Atti_1929_050.ACS_


Atti_1929_050.ACS_

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ATTI DEL CAPITOLO SUPERIORE
Il Rettor Maggiore.
J. M. J.
Carissimi Confratelli e Figli in N . S. Gesù Cristo,
I. Da oltre quattro mesi le feste in onore del nostro Beato Padre Don
Bosco si proseguono quasi ininterrottamente dappertutto si trovano
Figli, ammiratori, allievi e Cooperatori di Lui, rinnovando nei loro
cuori le stesse soavi impressioni di gioia, di fraternità, di carità, di
laboriosità, di pratica della vita cristiana, di perfezione e di zelo per
le anime che avevano già riportate quanti parteciparono agli inarriva­
bili primi festeggiamenti di Roma e di Torino. Perchè queste nostre
feste non sono una semplice esteriorità del momento, ma una nuova,
copiosa e permanente effusione dello spirito del nostro Bealo sopra tutti
i suoi figli, dovunque sono, onde possano compiere con più ardore e
frutto la missione loro affidata.
Siccome non era possibile che tutti i figli intervenissero alle feste­
romane e torinesi e neppure che si recassero a Valdocco per onorarne
la salma preziosa e respirare alcun poco l'atmosfera ancor tutta profu­
mata dall’olezzo delle virtù e degli eroismi paterni, così il Beato Padre,
rinnovando le antiche finezze d’amore, si diede a godere ad, essi, volta
per volta, nelle feste locali con identità di effusioni e di impressioni
soavissime, come risulta luminosamente dalle numerose relazioni che
pervengono a ripetere il lor grazie appiè dell’altare e dell’Urna che
racchiude la sua sacra Spoglia, nel Santuario della Sua e nostra potente
Ausiliatrice. In tal modo le feste in onore del nostro Beato, che vanno
ripetendosi in tutto il mondo, assumono una luce loro propria e sono
l’espressione reale dell’attività del Beato in favore dei suoi figli e della
gioventù loro affidata. H o voluto accennarvi, o miei cari, questa singola­
rità fattiva delle nostre feste, affinchè, partecipandovi con vivezza d,i
fede, con sentita divozione e con tenero affetto filiale, sappiate tesoreg­
giare meglio le inspirazioni del Beato Padre per il maggior bene vostro
e della Congregazione.

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I I . Ora mi frem e dirvi alcune cose intorno al X I I I Capitolo Gene­
rale tenutosi in Valsalice lo scorso luglio. D i lassù era partita pochi
dì prima la preziosa Salma del Beato Padre per scendere a Valdocco
in un trionfo senza pari: ma il suo spirito è rimasto là a presiedere
l’imponente consesso dei suoi figli maggiori per illum inarli, incorag­
giarli, sostenerli e guidarli in mezzo alle non lievi difficoltà della loro
missione. L a sua presenza era quasi visibile in tutti e in ciascuno degli
88 venerandi Confratelli che erano venuti dalle regioni più lontane
appositamente per portare il contributo della lor scienza, provata al
fuoco dell’esperienza, in questa magnifica adunanza nella quale si
sarebbero trattati argomenti vitali per la nostra Congregazione. Le indi­
menticabili solennità in onore del Beato Padre, a Roma e a Torino,
avevano contribuito fortemente a formare realmente in ciascuno di essi
un cuor solo e un’ anima sola, cioè il cuore e l’anima stessa del Beato
riflessa e vivente in ciascuno e in tutti. Unico il pensiero di tante menti
e unico il palpito di tanti cuori: fare vivere D. Bosco in sè per potere
farlo poi vivere nei propri dipendenti e nell’intera Congregazione.
Sotto i raggi di quest’unica luce, i nostri Capitolari iniziarono i
loro lavori, senza attaccamento alle proprie idee, senza ricerca di novità,
ma solo desiderosi d’imitare il Padre nell’ operare il bene come Lui,
con i mezzi e i metodi da L ui indicati, e fino all’immolazione totale di
sè, qualora lo richiedesse la gloria di D io e la salvezza delle anime.
La santa Regola, vivificata dagli esempi e dalle tradizioni paterne
contenute nella vita del Padre, nei Regolamenti e nelle piccole con­
suetudini introdotte dal Beato e tramandate oralmente come patrimonio-
di famiglia sono stati i punti di riferimento per constatare se le
proposte, le variazioni, le sostituzioni e le deliberazioni fossero consone
allo spirito ricevuto dal Padre. Anche quando si sostenevano opinioni
opposte, era in tutti la retta intenzione e il fermo proposito di non
dipartirsi dalle Regole, dagli esempi e dalle buone tradizioni di famiglia.
Con queste nonne si sono svolti esaurientemente i temi proposti,
riguardanti la formazione intellettuale-religiosa dei nostri Chierici e
quella professionale-religiosa dei confratelli Coadiutori; come pure il
tema delle M issioni, affatto nuovo nel senso di riuscire ad applicare
in esse i nostri metodi e le nostre risorse educative-professionali per
formare un p o’ per volta, chierici, sacerdoti, coadiutori e maestri d’arte
indigeni.
H o detto che si sono trattati esaurientemente questi temi importan­
tissimi per la nostra Congregazione; ma ciò non toglie che gli stessi
temi presentino ancora numerose questioni e necessità contingenti, che
più tardi suggeriranno modificazioni alle valutazioni e deliberazioni
presenti, le quali ora ci sono parse le meglio adatte e sicure per rag­
giungere le finalilà proposte. Leggerete più oltre la relazione di quanto
si è discusso e deliberato. N on occorre vi raccomandi di applicare tosto
i punti riguardanti le vostre mansioni ed occupazioni, perchè mi pare
non siano altro che una esplicazione, più conforme alle esigenze attuali,
di quanto abbiamo ricevuto dal nostro Beato.

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I I I . Per parte mia ho creduto conveniente che tutte le discussioni
e deliberazioni di questo Capitolo Generale fossero circondale, avvolte,
illuminate e fortificale dall’ unico pensiero che ha circondata, avvolta,
illuminata e fortificata l’intera vita del nostro Beato. H o già insistito
in precedenti Circolari su questo pensiero; tuttavia mi pare utile ritor­
narvi sopra alquanto, sia per i Confratelli che presero parte all’ultimo
Capitolo e sia, per tutti gli altri. Anche il S. Padre P io X I l'ha ripetuto
più volte nelle sue inspirale allocuzioni, chiamandolo il segreto dal
quale (il Beato) ha attinta l ’energia inesauribile per bastare a tante
cose, quali sono le opere meravigliose da Lui compiute. P er vie questo
pensiero è la nostra parola d'ordine e di combattimento, sgorgata dal
cuore del Padre: Da mihi anima», caetera tolle: dammi le anime e
prendi tutto il resto! Le anime, nel senso più nobile della parola, cioè,
lo spirito immortale che vivifica ogni creatura umana, e che è destinato
alla felicità del Paradiso! Salvar le anime vuol dire renderle felici per
tutta l’eternità: Da m ihi animas! Tutte le altre cose, per quanto belle e
nobili siano, devono essere sacrificate, quando si tratta della salvezza
dell’anima: caetera tolle! Quando si comprende il valore d’un’anima,
allora il sacrificio di tutte le altre cose, compresa la vita medesima,
non ammette più discussione alcuna: caetera tolle!
Tutta la vita del nostro Padre si assomma in questa frase e la sua
Opera è stata e dev'essere sempre la continuazione precisa. Egli, fan-
ciulletto appena, si prese per missione la, salvezza delle anime e per
compierla ha immolalo tutto se stesso, l’anima con le sue nobili facoltà,
e il corpo con le sue generose energie: e questa sua immolazione l’ha
cominciata, si può dire, quasi con l’uso della ragione. Come, il S . Van­
gelo ci presenta Gesù, fin dal suo primo ingresso nel mondo, unicamente
intento a fare la volontà del suo Eterno Padre, che non era altro che la
salvezza delle anime; così la vita del nostro Beat o ce lo presenta in un
ininterrotto apostolato per la salvezza delle anime. Provatevi, a soppri­
mere questo filo d’oro della sua vita ed essa non avrà più consistenza
alcuna: analizzatela in tutti i suoi più minuti particolari e vi balzerà
sempre fuori la sintesi radiosa del: Da mihi animas! e del: caetera
tolle! Riassumetela in un piccolo volume, contenente più solo i punti
essenziali, e avrete tra le mani un Vangelo salesiano che comincia con
l ’ordine divino, dato al pastorello castelnovese, di salvare le anime dei
fanciulli e prosegue, senza, interruzione, nella narrazione delle cose
successivamente richiestegli dalla divina volontà, nei più multiformi
modi, fino all’ultimo respiro, che domanda ancora anime: « D i' ai gio­
vani che io li attendo tutti in Paradiso! ». E solo dopo averci data
questa luminosa traduzione del suo grido di sete d’anime, rimette la sua
nelle mani del suo Signore.
Dei 73 anni di sua vita, più di 63 li ha impiegati, letteralmente nei
salvar le anime della gioventù, che era il campo assegnatogli dal divino
agricoltore. V i lavorò umilmente ed eroicamente, n on trascurando le,
altre anime che incontrava ai margini del suo apostolato e quelle, più
numerose ancora, che accorrevano a Lui con l’insistenza degli abitanti

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della Palestina, affollantisi attorno a Gesù di Nazareth. M a il suo cen­
tro naturale erano le anime dei giovani: e per salvarle, secondo la bella,
espressione del Card. Alim onda, « si sovrappose alla debolezza del
suo secolo, divinizzando quanto esso teneva di più pregiato e di più
pericolante: le tendenze, i bisogni, le imprese ». E vi riuscì santifi­
cando la letteratura, le scienze, le arti, i mestieri, i divertimenti, il
teatro e tutto ciò che nella vita, pur non essendo cattivo in sé, lo era
divenuto a causa della malizia umana che le cose per sè buone o per
lo meno indifferenti suole usare per scopi cattivi.
Questa divinizzazione del suo secolo, questa sana modernità di fare
il bene anche con l’uso di mezzi in sè non cattivi, ma che venivano
pure adoperati da altri per finalità ben diverse, questa forza di attra­
zione, entro l’orbita della sua missione, di tutto ciò che poteva servire
a ricreare, istruire, educare, nobilitare ed elevare le anime dei suoi
giovani, gli hanno procurato contrarietà, opposizioni e sofferenze innu­
merevoli, dolorosissime. M a Egli sapeva fare le cose con tanta natura­
lezza da, lasciare trasparire raramente l’ interno martirio del suo gran
cuore che palpitava solo per le anime, senza nessuna mira umana, e
trovava tuttavia tanti impedimenti da parte di quelli che meno si pen­
sava e che piuttosto avrebbero dovuto aiutarlo! Leggete la vita di lui
con l’intento di penetrare le profondità misteriose di queste sue soffe­
renze; e allora, o miei cari, vi assicuro che vi sarà dato meglio compren­
dere i suoi ardori per la salvezza delle anime: le fatiche sostenute per
fare amare la religione e la morale cattolica: la sua decisa opposizione
a tutto ciò che non fosse cristiano e di pericolo per le anime; e la sua
irremovibile avversione per la politica, i partiti e le polemiche con tutta
la serqua delle loro tristi conseguenze. Povero com’era, sacrificava i
mezzi materiali e l’amicizia dei benefattori piuttosto che cedere dinanzi
alle verità e ai principii della santa Chiesa cattolica e del suo Capo
augusto, il Papa!
Tutto per le anime e niente per sè fu sempre l'ideale del Beato
D. Bosco: ma in pari tempo franco, irremovibile e saldo più che torre
dinanzi ai principii cattolici e nell'applicazione del suo metodo edu­
cativo.
I V . Questo disadorno schizzo del nostro Beato, vero amatore delle
anime, am ator animarum, come l’ha felicemente chiamato il S . Padre
in uno dei suoi discorsi, attende che ciascuno di voi, o carissimi, lo
completi nella sua mente con la lettura assidua- e lo studio amoroso della
vita di Lui. Tuttavia vi presento ancora alcune delle conclusioni pra­
tiche che mi venivano spontanee nelle conversazioni capitolari di Val-
salice.
« O ccupatevi sempre e incessantemente a salvar le anime », ci
raccomandava D. Bosco dal suo letto di morte. Perciò sull’esempio di
lui facciamoci uno studio particolare- di orientare tutta la nostra vita
alla salvezza delle anime, vedendole, come faceva lui, nel Pensiero, nel
Cuore e nel Sangue di N . S. perchè allora non ci sarà più grave qualsiasi
sacrifizio per guadagnarle a Gesù Cristo. M a ricordiamoci bene che la

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prima anima che dobbiamo salvare è la nostra. («Voi mi farete la cosa più
cara del m ondo, se mi aiuterete a salvare l ’anima vostra ». — « Ohi
salva l ’anima salva tutto: chi perde l ’anima perde tu tto! ». Se risuo­
neranno sempre alle nostre orecchie e al nostro cuore questi moniti
paterni, non faremo mai troppe preghiere, sacrifizi e mortificazioni
per la salvezza dell’ anima, nostra.
Però la salvezza della nostra anima dipende principalmente dalla
salvezza delle anime giovanili, perché questo è il primo e massimo
dovere della nostra vocazione. L ’essenza della Congregazione a cui
apparteniamo sta appunto nella generosa consacrazione dei soci alla
salvezza delle anime sull’esempio, con lo spirito e i metodi del Fonda­
tore, il quale è stato il più grande amatore e salvatore di anime dei no­
stri tempi.
Ora questo dovere professionale esige che facciamo come ha fatto il
Modello, mettendo in cima a tutti i nostri pensieri, alle nostre aspira­
zioni, alle nostre parole ed opere il desiderio vivo, anzi la passione delle
anime. M a non basta questo desiderio, questa passione di anime. Per
essere veri salesiani di D. Bosco dovunque andiamo, dobbiamo consa­
crarci a lavorare incessantemente e precipuamente intorno alla forma­
zione cristiana della gioventù affidata alle nostre cure. In questo lavoro
dobbiamo usare i metodi, le industrie, l’amore, le finezze, lo zelo di
D. Bosco, evitando con sollecite cure di cambiarli o trasformarli,
sotto pretesto che gli altri non fanno ciò che facciamo noi, che i nostri
metodi, le nostre industrie non sono ben visti e non piacciono, che si
mormora intorno al nostro operare e si criticano le nostre intenzioni
medesime, che perciò è giuocoforza adattarsi alle esigenze e alle abitu­
dini dei tempi e dei luoghi dove lavoriamo.
La nostra missione, non dimentichiamolo, non è di essere trascinati,
ma di trascinare gli altri, non di ricevere le impressioni del luogo e
delle persone dove andiamo, ma di imprimere noi il nostro spirito sa­
lesiano nella formazione cristiana dei giovani e nell’ambiente che ci
attornia.
Il nostro sistema di educazione che porta in sè il secreto della moder­
nità, accetta tutto ciò che è veramente cristiano, ma esclude con energia
quanto lo devia e lo corrompe. Il resto, o lo battezziamo, cioè lo facciamo
nostro, o lo abbandoniamo agli altri: c a e t e r a t o l l e ! Così il foot-bal,
la radio, il cinema, il fonografo e simili altre novità ricreative e spor­
tive, finché sono di danno alle anime dei giovani, dobbiamo trattarle
allo stesso modo con cui N. S. ci comanda di trattare l’occhio che ci è
di scandalo: p r o jic e a b s t e ! (M a t t . V , 3 0 ).
Invoco qui la vigilanza più scrupolosa degli Ispettori e Direttori:
non si vada alla cieca, ma si rifletta seriamente, dinanzi al Signore,
se la tale o tal’ altra cosa, se questo o quell’altro divertimento, non abbia
a recare più danno che bene alle anime affidateci.
La nostra missione è di portare la vita cristiana, per insinuarla
nell’animo dei giovani, facendola praticare tutta intiera nella chiesa,
nello studio, nel lavoro, nelle ricreazioni e nei divertimenti; e sentire

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e gustare nella frequenza e pratica dei Sacramenti, nelle feste della Chiesa,
nella sua liturgia con la grandiosità delle funzioni sacre che parlano
al cuore meglio di ogni discorso.
Quanta importanza dava il nostro Beato a tutte queste cose! N ei
suoi Oratori, Ospizi e Collegi il punto centrale di tutto, la leva di volta
per operare dei veri prodigi di trasformazioni, erano le pratiche di
pietà e le funzioni della chiesa. Allegria, divertimenti, teatrini, giuochi,
passeggiate, studio e lavoro, non erano fine a sè, ma mezzo per fare
amare la p ietà e la religione. Queste avevano la preminenza in tutto
nel suo sistema educativo messo in pratica da lui medesimo con tanti
sacrifizi e privazioni e mortificazioni. M olti su questo punto non campi­
scono ancora D . Bosco, nè la sua e nostra missione. Essi danno poca
importanza alla partecipazione dei giovani al clero, al canto sacro,
alle accademie e teatrini religiosi, alle Compagnie e alle funzioni sacre.
Si ha paura di annoiare i ragazzi con le funzioni in chiesa, con tenerli
un p o’ di più, con farli cantare la santa Messa, l ' Ufficio della B. V.,
i Vespri. I l tempo delle pratiche di pietà lo si riduce ai minimi ter­
mini sotto pretesto che i giovani si stancano: perchè essi amino le cose
di D io bisogna farle gustare dai giovani; non si fanno nè gustare, nè
amare, facendole in fretta e furia e nel minor tempo possibile. Si di­
rebbe quasi che si ha paura della chiesa per guadagnare tempo di recarsi
ai divertimenti, allo studio. Questo non è certo il sistema di D. Bosco
e non può recare buoni frutti.
Quanta importanza dava inoltre il nostro Padre al trattenere i gio­
vani per le grandi solennità, facendoli partecipare al clero, alla musica,
alle recite sacre, all’allegria cristiana delle nostre Case! Oh! come m i
auguro che, ogni Ispettore e direttore, che ami realmente i suoi giovani,
imiti D. Bosco in questo con tenere con sè i giovani durante le feste e
non li getti nella strada, nei pericoli dei divertimenti mondani! Le
pretese difficoltà, che si sogliono accampare per fare lo strappo più
dannoso e doloroso al nostro sistema educativo, esistevano pure, e forse-
in maggior numero e più gravi, ai tempi di D. Bosco. M a egli perchè
amava teneramente e fortemente l'anima dei suoi figliuoli, le ha supe­
rate tutte con immenso vantaggio e gioia dei giovani medesimi. D esi­
dero che questi pensieri diventino comuni a tutti, perchè così preserve­
remo con frutto i giovani dallo spirito pagano e formeremo nelle nostre
Case dei veri cristiani.
La nostra missione non è solo di fare evitare dai giovani il male;
declina a malo, ma di fare il bene: fac bonum . A n zi dobbiamo far fare
principalmente il bene, affinchè i giovani abbiano al tempo opportuno
la f orza di evitare il male, anche quando non saranno più sotto sorve­
glianza.
V. N ell’accennare qui per sommi capi le cose dette nelle conversa­
zioni di Valsalice, ho rigoduta tutta l’indimenticabile soavità di quei
giorni memorandi. I Capitolari accoglievano le mie povere parole con
visibile soddisfazione della più intima gioia perchè io non facevo che

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tradurre alle loro orecchie quanto essi avevano già scolpito nel cuore,
Nè poteva essere altrimenti se si pensa che i membri di quel venerando
consesso erano già tutti ripieni dello spirito del nostro Beato e ardenti
dei suoi medesimi ardori apostolici. M i sia permesso ringraziarli di
nuovo della loro bontà e del loro affetto verso di D. Bosco e sopratutto
dell’edificantissima regolarità alla vita comune, specie alle pratiche di
pietà. Com’era edificante vedere gli Ecc.mi Vescovi e Prefetti Apostolici
confusi con tutti gli. altri e senz’ombra di distinzione, durante la medi­
tazione, la lettura spirituale e le altre preghiere comuni! Questo è ca­
parra che nelle Case precedono con il buon esempio: Deo gratias!
Come sapete nelle elezioni vennero confermati in carica i prece­
denti Superiori, i quali continuarono tosto il loro lavoro con nuova
lena per arrivare a tutto e a tutti. Anche voi continuate a pregare il
Signore di benedire e avvalorare le loro fatiche per il maggior bene
della Congregazione.
Da parte mia ho pensato di dare un p o ’ di riordinamento al lavoro
che fanno, ed in particolare di convergere l’attenzione, le cure e le fa­
tiche di uno di essi sopra gli Oratori festivi. Perciò il Consigliere Don
Candela si occuperà d’ora innanzi degli Oratori festivi e dell’Associa­
zione degli Antichi Allievi, essendo D. Ricaldone già troppo onerato
con la carica di Prefetto Generale, delle M issioni e dei Cooperatori.
I l motivo che mi spinse a ciò sono le parole del Padre: Si tenga
per base che il nostro scopo principale sono gli Oratori festivi. Voi,
o miei cari, conoscete l'importanza che gli Oratori festivi hanno nella
Congregazione. Sono la prima opera del Beato, Varca di salvezza per
tanta gioventù, e il mezzo, se non unico, certo il più efficace per allon­
tanare una quantità sterminata di giovani dalla via del male, facendone
dei buoni cristiani, e, per loro mezzo, giungere a un maggior numero
di anime. Bisognerà però trovare nuovi mezzi per attirare più numerose
falangi giovanili, per istruirli più sodamente nella religione, per avviarli
alla frequenza costante dei Sacramenti, mettendo in azione tutte le
meravigliose risorse delle quali è ricca la vita del Padre, e il metodo
infallibile della sua gioiosa familiarità.
Il Consigliere incaricato si sforzerà di ottenere che tutte le Case
abbiano l'Oratorio festivo, che tutti i Direttori di esse abbiano i mezzi,
che tutti i giovani siano avviati al bene ed educati secondo i criteri di
D. Bosco e non del mondo. Contemporaneamente stimolerà e richiederà
che i nostri Oratori, Ospizi, Collegi e Convitti facciano fiorire l'A sso­
ciazione degli Antichi Allievi, aiutandoli a perseverare nella via del
bene, dei buoni principii e dell’educazione cristiana ricevuta. Chi
è incaricato di essi ponga tutto il suo studio per servirsi, come faceva
il Padre, dell’ affetto, dell’ interessamento, delle buone maniere per legarli
a sè e quindi a Dio. Una volta che si è acquistata la loro fiducia si potrà
fare molto bene anche in questo campo. Confido che questa nuova di­
sposizione a riguardo degli Oratori festivi e degli Antichi Allievi darà
a suo tempo frutti copiosi per le anime e per la Congregazione.
V i comunico pure quanto si è stabilito per l’uniformità delle pre-

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ghiere al Beato Padre. Prim a della sua Beatificazione si cantava il
Veni Creator e l'A ve maris Stella e si diceva un Pater, Ave e Gloria
nelle orazioni della sera. D ’ora innanzi è invece stabilito così:
Si canterà o si reciterà il V eni Creator e l'Ave maris Stella
per la Beatificazione dei nostri Servi di D io;
Si dirà durante le orazioni della sera un Pater, A ve e Gloria
al Beato D . Bosco con la giaculatoria: Beate Joannes, ora pro nobis.
N el Santuario di M aria Ausiliatrice, si dirà prima della
Benedizione con il Santìssimo, tutte le volte che il rito lo permette,
l'Oremus ai beato D. Bosco, quello de Comuni, finche non sia appro­
vato il suo proprio.
La stessa cosa si farà pure nelle altre Case, tutte le volte che
si dà la Benedizione, sempre che sia esposta la Reliquia ex corpore
del Beato.
V I. M i resta ora più solo d’inviarvi, o carissimi, la Strenna
per il 1930 con tutti i migliori auguri che il padre possa fare ai suoi
figli dilettissimi. L a Strenna è una cara tradizione che abbiamo avuta
dal nostro Beato, che dobbiamo conservare gelosamente e sempre in
fiore per i tesori di benedizioni che suole far scendere sopra chi la pra­
tica fedelmente durante tutto l'anno.
N el giorno indimenticabile della solennissima cerimonia della B ea­
tificazione di D. Bosco in S. Pietro, quando vidi la paterna Immagine
nella gloria del B ernini e cadere in ginocchio Cardinali, Arcivescovi,
Vescovi e tutto il popolo ad invocare pubblicamente il neo-Beato, allora,
io pure prostrato con tutta la Chiesa Cattolica, inalzai al Padre dolcis­
simo la mia umile preghiera chiedendogli queste quattro cose: che la
Congregazione sia sempre divota di Gesù Sacramentato e di M aria
A usiliatrice; che i Salesiani amino ognora la gioventù come l’ha amata
L u i; che lavorino indefessamente come L ui e che come L ui siano sempre
uniti con D io. D i questa preghiera ne feci dopo una specie di litania
per supplicare sopra di noi a mezzo del nostro Beato queste quattro cose,
che mi pare contengano le principali caratteristiche della Vita del P a­
dre, e per distribuire, stampata, in molte mute di Esercizi spirituali,
come ricordo.
Ora la Strenna la ricavo da queste quattro invocazioni. Raccomando
l’invocazione:
A i G i o v a n i : Perchè possiamo essere divoti di Gesù Sacramentato
e di M aria Ausiliatrice, o beato D. Bosco, pregale per noi!
A g l i A n t i c h i A l l i e v i : Perchè possiamo essere assidui al lavoro
nel senso e nel modo che lo siete stato voi, o beato D. Bosco, pregate per
noi!
A l C o n f r a t e l l i : Perchè possiamo amare la gioventù come l’avete
amata voi, o beato D. Bosco, pregate per noi!
Ecco, o carissimi, tutto il succo di questa mia circolare: amare la
gioventù come l’ ha amata D. Bosco! Egli amò in particolare gli orfani,

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i poveri, gli abbandonati; ma amò l’anima dei suoi giovani, e non il
resto: caetera t olle! Egli li amò con una purezza angelica che rivelò
nel tratto, negli scritti, nelle parole: purezza che molti confratelli mi
assicurano di sentire crescere in lor stessi quanto più l’invocano e si
raccomandano a Lui. E non potrebbe essere altrimenti, trattandosi dei
suoi figli e dell’opera sua. Invochiamolo dunque in modo particolaris­
simo perchè conservi ciascuno di noi e tutte le nostre Case negli splen­
dori della purezza che rifulsero in L ui mirabilmente durante tutta la
sua vita.
Questi pensieri ed auguri arriveranno a voi prima che termini
l’anno fortunato della Beatificazione del nostro Padre e Fondatore.
I l nuovo anno sia tutto impiegato per rendere noi e le nostre opere
conformi alla fede, alla carità e alla santità del Padre. Teniamo lo
sguardo sempre fisso in Lui e questo nostro voto e proposito sarà un
fatto compiuto. Ed ora, come caparra della sua paterna benedizione e
di quella della potente nostra Ausiliatrice, ascoltiamo la voce stessa
del Padre che ci dice: « io vi attendo al Cielo. Là parleremo di D io.
di Maria, Madre e sostegno della nostra, Congregazione: là benedi­
remo in eterno questa nostra Congregazione, la osservanza delle cui
R egole contribuì potentemente ed efficacemente a salvarci. ' Sit no­
men Domini benedictum, ex hoc nunc et usque in saeculum! In te,
Domine, speravi, non confundar in aeternum!'
Pregate per me, che io non vi dimentico dinanzi al Signore.
Vostro aff.mo in C. J.
Sac. FILIPPO RINALDI.