Atti_1953_175.ACS_


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ATTI DEL CAPITOLO SUPERIORE
II Rettor Maggiore.
1. - D on R ua V e n e r a b ile ! — Torno sull’argomento del
Venerabile Don R ua, perchè nel giugno scorso potei appena
accennarvi di volo. Pio inviato a tutti i R ev.mi Ispettori e
anche ai Direttori d’Italia la vita del Ven. D. Eua, affinchè
dappertutto se ne rinnovi la lettura, se ne parli nelle confe­
renze e si esorti a invocare la sua intercessione per ottenere
grazie e miracoli a conferma della sua santità.
Ma mi pare doveroso invitare tutti i confratelli a fermare
la loro attenzione sul novello Venerabile, proposto dalla P rov­
videnza divina come modello mirabile di vita salesiana e di
quello spirito, che in questi anni è fra noi oggetto di studio,
conformemente ai ricordi estremi lasciatici dal defunto D on
R icaldone.
Oh come viene opportuno l’esempio del primo figlio di
Don Bosco, cresciuto alla sua scuola, scelto ed educato passo
passo ad assumere tutte le più gravi responsabilità, facendo
sempre a metà col Padre, quasi a indicarci come fu inteso lo
spirito salesiano da Colui che, dimentico di se stesso, seguì
le orme di D on Bosco e si santificò nella fedele imitazione del
santo maestro; sicché possiamo affermare che Don Bua è il
più bel fiore e il frutto più squisito dell'educazione di San Gio­
vanni Bosco.
La preparazione. - Nella vita di San Giovanni Bosco si in­
nestano sempre con semplicità e naturalezza incomparabile il
soprannaturale e l’ordinario, le intuizioni personali dell’uomo
di genio e le illustrazioni dall’alto. Sogni e profezie, grazie
ottenute istantaneamente o a distanza di anni, incontri for-
tuiti, soccorsi inesplicabili, si rivelano ad ogni tratto di questa

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« mirabil vita » e formano l’incanto dei suoi figli devoti, la me­
raviglia dei contemporanei e dei posteri.
Il Venerabile D on Michele Bua fu testimonio di tali avve­
nimenti dal primo uso di ragione. « Ho conosciuto il Servo di
Dio Don Giovanni Bosco — egli depose nel processo dell’Or­
dinario — nel mese di settembre del 1845. A vevo allora otto
anni». Nel mese di agosto aveva perduto il babbo e la divina
Provvidenza metteva al suo fianco un padre che, esperto della
vita di orfanello, l’avrebbe santamente educato. Michefino vide
anche il periodo randagio dell’Oratorio: dal Bifugio di San
Pietro in Vincoli, ai Molini Dora, dalla Casa Moretta al prato
Filippi, fino alla Pasqua del 1846 nella Cappella Pinardi.
Merita un rilievo il fatto che Michelino durante il tempo
dell’aspra prova, quando anche i suoi benevoli andavan di­
cendo che D on Bosco era impazzito, ne fu tanto addolorato
che pianse e più tardi esclamò: «S e si fosse trattato di mio
padre, forse non ne avrei provato pena maggiore ». Era dunque
già legato a D on Bosco di un affetto filiale, tenerissimo, che
lo portò a frequentare l’Oratorio dal 1845 al 1847, quando
diede il nome alla Compagnia di S. Luigi, a dieci anni d’età.
Nel sogno del pergolato di rose, appunto quell’ anno, D on Bosco
vide un drappello di preti, chierici e laici che gli vennero in­
contro dicendo: « D on Bosco, siamo tutti suoi, eccoci pronti
a seguirla ». A capo di essi era D on Eua. Proprio dopo questo
sogno Don Bosco, incontratolo per via e richiesto d’un’imma-
gine, gli prese la manina e facendo l’ atto di tagliarla a metà
e di restituirgliene mezza, gli disse: « Prendi, Michelino, prendi ».
Gesto misterioso, che si ripetè più volte e la cui spiegazione
venne soltanto nell’ottobre del 1852, dopo che ebbe indos­
sato l’abito ecclesiastico, allorché Don Bosco vide la prima
realtà del suo sogno verificata in quel caro figliuolo, così assen­
nato, diligente, volonteroso e già alla testa dei compagni di­
sposti ad aiutarlo.
N ota D on Francesia che da allora fece a metà con D on
Bosco anche nel vestito. L a sua prima mantelletta da estate
e il primo mantello da inverno erano stati usati dal Santo e
bisognava vedere per credere in che stato erano ridotti! Ma poi
possiamo ben dire che era il mantello d ’Elia che passava in
eredità al novello Eliseo.

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La formazione. - Notiamo un’altra cosa. N on erano tempi
rosei per il Clero e per gli allievi sacerdoti gli anni in cui il
chierico Rua si mise al seguito di D on Bosco! I l Seminario
dal 1848 era chiuso e i soldati lo occuparono fino al 1865. I
chierici dell’Oratorio frequentavano scuole private presso teo­
logi e canonici addetti alle Chiese e contemporaneamente
aiutavano Don Bosco nelle assistenze dei vari Oratori cittadini.
In questo clima di straordinario lavoro, di pietà operosa,
di apostolato svariatissimo, il chierico apprese a imitare Don
Bosco: assistente generale nella sala da studio, in chiesa, in
cortile, in refettorio, incaricato della scuola settimanale di ca­
techismo e poi di aritmetica, amanuense di D on Bosco per
le pubblicazioni delle Letture Cattoliche e della Storia d'Italia
uscita nel 1855, direttore domenicale dell’Oratorio di Porta
Nuova, era la meraviglia di tutti per la sua laboriosità, umi­
lissimo sempre e fedele esecutore d’ogni desiderio di D on Bosco.
Mi piace richiamare questi particolari per far rilevare come
non fu cresciuto tra sorrisi e lusinghe di comodità questo atleta
dello spirito salesiano e come ha ben diritto di insegnarci che
cosa vuole D on Bosco da noi, dopo essersi addestrato in una
simile palestra. I l mirabile si è però che in tanta attività il
pensiero dominante è lo spirito d’orazione, l’amor di Dio e
del prossimo, accesi e infiammati sempre più da- un ideale
dapprima avvolto in un alone di mistero e poi chiaramente
svelato: l’abbozzo della Società Salesiana tracciato la sera del
26 gennaio 1854, presentata come una prova di esercizio pra­
tico di carità verso il prossimo, per divenire col tempo una
promessa e un voto al Signore. E il chierico Bua pel primo si
addestra a fare in più la meditazione quotidiana, pascolo sa­
lutare dell’anima, esercizio che formerà per tutta la sua vita
la gioia e il nutrimento interiore, dal quale non si dispenserà
mai, neppure sul letto di morte.
L ’occasione propizia per misurare il calore di carità di
questo gruppetto di Salesiani eccola giungere nell’agosto di
quello stesso anno: il colera entrato in Torino mena strage a
V aldocco e Don Bosco non teme di mettere i suoi aiutanti ed
allievi, e in capo a tutti D on Bua, al contatto dei colerosi.
Per rendersi conto della ricchezza interiore dei nostri primi
tempi, bisogna rileggere i primi volumi delle Memorie Biogra­

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fiche con la mente e il cuore attenti a cogliere le vie mirabili
della Provvidenza che attorno a San Giovanni Bosco viene
creando una tale fusione di tutte le virtù, una ta le .armonia
di operosità, di letizia, di pietà angelica, di apostolato, un con­
certo di anime giovanili così pieno e perfetto sotto la direzione
d’un tanto Maestro, che non si verifica sovente nella storia
della carità e della pedagogia cristiana. In quegli anni dal 1845
al 1860, i primi tre lustri, D on Bosco solo guida l’ Oratorio;
i suoi aiutanti sono tutti chierichetti, unico sacerdote D on Ala-
sonatti, comparso nel 1854; tutto prende le mosse e lo slancio
da D on Bosco, direttore delle anime in confessionale e armo­
nizzatore incomparabile di quel piccolo mondo, con lo sguardo
e l’orecchio intento alle voci dall’alto che sublimano ogni av­
venimento, trasportando tutti in un’atmosfera celeste, sopran­
naturale. « Don Bosco — scriveva il Canonico Ballesio — è
stato un sant’uomo, che faceva amare e praticare la virtù.
Egli fu come un sole di fede luminosa e pratica che rischia­
rava e scaldava l’ambiente del primo suo istituto, che passò
alla posterità col nome di Oratorio per antonomasia. Biesce
difficile in questi giorni di scetticismo immaginarsi la vita di
pietà, di santa e soave giocondità del nostro Oratorio. In quel-
l’olezzante giardino crebbe un’eletta schiera di ottimi chie­
rici, ottimi sacerdoti e fratelli laici, i quali aiutavano D on Bosco,
animati dal suo spirito, affezionati a lui, e desiderosi d’imi-
tarne i mirabili esempi. E tra questi eletti andava innanzi a
tutti, come principe, il nostro D on Bua, il quale nei pensieri,
nei sentimenti, nelle opere e in tutte le virtù, era una cosa
sola con D on Bosco, una copia perfetta di lui ». (Ballesio, Vita
intima di Don G. Bosco nel suo primo Oratorio. Torino, 1888).
Per l’attrattiva sempre più forte che D on Bosco esercitava
sul chierico Bua, il 25 marzo 1855, giorno dell’Annunciazione
e solennità dell’Archidiocesi Torinese per la proclamazione del
dogma dell’im m acolata Concezione, nel silenzio della came­
retta del Santo, egli pronunciò i voti privati di povertà, ca­
stità e obbedienza. A veva 18 anni, era studente del 2° corso
di filosofia e diveniva la prima pietra dell’opera meravigliosa
di D on Bosco. I l Beato Domenico Savio cominciava in quei
giorni a profumare l’Oratorio con le sue angeliche virtù, ma
il suo passaggio fu rapido. D i D on Bua invece il Card. Cagliero

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ricordava una parola detta da San Giovanni Bosco quando
una volta parlò dei suoi primi allievi morti in concetto di san­
tità: « Però oltre a questi ve n’ha uno, che li supera tutti, e
quando volesse potrebbe fare miracoli ». Ecco in quale con­
cetto lo teneva il nostro Santo Fondatore fin dai primi anni
della sua formazione.
Ma l’attestato solenne di stima e di affetto che San Gio­
vanni Bosco diede allora al chierico Bua, fu quello di pren­
derselo a compagno e segretario nel primo viaggio a R oma.
Una scuola di romanità che mise profonde radici nel cuore del
ventenne discepolo: il Papa, le tre udienze, lo studio delle
R egole della nascente Società, i monumenti sacri visitati con
Don Bosco e con la fede degli antichi romei.
Tuttavia ciò che non appare è la convivenza più intima
che mai del Maestro santo e del Discepolo devotissimo, la tra­
sfusione continua di esempi e precetti salutari, lo spirito di
pietà e l’affetto cordiale che unirono quelle due anime elette in
una reciproca comprensione, i cui effetti dureranno nei secoli.
I l volume V delle Memorie Biografiche si estende a raccontare
tale soggiorno storico per ben 9 capitoli da pag. 801 a 931.
Eravamo ormai alla vigilia delle Ordinazioni del chierico
e della sua consacrazione sacerdotale. D opo il ritorno da Bom a
toccò al chierico Bua ridare all’Oratorio la fisionomia voluta
da D on Bosco, perchè nei due mesi d ’assenza i giovani e i con­
fratelli avevano sperimentato la mancanza del Maestro e del
suo aiutante nell’andamento disciplinare e nella conservazione
delle sante tradizioni familiari. D on A lasonatti era un santo
sacerdote, pio, sacrificato, generoso, affezionatissimo a Don
Bosco, ma in quattro anni non si era potuto assimilare lo spi­
rito del Santo; non sapeva farsi amare e insieme obbedire da
quella massa di piccoli e di grandi, e aveva ottenuto l’obbe­
dienza soltanto a danno della vita di famiglia.
Oh, come merita la nostra riflessione questo particolare della
storia dell’ Oratorio! Non è vero che si ripete spesso anche oggi
nelle nostre Case, quando non si riesce ad ottenere la perfetta
tempera di religione, ragione e amorevolezza nell’applicazione del
sistema preventivo da parte di tutti e di ciascuno dei Superiori?
I l chierico Bua, senza dimostrare di voler riformare, riprese
il suo sistema: assistenza, correzione amorevole, diligenza e

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puntualità, spirito di sacrificio, per amor di Dio e di D on Bosco:
e l’armonia tornò a regnare festosa, intonata, in un concerto
unanime. D on Bosco ne fu subito racconsolato e, si accinse a
dare forma stabile ai suoi Salesiani, invitandoli a legarsi spiri­
tualmente a Dio con voti religiosi, preparando la futura Con­
gregazione.
Il tirocinio della responsabilità. - Epico periodo quello
del 1859-62: sono tre anni densi di avvenimenti dentro e fuori
dell’Oratorio, di illustrazioni sovrannaturali continue per il
nostro Padre, di decisioni generose e di vessazioni d’ogni specie
per il Padre e per i figli: è un clima eroico di fede e di speranza
in cui protagonista e pilota è il Santo, ma collaboratore inde­
fesso, senza tentennamenti e malinconie è il Venerabile Don Mi­
chele Bua.
La sera del 18 dicembre 1859 attorno a D on Bosco si riu­
nirono i primi membri nati della Società Salesiana, in nu­
mero di 17, per approvare il « disegno di erigersi in Società o
Congregazione, avendo di mira il vicendevole aiuto per la san­
tificazione propria e di promuovere la gloria di Dio e la salute
delle anime, specialmente delle più bisognose di istruzione e
di educazione »; e procedevano alla elezione dei membri che do­
vevano costituire il consiglio direttivo della Società. Poiché Don
Alasonatti era stato scelto da D on Bosco stesso come Prefetto,
la prima elezione a scrutinio segreto fu quella del Catechista
generale; e l’unanimità dei voti si pronunciò su Michele Bua,
soltanto Suddiacono, « che non se ne ricusava » dice il verbale.
Così con una cerimonia semplice, ma da lungo preparata
i primi figli si stringevano compatti attorno al Padre e il Padre
il 31 di quel mese li ricambiava con queste solenni parole,
davanti a tutta la comunità riunita per ricevere una famosa
strenna: « Miei cari figliuoli, voi sapete quanto io vi amo nel
Signore e come io mi sia tutto consacrato a farvi quel bene
maggiore che potrò. Quel poco di scienza, quel poco di espe­
rienza che ho acquistato, quanto sono e quanto posseggo,
preghiere, fatiche, sanità, la mia vita stessa, tutto desidero
impiegare a vostro servizio. In qualunque giorno e per qua­
lunque cosa fate pure capitale su di me, ma specialmente nelle
cose dell’anima. Per parte mia per strenna vi do tutto me stesso;

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sarà cosa meschina, ma quando vi dò tutto, vuol dire che nulla
riserbo per me ». Tra tutti gli uditori di quella sera colui che
più profondamente scolpì nel suo cuore quelle parole formando
il proposito di ricambiare il Padre con la medesima dedizione
e di imitarlo nei suoi uffici di responsabilità per tutta la vita,
fu certamente don R ua.
L ’imminenza del sacerdozio, che doveva infondergli nuove
energie spirituali, l’impegno assunto come obbedienza per il
voto de’ suoi confratelli pochi giorni prima quale Catechista
generale, l’amore a D on Bosco che di settimana in settimana
ne dirigeva le spirituali ascensioni nel sacramento della Con­
fessione e ogni giorno gli era accanto per confortarlo nel suo
lavoro indefesso, le difficoltà esterne che minacciavano la vita
stessa dell’Oratorio, la commovente corrispondenza dei gio­
vani all’opera educativa familiare erano tutti m otivi che con­
correvano a confermare il giovane levita nella sua vocazione
alla santità e a perfezionarsi nell’interpretare nelle più mi­
nute sfumature lo spirito salesiano inculcato con l’esempio e
con la parola dal Maestro santo.
E vennero le perquisizioni a ingrandire la figura di Don
Bosco: dopo gli attentati a mano armata e le avventure del
Grigio, ci voleva anche questa per aumentarne il prestigio e
stringergli intorno la famiglia con un vincolo nuovo d’affetto
e di venerazione. Infatti dopo la prima perquisizione eseguita
il 26 maggio 1860 il Can. Luigi Anglesio, Superiore della P ic­
cola Casa del Cottolengo, amicissimo di D. Bosco, gli mandò
dire con tono profetico: « Oggi l’Oratorio di S. Francesco di
Sales è messo dal Signore alla prova, ma da questo momento
lo ha benedetto in modo speciale e sarà consolidato ». Effetti­
vamente D on Bosco, anziché sconcertarsi, una sera, riimiti i
membri del Capitolo, disse loro: « L a perquisizione ha dato
occasione ai giornali sia benevoli, sia nemici, di parlare di noi
e delle cose nostre. I l Signore per mezzo di questa angheria
ci ha fatti conoscere al mondo; approfittiamoci di questa oc­
casione e noi domani faremo l’acquisto dei locali attigui della
Signora Geuna vedova Filippi. State tranquilli, l’anno ven­
turo avremo un gran numero di giovani ».
E D on Bua al suo fianco imparava a mantenersi calmo e
fiducioso nella Provvidenza divina e a giurare sulla parola del

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Padre, che non prometteva mai invano perchè guidato passo
passo dalla sua Guida celeste. Chi non avverte in questo stato
d ’animo l’effetto delle parole che San Giovanni Bosco scrisse
da Sant’Ignazio al suo diletto figliuolo che faceva gli Esercizi
spirituali in preparazione al sacerdozio? D on R ua gli aveva
scritto in lingua francese e Don Bosco gli raccomanda in bel
latino: « Sii francese solo nel linguaggio, ma di spirito, di cuore
e di azione sii romano intrepido e generoso. Bada alle mie pa­
role « scito ergo et animadverte sermonem »: ti attendono molte
tribolazioni; ma con esse il Signore ti da rà molte consolazioni.
Sii agli altri esempio di ben fare; bada a chiedere consiglio; fa
sempre ciò che è bene agli occhi di Dio e se valgo qualcosa sarò
tutto per te. La grazia del Signor Nostro Gesù Cristo sia sempre
con noi ».
È una lettera che vibra di un vigore e risplende d’una luce
che vengono dall’Alto. « Scito ergo et animadverte sermonem »
richiama il passo di Daniele IX -23 ed ha un tono profetico che
al figlio devoto non suona nuovo, anzi è consueto; ma in questa
occasione acquista valore personale, conferma le relazioni pas­
sate dalla tenera infanzia alla virilità e apre orizzonti vastis­
simi di lavoro, di sacrifici e di imprese ardite da compiere nel
nome e per la gloria di Dio.
La notte che il Servo di Dio trascorse in preghiera nella
casa del barone Bianco a Caselle Torinese, la vigilia dell’ordi­
nazione ebbe certamente per tema di contemplazione queste
parole testamentarie, sulle quali egli si propose di modellare
la sua vita sacerdotale e salesiana.
Graduale esercizio dell'autorità. - Dal 1860 al 1888 trascor­
reranno 28 anni ancora di convivenza e di reciproca perfetta
comunicazione di pensieri e di affetti. Ma diventa sempre più
difficile discernere l’opera D on Eua da quella di D on Bosco.
È un’ arte, uno studio singolarissimo da parte del figlio di na­
scondersi e operare all’ombra del Padre: egli è solo un esecu­
tore inappuntabile, di un’obbedienza perfetta, d’un riguardo,
d’una delicatezza finissima per far trionfare la volontà e la
paternità di D on Bosco, pigliando per sè le parti penose, sempre
vigile, sempre discreto, sempre in ombra. Egli doveva esserci
d ’esempio in ogni posto di responsabilità subordinata: nei ca­

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pitoli delle Case, nei Consigli Ispettoriali, nel lavoro da farsi
in comune, per favorire l’intesa e per mantenere la concordia
tra le varie autorità in azione nel medesimo ambiente.
Solo per due anni Don Bosco provò a staccarlo dal suo
fianco nella direzione dell’istituto di Mirabello Monferrato dal
1863 al 1865. E per ogni Direttore, che deve considerarsi col­
locato da San Giovanni Bosco alla testa della sua casa, gli
esempi del Venerabile Don Bua tracciano le direttive di marcia
di ogni casa che voglia camminare alla scuola di D on Bosco.
Il Santo fece questo passo importante dopo lunga e accurata
preparazione. Egli prevedeva lo sviluppo futuro delle opere
sue e nel porre questa prima pietra fuor di casa si preoccupò
di collocarla bene. Sale al Santuario della Madonna d’Oropa,
prepara il personale, stende le norme sapienti die aiuteranno
D on Bua nel suo lavoro e, per facilitargli gli inizi, sceglie egli
stesso un bel gruppo dei migliori ragazzi, perchè fossero come
il buon lievito della nuova comunità. D on Bua aveva 25 anni
allora: ma le quattro paginette di norme furono la Magna
carta della sua vita. Anche come Bettor Maggiore le volle
sempre avanti gli occhi, tenendole appese, inquadrate tra due
vetri, sopra il divano della sua stanza. La breve introduzione
svela con che affetto il santo seguiva il primo drappello di
figliuoli in missione a Mirabello: «Siccom e non posso trovarmi
sempre al tuo fianco per dirti o meglio ripeterti quelle cose che
tu forse avrai già veduto praticarsi, così stimo farti cosa grata
scrivendoti qui alcuni avvisi, che potranno servirti di norma
nell’operare. Ti parlo con la voce di un tenero padre, che apre
il cuore ad uno dei suoi- più cari figliuoli. R icevili adunque
scritti di mia mano come pegno dell’affetto che ti porto, e come
atto esterno del mio vivo desiderio che tu guadagni molte
anime al Signore ».
Seguono norme sapienti dei capitoli: « Con te stesso - coi
maestri - cogli assistenti - con le persone di servizio - coi gio­
vani studenti - con gli esterni » che fissano al discepolo il cri­
terio generale da seguire nel compito direttivo. F ino a quel
momento, dagli otto ai venticinque anni D on Bua ha veduto
Don Bosco in azione, ne ha goduto i consigli privati, le con­
ferenze, i colloqui, i sogni, le trepidazioni, le speranze, le gra­
duali attuazioni: dal 1846 al 1863 della strada se ne è fatta;

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ora la metà del lavoro è proprio tutta sua, in piena responsa­
bilità, ed è degno di studio questo piccolo compendio di norme,
frutto di lunga esperienza, di grande affetto e di una speciale
meditazione, con cui il buon Padre invita il figlio prediletto a,
concentrare la sua attenzione su ciò che è essenziale per con­
servare nella direzione della nuova casa lo spirito dell’Oratorio.
E il discepolo s’impegna con la tenacia e la perfezione consueta
a non perdere sillaba di tali insegnamenti e a darci il primo
saggio autentico di ciò che farà fra 25 anni, alla morte del
Padre, per vivere lui e far vivere la Congregazione nello spi­
rito e nelle tradizioni paterne.
L e cose gli riuscivano così bene che ai primi mesi del 1864
scriveva a Don Bosco, preoccupato di un sentimento di in­
tima compiacenza nel vedere come il Signore lo favoriva. E
il chierico Ruffino scriveva agli amici: « D on R ua a Mirabello
si diporta come D on Bosco a Torino », e tutti eran concordi
nel dire che il piccolo Seminario era un altro Oratorio, che vi
regnava la stessa fraternità, lo stesso spirito di famiglia, la
stessa ampia e serena letizia, perchè D on Eua era un altro
Don Bosco.
Il Direttore Salesiano. - Fermiamoci un istante a ripassare
le sette norme che D on Bosco gli diede per il suo contegno
personale, che potranno essere lo specchio sul quale ogni Su­
periore e ogni Salesiano farà un ottimo esame di coscienza.
« Niente ti turbi » ossia calma e serenità di spirito, fi­
ducia nell’aiuto di Dio, non meravigliarsi di nulla.
Don Eua doveva passare il mar Eosso e il deserto, secondo
le previsioni del Santo e doveva cominciare a Mirabello il suo
tirocinio di pilota impavido.
2° « Ti raccomando di evitare le mortificazioni nel cibo e in
ciascuna notte non fare meno di sei ore di riposo. Questo è ne­
cessario per conservare la sanità e promuovere il bene delle anime ».
L ’aspetto di D. Eua lasciava sempre l’impressione di uomo
mortificato e penitente. Ma le sue mortificazioni erano solo
quelle permesse da D on Bosco al Beato Domenico Savio e da
lui praticate: parco nel prender cibo, non si permetteva ecce­
zioni fuor di pasto, si moderava nella quantità, riduceva e
annacquava il vino, non soddisfaceva la sete, contrariava i

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gusti, non parlava di argomenti che toccassero le squisitezze
di cibi o bevande... Dormiva il puro necessario, da giovane
sempre su tavole e un materassino, da Superiore sul sofà che
tuttora si può vedere nella sua camera e che di giorno serviva
per i visitatori, mentre di notte diventava il suo invariabile
lettino. Che pregasse a lungo la sera girando per i cortili e fa­
cesse l’assistente generale talora anche in ore piccole della
notte, era una buona tradizione, di cui tutti riconosciamo
l’utilità per difenderci « a negotio perambulante in tenebris —
ab incursu et daemonio meridiano ».
.
3° « Celebra la S. Messa e recita il breviario pie, attente ac
devote e procura d1insinuarlo anche nei tuoi dipendenti ».
4° « Ogni mattina un poco di meditazione, lungo il giorno
una visita al SS. Sacramento. Il rimanente come è disposto dalle
regole della Società ».
L a pietà dei nostri Santi si nutre delle pratiche ordinarie,
ma investe del suo spirito la vita e ogni più piccola occupa­
zione. Leggendo le biografìe del nostro Venerabile si vedrà che
egli prese da San Giovanni Bosco quella continua e perfetta
unione con Dio, che è il segreto della santità e del vero spi­
rito salesiano. Se tutti misurassimo il nostro attaccamento a
D on Bosco e al suo spirito paterno da questa base, interiore,
sì, ma di prima necessità, oh quanti giudizi errati e quante
pericolose deviazioni si eviterebbero! Soltanto chi si nutre di
unione con D io può discernere chiaramente la via da battere
nelle più svariate circostanze della vita salesiana, nelle con­
trarietà e nelle divergenze di pareri in casa e fuori.
D on Baia ha imitato D on Bosco meglio di tutti, perchè
percorse la via della santità.
I l 5° monito compendia in quattro righe la sapienza del
nostro sistema preventivo: « Studia di farti amare prima di
farti temere; nel comandare e correggere fa sempre conoscere che
tu desideri il bene e non mai il tuo capriccio. Tollera ogni cosa
quando si tratta di impedire il peccato; ogni tuo sforzo sia di­
retto al bene delle anime dei giovanetti a te affidati ».
Come il Venerabile abbia dovuto tener presente questi sug­
gerimenti e tramutarli in sante abitudini lo si deduce dall’uf­
ficio che esercitò fino ai cinquant’ anni: assistente generale, pre­
fetto, vicario del Santo in tutte le questioni più spinose, in casa

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e con le persone estranee. Eppure nel regime salesiano nessuno
deve esercitare l’autorità facendosi temere ed escludendo l ’amo­
revolezza necessaria per farsi amare. D on Rua ci è di esempio
ammirabile in questo e, sostenuto indirizzato dal Maestro santo,
contemperò l’autorità sua esigendo l’adempimento del dovere
con forme di cortesia e con l’insistenza amorevole, sì da indurre
anche i più ritrosi ad obbedire.
D on Francesia racconta d ’aver incontrato nel 1909 già
uomo maturo e padre di famiglia che da ragazzo per la sua
condotta era stato allontanato da Mirabello durante il retto­
rato di Don Eua. « Desidero che mi faccia una commissione
per D on Rua, gli disse. Ricorderà il mio nome, sono il p o­
vero P... Quanto amareggiai il suo cuore paterno! quanti di­
sgusti non gli diedi mai! Ero giovane, sì, ma sapevo quel che
facevo. Mi tollerò più che non avrebbe fatto mio padre e usò
le preghiere che non seppe fare mia madre. E tuttavia mi feci
cacciare! Ricordo quella mattina: io volevo comparire indif­
ferente, sfrontato, ma poi versai qualche lacrima, li gli mi volle
benedire... D a quel giorno passarono molti anni: tornai nel
buon sentiero, ma fu D on Rua che mi ha salvato! ». E quando
D on Rua sentì questo racconto, tutto commosso disse a Don
Erancesia: Come ti ringrazio della buona notizia che mi hai
dato! Dimentico volentieri tutto: e vedo proprio che non si
ha mai a diffidare della misericordia di Dio: le nostre preghiere
ottengono sempre la grazia che si implora! » (v. Amadei: Il
Servo di Dio Don Michele Bua. Yol. I, p. 181-2).
La vocazione di Mons. Lasagna, entrato all’Oratorio nel 1862,
scappato a casa e riaccettato da D on Bosco, che vide in lui
buona stoffa come in Domenico Savio, maturò a Mirabello
nel 1865 per le cure amorevoli di D on Rua, che seppe conqui­
stare quel giovane ardente, con l’arte più squisita dell’educa­
tore salesiano.
Il 6° e 7° suggerimento contemplano la virtù della pru­
denza: « Pensaci alquanto prima di deliberare in cose d'impor­
tanza e nei dubbi appigliati sempre a quelle cose che sembrano
di maggior gloria di Dio. Quando ti è fatto rapporto intorno a
qualcuno, procura di rischiarare bene il fatto prima di giudicare.
Spesso ti saranno dette cose che sembrano travi e sono soltanto
paglie ».

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Ecco i criteri sani: la maggior gloria di Dio deve prevalere
sulla prudenza umana, il rispetto alla verità e la carità com ­
prensiva risolvono le questioni in buona pace: poiché cono­
sciamo le cose sempre imperfettamente e le sentenze precipi­
tose ben di raro sono conformi alla giustizia.
Quanto utili per l’avvenire del Venerabile anche questi due
insegnamenti, nei gravi momenti che dovette passare dopo la
morte del Santo: ma l’abitudine contratta alla ponderatezza,
alla calma, alla comprensione delle opinioni e volontà per cui,
fece di lui un uomo di governo umanamente dotato e perfezio­
nato dalla preghiera, dalla visione soprannaturale d ’ogni evento.
N el 1865, quando D on Bosco compiva i cinquant’anni, il
Signore lo provò con due lutti amarissimi: il Direttore di Lanzo,
D on Domenico Ruffino muore a 25 anni il 15 luglio; D on Ala-
sonatti pure ai primi di ottobre cessa di soffrire e lascia sco­
perto il posto di Prefetto generale. Ma per suo grande conforto
il Santuario di Maria Ausiliatrice s’elevava ormai alto verso
il cielo e mattone per mattone cantava le glorie della Madonna.
Era giunto il momento in cui Don Rua doveva veramente
fare a metà col Padre dell’anima sua e tornare ad associarsi
al suo lavoro godendo l’immensa e unica fortuna di stargli
sempre accanto per altri ventitré anni. A questo punto mi
pare opportuno tramandare ad altro numero degli Atti Capi­
tolari queste note e considerazioni, perchè sarebbe desiderabile
che l’argomento fosse trattato a più riprese a maggior edifi­
cazione di ciascuno.
Intanto mi auguro che dappertutto si dia lettura nei refet
tori della vita del Venerabile che ciascuna lingua ha a sua di­
sposizione; ma se mancasse, i rev.di Ispettori pensino a farla
preparare quanto prima in vista dell’auspicata prossima Bea­
tificazione. E preghiamolo molto e diffondiamone la imita­
zione e venerazione.
2° - Capitolo G en era le d e l l e F ig lie di M aria Au-
s ilia t r ic e . — D al 16 al 24 luglio, nella Casa Generalizia di
Torino, le Figlie di Maria Ausiliatrice tennero il loro Capitolo
Generale. Dalle elezioni riuscirono riconfermate in carica tutte
le Madri del Capitolo Superiore. Porgo loro anche da queste

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(239)
pagine le congratulazioni più vive e gli auguri d’un fecondo
lavoro per il bene dell’istituto.
Una proposta che fiorì spontanea nel giorno di Santa Mar­
gherita e che la Commissione incaricata delle proposte fece
subito sua e presentò al Capitolo Generale, ci interessa viva­
mente e merita di essere resa pubblica a nostro conforto e co­
mune impegno:
I l C a p ito lo G e n e r a le X I I considerando:
1) che forse come mai nell’ora presente, si è sentito più
profondamento il bisogno di offrire alle madri di famiglia un
luminoso ed attraente modello di donna,rumile e forte, specchio
di cristiane virtù e sapiente governo della famiglia;
2) che la mirabile figura di Mamma Margherita potrebbe
suscitare non solo un’ondata di nobile simpatia, ma risveglie-
rebbe una vera gara di imitazione specialmente fra le mamme
del ceto popolare;
3) ricordando che la sua conoscenza ha già destato am­
mirazione non solo nei nostri ambienti salesiani, ma bensì tra
benemeriti Sacerdoti e financo tra venerandi Prelati e fra questi
un Principe della Chiesa: S. Bm. il Card. Antonio Caggiano di
Rosario di Santa Fé (Argentina) fino al punto di esplodere in
questa esclamazione: « N o n lascierò in pace nè i Salesiani, nè
le Figlie di Maria Ausiliatrice finché non veda Mamma Mar­
gherita sugli Altari. Se Don Bosco è Chi è, dopo Dio lo deve
alla Sua Mamma, e se interpretò così bene il Sistema Preven­
tivo, da Lei lo imparò; è una Madre che sapeva dar consigli
al Figlio Santo. Oh, se tutte le Mamme imitassero le virtù di
questa Donna! Fatela conoscere: sarà luce ed esèmpio. Pensa­
telo, incominciate a lavorare ».
I l Capitolo Generale X I I ha pensato: N on sarà questo il
momento di mettere in piena luce le virtù di questa donna
ammirabile, promuovendone la imitazione, chiedendole grazie,
lavorando per aprirle così la via della Sua Glorificazione, perchè
in un giorno non lontano la possiamo venerare Beata accanto
al Figlio Santo che da Lei fu educato e preparato per gli Altari?
Pertanto, il Capitolo Generale X I I convinto della potenza
ed efficacia della virtù conquistatrice di Mamma Margherita
e desiderando ardentemente vederne zelare la conoscenza e

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invocata protezione, fa umile domanda al Rev. Rettor Mag­
giore della Pia Società Salesiana, di voler benignamente ascol­
tare questo voto e questa supplica e iniziare le pratiche per
introdurre la Causa di Beatificazione di Mamma Margherita
Bosco.
Voglia il nostro caro Padre e suo diletto Figlio intercedere
potentemente presso l’Ausiliatrice e ottenere la grazia che noi
affretteremo con ferventi preghiere e umili sacrifìci.
Per tutte
La Segretaria d e l Capitolo G en erale X II
(Sr. Margherita Sobrero).
3° - C ongresso d e l l e Compagnie. — Mentre in Italia
ci prepariamo al grande Congresso Eucaristico Nazionale e al
nostro Congresso delle Compagnie, che speriamo riesca a infer­
vorare i giovani e i Superiori per un lavoro sempre più profìcuo,
mi è caro porgervi il mio saluto nel nome di San Giovanni
Bosco, la cui famiglia si arricchisce in questi giorni di centi­
naia di figli, speranza e promessa dell’avvenire della Congre­
gazione.
Vostro aff.mo
Sac. RENATO ZIGGIOTTI
Officine Grafiche S. E. I. * Torino