126 Alessandro Portelli
mento operaio a Terni fra il 1949 e il 1953, ho finito per scrivere una storia della città
che cominciava dal 1831, perché tanti narratori insistevano a collegare gli eventi che
mi interessavano con le origini della loro storia familiare e cittadina, e mi sono con-
vinto che avessero ragione.2
Ancora di più: persino sull’argomento della ricerca non è affatto detto che le
domande che lo storico ha in mente siano quelle pertinenti, o tutte quelle pertinenti.
Per questo, il lavoro con le fonti orali è in primo luogo un’arte dell’ascolto, che va
ben oltre la tecnica dell’intervista aperta. Spesso, infatti, è proprio oltre quelli che gli
interlocutori ritengono i confini dell’intervista e i termini della rilevanza storica che
emergono le conoscenze più imprevedibili. Nel corso della mia ricerca sulla memoria
delle Fosse Ardeatine a Roma mi ero posto la domanda su come i familiari degli uc-
cisi, soprattutto donne, avessero elaborato il lutto e condotto le proprie esistenze dopo
la strage. Ma fu solo per caso che, a intervista ormai finita, ascoltai la storia più pe-
nosa. Avevo intervistato Ada Pignotti, che a 23 anni aveva perso il marito e altri tre
parenti alle Fosse Ardeatine, e mi aveva raccontato la sua vita da allora ad oggi. Per
tutti e due il discorso era praticamente finito, stavamo più o meno chiacchierando, e
lei mi parlava delle infinite e umilianti lungaggini burocratiche subite per ottenere
quattro soldi di pensione concessi di malanimo. Poi, quasi di sfuggita, aggiunse:
“Perché dovunque se andava, se sapeva che io avevo perso il marito, io e l’altre,
l’altre donne – allora tutti cercavano che volevano, cercavano, facevano un discorso
tutto, fatto a modo loro, perché, chissà: una stava a disposizione loro. Era ‘na donna,
‘nciaveva più il marito, quindi poteva benissimo…” 3 Al dolore, al lutto, alla povertà
– tutti temi che mi aspettavo – si aggiungevo ora questa offesa quasi indicibile (come
mostra la reticenza della narratrice) delle molestie sessuali a cui queste vedove erano
andate incontro.
Per fortuna, seguendo un antico consiglio di Gianni Bosio, pur considerando
2 ALESSANDRO PORTELLI, Biografia di una città. Storia e racconto: Terni 1831-1985 (To-
rino: Einaudi, 1985). So che è di pessimo gusto citare se stessi, e farlo in abbondanza. Se lo
farò in questo intervento è perché i ragionamenti che propongo sono fondati soprattutto sulla
mia esperienza di ricerca, e i rinvii in nota servono solo a segnalare i luoghi in cui parlo in
modo più ampio e articolato delle esperienze a cui qui faccio riferimento. Segnalo comunque
alcuni testi generali di base sulle fonti orali: sul piano internazionale, PAUL THOMPSON, The
Voice of the Past: Oral History (Oxford University Press, 1988); The Oral History Reader, a
cura di Robert Perks e Alistair Thomson (London: Rutledge, 1998); Oral History. An Interdi-
sciplinary Anthology, second edition, Altamira Press (Walnut Creek - London), 1996, a cura di
David Dunaway e Willa K. Baum; la rivista Historia, Antropología y Fuente Oral, pubblicata a
Barcellona. In Italia, soprattutto LUISA PASSERINI, Storia e soggettività. Le fonti orali, la me-
moria (Florence: La Nuova Italia, 1985) e l’antologia curata dalla stessa Passerini, Storia
orale. Vita quotidiana e cultura materiale delle classi subalterne (Torino: Rosenberg e Sellier,
1978), basata su materiali inglesi e americani ma con un’importante introduzione teorica. È in
corso di pubblicazione un’antologia di saggi sulla storia orale in Italia, curata da Cesare Ber-
mani, per le edizioni Odradek (Roma). Esiste una International Oral History Association
(e-mail: Alexander.von Plato@Fernuni-Hagen.de) ed è in corso di formazione una Associa-
zione Italiana di Storia Orale (c\\o Istituto Ernesto deMartino, via degli Scardassieri 46 - Sesto
Fiorentino, Fi).
3 In A. PORTELLI, L’ordine è già stato eseguito. Roma, le Fosse Ardeatine, la memoria
(Roma: Donzelli, 1999), p. 289.