzazione delle diverse dimensioni del
carisma salesiano. “Don Bosco International” (DBI) esiste già
dal sessennio precedente, con sede a Bruxelles, e deve funzionare
sempre meglio al fine di essere presenti come salesiani lì dove si
prendono decisioni che interessano i giovani e l’educazione, e al
tempo stesso di accedere a finanziamenti per le opere di
frontiera.
- Il
Bollettino Salesiano.
Deve
continuare il suo processo di rinnovamento, cercando di sviluppare
tutte le sue potenzialità, e favorire l’ulteriore
coordinamento.
-
Istituto “Ratisbonne” di
Gerusalemme.
Esso era stato creato
per favorire il dialogo cristianesimo – giudaismo; ora questo
compito è stato trasferito altrove dalla Santa Sede, la quale ci ha
offerto questa sede per collocarvi un Istituto Teologico o un Centro
di studio importante. “Ratisbonne” prospetta dei vantaggi non
indifferenti per essere una presenza a Gerusalemme, ma comporta anche
delle conseguenze, come sarebbero quelle del futuro di Cremisan. Sin
dal primo momento è stata coinvolta l’Ispettoria MOR attraverso
l’Ispettore e il suo Consiglio, come pure la comunità di Cremisan.
In questo momento ci troviamo in fase di trattative.
Questi
stessi temi sono stati ripresi con una riflessione più allargata ed
approfondita durante la sessione plenaria del Consiglio Generale di
giugno e luglio; ad essi sono stati aggiunti altri, quali la Strenna
per la Famiglia salesiana e la Proposta pastorale per i salesiani per
l’anno 2004, la revisione dello Statuto dell’ADMA, la verifica
del progetto Fusagasugá, il “logo” della Direzione generale, il
bilancio consuntivo 2002.
Enciclica
sulla Eucaristia
Il Giovedì
Santo di quest’anno, in sostituzione del consueto messaggio rivolto
a tutti i sacerdoti, in occasione del venticinquesimo anniversario di
pontificato, il Santo Padre ha presentato la nuova enciclica
“Ecclesia de Eucharistia”,
una meditazione sul mistero eucaristico che evidenzia il rapporto
strettissimo e inseparabile tra Chiesa ed Eucaristia.
Il testo è
in alcuni momenti molto personale, con brani meditativi, accenni alla
situazione pastorale e considerazioni teologiche. È principalmente
una dichiarazione rivolta alla Chiesa Cattolica, chiedendo che essa
nella considerazione dell’Eucaristia rafforzi il senso del mistero,
il suo collegamento con la croce e con l’offerta della vita di
Gesù, il rispetto e la solennità. Questo la condurrà ad evitare
usi impropri, ambiguità e strumentalizzazioni nella
celebrazione.
Qualcuno ha definito l’enciclica come un piccolo
catechismo della fede della Chiesa sull’Eucaristia. Forse la cosa
più importante è il richiamo al posto centrale che l’Eucaristia
deve occupare nella vita personale di fede di ciascuno e nella
pratica liturgica delle comunità.
Per noi dovrà essere uno
strumento prezioso di rinnovamento per la celebrazione della
Eucaristia ed anche di azione pedagogica, come fu per Don Bosco.
L’invito allo stupore dinanzi alla manifestazione dell’amore di
Gesù per noi portato sino all’estremo (n. 11) è accompagnato
dalla segnalazione di quegli indicatori, che ci fanno vedere una
perdita di valorizzazione di questo Sacramento, che vanno
dall’abbandono dell’adorazione eucaristica alla riduzione della
celebrazione a un momento conviviale, dalla trascuratezza nella
celebrazione alla perdita del senso del ‘mistero’. Non si
dovrebbe dimenticare che noi siamo chiamati ad essere “mistagoghi”,
veri iniziatori dei giovani all’incontro con Dio.
L’enciclica
in primo luogo torna a riaffermare che l’Eucaristia è il dono per
eccellenza di Gesù, che si offre per noi e per la nostra salvezza;
in secondo luogo che l’Eucaristia veramente edifica la Chiesa, non
soltanto perché la Chiesa nasce da essa, ma perché di essa si nutre
e in essa cresce; in terzo luogo, appunto perché è mistero di
comunione, l’Eucaristia è vincolata necessariamente alla
riconciliazione, nel senso che niente ci può separare da Gesù, come
dice Paolo, nemmeno la morte, tranne il peccato, che è negazione e
rottura di questa comunione. A noi farà bene studiare questa
enciclica per continuare la spinta data da don Vecchi, che aveva
scritto una lettera sull’Eucaristia, in cui alcuni di questi
elementi erano già stati espressi.
Invito i confratelli delle
nostre tre Regioni europee a cominciare ad approfondire l’Esortazione
Apostolica postsinodale “Ecclesia in
Europa”, sulla comunicazione del
vangelo della speranza in questo continente; essa sarà oggetto di
particolare attenzione in occasione della riflessione che faremo con
gli Ispettori di queste Regioni dall’1 al 5 dicembre 2004.
Visita
alla Ispettoria di Gran Bretagna
L’ultimo
fine settimana di aprile sono stato nella Ispettoria di Gran Bretagna
per visitare alcune comunità, incontrando i confratelli, e
partecipare a due riunioni con la Famiglia salesiana, a Bolton e a
Chertsey, dove ho parlato sulla vocazione del salesiano oggi, a
cominciare dal racconto della mia propria vocazione e dalla mia
esperienza nell’invitare altri a diventare salesiani; inoltre ho
avuto la possibilità di soffermarmi sull’identità, ruolo e
missione della Famiglia salesiana oggi.
Sono rimasto colpito
dall’accoglienza fraterna e amichevole dei confratelli e di tutti i
membri della Famiglia salesiana, espressione non soltanto della
rinomata gentilezza britannica, ma anche dell’amore e adesione
filiale a Don Bosco. Le giornate erano state preparate accuratamente
da un gruppo costituito da diversi membri della Famiglia salesiana ed
hanno avuto una grande partecipazione. Sono convinto che nel futuro
ovunque si dovrà lavorare sempre più in rete, come Famiglia di Don
Bosco, con piena sintonia, sinergia e fraterna solidarietà, come ho
visto fare qui.
Ho notato con sorpresa che l’Ispettoria, anche
se ha due case per i confratelli anziani o ammalati, ha un bel numero
di giovani preti, su cui si può contare per una presenza sempre più
significativa e per una pastorale vocazionale più feconda. Vorrei a
questo punto, in linea con quanto scrive Giovanni Paolo II
nell’Esortazione Apostolica Ecclesia
in Europa, esprimere una parola di
stima, di gratitudine, di vicinanza e di incoraggiamento a tutti i
giovani salesiani, preti e coadiutori, che sono un vero dono di Dio,
segno del suo amore e speranza di futuro (cfr. EiE 36-37), ed
invitare tutti ad impegnarsi, come risposta a questo dono, ad essere
con i giovani e per loro segno di speranza.
Presenze
di Treviglio e Chiari (ILE)
Alla
fine di aprile ho fatto una visita a due comunità della Ispettoria
Lombardo-Emiliana: Treviglio e Chiari. Entrambe hanno preparato un
programma molto intenso. A Treviglio ci sono stati incontri con gli
studenti e gli insegnanti della scuola superiore e della scuola
media, con il Sindaco della città, la visita alla Cassa Rurale, che
ha offerto al Rettor Maggiore il finanziamento per la perforazione di
alcuni pozzi d’acqua nell’Etiopia, e la Celebrazione Eucaristica
nel Santuario della Madonna delle Lacrime.
A Chiari si è
iniziata la giornata con l’Eucaristia per i ragazzi della scuola,
dopo la quale c’è stato un incontro con i giovani, l’inaugurazione
dell’edificio della nuova scuola superiore e dell’oratorio -
centro giovanile. Al pomeriggio ho dedicato tempo per incontrare i
cooperatori e i volontari e conoscere la realtà dell’ “Auxilium”,
un’opera con forte valenza sociale e missionaria; mi ha destato
stupore il vedere ciò che si è riuscito a fare nei cuori e nella
vita personale, prima che nell’azione sociale, di tanti laici e
professionisti, che sono divenuti veri e moderni samaritani in aiuto
agli immigrati e alle missioni. Abbiamo concluso la giornata in
palestra con lo spettacolo “Il giardino del Gigante”, che mi ha
fatto pensare alla necessità di far rinascere e qualificare
l’educazione all’arte e alle espressioni artistiche, come cammino
tipicamente salesiano di educazione ed evangelizzazione.
È
doveroso rendere grazie al Signore per lo zelo pastorale dei
confratelli e per tutte le iniziative che si portano avanti
nell’educazione e nel campo sociale, con una grande preoccupazione
per i più poveri del territorio e del mondo.
Visita
alla Ispettoria Sicula
Durante
l’anno ho visitato l’Ispettoria della Sicilia per ben due volte.
All’inizio di maggio sono stato a Caltanissetta, in occasione del
50° anniversario della presenza salesiana; si sono aggiunti altri
due incontri, il primo a Zafferana e il secondo a Palermo, dove ebbe
luogo il raduno con tutta la Famiglia salesiana della Sicilia. Così,
ho avuto modo di incontrare la maggior parte dei confratelli.
Sono
tornato poi in Sicilia alla fine di agosto per il raduno del
Movimento Giovanile Salesiano, che è stato un’ulteriore occasione
anche di incontro dei confratelli.
Le due visite mi hanno
permesso di conoscere questa realtà, di valorizzare quanto fanno i
confratelli nel campo della formazione salesiana, della scuola, della
formazione professionale, della parrocchia, dell’emarginazione e
promozione umana.
Riconosciuto da tutti è l’impegno di alcuni
dei nostri confratelli in difesa dei bambini seviziati, maltrattati e
violentati nel quartiere “Santa Chiara” di Palermo, che ha
costretto alla denuncia pubblica e alla chiusura dell’Oratorio, per
riaprirlo di nuovo con maggiore consapevolezza da parte della società
civile e delle autorità. Visitando “Santa Chiara”, dicevo che
quello è un luogo in cui i Salesiani debbono essere presenti con un
tipo di opera più propositiva, coinvolgendo l’intera Famiglia
salesiana. Mi auguro che poco a poco questo sogno diventi realtà per
il bene di tutti i bambini, adolescenti e giovani di un quartiere
socialmente a rischio, per le famiglie che vi abitano e per il numero
crescente di immigrati.
Visita
alla Ispettoria di Bilbao
La
seconda settimana di maggio, nella cornice del 75° anniversario
della casa di Pamplona, ho fatto una visita alla Ispettoria di
Bilbao, dove ho conosciuto quasi tutte le case, in Bilbao, Santander,
Pamplona, Logroño, Burgos, Vitoria, Urnieta, Azkoitia. L’agenda
degli appuntamenti prevedeva la visita alla sala di salesianità,
molto ben curata, parecchie interviste alla radio e televisione,
l’incontro con Vescovi, autorità civili, confratelli, giovani,
insegnanti, collaboratori, membri della Famiglia salesiana e
simpatizzanti.
Gli eventi che più mi hanno fatto impressione
sono stati gli incontri con i giovani, come quello avuto alla Casa di
Deusto, cui hanno partecipato numerosi giovani del MGS arrivati dalle
diverse presenze salesiane dell’Ispettoria. La loro gioia, le
qualità artistiche espresse nella rappresentazione del musical
“Namaskar”,
l’accoglienza del messaggio del Rettor Maggiore, la volontà di
impegnarsi socialmente e di vivere con responsabilità e intensità
la vita cristiana ci ricordano l’immenso potenziale che i giovani
rappresentano per la Chiesa e per la società, così come lo scoprì
Don Bosco, che sempre ha saputo credere in loro.
Si aggiungono
poi gli incontri con la Famiglia salesiana, con le comunità delle
Figlie di Maria Ausiliatrice, con i centri di Cooperatori ed
Exallievi ben organizzati ed impegnati, con i fiorenti gruppi ADMA,
uniti dall’Eucaristia e dalla devozione a Maria Ausiliatrice, molto
in sintonia con le fondazioni originali di Don Bosco.Non posso non
accennare a uno dei salesiani più rinomati di questa Ispettoria, don
José Luis Carreño Echandía, il grande missionario dell’India e
delle Filippine sull’esempio di San Francesco Saverio, la cui tomba
sono andato a visitare con venerazione, ammirazione e riconoscenza,
nella Casa del Missionario che egli stesso ha voluto costruire ad
Alzuza. Egli è stato un salesiano ricco di qualità umane, musico,
poeta, d’intelligenza viva ed acuta, un sognatore e un
realizzatore, con uno spirito di intraprendenza alla Don Bosco, di
cui si sentiva un degno figlio.Segno di stima da parte delle autorità
civili è stata la Medaglia d’Oro di Navarra che hanno voluto
assegnare ai Salesiani di Pamplona; ora si dispongono a collaborare
alla costruzione del nuovo centro di formazione professionale, come
riconoscenza a quanto la Congregazione ha fatto nel passato e fa nel
presente per lo sviluppo tecnologico della Navarra, attraverso la
formazione professionale dei giovani. Forse vale la pena di ricordare
che questa è una Ispettoria che ha curato moltissimo, come
d’altronde quasi tutte le Ispettorie della Spagna, i centri di
formazione professionale. Il rapporto con le autorità e il loro
coinvolgimento, dove è fattibile, non è indifferente, perché
l’educazione è una realtà che riguarda anche lo Stato e dobbiamo
lavorare con il maggiore concorso possibile, mantenendo nel contempo
l’autonomia e la libertà proprie della Congregazione. Anche questo
è un criterio salesiano importante. Infine un ultimo ricordo di
questi giorni è stata la visita a Loyola, alla casa - museo di
Sant’Ignazio, con una sosta di preghiera nella “cappella della
conversione”. Quello che ha destato più meraviglia in me è stata
la sua esperienza spirituale e il suo cammino interiore. Infatti
rientrò a casa ferito dalla guerra, pensando alla sua ‘innamorata’,
e ripartì da casa sua innamorato solo di Dio. Che cosa accadde nel
frattempo? La grazia infinita dell’incontro con Dio! Fiero di se
stesso, pensando di conquistare il mondo, aveva chiesto alcuni libri
di “cavalleria” per attingere ispirazione ai grandi eroi.
Provvidenzialmente non si trovavano nel palazzo se non due libri: una
storia dei santi e una vita di Gesù. Anche se gli provocava noia, li
cominciò a leggere. Più conosceva i grandi santi, più si
domandava: «Se San Francesco d’Assisi è stato così radicale,
perché non potrei esserlo anch’io? Se San Domenico di Guzman ha
fatto così, perché io non potrei farlo?». Più leggeva la storia
di Gesù e più si sentiva commosso, disposto a cominciare una vita
nuova, a diventare suo discepolo, e a far parte della sua
“compagnia”. Non voleva fare altro che la volontà di Dio e
cercare solo la sua gloria. Imparò così l’arte del discernimento
spirituale, i criteri per distinguere quello che procede da Dio e ci
porta a Lui da quello che, anche sembrando buono, non proviene da Lui
e non ci riporta a Lui. Una volta guarito, lasciò la sua casa
completamente trasformato. Che cosa può suggerire Sant’Ignazio a
noi salesiani nel nostro impegno di guidare i giovani all’incontro
con Dio e con Gesù? Penso che se vogliamo essere all’altezza del
nostro compito, abbiamo bisogno di diventare ricercatori di Dio e
guide esperte per condurre i giovani a Gesù.
Visita
alla Ispettoria di München
A metà
maggio, subito dopo la visita alla Ispettoria di Bilbao, sono stato
nell’Ispettoria di Monaco, in Germania, dove ho avuto la
possibilità di visitare alcune comunità e conoscere alcune opere,
come l’editrice Don Bosco, che sta svolgendo un programma
interessante di pubblicazioni insieme ad altre editrici della Regione
Europa Nord, e la casa di Waldwinkel, a favore di ragazzi portatori
di ‘handicap’, che è un’opera assai significativa, di alta
qualità educativa, in collaborazione con lo Stato, con una diversità
di proposte che la rendono molto valida.
I motivi principali
della mia visita furono la partecipazione al “Curatorium” di
Benediktbeuern e l’incontro con la Famiglia salesiana
dell’Ispettoria. A Benediktbeuern ho potuto ammirare la bellezza e
la nobiltà dell’antico monastero che è un vero gioiello, ma
soprattutto ho ammirato la varietà di sezioni e di programmi e, in
particolare, ciò che ha reso rinomato questo centro di studio nel
mondo salesiano, cioè la Facoltà di Teologia e la Facoltà di
Pedagogia. Nel mio intervento, oltre il ringraziamento per il
servizio svolto nella formazione di numerosi confratelli, ho invitato
a fare di Benediktbeuern un centro di teologia per tutta la Regione.
Questo è un compito da portare avanti in un momento in cui la
Congregazione sta promuovendo comunità formatrici e centri di studio
interispettoriali, come un servizio alle Ispettorie che non possono
avere tutte le tappe formative, con spirito di corresponsabilità e
con volontà di sinergia.
L’incontro con la Famiglia
salesiana, al quale hanno preso parte circa mille persone, è stato
davvero un momento di festa, incominciando dall’Eucaristia, cui è
seguito il pranzo e poi l’evento musicale e gioioso in teatro. Come
non ringraziare il Signore per il dono della Famiglia salesiana, che
cresce ovunque, sempre più solida e aperta alle nuove sfide? E come
non ricevere questo dono impegnandoci nella sua cura attenta e nella
sua fedele trasmissione?
Visita
alla Ispettoria di Köln
Il 23
aprile mi sono recato a Bonn per partecipare alla festa in onore di
P. Karl Oerder, che celebrava 75 anni di vita, 50 anni di professione
religiosa e 25 anni come direttore della Procura Missionaria
Salesiana. Anche se non è normale che il Rettore Maggiore partecipi
a questi particolari momenti – sarebbe impossibile poter
accompagnare tutti i confratelli nelle loro diverse celebrazioni –
la mia presenza in questa occasione voleva esprimere riconoscenza a
nome di tutta la Congregazione per il lavoro instancabile, generoso,
efficace, con grande senso d’istituzione, a favore dei missionari
dell’America Latina, Asia, Africa ed Europa Est.
La
partecipazione di autorità civili ed ecclesiali, di rappresentanti
di importanti organismi del governo e della Chiesa in Germania, di
moltissimi confratelli e amici ha messo in evidenza la grande stima e
l’apprezzamento per quanto il P. Oerder ha fatto in questi anni.
Egli è riuscito a fare della Procura di Bonn una vera finestra,
attraverso la quale il mondo tedesco ha potuto osservare la
Congregazione salesiana e a sua volta questa ha guardato la
Germania.
Su iniziativa dell’Ispettore, ho colto l’occasione
per un incontro con i direttori dell’Ispettoria di Köln, i quali
mi hanno presentato la situazione delle loro comunità e opere, dando
poi spazio a domande e risposte. In una società che sente, forse per
prima volta dopo la seconda guerra mondiale, i limiti del suo
progresso economico e sociale, il processo di profonda
secolarizzazione pone nuove sfide all’evangelizzazione e alla
nostra presenza tra i giovani. In questo momento le due Ispettorie
della Germania stanno conducendo avanti un processo di unificazione,
che si completerà nell’anno 2005.
Feste
in onore di Maria Ausiliatrice a Torino
Come
al solito, il 24 maggio sono andato a Torino per la celebrazione
della Festa di Maria Ausiliatrice. Il 17 maggio era stata già
preceduta dalla celebrazione del centenario dell’incoronazione
della sua immagine, che ha avuto poi il suo culmine nel IV
Convegno Internazionale di Maria Ausiliatrice,
svoltosi a Torino nei primi giorni del mese di agosto con una
partecipazione di più di 800 congressisti venuti da 30 paesi.
Ancora
una volta sono stato testimone dell’amore della città di Torino
alla Madonna di Don Bosco, frutto della grande devozione che il
nostro amato Padre coltivò e seppe diffondere. La Basilica è stata
sempre affollatissima e la processione, presieduta dal Card. Severino
Poletto con i suoi Vescovi ausiliari, ha visto la Madonna “camminare”
lungo le strade benedicendo le famiglie.
Un avvenimento che ha
avuto luogo in questa stessa data, nelle camerette di Don Bosco, è
stato l’inaugurazione del nuovo
portale della Direzione Generale, che è
un modo assai significativo per entrare in comunicazione con tutti
quanti sono interessati a conoscere chi siamo, cosa facciamo, dove
operiamo, qual è la nostra proposta nel campo dell’educazione,
dell’evangelizzazione, dell’emarginazione, della cultura,
dell’azione missionaria, della comunicazione, della formazione, con
quali metodi ed obiettivi, come siamo organizzati. Tutto ciò è in
linea con il pensiero di Don Bosco, per il quale non basta fare il
bene, ma è importante che questo sia conosciuto. Il nuovo sito ha
più potenzialità della precedente versione, con una varietà di
servizi, un motore di ricerca e soprattutto un’interazione più
ampia. Il nuovo portale è una via d’accesso attraverso la quale i
Salesiani vogliono entrare in dialogo con il mondo, specialmente
quello giovanile, e con quanti vogliano navigare all’interno del
nostro sito. Mi auguro che questo sforzo di servirci di Internet per
rinnovare il nostro impegno a favore dei giovani, della loro
educazione ed evangelizzazione, della creazione di una cultura della
preventività, possa essere fecondo.
Ho compiuto un’altra
visita alla Ispettoria del Piemonte - Valle d’Aosta nella
ricorrenza centenaria della nascita di San
Callisto Caravario; in tale occasione
mi sono recato a Cuorgnè, suo paese natale nel Canavese. La
coincidenza di questa celebrazione con la festa di Pentecoste mi ha
permesso di evidenziare l’azione feconda dello Spirito Santo,
quando trova una natura ben disposta come quella di questo giovane
salesiano. La commemorazione civile ha messo in evidenza, oltre al
riconoscimento di un tale concittadino, la grande stima per quanto ha
fatto la Congregazione a favore di Cuorgnè attraverso l’opera che
vi abbiamo. Tre giorni prima a Oliva Gessi era stata fatta la
commemorazione del 130° anniversario della nascita di San Luigi
Versiglia.
Visita alla
Ispettoria di Verona (IVO)
A fine
maggio mi sono recato a Verona. Volevo farmi presente in questa
Ispettoria prima della ormai imminente unificazione con l’Ispettoria
Veneta Est di Venezia. Quando questa lettera sarà pubblicata, la
nuova Ispettoria del Nord-Est d’Italia avrà già avuto
inizio.
Sono stato soltanto un giorno, ma con un’agenda molto
fitta di impegni: la visita ai confratelli ammalati che si trovano
ricoverati nella casa di Negrar, l’incontro con gli 800 ragazzi e
insegnanti del centro di formazione professionale “S. Zeno”, con
la vicina parrocchia salesiana "Domenico Savio", la
benedizione della nuova Cappella dell'Istituto “S. Zeno”, la
visita all’Istituto “Don Bosco”, dove ho avuto un incontro con
i ragazzi della scuola media, l’assemblea dei confratelli e
l’Eucaristia a memoria dei giubilei.
A volte ci si potrebbe
domandare se visite tanto brevi hanno qualche significato; penso che
tocchi a voi dare la risposta. Da parte mia devo attestare che sono
momenti di grande comunione affettiva, spirituale, pastorale,
vocazionale, perché non c’è niente che costruisca tanto come la
comunicazione personale. Raccogliendo le risonanze che lasciano le
visite del Rettor Maggiore, mi rendo conto che i confratelli, i
giovani, i collaboratori, i membri della Famiglia salesiana restano
motivati, come ripieni di spirito salesiano; e questo avviene proprio
per il fatto di essere il Successore di Don Bosco. Ricordo quanto don
Vecchi, già ammalato e molto limitato, insisteva sulla necessità di
partecipare ad alcuni eventi delle Ispettorie e della Congregazione;
egli ci diceva che il Rettor Maggiore conta non per quello che fa, ma
per colui che rappresenta.
Partecipazione
alla Assemblea Semestrale della USG
Dal
28 al 31 maggio presso il “Salesianum” di Roma, si è svolto il
raduno semestrale della Unione Superiori Generali (USG), avendo come
tema: “Il Religioso, uomo di dialogo
al servizio della Chiesa e con la Chiesa”.
Ci sono state tre conferenze che hanno illuminato il tema e quindi si
sono avuti i lavori di gruppo, prima per lingue e dopo per incarico:
Superiori generali e Vicari.
La scelta dell’argomento voleva
essere una risposta a una realtà molto facile da constatare, cioè
la difficoltà del dialogo a tutti i livelli: all’interno di una
comunità religiosa e di un Istituto religioso, tra vita consacrata e
comunità ecclesiale, tra Chiesa e mondo.
Il tema ha evidenziato
in modo chiaro che il dialogo è difficile, ma quanto mai urgente,
proprio in un contesto culturale ed ecclesiale come il nostro. Esso è
una dimensione assolutamente necessaria per lo sviluppo della persona
umana, che è un essere relazionale, per la vita delle comunità, per
la missione, che è essenzialmente comunicazione e testimonianza, per
l’inserzione nel mondo. È una realtà faticosa, anche perché
implica di saper cambiare i propri punti di vista, le proprie
convinzioni, i propri modi di operare; ma esso è indispensabile se
vogliamo rendere credibile ed efficace la nostra testimonianza di
discepoli di Gesù, che saremo conosciuti e riconosciuti se ci
amiamo, se siamo uno, se abbiamo un cuore solo e un’anima
sola.
Partendo dalla Enciclica “Ecclesiam
suam” (1964), in cui Paolo VI diceva
che «il dialogo è il nuovo nome della carità» e accennava alle
sue quattro caratteristiche fondamentali, ossia la chiarezza, la
mitezza, la fiducia e la prudenza, i relatori hanno mostrato come il
dialogo tra le culture, tra uomini e donne, tra noi e i poveri, è
possibile soltanto ascoltando l’altro con attenzione, cercando di
vedere l’altro nella migliore luce possibile, trattando gli altri
con un rispetto straordinario, insomma guardando gli altri con gli
stessi occhi di Dio.
La misura della salute di una comunità
locale o provinciale è direttamente proporzionale al modo con cui i
membri sono capaci di condividere gli uni gli altri i rispettivi
punti di vista e i rispettivi sforzi spirituali e personali.
Su
questa linea, la prima scheda del CG25 ha voluto incoraggiare i
confratelli e le comunità a promuovere una relazione interpersonale
profonda e quindi a condividere la propria esperienza di vita e di
Dio, per arrivare a formare una comunità molto più salda e robusta.
A questo è indirizzato pure il progetto della comunità salesiana
locale, che vuole favorire la comunione dei confratelli attraverso un
processo di condivisione e di discernimento, cominciando dalla
chiamata di Dio, sviluppando poi la lettura della realtà e delle
sfide in cui viviamo e operiamo, e concludendo con la scelta delle
grandi opzioni ed obiettivi da raggiungere. Infatti, la vera
comunione è frutto dell’amore che si esprime in un progetto
comune, contro ogni tendenza all’individualismo e all’egoismo.
Don
Bosco è venuto incontro a questo bisogno, cercando di fare della
propria comunità una casa e di impostare uno spirito di famiglia che
permeasse tutti i rapporti. In questo modo vengono assunte sia la
vita della comunità, le sue gioie e speranze, le sue fatiche e
timori, la sua dinamica interna e il suo itinerario spirituale, sia
la questione scottante della qualità della presenza educativa
pastorale, la capacità di rispondere alle sfide, il coinvolgimento e
la formazione dei laici collaboratori.
Il dialogo con la Chiesa,
con i Vescovi e con gli altri religiosi, anche se non sempre facile,
diventa oggi più che mai indispensabile ed esigente, perché
richiede di superare paure e sfiducia e di affrontare insieme grandi
problemi come quelli della evangelizzazione, della promozione umana,
della giustizia sociale, della cultura.
È fuori dubbio che il
dialogo è un valore da imparare e sviluppare lungo gli anni di
formazione. È una espressione della spiritualità di comunione,
indispensabile per noi chiamati ad essere artefici di
comunione.
Visita alla
Ispettoria Adriatica
Alla
conclusione di maggio ho fatto una visita di fine settimana alla
Ispettoria Adriatica, che ha avuto il primo luogo di incontro a
L’Aquila, dove il venerdì 30 il Sindaco ha consegnato la
cittadinanza onoraria a tutta la comunità salesiana per i 70 anni di
presenza e l’influsso sulla città e sul territorio. Il giorno
seguente, al mattino c’è stato l’incontro con la comunità
ispettoriale; al pomeriggio e alla sera si è celebrata la festa di
Maria Ausiliatrice con la Famiglia salesiana, comprendente la
processione e un festival. Il secondo luogo di incontro è stato a
Vasto, dove ho ricevuto la cittadinanza onoraria, ho inaugurato la
palestra, ho presieduto l’Eucaristia dell’Ascensione del Signore
ed ho partecipato al festival organizzato dai ragazzi delle opere
dell’Ispettoria.
Ho trovato una Ispettoria con vivacità e
vitalità, in cui anche i confratelli anziani sembrano vivere con
l’entusiasmo dei primi tempi, ancorati alla tradizione salesiana
sentita e vissuta. Ho visto la presenza di un gruppo di giovani
confratelli, che fa pensare alla possibilità di una pastorale
vocazionale feconda, soprattutto se le comunità continuano ad essere
aperte, accoglienti e inserite in mezzo ai giovani, se il Movimento
Giovanile Salesiano si consolida e ha la capacità di far maturare
progetti di vita. Speriamo che sia così.
Conclusione:
il compleanno di Don Bosco Nei giorni
15 e 16 agosto sono stato al Colle Don Bosco per le celebrazioni
dell’Assunta, l’affidamento dei bambini alla Madonna, come fece
Mamma Margherita con Giovannino, la processione della Madonna del
Castello a Castelnuovo, e per la festa del 188° anniversario della
nascita di Don Bosco. È la prima volta che tale festa si celebrava
e, ciononostante, c’è stata una partecipazione significativa di
confratelli delle comunità della Ispettoria, con la presenza anche
delle autorità civili per il compleanno del loro più glorioso
cittadino.
Abbiamo contato sulla presenza di gruppi di giovani
venuti dal Belgio, dalla Slovenia, dalla Croazia e dalla Polonia,
guidati da confratelli salesiani. È stupendo vedere come il Colle
diventa sempre più centro di pellegrinaggio per confratelli,
giovani, membri della Famiglia salesiana, che vi giungono per
conoscere la culla del padre, maestro ed amico dei giovani: il prato
del sogno che sigillò la sua vita, affidandogli una missione,
indicandogli un campo di lavoro, dandogli una maestra; il luogo delle
nostre origini e della nostra comunione spirituale e apostolica. È
vero che a Valdocco Don Bosco maturò il suo progetto apostolico e
che lì ebbe luogo la fondazione della Congregazione Salesiana,
dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, dei Cooperatori,
dell’ADMA; ma è altrettanto vero che la vita, inizio di ogni dono,
cominciò ai Becchi e vi diede i primi passi, alcuni dei quali
segnarono per sempre la vita di Don Bosco.
L’iniziativa della
comunità del Colle di celebrare la nascita del nostro Padre mi è
sembrata indovinata e in linea con quanto stiamo promuovendo, cioè
la valorizzazione dei “luoghi santi salesiani”. Mancano ancora 12
anni per il bicentenario della nascita e vogliamo iniziare un cammino
di preparazione che si deve tradurre in una conoscenza migliore di
Don Bosco e, soprattutto, nel rendere operativo il suo carisma e la
sua missione nel contesto odierno, per certi versi tanto diverso dal
suo. Il messaggio del 16 agosto scorso era appunto in questa
direzione. Il mese di agosto poi in tante parti della nostra
Congregazione è il mese di Don Bosco, quindi questo ricordo è
risultato opportuno.
Sono passati ormai 188 anni dalla nascita
di Don Bosco, uomo di Dio e dei giovani. La prodigiosa espansione del
suo carisma in 126 paesi del mondo, grazie a uno stuolo di consacrati
e consacrate, che hanno fatto proprio il suo stesso progetto di vita,
e a una schiera di collaboratori laici, raggiungendo migliaia e
migliaia di ragazzi, rende possibile che Don Bosco possa dire come
San Paolo: «Voi siete una lettera di
Cristo, scritta da me non con l’inchiostro, ma con lo Spirito del
Dio vivente» (2 Cor 3,3).
La
Vergine Maria, nella festa della sua Natività, ci insegni ad aprirci
senza limiti al disegno di Dio per accoglierlo con generosità e
gioia ed essere suoi collaboratori per il bene dei giovani.
Don Pascual Chávez V.
Rettor
Maggiore