I salesiani a Littoria tra accordo e consenso al regime fascista 475
Becchi, De Vecchi indicò infatti «un’altra visita ideale ad un’altra terra ricon-
quistata oggi col prodigioso sudore del popolo per la volontà di un uomo: a
Littoria. In quella chiesa degna del Fascismo, troverete ancora Don Bosco ed i
suoi salesiani che vi benediranno nel nome del Padre, presente sempre dove è
presente la Patria operante. A Littoria è l’essenza morale dell’Italia nuova vati-
cinata e sognata da Don Bosco, dell’Italia costruita da Mussolini»14.
Dunque, nel momento stesso in cui si celebrava l’apogeo del fondatore,
l’accordo ed il consenso della famiglia salesiana nei confronti del regime finì
per trovare un’ulteriore convalida nella concessione di particolari benefici da
parte del fascismo «redentore di terre» e «costruttore di città»15. Unitamente
alla deferenza ed alla stima ovunque tributate a don Bosco – che non manca-
rono di esprimersi nelle numerose manifestazioni ufficiali in suo onore, come
pure nelle molteplici intitolazioni di strade e pubblici edifici –, si può pertanto
dire che la presenza a Littoria abbia in qualche modo suggellato la crescente
saldatura di fasce di salesiani con la politica di governo.
Come già era accaduto per le diverse famiglie francescane in occasione
delle celebrazioni centenarie di Francesco d’Assisi, si trattò di una conso-
nanza che – per quanto contingente ad una determinata fase storica e, alla
lunga, dimostratasi «parziale, temporanea e ipotetica»16 – fu indubbiamente
accolta con partecipato interesse17. A rinsaldare tale adesione non mancarono
14 C. M. DE VECCHI DI VAL CISMON, Don Bosco Santo italiano, p. 16. Non è forse fuor di
luogo ricordare che il De Vecchi, da sempre in ottime relazioni con don Ricaldone, fu da questi
protetto nel momento della condanna a morte decretatagli nel processo di Verona del 10 gen-
naio 1944: cf F. MOTTO, Dal Piemonte alla Valle d’Aosta, da Roma a Buenos Aires.La clande-
stinità del quadrunviro Cesare Maria De Vecchi di Val Cismon in una memoria di don Fran-
cesco Làconi in RSS 39 (2001) pp. 309-348.
15 Va ricordato che, dopo Littoria, e per interessamento dello stesso «duce», nel 1936
venne affidata ai salesiani anche la parrocchia di Mussolinia (oggi Arborea), un’altra «città
nuova» fondata dal regime in Sardegna. In questo caso, però, la prospettiva storica appare
ormai mutata: «S. E. il Capo del Governo – scriveva infatti, in maniera assai significativa, il
Rettor maggiore all’Ispettore romano don Carlo Festini – mi ha interessato direttamente per
mezzo di S. E. De Vecchi, dicendomi che, pur conoscendo la negativa già data e la scarsità del
nostro personale, tuttavia chiedeva a me come personale favore di compiacerlo, accettando la
Parrocchia di Mussolinia. Come vedi, in queste condizioni e soprattutto nell’ora attuale, è im-
possibile dire di no. Così la pensa il Capitolo, che ha già dato il voto affermativo per l’accetta-
zione» (ASC, E 944, lettera di don Ricaldone a don Festini, Torino 4 novembre 1935).
16 P. STELLA, La canonizzazione di don Bosco, p. 379, una valutazione riproposta ora
anche in ID., Don Bosco, p. 131.
17 In un clima di diffuso e largo consenso al regime da parte del mondo cattolico, persino
don Eugenio Ceria – «nonostante il proprio istintivo senso di distacco» (P. STELLA, Don Bosco
nella storia, p. 265 nota 69) – nell’ultimo volume delle Memorie biografiche di don Bosco finì
per indulgere ad atteggiamenti scopertamente filo-fascisti. Si veda, ad esempio, quanta gratitu-
dine vi emerga nei riguardi del fascismo che, stroncando «la politica irreligiosa o antireligiosa
d’un tempo» (E. CERIA, Memorie biografiche, vol. XIX, p. 201), aveva avuto il merito di recu-
perare l’Italia alla «sua unità spirituale, vera anima della sua unità politica» (ivi, pp. 285-286).