Il Rettor Maggiore
Omelia nella Messa della IV Domenica del T.O.
Incontro dei Responsabili Maggiori dei gruppi della Famiglia Salesiana
Basilica di Don Bosco, Colle Don Bosco
2015.02.01 [1]
Carissimi fratelli e sorelle,
ieri a Valdocco abbiamo celebrato Don Bosco facendo memoria della sua morte, avvenuta 127 anni fa proprio lì. Oggi, siamo precisamente nel posto dove lui è nato quasi 200 anni fa. In questo stesso luogo dove ci troviamo, al posto di questo bellissimo tempio, c'era la cascina Biglione, dove viveva e lavorava la famiglia Bosco.
Qui nasce questo uomo straordinario che, grazie alla sua fedeltà al Progetto di Dio fu così fecondo da dare origine a una grande famiglia oggi sparsa per tutto il mondo.
Suo papà, Francesco Bosco, è stato per 12 anni mezzadro dei signori Biglione ai quali consegnava una quota fissa sul raccolto di due terzi circa.
Fu nella cantina di questa casa dove Francesco ebbe la polmonite e così ha dovuto lasciare Margherita e con lei, “la nonna settuagenaria, travagliata da vari acciacchi, [e] a tre fanciulli, di cui maggiore era Antonio, figlio del primo letto, il secondo Giuseppe, il più giovane Giovanni”, come racconta lo stesso Don Bosco nelle sue Memorie dell'Oratorio.
Il primo ricordo di Giovanni è una giornata dolorosa. Lo racconta così: “Non so che ne sia stato di me in quella luttuosa occorrenza; soltanto mi ricordo ed è il primo fatto della vita di cui tengo memoria, che tutti uscivano dalla camera del defunto, ed io ci voleva assolutamente rimanere.
'Vieni, Giovanni, vieni con me', ripeteva mia mamma. 'Se non viene papà, non ci voglio andare', risposi. 'Povero figlio, ripigliò mia madre, vieni meco, tu non hai più padre'. Ciò detto ruppe in forte pianto, mi prese per mano e mi trasse altrove...” Giovanni aveva meno di due anni. “Quelle parole mi si fissarono nella mente -dirà tante volte don Bosco-. Non le ho mai dimenticate”.
Sicuramente la partenza prematura di suo papà sarà il seme che crescerà in lui fino a convertirlo in Padre e Maestro dei giovani di tutto il mondo. “Tu non hai più papà”, una cicatrice che invece di fare di lui una persona amara e senza speranza lo ha spinto ad avere compassione di tanti ragazzi e giovani senza papà, perché non doveva fare nessun corso o esercizio speciale per capire dal profondo del suo cuore cosa significa essere o sentirsi senza papà.
Ma la sua assenza non è stata la principale eredità lasciata dal giovane però maturo Francesco Bosco. La sua principale eredità ha a che vedere con la fede. Sappiamo bene che nel letto di morte suo papà parlò con solida fede alla sua sposa: E' la volontà di Dio, Margherita. Dobbiamo rassegnarci... Abbi fiducia nel Signore... Ti raccomando i figli, specialmente Giovanni, così piccolo... [2] Nelle Memorie dell'Oratorio, Giovanni usa l'espressione confidenza in Dio. Ecco, magari, il regalo più prezioso, dopo il dono della vita, che papà Francesco ha lasciato al suo figlio: abbi confidenza in Dio.
Senza dilungarmi, voglio sottolineare una frase dalla seconda lettura che abbiamo scelto per la messa di oggi, la lettera di Paolo ai Filippési: “Non angustiatevi per nulla, ma in ogni necessità esponete a Dio le vostre richieste, con preghiere, suppliche e ringraziamenti; e la pace di Dio, che sorpassa ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo Gesù”. Ecco la confidenza in Dio!
Questa fiducia ha due gambe: la FEDE in Dio e il CREDERE nell'uomo. La fede fa riferimento al rapporto personale con il Signore della Vita, al vincolo incondizionato tra Dio e la persona credente, che a questo punto diventa profeta (perché non si può essere incondizionatamente vincolato a Dio e non agire nel suo nome). Credere nelle persone significa “credere nelle risorse naturali e soprannaturali dell'uomo, pur non ignorandone la debolezza” come dicono le costituzioni salesiane nell'articolo 17. Quindi, ecco un profeta: un uomo o una donna di fede che crede nelle risorse di umanità e di bontà di ogni persona. Anche questo è parte del DNA di Giovanni Bosco, ricevuto da Margherita e Francesco, e soprattutto dallo Spirito di Dio.
Opportunamente la prima lettura di questa domenica parla di un profeta: “Io susciterò loro un profeta in mezzo ai loro fratelli e gli porrò in bocca le mie parole ed egli dirà loro quanto io gli comanderò”. Senza forzare il testo, possiamo applicare queste parole al nostro Padre. Lui fu un vero profeta in mezzo a noi, ma soprattutto in mezzo a quelli che come lui hanno vissuto il vuoto di non avere papà o uno che si occupasse di loro, come i ragazzi che conosce nelle carceri a Torino.
Non voglio finire senza fare un riferimento al Vangelo di Marco. Mi ha colpito ancora una volta questa frase: “Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, [a Cafàrnao,] insegnava. Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi”. Anche il nostro Padre affascinava i suoi contemporanei come uno che agiva con autorità.
Questo non si riferisce all'autorità di una responsabilità, di un mestiere, di una carica e meno che meno di un potere. Si riferisce ad avere qualcosa in più come discepolo missionario, a una misura alta di vita cristiana capace di dare senso alla propria vita e alla vita di quelli che gli sono vicini.
Questo agire “come uno che ha autorità” lo chiamiamo “santità”. E la santità di Don Bosco si è intrecciata con la santità di tanti giovani ed adulti del suo tempo, un tempo veramente fecondo, e fa compagnia a tanti altri che intrecciano con lui la sua propria santità. Per parlare della nostra Famiglia, vi ricordo che contiamo almeno “166 membri glorificati o candidati alla santità: 9 santi, 117 beati -tra di loro parecchi martiri-, 12 venerabili e 28 servi di Dio”, [3] e faccio riferimento soltanto a quelli che sta curando il nostro ufficio della postulazione dei santi.
Carissimi, tutti questi santi oggi sono come stelle nel cielo che oggi ci illuminano e ci insegnano il cammino da seguire come ai vecchi naviganti nella profondità della notte, ma che nel loro tempo furono uomini e donne come noi, con le debolezze proprie della nostra umanità, ma con la forza propria di quelli che portano nel cuore un fuoco fortemente acceso, il medesimo fuoco portato da Gesù sulla terra, il medesimo fuoco che ha spinto Don Bosco a continuare a vivere per 200 anni ed oltre, sempre che noi siamo fedeli alla nostra particolare vocazione, profeti in mezzo al popolo, fiduciosi nel Dio della Vita e credenti nelle risorse dell'umanità, e soprattutto santi, come quelli che hanno autorità.
Maria, Madre e Maestra, Ausiliatrice del popolo di Dio, aiutaci a vivere come Don Bosco ci ha insegnato, con la sua passione per il tuo Figlio Gesù, con fiducia e confidenza in Dio Padre, docili allo Spirito e con disponibilità autentica e coraggiosa per essere profeti in mezzo al popolo, soprattutto ai giovani, i nostri amati giovani di tutto il mondo, specialmente i più poveri, abbandonati e in pericolo.
[1] Ez 34,11-12....; Fil 4,4-9; Mt 18,1-6.10
[2] C. 1
[3] 3 Pierluigi Cameroni, Come Stelle nel cielo. Figure di santità in compagnia di Don Bosco. Velar – Elledici, Torino, 2015, p. 4.