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Filippo Rinaldi, tramite don Ricaldone, fece diffondere l’invito a tutti i sacerdoti, i
laici e le suore presenti in terra di missione a contribuire alla raccolta di oggetti, foto-
grafie, reperti naturalistici e quant’altro potesse essere d’ausilio a «mettere in bella
luce l’assistenza agli indigeni, secondo lo spirito del Ven. don Bosco, le opere a pro
della gioventù e particolarmente l’insegnamento dei mestieri e dell’agricoltura».4
Gli oggetti pervenuti in Italia dalle diverse parti del mondo,5 in risposta a questo
appello furono davvero numerosi, basti pensare che, oltre a consentire la partecipa-
zione della congregazione a diversi padiglioni della Mostra Vaticana, permisero di al-
lestire l’Esposizione Missionaria di Torino che occupava una superficie di circa
10.500 mq nell’Oratorio di Valdocco. Il percorso, che si sviluppava all’interno di due
palazzine costruite per l’occasione e nei giardini dell’oratorio, presentava una grande
varietà di statue, diorami, oggetti di uso quotidiano, armi, attrezzi, strumenti musicali,
animali vivi e impagliati, pannelli e molte altre curiosità che contribuivano a ricreare
un paesaggio fantastico atto a suscitare stupore e meraviglia.6
Dopo la chiusura della mostra, a partire dal settembre 1926, gli oggetti furono
conservati in un museo/deposito a Valdocco e utilizzati per allestimenti temporanei di
mostre missionarie in diverse parti d’Italia.7 Da lì furono trasportati al Colle Don
Bosco durante la seconda guerra mondiale per evitare il rischio di danni a causa dei
bombardamenti. Qui vennero allestiti in tre grandi capannoni della superficie com-
plessiva di circa 1300 mq, dove si cercarono di riproporre in “versione ridotta” solu-
zioni di allestimento già utilizzate per le grandi mostre missionarie. L’impianto espo-
sitivo della Mostra missionaria del Colle Don Bosco rimase pressoché immutato fino
al 1984 quando i padiglioni vennero svuotati e distrutti per lasciare spazio a un nuovo
edificio che doveva ospitare il museo e il suo deposito. Questo nuovo spazio, inaugu-
rato ufficialmente nel 1988 per il centenario della morte di don Bosco, è costituito da
due grandi saloni di uguale superficie (500 mq ca.), uno, al 1° piano, riservato all’al-
lestimento aperto al pubblico, l’altro, al 3° piano, utilizzato come deposito, labora-
torio, biblioteca e ufficio.
L’organizzazione architettonica dello spazio e i criteri utilizzati negli allesti-
menti – quello originario del 1988 e il nuovo percorso inaugurato nel 2000 – eviden-
della Patagonia – a Genova (cf AA.VV., Cronache della commemorazione del IV centenario
colombiano 1492 - Genova - 1892. Genova 1892, p. 162) – e del Mato Grosso (Brasile) –
a Torino – a testimonianza dell’attività di penetrazione sul territorio e dell’opera di conversione
svolta dai missionari [cf Bollettino Salesiano 9 (1898) 223].
4 Sac. Pietro Ricaldone, Lettera ai Salesiani e Suore di don Bosco, 28 agosto 1923.
5 All’epoca i Salesiani e le Figlie di Maria Ausiliatrice erano presenti in tutti i cinque
continenti.
6 Per un’analisi dei principi allestitivi che informavano Mostre ed Esposizioni dell’e-
poca si vedano tra gli altri Accornero 1999; Castelli 1998; Coombes 1994; Forni 2000; Karp e
Lavine 1990; Labanca 1992; Leone 1985; Pennacini 1999, 2000.
7 Risulta che alcuni degli oggetti inviati in Italia per le esposizioni del 1925 e 1926 siano
stati inviati al Museo Etnologico-Missionario Vaticano, la cui collezione originaria è formata
dai pezzi donati dai diversi ordini religiosi dopo la chiusura della Mostra Missionaria Vaticana.
Tuttavia, non è stato fino ad ora possibile identificare quanti e quali oggetti provenienti dalle
missioni salesiane siano oggi conservati nel museo romano.