2002_VecchiJE_Andate_oltre_SpreaficoM


2002_VecchiJE_Andate_oltre_SpreaficoM

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JUAN E. VECCHI
ee
'ANDATI 0LTPH
Temi di spiritualità giovanile
A cura di Maurizio Spreafico
\\. q
EtlEDIGI

1.4 Page 4

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Centro Nazionale Opere Salesiane
Centro Sdesiano Pastorale Giovanile
Via Marsala 42 - 00L85 ROMA
Intemet: wurw.elledici.org
E-mail: mail@elledici.org
@ 2002 Editrice ELLEDICI - 10096 Leumann (Torino)
ISBN 88-01-02494-0

1.5 Page 5

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Present azione
Nella vita ci sono momenti di crescita, divulgazione e sintesi, situa-
zioni in cui si elabora un cammino e altre in cui si raccolgono i frutti.
Don Vecchi ha mostrato come una spiritualità, anche quella <<giova'
nile>>, può raggiungere la massima espressione nella sofferenza e nell'i-
nattività fisica. Inchiodato sul letto per tanti mesi, comunicava a quanti
lo visitavano la consapevolezza che in ogni momento della vita, in ogni
esperienza è possibile incontrare il Signore.
Per strana coincidenza, temporanea e di poco conto, vi scrivo queste
parole sullo stesso letto suo, dopo una sfortunata caduta che mi obbliga
a riùarmi dall'attività normale per un po' di tempo.
Questo libretto, cari giovani e accompagnatori di giovani, offre gli in-
gredienti per una vita felice e serena sul modello di Cristo e di persone
che vi vogliono bene. Mostra che la vita in Cristo conduce verso la fusione
della spontaneità giovanile e della santità cristiana. Le modalità verranno
svelate poco per volta, leggendo, come in un cammino educativo dove il
giovane scopre uno per uno i valori contenuti nel processo educativo.
La culla di questo cammino spirituale sta ai Becchi (in provincia di
Asti): un Colle che ha preso la sua significatività dalla persona di Gio-
vanni Bosco. In quel luogo egli propagava tra gli amici il gusto della fede
e la gioia di conoscere Cristo. Già da piccolo era apostolo e la sua arma
convincente era I'allegria. Soffriva quando vedeva persone tristi. La vita
di chiesa non era per lui un obbligo o un peso: era piuttosto un piacere
intrattenersi con gli amici sulle verità di fede, sulle <.realtà ultime>>, sul-
I'osservanza degli orientamenti della Chiesa. Voleva conoscere e far co-
noscere il contenuto della fede ed esprimere con gli altri la sua devozio-
ne mariana. Nel suo lavoro con i giovani - più tardi da giovane sacerdo-
te - intuì che i migliori evangeLzzatori dei giovani erano loro stessi, e po-
neva a guida dei gruppi ragazzidi fiducia, ai quali dava suggerimenti e la
formazione essenziale per essere <<capb>.
Più tardi scoprì, a Momese, un gruppo di giovani tagazze, che sotto
la guida di Maria Domenica MazzareTTo vivevano in modo simile la stes-
sa ricerca di santità. C'è in tutto questo un atteggiamento di grande fidu-
)

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cia nelle capacità animatrici dei rugazzi e dei giovani, menrre gli adulti,
sacerdoti e laici li accompagnano nel cammino. I giovani leader che egli
individuava e a cui dava incarichi non erano necessariamente i più dolci
e docili. Don Bosco era capace di convertire capacità di leadership di
bande giovanili in impegno per la diffusione del bene e della fede.
Tutto mirava all'obiettivo di portare i giovani a Cristo, attraverso
l'Eucaristia frequente, il sacramento della Riconciliazione ben preparato
e con risoluzioni convinte, attraverso la vita comunitaria, condivisa tra
giovani e adulti.
L'espansione del carisma di don Bosco in tutto il mondo ha creato la
necessità di descrivere con precisione il contenuto e la metodologia per
viverlo, per poterlo comunicare ai giovani di contesti diversi, accompa-
gnandoli nel loro cammino.
Confrontandoci durante l'Anno giubilare 2O0O travari rappresen-
tanti del Movimento Giovanile del mondo intero, è stato bello consrata-
re che essi avevano ben capito i nuclei centrali della spiritualità: essere
missionari di alri giovani nello spirito di don Bosco, vivendo il Sistema
Preventivo per portare altri giovani a Cristo.
In queste pagine di don Vecchi troverete gli elementi che don Bosco
ha intuito e comunicato con la vita, in modo organizzato e ordinato, ri-
flettuto ed espresso con la sapienza delTa sintesi che loha caratterizzato.
Se adesso parliamo di Spiritualità Giovanile Salesiana e di Movimen-
to Giovanile Salesiano è perché don Vecchi ne è staro il promotore agli
inizi degli anni'80. L'inconro a Frascati, nel 1981, con il <<Manifesro>>
conclusivo ne ha messo le basi. La Famiglia Salesiana poi, in modo spe-
ciale i Salesiani e le Figlie di Maria Ausiliatrice, si sono messi in cammi-
no per la diffusione di questo spirito missionarto tra i giovani.
Nel 1990 il Capitolo Generale dei Salesiani ha espresso in modo chia-
ro e organico gli elementi di fondo della spiritualità. In seguito, in varie
assise e in tutti i continenti, Salesiani, Figlie di Maria Ausiliarice e gio-
vani hanno assunto questo modo di pensare, di vivere e di proporre ai
giovani il cammino evangelico, attraverso il confronto e la comunicazio-
ne awenuta.
Auguro che questi stimoli, ben organazati per la pubblicazione a cu-
ra del Centro Salesiano di Pastorale Giovanile d'Italia, possano sollecita-
re ed entusiasmare tante persone, aiutarle ad approfondire e rendere
concreto lo spirito di don Bosco, per essere convinti anangeLzzatori dei
giovani del terzo millennio.
Luc VaN LooY, sdb
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Premessa
Individuare un itinerario di spiritualità giovanile attraverso le
riflessioni e gli interventi di don Juan Vecchi, 8o successore di
don Bosco e Retror Maggiore dei Salesiani dil, L996 aL2002.
Con questo obiettivo abbiamo riletto i suoi testi e i suoi scrit-
ti di questo periodo e abbiamo trovato materiale ricco e abbon-
dante.
Ne è scaturito questo libretto di spiritualità giovanile, che of-
friamo volentieri alla consideruzione di giovani e adulti.
Litinerario proposto concentra innanzitutto l'attenzione sui
riferimenti e sui modelli di una spiritualità giovanile: Gesù, il
Padre, lo Spirito Santo, Maria, don Bosco, i santi, i martiri.
Si passa poi ai luoghi in cui vivere concretamente la spiritua-
lità: la vita quotidiana, l'impegno educativo, la Chiesa, la storia.
Si presentano quindi le fonti che alimentano ogni autentica
spiritualità: la preghiera,laParcla di Dio, l'Eucaristia, la Ricon-
ciliazione.
C'è poi lo stile particolare con cui vivere la spiritualità pro-
posta: la fede, la speranza,la caità,la sobrietà, l'impegno, la re-
sponsabilità, lo slancio missionario.
Infine I'esito: una vita come vocazione e servizio, come pie-
nezza e santità.
Le parole di don Vecchi, tratte da vari scritti e interventi, so-
no ogni volta presentate brevemente, per indicarne la fonte e
per evidenziarne particolari sottolineature e accentuazioni.
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Egli ci offre preziose indicazioni per vivere una spiritualità
operativa e apostolica, senza dualismi e senza tensioni. Una spi-
ritualità di grande robustezza interiore, che si manifesta nei luo-
ghi della vita quotidiana e che si esprime con uno stile semplice,
gioioso e impegnato. Una spiritualità alimentata dallapreghiera,
dalla Parola e dai sacramenti, ma che si gioca nell'impegno edu-
cativo, nell'animazione e nel servizio, nelle responsabilità eccle-
siali e civili.
Una proposta dunque da accogliere con gratitudine, che ha
trovato in don Vecchi non soltanto la saggezza delle parole, ma
anche la sapienza della vita.
Fonti (e abbrevi azioni)
lnterventi al Confronto Europeo MGS, agosto 1999 (CFR)
Interventi al Forum MGS, agosto 2000 (Fonuu)
Messaggio al MGS del3l gennaio 2000 (M2000)
rl Messaggio al MGS del gennaio 2001 (M2001)
Messaggio al MGS del3l gennaio 2002 (M2002)
Dire Dio ai giouani, Elledici 1999 (DmrDIo)
I guardiani dei sogni con il dito sul riloase. Educatori nell'era
inforrn a t i ca, Elledici 1 999 (SocNI)
Spiritualità salesiana. Temi fondamentali, Elledici 2001 (SS)
Bollettino Salesiano, Annt 799 6-200 1, Rubric a'riziùe (in secon -
da eterza pagina) (BS)
Atti del Consiglio Generale (ACG)
Altri testi
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Spiritualità giovanile
1. Vivete secondo lo Spirito
Spiritualità è uiuere secondo lo Spirito. Lo Spirito Santo pla-
sma e forma Ia uita del giouane credente, aiutandolo progressiuo-
mente a conlormarsi a Cristo e abilitandolo così a diuentare un
autentico uomo nspiritualer.
<<A Gesù piacevano i simboli e le parabole della vita: la gesta-
zione, il bimbo che nasce, iI seme che germoglia, il tralcio che
cresce vitalmente unito alla vite, l'albero che produce frutto, il
fico che diventa sterile.
Adoperò una di queste parabole per spiegare a Nicodemo
gli effetti della presenza dello Spirito: "Nessuno può entrare nel
regno di Dio se non nasce da acqua e Spirito. Dalla came nasce
came, dallo Spirito nasce spirito" (Gu ),5-6).
Laita ha un principio intemo di sviluppo, non rigido e de-
terministico, ma certamente coerente. Dai rovi vengono rovi,
dai fichi si raccolgono fichi.
S. Paolo ha una visione simile dell'esistenzaumar,ai chi na-
sce "dalla carne" si sviluppa nella sua direzione e produce i suoi
frutti. Ma il cristiano rinasce dallo Spirito che gli è donato nel
battesimo. [n lui lo Spirito agisce non solo come "suggeritore",
"ispiratore", "compagno" o "maestro', ma come principio ge-
neratore della forma che prende la vita ed energia per arrivarci.
Ma che cosa "crea" lo Spirito e di che cosa è principio, seme
ed energia di sviluppo?
Lo Spirito dà origine nel cristiano a ana nuoua coscienza;
quella di figlio di Dio, che si è manifestata in Gesù. Egli sempre,
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persino nel momento di maggiore apparente solitudine, disse:
"Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito" (Lc D,46). Si è
affermato che Cristo non ebbe mai il sentimento dell'orfano.
Abbandonato da tutti, si sentì sempre accolto dal Padre. La me-
desima coscienza affioru,si sviluppa progressivamente e si mani-
festa anche a livello psicologico nel credente: in qualsiasi fran-
gente, sente la presenza ed esprime la fiducia in Dio suo Padre.
Lo Spirito Santo genera nel cristiano una nuoaa intelligenza:
è l'intelligenza dell,a fede, capace di percepire il mistero di Dio,
e di scoprire alla sua luce il senso che hanno il mondo e gli awe-
nimenti della storia. Spesso la fede è stata considerata una sag-
gezza che viene dallo Spirito. Chi vede la propria vita e la storia
senza Dio non è animato dallo Spirito. Chi scorge Dio nella sto-
ria propria e dell'umanità è guidato dallo Spirito, perché Dio si
è manifestato nell'awenimento principale della storia, quello di
Gesù.
Lo Spirito genera un nuouo rapporto umano, al di sopra della
nazionalità, razza, atltura, religione, stato economico: è l'amo-
re, partecipazione a quello di Dio; per cui non si fa dilferenzatra
connazionali e stranieri, credenti e non credenti, ricchi e miseri,
maschi e femmine..., ma rutti sono un'unica creatura (c[ Gal
3,28).Èil superamento delle discriminazioni, del senso di supe-
riorità, del desiderio di sfruttamento.
Lo Spirito ci insegna un linguaggio nuouo che ci consente di
rivolgerci a Dio esprimendo i sentimenti filiali e ci ispira quello
che dobbiamo dire. Egli ci dà anche il contenuto e il vocabolario
per l'annuncio del Vangelo e apre alla sua comprensione chi
parla e chi ascolta. È il .o-,rnicatore invisibile tra i due. Per
questo si parla tanto dello Spirito nel contesto del7'evangehzza-
zione (cf EN 75).
In breve. Lo Spirito ncrea la struttura interiore della persona:
le il senso della sua identità, la possibilità di operare nel mon-
do con la visione e l'energia di Cristo, di andare oltre l'immedia-
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to e il materiale attendendo la grande manifestazione per la qua-
le tutta la creazione raggiungerà la sua condizione perfetta (cf
Rm 8,19-22).
Chi è nato dallo Spirito è chiamato a svilupparsi secondo lo
Spirito. Non ha ricevuto soltanto alcune qualità fisse, esterne e
transitorie, quasi fossero vestiti, gioielli o regali di anniversario.
Possiede invece una specie di codice genetico conforme al quale
e per forza del quale egli va crescendo.
Passiamo dall'immaturità allo stato adulto per l'illuminazione
progressiva e I'adesione gioiosa alla verità. Esse ci aiutano a ve-
dere il senso della nostra vita e del mondo, con sempre maggior
convinzione e profondità alla luce dell'awenimento di Cristo.
Cammino verso la "forma perfetta" è la purificazione da di-
pendenze e schiavitù, egoismi, passioni distruttive, fino a rug-
giungere la libertà interiore. Conversione, riorientamento, rottu-
re, nuove solidarietà vengono stimolate quasi come da "un istin-
to" in colui che è guidato dallo Spirito.
Strettamente collegato, anzi come causa di questo, c'è il desi-
derio, il gusto, lo sforzo di conformare la nostra vita a quella di
Cristo inserendoci nel suo mistero, attraverso l'ammirazione,
l'adesione, l'attenzione, il rapporto, I'amore. La finalità e il per-
corso dell'iniziazione cristiana consiste nel portare a conformar-
si a Cristo, a vedere la storia come lui, a scegliere e ad amare co-
me lui, a sperare come insegnalui, avivere come lui la comunio-
ne col Padre.
ll risuhato è il cristiano'aduho", I'uomo "spirituale". Nel lin-
guaggio cristiano "spirituale" ha un significato peculiare. Non si
oppone amatetia, come pensavano alcuni filosofi, maa"catte"
cioè chiuso all'oltre, alla grazia salvatrice di Dio e all'amore.
Non vuol dire dunque immateriale, ma pervaso da Dio e ordi-
nato a lui, qualunque sia la sua natura fisica. Spiriruale non è
dunque colui che rinnega, fugge o ignora la sua parte co{porea,
ma colui che assume e ordina tutto nella carità. Difatti è la "ca-
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rità che si è diffusa nei nostri cuori per lo Spirito Santo che ci è
stato dato", investendo la totalità della persona, corpo e co-
scienza, progetto temporale e speranza definitiva.
È r.gro dello stato infantile l'essere trascinato da motivi
umani come la gelosia, la voglia di eccellere nella comunità con
carismi vistosi. Così come lo è il pensare che la libertà consista
nel rcalizzarc i propri comodi, il "libertarismo senza finalità", o
il non essere capaci di superare i conflitti anche con sacrificio da
parte nostra, e dunque, la rottura dell'armonia nella comunità
umana o cristiana. Soprattutto lo è I'instabilità e la volubilità
della fede, non saldamente ancorata allaParcla di Dio, che si la-
scia trascinare o dalle mode secolari o dalle fantasie religiose o
dalle dottrine transitorie.
Ci sono d'altro canto pagine incomparabili sulla maturità
della persona nello Spirito. Essa è purificazione dal male e supe-
ramento di quello che è imperfetto, ma anche fioritura massima
delle potenzialità che ci sono in noi. Segni della maturità sono,
in primo luogo, la sicurezza o evidenza dell'amore che Dio ha
per noi e, quindi, la pace e la serenità interiore, per cui sappia-
mo che "né la morte, la vita, gli angeli alcuna creatura
potrà separarci dall'amore di Cristo" (cf Rm 83839); la gene-
rosità per cui non ci si limita a quello a cui ci obbliga la legge, ma
ci si dona con libertà e gioia; l'impegno radicale e totale per il
Vangelo; l'amore ai fratelli come regola per operare, in ogni cir-
costanza, al di sopra di calcoli e convenzioni, al di sopra dei no-
stri diritti e dello stesso culto.
Quando questi dinamismi e atteggiamenti crescono, si rag-
giunge la statura di Cristo: lo Spirito unità ai pensieri, agli af-
fetti, ai desideri, alle azioni; si manifestano nella persona i suoi
frutti maturi: l'amore, la gioia,la pace, la pazienza,la benevo-
lenza,la bontà, la fedeltà, la mitezza, il dominio di (cf Gal
5,22-23)>>.
(DmrDro,62-66)
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2. Vivete fino in fondo
la proposta di vita cristiana che vi offre don Bosco
È la proposta a|300 giouani di 65 nazionalità del Forum in-
ternazionale del Mouimento Giouanile Solesiono (MCIS), conuooa-
ti al Colle Don Bosco nell'agosto dell'anno 200O, poco prima di
partecipare alla Giornata Mondiale della Gtouentù a Roma.
<<Don Bosco è stato definito dùPapa "maestro di spiritualità
giovanile" (cf Juuenum Patris, n. 5), perché ha saputo rendere
vivo il Vangelo per i giovani accogliendoli nelle loro attese e nel-
la loro voglia di vivere. È l'irririuto.. di una vera scuo/a di nuova
e attraente spiritualità apostolica. Eg\\ rcolizza la sua personale
santità, mediante l'impegno educativo vissuto con zelo e con
cuore apostolico, e sa proporre al tempo stesso la santità quale
meta concreta della sua pedagogia. Spesso diceva ai suoi rugaz-
zi: "Voglio che siate felici nel tempo e nell'eternità", in piena
sintonia con le parole di Gesù nel Vangelo di Giovanni: "Questo
vi ho detto, perché la mia gioia sia in voi, e la vostra gioia sia
piena" (Gu 15,Ll).
Contro iI sospetto, ancora radicato in tanti giovani, che la vi-
ta cristiana costituisce un ostacolo per un pieno e autentico svi-
luppo umano, don Bosco vi offre una proposta di spiritualità
che vi aiuta a vivere intensamente e pienamente ogni aspetto
della vostra vita e ogni dimensione della vostra esistenza. Sce-
gliendo Gesù come Amico, Maestro e Salvatore non significa af-
fatto scegliere un Dio che vi costringe o che vi limita, che vi in-
tristisce o che vi blocca; significa invece scegliere il Dio della vi-
ta, che desidera la vostra piena rcaluzazione e la vostra autenti-
ca felicità.
Vivete questi valori e questa spiritualità e comunicate a tutti
la gioia di seguire Cristo nello stile di don Bosco! Come farete
fra qualche giorno a Roma, quando attraverso i diversi momenti
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della Giornata Mondiale sarete invitati a prendere coscienza del
patrimonio di fede e di testimonianza di cui siete ercdt (traditio)
e assumerete l'impegno missionario per il millennio che inizia
(redditio).
Nel vostro cammino di fede, puntate in alto e non accon-
tentatevi delle "mezze misure". Anche voi siete chiamati alla
santità, una santità che si costruisce nella vita quotidiana, vi-
vendo nella gioia e nell'ottimismo, nella cura dell'amicizia con
Cristo, nell'impegno ecclesiale e nel servizio responsabile. Sen-
titevi chiamati soprattutto ad essere evangelizzatori dei vostri
compagni: offrite loro il messaggio del Vangelo, attraverso l'a-
micizia cordiale, il servizio generoso e una contagiosa gioia di
vivere>>.
(Fonuu, Messaggio)
3. Vivete e approfondite continuamente
i la spiritualità che caruttefizza
Gid in occasione del Confronto europeo MGS dell'ogosto
7999, nella suo obuonanotte» ai 700 giouani europei prouenienti
da 22 paesi, don Vecchi indicauo loro la spiritualità giouanile co-
me fondamento del loro impegno di cittodini e di cristiani.
<<Noi potremo lavorare per l'Europa solo se abbiamo radici e
motivazioni solide; e questo richiede che come MGS approfon-
diamo sempre di più e assumiamo dawero per la nostravitala
Spiritualità Giovanile Salesiana (SGS). E voi ricordate quali so-
no i grandi capitoli di questa nostra spiritualità. In primo luogo
l'amore al),avita, perché dono di Dio e missione affidataci da
Dio; una vita che non barattiamo né scambiamo per nulla; sap-
piamo che contiene potenzialità infinite perché data da Dio e a
Dio ritorna attraverso iI cammino della nostra esperienza uma-
na in riferimento a Cristo. Per questo troviamo il senso della no-
t2

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stra vita in Gesù Cristo luce, cammino, verità. Noi abbiamo nel
Vangelo un famoso dialogo di Gesù con un giovane: "Se tu cer-
chi veramente la vita etema vieni dietro di me e seguimi". È qr"-
sta la vera vita, quella impiegata in favore degli altri, con gene-
rosità e arnore in quel grande spazio del Regno che è la Chiesa.
Vivete dunque e approfondite continuamente la spiritualità che
vi caruttetizza>>.
(CFR, Buonanotte)
4.Per essere buoni cristiani e onesti cittadini
Lo formula clossico di don Bosco, che indica I'obiettiuo educa-
tiuo di tutta la sua azione, è onche un modo che esprime bene Ia
sintesi di un giouane impegnato a uivere, da cittadino e do cre-
dente, una spiritualità incarnata.
<<La formula classica di don Bosco, include connotazioni che
la fanno attuale anche oggi. Sono un po' cambiate solo le espli-
citazioni delle qualità, degli atteggiamenti che fanno di una per-
sona un buon cristiano e un onesto cittadino. L'onesto cittadino
di oggi è una persona che partecipa alle dinamiche democrati-
che; è critico, perché viviamo in una società pluralista e piena di
messaggi. Nella connotazione del secolo scorso, onesto era un
cittadino piuttosto disciplinato nella società e nella propria
struttura di lavoro, responsabile dell'adempimento delle leggi,
più responsabile nell'adempierle che nel cambiarle, uno che
propiziava il quieto vivere comunque.
Sono mutate anche le connotazioni del buon cristiano, so-
prattutto dopo i cambiamenti che ha comportato il Concilio Va-
ticano II con la nuova identità del laico. Il laico cristiano non è
più solo colui che dipende dalla gerarchia, riceve i sacramenti e
osserva le norme canoniche, ma una persona impegnata nella
costruzione di una solidale città temporale e allo stesso tempo
13

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parte attiva e responsabile nella comunità ecclesiale. Lleduca-
zione cristiana deve formare persone capacidi critica e discerni-
mento verso qualsiasi tipo di potere. Se non lo facesse, verrebbe
meno al suo compito».
(Socur, 162-l$)
L4

2.7 Page 17

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I riferimenti
1. Incontrare Gesù Amico, Maestro e Salvatore
Lo fede cristiano è innanzitutto uno persona da occogliere e
da incontrore: Gesù. Soltanto chi incontra ueramente Gesù, può
confessare con l'apostolo Pietro: oTu solo hoi parole di uita eter'
na,. Nell'episodio poi dei discepoli di Emmaus, don Vecchi illu-
stra l'attenta pedagogia di Gesù che oiuta i discepoli o percorrere
un uero e proprio itinerario di fede.
1.7. Accogliere la persona di Gesù
<<La fede cristiana, si ripete oggi più che mai, non è primaria-
mente adesione a una dottrina religiosa, a un sistema morale o a
un insieme di pratiche di culto. E tanto meno la quintessenza di
tutta l'esperienza religiosa, purificata, dell'umanità.
È l'accoglienza dtuna persona. Consiste nel conoscere Gesù
Cristo e accettare I'awenimento di salvezza per ciascuno di noi
che in lui e con lui ha avuto luogo dentro la storia umana. Co-
noscere, secondo il senso evangelico, significa rivolgere l'atten-
zione, comprendere, lasciarsi penetrare dall'ammira zione, arna-
re, unirsi in profonda arnicizia, fidarsi. In tal senso Gesù dice ai
suoi awersari: "Voi non conoscete né me né il Padre; se cono-
sceste me, conoscereste anche il Padre mio" (Gz, 8,19).
Mettersi di fronte a Cristo e al'suo mistero può dare oggi
f impressione di perdersi in un oceano. Ci sono innumerevoli
saggi teologici anche di divulgazione, documenti ufficiali, testi
di celebrazioni liturgiche e racconti di visioni o esperienze mi-
stiche. Ci sono le rappresentazioni della pietà popolare, per non
b

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parlare dei romanzi e ricostruzioni storiche accettabi.li o arbitra-
rie, i film, i musical, le discussioni critiche, i talk show e altre si-
mili.
Giovani e adulti si interessano della figura di Cristo. Ma di
immagini di Cristo ce ne sono tante e così diverse. Quello che
rimane nella memoria di ciascuno dipende dalle preferenze, da7-
le scelte di vita, dal cammino cristiano che fanno, dalla situazio-
ne esterna e interiore di ciascuno.
La verità della persona e dell'awenimento di Gesù va oggi
incontro a rischi tipici della nostra cultura e dello stato odierno
dell' evangeli zzazione.
Il primo e più evidente è la perdita della memoria, la disinfor-
mazione. Le frange di giovani e adulti, ai quali di Gesù non si è
parlato in modo sufficiente, vanno aumentando. Gesù va spa-
rendo non solo dalT'ofizzonte della cultura e dell'organizzazione
sociale, ma anche dalla coscienza e dalla mentalità personale.
Non è che non se ne senta parlare. Non lo si considera determi-
nante oggi. O ci si accontenta di qualche fugace emozione di
passaggio. La precomprensione "post salvifica", il non sentire
bisogno dtsalvezzao credere che di fatto essa non si aI di fuo-
ri delle possibilità umane, considera i limiti degli individui e le
piaghe del mondo inevitabili o, comunque, affida il loro supera-
mento a soluzioni tecniche. Non ci sarebbe bisogno di qualcu-
no che ci salvi o nessuno potrebbe farlo.
11 secondo rischio è I'interpretazione frammentata e soggettiua
della persona e dell'awenimento di Cristo che lo sradica dalla
concretezza storica. Alle immagini ormai rientrate del Cristo "ri-
voluzionario" o "poeta semi hippy", sono succeduti i Gesù calei-
doscopici che si compongono conformemente alle preferenze di
ciascuno. A volte, pur salvandone la storicità, si riducono le sue
dimensioni: egli appare così come oggetto di esperienze religiose
disincamate o soltanto come maestro e modello dei valori umani
che oggi ci stanno a cuore; e tutto a misura di consumatore, nel
T6

2.9 Page 19

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mondo delle idealizzazionimanipolabiJi, dei miti e delle realtà
virtuali, senza preoccupazione di un confronto con prove'
Il terzo rischio è più raffinato; appartiene alla sfera del pen-
siero religioso e non di rado si ispira a una buona intenzione:
trovare il punto di incontro tra le religioni, eliminare l'opposi-
zione fra di esse, individuarvi i semi di verità e dunque scoprire
nuove vie di dialogo in clima di vicendevolevaforizzazione e tol-
letanza.
ii I'equiparazione di Cristo ad altri maestri religiosi in quanto
portatori disaggezza e quindi "mediatori disalvezza". In qual-
che caso si afferma il suo carattere di riferimento principale o
punto di arrivo dell'esperienza reltgiosa. Comunque il cristiane-
simo viene allineato ad altre esperienze di Dio. Unico sarebbe il
piano di salvezza, ma diverse e complementari Ie vie per rag-
giungerla.
Per quanto riguarda coloro che sono "cristiani", incombe il
pericolo del "già sentito", dello "scontato" per cui Cristo non
provoca più meraviglia né si cerca di conoscere ulteriormente
" l' ampiezza, la lunghezza, l' altezza e la p rofondit à dell' amore di
Cristo, che è più grande di ogni conoscenza" (Ef ),18-19). Ne
segue una specie di "esaurimento" della grazia e dell'energia
che proviene dall'inconffo con Gesù.
In questa situazione lo sguardo va rivolto in primo luogo alla
storia di Gesù di Nazaret. E la storia di Gesù si trova nei Vange-
li. La lettura dei Vangeli va liberata però dalla leggerezza e dd'-
l'arbitrarietà. La prima impedisce di cogliere laveraportata del
testo. Sfuggono i significati delle espressioni, la portata degli
eventi e il contesto in cui tutto è awenuto. I-latbitraietà porta a
inventare significati, all'insegna della fantasia, del gusto o del-
I'interesse. Il senso letterale invece, cioè quello che il testo in-
tende dire, è Ia radice di qualsiasi altro senso e apphcazione va-
lida. Per questo la Lectio viene ripetutamente raccomandata
persino ai giovani. "Nei vostri gruppi, carissimi giovani - leggia-
L7

2.10 Page 20

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mo nel messaggio in occasione della XIII Giornata mondiale
della Gioventù - moltiplicate le occasioni di ascolto e di studio
della Parola del Signore, sopramutto mediante la Lectio diuina:
vi scoprirete i segreti del cuore di Cristo e ne trarrete frutto per
il discernimento delle situazioni e la trasformazione della
realtà">>.
7.2. Incontrare la persorua di Gesù
<<I vangeli si soffermano a raccontare gli incontri di Gesù con
le persone più diverse: quelli che sarebbero diventati gli apostoli,
la samaritana, Nicodemo, l'adultera,Zaccheo,Marta e Maria, il
giovane ricco, i discepoli che camminavano verso Emmaus. Non
solo vi accennano, ma riportano i gesti minimi e le parole di Ge-
sù, così come le reazionipiù profonde dei suoi interlocutori.
I-"a pima mossa è sempre di Gesù. Egli si fa avantie cerca l'in-
contro. Entra in una casa, si awicina al, pozzo, dove una donna
va ad attingere acqua, si ferma davanti a un esattore, volge lo
sguardo verso chi si è arrampicato su un albero, si aggiunge a chi
sta percorrendo un cammino. Dalle sue parole, dai suoi gesti e
dalla sua persona sprigiona un fascino che awolge il suo interlo-
cutore. È ammirazione, arnore, fiducia e atr:azione.
Per molti il primo incontro si masformerà in desiderio di
ascoltarlo ancora, di fare amicizia con lui, di seguirlo. Si sede-
ranno attomo a lui per interrogarlo, lo aiuteranno nella sua mis-
sione, gli chiederanno di insegnare loro a pregare, saranno testi-
moni delle sue ore felici e dolorose. In altri casi l'incontro fini-
sce con un invito a un cambio di vita.
GIi incontri del Vangelo raccontano la fede. Ci dicono come
nasce e cosa è. È I'autorivelazione di Gesù. "Il Messia sono io
che pado con te".
Gesù si rnanifesta attrauerso gesti e parole. Chi si è incontrato
con lui lo conosce, non solo secondo il commento elavalutazio-
18

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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ne della gente, ma personalmente. Fa I'esperienza della sua sag-
gezza e della sua bontà. Lawta allora comincia a carnbiare nelle
sue prospettive, sentimenti, abitudini e progetti. La dimesti-
chezza con Gesù e le sue rivelazioni porterà a riconoscerlo e
confessarlo Figlio di Dio.
I-iincontro, e quello che in esso accade, è misterioso e incom-
prensibile come l'amore umano: ma più ancora. Gesù medesimo
afferma che nessuno viene a lui se il Padre non lo attira. Ai di-
scepoli dice: "Non siete stati voi a scegliere me. Sono io che ho
scelto voi" (Gu 15,16). Così l'incontro non appare come un caso
né come abilità delle persone, ma proprio come dono di Dio.
Per ciascun giovane la fede personale hanizio nel momento
in cui Gesù gli appare come colui da cui attingere un senso per
la sua vita, al quale rivolgersi in cerca di verità, attraver§o il qua-
le capire il rapporto con Dio e interpretare la nostra condizione
umana.
Iiincontro noruentaneo non basta. Cresciamo nella fede man
mano che questo incontro diventa conoscenza personale e ade-
sione permanente.
Ci si imbatte spesso con qualcuno che racconta di aver fatto
una "esperienza" religiosa. E si vede che essa ha lasciato un ri-
cordo grato. Qualche volta però non ha seguito. La fede non è
solo sentimento, fascino o arnmirazione per Gesù Cristo' Come
l'amore umano non è la "cotta". Nel clima di soggettivismo che
respiriamo, questa confusione è sempre in agguato. Ci accon-
tentiamo dell'attimo intenso e fuggente'
Il primo entusiasmo è certamenteuna grazia. Ma la fede è ta-
le quando esso approd a al1'a accoglienza della persona di Gesù
nella propriavita, alla fiducia nel suo insegnamento, al cambia-
mento degli atteggiamenti secondo le sue indicazioni.
Questo lascia capire il Vangelo nei racconti sulla fede' Lun-
go le rive del Giordano, Giouanni vede passare il Signore: sente
[a chiamata e sperimenta il sussulto. Lo segue, coltiva la sua ami-
t9

3.2 Page 22

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cizia, si sente amato e ricambia. Gesù diventa per lui una com-
pagnia indispensabile. Non riuscirebbe a concepire la sua esi-
stenza senza di lui. Ne diviene discepolo prediletto. Ecco che
cosa è accoglienza: è riferirsi a Gesù per orientarsi e scegliere, è
desiderio di risentirlo, è andare verso di lui, rinnovare l'ammira-
zione, assurnere il suo progetto.
A Pietro, che per tutta la notte aveva pescato invano, Gesù
propose di buttare la rete. Forse un dubbio balenò nella mente
dell'esperto pescatore: buttare la rete ancora una volta dove non
avevano preso niente? e in pieno giorno? Ma Pietro si fidò:
"Sulla tua parola...". La fede comporta fiducia in quello che Ge-
indica e promette: una fiducia che si traduce nelle scelte di
vita.
Nella cittadina di Gerico, Zaccheo, conquistaro da Gesù,lo
accoglie in casa. Alla luce delle sue parole e dei suoi gesti inrui-
sce quanto sia meschina una vita consegnata al denaro, senza
pietà. La rinnega, prometre di non rubare e di restituire, quattro
volte tanto, ciò che aveva sottratto. La fede comporta il cambio
di criteri, gusti e rapporti.
Molti hanno ascoltato Cristo una volta con ammirazione, co-
me le folle che volevano farlo re. Parecchi I'hanno incontrato e
non si sono preoccupati di coltivare la sua amicizia. Ncuni, rug-
giunti singolarmente da lui, anche tra i più vicini, non l'hanno
accolto. Non tutti si sono fidati del suo giudizio, del suo equili-
brio mentale fuori di sé!), delle sue capacità (non è costui il
figlio del falegname?), della sua saggezza (noi abbiamo la leg-
ge!), della sua rettitudine (ha un demonio!). Pure oggi si dice: è
fuori dal mondo, è un idealisra, predica l'impossibile, è una
creazione della Chiesa, è un personaggio mitico.
La fiducia riguarda tre ambiti in cui l'uomo gioca rutre le sue
forze:7a felicità, la verità, il bene; insieme determinano la "ita"
e 7a " salvezza" . Quale senso si dà all'esistenza, come si pensa,
come si agisce. Su tutto ciò, di fronte alla molteplicità di propo-
20

3.3 Page 23

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ste e ai margini di incertezza, il giovane credente dice: "Tu solo
bai parola di uita eterrtra">>.
B. È il Saluatore Risorto
<<C'è, nel Vangelo di Luca, un episodio che, letto una volta,
ci rimane per sempre nell'immaginazione. Ci ritomiamo volen-
tieri perché è magistralmente raccontato, pieno di accenni che
sembrano parlare della nostra esperienza di fede: è l'episodio
dei discepoli di Emmaus (d Lc 24,|)ss) .
I due discepoli camrninano, allontanandosi da Gerusalemme,
che simbolicamente è il luogo dove awengono i "fatti della sal-
vezza" , quegli eventi che portano luce, speranza e vita agli uo-
mini: Cristo è morto e risorto e si è manifestato già agli apo-
stoli. si raduna e si sta formando la comunità del Risorto, pro-
prio nel cenacolo dove il Signore celebrò l'ultima cena e istituì
I'eucaristia. Lì, a Gerusalemme, viene loro promesso e riceve-
ranno lo Spirito Santo.
I due discepoli prendono una direzione che li porta fuori,
lontano da questo spazio. È .o*e dire che non si occuperanno
più dei fatti che vi sono accaduti e delle persone con cui condi-
videvano attese e convincimenti riguardo a Gesù' Ma soprattut-
to essi uiuono ancora nel passato, nei giorni della morte e dell'u-
miliazione di Gesù che pesa su di loro. Ignorano che è già spun-
tato il tempo della risurrezione. Non conoscono il Cristo risorto
che già si è manifestato ai loro compagni' Perciò la loro fede è
triste e fragile, al punto di svanire lasciando solo il ricordo di
una speranza frustrata.
Gesù si unisce a loro, ma essi non lo riconoscono. Si fa raccon-
tarelaloro esperienza e ascolta le loro frustrazioni. Le illumina
e scioglie aiutandoli a capire il senso degli awenimenti con la
luce della Parola di Dio.
il Essi sentono che qualche cosa cambia dentro di loro: arde
21

3.4 Page 24

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loro cuore mentre egli va snodando le sue spiegazioru. Ma anco-
ra non riescono a idendficare il pellegrino con il Gesù che ave-
vano visto e ascoltato prima. Non gli passa nemmeno per la
mente che potrebbe essere lui, talmente sono fissati sulla ffage-
dia della sua morte.
Quando arrivano al villaggio dove erano diretti lo rrarrengo-
no e lo invitano a restare con loro. Si mettono a tavola. Gesù
prende il pane e pronunzia la preghiera di benedizione. Spezza
il pane e comincia a distribuirlo. Allora i loro occhi si aprono e
riconoscono Gesù. Lui sparisce fisicamente; rimane però fra di
loro e dentro di loro in una relazione tanto misteriosa quanto
sentita. "Resta con noi Signore!" era stata la loro preghiera.
Capita in dtri episodi del Vangelo che i discepoli riconosco-
no Gesù risorto, non quando egli "appare" anche a porte chiuse
e nemmeno quando incomincia a parlare; ma quando compie
un gesto di comunione o di perdono. Questi gesti sono così pro-
pri ed esdusivi di lui che nel momenro in cui li accenna "gli oc-
chi dei discepoli si aprono".
Tutti noi troviamo Gesù nella comunità ecclesiale. Nella vita
di questa però, ci sono momenti nei quali egli si rivela e si co-
munica in modo singolare: sono i sacramenti, in paricolare la
Riconciliazione e l'Eucaristia. Senzal'esperienza che ci sta in es-
si, la conoscenza diGesù risulta inadeguata e scarsa, fino al pun-
to di non consentire di distinguerlo tra gli uomini come il risor-
to Salvatore. Infatti c'è chi, pur condividendo lavrtasociale e gli
ideali della Chiesa, colloca Gesù soltanro rra i grandi saggi, tra i
geni religiosi; forse lo considera come la rcalizzazione più alta
dell'umanità che influisce su di noi per la profondità della sua
dottrina e per il suo esempio di vita. Manca però l'esperienza
personale del risorto, del suo potere di dare lavrta, della comu-
nione in lui con il Padre.
Quello di Emmaus è il cammino arraverso il quale ogni di-
scepolo giunge ad una conoscenza trasformante dt Cristo: I'in-
22

3.5 Page 25

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contro, la parola, I'inuocazione, I'esperienza sacrarnentale. Da
quest'ultima si riparte per ricomprendere con maggiore profon-
dità e vivere con maggiore concretezzal'incontro e la parola.
Nella preparazione al battesimo della Chiesa antica i catecume-
ni erano portati fino alla comprensione e al desiderio dell'euca-
ristia attraverso l'istruzione catechistica. Ma, arrivati all'Eucari-
stia, rileggevano da essa tutto il mistero cristiano: dalla parola al
sacramento, dal sacramento alla parola. Anche oggi dobbiamo
attivare e portare verso maggiore profondità il circolo formato
dall'incontro, la parola, l'invocazione e il sacramento proprio
come suggerisce l'episodio di Emmaus>>.
(DnpDto, brani scelti, pp. t3-56)
2. Abbiamo un Padre che ci ama
La presentozione di Dio come Padre onnipotente e prouuiden'
te, che don Vecchi ci offre scorrendo la Bibbio, permette di eui-
denziore olcuni trotti fondamentali della paternità di Dio. Succes-
siuamente don Vecchi si soffermo sulla domando fatta a Gesù dal'
l'apostolo Filippo: «Mostroci il Padre,, euidenziando come nelle
parole e nei gesti di Gesù ui sia Io riuelazione piena e definitiua
del uolto di Dio. lnfine, ci ricordo che essere figli dello stesso Po-
dre è un impegno e una responsobilird a costruire la lraternità nei
diversi ambiti dello nostra uita.
2.1. tln Padre onnipotente e prouuidente
«La Bibbia documenta il percorso dell'uomo verso la cono-
scenza di Dio, a tentoni, nel buio, per strade impervie e con bus-
sola precaria. Mostra il fascino dell'uomo di fronte all'e forue
della natura, la sua perplessità davanti alla voce della sua co-
scienza, gli interrogativi che solleva la sua storia. Racconta lo
svelamento o rivelazione su Dio che l'uomo ha sperimentato'
2)

3.6 Page 26

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Non principalmente attraverso una "esposizione concettuale" o
"una dottrina", ma come una esperienza all'interno di un awe-
nimento storico.
I-lawenimento è la Pasqua; l'esodo dall'Egitto el'aJfeanza del
Sinai nell'Antico Testamento; la morte e risurrezione di Gesù
nel Nuovo.
L'esperienza umana che vi si fa è di liberazioni molteplici nel
nome di Dio, per grazia sua e per essere suoi; di passaggio dalla
morte alla vita, di espansione di questa vita fino all,a pienezza e
all'eternità, di cammino verso tutto ciò con la solidarietà e la
compagnia di Dio. Sono awenimenti che non si possono dimen-
ticare o mettere in secondo piano senza tradire la memoria che
dell'esperienza di Dio hanno l'umanità e la Chiesa.
AIla luce di queste esperienze e awenimenti si sono letti gli
inizi del mondo e quanto in esso awiene. Sono infatti la sigla, il
segno del farsi presente di Dio nell'umanità, del suo rapporto
con la vicenda dell'uomo. Se Cristo non fosse morto e risuscita-
to e i discepoli non ne avessero avuto I'esperienza,nemmeno ri-
corderemmo le espressioni con cui si dichiarava Figlio di Dio; e
la sua stessa preghiera, il Padre Nostro, se venisse ricordata
avrebbe un significato non diverso da quelle che abbiamo eredi-
tato da altri pensatori o capi religiosi.
Nell'esodo e dopo di esso, attraverso il ministero dei profeti,
Israele imparò per tutri noi che Dio è sommo e unico. È d di .o-
pra della natura e dei poteri cosriruiti nel mondo. Da essi si di-
stacca: è trascendente; in un altro ordine, santo. potenze
umane né forue della natura hanno il minimo dominio su di lui.
L'uomo d'altra parte lo sperimenta come datore della sua vita,
alleato gratuito e inatteso, e anche come giudice ultimo dei suoi
atti e intenzioni. Ancora oggi noi confessiamo questa verità: cre-
do in un solo Dio Padre onnipotente. L'espressione si riempie
oggi di nuovi significati, se consideriamo gli "assolud" che han-
no preteso o pretendono di sottomettere l'uomo o in cui egli
24

3.7 Page 27

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pone l'ultim a spetanzai il denaro, la tecnologia, il mercato, lo
stato.
Così Israele imparò pure che egli è Creatore del cielo e della
tena: prlncipio primo, termine ultimo. Amore libero e fecondo,
gratuito e universale. Nessuno poteva obbligarlo a dare l'essere.
Di niente si poteva servire per dare origine all,avita. Noi dun-
que veniamo da lui e verso di lui ci muoviamo.
È il Oio che si comunica all'uomo: ha parlato e parla. Awe-
nimenti e vita umana hanno dei sensi che li trascendono e I'uo-
mo se ne rende conto tanto più quanto più fa spazio al pensie-
ro di Dio. Si rivela attraverso persone con una particolare mis-
sione storica diliberuzione e illuminazione. Paolo dirà che i
gendli quando non si erano convertiti adoravano dèi muti. I
profeti accuseranno gli idoli di essere senza parola messag-
gio, senza suggerimenti né stimoli. Il Dio di Israele è colui che
ha mosso i Padri, che ispira i profeti, che parla al popolo, che
in sogni e visioni indica strade possibili specialmente negli sno-
di della storia.
È il Oio che educa e fa uescere: il Pastore che conduce ad ac-
que cristalline e a prati erbosi, che non consente all'uomo di fer-
marsi ma mostra oizzonti verso cui camminare, che accompa-
gna stimolando ad avanzare, che richiede fedeltà all'alleanzanel
quotidiano e in inattese rotture col passato verso imprese im-
possibili.
È un Dio che raduna e unisce, crea solidarietà e armonia.
L'ordinamento del caos e la creazione del genere umano come
una famiglia unica sono una prima manifestazione. Convoca
gente dispersa e la rende un popolo. Vuole la salvezza di tutti,
anche di coloro che al presente non riescono a riconoscerlo.
Per tutto questo di lui si afferma che è Padre. Si sente la sua
paternità nel fatto che dà laita,la conserva, la sviluppa, imp.-
gnala sua potenza a favore di essa, la porta a pienezza richie-
dendo la responsabilità e la collaborazione dell'uomo>r.
25

3.8 Page 28

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2.2. <<Mostraci il Padre»
<<"Mostraci il Padre", chiese Filippo, in un momento in cui
Gesù aveva incominciato un discorso sul Padre (Gu 14,8).8 ag-
giunse: "Questo ci basta". L"espressione alquanto misteriosa in-
tendeva che I'incontro personale o un'immagine visibile avrebbe
risolto ciò che le parole non riuscivano a tradurre; o forse Filip-
po esternava un desiderio ardente che Gesù, con le sue spiega-
zioni, aveva provocato in lui. Gesù gli risponde: "Chi ha visto
me ha visto il Padre. Come puoi dire: mostraci il Padre?" (Gz
14,9).Per "vedere" il Padre bisogna dunque guardare nella fe-
de I'esistenza di Gesù, i suoi atteggiamenti nei confronti di Dio,
i suoi gesti verso l'uomo.
Come è il Padre di cui Filippo voleva vedere I'identikit o la
foto? Gesù lo presenta come potenza di uita. Nel Padre quesra
ha avuto origine e trova la sua permanente sorgente: "Come il
Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso al Figlio di avere la
vita in se stesso" (Gu 5,26).Il Padre porta la vita verso la pie-
nezzain coloro che, cercandola, si awicinano a lui. il gusto e
la possibilità di comunicarla. "Come il Padre risuscita i morti e
la vita, così anche il Figlio la vita a chi vuole" (Gu 5,21).
Sopra tutti i titoli gli va bene dunque quello di "il Vivente". Ge-
stesso riceve la sua vita umana e divina da lui e grazie a lui la
dà ai suoi: "Come mi ha mandato il Padre che è il Vivente, e io
vivo grazie al Padre, così colui che si ciba di me anch'egli vivrà
grazie a me" (Gu 6,57). La sua potenza di vita aniva a risuscita-
re i morti, a mantenere in vita per l'eternità coloro che a lui si
affidano chiamandoli a una comunione con lui: è il Dio non dei
morti ma dei viventi.
Questa potenza di vita non è ingegneria biologica, ma amore
fecondo. La patemità non è in lui una qualità che si aggiunge al-
la divinità, ma la costituisce internamente e interament". È Pa-
dre, Madre, alleato, socio, amico, protettore fedele, difensore e
26

3.9 Page 29

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vindice: insomma guanto noi possiamo immaginare a proposito
della donazione di e dell'attaccamento viscerale alle sue crea-
ture. Amore e vita vanno in lui di pari passo. Ama donando la vi-
ta, dona la vita perurmore. Gesù lo ripete con affermazioni velo-
ci, semplici e toccarrti, il Padre vi ama (Gu 16,L7).
Per questo il Padre opeÌa sernPre nel rnondo (cf Ga 5,17).
Non sta a guardare e ad attendere. Prende l'tniziativa. È .o-"
un contadino che vigila il suo campo, come un vignaiolo che cu-
ra la sua pianta (Gu l5,l),Il campo sono tutti gli uomini e cia-
scuno in particolare. Su di essi, indipendentemente dalla loro
bontà o mahzia, fa sorgere il sole e fa piovere (Lc 5,45), provve-
de cioè quello che sostiene e diffonde la vita,lo splendore e la
gioia che essa porta.
Egli conosce i nostri bisogni prima che noi glieli raccontia-
mo (Lc 6,8) ed è disposto a concedere quanto di buono e neces-
sario gli uomini gli chiedano (Lc7,1l). Più ancora quando si ac-
cordano come fratelli, perché vuole la nostra pace e la nostra
concordia (Mt 18,19).
Desidera che nessun uomo o donna si perda (Mt 18,14),ma
che raggiunga la felicità e il proprio destino. Soffre per coloro
che smarriscono il senso e le strade della vita. È misericordioso:
prende in considerazione e ricompensa tutti gli sforzi di bene
che gli uomini fanno: I'elemosina, la preghiera segreta e quasi
implicita, l'invocazione di aiuto, il digiuno volontario e la fame
sofferta conpazienza.
La sua nisericordia si manifesta soprattutto nel perdono. Stra-
namente sente più gioia per chi dopo aver fatto il male, si riscat-
ta e torna, che per novantanove di coloro che credono di poter
esigere qualcosa perché credono di non aver mancato. Si sente
meglio con i peccatori che con i giusti. Difende i piccoli, le ve-
dove, le prostitute, i poveri, gli indifesi, gli oppressi, gli ignoran-
ti. È capace di farsi capire da questi e ad essi spiega cose diffici-
li: "Io ti benedico Padre, Signore del cielo e della terra, che hai
27

3.10 Page 30

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nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai pic-
coli" (Lc I0,22). Perciò fa saltare le categorie e le abitudini su
cui si regge questo mondo.
Ha poi doni eccelsi, straordinari per gli uomini. Uno, singola-
re e unico, è il suo Figlio che egli "consegna" per la salvezza del
mondo. E ciò dopo che aveva tentato altre vie e inviato altri
messaggeri per ricondurre gli uomini alla sua conoscenza e zuno-
re. '1Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo unico Figlio,
perché chi crede in lui non muoia ma abbiala vita eterna" (Gu
4,16).Il.Figlio non è un regalo "collettivo", inviato ad un "gene-
i re umano" nel quale non si distinguono le persone. Ha carat-
tere di un dono personale: un invito, una sfida, un richiamo, un
incontro per ciascuno di noi, da cui egli si attende pure una ri-
sposta, un sentimento, una adesione personale.
Inoltre, nell'assenza fisica di Gesù il Padre manda lo Spirito
Santo, il Consolatore, che rimane sempre in noi e con noi (Ga
14,16.26). Esso è memoria, luce, calore e bussola. Crea e ruwiva
in noi la consapevolezza dell,apresenza e dell'amore del Padre e
ci il gusto di corrispondergli. "Non vi lascerò soli, orfani" (cf
Gu 14,18)>>.
2.3. Figli dello stesso Padre:
chiamati a costruire la fraterruità
<<Il pensiero del Padre porta verso la fratemità tta ghuomini.
La fraternità, come viene presentata dal, Vangelo, non nasce da
un accordo sociale tra gl:,uomini, ma dal loro essere e dalla loro
origine. Essi procedono tutti da Dio, da lui sono stati creari nel-
l'amore, come una f.amigha. Hanno davanti a lui, e così dovreb-
be dunque essere di fronte ai propri simili,la medesima dignità
e i medesimi dirini.
L'esperienza della paternità di Dio deve suggerfte oggi mol-
teplici espressioni di fraternità: espressioni immediate, cioè di
28

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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pronto intervento, e pensate per il lungo termine, come semi di
una grande solidarietà futura da costruire; verso i prossimi e i
più lontani. Conviene agire e incoraggiare ad agire allo stesso
tempo sulle situazioni concrete e sulla cultura, sulla realtà e sul-
la mentalità; da soli, a piccoli gruppi, a rete e in vaste organizza-
zioni a livello mondiale. Lo sviluppo futuro di un'esistenza piìt
conforme alla "frarcrnità" è infatti questione di assistenza, di
cultura e di pratica, di cuore, di intelligenza e di organizzazione
sociale secondo i parametri che il mondo attuale, globahzzato e
complesso, richiede.
Il bisogno di dare "fondamento", oltre i poteri del mondo,
ad una cultura e ad una pratica della fraternità, si sente con par-
ticolare urgenza in alcuni ambiti.
Riguardo a71a persona,la patemità di Dio ci porta a ricono-
scerne la dignità e dunque a purificare la mente da ogni discri-
minazione creata dal denaro, dalla condtzione sociale, dall'istru-
zione, dalla cultura e in qualche parte dall'ordinamento politico
(privilegi per ragione di religione, cittadinanza o appartenenza
etnica). In ciascun contesto c'è un bisogno urgente "di aria nuo-
va" riguardo al riconoscimento del valore di ciascun essere uma-
no. Non senza ragione si continua ad insistere sui diritti umani,
quelli cioè che vanno oltre qualsiasi ordinamento giuridico e
affondano le radici nella natura.
Nell'arnbito sociale e politico il "solo Dio Padre onniporente"
ci dice che Ia verità accolta dall,a coscienza è la prima e suprema
voce da sentire e seguire: la fraternità suggerisce di imparare la
prutica della libertà assunta personalmente e rispetr ata negl:. a1.-
tri; di non piegarsi di fronte a chi vorrebbe fare da padrone
(propaganda, consensi generaluzati, modelli di vita e di consu-
mo), livellando tutti nella mentalità e nei cosrumi; di essere per-
sonalmente responsabili dei criteri shg 5i 5s6ializzano attraverso
le leggi e critici di fronte alle imposizioni del mercaro, dei son-
daggi predisposti, del monopolio dei media, di saperci aiurare
29

4.2 Page 32

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con le mediazioni autorevoli: fratelli, non sudditi e tanto meno
schiavi.
Nell'ambito dei beni naturali e di quelli che l'uomo produce,
Dio, Padre mio e degli altri, porta all'uso ragionevole, al rispet-
to e alla condivisione. Il creato è l'abitazione di tutti, è patrimo-
nio dell'umanità. Non va sequestrato e sfruttato come una mi-
niera personale. Non è facile applicare questa visione rispettosa
e questo diritto universale. Siamo in tempi dt pivatizzazioni, di
concorrenza e di concentruzione di potere economico. La nostra
mentalità va però spinta anche su questa linea: usare con ragio-
nertolezza i beni prodotti, collaborarc ad una distribuzione fra-
terna, vivere con sobrietà per poter condividere, preservare, go-
dere di beni diversi dai consumi. Il senso di uguaglianzahhale e
di solidarietà fraterna porta a privilegiare coloro che sono in
maggiore necessità, le povertà di diverso genere, in particolare
quelle estreme o "morta1i".
Nell'ordine religioso la paternità universale di Dio porta ad
educare alla visione ecumenica. Tutti i cristiani, di diverse con-
fessioni, sono solidali in una fede e nella coscienza dt:una condi-
zione: essere figl, i" Cristo. Ciò costituisce un fattore di unione e
solidarietà capace di incidere in aspetti fondamentali della convi-
venza umana. Discorso analogo si può fare riguardo al rispetto e
dialogo interreligioso. Ormai ci si trova dappernrtto con gente di
diverse religioni. I-lincontro non può che essere nel segno del-
l'accoglienza. Questo richiede consapevolezza del dono della fe-
de che abbiamo ricevuto, comprensione e apprezzamento di
quello che di religioso è maturato negli altri, capacità di rappor-
to e collaborazione, offerta schietta della propria esperienza, li-
berazione da ogni sentimento di supremazia o di ogni rigidità,
interesse per cause comuni. Nel dialogo e nella cultura mondiale
i cristiani si fanno araldi del primato dell'amore che è sempre ac-
cogliente e comprensivo, e porta insieme la verità e il bene>>.
(DrnrDto, brani scelti, pp.97-138)
)0

4.3 Page 33

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J. Riconoscere lo Spirito
Siamo inuitati innanzitutto a riconoscere lo Spirito Santo nei
diuersi oluoghi,, in cui si manifesta: in Gesù, nella sua Chiesa, in
ogni singola persona, nel mondo e nella storia. Siomo poi inuitati
a riflettere sui frutti dello Spirito, che deuono manifestarsi nella
uita dei credenti, particolarmente nell'impegno a fauore della con-
cordia e dell'unità.
3.1. «È il Sigruore e d,à k uita»»
<<"Paolo, arrivando alla città di Efeso, trovò alcuni discepoli e
domandò loro: 'Avete ricevuto lo Spirito Santo quando siete di-
ventati cristiani?'. GIi risposero: 'Non abbiamo nemmeno senti-
to dire che esista uno Spirito Santo"' (At l9,l-2).
È probabile che oggi tutti i "cristiani" ne abbiano sentito
parlarc. Chi prende parte all'eucaristia invoca la sua presenza
perché il pane e il vino diventino il corpo e il sangue di Gesù e
perché la Chiesa si riunisca in un solo corpo.
Lo Spirito Santo viene nominato spesso in documenti, predi-
che, racconti, testimonianze. Ci sono movimenti, celebrazioni e
raduni che si riferiscono a lui. Sembra un protagonista dei no-
stri tempi. E certamente Io è, in forma diversa dai soliti!
Il Papa ha scritto una lettera tutta dedicata a lui dal suggesti-
vo titolo: Signore e d,à k aita".In quest'espressione si vedono
già tre caratteristiche dello Spirito: la libertà, con cui opera nel-
la storia dell'uomo Signore!), il dono segnato dall'abbondan-
za e gratuità (dà) e la vita piena, secondo i desideri profondi del-
l'uomo e il progetto di Dio a cui tendono tutte le sue ispirazioni.
Meno frequente però-è sapere chi è lo Spirito Santo e come
opera: non è comune l'attenzione alla sua presenza. Non lo si ve-
de e non ha una storia personale come Gesù. Non ha immagine
o figura che dica immediatamente quello che è. Lo si percepisce
)T

4.4 Page 34

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attraverso i suoi doni e quello che opera: i suoi frutti, direbbe
Gesù. E infatti anche S. Paolo enumera i frutti dello Spirito in
una lista incompleta, ma molto espressiva: "amore, gioia, pace,
comprensione, cordialità, bontà, fedeltà, mansuetudine, domi-
nio di sé" (Gal 5 ,22) . Un'altra lista di doni enume rala saggezza,
la capacità di consiglio ,la fortezza, il senso di Dio, lo spirito re-
ligioso. Nell'infondere tutto ciò lo Spirito non agisce dall'ester-
no, ma ispira e illumina la coscienza, la mente e il cuore.
Nella Scrittura viene rappfesentato col fuoco, col aento, con
lo scatenarsi repentino dell'energia umana per il bene degli uo-
mini, in forma di amore, zelo per la giustizia, liberazione dal-
l'oppressione. Se ne vedono la f.orza e gli effetti, ma la fonte o
sorgente è inconoscibile. E la pista che Gesù dà a Nicodemo:
"Il vento soffia dove vuole; uno lo sente, ma non può dire da
dove viene né dove va" (Gu ),8).
Siamo dunque invitati ad imparare a far attenzione allo Spi-
rito, riconoscere i suoi doni, essere pronti a gioirne, e vivere se-
condo le sue ispirazioni.
È i-po.trnte dunque dirci dove rivolgere gli occhi per scor-
gere la sua presenza.
Guardiamo in primo luogo Gesù: concepito per opera dello
Spirito Santo nel seno di Maia. La sua umanità, che affascinava
i discepoli e le folle, è costruita dallo Spirito. Luca racconta che
"Gesù fu pieno di gioia per opera dello Spirito e disse: 'Ti rin-
grazio Padre, Signore del cielo e della terra..."' (Lc 10,21).Le
parole, la preghiera, gli insegnamenti nascono nel suo cuore dal-
lo Spirito che lo unisce con un profondo amore al Padre e agli
uomini. In un'altra pagina, riferendosi alla sua missione, Gesù
dice: "Il Signore ha mandato il suo Spirito su di me. Egli mi ha
scelto per portare il lieto messaggio ai poveri" (cf Lc 4,1.8).Ili-
spirazione, l'energia,le scelte insolite della missione di Gesù na-
scono dalla sua identificazione con lo Spirito di Dio.
Potremmo continuare con molti episodi finché Gesù fa co-
12

4.5 Page 35

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noscere lo Spirito ai discepoli, glielo promette e glielo comunica
dopo la Risurrezione perché possano, come comunità, percor-
rere i tempi fino alla sua venuta.
E qui abbiamo il secondo "luogo" dove riconoscere la pre-
senza e l'opera dello Spirito: la Cbiesa. La verità che essa medi-
ta, cerca e predica sulla vita umana, la preghiera con cui si rivol-
ge a Dio, l'unità che si vede tra i fedeli, i doni diversi con cui
molti si danno a compiere la missione di Cristo, la santità quoti-
diana che nessuno racconta e quella straordinaria che oggi va
sui giornali e la televisione, dicono che lo Spirito è all'opera. Gli
Apostoli cominciarono a predicare e a formare comunità segna-
te dalla fede dopo che lo Spirito era venuto su di loro. Dunque
coraggio, fede, eloquenza, amote, testimonianza, visione del fu-
turo sono i beni e i doni che lo Spirito fa fiorire nella comunità
cristiana.
Ma l'opera dello Spirito la puoi vedere ne77e singole persone,
in particolare nei cristiani che nel battesimo lo hanno ricevuto e
di lui sono diventati templi. Ci sono cose che procedono dalla
coscienza, dal cuore, dalla mente, dalla profondità della perso-
na trasformata. Quando vedi la fede ardente e convinta, quando
scorgi il senso di Dio, quando ti colpisce unavalutazione saggia
delle cose del mondo, quando vedi un amore al prossimo che si
dona senza misura, puoi pensare che nel cuore della persona sta
agendo lo Spirito che diciamo Santo. Santo, perché? Perché uni-
sce misteriosamente a Dio e a tutto quello che da lui procede e a
lui si orienta, e conseguentemente unisce agli uomini attraverso
l'energia più dolce e potente, l'amore, da dove viene l'unità, la
concordia, la solidarietà, la capacità di donazione.
Guarda ancora un altro scenario: il mondo inteso come ge-
nere umano coinvolto in una storia di cui fa parte tutto quello
che sentiamo ogni giorno attraverso telegiomali e simili. Scopri
la ricerca sincera della verità, il desiderio di bene che c'è in tan-
ti uomini e donne, la nobiltà e il disinteresse nelle iniziative.
))

4.6 Page 36

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Giovanni Paolo II, nella sua ultima lettera sulle missioni, mette
questo commento: "Lo Spirito si manifesta in maniera partico-
lare nella Chiesa e nei suoi figli: tuttavia la sua presenza e azione
sono universali, senza limiti di spazio né di tempo (...). È al-
I'origine stessa della domanda esistenziale e religiosa dell'uomo,
la quale nasce non soltanto da situazioni contingenti, ma dalla
struttura stessa del suo essere (...). Lo Spirito nfatti sta all'origi-
ne dei nobili ideali e delle iniziative di bene dell'umanità in cam-
mino" (n.28). Con la risurrezione di Gesù nfatti questo mondo
ha avuto una irruzione superabbondante dello Spirito. Chi non
possiede la chiave di Gesù non riconosce lo Spirito in tutto il
movimento del mondo. Lo sguardo del credente scorge invece
la sua azione nell'apertura a Dio anche confusa, nel desiderio di
dignità, nelle iniziative generose che miran o alla realizzazione
della persona.
La sfida è quella di superare la miopia, uedere nelle persone,
ruella Chiesa e ruel mondo l'opera dello Spirito. È stato collegato,
non casualmente, con lasperanza. Essa infatd è tensione tra una
promessa convincente e la sua rca)izzazione. Proprio lo Spirito
mette in noi i semi dei beni definitivi, ci aiuta così a valutare con
saggezza altre offerte, ci sostiene e spinge verso il compimento>>.
3.2. I frutti dello Spirito nella uita dei credenti
<<I-lunione sincera ffa le persone ci impressiona sempre favo-
revolmente. Unità, concordia, solidarietà sono beni che l'uomo
desidera. Ne ha bisogno: per la sua vita più ancora che per i suoi
fini pratici. Questi beni hanno una sola fonte: la capacità dr ama-
re. Un'unione costruita sul male s 5r''ll'interesse non dura. La si
riesce a mantenere esternamente solo con violenza o inganno.
Mafia e regimi ne sono due esempi eloquenti. Ma se ne trovano
anche abbondanti su scala minore.
La diuisione ci fa sffiire, ci obbliga alavorarc in condizioni
)4

4.7 Page 37

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difficili, quasi a remare controcorrente. Ma è sempre in aggua-
to, quasi fosse una componente della nostra natura. La discordia
lacerale famiglie; la disunione seminata e coltivata provoca nel-
la società conflitti con alti costi di vite, di beni e di civiltà. Ne
sono prova le guerre etniche e le lotte per il potere. Ci sono an-
che manifestazioni più quotidiane di cui sono vittima coloro che
vivono intorno a noi, in particolare i più deboli ed esposti. Alla
radice c'è sempre l'egoismo individuale e collettivo, un certo di-
sprczzo per gli altri considerati come concorrenti e ostacoli per
i nostri fini.
La Bibbia descrive magistralmente la divisione interiore del-
l'uomo e i suoi conflitti esterni. Sono risultato del suo voler es-
sere come Dio, decidere per conto proprio il senso della propria
vita... Le alleanze che costruisce con questo proposito sono fa-
sulle. Saltano presto. Anzi provocano immediatamente la con-
trapposizione tra l'uomo e la donna che erano stati chiamad ad
essere una "sola carne". Mette l'uomo contro la nafiita che era
destinata ad essere il suo giardino; crea una lotta per la soprav-
vivenza tra I'uomo e gli altri esseri viventi, tra i quali egli viveva
pacificamente e a cui aveva dato il nome. Tutto accade perché
ha ascoltato la voce del diavolo, "colui che divide", secondo il si-
gnificato della parola. La rottura con Dio penetra nell'interiore
dell'uomo, si diffonde nei rapporti umani, awelena iI suo atteg-
giamento di fronte a17a natura antrnata e inanimata.
Una parabola ugualmente espressiva è quella della torre di
Babele. Gli uomini vogliono costruire tra di loro una civiltà che
possa prescindere da Dio, non prendere in considerazione le sue
leggi temere i suoi castighi. Fanno una alfeanza e un progetto.
Ma il loro progetto e il loro linguaggio perdono il punto d'intesa.
Non si capiscono più. Debbono separarsi per vivere ciascuno per
conto proprio, anzi in opposizione e concorrenzatra di loro.
I-lawenimento contrario come immagine e realtà è la Pente-
coste.I discepoli radunati in preghiera nel nome e nel ricordo di
35

4.8 Page 38

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Gesù ricevono un unico Spirito. Esso viene distribuito ai singo-
li, ma all'intemo della comunità. Non è lo spirito del successo o
dell'ispirazione individuale. Rinsalda il gruppo, gli il senso
della missione comune. Uscendo, in un unico movimento e con
un unico proposito, dal cenacolo dove erano insieme, trovano
gente di tutti i popoli convenuta attorno a loro. Pur essendo di
lingue diverse, ciascuno capisce quello che gli apostoli dicono.
Lunità, I'unione, la concordia, la solidarietà saranno distintiui
dei credenti: "La moltitudine di coloro che erano venuti alla fe-
de aveva un cuore solo e un'anima sola e nessuno diceva sua
proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era comune"
(At 4,32). "Ogni giorno tutti insieme frequentavano il tempio e
spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia e sempli-
cità di cuore" (At 2,46).
Sarà quello che il mondo diviso per religioni, razze,lingue,
nazionalità e interessi più ammirerà. Sarà il compimento della
preghiera di Gesù: che siano uno affinché il mondo creda (cf
Gu 17 ,lI).I cristiani saranno uomini di concordia, unione, col-
laboruzione solidarietà, pace. E ciò non perché rinuncino alla
proprie differenze ma perché le vivono come un ficchezza da
condividere. Non perché manchino loro motivi per contrappor-
si, ma perché hanno capito quali sono i beni superiori per i qua-
li lottare insieme. Non perché non abbiamo problemi individua-
li da risolvere, ma perché hanno imparato ad assumerli in soli-
darietà. S. Paolo indica la fonte di questo nuovo modo di vivere
il rapporto sociale: "Noi siamo statibattezzati in un solo Spirito
per formare un solo corpo: giudei o greci, schiavi o liberi" (1
Cor l2,l))>>.
(DmrDro, brani sceld, pp.59-94)
)6

4.9 Page 39

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I modelli
1. Un itinerario spirituale con Maria
Attrauerso sei quadri, uiene ripercorso l'itinerario di fede e di
sequela di Maria, ispiratrice e modello di un'autentica spiritualità.
In ognuno dei sei quadri Maria è sempre presentata in stretto ri-
ferimento o Gesù. La meditazione degli auvenimenti principali
della uita della Madonna è occasione per cogliere alcuni atteggia-
menti fondamentali che devono accompagnare anche il nostro
cammino di fede e di sequela.
1.1. Ijarununciazione: appello e risposta
<<Il racconto dell'annunciazione aMaria (Lc 1,26-38) è tra i
più belli del Vangelo di San Luca. Riporta un fatto reale e allo
stesso tempo ne propone il significato per noi e per la storia del-
l'umanità. Non riguarda solo il passato, ma è una chiave per leg-
gere il presente. Il Vangelo nfattinon è solo storia, ma è sempre
annuncio.
Lananazione è costruita con accenni della Bibbia che richia-
mano antiche speranze, esprimono attese attuali e anticipano i
sogni di sùvezza dell'uomo. Maria, che impersona I'umanità, ri-
sente in tutto ciò ed è chiamata a mettersi a disposizione di
Dio per realtzzarlo.
C'è, nell'Annunciazione, un'immagine di Dio. Un discusso
film ha cercato di esplorarla.
vicende dell'uomo e lo salva
È
"r,
con
Dio "personale" che segue le
il suo amore attraverso inter-
venti riconoscibili. È int"r"r.ante vedere se abbiamo qualche
immagine di Dio anche noi, formatasi attraverso il dialogo voca-
)7

4.10 Page 40

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zionale e se coincide con quella dell'annunciazione. O se non ne
abbiamo proprio nessuna!
Dio manda un angelo: cioè si comunica con noi e ci fa cono-
scere i suoi disegni, non solo, e forse non principalmente, in mo-
menti solenni o con modalità vistose, ma nella vita ordinaria:
l'annunciazione awiene a Nazaret, in una casa privata ) a una
giovane fidanzata, che fa I'esperienza umana dell'amore, della
famiglia e della responsabilità.
Sentiremo Dio in noi stessi nello scorrere della vita e nello
snodarsi degli impegni. Vedendo attorno a noi ragazzi e ragaz-
ze, dovremo pensare che una comunicazione con Dio sta awe-
nendo nel loro cuore. Non solo Dio si comunica, ma attende il
nostro ascolto e la nostra risposta.
Dio ha la misterios a potenza di rendere fecondo quello che,
ad occhio umano, è sterile,limitato o perduto. E si tratta di una
fecondità non comune, ma pregiata, da cui hanno origine i figli
di Dio.
È qr".to un invito a rivedere la nostra fede nell'azione e nel-
l'energia dello Spirito. Proprio come una vergine può concepire
un figlio, così il nostro mondo apparentemente sterile, è fecon-
do per lo Spirito, di possibilità che non oseremmo sognare.
In ogni uita c'è un'annunciazione, anzi parecchie e collegate:
propongono una novità, danno una luce per comprendere e in-
vitano ad aprirsi ad una speranza.
Annunciazione è stata la nostra vocazione. Annunciazione è
stata l'ispirazione af.are la professione. Annunciazione sono
state le chiamate a responsabilità nelle quali bisogna affidarci a
Dio e attendere con fiducia il futuro. Il principio, la condizione
ed il criterio di ogni cammino spirituale è: accogliere, affidarsi,
partire.
I-iannunciazione ci ricorda che la nostra risposta a Dio, doci-
le, fiduciosa e continua, è personale. Niente l'uomo o la donna
producono che non sia stato concepito e maturato interiormen-
38

5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

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te. Pensieri, sentimenti, desideri, progetti, awenimenti vengono
elaborati nel nostro cuore. Ivi c'è il santuario di Dio. Da quel
santuario Maria confessa il suo proposito di verginità, la sua di-
sponibilità, il suo affidarsi.
operano la grazia e lo Spirito che rendono Maria interior-
mente Madre del Verbo. Questo viene concepito nell'anima pri-
ma che nel grembo. È b"ll, quella rappresentazione dell'annun-
ciazione che presentaMaia con la scrittura sulle ginocchia co-
me in attenta lettura. Lei, serenamente concentrata, assorbe la
parola. Si vede nel volto che la accoglie e ne gode.
La nostra vita attiva, consacrata o laicale, si porta una tensio-
ne: rapporto personale con Dio, vale a dire, attenzione, dialogo,
accoglienza affettuosa e gtata del Signore; e, d'altra parte,
preoccupazione per i risultati della nostra attività. Quest'ultima
ci sfida e sovente ci tenta. Vogliamo fare sempre di più; e un po'
alla volta mettiamo talmente la nostra fiducia nei mezzi e nelle
attività, che queste finiscono per svuotarci, a meno che li colle-
ghiamo continuamente al punto dal quale prendono energia e
significato: l'invito di Dio a collaborare con lub>.
1.2. La uisitaziorue: un seruizio generoso
<<La visita di Maria a Elisabetta (l,c l)9-56) sembra un'istan-
tanea di vita quotidiana: il gesto di solidarietà e finezza femmi-
nile di tutti i tempi.Maria si mette in viaggio per offrire i servizi
che una giovane donna può prestare ad una parente anziana'tn
attesa di un figlio.
La pafienza pronta, il lungo viaggio,l'assistenza sollecita ed
affettuosa, sono gesti che la Chiesa ha conservato nella memoria
e ha offerto come modello. San Francesco di Sales ha messo la
Visitazione come icona della sua fondazione: una carità che va
all'incontro, entra in casa e assiste con premurosa sollecitudine.
Era ed è poi comune che in questi incontri le future mamme
)9

5.2 Page 42

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p{rlino delle loro attese, dei loro timori e dei loro segreti. Maria
ed Elisabetta ne avevano da raccontare! L'una per via dell'espe-
rienza singolare del suo concepimento,l'altra per la lunga attesa
di un figlio.
È un quadro delicato di intensa umanità che scrittori e pitto-
ri ci hanno fatto gustare, completandolo, per nostro diletto, con
dettagli pittoreschi dell'ambiente domestico.
Tutto ciò non è marginale nell'esperienza di Maria e nella no-
stra spiritualità. Questi tratti domestici e popolari liberano I'im-
magine della Madre di Gesù da quegli attributi extraumani e
portentosi con cui la concepiscelafantasia, ma che sono lontani
dalTa narr azione evangelica.
Pure per noi è un'indicazione: la chiamata ci inserisce nella
vita della gente secondo i suoi bisogni e domande, anche ele-
mentari e naturali, lette in una nuova chiave: l'amore, il servizio,
la compassione.
17'Magnifical" è il cantico con cui Maria raccoglie l'esperien-
za vissuta da lei e la rilancia verso tutte le generazioni. È rutt'altro
che una poesia di comice per coronare I'episodio. Al contrario, è
un "credo",la professione personale di fede di Maria che assume
in l'intero popolo messianico; di questo popolo Maia diventa
voce e cuore. È I'inro dell'umanità credente di tutti i tempi.
Non una spiegazione razionale su Dio, ma contempla le
sue opere salvifiche nella storia degli uomini, iniziando dalla sua
concezione verginale e dall'annuncio della venuta del Salvatore:
"Hafatto in me cose grandi".
Egli interviene oggi in forma inaspettatamente efficace e fa
sorgere un mondo nuovo dove sono sconvolti gli schemi con-
sueti della storia mondana: coloro che contano per Dio, coloro
che portano avanti il progetto di giustizia non sono gli orgoglio-
si e i potenti, ma gli umili, gli affamatl che coincidono con
quanti sentono bisogno di Dio e degli altri.
Questo è il mistero gaudioso della Visitazione.
40

5.3 Page 43

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La Chiesa 1o rivive come un fatto che si attualnza oggi nella
comunità ecclesiale e in tutti coloro che attendono, cercano o
hanno accolto Cristo.
Maria parte, ignaru dell'awenimento che sarebbe esploso
nella casa di Elisabetta. In quella partenza, apparentemente
spontanea, c'era l'ispirazione di Dio che preparava la sua mani-
festazione. La carità predispone alla manifestazione di Dio,la
esprime e la illumina: è preparuzione, via, segno ed effetto del-
l'annuncio. E diffusa nel nostro cuore dallo Spirito Santo e si
mette a disposizione degli altri secondo le loro urgenze umane:
come benefi cenza, assistenza, educazione, accompagnamento
verso Dio>>.
1.3. La nascita di Gesù:
accoglienza e con temp lazion e
<<Siamo abituati ad ascoltare il racconto della nascita nel cli-
ma del Natale. San Luca l'ha scritto quando ancora non esiste-
vano i presepi. E non avrebbe immaginato che le pecorelle,le
casette, le luci, le stelle potessero diminuire l'attenzione verso i
tre personaggi - Gesù, Maria, i pastori - attorno ai quali egli co-
struisce la sua meditazione.
Maria nel Vangelo, oltre ad essere la Madre di Gesù, rappre-
senta sempre anche laFiglia di Sion, cioè il popolo eletto che ge-
nera il Messia nella storia umana. i! pwe figura della Chiesa che
porta Gesù nel proprio seno, Io fa nascere nei popoli, lo fa cre-
scere fino a renderlo visibile attraverso lavita e testimonianza
delle comunita. È il modello dell'essere cristiano proposto ai di-
scepoli di Gesù.
"Matia, da parte sua, conserva tutte queste cose, meditando-
le nel suo cuore" (Lc 2,51,). Maria non deve venire, come i pa-
stori, al luogo dove accade l'incarnazione. Essa è già lì, è parte
dell'awenimento. Non deve sentire da altri come sono andate le
4L

5.4 Page 44

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cose e quale significato hanno. Essa conserva memoria di tutte le
promesse fatte all'umanità, come dimostra il Magnificat, ed è
consapevole che colui che è cresciuto nel suo seno viene dallo
Spirito Santo.
Una volta visto il bambino, Maianon si allontana come i pa-
stori, dal luogo dell'awenimento. Rimane. Non può allontanar-
si. Dovunque Gesù si incama,lei è indispensabile. Non capisce
ancora tutti i significati che si sprigionano, può enumerare
tutte le energie che scaturiscono dall'in camazione.
Significati ed energie si riveleranno lungo la vita di Cristo e
lungo tutti i secoli. Però Maria conserva nel cuore il ricordo del-
l'awenimento, lo dene caro, lo medita, ne è attenta e all'occa-
sione lo sa ripensare per estrame nuove conseguenze.
Noi non possiamo essere solo visitatori, turisti della Parola e
del mistero di Cristo. Sant'Agostino, paragonando i tre atteggia-
menti di cui abbiamo parlato, domanda al cristiano: A chi asso-
migli? A coloro che sentono I'annuncio e soltanto si stupiscono?
Npastori che vengono alla grotta, prendono qualche notiziae
partono per annunciarla, o a Maria che coglie tutta la verità di
Cristo, la serba nella mente e la medita continuamente? I-lam-
mirazione dei primi si diluisce presto; I'informazione dei pasto-
ri, pur dettata dalla fede, è imperfetta e germinale. Soltanto chi
ricontempla e interiorizza il mistero di Cristo può estrame nuo-
va luce e significati per i tempi e per i popolil>.
7.4. Le ruozze di Cana:
Maria ci indica Gesù come maestro e saluatore
<<"Gesù manifestò la sua gloria e i discepoli credettero in
Lui" (Ga 2,11). Così si conclude il racconto delle nozze di Cana
(Gu 2,1-11). Sia San Giovanni che la liturgia collocano queste
nozze tra le principali manifestazioni di Gesù: prima aiMagi,
poi il Battesimo, ora le nozze di Cana.
42

5.5 Page 45

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Questa manifestazione ha però una particolarità riguardo al-
le precedenti. Non awiene in un contesto miracoloso o in una
circostanza religiosa, come la nascita o il battesimo. Non ci sono
testimoni celesti: angeli, stelle, cantici misteriosi o voci dal cielo.
Non ci sono nemmeno predicatori o profeti.
Awiene in una festa di famig[a, nel contesto di una celebra-
zione popolare, nel cuore di un awenimento gioioso: l'amore tra
due giovani, il loro desiderio di felicità, la loro promessa di fe-
deltà, la loro volontà o istinto di prolungarsi attraverso i figli, la
partecipazione gioiosa dei loro congiunti e compaesani: una
mensa in cui si sono fatti tutti gli sforzi per soddisfare i com-
mensali.
Ciò ci sugerisce già un pensiero: Gesù, Dio, si manifesta cer-
tamente nei momenti di culto e di preghiera, ma non soltanto: è
presente in ogru nostra esperienza autentica di vita, gioiosa o do-
lorosa. Accanto aJle nozze di Cana possiamo mettere l'esperienza
dell'amicizia, del lavoro, dello sforzo di rcelizzarc qualche cosa.
E ciò perché il Verbo si è fatto carne: è entrato nel cuore del-
le nostre esperienze, assumendole e rendendosene partecipe e
solidale. Gesù è nelle nostre feste e nelle nostre tistezze. Llamo-
re che viene presentato a Cana è la principale delle esperienze
umane e come il prototipo di tutte le altre.
Abbiamo un'indicazione per la Chiesa e per ogni singolo cri-
stiano: essere solidali e compartecipi delle gioie e speranze dei
propri simili; non staccarsi, ma assumere le loro preoccupazioni
e angosce; e non da "curiosi" o ricercatori; ma "compatendo" e
"gioendo con" loro, condividendo.
Nella festa però auaiene un fatto: viene a mancare il vino. La
gioia è sul punto di esaurirsi; la compagnia sta per sciogliersi.
Quello che gli incaricati della festa hanno predisposto, secondo
tutti i calcoli e previdenze che il caso richiedeva, non ha retto.
Anche questo passaggio del racconto ha il suo corrispondente
nella nostra esperienza. Ogni gioia o impresa umana consegnata
4)

5.6 Page 46

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soltanto al suo dinamismo naturale, al calcolo e alle forze uma-
ne, è esposta all'esaurimento e sovente anche all,a corntzione. In
un certo momento sembra aruivate al capolinea e non riesce a
dare più niente di sé: capita con l'amore. Pensate agli ardenti in-
namoramenti che si svuotano, e alle coppie che, pur avendo in-
cominciato il rapporto con sincerità e buona volontà, finiscono
per non trovare più motivo gusto per stare insieme.
Capita anche con i propositi generosi e con la solidarietà.
Possiamo essere spontaneamente generosi, ma inconsapevoli di
quali siano le sorgenti perenni della generosità.
C'è nel racconto un particolare interessanle: Gesù c'è, con i
suoi discepoli, ma "mescolato" quasi "sommerso», "ignorato",
"anonimo". Non emerge: non è stato presentato come l'invitato
famoso e non appare nemmeno come l'animatore della festa o il
centro dei rapporti.
È uno dei tanti dunque: nessÌrno lo pensa come I'uomo chia-
ve, né gli chiederebbe la soluzione del problema. C'è bisogno
che qualcuno, che lo conosce già, lo tiri fuori dall'anonimato, lo
indichi come colui che può risolvere l'increscioso incidente di
una festa che si sta guastando.
A questo punto entra in scena la dolcissima figura di Maria,
immagine della Chiesa e quindi di tutti noi. E che sia tale lo in-
dica il dettaglio, non solo narrativo, ma simbolico ed allusivo,
che Gesù era "con i suoi discepoli".
Essa auuerte per prima la situazione, anche prima di Gesù.
Lei, le situazioni umane le sente quasi d'istinto. Non le ha dovu-
te assumere: è nata e vissuta dentro la condizione umana pro-
prio come noi. Lei non è un essere divino incarnato; è una crea-
tura umana, nata e vissuta nelle condizioni comuni.
Maria non fa critiche, neanche mateme, a coloro che hanno
fallito il calcolo; non fa commenti da "esperta" dei pranzi e del-
le feste familiari, e non indica soluzioni tecniche su come e dove
nei dintorni si possa trovare una soluzione.
44

5.7 Page 47

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Essa indica e ricorue a Gesù. Alla risposta di Gesù che dimo-
stra di non voler essere dipendente dai legami di parentela, essa
gioca un'altr a carta,la sua fede: "Fate quello che vi dirà" (Gu 25).
Anche in questo caso c'è un'indicazione di quello che la
Chiesa e noi cristiani portiamo di specifico e di risolutivo nella
festa della vita: il senso della presenza di Dio, I'esperienza di Cri-
sto, lafiducia nel suo cuore e nel suo potere.
Ed è anche un'indicazione per il nostro modo di agire: non
da critici della triste condizione umana, non principalmente da
"esperti" che dimostrano di avere una lista di soluzioni, ma da
persone solidali, disposte a condividere quello che abbiamo di
fede e di conoscenza di Gesù.
All'inizio e in ogni momento del nostro cammino, al cerutro
della nostra attenziorue c'è sempre Gesù.Lo conosciamo, lo fre-
quentiamo,lo prendiamo come chiave della gioia,lo mostriamo
a tutti come salvezzapienae definitiv»>.
1.5. Ai piedi della Croce:
rinas cere contiruuamente nella carità
<<Maria ai piedi della Croce (Gu 19,25-27) è una icona pa-
squale. La rappresentazione "lacrimosa" è prevalsa soltanto ne-
gli ultimi secoli. Nel Vangelo invece non si fa cenno alle lacrime
o alla tristezza. Semplicemente "stava in piedi" (Gu 19,25),
prendendo parte consapevolmente a questo awenimento supre-
mo dell'umanità.
La croce, per San Giovanni, coincide con la glorificazione di
Gesù; è il momento culminante della sua rivelazione, il suo an-
dare verso il Padre. "Quando sarò innalzato da tema attirerò
tutti a me" (Gu L2,32). Ed è anche il momento del dono dello
Spirito.
Dalla Croce nasce la comunità dei credenti, rappresentata
dal piccolo gruppo fedele che è radunato attomo ad essa e sim-
45

5.8 Page 48

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boleggiata dall'acqua del Battesimo e dal sangue dell'Eucaristia
che emanano da Cristo. Sulla croce e su questo gruppo si fonda
la nuova unità del genere umano, che Cristo deve rcalnzare se-
condo la promessa messianica.
In questa scena che rappresenta Ia Chiesa nascente si trovano
incastonate Ie parole rivolte aMaria, che suggeriscono più un
simbolo da decifrare, un mistero da svelare, che il racconto di
un gesto filiale.
Gesù chiam a Mada a una nuova maternità che ha origine
dalla croce e per la croce diventa feconda. È una nuova capacità,
di far nascere uomini dallo Spirito. Maria sarà Madre di Cristo,
non solo per averlo accolto nel suo seno, ma perché, identifi-
candosi dappertutto e totalmente con la comunità che nasce dal-
la croce, lo concepirà continuamente nella storia in milioni di
persone lungo i secoli. È un'altra annunciazione; per noi una
rappresentazione dell'Ausiliatrice.
Maria rffigura la Cbiesa uniuersale e ancbe le singole cornr!.-
nità locali. Tutte nascono ai piedi della croce, sono chiamate a
goderne le icchezze significate dall'acqua e dal sangue e a ren-
derne testimonianza con I'ardente fedeltà di quel primo nucleo.
Per questo, la comunità dei discepoli prende Maria con sé.
Da allora è presente dovunque ci sia la comunità cristiana: visi-
bilmente per la venerazione e i segni di devozione dei credenti;
più profondz!.mente per la sua intercessione che sempre segni
nuovi e imprevedibili. È la compagnia che anche noi sentiamo
nelle nostre comunità e nelle nostre imprese.
In ctoce ci ricorda il ualore dell'offerta di a Dio nella carità
pastorale. GIi atteggiamenti e i gesd di Cristo, che sovente ricor-
diamo come esemplari (accoglienza, ascolto, appoggio, illumi-
nazione, misericordia), hanno nella croce il loro coronamento,
la loro spiegazione, il loro prezzo.
Il Pastore, che Giovanni presenta nel capitolo 10, è quello
che dà la vrta. Se ciò venisse ignorato, la carità pastorale diven-
46

5.9 Page 49

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terebbe tecnica di approccio, pubbliche relazioni, forma di be-
neficenza piuttosto che di sùvezza.
Con Maria, accanto alla croce, scopriamo quali sono le ener-
gie per la trasformazione che Dio vuole operare in noi e nelle
nostre comunità: l'acqua e il sangue; la Riconciliazione e l'Euca-
ristia. La liturgia che viviamo è tutta improntata alla pedagogia
sacramentale. Le pagine evangeliche e gli itinerari liturgici pro-
pongono in mille modi questa pedagogi»>.
1.6. Nel Cenacolo:
la comunità radunata dallo Spirito Santo
.<Il gruppetto che ruffiguravala Chiesa accanto alla Croce
viene presentato in Atti cap. 1., al ritorno dal luogo dell'Ascen-
sione a Gerusalemme (At 1,14), La comunità del Risorto si ra-
duna al completo nel Cenacolo. il luogo dove è stata proclamata
e sigillata la nuova al7eanza, dove la antica Cena Pasquale è stata
riempita del suo significato definitivo, dove è stata istituita l'Eu-
carisiir, dove Gesù è apparso diverse volte ai dodici insieme. È
tutta un'immagine della Chiesa!
In questo contesto, di una comunità radunata al completo,
con un patrimonio di verità e con una missione afftdata,Luca
annota: "Tutti questi erano assidui e concordi nella preghiera,
insieme con alcune donne e con Maria la Madre di Gesù e con i
fratelli di lui" (At l,l4).
È l',rni.a volta che Maria viene nominata nel "periodo post-
pasquale". Ed è pure I'ultima di tutto il Nuovo Testamento. Si
tratta di un accenno brevissimo e fugace. Maria non sembra
protagonista della scena! Prima di lei vengono elencate "alcune
donne". Sono quelle medesime che Luca ha nominato nel rac-
conto della crocifissione, la sepoltura, la scoperta della tomba
vuota,le apparizioni.
Tra queste donne però, Maria la Madre di Gesù, non viene
47

5.10 Page 50

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mai inclusa né nominata. Impressiona che ora, presentando or-
dinatamente e in forma completa la comunità del Risorto metta
nella lista singolarmenre col nome e il titolo la Madre di Gesù.
Concentriamo dunque lo sguardo su Maria, che è collocata
dopo le donne, come in una categoria diversa, tutta sua. Il testo
esprime in primo luogo una convinzione di fede: dove c'è la
Chiesa, la comunità di Cristo, c'è sempre Maria e viceversa, co-
me nella concezione e nella nascita del Messia, come nelle pri-
me rivelazioni (ai pastori e ai magi, aZaccatia e Simeone, nel
Tempio e aCana), come nel momento dell'offerta totale.
È un'indicazione per la nosrra vita personale, che ha influsso
determinante sul nostro agire pastorale. Nelle chiese e comunità
che noi formiamo e animiamo ci dev'essere Lei, con un posto
distinto, come comp agnia, memoria, specchio e ispirazione.
Maria è k perfetta discepola spirituale,unica nella sua carego-
ria, nell,a quale emergono la disponibilità totale alla volontà di
Dio e la fiducia negli interventi di Dio per adempiere quello che
ha promesso.
In tal senso Maria è come una roccia, un ancoraggio di spe-
ranzanel tempo di amesa. I discepoli si senrono ortani della pre-
senza visibile di Gesù. Sono inviati ad una missione nel mondo
della quale hanno un'idea vaga non sanno in che cosa consiste,
quali siano le vie più adeguate; non hanno esperienza della sua
forza nascosta.
La presenza di Maria senso all'artesa, la riempie di fiducia,
ne fa una serena esperienza spirituale che è stata proprio la sua:
attendere il tempo della maturazione senza decadimenti ce-
dimenti.
La comunità con Maria si dispone a ricevere lo Spirito e di
fatto lo riceve. Diventa così feconda e capace di generare Gesù
nei popoli. Maria aveva I'esperienza dello Spirito e della sua fe-
condità perché era stata la prima ad essere riempita da esso e a
dare aTLa luce il Figlio di Dio nella storia uman a. Ell,a è garanzia
48

6 Pages 51-60

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6.1 Page 51

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e salvaguardia per riconoscere e interpretare autenticamente l'a-
zione dello Spirito nell'umanità. Con laforza dello Spirito la
Chiesa è chiamata a continuarel'incarnazione di Cristo, a ren-
dere concreto il suo amore per I'uomo in molteplici forme, a
rinnovare la sua capacità di servizio.
Don Bosco ci ha insegnato a sentire questa presenza. L-ha
awertita prima lui stesso e l'ha confessata nella sua vita e opera.
Ma I'ha data anche come ricordo ai missionari "Fate conoscere
Maria e vedrete dei miracoli". È una consegna anche per noi,
per il nostro cammino spirituale>>.
(SS, brani scelti, pp. t98-222)
2. Con don Bosco, padre e amico
Don Bosco è stato riconosciuto dal Papa Giouanni Paolo II nmae-
stro di spintualità giouanile, perché ha saputo rendere uiuo il Vange-
lo per i giouani, occogliendoli nelle loro attese e nella loro uoglia di
uiuere» (Juuenum Patris 5). La Chiesa ha riconosciuto anche ufficial-
mente la ualidità di questa esperienza spirituale, proclamando la
sontità di molti membri, consacrati e laici, della Famiglio Solesiono.
Don Vecchi oiuta a cogliere Ia ricca lisionomia spirituale di
don Bosco, euidenziando in lui lo splendido occordo di natura e
di grazio, che ha saputo esprimere concretamente in un progetto
di uita fortemente unitario: il seruizio dei giouani. Anche noi sio-
mo chiamoti a uiuere questa «grazia di unità, nella nostra uita, in
cui I'umono e il divino si armonizzano in un'esistenza spirituale
senzq sbilonciqmenti né spaccature.
2.7. Uruo splendido accordo di natura e di grazia
<<La fisionomia spirituale di don Bosco è stata definita "uno
splendido accordo di natura e di grazia" (Costituzioni Salesiane,
an.2l).
49

6.2 Page 52

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Non si tratta di una armonia modesta, normale, che si
confonde nel comune. È qualche cosa che colpisce fortemente...
come un panorama straordinario, un quadro particolarmente
riuscito, una musica vibrante. Non sono pochi gli studiosi che si
sono espressi nello stesso senso. "lJno degli uomini più comple-
ti che abbia conosciuto la storia" (]oergensen). "Agostino, Fran-
cesco, Caterina da Siena, don Bosco vanno annoverati tra i cul-
mini dell'umanità" (Hertling).
"Noi l'abbiamo veduta da vicino questa figura, in una visione
non breve, in una conversazione non momentanea; ana magni-
fica figura che I'immensa, l'insondabile umiltà non riusciva a
nascondere... una figura di gran lunga dominante e trascinante:
una figura composta, una di quelle anime che per qualunque via
si fosse messa, avrebbe certamente lasciato grande traccia di sé,
tanto era egli magnificamente attrezzato per la vita" (Pio )0.
La nostra finalità non è tessere un elogio o panegirico, ma
scoprire il "tipo" di persona e di spiritualità: armonia tra pro-
fondo istinto di vita e apertura a Dio, passione per tutto quanto
è umano e profondità spirituale. "Accordo o armonia", dice più
che unità. Questa si ottiene a volte saldando le parti, a volte sa-
crificando aspetti: I'immagine di qualcosa di raggiunto. Ar-
monia dice pienezza che diventa splendente nel gioco delle ten-
sioni: nessuna veniva mortificata in favore dell'altra o della tran-
qrrillil). La sua natura urnana, tenera e affettuosa, sensibile all'a-
micizia, divenne il segno trasparente dell'esperienza di Dio.
Questa a sua volta produsse una finezza sempre maggiore di
umanità.
Tale armonia appare nella sua persona: teierezza e austerità,
intelligenza e praticità, rettitudine e furbizia, santità e scioltezza
nel mondo. Appare anche nella sua spiritualità: lavoro e con-
templazione, Dio e il prossimo, carità e professionalità, ubbi-
dienza e libertà. Appare pure nella sua pedagogia: disciplina e
familiarità, ragionevolezza e spontaneità, esigenza e bontà.
50

6.3 Page 53

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Sono le medesime tensioni che noi sentiamo. Per questo nel-
l'ultimo tempo si è sottolineata sovente la sua caratteristica prin-
cipale: la grazia dell'unitò>.
2.2. Profondamente uomo
<<"Profondamente uomo... ricco della virtù della sua gente'..
aperto alle realtà terrestri" (Costituzioni Salesiane, art. 2l).
La prima cosa che colpiva era Ia sua umanità.Erala manife-
stazione della sua santità, mentre questa appariva come lo splen-
dore della sua umanità. I-umanità si manifestava in una capacità
di affetto intenso e personale. Questa divenne la sua forma abi-
tuale di rapporto; mai formale, burocratico, amministrativo,
sempre vicino e awolgendo la persona in una atmosfera di sti-
ma. Lo si vede nell'oratorio, ma anche nelle udienze, nei viaggi,
per la strada. Ad affezionarsi era portato dal suo temperamento,
ma diventò la sua forma di imitare Cristo. Nelle sue memorie ri-
corda che da tagazzo aveva preso un merlo e l'aveva messo in
una gabbia. Lo curava e gli dava da mangiare come si fa con un
amico. Un giorno il gatto si awicinò alla gabbia e lo l'uccise.
Sconsolato si mise a piangere. Sua madre gli disse: "Ma perché
piangi? Ci sono tanti uccelli nel bosco". Ma tutti gli altri non va-
levano per lui quello a cui si eru affezionato. [n quella opportu-
nità fece il proposito di non attaccaremai il cuore a creatura al-
cuna. Felicemente - commentò un autore - non lo adempì'
Questa forma di relazionarsi personalmente e con intensità
di affetto costituì iI segreto della sua prassi educativa. C'è tutta
una collezione di aneddoti che lo ricordano; dalla ftase detta a
Gastini: "Sono un povero sacerdote, ma ti voglio tanto bene che
se un giorno avessi soltanto un tozzo di pane lo dividerei con
te"; fino al commosso ricordo di don Albera: "Bisogna dire che
don Bosco ci pre.liligeva in modo unico tutto suo: se ne provava
il fascino irresistibile. Io mi sentivo come fatto prigioniero da
5t

6.4 Page 54

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una potenza affettiva che mi alimentava i pensieri, le parole e le
azioni. Sentivo di essere amato in modo non mai provato prima,
singolarmente, superiore a qualunque affetto. Ci awolgeva tutti
e interamente quasi in una atmosfera di contentezza e di feli-
cità".
All'affetto, come tratto di umanità, si deve aggiungere la ca-
pacità di amicizia. Quante e diverse ne ebbe sin dai primi anni
della vita, nella giovinezza, nelT'età matura! La gioia di condivi-
dere, di stare e lavorare assieme è una caratteristica del suo tem-
peramento. Amico del fratello Giuseppe col quale spanì trarte-
nimenti e confidenze; amico dei rugazzi della borgata per i qua-
li raccontava storie e preparuvatrattenimenti (oggi ricordati con
un bel monumento al Colle Don Bosco); amico dei compagni di
Chieri coi quali fondò la società dell'allegria, amico del collega
Comollo, con cui stabilì un patto oltre la morte; amico dei ra-
gazzi ebrei, discriminati. Questo tratto continua nella maturità,
in cui coltiva l'amicizia con sacerdoti, religiosi, cooperatori e
giovani, scrittori, perseguitati, politici, autorità. Lo lascerà docu-
mentato in una serie di raccomandazioni di questo tenore: "Tut-
ti quelli con cui parli diventino tuoi amici">>.
2.3. Profondamente uomo di Dio
<<Questa ricca umanità, sensibile, concreta, prutica, capace di
mescolarsi con i problemi del suo tempo era il risultato finale di
un generosa risposta alla grazia: "IJomo di Dio, ricolmo dei do-
ni dello Spirito" (Costituzioni
dimensione in parte nascosta
Spaelresiliatneem, p^ertr.a2ml)e.nEror.a
questa
Infatti
una
seb-
bene don Bosco fosse portato a comunicare i propri sentimenti
riguardo all'intedocutore, non lo era altrettanto per manifestare
la sua esperienza interiore. Gli scritti e le lettere lasciano traspa-
rire poco dei suoi sentimenti profondi.
Don Bosco non ha lasciato una "Storia dell'anima", come la
52

6.5 Page 55

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piccola Teresa o Giovanni )OilII. Ha lasciato la storia dell'Ora-
torio. Non scrisse il "Diario spirituale", ma il quademo di espe-
rienze pedagogiche.
Ma la profondità spirituale in parte era nascosta anche sotto
il suo stile di azione. "Troppo ostinato e scaltro, troppo avido di
denaro e facile a parlarc o far parlare di sé", lo trovava un cardi-
nale (Card. Ferrieri). Veniva messa in discussione per l'apparen-
te disordine e per i limiti reali della sua opera educativa, che do-
veva aiutare a crescere iragazzipoveri e non presentava dunque
i "pregi" dell'opera educativa esemplare. "Se don Bosco avesse
realmente spirito di pietà, dovrebbe impedire certi disordini
nella sua casa", disse un altro cardinale male impressionato dal-
la spontaneità non totalmente regolata di Valdocco.
Eppure era chiarissimamente manifestata soprattutto attra-
verso la fede in Dio e la carità verso il prossimo. "Ho sfogliato
molti processi: ma non ne ho trovato uno così riboccante di so-
prannaturale" (Card. Vives). "Per rintracciare una figura delle
stesse proporzioni, occorre rifare di secoli la storia della Chiesa
e raggiungere i santi fondatori dei grandi ordini religiosi" (Card.
Schuster).
Un altro aspetto della sua dimensione spirituale è la riccheut
dei doni dello Spirito: la prudenza,la foftezza,la saggezza. Ri-
guardano tutti l'azione, la lettura dei segni, il capire gli uomini e
gli awenimenti. Ma soprattutto si sottolinea un tratto: "Viveva
come se vedesse l'invisibile" (Eb 1I,27).I-lespressione è presa
dalla lettera agli Ebrei; 1o scrittore sacro descrive la fede dei pa-
triarchi che vissero nella precarietà sostenendo dure prove nella
speranza salda che si awerassero le promesse di Dio. Descrive
bene la maniera di collocarsi di don Bosco di fronte alle cose di
questo mondo e agli awenimenti storici come se vedesse la pre-
senza di Dio che opera in essb>.
53

6.6 Page 56

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2.4. Un progetto di uita fortemente unitario:
il seruizio dei giouani
<<Il punto di fusione di tutta la sua vitalità naturale con le
ispirazioni della grazia è un progetto di vita unitario: il seruizio
dei gioaani. Bisogna qui considerare tutto lo sforzo di don Bo-
sco per realizzarlo,le difficoltà superate per questa donazione
totale e il pieno impiego delle sue energie fisiche, intellettuali,
spirituali. Il progetto, e non più il "sogno", assunto con la sensi-
bilità di un cuore generoso e portato avanti con fermezza e co-
stanza, finì per modellare Ia sua personalità, e divenne il luogo
storico della sua maturazione come santo originale».
(SS, Brani scelti, pp. 28-36)
J. Sull'esempio dei santi
Uno sguardo /isso sullo uita dei santi, quelli di ieri e quellt di
oggi, nella loro grande uarietà e tipologia. La santitò è un dono
fatto a tutti e un compito at'fidato a ciascuno. La santità giouanile
nella Famiglio Solesiono è un rit'erimento da ot'frire ai ragazzi e ai
giouani anche oggi, particolarmente la ligura di Domenico Souio:
il programma di santità indicatogli da don Bosco è un progrom-
ma sempre ualido e attuale.
3.7. Espressione della sinfonia
dellamore di Dio per noi
<<La storia dei santi è appassionante. Essi rappresentano tipi
umani originali e imprevedibili sul versante della bontà, della li-
bertà nel donarsi. Illuminano in maniera straordinaria il valore e
il senso della vita e hanno uno sguardo particolarmente profon-
do sul nostro rapporto con Dio e con il mondo. Si legge ancora
con ammirazione e frutto Sant'Agostino. La piccola Teresa, con
la sua narrazione della vita spirituale, ci è contemporanea.
54

6.7 Page 57

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Ma più ammirevole ancora è la galassia dei santi e delle san-
te. Appaiono sotto tutti i cieli e in tutte le condizioni: uomini e
donne, suore e madri di famiglia, intellettuali e ignoranti, sacer-
doti e laici, adulti e adolescenti, pastori e martiri, missionari in-
stancabili, come S. Francesco Saverio, e malati fisicamente im-
mobili, come Alexandrina da Costa.
In tutti si sente la presenza di Dio che un nuovo volto al-
l'esistenza umana. Tutti riflettono, con particolare luminosità, la
persona e il ministero di Cristo. Perciò non c'è campo della ca-
rità dove non ne appaia qualcuno: l'assistenza ai malati anche
gravissimi, il soccorso ai giovani poveri di ogni tipo, la benefi-
cenza,l'assistenza ai carcerati ed emarginad, l'educazione dei ra-
gazzi, I' orient amento spirituale delle p e rs one, l' evan geliz zazione
di coloro che non conoscono Cristo. Nell'insieme si sente la
sinfonia dell'amore di Dio per noi, con i suoi diversi toni e pos-
sibilità. Per questo le biografie ci immergono anche nel tempo in
cui il santo è vissuto e mostrano come vi reagisce un vero disce-
polo di Gesù>>.
3.2. La santità è un dono fatto a tutti
e un compito ffidato a ciLscuno
<<Santi e sante ci sono anche oggi, conosciuti da noi sebbene
ancora non dichiarati dalla Chiesa. Poco tempo fa è morta Ma-
dre Teresa di Calcutta. Folle, anche di non cristiani, hanno pre-
so parte ai suoi funerali. Personaggi di spicco hanno voluto ren-
derle un omaggio finale di ammirazione. Uavevamo vista diret-
tamente o per televisione percorrere diverse parti del mondo
per incoraggiarela speranza,la cura della vita e la pratica dell'a-
more verso gli ultimi.
Alcuni anmf.a cinque monaci sono stati uccisi in Algeria.
Avevano ricevuto l'invito a lasciare il paese per evitare la morte.
Hanno scelto di rimanere per essere elementi di pace e testimo-
55

6.8 Page 58

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ni della fede in mezzo a un popolo martoriato. Potremmo scri-
vere parecchi volumi sui santi di oggi, cercandoli anche nella no-
stra cerchia più vicina. La santità, che in alcuni apparc eminen-
te, è un dono fatto a tutti ibattezzati. S. Paolo chiama santi i
membri della comunità cristiana anche se denuncia le loro man-
canze. Non si riferisce dunque alle loro qualità morali attuali,
ma a un altro fatto: essi appartengono a Dio, sono stati raggiun-
ti da Cristo con una chiamata o rivelazione, sono inabitati dallo
Spirito. Vi è una bella espressione di Sant'Agostino: non chia-
mati perché santi, ma santi perché chiamati. Tale dono viene de-
scritto come rigenerazione, nuova creazione, vita nuova, nuova
nascita, adozione da parte di Dio, fùiazione, inabitazione dello
Spirito Santo, vita eterna.
Dal dono consegue un compito, come awiene con la vita o
con l'intelligenza: svilupparlo. È quello che lo Spirito fa.Egli
come un Maestro interiore suggerisce, ispira, incoraggia, lancia
luce sulla strada. Il cristiano risponde, segue, assume; così mo-
della il cuore secondo la forma di Cristo. Quando questo dialo-
go raggiunge livelli alti di atrenzione e di docilità creariva, ne
viene fuori un santo: un capolavoro dello Spirito. Egli è l'artista
delle singole opere e della "galleria":lasanrirà della Chies»>.
(Dm.pDro, pp.78-80)
3.3. La santità giouanile
<<Domenico Sauio, nel t954 e 1958, segnò il record, ottenne il
Guinness di gioventù tra le persone canonizzate, non martiri.
Quando morì era alla soglia dei 15 anni: esatramente 14 anni, 11
mesi e 7 giorni.
Trent'anni dopo, nel 1988, ebbe luogo il sorpasso da parte
della Beata Laura Vicufra,beauficatain occasione del centenario
della morte di don Bosco: lei alla sua morte aveva"L2 anni, 9 me-
si, 17 giorni.
56

6.9 Page 59

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In attesa c'èZeffirino Namuncurà, ancora come Venerabile,
cioè con la vita sottomessa già a esame da parte degli esperti in
esperienza cristiana e trovato esemplarmente maturo, anzi etoi-
co nella pratica delle virtù evangeliche: egli morì a 18 anni, 8
mesi, 15 giorni.
Sono tre giovani cresciuti negli ambienti salesiani di mondi
diversi che, possiamo dire oggi, hanno percorso le strade del
progetto formativo salesiano e beneficiato dell'ambiente della
comunità educativa.
Ad essi si uniscono i giortani martiri della Polonia,beatlficati
nel giugno 1999 a Varsavia: erano cinque giovani oratoriani, tra
i 19 e i 2) anni,tutti frequentatori regolari dell'Oratorio, anima-
tori di gruppi, impegnati in attività, imprigionati proprio per es-
sere pubblicamente conosciuti come giovani di fede.
Nel 1988 Giovanni Paolo II hatndrizzato una Lettera ai Sa-
lesiani dal titolo "Un Maestro per l'educazione". Tra le molte
affermazioni incoraggianti c'è questa: "Mi piace considerare di
don Bosco che egli realizzala sua personale santità mediante
l'impegno educativo, vissuto con zelo e cuore apostolico e che sa
proporre al tempo stesso la santità quale meta concreta della
sua pedagogia. Egli è un educatore santo che sa formare tra i
suoi giovani santi come Domenico Savio"'
La singolarità di Domenico Sauio è I'aver condiviso la santità
di don Bosco, trasmessa e proposta dal suo maestro; perché
questi se ne accorse della stoffa che aveva il ragazzo col quale si
era incontrato. Racconta infatd così il suo primo incontro: "Co-
nobbi in quel giovane, cresciuto in famiglia cristiana, un animo
tutto secondo lo Spirito del Signore; e rimasi non poco stupito
considerando i lavori che la grazia divina aveva operato in così
tenera età". Questa sua perspicace osservazione veniva ispirata
e sostenuta da una convinzione: la disponibilità dei tagazzi pet
una proposta di vita di grazia,la loro capacità di un'esperienza
di Dio e Ia felicità che ne avrebbero sentito. È qr"tto il tema del-
57

6.10 Page 60

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la sua predica che mosse Domenico Savio ad intraprendere con
un'intenzione diretta ed esplicita, la stradadella santità. Impres-
sionato dalle parole di don Bosco sulla possibilità e felicità del
farsi santo, Domenico Savio fa questa richiesta: "Mi dica come
debbo regolarmi per incominciare I'impresa".
Don Bosco, attrezzato di una buona dottrina ed ormai esper-
to dell'animo giovanile, non sorrise, non scrollò scetticamente il
capo, non sfuggì il problema, si dimostrò invece pronto a trac-
ciare un programma da mettere in atto. Il programma ci interes-
sa perché, tradotto in rermini attuali, costituisce una proposta
di santità per i giovani di oggi.
a) "Costante e moderata allegria" disse innanzitutto don Bo-
sco. Con questo lo invitava non a una itiratezzastraordinaria o a
una pia separatezza, quasi ahenazione dalTa vita giovanile; ma a
convivere con i compagni, condividendo con loro lavori, compi-
ti, gioia, aiuti. Un invito a badare alla propria crescita, cercando
di conoscere quello che il Signore ha depositato in noi di bene e
di bello, vaToizzando i rapporri e l'ambiente in cui ci rroviamo.
b) "Esatteua nei doueri di pietà e di studio" disse don Bosco
come seconda indicazione adeguata all'ambiente in cui si svol-
gevala vita di Domenico Savio. Voleva dire valorizzarc quanto
di religioso abbiamo ricevuro e progressivamente capirlo in
profondità nelle sue dimensioni, significati e conseguenze. Desi-
derare e arrivare ad un incontro personale con Gesù che ci aiuti
a confrontare problemi e situazioni che viviamo con la sua Pa-
rola e con la sua vita. Passare dall'incontro momentaneo ed oc-
casionale, all' arnicizia e alla frequentazione assidua, per diventa-
re suoi discepoli: preghiera, vita nella comunità ecclesiale, im-
pegno giovanile per il Regno. Ma don Bosco aggiunge Io studio:
è interessante che egli congiunge strertamente quello che appa-
re come "religioso" o "di chiesa" con quello che sembra "profa-
no", "di mondo": lo studio, il lavoro, il divertimento. Don Bo-
58

7 Pages 61-70

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7.1 Page 61

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sco consiglia dunque di combinare alcune tensioni: lavoro e
temperanza, azione e preghiera, quotidiano e festa, amicizia e
capacità di autonomia.
c) "Partecipare assiduamente corc i cornpagni alla ricreazione,
praticare ogni atto di bontà e aiuto possibile" disse ancora don Bo-
sco come terza indtcazione. Domenico Savio da parte sua si die-
de a fondare un gruppo di vicendevole aiuto, offrì i suoi servizi
in una nota epidemia di colera che imperversava Torino, sospirò
per l'unione della Gran Bretagna con la Chiesa caffolica, espres-
se il desiderio di diventare sacerdote. È fort. questa, del servizio
e della cadtà,la dimensione della santità che i giovani colgono
più immediatamente, quella dalla quale vengono attratti e a)la
quale più credono. Perché queste esperienze esprimano tutta la
loro carica di amore e sprigionino tutto il loro dono dt grazianel-
lavrta dei giovani, devono essere collocate nello spazio del Re-
gno con la consapevolezza che Dio opera attraverso di loro; de-
vono avere la caratteristica della gratuità: devono diventare da
occasionali a definitive e totali, a pieno tempo e a piene forze>r.
(Intervento a Lecce,
in occasione del50" di presenza salesiana, Novembre 1999)
4. Fino al dono totale di nel martirio
ll martirio è una realtà sempre presente nella storia della Chie-
sa, quella delle origini, ma snche quella più recente. Don Vecchi
ci ricorda il senso e il ualore del martirio, inuitandoci poi od ossu-
mere quegli atteggiomenti spirituali euocati dalla testimonianza
dei mortiri: Ia fortezza e la rodicolità euangelica, che tutti, pur
con modalitò diuerse, siomo chiomati a uiuere.
Viene infine ricordata I'esemplarità e Ia testimonianzo di cin-
que giouani oratoriani martiri, messi o morte sotto il regime nazi'
sta e recentemente proclamati beati in Polonia.
,9

7.2 Page 62

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4.1. Offerta della uita a testimonianza della fede
<<II giorno di Pasqua del 1998, nel messaggio al mondo, il Pa-
pa ha associato in un unico ricordo i testimoni evangelici della ri-
surrezione e i martiri del nostro tempo. Una delle iniziative per il
giubileo è stata quella del martirologio del secolo XX, cioè il ca-
talogo di coloro che dal 1900 fino ai nostri giorni furono uccisi
per la fede. I Sinodi dell'Africa, dell'America e dell'Asia hanno
annoverato il martirio e la memoria dei martiri tra i punti più im-
pofianti della vita cristiana odiema e della nuova evangeLzzazio-
ne. Della vita e non solo della storia cristiana! I martiri non sono
solo "glorie" o "esempi" , ma tivelazione vivace di una dimensio-
ne dell'essere cristiano: la testimonianza di Cristo e della uera uita.
Martirio, nel significato originale del termine, indicava la de-
posizione di un teste, per iscritto e sotto giuramento, con valore
di prova: dunque il massimo di credibilità,, di garanzia di verità,
che si poteva chiedere.
Il Vangelo applica la parola a Gesù che rende testimonianza
del Padre e della vita vera con la parolae le opere; ma soprattut-
to con la passione e la morte. Egli è il testimone, il martire per
eccellenza. La app[ca poi a coloro che raccontarono la risurre-
zione di Gesù o, successivamente, la annunciavano. Ciò com-
portava esposizione al fallimento e alla derisione e anche rischio
di morte, come si verificò già, alf iruzio della Chiesa col martirio
di Santo Stefano.
Lo stesso Gesù associa questa confessione dei suoi discepoli
ad una assistenza dello Spirito Santo. "Vi porteranno nei tribu-
nali... e vi tortureranno... sarete miei testimoni di fronte a loro e
di fronte ai pagani... Non preoccupatevi di quel che dovrete di-
re e di come dirlo. Non sarete voi a parlare, ma sarà lo Spirito
del Padre vostro che parlerà in voi" (Mt 10,17 -78.20).
Presto e per sempre nella storia, martirio prese il senso di o/
ferta della uita in morte cruenta a testimonianza della fede.Il
60

7.3 Page 63

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martire non si difendeva con argomenti per dimostrare la sua
innocenza di fronte a quello di cui veniva accusato. Anzi appro-
fittava per parlare di Gesù, dichiarava quanto la fede in Cristo
fosse importante per lui, confessava la sua appartenenza al grup-
po cristiano. Aveva persino il coraggio di esortare giudici e car-
nefici a ricredersi e rinsavire.
Oggi si uccide ancora per ragione di fede. Ne sono prova i
sette monaci dell'Algeri a e tanti altri, religiosi, religiose e fedeli
laici, caduti dove imperversano I'integralismo o forme magiche
di religiosità. Altri morirono e muoiono nell'esercizio della ca-
rità o nello sforzo di riconciliazione durante conflitti etnici,
guerre civili e situazioni di insicurezza genetùe.
È più frequente però una ragione "umana", legataprofonda-
mente alla fede. Così i regimi ideologici del secolo XX fecero
stragi di credenti, cattolici, protestanti, ortodossi sotto I'accusa
di opposizione al bene del popolo, di sowersione, di favoreg-
giamento dei nemici dello Stato. Non domandavano nemmeno
se l'accusato volesse rinunciare alla fede. Lo eliminavano senza
processo. Sovente lo diffamavano attraverso una stampa poten-
te e inscenavano tribunali fantocci.
È irrt...rrurrte vedere come si awera la parcla di Gesù: delle
montature accusatorie ci siamo dimenticati; di quello che i mar-
tiri hanno proclamato con la loro sofferenza e col loro silenzio
ci ricordiamo e beneficiamo: il valore della vita, la dignità della
persona chiamata alla comunione con Dio e alla responsabilità
di fronte a lui, la libertà di coscienza, la critica contro tragiche
deviazioni come il razzismo,l'integralismo, il potere assoluto
dello stato, la discrimin azione,lo sfruttamento dei poveril>.
4.2. Fortezza e radicalità eaangelica
«Si dice che nessuna causa va avantisenzaisuoi martiri, sen-
za cioè coloro che ci credono fino a dare lavttaper essa. La fede
6T

7.4 Page 64

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comporta sempre una certa violenza. Gesù insegna che alla vita
piena si aniva attraverso la morte. Egli giunse alla gloria attra-
verso la passione. Chi vuole la corona, dice S. Paolo, deve soste-
nere la lotta e chi vuole il traguardo deve agguantarcla corsa; e
allenarsi con sacrificio.
Oggi questo pensiero non ci è molto congeniale. C'è un dono
dello Spirito Santo cÀe ce lo fa capire e assurnere: k fortezza.Ttti
ne abbiamo bisogno. Forse nessuno vorrà ucciderci a motivo della
nostra credenza religiosa. Ma c'è tutta una concezione cristiana del-
l'esistenza da sostenere e scelte di vita che richiedono lucidità e re-
sistenza. E ci sono circostanze personali, malattie, situazioni di fa-
-iglru e di lavoro, che esigono un saldo ancoraggio nella speranza.
Essere martire è una vocazione. Lo Spirito, non il giudice o il
camefice, f.aimartifi, cioè i grandi testimoni. E come ogni voca-
zione, esprime una dimensione dell'esistenza cristiana che è co-
mune a tutti.
A Roma iI ricordo dei martiri è familiare. Lo tengono vivo
molte chiese, ma soprattutto le catacombe che riportano alle
condizioni precarie della comunità cristiana in tempi di perse-
cuzione e alle vicende in cui si videro coinvolti singoli cristiani
per accuse che riguardavano la loro religione.
Pitture, disegni, incisioni, sarcofagi e ambienti sono una vera
catechesi, una riflessione sulla fede fatta in "tempi" di martirio:
tempi di minoranza, significatività provocatoria, prove, adesio-
ne e amore.
In altri contesti è una realtà attuale, ma non sempre si trova
la meditazione intensa, ricca e afticolata che ci impressiona nei
luoghi classici.
I presupposti, le implicanze, quello che sottostà al martirio,
è parte non prescindibile della formazione nella fede. Questa è
fonte di gioia e di luce, ma non si offre a "buon prezzo". Le pa-
rabole del "tesoro nascosto", per il quale il compratore deve
vendere quanto possedeva, ce lo ricordano.
62

7.5 Page 65

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Il martirio è collegato ad una delle note senza le quali il van-
gelo perde il suo colore, il suo sapore, il suo filo, la radicalità.i)
una specie di dinamismo interno per cui si punta verso il massi-
mo possibile ed è tipico della fede. Non è integralismo, che è
adesione cieca alla materialità delle proposizioni; non è massi-
: malismo, che è pretesa e ostensione di coerenza nelle idee e nel-
le esigenze. E proprio "gusto" e conoscenza della verità, adesio-
ne di amore alla persona di Cristo».
(SS, pp. 84-87)
4.3. Un gruppo «giouanile»
tra i beati martiri polaccbi
«Il 13 giugno 1999, sono stati beatificati in Polonia 108 mar-
tiri, tra i quali un salesiano sacerdote e cinque giovani dell'Ora-
torio Centro Giovanile di Poznan: Edoardo Klinik (2) anni),
Francesco Kesy (22 anni), Jaronogniew \\ùflojciechowsl<t (20 an'
ni), CzeslawJozwiak (22 anni), Edoardo Kazmierski (23 anni).
Furono arrestati nel settemb rc 1,940 e percorsero diversi luoghi
di prigionia. Il 1" agosto 1942 fu pronunziam la sentenzai con-
danna a morte per tradimento allo stato. Furono presi di mira e
condannati senza difesa per la loro appartenenza ai movimenti
cattolici, dai quali si sospettava potessero nascere resistenze. È
risaputo infatti che i nazisti, anche se non lo dicevano diretta-
mente, portavano avanti una persecuzione per motivi di fede.
Furono decapitati nel cortile del carcere di Dresda i,24 agosto
1942,mentre si celebrava nelle comunità salesiane la commemo-
ruzione mensile di Maria Ausiliatrice.
I cinque giouani erano oratoriani,tutti e cinque consapevol-
mente impegnati nella propria crescita ì.rmana e cristiana, tutti e
cinque coinvolti neIl'animazione dei compagni, legati tra loro
da interessi e progetti personali e sociali, presi di mira quasi in-
sieme e imprigionati in sedi diverse ma in un brevissimo perio-
63

7.6 Page 66

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do di tempo. Ebbero un percorso carcerario insieme e subirono
il martirio lo stesso giorno e allo stesso modo. Llamicizia orato-
riana rimase viva fino all'ultimo momento.
Singolarmente e come gruppo, questi giovani fanno emerge-
rela forza plasmatrice dell'esperienza oratoriana, quando essa
può contare su un ambiente, su una comunità giovanile corre-
sponsabile, su una proposta perconakzzata, uno o più confratel-
li capaci di accompagnare i giovani in un cammino di fede e di
grazia.I cinque giovani vengono da famiglie cristiane. Su questo
fondamento poi,la vita e il programma dell'Oratorio hanno sti-
molato la generosità verso il Signore, la maturità umana, la pre-
ghiera e I'impegno apostolico.
Il gruppo, come luogo di crescita e di impegno, è stato deter-
minante. Vengono nominati sempre come "il gruppo dei cinque".
L'esperienza oratoriana produsse tra di loro una solidarietà gio-
vanile basata sugli ideali e i progetti, che si è manifestata nella
condivisione sincera, nel vicendevole sostegno per affrontare le
prove, nella spontaneità e nella gioia.
IJamicizia li portò a continuare gli incontri quando le forze
di occupazione requisirono l'oratorio lasciando ai Salesiani sol-
tanto due camere e trasformando l'intero edificio e la chiesa in
magazzini militari. In una camera e con un pianofofte prosegui-
rono le attività corali e gli inconmi amichevoli. Più tardi, privati
anche di questa possibilità, i luoghi di riunione diventarono i
piccoli giardini di città, i prati presso il fiume e i boschi vicini.
Niente di strano che la polizia li identificasse o li confondesse
con coloro che si erano costituiti in associazioni clandestin e. Iia-
rnicizia divenne sostegno vicendevole durante il passaggio attra-
verso i vari carceri fino alla morte>>.
(Santità e martirio all'alba del terzo rnillennio,
Lettera ai Salesiani, 29 giugno 1999, ACG 368,pp.336)
64

7.7 Page 67

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I luoghi
1. Nella vita quotidiana, tra lavoro e preghiera
ln uno bella sintesi uengono presentoti i tratti di una spiritua-
lità della uita quotidiana, in cui diuento possibile armonizzare I'at'
tiuitò molteplice con l'orientamento a Dio. Non un alternarsi di
momenti distinti, ma un armonizzare nella corità ogni momento
della vita quotidiona.
<<Lavoro e preghiera è un programma di vita. Per don Bosco
è anche un modo di abbordare la realtà. Se li trattassimo separa-
tamente I'uno dall'altra, tradiremmo il suo pensiero. Non si trat-
ta solo di distribuire convenientemente il tempo tra le due atti-
vità. Ma di unirle in ogni momento mediante la carità che guar-
da con passione alla salvezza dei giovani. Don Bosco non con-
fondeva certamente il lavoro con la preghiera quanto allanatura
e al valore; e quindi non sostituiva l'una con l'altro; ma viveva
entrambi fusi, senza divisione ffa loro, come si dice della natura
umana e divina di Gesù.
Si addentrava tra le cose come questo mondo richiede: con
piglio "secolare', approfittando del tempo, delle collaborazio-
ni, dei mezzi tecnici, della abilità mentale, del management, del
denaro e dell'organizzazione. Ma lo f.aceva come se vedesse f in-
visibile: secondo i piani di Dio, con la carità e iI cuore di Dio, af-
fidandosi a Lui nello stesso momento in cui metteva mano ad
un'impresa e si awentutavaffa persone e ambienti.
È qr.resta la forma proposta oggi alla Famiglia Salesiana: sia di
vivere il quotidiano come di intraprendere grandi tniziative.l-a-
65

7.8 Page 68

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uoro e pregbiera traducono la fede, la speranza e la carità nella
missione di educare e portare Gesù ai giovani. Le parole sono,
come sempre "popolari".
Lauoro è un vocabolo che rurti capiscono perché ne hanno
I'esperienza. Don Bosco non ha voluto adoperare "azione", pa-
rola troppo ricercata e troppo teorica per la gente umile. Lavo-
ro dice che il Signore ci manda a "fare" , secondo quello che ab-
biamo, dobbiamo e sappiamo, godendo e sudando, con intra-
prendenza e costanza.
Sotto la parola lavoro don Bosco comprende utto quello che
si fa per gli altri: lavoro è zappare, ma anche pre&care, fare un
mobile o scrivere un libro, costruire una casa ed essere mamma
al suo interno; è cercare collaboratori e confessare. Insomma,
darsi da fare con intelligenza, competenza e generosità. Lavoro
richiama la parabola evangelica del Signore che cercava operai
per la vigna.
Lavoriamo tutti nell'azienda di Dio: Egli prowede I'energia e
le macchine, i capitali e i progetti, un misrerioso coordinamento
per cui tutto converge verso il bene. Lavorare conformemente a
quello che egli ci indica e nella forma come ci istruisce, doman-
dargli ulteriori spiegazioni, quotare bene e diffondere i suoi pro-
dotti, ringraziarc per averci chiamato apartecipare nella sua im-
presa e pagarci bene: tutto quesro si chiama secondo don Bosco
"unione con Dio", preghiera.
Egli fa preghiera in momenti speciali della sua giornata. Ma
nei tempi di lavoro la continua, la intensifica,la rende completa
e vera. E viceversa.
La preghiera esprime l'anicizia di e con Dio con diversi sen-
timenti e formule: nel "Kyrie" chiediamo perdono, con il "Glo-
ria" lodiamo il Signore, con il "Credo" proclamiamo la nostra
fede, nell'Offertorio offriamo del nostro e così di seguito. C'è
poi una comunità della quale ci sentiamo parte, un luogo "sa-
cro" per la presenza di Dio, un altare che ci ricorda Cristo, la
66

7.9 Page 69

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sua mensa e il suo sacrificio. Tutto questo ha una importanza
singolare per la nostra vita in Dio.
Gli stessi sentimenti però si portano e si esprimono nel lavo-
ro: c'è la gioia dei risultati, c'è la sofferenza dei fallimenti, c'è il
senso di impotenza che porta a chiedere aiuto, c'è l'attesa dei
frutti. Ci sono la verifica sincera e la correzione di atteggiamenti
e procedimenti. Tutto ciò inserito nell'esistenza di Gesù e vissu-
to all'intemo del Regno diventa preghiera. Ci fu tempo in cui si
discuteva su lotta e contemplazione. Qualcuno pensava che la
seconda, utile per il singolo, non andasse oltre il privato e non
influisse sulla storia del mondo. E che le diverse forme di lotta o
impegno, indispensabili per ottenere obiettivi temporali, non
avessero bisogno della preghiera per raggiungere i loro risultati.
Don Bosco mostra che la fusione delle due è necessaria per la
felicità del singolo e per i "buoni risultati" nelle iniziative socia-
li' E questo ci lascia come consegnà>'
(BS, Settembre 2000)
2. Nell'impegno educativo
Ci può essere un ropporto tra educazione e spiritualità? St trat-
ta soltonto di un'occupozione prot'essionale aggiunta alla vita spi'
rituale o modella la spiritualità dello persona? Sempre in uno lo-
gica di profonda unità di vito, don Vecchi propone di assumere il
lauoro educatiuo come collaborazione con Dio alla crescita della
persona. Ci oiuta innanzitutto o rileggere I'esperienzo di Dio nel-
la Bibbia come l'opera di un educatore paziente che occompagna
il suo popolo. Si solferma poi sullo t'igura di Gesù Maestro, edu-
cotore e formatore dei suoi discepoli. Infine don Vecchi ci aiuta a
pensare oll'impegno educatiuo come capacità di mettere in gioco
tutto noi stessi, con autenticità e dedizione: e questo è certomen-
te spiritualità!
67

7.10 Page 70

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2.1. Dio educa il suo popolo
<<La Scrittura presenta la storia della salvezza come un pro-
cesso educativo. Dio educa la persona e il popolo, secondo un
preciso cammino.
In primo luogo parla con loro. Essi sono i suoi interlocutori.
Ascoltano ma anche rispondono e interrogano. I-immagine del-
l'uomo che interpella, cercando ragioni e comprensione, è
Giobbe. Ma anche Abramo interpella il Signore. Il parlare è la
caratteristica del Dio vero, in contrapposizione ag[ idoli che so-
no muti. Il dialogo tra Dio e il popolo culminerà nella Parola
che si fa came.
Ma oltre aparlare, il Signore spinge e quasi obbliga il popo-
lo a esperienze sempre nuove e maturanti, sebbene non facili:
rompere la dipenden za dall'Egitto, awenturarsi nel deserto, for-
marela comunità nella propria terra, esprimere l'identità reli-
giosa, assumere la legge.
Con questo stimola e accompagna persone e comunità in un
cammino di liberazione: liberazione dai gioghi umani e apertura
a Dio ottenuta anche attraverso lotte e prove.
Così gli fa prendere coscienza di quello che sono, del loro de-
stino, che l'uomo per se stesso non riuscirebbe a scoprire: non
schiavi, sottomessi a forze magiche, ma "popolo di Dio", og-
getto del suo amore.
La Bibbia non soltanto descrive I'agire di Dio secondo gli at-
teggiamenti che noi attribuiamo all'educatore (rispetto della li-
bertà, pazienza, nuove opportunità, prove); non soltanto ado-
pera il linguaggio con cui noi descriviamo il lavoro educativo
(orientare, comeggere, accompagnare, castigare per salvare), ma
direttamente attribuisce a Dio il ruolo di "Educarore", adope-
rando la parcla ebraica "Musar" che in greco viene tradotta con
"Pudeia".
"Egli 1o trovò in terra deserta, in una landa di ululati solitari.
68

8 Pages 71-80

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8.1 Page 71

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Lo circondò,lo allevò,lo custodì come pupilla del suo occhio, co-
me un'aquila che veglia la sua nidiata, che vola sopra i suoi nati,
egli spiegò le ali e lo prese, lo sollevò sulle sue ali" (Dt )2,10-I».
Questo è il testo più tenero e poetico, ma non l'unico. Si po-
trebbero raccogliere centinaia di testi biblici brevi e lunghi sull'o-
pera educatrice di Dio riguardo all'uomo dello stesso tenore: "Io
gli insegnavo a camminare tenendolo per mano... li traevo con le-
gami di bontà... ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua
guancia; mi chinavo su di lui per dargli da mangiare" (Or 11,1-4).
IJazione educativa di Dio si esprime nel richiamo esigente ad
una crescita progressiva, ma anche a rotture impreviste col pas-
sato e paftenze repentine verso mondi e forme di vita nuovi.
"Esci dalla ttJatetta", non è solo una parola o un episodio, ma
una costante del rapporto tra l'uomo e Dio. Il tutto concorreva
a elevare lo spirito elavitaverso una qualità superiore di rap-
porti vicendevoli e prospettive storiche>>.
2.2. Gesù Maestro
<<Non è difficile spigolare nel Vangelo accenni e tratti educa-
tivi. Basti pensare ai dialoghi di Gesù con i discepoli e la gente
che gli si awicina: le aperture di mente che provoca, gli inviti a
riflettere e capire. Aggiungiamo il linguaggio delle parabole, con
cui rende facile ai suoi ascoltatori la comprensione della verità;
e soprattutto i suoi inviti a superare le domande materiali, che
in generale presentano i suoi interlocutori, e a passare a quelle
più profonde, ai beni del Regno.
La sua azione educatiua diaenta sistematica e quotidiana con
gli apostoli.
Un po' per volta li aiuta a caphe il valore e le esigenze di un
progetto comunitario a lunga scadenza; mentre essi si dimostra-
vano preoccupati dei propri vartaggi e desiderosi di effetti im-
mediati.
69

8.2 Page 72

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Li aiuta a superare l'integrismo e lo zelo autoritario. Bisogna
che imparino ad accettare awersari, rivali e gente che pensa di-
versamente (cf Mc 9 38-39; Lc 9,52-56).
Insegna loro a vedere, a guardare con profondità i problemi
fondamentali dell'uomo, per esempio, le malattie, le catastrofi
inspiegabili, la morte (cf Gu 9,1-4; Gu 11,17ss; Lc 13,1.-5).De-
vono imparare che non c'è relazione diretta tra disgrazia e pec-
cato.
Li fa passare dalla visione e dagli interessi di "paese" agli in-
terrogativi religiosi e alla salvezza della nazione e del mondo.
Devono uscire mentalmente dal villaggio e pensare in termini
universali.
Li guida ad essere critici anche su alcuni aspetti della religio-
ne che si sono rivolti contro l'uomo: il legalismo, il puritanesi-
mo, l'uso della religione da parte di chi govema, il ritualismo (cf
Mt 1.2,1-ll; 15 ,10-19; 1) ,13 -20; Lc l) ,10-L6; Gu 5 ,9-18).
lnsegna loro a giudicare con prudenza eflnezza, a superare la
superficialità, ela rozzezza nelle valutazioni sulle persone. Pen-
siamo al giudizio sulla donna che unse i suoi piedi in casa di Si-
mone e all'episodio dell'adultera. Ancora oggi si ascoltano valu-
taziorttpesanti da persone credenti di fronte a situazioni simili.
In conclusione: educare è partecipare all'opera di Dio Padre
che crea la persona, di Cristo che rivela il nostro essere figli di
Dio e rende possibile vivere come mli, dello Spirito Santo che
dall'interno ispira la crescita della libertà e delle espressioni ti-
piche dei figli».
2.3. Educare è amare ciò che comunicbiamo
e colui al quale comunichiamo
<<Ebbene, che cosa cresce, nella nostra vita spirituale, quando
educhiamo? Che cosa dobbiamo dominare e mortificare? Che
dimensioni personali sviluppiamo?
70

8.3 Page 73

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Ueducatore è chiamato a contemplare il mistero di Dio che
opera nella persona umana e a mettersi a suo servizio: qualcosa
di simile a quello che fece Maria con Gesù, fino a che la maturità
umana di questo suo figlio consentisse I'espressione della co-
scienza divina. Maria dovette accompagnare e sostenere questa
umanità con il cibo, lapulizia,l'affetto, il consiglio, l'insegna-
mento della lingua e delle tradizioni, senza sapere con certezza
che cosa si sarebbe rivelato Gesù.
C'è un dialogo segreto e misterioso dentro ogni persona. Un
po' alla volta, essa assume una coscienza disé,va elaborando un
progetto di vita dove scommette le proprie forze e gioca le pro-
prie possibilità.
Il suo futuro è un'incognita. I:educatore è chiamato a ffiire
tutto quello che cvede opportuno e a rispettare la libertà del sog-
getto in questo dialogo, vivendo con speranza l'incognita del fu-
turo. Don Bosco, adattando un detto della Scrittura conforme
alle traduzioni del tempo, aveva fatto scrivere sui muri dell'ora-
torio una frase che ancora oggi si può leggere: "Non si può co-
noscere la traccia che lascia il serpente sulla pietra, la strada
che prenderà un fanciullo nella vita". Eppure I'educatore si in-
teressa sinceramente dell'umano incerto. In esso infatti, in f.orza
della crescita, Dio verrà accolto e si manifesterà con sempre
maggior evidenza.
Essere educatori richiede professionalità e applicazione pazien-
te al compito. Lleducazione è un lavoro specifico, per compiere il
quale non bastalabuona volontà. Come per le altre professioni
c'è tutta una scienza e una pratica accumulata. Intervenire per
principio in forma approssimativa o improwisata è come fare
un intervento chirurgico al buio o con uno strumento inadegua-
to. Di traumi sofferti durante il periodo educativo è piena Ia sto-
ria della psichiatria.
All'educatore si chiede serietà ruel proprio lauoro e uigilanza
mentale. Egli deve prendere atto di tutte le correnti che influi-
7t

8.4 Page 74

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scono sui giovani e aiutarlo a valutare e scegliere. E ciò richiede
pazienza e amore.
Da ultimo, c'èLa capacità di contpagnia e cornunicazione.Non
basta sapere, bisogna poter comunicare. Non basta comunicare,
bisogna comunicarsi. Chi comunica una nozione ma non si co-
munica, insegna ma non educa.
La comunicazione, d'altra parte, è impossibile senza uscire
da se stessi. Bisogna amare ciò che comunichiamo e colui al qua-
le comunichiamo. Megafoni, televisioni, videocassette, disegni
giovano certamente alla chiarezza concettuale. Ma il punto fon-
damentale è credere a ciò che si offre, essere capaci di ripensa-
rc, alla luce dell'espenenza e della cultura attuale, quanto ha co-
stituito la nostra ricchezza, per poterla condividere con gli al-
tril>.
(SS, brani sceld, pp. 128-136)
l. Nella Chiesa
Don Vecchi ci inuita a uerit'icare la nostra appartenenza eccle-
siale, innanzitutto ricordando la notura della Chiesa, che è conti-
nuazione e presenza attuale di Cristo oggi. Tra le tante opinioni
che possono circolare sulla Chiesa, don Vecchl ci ricorda il fonda-
mentale rapporto che essa ho con Gesù. Siomo quindi inuitati a
conoscere la Chiesa, a uiuerci dentro e a forne I'esperienza. La
nota ecclesiale non può essere assente da un'outentica spiritua-
lità.
3.1. La Chiesa è continuazione,
dimora, presefiza attuale di Cristo
<<"Maestro, dove abiti?" (Gu l)8) fu la domanda dei due di-
scepoli ai quali Giovanni il Battista aveva presentato Gesù. Ca-
pivano che avrebbero potuto trovare Gesù nelle piazze, sulle
72

8.5 Page 75

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strade o nella sinagoga, come capitava a tutti. Lì però non avreb-
bero potuto andare a fondo nella conoscenza delTa sua persona,
del suo pensiero, del suo progetto. Tanto meno avrebbero potu-
to coltivare un'amicizia. Gesù lo si poteva trovare in qualsiasi
posto, ma ce n'era uno in cui dimorava come fosse casa sua e si
esprimeva come in famiglia. Non era un luogo materiale. Era
una compagnia, una missione da svolgere assieme, un segreto
vitale da illuminare e condividere.
Questo luogo è la Chiesa: la comunità dei suoi seguaci e disce-
poli. Ci si può imbattere in Gesù in molte situazioni a cui ci
espone lavtta: la ricerca sincera della verità, la lettura personale
del Vangelo, la sofferenza dei poveri, l'esperienza della gratuità
e del servizio, la conoscenza dei suoi testimoni, gli awenimenti
del mondo che sollevano interrogativi fondamentali o ammira-
zione. Dopo la Risurrezione, Cristo riempie col suo Spirito il
mondo e la storia. Ma lo scambio fugace di sguardi e parole sfo-
cia in conoscenzaverae profonda soltanto se andiamo dove egli
abita. Alla Chiesa Gesù dice: "Io sono con voi fino alla fine dei
secoli" (Mt 28,20). Alla Chiesa dice pure: "Chi ascolta voi,
ascolta me" (Lc 10,16). Alla Chiesa dice: "Fate questo in memo-
ria di me" (k22,L9;1Cor 11,24).
Delk Cbiesa si sente parlare in rnodi e con toni diuerse. Questo
influisce sul senso di appartenenza che i giovani riescono a ma-
turare. Alcuni ne parlano con affetto quasi fosse la propria fa-
miglia, anzila propria madre. Sanno che in essa e da essa hanno
ricevuto lawta spirituale. Anche se ne conoscono limiti, rughe e
persino scandali, ciò tuttavia appare secondario di fronte ai beni
che essa porta alla persona e all'umanità in quanto dimora di
Cristo e punto di irradiazione della sua luce: le energie di bene
che si manifestano in opere e persone, l'esperienza di Dio mossa
dallo Spirito che appare nella santità, la saggezza che ci viene
dalla Parola di Dio, l'amore che unisce e crea solidarietà oltre i
confini nazionab, e continentali, la prospettiva della vita eterna.
7)

8.6 Page 76

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Altri ne trattano con distacco quasi fosse una realtà che a lo-
ro non appartiene e di cui non si sentono parte. La giudicano
dall'estemo. Quando dicono "la Chiesa", sembrano riferirsi sol-
tanto ad alcune delle sue istituzioni, a qualche formulazione del-
la fede o a norme di morale che non vanno loro a genio. La
Chiesa appare come un soggetto anonimo sul quale si generaliz-
za come "il Quirinale, il Campidoglio o Palazzo Chigi". E l'im-
pressione che si ricava nella lettura di alcuni giornali.
Si sbagliano proprio in quello che costituisce la Chiesa: il suo
rapporto, anzi la sua identificazione coru Cristo. Per molti, questa
è una verità non conosciuta o praticamente dimenticata. Non
manca chi la interpreta come una pretesa della Chiesa per mo-
nopoltzzarelahgwa di Cristo, controllarne le interpretazioni e
gestire il patrimonio di immagine, di verità, di fascino che Cri-
sto rappfesenta.
Per il credente invece questo è il punto f.ondamentale: la
Cbiesa è continuazione, dimora, presenza attuale di Cristo,luogo
dove egli dispensa la grazia,la verità e la vita nello Spirito. "Cri-
sto, unico mediatore, ha costituito sulla terra la sua Chiesa santa,
comunità di fede, di speranza, di carità, come un organismo vi-
sibile. La sostenta incessantemente e per essa diffonde su tutti la
verità e lagrazia" (LG 8).
È proprio così. La Chiesa vive della memoria di Gesù, rime-
dita e studia con tutti i mezzila sua parola estraendone nuovi si-
gnificati, iattuaJrzza la sua presenza nell,e celebrazioni, cerca di
proiettare la luce, che si sprigiona dal suo mistero, sugli aweni-
menti e sulle concezioni di vita attuali e assume e porta avarfiila
missione di Cristo nella sua totalità: annuncio del Regno e tra-
sformazione delle condizioni di vita meno umane. Soprattutto
Gesù ne è il capo che attira i singoli, li unisce in un corpo visibi-
le e infonde energie nelle comunità.
Per entrare nel mistero di Cristo siamo dunque invitati a co-
noscere Ia Chiesa, a viverci dentro e a farne l'esperienza, a co-
74

8.7 Page 77

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gliere la sua realtà misteriosa e la sua dimensione visibile, a sa-
per discernere quanto di essa si afferma o si scrive>>.
3.2. Verso un'intensa appartenenza ecclesiale
<<Ricordiamo le principali dimensioni della Chiesa sottolinea-
te in questi ultimi anni: comunione, missione, mistero.
Cornunione vuol dire incontro con persone significative, pos-
sibilità di dialogo e di confronto, condivisione di esperienze va-
lide e di prospettive di vita, aggregazioni utili a se stessi e agli al-
tri, sguardo comprensivo verso le altre esperienze religiose, at-
tenzione verso le parti sofferenti del mondo, interesse per i lon-
tani geograficamente, psicologicamente o religiosamente.
Missione significa proposta di impegni, coinvolgimento in
rniziative di sollievo e liberazione dovutamente motivate, profe-
zia di vùori fondamentali dimenticati dalla società come la pa-
ce, la solidarietà, il senso della vita portato dal Vangelo.
Mistero vuol dire senso della presenza di Dio, awicinamento
a Cristo senza incrostazioni, esperienza di spiritualità, appren-
dimento della preghiera,lettura degli awenimenti e dei segni al-
la luce della speranza, coscienza della trascendenza'
Ci uuole un camrnino per far maturdre nei giouani urt'apparte-
nenza adultae fondata alla Chiesa. Il criterio che guida tale cam-
mino è far incontrare le attese dei giovani con la realtà della
Chiesa e andare oltre, fino all'atto di fede in essa. Una prima at-
tenzione va rivolta a qualificarne l'esperienza. Essa è sottomessa
a1l'usura e all'abitudine. I-obbligo di starci non regge. Sta qui la
ragione del distacco o abbandono di molti, sovente deprecato'
Non si sente più la relazione che intercorre tra l'espeienza di
Chiesa e la propria vita.
Llesperienza si qualifica con l'apertura a nuove espressioni e
con I'approfondimento delle motivazioni di fede riguardo a tre
dimensioni indicate sopra. La comunione deve passare dalla
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8.8 Page 78

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semplice presenza al rapporto personalizzato con membri, re-
sponsabili e testimoni della comunità,, alTapartecipazione e coin-
volgimento attivo nella vita della comunità e al riferimento sen-
tito con chi questa comunità convoca e unisce: Cristo. La mis-
sione deve camminare verso visioni più ampie fino a compren-
dere il mondo, per prendere coscienza delle situazioni umane in
cui si sente l'urgenza della salvezza, portate verso la compren-
sione e accettazione delle condizioni della salvezza offerta da
Cristo. Il mistero richiama a fissare lo sguardo con più profon-
dità sul significato della presenza di Cristo nell'umanità, sul
punto di arrivo a cui è chiamato l'uomo e l'amore personale che
presiede la sua esistenza.
Sovente critichiamo l'espressione: Cristo sì, Chiesa no. Ma
c'è da domandarsi se tante volte il germe di questo scollamenro
tra simpatia per Cristo e disaffezione per la Chiesa non sia una
catechesi mancante in cui la presentazione della Chiesa è rima-
sta al di sotto dell'espeienza umana del soggetto; di conseguen-
za questo ha trovato significati vitali, più vicini e adeguati, in al-
tri cerchi e aggregaziori.
Oltre a qualificarla dal punto di vista della rispon denza al
soggetto, l'esperienza di Chiesa va ricondotta al suo fondamen-
to. Il Vangelo è ricchissimo di prospettive e stimoli. Tuni i quat-
tro Vangeli presentano non solo alcuni episodi e detti che ri-
guardano la Chiesa, ma addirittura una prospettiva ecclesiale
nell'insieme e in ciascuno dei brani. Nati nella comunità, espri-
mono e raccontano una fede vissuta comunitariamente.
È evidente che lo sguardo su Cristo non deve fermarsi alla
sua persona circoscritta nel tempo, ma deve spaziare sul suo mi-
stero presente e operante nella storia.
ll discorso su Cristo noru andrebbe mai staccato da quello sulla
Cbiesa, quasi si potesse avere un accesso a lui senza la mednzio-
ne di questa: una mediazione non imposta per la volontà dell'uo-
mo, ma intema alTanatura stessa dell'incamazionenel tempo.
76

8.9 Page 79

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Ciò dovrà portare ad una comprensione matura delle due
"nature" della Chiesa: quella umana e quella divina, senza sepa-
razione né confusione e quindi alla corretta valutazione dei suoi
limiti che non intaccano sostanzialmente la sua mediazione.
La nostra fede in Cristo rimane poverissima se non si inseri-
sce sempre di più in quella della Chiesa anzi appare vuota>>.
(DrnrDIo, pp.2530)
4. Nella storia
Riuolgendosi oi giouon i del Forum internazionale del MGS
convocoti al Colle Don Bosco nell'agosto dell'anno 2000, dopo lo
lettura del Messaggio preparato per loro, don Vecchi aggiungeua
un caldo inoito a non ritirarsi, ma q rispondere con coraggio alle
sfide che si affacciano, uiuendo una spiritualità dell'impegno re-
sponsabile.
Nel suo ultimo Messaggio ai giouani del MGS del 37 gennaio
2002, questo appello oll'impegno e alla responsobilitd risuona in
mqniera chiorq ed inequiuocabile: è lo stesso inuito di Giouonni
Paolo II ad essere «attente e uigilanti sentinelle del mattino, e a
prendere il largo: oduc in altum,!
4.1. Capire e ffiontare con I'intelligenza della fede
le nuoue sfide che si fficciano
<<Cari giovani, abbiamo dunque un lungo percorso da com-
piere: dobbiamo perciò attrezzarci bene nel cuore e nella men-
t.. È,r., percorso che dobbiamo fare insieme a Gesù Cristo, con
una fede profonda nella sua Parola, da ascoltare e meditare ogni
giomo, e con un'intensa vita di preghiera quotidiana. Si diceva
di don Bosco: "Viueua in questo mondo come se uedesse l'inuisi-
bile"! Ed è per questo che in ogni ragazzo che awicinava vedeva
un figlio di Dio da amare e da accompagnare. Un autore con-
77

8.10 Page 80

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temporaneo afferma che questo è il tempo dei mistici: non di
quelli che si ritirano o sognano, ma di quelli che sanno scorgere
in questo mondo l'azione di Dio che lavora nei cuori, nelle men-
ti, nei gruppi umani, nei popoli, nei continenti, nelle grandi cau-
se, ecc. Anche noi vogliamo acquisire questa capacità di scopri-
re le tracce di Dio sul nostro cammino. Possiamo ingraziare i,
Signore anche del cammino fecondo che ha fatto il MGS in que-
sta direzione. Ln una delle ultime visite in Venezuela ho potuto
assistere ad un'adunanza di animatori che programmavano il lo-
ro piano quadriennale o quinquennale di formazione. Oggi è ne-
cessario capire e affrontare con l'intelligenza della fede tanre
problematiche e sfide che si affacciano: il problema della ric-
chezza e della povertà, il dialogo fede e ragione, il rapporto tra
gusti ed interessi umani e la proposta evangelica, ecc. In tutto
questo, cari animatori, occorre maturare e formarsi bene, in mo-
do da aiutare poi anche altri a fare lo stesso percorso. Conti-
nuiamo ad accoglierelavita con quella gioia che don Bosco ci ha
insegnato e che siamo abituati ad esprimere in tutti i nostri in-
contri; e con questo stile gioioso e impegnato di vivere il Vange-
lo, andate avani come MGS per iI Terzo Millennio!>>.
(Fonuu, Dialogo con i giovani)
4.2. <<Duc in altum»
<<I. Vviamo un momento particolare della nostra storia, resa
ancor più drammatica in seguito agli eventi dell'11 settembre
2001.
La violenza e la conflittualità hanno coinvolto sempre più
migliaia di persone, rendendo ancora più evidente l'effetto de-
vastante del male,l'ampliarsi delle divisioni, il crescere di atteg-
giamenti e comportamenti legati all'inimicizia e all'odio.
Abbiamo assistito anche a una varietà, di rcazioni già note in
simili circostanze.
78

9 Pages 81-90

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9.1 Page 81

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Hanno avuto voce le minacce e le azioni militari. Hanno tro-
vato meno spazio e tempo le situazioni di tante vittime, sia mili-
tari, che civiJi, e tra queste profughi, famiglie, giovani'
Invece di riflettere sulle persone e dare attenzione alle loro
sofferenze, si sta promovendo I'idea dell'antiterrorismo, ma con
qtals.mezzi? Invece di riflettere sui fatti nella loro complessità si
fa ricorso alle armi, al fanatismo religioso. Altre consideruzioni
andrebbero fatte per evidenziare gli intrecci di interessi econo-
mici, di traffico d'armi, di commerci illeciti' Sembra proprio una
visione strumentalizzata della pace e della giustizia, senza dare
importanza a valori culturali ed etici.
Ulteriori considerazioni andrebbero fatte per comprendere
le cause che accrescono le nuove povertà: le disparità legate alle
etnie, alla religione, al sesso, e le nuove forme di colonialismo e
sudditanza.
IL Come Movimento Giovanile Salesiano, immersi nella sto-
ria, continuate a condividere "gioie e dolori, fatiche e speranze"
(Gaudium et Spes), e continuate ad assumervi impegni e respon-
sabilità per offrire soprattutto ad altri giovani ragioni di speran-
za e condizioni di vita migliore.
"Il nostro mondo comincia il nuovo millennio carico delle
contraddizioni di una crescita economica, culturale, tecnologi-
ca, che offre a pochi fortunati grandi possibilità, lasciando mi-
lioni e milioni di persone non solo ai margini del progresso, ma
alle prese con condizioni di vita ben al di sotto del minimo do-
vuto alla dignità umana. È possibile che, nel nostro tempo, ci sia
ancora chi muore di fame? chi resta condannato all'analfabeti-
smo? chi manca delle cure mediche più elementari? chi non ha
una casa in cui ripararsi?" (NMI50).
Non mancano altre sfide, che il Papa ricordava anche nella
Nouo millennio ineunte (cf per es. il n. 51): dissesto ecologico,
problemi della pace, vilipendio dei diritti umani fondamentali,
79

9.2 Page 82

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rispetto della vita di ciascun essere umano, nuove potenzialità
della scienza.
Giunge per tutti I'appello: "Il crisriano, che si affaccia su
questo scenario, deve impararc a f.arc iI suo atto di fede in Cri-
sto decifrandone l'appello che egli manda da questo mondo del-
la povertà" (NMI50).
Come educatori e giovani, raccogliete I'invito di Giovanni
Paolo II ad essere attente e uigilanti sentinelle del mattino, per
cogliere i semi di novità e di bene, per difendere il valore della
vita, per promuovere il rispetto e la fratellan za, per denunciare
ogni forma di violenza, per rimuovere le condizioni che creano
povertà, per incoraggiare gli sforzi di pace, per purificare le fal-
se immagini di Dio e della religione, per combattere gli idoli del
potere, del denaro e del successo.
Siate sempre più sentinelle vigilanti con una parricolare ar-
tenzione alla condizione dei giovani: poveri perché privati dei
più elementari strumenti di sussistenza economica e poveri per-
ché, privati di educazione, rrovano ridotti ghorizzontidella spe-
ranza e del futuro.
Queste istanze voi stessi le avete già espresse con forza alla
conclusione del Forum mondiale del MGS (Colle Don Bosco,
agosto 2000). In quella circosranza avere manifestato I'intenzio-
ne di "potenziarcl'azione del MGS in ambito socio-politico, di
integrare fede e vita, di rinnovare l'opzione preferenziale per i
poveri".
III. Condividete l'esortazione del Papa, fatta nostra anche
nella Strenna del Rettor Maggiore per turra la Famiglia Salesia-
na: Duc in altum!
Prendete il largo per osservare, con ampio orizzonte, i vostri
contesti, le comunità civili, ecclesiali ed educative, i paesi e i
continenti, le vostre culture, la terca tutta.
Desiderosi di promuovere rrna spiritualità di comunione (cf
80

9.3 Page 83

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NMI4r), siate sempre promotori di carità, e di carità educativa,
avendo come modelli i grandi maestri della nostra spiritualità:
Francesco di Sales, Giovanni Bosco, Maria Domenica Mazza-
rello. Sul loro esempio di santità, matutatae sostenuta nel nome
di Gesù Buon Pastore, tanti altri hanno percorso un cammino
di santificazione: giovani, adulti, laici, missionari, volontari, con-
sacrati.
In un momento in cui tanto si parla di globahzzazione, pro-
muovete processi di carità da vivere nell'educazione: globahzza-
te I' edu cazione, glob a I i z zate l' attenzione ai giovani, globahzzate
la caità, educativa. Spirito di famiglia, confidenza reciproca, at-
tenzione agli individui, accoglienza amorevole, gradualità nel
proporre gli obiettivi, sostegno a chi fatica maggiormente, soli-
darietà e condivisione con qualunque povertà, difesa del debole,
cura della salute, offerta scolastica e culturale, sono alcuni dei
tratti riscontrabili nell'esperienza di Valdocco e che ancora se-
gnano nei diversi contesti culturali la presenza del carisma edu-
cativo salesiano.
l{. Duc in altum per guardare con iI cuore misericordioso di
Dio Padre le tante situazioni di bisogno che chiedono la robusta
f.orza del Vangelo, per riconoscere in esse il volto del Figlio di
Dio che si manifesta in ogni fratello o sorella che vive accanto,
per vincere le resistenze dell'egoismo e del peccato.
Duc in altum "per rendere più evidente e significativo I'inse-
rimento nella Chiesa e la collaborazione con altre agenzie edu-
cative che operano nel medesimo territorio al servizio dei giova-
ni, specie se poveri" (Conclusioni - Forum mondiale 2000).
Duc in altum per essere costruttori e artefici di comunione
nelle vicende quotidiane: in famiglia, nei gruppi di amici, nelle
associazioni, nelle classi scolastiche, nei laboratori dove si ap-
prende un mestiere.
Siete chiam ati a creare gruppi e ambienti educativi aperti al-
81

9.4 Page 84

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l'accoglienza, pronti a superare le barriere della lingua e dell'et-
nia, abiitati a creare condizioni di proficuo dialogo. Personal-
mente e comunitariamente, individualmente e in gruppo, create
e sostenete progetti di solidarietà, scambi religiosi e culturali,
gesti di accoglienza e di perdono.
In una storia carica di divisioni e frammentazioni, prepoten-
ze e violenze, condividete l'impegno perché la terra sia la casa
dove ogni giovane trovi le occasioni per un futuro migliore e si
creino le condizioni per una vita di pace e di fratemità.
Duc in altum per imitare Maria, arca dell'Alleanza, ed essere
grembo accogliente e generoso, segno educativo dell'Alleanza
misericordiosa di Dio con l'umanità, strumenro capace di offri-
re Gesù, Signore della vita, ad ahd giovani desiderosi di senso e
di ffascendente>>.
(1v12002)
82

9.5 Page 85

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Le fonti
L,La preghiera
Don Vecchi roccoglie la domanda di preghiera diffusa nei gio-
uani e indica innanzitutto un termine di cont'ronto nella persona
di Gesù, uomo e maestro di preghiera. Successiuomente indica le
caratteristiche di una genuina uita di preghiera, che ha bisogno
certomente di momenti e di occosioni particolori, ma che deue
poi diuentare atteggiamento interiore e pratica quotidiano, che
accompagna e sostiene la uita dì ogni giorno.
1.1. il bisogno e il desiderio della pregbiert
<<Una delle domande più serie che si fanno quando si propo-
ne una spiritualità riguarda la preghiera. Oggi un insieme di fe-
nomeni la fanno emergere non solo come espressione della fede
cristiana ma anche come soddisfazione di un bisogno dell'uomo.
Non sono pochi coloro, di diverse fedi, ed anche senza alcuna,
che cercano una certa forma di preghiera nelle tecniche orienta-
li o in forme nuove di religiosità.
Nella Chiesa si sono diffuse le scuole di preghiera, guidate
da vescovi o sacerdoti. Ci si raduna una volta aI mese o settima-
nalmente nei tempi di quaresima e avvento per leggere la Scrit-
tura, recitare i salmi, pregare in silenzio.Il movimento di rinno-
vamento nello Spirit oha fatto della preghiera il suo punto di-
stintivo; e quello di "Taizé" invita i giovani all'esperienza della
contemplazione.
Si offrono dappertutto le giornate di "monastero"' fl mona-
stero viene considerato come un luogo sociale di riflessione e di
83

9.6 Page 86

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manifestazioni artistiche legate allo spirituale. Sono state molto
seguite dalla TV le "adunanze di preghiera" inrerreligiose (cri-
stiani, ebrei, musulmani) per le grandi cause come la pace. In
quasi tutte le celebrazioni legate ad awenimenti religiosi si in-
clude una veglia di preghiera. Insomma sembra sia il mondo o
la persona a sentire un bisogno urgente di mettersi in contatto
con altre realtà che non siano computer, macchine, borsa, bilan-
ci, produzione, conti e simili.
La medesima tendenza, allo stesso tempo significativa e am-
bigua, appare anche nella religiosità giovanile. Ci sono gruppi
di giovani che cercano profondità di preghiera e maestri che li
guidino. Per loro si stanno moltiplicando i luoghi di preghiera:
oasi, case di ritiro, 'capanne".
Un certo numero ne fa un assaggio, una esperienza fugace
che non mette radici. Forse cercano soddisfazione personale;
vogliono provare il "diverso", l'insolito. Ma non manca mai un
certo desiderio di "senso", o un elemento stabiizzante e rasse-
renante, per la propriavita>>.
(SS, pp. 87-88)
1.2. A confronto con la preghiera di Gesù
<<San Luca ci parla abbondantemenre della preghiera di Ge-
e dei suoi insegnamenti in merito. Ma ancora prima di pre-
sentarci Gesù in atteggiamento di preghiera awolge tutto il rac-
conto della sua vicenda in un clima di invocazione, lode, ringra-
ziamenti e petizione. La sua nascita el'infanzia vengono come
inquadrate da quattro canrici di gioia, speranza e lode: quello di
Elisabetta, di Maria, degli Angeli e di Simeone. La morre sugge-
risce a Cristo la preghiera: "Padre, perdona loro perché non
sanno quello che fanno" (Lc23,fi); "Nelle tue mani affido il
mio spirito" (Lc 2),46).
ÀE un'indicazione sul come guardare e vivere gli eventi di sal-
84

9.7 Page 87

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vezza. Coloro che pregano riescono a vedere laportata degli av-
venimenti che per gli altri non esulano dalla normalità o hanno
significato negativo.
I principali rnornenti della missione di Gesù sono segnati espli-
citarnente dalla preghiera.
Nella preghiera, durante il battesirno riceve pubblicamente
l'investitura pubblica e il beneplacito del Padre: "Menre Gesù,
ricevuto anche Lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì
e scese su di Lui lo Spirito Santo in apparenzacorporea, come di
colomba, e vi fu una voce dal cielo: Tu sei il mio figlio'.." (Lc
),27-22).
Un lungo periodo di preghiera accompagnato dal digiuno
nel deserto gli il senso della sua opera elaforza per resistere
aIIe tentazioni di orientarla in forma diversa da quello che il Pa-
dre vuole (cf Lc 4).
Prima delTa scelta dei discepoli mette nelle mani del Padre la
decisione e coloro che sceglierà: "ln quei giomi Gesù se ne andò
ssiuflelacemgoinotma ogncah^iampròegaasrée
e passò
i dodici
la notte in
discepoli e
orazione. Quando
ne scelse dodici..."
(Lc 6,12-l)).
La sua preghiera ottiene dal Padre la confessione di Pietro...
e la sostiene nei momenti di prova: "Ho pregato affinché la tua
fede non venga meno" (Lc22)2).
La trasfigurazionehaluogo in un momento di intensa con-
versazione col Padre. E in questo atteggiamento la sua umanità
appare agli occhi degli apostoli come era realmente (Lc 9,28-29) .
Molti miracoli sono preceduti o accompagnati da un gesto
orante: la moltiplicazione dei pani,la guarigione del cieco nato,
la scacciata dei demoni,la risurrezione diLazzaro.
Ilultirna grande preghiera è un testamento, uno sguardo sulla
sua esistenza: raccoglie i motivi della sua vita e della sua morte (cf
Gu l7): la sua posizione critica di fronte al mondo,la sua totale
disponibilità per il disegno del Padre, l'amore ai suoi, la preoccu-
8'

9.8 Page 88

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pazione per I'unità e la perseveratza di tutti coloro che parteci-
pano alla sua azione di sùvezza, il suo proposito di fedeltà.
La preghiera nell'orto e sulla uoce èl'accettazione dei fatti
come venuti dalla volontà di Dio piuttosto che dalla malr:ia de-
gli uomini. Con essa consegna la vita nelle mani del Signore.
La preghiera di Gesù appare così come un attegiamento co-
stante, interno, che si manifesta in espressioni spontanee di gioia
(Mt 1I,25-26), di ringraziamento (Gu 11,41.-42), di invocazione,
di disponibilità, di riflessione. Sullo sfondo di tutte queste
espressioni c'è una sola parola: Padre. "Ti benedico, Padre" (Mt
1I,25). Per il Padre ci sono anche tempi e luoghi adatti per una
conversazione tranquilla: i monti, il deserto, la notte, i luoghi
solitari, la compagnia di pochi amici.
Ma la uera preghiera è la uita che si snoda secondo la volontà
del Padre e a servizio degli uomini (cf Mt7 ,21).Perciò il suo in-
segnamento ai discepoli si concentra in quattro ruccomandazio-
ni, la cui unità non tutti colgono:
a) pregate sempre, senza intenuzione (cf Lc21,36): non si tat-
ta del dire sempre preghiere, ma di far di ogni momento della vi-
ta una invocazione al Padre;
b) quando pregdte "non dite molte parole" (Mt 6,7). Ciò è tipi-
co dei pagani. Essi credono che gli dei riescano a conoscere i
nostri problemi e sentimenti solo se noi glieli diciamo;
c) nella sostanza e nel profondo di ogni parola e scelta ci sia
sempre una parola, un sentimento: "Padre". Quando pregate di-
te "Padre nostro che sei nei cieli..." (Mt 6,9).Il valore e il fonda-
mento di ogni parola è il rapporto e il posto che diamo a Dio
nella nostra vita;
d) bisogna pregdre "in Spiritu et aeritate" (Gu 4,2)): l'intensità
e l'autenticità della preghiera si manifestano in una vita messa a
servizio di Dio e dei fratelli.
86

9.9 Page 89

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Don Bosco e Maria MazzarelTo hanno preso da Gesù Pasto-
re questa modalità. Scoprirono il carattere di preghiera che ha
l'azione apostolica e caitativa quando viene compiuta secondo
la volontà e nella presenza di Dio. Ciò d'altra parte era già co-
nosciuto dai mistici. Per Santa Teresa, ad esempio, la preghiera
comprende la toalità della vita qualunque sia l'occupazione del
momento: si può parlare con lui o lavorare per lui, pensare a lui
o soffrire per lui. La preghier a preparu l'incontro con Dio nel-
l'azione: "Uorazione mentale non è altro che fare pratica di ami-
cizia incontrandosi frequentemente con chi si ama... non per go-
dere ma per accumulare energie per servire">>.
(SS, pp. 90-%)
7.3. Pregare è bello
«Molti sono oggi alla ricerca di una esperienza spirituale co-
me rimedio a situazioni di stress, tedio, non senso, stanchezza,
conflittualità. Alcuni rincorrono pradche esodche, riempiono il
loro vuoto con vaghe esperienze spirituali che contengono il
germe dell'alienazione, anche quando non arrivano a eccessi'
Altrettanto sovente però ci capita sotto gli occhi l'annuncio
di una giornata di solitudine, di una veglia, adrtnanza o scuola
di preghiera cristiana. L'invito è spesso rivolto ai giovani, ma
concorrono pure liberamente gli adulti. Se ci vai, puoi trovarti
in una chiesa o in un tendone pieno di giovani, seduti a piacere
in silenzio meditativo, a recitare in forma compassata un salmo,
ad ascoltare con insolita attenzione una lettura o mimando con
gesti espressivi, ma moderati, una lode. Esprimono così la fede
nella presenza di Dio nella loro vita e se ne rallegrano rendendo
grazie.
Se domandi ai partecipanti le loro rcazioni, scopri che la pre-
gbiera ba risuegliato le energie più sane e profonde della persona;
si sono sentiti in una comunità nella quale I'unione tra i parteci-
87

9.10 Page 90

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panti quasi si tocca; simultaneamente è cresciuto il senso di soli-
darietà con tanti, amici, compagni, gente che soffre e che non
sono presenti; hanno scoperto i propri limiti, senza per questo
abbattersi o sottovalutarsi; hanno intravisto che la propria esi-
stenza e la storia del mondo si muovono verso l'olffe, fino all,in-
finito, come spinte attratte da una forza misteriosa; hanno senti-
to e accolto Gesù Cristo come via, verità e vita; hanno condiviso
con Maria il suo cantico di vita, fiducia e ingraziarnento; hanno
sentito di comprendere per un momento il segreto dei santi. E
tutto ciò senza evadere da questo mondo, senza abbandonare il
proprio campo di lavoro o fuggire dagli awenimenri. Ritornano
tutti ai loro ambienti e alla loro vita quotidiana con una nuova
visione delle cose, disposti a mettersi accanto a chi è bisognoso
e a lottare per trasformare le situazioni.
l,a preghiera non è un'euasione uerso lignoto o locculn.È, tn-
vece un modo di penetrare nel reale con uno sguardo più acuto
e più responsabile. Quella cristiana poi emerge dagli aweni-
menti storici dell,a sùvezzr. È drrrq,re come impastata dalle vi-
cende umane nel cuore delle quali opera iI Signore.
Oggi se ne sente un'urgente necessità. E non come obbligo
religioso, ma come respiro dell'anima e un bisogno di verità.
Tutto quello che poi offre la moderna società lascia inevasi i
grandi interrogativi dell'esistenza che a un certo momento in-
sorgono potenti e reclamano una risposta.
Benvenute dunque le veglie, le scuole, le adunanze e le espe-
rienze di preghiera autenticamente cristiane. IJaccoglien za delTa
fede e del Vangelo infatti non raggiunge il cuore se non riesce a
creare in noi quegli atteggiamenti e quei sentimenti verso Dio
che si esprimono nella pietà filiale.
Non basta però l'esperienza occasionale, anche intensa e ben
orientata. La preghiera rende umanamente e spiritualmente
quando diventa atteggiamento interiore, pratica quotidiana e
cammino di maturità. I-lapprendimento e la costanza sono ne-
88

10 Pages 91-100

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10.1 Page 91

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cessari. Così lo capirono gli apostoli quando chiesero a Gesù di
imparare a pregarc. E così lo comprese Gesù quando insegnò
loro le parole che meglio potevano esprimere il rapporto di
amore che Dio ha verso di noi e i sentimenti che lo Spirito susci-
ta nel cuore dell'uomo al quale viene rivelato tale rapporto. Al-
lora la pace, la gioia,la so]idarietà, il senso di una Presenza, I'a-
pertura che sperimentiamo sensibilmente in alcuni momenti di
preghiera, diventano parte della nostra vita quotidiana, che si
svolge tutta alla luce di una invocazione: Padre!>>.
(BS, Ottobrelgg6)
2.LaParcla di Dio
ll Messaggio ai giouani del MGS del37 gennaio 2007 è intera-
mente dedicato alla Parola di Dio. In esso, dopo auer ripercorso
breuemente ls «g7ozie, dell'Anno giubilare, don Vecchi inuita i gio-
uani a continuore a cercore Gesù e o losciorsi ammaestrare dal
suo Vongelo. oAscolta la Parolo!, è la consegna e l'indicozione di
don Vecchi per intraprendere il cammino all'inizio del terzo mil-
lennio.
«L Cari giovani del Movimento Giovanile Salesiano, abbia-
mo terminato da pochi giorni l'esperienza singolare dell'anno
giubilare. È stato un anno intenso per i momenti vissuti a livello
locale e mondiale. Più di una volta abbiamo accolto I'invito di
Giovanni Paolo II e lo abbiamo seguito, anche noi, pellegrini
nella storia per incontrare il Signore Gesù: il centro e il motivo
delle celebrazioni giubilari. Ci siamo lasciati coinvolgere nel
cammino della Chiesa anche come Famiglia salesiana e come
Movimento giovanile. Rimangono indimenticabili, tra i tanti
momenti,la Giomata mondiale della Gioventù nel mese di ago-
sto preceduta dal Forum mondiale del MGS e le celebrazioni
missionarie del mese di ottobre e novembre, con la canonizza-
89

10.2 Page 92

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zione dei nostri salesiani martiri in Cina, Mons. Versiglia e don
Caravario, e la partenza dei missionari dalla Basilica di Maria
Ausiliatrice in Torino. Tutto ci ha aiutato certamente a verifica-
re il nostro stato di salute vocazionale. I canti, il gioco e l'alle-
gria hanno sicuramente espresso, esteriormente e visibilmente,
la nostra gioia interiore perché ci siamo trovati di volta in volta
confermati nella nostra fede e coinvolti in un cammino di edu-
cazione e di servizio secondo il modello di santità giovanile pro-
posto da don Bosco. Non posso dimenticare che la gioia è tra-
sparita anche sul volto stanco e affaticato di chi, in un'esperien-
za di sewizio, si è impegnato, talvolta in maniera nascosta, per-
ché la gioia potesse essere condivisa, I'incontro risultasse acco-
gliente e proficuo, Ia preghiera potesse essere cutata ed efficace,
l'organizzazione attenta alle molteplici necessità. Penso special-
mente ai numerosi volontari, giovani e adulti, che hanno presta-
to il loro servizio, con generosità e competenza.
II. "Chi cercate?". È l" domrnda che oso rivolgervi pensan-
do alla vostra ricerca di gioia e di felicità, ai vostri sogni per il
futuro ed anche ai momenti di sconforto dopo una delusione o
un insuccesso. "In realtà è Gesù che cercate quando sognate la
felicità; è Lui che vi aspetta quando niente vi soddisfa di quello
che trovate; è Lui la bellezza che tanto vi attrae; è Lui che vi pro-
voca con quella sete di radicalità che non vi permette dt adattar
vi al compromesso, è Lui che vi spinge a deporre le maschere
che rendono f.alsala vita; è Lui che vi legge nel cuore le decisio-
ni più vere che altri vorrebbero soffocare. È Gesù che suscita in
voi il desiderio di fare della vostra vita qualcosa di grande, la vo-
lontà di seguire un ideale, il rifiuto di lasciarvi inghiottire dalla
mediocrità, il coraggio di impegnarvi con umiltà e perseveranza
per migliorare voi stessi e la società, rendendola più umana e
fraterna" (Giouanni Paolo Il, L9 agosto 2000 - Veglia a Tor Ver-
gata nella GMG 2000).
90

10.3 Page 93

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IIl. Doue troaare il Signore Gesù? Siamo soliti ripetere che
Gesù è in ogni nostro fratello che ha bisogno e attende che noi
ci facciamo a lui prossimi. È vero. La carità verso il fratello è in
qualche modo la misura a nostra disposizione per manifestare
l'amore di Dio. Ci viene ricordato da San Giovanni nella sua
Lettera. È I'irsegnrmento della parabola del buon samaritano.
Nel Messaggio finale del Forum mondiale avete auspicato, tra le
linee di impegno, di "fare della vita di ogni giorno il luogo del-
I'incontro con Dio nella scoperta della sua presenza nei giovani
soprattutto i più poveri" e inoltre, di "coltivare il discernimento
spirituale che ci porti a scoprire la nostra vocazione nella società
e nella Chiesa e favorisca uno stile di vita cristiano realmente
evangeltzzatore dei giovani soprattutto di quelli lontani".
Impegni elevati e meritevoli di attenzione e incoraggiamen-
to. Impegni che esigono costanza, fiducia, speranza. Impegni
che molte volte si scontrano anche con la fatica quotidiana e il
limite posto dal nostro egoismo, che talvolta genera il peccato.
Non possiamo appoggiarci solamente sulle nostre forze e i no-
stri entusiasmi: dobbiamo continuamente rivolgerci alla fonte
da cui scaturisce laforza dell'amore di Dio.
Durante la celebrazione eucaristica al Forum mondiale MGS
vi feci una consegna e dissi: "Io sono il pane della vita! Questa è
la consegna che Gesù vi dà al termine del Forum che avete vis-
suto in questi giorni. Una consegna che vi dispone ad affrontare
con coraggio il cammino del Terzo Millennio, mentre pregusta-
te già l'incontro tonificante con il Papa e con una grande Chiesa
giovanile, capace di convocare tanti discepoli e amici di Gesù
provenienti da tutto il mondo".
E proseguivo dicendo: "Io sono il pane di vita! Gesù ci chia-
ma in primo luogo ad awicinarci a Lui e a coltivare con Lui
un'amicizia entusiasta e feconda, come quella dei discepoli, che
ci metta a contatto con la sua persona, la sua mentalità e la sua
missione. Ricordate quanto gli apostoli hanno imparato nei tre
9l

10.4 Page 94

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anni vissuti con Lui: una intensa anicizia e una grande familia-
rità, una vera e propria scuola di vita. Voi non potete essere sol-
tanto frequentatori occasionali di tale Maestro: non basta por-
tarlo nella T-shirt o rappresentare un musical in cui si parla di
Lui. Occorre la frequentazione assidua, l'amicizia,l'amore, il
desiderio di imparare da Lui, di conformarsi a Lui, di assumere
lo stile di vita che Lui ci propone".
IV. È proprio vero: non è sufficiente essere frequentatori oc-
casionali di tale Maestro. Il Papa, ancora nella Veglia durante la
Giornata Mondiale della Gioventù, ha indicato ai giovani la cen-
tralità del Vangelo: "Questa sera vi consegnerò il Vangelo. È il
dono che il Papa vi lascia in questa veglia indimenticabile. La
parola contenuta in esso è la parola di Gesù. Se l'ascolterete nel
silenzio, nella preghiera, facendovi aiutare a comprenderla per
Ia vostra vita dal consiglio saggio dei vostri sacerdoti ed educa-
tori, allora incontrerete Cristo e lo seguirete impegnando giorno
dopo giomo lavtta per Lui!".
Voi stessi avete ripetuto nel Messaggio finale del Forum l'im-
pegno a "favorire l'incontro personale con Gesù con l'interio-
nzzazione della Parola di Dio".
Nella Spiritualità salesiana,Ia Parola è strettamente unita al-
l'Eucaristia: Ia mensa della Parola e la mensa dell'eucaristia so-
no intimamente unite e si richiamano a vicenda. Lo ricordavo
sempre al Colle Don Bosco durante il Forum: "La Parola poi ci
porta all'Eucaristia. Nella celebrazione c'è una continuità e un
riferimento vicendevole tra Parola accolta e Corpo di Cristo
mangiato. L'una non si capisce senza l'altro e viceversa. Alla
compagnia assidua e all'ascolto della Parola bisogna aggiungere
il nutrimento del Pane di vita: e così l'Eucaristia accolta e assi-
mi,ata sarà vissuta poi nella carità e nell'amore fraterno. È stata
laforza di tutti i lottatori, il riferimento di tutti i santi, la compa-
gnia di tutti gli apostoli".
92

10.5 Page 95

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La frequentazione quotidiana con la Parola, non solo intro-
durrà a una più frequente panecipazione alla celebrazione eu-
caristica, a cominciare da quella domenicale, ma soprattutto
sarà lo strumento primo e più efficace per quel laboratorio della
fe d e dchiarnato dal, P ap a.
V. Eccovi dunque il messaggio: ascoba k Parok!
Ascolta e medita la.Parola per incontrare la volontà di Dio e
confrontala con il tuo progetto di vita.
Ascolta la Parola per cogliere i segni della presenza diDio
nella tua storia, che è porzione preziosa della grande storia di
salvezza.
Ascolta la Parola per far crescere la tua fede e conquistare
una sempre maggiore e chiara conoscenza del Dio di Gesù Cri-
sto contro ogni forma di idolatria.
Ascoha la Parola per illuminare la tua mente e assumere cri-
teri di valutazione sul mondo e sulla storia perché cresca la giu-
stizia ela pace.
Ascoba la Parola per irrobustire il tuo carattere e affrontare
con gioia e coraggio le difficoltà e le prove della vita.
Ascoba la Parola per purificare la tua coscienza e amare il
prossimo con generosità., putezza di cuore, libertà interiore.
Ascolta la Parola per qualificarclatua formazione cristiana e
per alimentare quoddianamente la tua carità.
VI. "Si faccia in me secondo la tua Parola". Ci guidano an-
cora una volta le parole di Maria: come lei anche tu sei invitato
ad ascoltare e a meditare laPatola, a credere e a scommettere su
di essa. Come Maria anche tu sei invitato a dare carne a quella
Parola e renderla vivente quotidianamente.
Soltanto il Vangelo vi sosterrà. Soltanto il Vangelo creerà at-
torno a voi un campo di luce, uno spazio di verità, una forza di
amore. Ritomate regolarment e alla P ar ola. Intefiorizzate gli in-
9)

10.6 Page 96

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segnamenti del Vangelo. Confrontate continuamente la vostra
vita con questa proposta di vita piena e dr salvezza integrale>>.
(M2001)
S.lBucaristia
Duronte l'omelia della Celebrazione Eucaristica conclusiva del
Forum internazionale MGS al Colle Don Bosco (L3 agosto 2000),
don Vecchi presenta ai giouani un'articolata riflessione sull'Eucq-
ristio, prendendo spunto dal brano euangelico proposto per la
XIX domenica del tempo ordinario: nlo sono il pane di uito!,.
<<L Io sono il pane della uita! Questa è la consegna che Gesù
vi dà al termine del Forum che avete vissuto in questi giorni.
Una consegna che vi dispone ad affrontare con coraggio il cam-
mino del Terzo Millennio, mentre pregustate già I'incontro toni-
ficante con il Papa e con una grande Chiesa giovanile, capace di
convocare tanti discepoli e amici di Gesù provenienti da tutto il
mondo.
II. La consegna di Gesù nel Vangelo di oggi è stata introdot-
ta e quasi motivata dal racconto dell'esperienza dtBltr,, un uomo
coraggioso chiamato da Dio ad una missione stupenda, assunta
da lui all'inizio con generosità ed entusiasmo, ma che poi ha at-
traversato momenti di crisi e di prova. Elia, profeta del Signore,
lottatore strenuo e convinto per la verità ela giust:zia sente tut-
to il peso della debolezza umana. dell'ostilità del male e della
propria inadegtatezza. Si sente sfinito e scoraggiato: ha come un
nodo nella gola, un magone nell'anima, un freno nella volontà e
una voglia invincibile di mollare, di smettere, di non tentare più,
di ritirarsi, con un senso di sconfitta. Fugge verso il deserto. La
missione che Dio ghha affidato è toppo impegnativa. C'è trop-
pa opposizione e resistenza.
94

10.7 Page 97

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Non è forse questa un'immagine viva di quello che spesso
capita anche a noi dopo i momenti gratificanti degli incontri,
dopo i tempi esaltanti delle programmazioni e dei primi sforzi?
Ci sembra a volte che la realtà non voglia piegarsi ai nostri pro-
positi e che i nostri interventi per la giustizia el'amore siano co-
me gocce di acqua dolce in un mare salmastro. Sperimentiamo
che il terreno è duro. Questa, d'altra parte, è l'esperienza stessa
di Gesù. Egli era buono e potente. Eppure ha dovuto affrontarc
la prova della croce e ha visto i limiti, le opposizioni e le resi-
stenze degli uomini.
Per poter continuare con coraggio e f.ortezza la propria mis-
sione, per scorgere i semi di bene e continuare il proprio cam-
mino, Dio nvrta Elia a rivivere l'esperienza delf'alLeanza nel de-
serto, a rimettere in Lui la fiducia, ad irrobustirsi col pane che il
popolo aveva ricevuto gratuitamente nel deserto e con l'acqua
che il Signore aveva fatto scaturire dalla dura roccia. Sono ele-
menti semplici, ma essenziali. Indicano la f.orza interiore nella
quale può risiedere la nostra tenuta, più che nell'organizzazione
estema o nei piani dt azione.
Sullo sfondo di questo quadro risuona per noi la parola di
Gesù come un'indicazione per il nostro cammino. Anche a noi
viene ripetuto: "Su, mangia, perché è lungo il cammino che ti
aspetta". Insieme alle altre parole rassicuranti di Gesù: "Chi
mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la
mia came per la vita del mondo".
III. Un uasto cdmpo ui attende!Dovrete dissodarlo e semi-
narlo. Ci vuole tempo e pazienza. Troverete certamente resisten-
ze e chiusure. Dovrete lottare con coraggio contro il male pre-
sente in voi e attorno a voi. Dovrete reggere. Avrete senz'altro
anche gioie e consolazioni. Ma dove potrete trovare forza tn ab-
bondanzaper opporvi alla morte; da dove attingerete forza'tnte-
riore e anche fisica per non soccombere alla stanchezza, allafru-
95

10.8 Page 98

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strazione, al desiderio di un riposo prematuro o di una vita me-
no esposta e rischiosa?
Attorno all'altarc, nella celebrazione gioiosa del mistero eu-
caristico, ciascuno di noi ogni giorno può rinascere dal cuore di
Cristo, poiché egli ci rende partecipi della sua carità, ci dona la
capacità di accogliere e di amare, ci invia come segni e testimoni
del suo amore nei diversi ambienti dove si svolge la nostra azio-
ne o si esprime la nostra presenza.
IiEucaristia ci perrnette di riconoscere il Risorto negli auaeni-
rnenti e ruelle persone.Eventi come quello dell'incontro con i di-
scepoli di Emmaus, mettono in luce che la ripetizione del gesto
eucaristico è il luogo del riconoscimento del Risorto, il segno
della novità, iI modo più evidente con cui egli continua a farci
presente in mezzo a noi, a parlare con noi e a f.arci vivere una
inimmaginabile comunione con Lui.
Questo awiene certamente ogni domenica, "giorno del Si-
gnore", in tutte le chiese. Ma soprattutto l'Eucaristia deve co-
struire e sorreggere il dinamismo interiore di ogni gruppo gio-
vanile salesiano, quale esperienzativa di Chiesa. Come il cibo è
assimilato dal nostro corpo, così I'Eucaristia deve rufforzarela
coscienza del mistero su cui si fonda l'esistenza del MGS.
La celebrazione eucaristica vuole dare origine ad una uma-
nità che viva in comunione di amore e di impegno con Gesù. Il
pane e il vino che presentiamo sull'altare, sono trasformati nel
Corpo e nel Sangue di Cristo, perché tutti coloro che comunica-
no fruttuosamente a questo mistero diventino una sola cosa in
Cristo. Dicendo "Amen" al corpo eucaristico, diciamo "Amen"
anche al corpo ecclesiale: ci impegniamo così a costruire la
Chiesa e vogliamo farne parte secondo le condizioni che la sua
natura richiede.
l{. "Io sono il pane di uita!". Gesù ci chiama in primo luogo
ad awicinarci a Lui e a coltivare con Lui un'amicizia entusiasta
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10.9 Page 99

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e feconda, come quella dei discepoli, che ci metta a contatto con
la sua persona, la sua mentalità e la sua missione. Ricordate
quanto gli apostoli hanno imparato nei tre anni vissuti con Lui:
una intensa aniciziae una grande familiarità, una vera e propria
scuola di vita. Voi non potete essere soltanto frequentatori occa-
sionali di tale Maestro: non basta portarlo nella T-shirt o rap-
presentare un musical in cui si parla di Lui. Occorre la frequen-
tazione assidua, l'amicizia,l'amore, il desiderio di imparare da
Lui, di conformarsi a Lui, di assurnere lo stile di vita che Lui ci
propone.
IJamicizia ci porterà ad ascoltare e a meditare le sue parole,
a crederci e a scommettere su di esse. Come ha f.atto Maria che
custodiva IaParcla,la meditava nel suo cuore e soprattutto la
metteva in pratica con la vrta. Sobanto il Vangelo ui sosterrà. Sol-
tanto il Vangelo creerà attorno a voi un campo di luce, uno spa-
zio di verità,unaf.orza di amore. Ritornate regolarmente alTaPa-
rola. Interiorizzate gli insegnamenti del Vangelo. Confrontate
continuamente la vostra vita con questa proposta di vita piena e
di salvezza integrale.
La Parola poi ci porta all'EucaristzT. Nella celebrazione c'è
una continuità e un riferimento vicendevole tra Parola accolta e
Corpo di Cristo mangiato. I-luna non si capisce senza l'altro e
viceversa. Alla compagnia assidua e all'ascolto della Parola biso-
gna aggiungere il nutrimento del Pane di vita: e così l'Eucaristia
accolta e assimilata sarà vissuta poi nella carità e nell'amore fra-
terno. È rtut, laforza di tutti i lottatori, il riferimento di tutti i
santi,la compagnia di tutti gli apostoli.
V. Nella Spiritualità Giovanile Salesiana c'è una forte sottoli-
neatura dell'Eucaristia come "pilastro" fondamentale per la for-
mazione cristiana del giovane. Ricordiamo i primi gruppi sale-
siani che fiorirono attorno a don Bosco e a Madre Mazzarelfo:
Domenico Savio tra i primi, Laura Vicurla più vicina a noi.
97

10.10 Page 100

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Auguro che anche per voi sia lo stesso. Cercate di comprende-
re sempre più profondamente il mistero eucaristico. Non accon-
tentatevi di quello che avete imparato nella catechesi dell'inizia-
zione cristiana. LlEucaristia scaturisce direttamente dal Vangelo e
dalla vita della Chiesa: essa è "fonte e culmine di tutta la vita cri-
stiana" (d Lumen Gerutium,n. 1 1 ). Tomate a contemplarla, a com-
prenderla megl.io, ad amarla,ad intrattenervi in sua presenza. Par-
tecipate assiduamente all'Eucaristia della vostra comunità cristia-
na come soggetti attivi, capaci anche di offrire tutta la icchezza
della vostra animazione nei canti e nei gesti che essa contiene. Par-
tecipate con la vivacità dei vostri gruppi alle assemblee della co-
munità cristiana e offrite la vostra giovane e fresca testimonianza.
Nutritevi assiduamente di essa, con le dovute disposizioni
interiori. I primi testimoni della fede si comunicavano all'Euca-
ristia prima di subire la prova del martirio. Ancora oggi, coloro
che sono tenaci e forti nella loro testimonianza cristiana e che
perseverano con fedeltà e costanza sul campo, riconoscono che
in Cristo, Pane di vita, c'è il segreto elaf.orza per andare avanti
e per arrivare fino in fondo. Cari giovani, siate "cenacoli" come
gruppi e siate "persone eucaristiche" come singoli!».
(Fonuu,
Omelia nella Celebr azione Eucaristica conclusiva)
4.La Riconciliazione
Riflettendo sulla Riconciliozione, don Vecchi aiuta innanzitut-
to a riconoscere l'omore preueniente e misericordioso di Dio nella
nostra uita: sentirsi amoti da Dio è appello o riconoscere umil-
mente le nostre t'rogilità, senza smorrimento e confusione. La ce-
lebrazione della Riconciliazione poi non ci riporta al punto di par-
tenzo, ma ci colloca in una nuoua intimità di alleonza con Dio, in
una prospettiua di futuro. L'esperienza della Riconciliazione di'
uiene cosi fonte di gioia e di pienezza.
98

11 Pages 101-110

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11.1 Page 101

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4.7. Viuere riconciliati
<<Sono tali le persone che si interpellano e si lasciano inter-
pellare con serenità, che non chiudono gli occhi sui propri at-
teggiamenti e comportamenti, che perdonano con gioia e sento-
no che devono essere perdonati, che fanno l'esperienza della pa-
ce con Dio, con se stessi, con i fratelli. Così si liberano dal male
mediante il riconoscimento della presenza di Dio nella propria
povertà e lo sforzo di orientare lavttaverso di Lui.
In che cosa consista questa esperienza ce 1o dice San Paolo
in un testo sul quale possiamo fermarci: "Giustificati dunque
per la fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore
nosro Gesù Cristo... Se infatti, quando eravamo nemici, siamo
stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo,
molto più ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la
sua vita. Non solo, ma ci gloriamo pure in Dio, per mezzo del
Signore nostro Gesù Cristo, dal quale ora abbiamo ottenuto la
riconciliazione" (Rm 5,10-1 1 ).
Il testo parla di pace, salvezza, gioia e vita. Awicinato a mol-
ti altri che troviamo nella Scrittura, si presta a molti commenti.
Ne scegliamo alcunb>.
4.2. La riconciliazione
è un'iniziatiua e uru dono di Dio
<<Nel Vangelo non è la persona, uomo o donna, che chiede o
desidera il perdono, ma Gesù che lo offre.
Il cammino di riconciliazione non incomincia mai con I'ac-
cusa delle colpe, ma col sentirsi "persone" riconosciute, in un
nuovo e inatteso rapporto che illumina la vita e ne fa vedere le
deformità. E così Zaccheo scopre il suo peccato. È Gesù che
guardaverso Zaccheo e si invita a casa sua. È Gesù che viene in
difesa dell'adultera. È Gesù che guarda Pietro, già dimentico
della sua infedeltà.
99

11.2 Page 102

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All'origine del desiderio di riconciliazione c'è sempre l'im-
patto della parola o della persona che sveglia il nosrro letargo in
un'esistenza depauperata e ci invita a superarci.
Bisogna andar oltre quella mentalità che considera le nostre
rnftazioni ai comandamenti o il non adempimento dei propositi
come l'elemento principale della riconciliazio.r.. È nec...ario in-
vece mettersi di fronte ai propri rapporti con Dio: se conta mol-
to per noi, se aspettiamo molto da Lui, se ci interessa molto non
perderlo. Ho in mente I'immagine delle coppie. Quando esiste
ì.m rapporto d'amore si è contenti di riconoscere le piccole tra-
scltatezze proprie e riconoscere la generosità del partner; si è
sempre disposti a comporre le grandi differenze. Quando il rap-
porto di stima, arnore e vicendevoli affese è consumato, diventa
disgustoso e pesante scusarsi di piccolezze. La sola presenza o il
pensiero dell'altro diventano fastidiosi e insopportabili.
La cosa più importante per noi allora, in ciò che riguarda la
nostra persona e la nostra attività pastorale, è riconoscere, gu-
stare e proclamare la misericordia di Dio, e concentrare su di
Lui, Padre di Gesù e nostro, l'attenzione; è questo il tema cen-
trale della storia della sùvezzà. La misericordia di Dio ricompo-
ne la storia che altrimenti si disfa, e ristabilisce continuamente
l'a)leanza che la nostra debolezza e dimenticanzatrascura.
I-lamore a Dio non proviene dalla nostra perfezione etica, ma
è alla sua origine. È dono dello Spirito. Non amiamo Dio per-
ché siamo bravi, ma viceversa>>.
4.3. Una uita rinnoaatd, protesa uerso il futuro
«Quello che Dio opera in noi non è semplicemente né prin-
cipalmente l'eliminazione della colpa e della pena, che la nostra
intelligenza umana considera giuste. Ma ci dona lo Spirito, crea
in noi una nuova realtà, ci apre un nuovo orizzonte, ci un
cuore nuovo.
100

11.3 Page 103

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Non ci fa ritornare a ciò che eravamo prima. Che interesse
potrebbe essere per lui e per noi nel farci come eravamo prima
di qualcuno dei nostri pentimenti? Invece ci ricrea come figli
suoi!
La cosa meravigliosa è che siccome le nostre cattive azioni ci
consegnerebbero ad un futuro di perdizione, Dio con la ricon-
ciliazione non ci riporta al punto di partenza. ma ci colloca in
una nuova intimità dt aTl,eanza con Lui. Bisogna rimeditare tutta
la scena del ritorno del figliol prodigo.
La riconciliazione non è dunque il sacramento del passato
della persona, quasi fosse un velo posto sulle sue scappatelle o
sulle sue voglie di godere. È iruece il sacramento del suo "futu-
ro", delle nuove possibilità, dello spirito nuovo, del progetto per
l'awenire>>.
4.4. Un'esperienza di gioia e di pieneua
<<La riconciliazione si diffonde attraverso la grazia ricevuta in
tutti gli aspetti della vita: compone le tensioni che agiscono al-
l'intemo della persona, dispone a una più calma accoglienza di
Dio nella vita, apre alla tolleranza ed educa al perdono. Zaccheo
dopo essersi riconciliato è disposto a restituire più di quello che
aveva rubato.
Perciò l'esperienza della riconciliazione nel Vangelo è sem-
pre di gioia e pienezza. C'è festa eccessiva, con scandalo delle
persone perbene. C'è versamento di profumi costosi con rimo-
stranze dei risparmiatori. C'è spreco di cibi e ci sono inviti ge-
nerali con lamentele della gente seriosa.
Il suo contesto è sempre di lode e di azione di grazie. Si se-
gue in questo quanto cantano ripetutamente i salmi: "Celebrate
il Signore perché è buono; perché etema è la sua misericordia"
(Sal 106 t1051). "Benedici il Signore, anima mia... Egli perdona
tutte le tue colpe e guarisce tutte le tue malattie" (Sal l0) t1021).
101

11.4 Page 104

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Laparola di Dio esprime infatti la realtà della riconciTnzione
con nna sinfonia di metafore e analogie: grazia, nuova creazio-
ne, rigenerazione, giustificazione, liberazione. Luna non nega
né si oppon e all'altra: ciascuna mostra un aspetto paruiale di
quello che Ia persona sente. Non sono infatti definizioni scienti-
fiche, né descrizioni di stati psicologici, ma uno sforzo di comu-
nicare quello che accade nella persona quando scopre che ha
valore per Dio ed è da Lui amato>.
(SS, pp. 1.57 -160)
t02

11.5 Page 105

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Lo stile
1. Animati dalla fede
Viuere di t'ede è innanzitutto, secondo don Vecchi, acquisire
uno mentalitò capace di ualutare e di giudicare i fatti secondo cri'
teri euangelici; e questo esige un continuo approt'ondimento della
propria fede. Si trotta poi di agire coerentemente, nelle decisioni
e nelle scelte di ogni giorno; una lede che traslorma Ia uita: i sen-
timenti, gli otteggiamentl, i comportamenti, le abitudini, affinché
corrispondano sempre più alla nostra reoltà di figli di Dio.
1.7. Valutare e giudicare ogni cosa
alla luce della fede
<<La mentalità, il pensare secondo la fede, è oggi uno dei pun-
ti più impegnativi e compromessi. Eppure è parte irrinunciabile
del credere.
Su ogni questione importante il cristiano deve confrontarsi
con opinioni diverse alle quali conseguono scelte pratiche.
Esempi quotidiani sono la solidarietà e il sistema economico, l'a-
more e la sessualità, il matrimonio e la famiglia,la bioetica e la
paternità-maternità responsabile e, più a monte, la libertà e la
coscienza, il senso della vita e la condizione umana, il bene e il
male.
Le difficoltà per giungere ad una valutazione coerente di fe-
de su tali questioni risiedono nella loro complessità e nel fatto
che coinvolgono il comportamento. Anche la molteplicità di pa-
reri, appoggiati da corrispondenti argomenti, ci sconcerta e ci
70)

11.6 Page 106

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rende insicuri. Disorienta pure I'idea, sottesa in molti messaggi,
che un comportamento si giustifichi dalla sua diffusione.
Incide però in forma determinante lo scarso approfondimen-
to della fede: igruoranza religiosa, si dice in parole povere. Occu-
pati da molte esigenze, stimolati da molteplici proposte, trascu-
riamo di applicare la luce della fede alle questioni che sfidano la
vita. Così le espressioni religiose stesse possono svuotarsi di va-
lore perché non hanno alla base una fede sufficientemente con-
sapevole e motivata. Per i giovani questo rischio incombe anco-
ra di più. Sono conosciuti i rischi della socialnzazione religiosa
che riesce afarelafanig[a,l'incidenza non definitiva che ha la
prima catechesi e l'allontanamento che awiene sulla soglia della
gioventù. La fede, l'affidarsi a Cristo, comporta un modo di
pensare e valutare la realtà, la natura, le persone che ci stanno
attorno, l'uso del denaro, la finalità del piacere, l'impiego del
corpo, il senso del lavoro e simili.
Il Vangelo di Giovanni è attraversato da un motivo: la luce.
Gesù è la luce del mondo e di ogni uomo che viene a questo
mondo. GIi il senso del valore e della vita. Poiché è il Verbo,
secondo cui tutto è stato creato, insegna a guatdarc le cose e la
storia dalla prospettiva giusta.
Nel Vangelo lo vediamo intento a istruire i discepoli. Egli ac-
cetta il titolo di Maestro e lo è realmente, non solo delle verità
religiose, ma del modo giusto di giudicare gli awenimenti e
realtà quotidiane: la dignità di ogni persona, il rapporto con le
autorità, il pagamento delle tasse,la natura {el potere,le solida-
rietà legittime o chiuse, le felicità vere e quelle ingannevoli.
Lo scarto tra sfide della cultura e mentalità di fede va colma-
to con una riflessione religiosa adatta alle diverse fasi della vita.
Essa oggi non è un optional, uno scomparto culturale trascura-
bile, ma necessità vitale per soprawivere da credenti.
Al primo catechismo della fanciullezza deve seguire una nao-
ua e più seria formazione che aiuti a far luce sugli interrogativi
t04

11.7 Page 107

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che si vanno affacciando all'orizzonte di una identità in forma-
zione. La Chiesa sta vivendo oggi due fatti significativi. Il primo
è la diffusione dei catechismi che ripropongono in forma organi
ca il contenuto della fede: c'è quello della Chiesa cattolica, quel-
lo dei giovani, quello degli adulti. Èrlnr lettura che prende: so-
miglia ad una conversazione in famiglia sugli interrogativi reali.
Il secondo è il moltiplicarsi delle opportunità di formazione
per gli adulti: studio di problemi, riflessione di fede, lettura del
Vangelo, approfondimento teologico, giomate di ritiro. Anche
nella pastorale giovanile ciò va diventando uno dei capisaldi. Ed
è di buon auspicio rilevare l'abbondanza di "scuole", corsi e col-
lane per le diverse categorie di giovani interessati o impegnati.
La fede è luce e sostegno quando viene responsabilmente appli-
cata a77e situazioni. Si rufforza quando viene riflettuta e comuni-
cata atffaverso la testimorianza e la parolarr.
1.2. Decidere e scegliere i propri cornportamenti
alla luce della fede
<<Contemporaneamente al maturare della mentalità, va se-
guita la pratica della vita. Alcune parole di Gesù ci allertano sul-
la autenticità della fede. "Non chi dice Signore, Signore, entrerà
nel Regno, ma chi fa la volontà del Padre" (Mt 7 ,21). E riferen-
dosi agli scribi: "Fate quello che dicono, ma non imitate quello
che fanno" (Mt 23 ,3). IJopposizione dire-fare è evidenziata an-
che nella parabola dei due servi: quello che dichiara di essere
disposto ad andare, ma non si muove e quello che si rifiuta in
un primo momento di obbedire, ma poi adempie.
ln molte altre circostanze Gesù indica sentirnenti e compor-
tamenti conformi al Regno: perdonare, donare gratuitamente,
non giudicare, aiutare chi è caduto sulla strada, dare il super-
fluo. La fede comporta un giudizio pratico sul valore delle di-
verse scelte. Oggi tale giudizio non è senza difficoltà. Spesso
10,

11.8 Page 108

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convivono nella stessa persona giudizi ideali corretti con modi
di agire discutibili.
Chi sono i credenti e come li si distingue? Quale fosse il cre-
do dei primi cristiani, i pagani non lo capivano granché. Vede-
vano però il loro stile di vita: si amavano gli uni gli altri come
fratelli indipendentemente dalla nazionalità, colore e condizione
sociale; lo dimostravano mettendo in comune i beni in modo
che nessuno patisse miseria; partecipavano alla preghiera insie-
me. Poco tempo dopo, la lettera di un testimone a un pagano
interessato al cristianesimo, di nomeDiogneto, tlevava che so-
cialmente i cristiani non si distinguevano dagli altri: essi parteci-
pavano alTavita della città, si muovevano nelle piazze e nei mer-
cati come gli altri, vestivano e lavoravano come il resto dei citta-
dini. Individuava però alcuni segni per scoprirli: "meravigliano
tutti per il loro modo di stare insieme che ha dello straordina-
rio; adempiono con lealtà i loro doveri di cittadini; si sposano
come tutti e hanno dei figli, ma non abbandonano i neonati; so-
no uomini, ma non agiscono seguendo il proprio interesse; ob-
bediscono alle leggi dello stato, ma con la loro vita vanno oltre
la legge; sono poveri, ma arricchiscono molti".
La fede è culto e religione, ma non solo. Ci sono verità,
espresse imperfettamente in proposizioni, cui assentire; ma non
come fine a se stesse. Il tutto tende a trasformare la uita: i senti-
menti, gli atteggiamenti, i comportamenti,le abitudini, affinché
corrispondano alla nostra realtà di figli di Dio, fratelli di Gesù,
uomini e donne abitati dallo Spirito. La pastorale dunque guar-
da simultaneamente all'una e all'altra.
Quando lo scriba chiese una delucidazione teorica o dottri-
nale su chi doveva considerare suo prossimo, Gesù glielo spiegò
presentandogli un modo di agire e gli diede il consiglio: vai e
comportati allo stesso modo. Vivendo ciò che già si è appreso si
va comprendendo il resto.
Un programma completo per la vita del credente lo propone
106

11.9 Page 109

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Gesù nelle Beatitudini. Le pronunciò in uno scenario stupendo
che ancora oggi ci impressiona: il monte, il verde pendio, il lago,
il sole terso e caldo che per la configurazione del terreno arriva
dappertutto, l' orizzonte: un'immagine toccante della luminosità
e trasparenz a de77a vita.
Disse parole gravide: povertà, purità di cuore, verità in paro-
le e opere, fame e sete di giustizia, misericordia, pzCe, resistenza
nel bene, fiducia in Dio.
Ad esse aggiunse promesse di beni che sono oltre il desiderio
umano: il regno dei cieli, il possesso della terra e dei cuori, la vi-
sione di Dio, il compimento del desiderio di felicità,la gioia de-
finitiva che nessuno può togliere.
Le beatitudini sono l'annuncio di un dono che opera già in
chi si affida a Dio. Quando si accoglie la sua presenza, nascono
in noi i beni, i desideri, gli atteggiamenti proclamati nelle beati-
tudini. Essi conformano il volto e l'anima di chi è nato da Dio.
Allo stesso tempo propongono un impegno nella vita e nella sto-
ria: rendere reali e dare visibilità ai beni annunciati, scommette-
re sul loro valore per la felicità propria e degli altri. In essi la per-
sona può trovare quello che il suo cuore cerca, e la storia iI suo
punto di consistenza e il suo compimento.
Dono e impegno producono felicità: dvarrte l'esistenza terre-
na come in seme, ma sufficiente per dare senso e gusto aTTavtta;
al termine di questa secondo le dimensioni di Dio e della natura
umana.
Le beatitudini esprimono il culmine dell'amore e della gra-
tuità da parte di Dio e da pane del credente. Se ne è parlato co-
me di una proposta senza limite, apetta infinitamente verso il di
più. il giovane ne capirà la portata un po' alfavolta meditando
altri passi del vangelo.
Il paradosso cristiano consiste nell'affidarsi ad un'apparente
debolezza per cercare un bene duraturo, nell'accettare una
prowisoria sconfitta per un eterno trionfo. È infatti debolezza
107

11.10 Page 110

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per la mentalità corrente la povertà intesa non solo in senso ma-
teriale, ma come capacità di dare spazio ai progetti di Dio piut-
tosto che ai propri. Sembra sconfitta lamitezza e lo spirito di pa-
ce quando nel mondo prevale Ia durezza contro i concorrenti,
gli awersari, i diversi. E follia mettere da parte se stessi per cer-
care solidarietà e condivisione con gli ultimi, pensando che da
loro riceviamo più di quello che doniamo.
D'altra parte la gente rimane stupefatta quando incontra chi
sa reùizzarc tutto ciò. Ha trovato uno che ci crede!>>.
(DrnsDlo, pp.39-$)
2.Lietinella sperunza
Speranza e gioia sono intimamente collegate tra loro, e costi-
tuiscono, secondo don Vecchi, un binomio londamentale di una
spiritualità apostolica. In un tempo in cui facilmente la speranza
può uenir meno per tanti motiui, siomo sollecitati a uiuere e a te-
stimoniare questa virtù teologale, soprattutto nell'impegno edu-
catiuo, che esige di essere sostenuto da ottimismo e fiducia.
<<La speranza non è una virtù facile. Lavita, nel mondo at-
tuale,la mette a dura prova. Ne dice qualche cosa il moltiplicar-
si dei suicidi giovanili. I-lesito negativo può essere non solo la ri-
nuncia allavtta, ma anche le "speranze corte".
ln una inchiesta sulle prospettive di un possibile cambiamen-
to in meglio,le risposte positive dei giovani scendevano amano a
mano che le domande riguardavano contesti più larghi. Sulla
possibilità di comportamenti migliori nelle persone singole, la ri-
sposta era in generale positiva; sul cambiamento in meglio della
propria città o nazione,le risposte erano di perplessità diffusa; al-
le domande sulla possibilità di trasformazione del mondo e dei
grandi sistemi,le risposte erano scettiche o decisamente negative.
Sono troppo gli elementi da cambiare, le volontà da convogliare.
108

12 Pages 111-120

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12.1 Page 111

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La mancanza di speranza rend,e buia la uita, ma soprattutto
tagliale ùi al7'azione solidale ed ai progetti di vasto respiro. Si
capisce allora perché don Bosco, uomo di azione, ribadisse, con
mille gesti ed espressioni, una sua raccomandazione: "lavorate
con speranza" . Uufficiatura liturgical'ha caruttefizzato come
un uomo che "sperò contro ogni speran za" . Dif.atti la speranza
diede alla sua santità tratti tipici.
Uno di questi tratti è la costanza nelle imprese di bene e nel-
le prove, qualità necessaria all'uomo di azione. Egli stesso dice-
va di non mollare più, quando aveva messo mano ad un'opera
che era per la gloria di Dio e il bene dei giovani. Non si ffattava
però di un tratto del suo temperamento "piemontese", anche se
ciò aveva la sua parte. Qualche altra energia superiore lo soste-
neva, come lasciano inffavedere le sue parole: "Coraggiol La
sp et anza ci sorregga quando la p azienza vorrebbe man care ".
San Paolo aveva già fatto un collegamento tra speranza e
gioia. "Siate lieti nella speranza" (Rm 12,12), "I1 Dio della spe-
runzavi riempia di ogni gioia e pace" (Rm 15,D). Per questo la
sperurvaispira una costanzanon fadcosa (si può essere perseve-
rani senza molto sforzo), un lavoro che non risulta inviso, una
vita che non è pesante anche se con prove e difficoltà.
La gioia è rimasta come un tratto, non secondario, dello spi-
rito salesiano. Viene comunicata ai giovani come un aspetto in-
dispensabile della "buona educazione". Si manifesta nelle "fe-
ste" (dove esprime un elemento caratteristico dell'ambiente e
della pedagogia salesiana) che sono autentiche "esperienze" cri-
stiane dr nngraziamento per i beni attuali e per quelli che si pos-
sono attendere come esito della vita. È un capitolo di santità per
salesiani e giovani: allegria, studio e pietà.
Il segreto della costanza e dell,a gioia sta nella certezza del
"premio" che la bontà di Dio ci garantisce. È ,rno dei temi più
simpatici della vita di don Bosco. Il Paradiso, e coloro che si tro-
vano in esso, li sogna, ne parla ai giovani fino a farlo desiderare.
109

12.2 Page 112

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Lo ricorda in massime brevissime ma veramente espressive per-
ché sorte dalla vita: "Un pezzo di paradiso aggiusta tutto". Per
e per i suoi seguaci adulti fa uso frequente dell'espressione di
San Paolo: "Le sofferenze del tempo presente non sono parago-
nabili con la gloia futura che dovrà essere rivelata in noi" (Rm
8,18).
La Famiglia Salesiana è chiamata oggi a portare speranza ed
a dame ragione con la propria esperienza. La offre ai singoli, la
diffonde nell'ambiente, la getta sui grandi progetti. Dove ap-
paiono segni di una cultura di morte, rinuciataria delle gioie e
delle responsabilità della vita, testimonia la verità della Parola
di Gesù: "La vostra gioia nessuno ve la toglierà" (Gu 16,2))>>.
(BS, Marzo 2000)
3. Operosi nella carità
Rileggendo l'esperienza di don bsco, don Vecchi ci inuita o te-
stimoniare la carità in quei tratti tipici che sono la bontò, I'offobi-
Iità, I'amicizio, l'affetto, la compassione. Una sottolineatura parti-
colare poi per Io ncarità pastoraler, che esprime il tratto caratteri-
stico della carità educatiua, impegnato a promuouere le persone e
ad accompagnarle nel loro itinerorio di crescita umana e cristiana.
3.1. Segni e portatori dell'amore di Dio
«Chi ha fatto qualche esperienza sa che ad amare s'impara:
più che un sussulto del cuore, è una meta che si raggiunge col la-
voro. Anche ad essere amato s'impara: bisogna saper ricevere,
essere grato, ricambiare. Per questo dell'amore abbondano i "fal-
si", le contraf{aziont: l'egoismo possessivo, il godimento fugace,
il gioco erotico, lo sfruttamento della fiducia, la seduzione.
Le parole delle nostre lingue distinguono i diversi tipi di
amore: leros iguarda il desiderio e il piacere; il suffisso "filia',
110

12.3 Page 113

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l'affetto e la preferenza. Adoperiamo anche agape per incontro,
arnicizia e condivisione. A complicare e perfezionare la visione
delle cose viene il linguaggio "cristiano" con la parola carità: tn
zunore completo che vuole il bene dell'altro e si estende oltre il
visibile, una grazia che ha la sua sorgente in Dio e che ci rende
capaci di sentire il suo amore, di ricambiarlo e di arnare tuffe le
persone e le cose col suo stesso amore.
Don Bosco, nella sua prima Messa, fece un proposito: "La
carità e la dolcezza di San Francesco di Sales mi guidino in ogni
cosa". Accanto alfa cafità mise la dolcezza. Non è trascurabile
questo dettaglio. La bontà sarà la manifestazione più spiccata
della sua carità, elevata a principio pedagogico. Questo propo-
sito plasmò la sua personalità di santo. Per parlare della carità
di don Bosco bisogna fare una passeggiata attraverso la sua vita
e le sue opere, i suoi rapporti con Dio e con i giovani, le sue fon-
dazioni e contatti con persone di ogni tipo.
Non solo tutto ciò scaturiva da un amore potente, ma tutto
veniva realizzato secondo le modalità che la carità suggerisce.
Anche per Lui risultò vero l'inno di San Paolo: "Se parlassi tut-
te le lingue... se facessi dei miracoli... se dessi tutte le mie so-
stanze, ma non avessi carità non sono nulla" (cf. 1 Cor B).
La pratica della bontà come manifestazione della carità trac-
ciò in lui lineamenti caratteristici. Il primo frtla capacità di av-
vicinamento, accoglienza e comprensione delle persone. Ciò
aff.ascinavai ragazzi, perché sovente vengono trascurati dagli
adulti. Per ascoltare uno di loro, don Bosco una volta perse il
treno. Ma lo si scorge ugualmente dalle sue udienze e persino
nei viaggi, per strada. Llaffetto intenso e personale diventa la
sua forma abituale di rapporto; mai formale, burocratico, am-
ministrativo; sempre vicino e awolgente la persona in un'atmo-
sfera di stima.
Legato a questo c'era la capacità di anicizia. Quante e diver-
se ne ebbe sin dai primi anni della vita, nella giovinezzaenell'età
111

12.4 Page 114

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maturà! La gioia di condividere, di stare e lavorare assieme, è
una caratteristica del suo comportamento. Amico del fratello
Giuseppe, con il quale spartì trattenimenti e confidenze, amico
dei ragazzi della borgata, per i quali raccontava storie e prepara-
va traffenimenti; amico dei compagni di scuola con i quali fondò
la società dell'allegia, amico del collega Comollo, con cui stabilì
un patto oltre la morte; amico di ragazzi ebrei discriminati; e,
più tardi, di ecclesiastici, scrittori, politici al potere, destituiti o
perseguitati. Quanto badasse a77'amicizia lo lascerà documenta-
to in una serie di raccomandazioni di questo tenore: "Tutti quel-
Ii con cui parli diventino tuoi amici".
Aggiungiamo la compassione o latenerczza: quel sentimento
che il Vangelo attribuisce a Gesù che si commuove di fronte alle
folle affamate, a una madre che piange: un cuore incapace di
passare indifferente di fronte alle sofferenze.EgE stesso raccon-
tale rcazioni che provavadi fronte ai rugazzi del carcere, della
strada, dei cantieri.
Abbiamo condannato la violenza dei sistemi totalitari. Vo-
gliamo portare davanti ai tribunali i criminali di guerra. Nel frat-
tempo tutti rivelano l'estendersi della violenza spicciola, priva-
ta. Il fenomeno investe i giovani: i forti, i bulli, i "nonni" dtlaga-
no nelle scuole. Bontà, riguardo, accoglrcnza, stima sono indi-
spensabili per rendere più umane le nostre società e i nostri
quaftieri. Don Bosco convoca la sua farnigha ad intraprendere
coraggiosamente opere; ma anche ad essere, nel quotidiano, se-
grro di quella umanità che si è manifestata in Cristo>>.
(BS, Aprile 2000)
3.2. La carità pastorale
<<La carità ha molte manifestazioni: l'amore materno, l'amo-
re coniugale, la beneficenza,la compassione. Nella storia della
santità le espressioni coprono tutti gli ambiti della vita umana.
tt2

12.5 Page 115

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Nella tradizione salesiana c'è un'espressione ricorrente, per
indicare una forma particolare di carità: "carità pastorale".La
parola rimanda mentalmente alla figura di Gesù Buon Pastore
(cf. Ga 10). Non soltanto però alle modalità del suo operare:
bontà, ricerca di chi si è perso, dialogo, perdono. Ma anche e
soprattutto quanto alla sostanza del suo ministero: rivelare Dio a
ciascun uomo e a ciascuna donna.
Llelemento tipico della carità pastorale è l'annuncio del Van-
gelo, l'educazione alla fede, la f.ormazione della comunità cri-
stiana, la lrcvitazione evangelica dell' ambiente. Chiede dunque
disponibilità piena e donazione per la salvezza dell'uomo, come
viene prospettata da Gesù: di tutti gli uomini, di og uomo, an-
che di uno solo.
Don Bosco esprime questa carità con una frase: "Da mihi arui-
mas, coetera tolle".È la massima che impressionò Domenico Sa-
vio nell'ufficio di don Bosco ancora giovane sacerdote e lo mos-
se ad un commento rimasto famoso: "Ho capito che qui non si
fanegozio di denaro, ma di anime. Ho capito: spero che I'anima
miafarà, anche parte di questo commercio". Per questo ngazzo
fu chiaro dunque che don Bosco non gli offriva solo istruzione e
casa, ma soprattutto un'opportunità di crescita spirituale.
La caità, pastorale prende in considerazionela persona e si
rivolge ad essa: a tutta la persona; prima e soprattutto le interes-
sa la persona, sviluppare le sue risorse. Dare "cose" viene dopo;
il fare un servizio è in funzione della crescita della coscienza e
del senso della propria dignità. La persona non vive di solo pa-
ne; ha bisogni immediati, ma anche aspirazioni infinite. Deside-
ra beni materiali, ma anche valori spirituali. Perciò la salvezza
che la carità pastorale cerca e offre è quella piena e definitiva.
Tutto il resto viene ordinato ad essa: la beneficenza al7'educa-
zione; q ues t a a77' iniziazione religio s a ; l' lniziazione reli gios a alla
vita di grazia e alla comunione con Dio>>.
(SS, pp. 57-63)
tt3

12.6 Page 116

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4. Con temperanza e sobrietà
In un tempo di abbondanzo e di spreco, lq nostra spiritualità
deue coniugorsi con Ia temperanza e la sobrietà. E quello che ci in'
uito a fare don Vecchi, mediante I'approfondimento di questa
uirtù, quanto mai necessaria oggi per gestire la uita quotidiana,
euitando eccessi e squilibri di ogni tipo, e per accrescere il nostro
senso di responsabilità uerso le cose e le persone.
«Nei paesi ricchi, tra la gente che dispone, i beni avanzano e si
sprecano. Si accumula il superfluo, si buma I'ancora utile, si spende
nel non necessario. Si mangia molto, si sperpera per dimagrire e si
mandano al macero quantità ingenti di cibo, vestiti e apparecchi.
Uno degli aspeni catastrofici della crescita umana è la devastazione
della natura "senzafinalità", soltanto per alimentare l'industria.
Qualche cosa di simile capitacon le energie umane e col tem-
po. Aumentano disagi da stress, insonnie, stati depressivi, alte-
ruzioni psichiche. Gli ansiolitici sono all'ordine del giorno per
uomini e donne. Si vive nella tensione e nel disordine e la perso-
na ne soffre.l-a tenperanza èl'atteggiamento e la virtù cristiana
che modera, ordina e orienta i movimenti interni e I'agire del-
l'uomo secondo la ragionevolezza e il Vangelo. È "cardine" per-
ché attomo ad essa si muovono e si costruiscono molte abitudi-
ni utili e sagge. Ha meno da vedere con i fini da ottenere e mol-
to con la qualità della vita delle persone. Regola gli istinti, per
esempio quello di possesso o di godimento; modera anche i co-
stumi disordinati, per esempio l' agitazione, la dipenden za, l' ec-
cesso. Ci mantiene pure pronti, svegli e resistenti per impegni a
breve e lunga scadenza: i.lavoro intellettuale, fisico, lo sforzo
spirituale della preghiera, il sacrificio per gli altri.
Non a caso in una cultura dell'abbondanza, dello spreco e
dell'inutile, proliferano anche I'incapacità di impegni a lungo
termine, lafragùtàpsichica, il cedere a stimoli fino alla crimina-
lità. La temperanza è quella uigilanza euangelica alla quale si ri-
rt4

12.7 Page 117

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ferisce Gesù nella parabola delle vergini che cedettero alla leg-
getezzae in quella del servo infingardo che, mentre aspettava il
padrone, si dà a "percuotere i compagni, a bere e a mangiare" .
San Paolo la awicina e la paragona al comportamento degli ade-
ti.."IJatleta, dice, è temperante in tutto; essi lo fanno per ottene-
re una corona corruttibile, noi invece incorruttibile".
La temperanza consente il lavoro e la preghiera e a sua volta
viene da essi richiesta e mantenuta. Don Bosco l'ha scelta come
terzaparola del suo programma e la applica a tutte le situazioni.
In educazione, temperanza vuol dlre dominare I'impazienza,
essere "ragionevole" nelle esigenze, padroneggiare i sentimenti
per dispensare l'affetto a tutti in maniera sensibile e disinteres-
sata, attendere con calma i risultati.
Nel lavoro vuol dire preparazione, progettazione attenta e sen-
so dei fini, misura in modo da non lasciarsi dominare dall'agita-
zione, padronanza dell'ansia e del desiderio di protagonismo,
capacità di collabo razione, dominio dell'in dividualismo.
Nella vita personale, temperanza vuol dire ordine e laborio-
sità,uso tranquillo del necessario e utile, dismcco dal superfluo,
impiegare scrupolosamente il tempo.
Persino nella preghiera ci vuole temp eranza, cioè fede per
cui si domina il desiderio immoderato di consolazioni, visioni e
sentimenti.
Sembra un codice scritto per il nostro tempo in balia del con-
sumismo, dell'individualismo, delle emozioni forti, del libertari-
smo e del sentimentalismo religioso; tempo nel quale però ap-
paiono segni di stanchezza degli eccessi e voglie di "temperan-
za", comele famiglie che s'impegnano pubblicamente a spende-
re solo il necessario ,labanca alimentare e simili,
Proprio in questo tempo di abbondanza, spreco e ripensa-
mento, sentiamoci interpellati a disporre con ragionevolezza e
amore dei beni del corpo e dello spirito>>.
(BS, Ottobre 2000)
t15

12.8 Page 118

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5. Impegnatinena costruzione del Regno di Dio
La spiritualità cristiana ci impegna nella costruzione del regno
dt Dio, inaugurato do Gesù. Don Vecchi ci ricorda le caratteristi-
che del Regno di Dio che Gesù è uenuto ad onnunciare e a riuela-
re, sconuolgendo Ie attese messianiche del suo tempo. Liberozio-
ne do ogni Jorma di male e impegno per la saluezzo totqle e defi-
nitiua dell'uomo: questo è il Regno di Dio che Gesù ha riuelato
con Ie sue parole chiare e con i tanti segni di saluezza. Si tratta di
un dono e di un compito ora affidato a noi, perché quell'espres-
sione del Padre Nostro, «uenga il tuo Regno», si realizzi e si com-
pia nella storia e nel mondo, in ogni tempo e in ogni luogo.
5.7. Iiannuncio del Regno da parte di Gesù
<<Nel Padre Nostro Gesù ci fa chiedere: "Venga il tuo Re-
gno" (Mt 6,10;Lc 11,2). Del Regno Gesù parlò molto. Anzi fu il
tema della sua predicazione e l'obiettivo del suo operare. Lo
spiegò, lo annunciò e si diede a costruirlo e diffonderlo. Lo
chiamò sempre Regno di Dio. A volte anche "regno dei cieli".
Non intendeva con questo dire che era campato per aria, in
mondi invisibili;ma seguiva l'abitudine del suo popolo di non
ut:lizzare, per rispetto, il nome di Dio. Che il suo Regno fosse,
per dono, anche nostro,lo disse ai suoi discepoli: piaciuto al
Padre darvi il suo Regno" (Lc 12,32).
Che cosa fosse il Regno gli apostoli non lo capivano molto.
Pensavano infatti alottizzarne tra di loro posti e cariche. L'e-
spressione l'avevano sentito molte volte perché erufarrtfiare alla
loro tradizione. Sapevano che si ffattava di un grande interven-
to di Dio in favore del suo popolo: liberazione da tutti i mali e
salvezzatotale e per sempre. Ciò doveva awenire perché singoli
e popolo accoglievano Dio, riconoscendone la signoria su tutto.
Gli apostoli se ne aspettavano un'inaugurazione solenne e
1,t6

12.9 Page 119

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folgorante. Gesù lo paragonò ad:un lieuito, atJn seme, aun teso-
ro nascosto in terra. Lo cercavano fuori, e Gesù disse che guar-
dassero anche e principalmente dentro se stessi. Il cuore del-
l'uomo infatti è il primo spazio dove si fa sentire. Lo pensavano
come qualche cosa che Gesù doveva orgatizzare o conquistare.
Egli invece afferma che il Regno di Dio si fa presente nella sua
persona. Con lui si rivela, irrompe nella storia, ci raggiunge e ci
include. Lo credevano una selezione dei buoni, anzi dei miglio-
ri. Gesù invece lo descrisse come un campo in cui ci stanno tut-
ti, quelli che somigliano al buon grano e quelli che ci sembrano
o sono veramente erba cattiva; come una rete che prende ogni
pesce, quelli commestibili e quelli velenosi. Pensavano che era
già preparato; domandavano dunque quando si sarebbe instau-
rato. Invece Gesù disse che era come una semina da fare, un ter-
reno da coltiuare, un aigna da far fruttificare.Pensavano che in
esso si poteva vivere tranquilli; e invece Gesù spiegò che in esso
c'era bisogno di perdono, di comprensione; che non tutti erano
prodigi per genio o santità, ma ognuno "rendeva" secondo le
proprie possibilità e il suo tempo. Il Padrone, però, alla fine da-
va a tutti iI massimo salario per pura generosità. Anzi ci voleva
addirittura decisione e sforzo per instaurarlo e apparteneryi: "Il
Regno soffre violenza e i violenti se ne impadroniscono" (M,
II,I2). Andava dunque guadagnato senza che, per questo, per-
desse il suo carattere di donorr.
5.2. I segni del Regno posti da Gesù
<<Non solo ne parlò e diede le spiegazioni necessarie a far
luce sulla natura e caratteristiche del Regno, ma ne mise le
fondamenta, ne diede dei segni, mostrò quali beni compren-
deva e come 1o si doveva costruire. All'insegna del Regno di
Dio egli ignorò la discriminazione tra credenti e non credenti,
e tutti considerò chiamati e invitati al banchetto. Nel nome del
tt7

12.10 Page 120

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Regno eliminò la distinzione sociale, senza sminuire la respon-
sabilità personale, tra "giusti" e "peccatori", e tutti considerò
amati dal Padre, bisognosi della sua misericordia. Chiamò
Matteo, collaboratore dei dominatori, ad essere apostolo; andò
a mangiarc a casa diZaccheo, accettò il profumo della donna
peccatrice e disse parole di incoraggiamento all'adultera. Nel
nome del Regno ignorò la situazione di inferiorità delle donne
chiamandole pubblicamente al suo servizio e seguito,le ammi-
se come discepole e permise loro di "sedersi ai suoi piedi" (cf
Lc 10,39); le inviò come prime annunciatrici della Risurre-
zione.
I segni del Regno che egli pose furono quelli di liberare dai
demoni, accogliere e guarire imalati, restituire lavtta ai morti,
moltiplicare il pane così che ce ne fosse per tutti, illuminare la
coscienza con la parcla, perdonare i peccati, donarsi totalmente
nella predicazione, nella passione e nella morte.
Nemmeno oggi per molti il Regno di Dio è comprensibile.
Qualcuno pensa che si tratti di un'espressione simbolica senza
riferimento prossimo alle cose con cui abbiamo a che fare nella
vita quotidiana; che influisce nei buoni sentimenti e nel com-
portamento "religioso", ma che non ha peso sulle azionicon cui
gli uomini costruiscono iI mondo, trasforma le condizioni di
vita. Ciò apparterrebbe aIle organizzazioni che contano, quelle
che dispongono di potere, denaro, conoscenze scientifiche, stru-
menti tecnologici.
La dizione "dei cieli" viene presa dunque proprio nel senso
in cui non lo intendeva Gesù. Secondo lui il Regno è in questo
mondo, sebbene non solo. Non è un territorio fisico, ma una
"rete" fotmata da tutti coloro che desiderano alcuni beni, cerca-
no di realvzarli nella misura del possibile e ne sperano da Dio il
compimento>>.
118

13 Pages 121-130

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13.1 Page 121

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5.3. Dono e compito
per tutti coloro che si sentono figli di Dio
«Chi faccia parte di questo Regno e quali siano i beni che lo
carutterizzano è detto nel discorso più famoso di Gesù: quello
della montagna. Nelle Beatitudini, dopo aver presentato alcune
"categorie" di persone, egli ripete: di essi è il Regno dei cieli o,
direttamente, saranno chiamati figli di Dio. Chi sono quesd che
portano i segni dei "figli di Dio", ai quali è affidato l'eredità e il
lavoro del Regno? Sono i poueri di spirito, cioè coloro che non si
soddisfano con i beni materiali, e quindi non li accumulano; de-
siderano altri beni, in particolare la conoscenzael'arnore di Dio,
Perciò non si attaccano al possessso di nulla, ma mettono ogni
cosa a disposizione dei fratelli. Sono gli uomini ele donne paci-
fici: quellt che non lasciano entrare in se stessi sentimenti di odio
o distanza e non cedono all'istinto di eccessiva difesa di fronte
alle offese, ma cercano invece di costruire rapporti di accoglien-
za e solidarietà, favoriscono la concordia e si fanno mediatori di
riconciliazione.
Cittadini del Regno sono i puri o retti di cuore: coloro che
non collocano egoisticamente se stessi, il proprio piacere al
centro di tutto, non cedono all'inganno e mettono la sincerità e
l'onestà a fondamento del lavoro e dei rapporti. Sono i rniseri-
cordiosi, cioè coloro che sentono compassione di fronte ai do-
lori e alle miserie altrui e si danno da f.are per alleviarli con spi-
rito generoso, gratuitamente. Sono coloro che si battono serena'
mente per la giustizia anche a costo di persecuzioni e cattive in-
terpretazioni, e restituiscono bene per male; i pazienri che per-
severano nelle opere e imprese di bene anche di fronte alle dif-
ficoltà.
Così i figli a cui Dio Padre ha dato in eredità il Regno esten-
dono lo spazio dove se ne applicano le leggi e se ne diffondono i
beni: la spetanza,la pace, la misericordta,la giustizia,la rettitu-
719

13.2 Page 122

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dine, l'accoglienza di Dio, l'amore. Tutto ciò è mescolato con
l'opposto, coabita gomito a gomito, con la violenza,la prepo-
tenza, il menefreghismo, il disinteresse, iI disprezzo della perso-
na. Eppure non si confonde con tutto questo, non viene som-
merso o neutraltzzato dalla presenza anche capillare del male: ne
è più forte. Ha un suo tessuto o collegamento misterioso capace
di creare uno spazio umano visibile, nel quale si può abitare,
perché crea nuovi rapporti sociali e propone traguardi anche
temporali. Il Padre vi dimora come nella sua casa. Si può persi-
no vedere il suo volto paterno riflesso nella realtà che i beni del
Regno presentano.
Chi può dire che le categorie elencate sopra non esistano og-
gi o che il loro operato non influisca sulla nostra esistenza nel
mondo? E chi può negare che i beni del Regno sarebbero più
estesi se molti altri lavorassero con la medesima intenzione e de-
terminazione?
Il Regno è la sintesi di tutti i beni cbe possono rendere uiuibile
questo nondo. È do.ro e compiro, eredità e terreno di conquista
di coloro che si sentono figli di Dio. Convoca e collega dunque
ogni seme di buona volontà diffusa sulla terra. Si estende olte i
confini visibili della Chiesa, che è però il suo segno e srrumento
principale. Uno degli interrogativi più cruciali e fecondi che
questo fine secolo pone ai cristiani è per quale ragione molti di
coloro che volevano costruire una società più giusta hanno visto
nel cristianesimo una remora, "oppio" per coloro che dovevano
riscattarsi, una "difesa" ad olffanza di quanto si era consolidato
a svantaggio dei più. Forse la dimensione storica del Regno, re-
lativa eppure indispensabile, non unica eppure realissima, è sta-
ta dimenticata o ridotta a dimensioni individuali o solo formal-
mente "religiose">>.
(DrnrDro, pp. 108-112)
120

13.3 Page 123

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6. Responsabili della vita sociale e politica
L'impegno per fare del bene sempre e comunque è un'altra
espressione concreta della spiritualità cristiana. Don Vecchi ci in-
dico la strado per compiere continue opere di bene, nelle piccole
e nelle grandi occasioni della utta. Ci ricorda pot la dimensione so-
ciale della carità, che domanda al cristiano di non sottrarsi alle
proprie responsabilitd socioli e politiche, trouando le forme più
opportune per essere cittadini attiui e solidali.
6.1. Fare del bene
<<C'è un'indicazione di spiritualità, semplice e popolare, quasi
ingenua: fare del bene appena si può, ogni volta che si presenta
l'occasione, senza aspettare né migliori condizioni miglior
tempo. "Non mandate a domani il bene che potete fare oggi, per-
ché forse domani non avrete più tempo... Non dobbiamo mai la-
sciarci sfuggire un'occasione che il Signore ci offre di fare del be-
ne... Siamo in tempi in cui bisognalavorare..." (don Bosco).
Labiografiadi don Bosco viene imbastita proprio su "quello
che egli fece" per i giovani, per la cultura popolare, per gli emi-
granti, per le vocazioni. Appena gli capita sott'occhio la situa-
zione di un giovane, prende un'iniziativa prutica che sul mo-
mento raggiunge il giovane e in seguito un gruppo. Da cosa na-
sce cosa. Iiamore deue essere sollecito e tempestiao. Questo di-
venne quasi un principio nel suo stile di amarei dimostrare l'a-
more subito e con il gesto più efficace possibile al momento, ag-
giungendo anche la parcla che raggiunge il cuore. Fu tipico di
lui prima reahzzarce poi raccontare, prima portare a maturità le
iniziative e poi descriverne una possibile teoria. Per questo la
sua è una spiritualità attiva. Fu chiamato un "imprenditore di
Dio". Secondo don Bosco è meglio accendere un fiammifero
che maledire le tenebre o farne un trattato.
12t

13.4 Page 124

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Noi saremo sempre alle prese con i grandi problemi, le pic-
cole soluzioni, la fugacità del tempo e la scarsità dei mezzi. Non
possiamo eliminare la povertà, ma possiamo risollevare qualche
povero, amarli tutti nel Signore, appoggiare le persone che si
battono per loro. Non possiamo creare un'opportunità per tutti
i giovani. Ma possiamo aiutare qualcuno che è accanto a noi, in-
coraggiarlo con la simpatia e la vicinan za, ptegare per coloro
che Ii seguono. E così via. Il tempo e il mondo sono pieni di op-
portunità di bene e l'amore ha l'occhio pronto per scorgerle.
Tre conuinziozl sostengono questo proposito. ll bene è estre-
mamente fecondo: buttato in piccoli semi cresce giorno e notte.
ll bene si collega misteriosamente a rete: le soluzioni che sembra-
no insufficienti diventano efficaci quando molti contributi con-
vergono e si raccolgono quasi in un canale collettore. Il bene cbe
noi facciamo è lo strumento con cui Dio parla e riluoue altre ener-
gie: noi siamo le sue mani>>.
(BS, Febbraio 2000)
6.2. La dimensiorue sociale della carità
<<Il vocabolario per denunciare le tare della politica è inesau-
ribile: abuso di potere, tornaconto personale, discriminazione,
clientelismo, collusione, privilegi, tangenti e così via. Per questo
Gesù disse ai suoi discepoli di non agire, quando avessero auto-
rità, come i potenti di questo mondo. Non è nemmeno abbon-
dante però l'elenco dei pregi: attenzione alla gente, sforzo per
adeguare legislazioni e strutture a nuove situazioni, cura della
siattezza, prevenzione e soluzione pacffica dei conflitti, servizi
vari relativi allaita,pace sociale, cura dell'ambiente.
Oggi poi si diffonde una voglia di fare politica in forme nuo-
ve: cresce l'iriziativa di persone e gruppi, si affermano il volon-
taiato e le ONG, si ripensa il profilo delle fonazioni politiche,
si vuole stabilire un rapporto più chiaro tra etica ed economia.
122

13.5 Page 125

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Si può verificare quello che afferma San Paolo: "Ogni potere
viene da Dio". Dio ci ba creato "sociali" ed è Prowidenza che ci
siano uomini con volontà e possibilità di governare la società.
Una cosa è indubitabile: i fatti politici, positivi e negativi, ci ri-
guardano. Particolari responsabilità vanno attribuite a persone e
a gruppi; ma su di loro influiscono la partecipazione e l'tniziati-
va di tutti noi. Anzi, alcune situazioni non possono essere modi-
ficate se non attraverso l'influsso o la pressione che singoli e
gruppi esercitano sulle strutture, sui rapporti sociali e sull'asset-
to politico.
La carità che si esplica nell'ambito individuale,lascia inalte-
rate tùi situazioni. Perciò il riferimento alla dimensione sociale
della carità è diventato prima ricorrente e oggi quasi centrale
nella riflessione sull'agire cristiano.
Ogi il campo politico si presenta a.mpio e articolato. È possi-
bile a tutti impegnarsi in esso. C'è l'ambito della città che biso-
gna rendere vivibile e sicuro; c'è quello della nazione e quello
del mondo. C'è l'intervento politico, quello largamente sociale,
quello personale. Ci sono partiti, ma anche movimenti di opi-
nione e rniziative per sostenere valori o categorie deboli; la pa-
ce, I'ambiente, la fame, i poveri, gli emigranti, i bambini, gli an-
ziani.Tuttiin politica, quindi, ciascuno secondo il dono che Dio
gli ha dato>>.
(BS, Luglio/Agosto 2000)
7. Con un forte slancio missionario
Don Vecchi ho espresso più uolte nei suoi interuenti la neces-
sitd di operore con un t'orte slancio missionorior nNell'attuale mo'
mento di nuoua euangelizzozione c'è da raccomandare lo spirito
missionorio. Esso deue spingere lò doue bisogni, domande o sog-
getti giouanili non sono ancora curati, piuttosto che concentrarsi
sui giouani che honno gid un riferimento educotiuo e religioso suf'
72)

13.6 Page 126

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ficiente. È stato proprio questo spirito che ha prouocato la nascita
e la crescita della Famiglia Salesiana, (dalla Lettera nLo Famiglia
salesiana compie uenticinque anni,,, 7 gennaio 1997).
Ai giouani poi ho indicato questa prospettiuo di missionarietà
all'inizio dell'Anno giubilare, attrauerso il Messaggio al MGS del
31. gennaio dell'anno 2000, di cui riportiamo la porte centrale.
<<Con la fiducia posta in Dio e interpretando la consegna del
nostro padre e maestro don Bosco, alle soglie di questo nuovo
millennio, faccio un appello e do una consegna a voi giovani del
Movimento Giovanile Salesiano: andate oltre.
Scoprite in profondità, oltre la superficie del quotidiano, nel-
le sue pieghe e nel suo tessuto, iI progetto che Dio Padre ha pen-
sato per voi dall'eternità.
A n d a t e o I t re l' inter esse individu ale ap ren dovi all' ascolto dei
molti appelli che risuonano intorno a voi: offrite una parola sin-
cera, uno sguardo amichevole, una mano generosa.
Andate ohrelavostra nazione e la vostra cultura coltivando i
semi di quella fraternità universale che sa riconoscere il valore
del diverso, perché nasce dal Padre di tutti gli uomini.
Andate oltre la pacifrca e talvolta noiosa soddisfazione delle
abitudini consumistiche e costruite senza stancarvi una solida-
rietà utile e visibile.
Andate oltre \\a visione individuale, la competen za anche f.atr-
cosamente con quistata, la ricchezza legittimamente guadagnata
e condividete con arnore i vostri beni con chi ne ha bisogno.
Andate oltrele certezze della ragione e della scienza e intuite
il mistero che cova nella realtà, riconoscendo con gioia filiale le
tracce di Dio Creatore,l'energia di Cristo Risorto e la presenza
dello Spirito che vivifica.
Anche ruella uostra esperienza religiosa arudate oltre gli obbli-
ghi, i ritualismi e la ricerca di un'immediata emozione e ancora-
tevi nella fede della grande comunione ecclesiale: celebrate la
124

13.7 Page 127

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Pasqua del Signore della vita e con essa la vittoria del bene sul
ma1e.
Andare oltre non è altro che credere ed assumere la logica
evangelica di generosità e creatività che suggeriscono le beatitu-
dini "perché di noi sia il regno dei cieli... perché possiamo pos-
sedere la terra, perché siamo chiamati figli di Dio, perché gran-
de sia la nostra ricompensa nei cieli" (Mt 5,10.L2).
È l'appello che si sente potente in questo luogo natio di don
Bosco chiamato appunto il Colle delle Beatitudini giovanili per-
ché evoca la sua grande passione: "Voglio che siate felici nel
tempo e nell'etemità".
Andare oltre è ancbe superare le frontiere geograficbe. Il Re-
gno di Dio ha bisogno oggi più che mai di menti aperte e di cuo-
ri generosi che sentano ed operino a dimensioni mondiali. In un
famoso sogno don Bosco immagina di essere proprio qui, al Col-
le, e di vedere il vastissimo campo della sua missione: tutto il
mondo! Questo slancio missionario, tratto caratteristico di ogni
seguace di don Bosco, giovane o adulto, sarà da noi particolar-
mente sottolineato, in quest'anno giubilare, l'11 novembre con
una "spedizione missionaria straordinaria" per il numero e la
destinazione.
Come il primo gruppo di missionari inviati da don Bosco
stesso I25 annior sono, composto da giovani audaci e generosi,
cresciuti nella esperienza oratoriana e dei gruppi giovanili, an-
che questo partirà dall'Altare di Maria Ausiliatrice verso tutte le
direzioni del mondo.
Anche voi siete convocati. Alcuni volontari vi rappresente-
ranno. Ma tutto il MGS deve avere l'anima missionaria. Fatevi
ovunque promotori di gioia e lievito di speranza' Sentitevi in-
viati ad essere segni e portatori dell'amore di Dio, dando un'a-
nima alla convivenza umana nei quartieri e città diventando an-
nunciatori della Parola presso gli altri giovani.
Così I'amore di Dio incamato continuerà in voi ed attraverso
r25

13.8 Page 128

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di voi. Sapete che nell'Incarnazionetovalasua ispirazione fon-
damentale la spiritualità salesiana. Essa è infatti la modalità pri-
ma per essere "segni e portatori dell'amore di Dio". Da essa vie-
ne l'esempio del primo passo verso il fratello, della condivisione
del cammino dell'uomo nella storia, dell'incontro immediato e
personale con chi ci sta di fronte.
È l'Irrca-rrione che rivela il valore della vita quotidiana, fat-
ta di tanti frammenti che si ricompongono in unità e divengono
capaci di svelare la presenza di Dio, così come nel succedersi
dei giorni, dalla nascita alla risurrezione, in awenimenti dome-
stici e straordinari si sprigionò la luce della divinità di Cristo».
(M2000, brani scelti)
126

13.9 Page 129

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I-lesito
l.Lavita come vocazione e servizio
Nel Messoggio di don Vecchi ai giouani del Forum internazio-
nale del MGS, rodunati al Colle Don Bosco nell'agosto dell'anno
2000, c'è l'indicazione chiora di uiuere un'esistenza come rispo-
sta ad una uocazione e come impegno generoso nel seruizio. Nel
successiuo diologo con loro, od una precisa domanda sulla uoca-
zione, don Vecchi risponde ai giouani inuitondoli ad approlondire
maggiormente questo tema, con coraggio e senza paura.
1.1. Viuete la uostra uita
come uocazione e come seruizio
<<Ogni giovane deve trovare nel MGS l'ambito dove scoprire
e maturare lasuavocazione umana e cristiana, soprattutto la sua
vocazione a seguire Gesù nel servizio dei giovani secondo lo sti-
le di don Bosco, particolarmente nei diversi gruppi della Fami-
glia Salesiana.
Per questo abbiate cura della vostra interiorità: la preghiera,
la Parola di Dio, i Sacramenti; siate generosi e costanti nel servi-
zio, ricordandovi sempre che "c'è più gioia nel dare che nel ice'
uere"; abbiate cura anche della vostra crescita affettiva, sceglien-
do sempre I'autenticità ela pienezza dell'amore. Impegnatevi a
conoscere le varie e molteplici vocazioni nella Famiglia Salesiana
e nella Chiesa; sappiate individuare e scegliere con coraggio il
progetto che Dio ha pensato per ciascuno di voi, facendovi aiu-
tare e accompagnare nel vostro cammino di discemimento.
t27

13.10 Page 130

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Soprattutto voi, educarori e animatori del MGS, considerate
il vostro servizio come un vero e proprio servizio vocazionale;
non agite "in proprio", ma sentitevi sempre collaboratori dello
Spirito di Gesù, che vi chiama ad educare ed evangelizzarc altri
giovani. Vivete questo servizio vocazionale come atteggiamento
fondamentale della vosrra vita, non solo in forma saltuaria e
temporanea, ma in maniera costante e continuativa>.
(Fonuu, DaI Messaggio)
1.2. Riguardo alla tematica uocazionale,
che cosa ci suggerisce?
<<Voi sapete che nella SGS c'è un asperto che riguarda pro-
prio il progetto di vita e I'appello vocazionale. Quando poi si
pensa al volontariato, si auspica che l'impegno temporaneo po-
trebbe e dovrebbe fiorire in un impegno definitivo e totale. Chi
incomincia a gustare la generosità e il lavoro per gli altri, è pos-
sibile che ad un cerro punro voglia dedicare loro più tempo o
addirittura tuttalavita! Sottolineiamo innanzitutto un dato po-
sitivo: il MGS è un terreno fecondo per la maturazione di voca-
zioni ecclesiali, religiose e sacerdotali; e questo diventa ancor
più vero se si rafforzalaformazione spirituale e la vita di pre-
ghiera. Qualcuno teme che il nostro Movimento sia un pochino
"allegro" e spensierato: molta festa e allegria... ma l'interiorità?
Io non temo questo pericolo, però vi raccomando molto la cura
dell'interiorità. Un altro rilievo: potrebbe darsi che nel MGS la
tematica vocazionale non sia stato presa in sufficiente conside-
razione; la riflessione attorno aJlavtta come chiamata e risposta,
come vocazione e missione, forse non è sempre sviluppata ade-
guatamente nell'accompagnamento di animatori e animatrici, di
giovani ed adolescenti. Anche se dobbiamo riconoscere che dal
MGS sono maturate vocazioni per la vita religiosa, consacrata,
maschile e femminile, e per la vtta sacerdotale. Comunque resra
128

14 Pages 131-140

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14.1 Page 131

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un impegno per tutti questo continuo approfondimento nel-
l'ambito della SGS».
(Fonuu, Dialogo con i giovani)
2.Lavita come pienezza e santità
Nel Messaggio ol MGS del 37 gennaio 2000, don Vecchi - ri-
prendendo alcune espressioni del Papa - indica ai giouani Io son-
tità come meta possibile e ideale praticabile. Nel dialogo poi con i
giouani del Forum internazionole del MGS (agosto 2000), don
Vecchi ho modo di parlare loro di santità, sollecitoto da due do-
mande degli stessi giouani. Nello risposta che egli dà, indica un iti-
nerario educotiuo uerso lo sontitd, intesa come un cammino uerso
lo pienezza umona e cristiana, secondo il posso di cioscuno.
2.7. «Non abbiate paura
di essere i santi del nuouo millennio!>»
<<All'inizio dell'anno giubilare si apre una porta e siamo invi-
tati ad attraversarla: è un segno che contiene un messaggio. Var-
cando la porta entriamo nel Tempio,lo spazio dove si sente più
chiaramente la presenza di Dio. Entriamo anche nell'assemblea
della comunità cristiana che celebra insieme le meraviglie com-
piute da Dio, ne loda la grandezza, ingrazia per la sua miseri-
cordia, da Lui prende energia per donarsi a servizio dell'uomo.
La porta ha anche un significato più personale, che interes-
sa ciascuno di voi: è il varco attraverso il quale Dio e i fratelli
possono entrare nel nostro cuore, nei nostri progetti, nei nostri
beni.
Può essere aperta la nostra porta, come quella di Maria: che
accolse l'invito del Signore e disse: "Eccomi, sono la serva del
Signore" (Lc 138);che si lasciò commuovere dalla necessità del-
la cugina Elisabetta, per la quale "si mise in viaggio e raggiunse
r29

14.2 Page 132

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in fretta un villaggio" lontano (Lc l)9); che si mostrò attenta a
Cana, mobilitandosi perché la festa continuasse (Gu 2,3.5); che
presso la croce diede la sua disponibilità matema per ricevere da
Gesù l'affidamento di tutti noi: "Donna, ecco tuo figlio" (Gzr
19,26).
La porta può anche rimanere chiusa, perché ci si attacca ai
beni (cf Lc 18,22-2)), perché il disordine regna nella propria vi-
ta (cf Lc 12,29), perché la distrazione e il rumore rendono dif-
ficile "capire cosa accade attorno a noi" (Lc 1256), perché l'am-
bizione impedisce di fare spazio a progetti generosi (cf Lc 14,
7 -1.4).
Da questo Colle, dove Giovanni Bosco ha fatto il sogno-gui-
da della sua vita, egli vi dice: "Aprite la vostra vita aJ.grande so-
gno che Dio ha su ciascuno di voi: la santità!".
È il traguardo a cui vi richiama il Papa per la prossima Gior-
nata mondiale della gioventù: "Cari giouani... di ogni continente,
non abbiate paura di essere i santi del nuouo millennio! Siate con-
ternplatiui ed amanti della pregbiera; coerenti con la uostra fede e
generosi nel seraizio ai fratelli, membra attiue della Chiesa ed ar-
tefici di pace".
Non prendete una mira più bassa!
Abbiate fiducia nel),a grazia di Dio, nella felicità che la sua
proposta vi darà e nello Spirito che dimora in voi. Non siete i
primi a lasciarvi attharc dal desiderio della santità: è questa in-
fatti una caratteristica del Movimento a cui appartenere. Esso
sin dalle origini è vissuto grazie a quel senso di Dio ed a quella
carità. senza misura che spirava da don Bosco e da Madre Maz-
zarcllo. Dietro di loro i giovani hanno saputo intrecciare stu-
pendamente vitalità giovanile e risposta generosa a Dio.
Questo luogo racchiude ancora le immagini di quella giorna-
ta luminosa in cui Giovanni Paolo II proclamò la santità di Lau-
ra Vicufra tra i canti e gli applausi dei giovanb>.
(M2000, brani scelti)
DO

14.3 Page 133

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2.2. «Ne|2000, come dobbiamo fare
per diuentare santi e per proporre questo ideale
ai ragaui e ai giouani di oggi?»
<<Riguardo alla santità, se leggete bene la vita di don Bosco e
dei suoi ragazzi, vedrete che lui è un pedagogo e un maestro'
Parla chiarumente ed esplicitamente di santità a Domenico Sa-
vio, che era già, capace di comprendere questo discorso. Se inve-
ce leggete la storia di Michele Magone, la proposta che fa don
Bosco è un'altra, adatta a lui e alla sua personale situazione:
"Senti, vieni all'oratorio, lì potrai studiare, potrai giocare,
troverai compagni e amici...". Tutto questo significa che è im-
portante per un animatore e un educatore avere la coscienza di
questo cammino di santità da intraprendere e da vivere. E poi,
saper proporre a ciascun ragazzo del nostro ambiente educativo
o incontrato sulla strada, questo stesso cammino evangelico in
maniera ùffercnziata e con le parole opportune. Può darsi così
che in un gruppo oratoriano io possa parlare esplicitamente di
santità; ma se mi trovo in un gruppo diverso, che ignora lo stes-
so concetto di santità è necessario un approccio diverso, rac-
contando magari qualche fatto evangelico; e se anche non utiliz-
zo il termine santità, il cammino è già iniziato. Vi comunico una
personale esperienza legata ad una Casa per ritiri spirituali. Eb-
bene, ad alcuni gruppi potevamo parlare chiaramente di vita
spirituale e di vocazione; per altri gruppi invece, come prima
cosa, dovevamo "destrutturare" un certo tipo di mentalità, fal-
sata e condizionata negativamente; solo in un secondo tempo
potevamo costruire in positivo. Certamente, lo ribadisco, è im-
portante che un animatore o un educatore abbia in mente l'i-
deale della santità e lo persegua egli stesso. Nel rapporto con i
rugazziinvece, occorre valutare il cammino possibile e graduale
per ciascuno. Don Bosco diceva uragazziche incontrava: "Vuoi
venire con me?", e quando passava per i cantieri: "Vieni la do-
13L

14.4 Page 134

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menica in oratorio, ti divertirai con molti compagni": questo era
il primo invito per un cammino di gioia e di santità! È i-por-
tante dunque che animatori ed educatori abbiano la chiara con-
sapevolezza che Dio chiama tutti alla santirà, cioè ad una rispo-
sta gioiosa alla sua proposta di sa)vezza e di vita piena; dovran-
no poi vedere e programmare i passi concreti che ogni tagazzo
potrà fare in questo itinerario. In questo senso, il MGS ha una
grande esperienza: a volte infatti si opera in ambienri oratoriani
normali; altre volte invece ci si occupa dt rugazzi poveri o di ra-
gazzi dt strad»>.
(Fonuu, Dialogo con i giovani)
2.3. Noi come possiamo fare a diuentare santi?
..È la domanda di Domenico Savio a don Bosco, e don Bo-
sco gli ha dato alcuni consigli: "Con gioia, con altruismo e vi-
vendo con fedeltà i tuoi doveri". Sei srudente? Studia con pia-
cere, impara com'è fatto questo mondo e la società in cui vivi,
comportati bene con i tuoi maestri e professori e con i tuoi com-
pagni. Comincia da qui! A voi animarori e animatrici poi ag-
giungerei una cosa importante: la preghierat È indispensabile.
Non si può infatti camminare sulla strada del Signore se non si
custodisce ogni giorno l'arnicizia e la comunione con Lui! An-
che don Bosco indicava le "pratiche di pietà" come elemento
indispensabile per la vita cristiana di un giovane. Il nostro rap-
porto con Dio deve essere mantenuto vivo, specialmente oggi,
contro il pericolo di essere distratti da tante cose... tnfine vorrei
dire ancora una cosa, a voi giovani impegnati nel MGS: fate in
modo che la vostra vita sia un dono per gli altri; formatevi a que-
sto, affinché il vostro dono sia sempre più pieno e autentico! E
così la santità - impresa difficile - passo dopo passo, si realizzerà
anche nella vostra vita!>>.
(Fonuu, Dialogo con i giovani)
D2

14.5 Page 135

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Indice
Presentazione
Prernessa ......
pag.
)
5
Spiritualità giovanile
7
1. Vivete secondo lo Spirito
7
2. Vivete fino in fondo la proposta di vita cristia-
na che vi offre don Bosco
11
3. Vivete e approfondite continuamente la spi-
ritualità che vi caratterizza
t2
4. Per essere buoni cristiani e onesti cittadini .....
t)
I dferimenti
t5
1. Incontrare Gesù Amico, Maestro e Salvatore
15
1.1. Accogliere la persona di Gesù
15
1.2. lncontrare la persona di Gesù
18
1.3. È il Salvatore Risorto
21.
2. Abbiamo un Padre che ci ama ...........
23
2.1. Un Padre onnipotente e prowidente ......
2)
2.2. <<Mostraci il Padre>>
26
23.Figli dello stesso Padre: chiamati a co-
struire la fraternità
28
3. Riconoscere lo Spirito
)L
1.1. «È il Signore e la vita>> ..........
)t
).2. I f.rutti dello Spirito nella vita dei credenti
34
I modelli
)7
1. Un itinerario spirituale con Maria
)7
1.1. I-annunciazione; appello e risposta
)7
D)

14.6 Page 136

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1.2. La visitazione: un servizio generoso .........
13. La nascita di Gesù: accogTrcnza e contem-
plazione
1.4. Le nozze di Cana: Maria ci indica Gesù
come maestro e salvatore ................
1.r. Ai piedi della Croce: rinascere continua-
mente nella carità
1.6. Nel Cenacolo: la comunità radunata dallo
Spirito Santo
2. Con don Bosco, padre e amico
2.l.Uno splendido accordo di natura e di
grazia
2.2. P r ofondamente uomo
23.Prcf.ondamente uomo di Dio
2.4. Un progetto di vita fortemente unitario
il servizio dei giovani
3. Sull'esempio dei santi ..........
3.1. Espressione della sinfonia dell'amore di
Dio per noi ........
).2. La santità è un dono fatto atutti e un com-
pito affidato a ciascuno
) 3. La santità giovanile
4. Fino al dono totale di nel martirio ...............
4.1. Offerta della vita a testimonianza delTa
fede ..........
4.2. Fortezza e radicalità evangelica
4.3. Un gruppo <<giovanile>> tra i beati martiri
polacchi
pag. 39
>> 4l
>> 42
>> 45
47
49
49
51.
52
54
54
54
55
56
59
60
61
6)
I luoghi
65
1. Nella vita quotidiana,tra lavoro e preghiera ...
65
2. Nell'impegno educativo ................
67
2.1. Dio educa il suo popolo ................
68
D4

14.7 Page 137

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2.2. Gesù Maestro
2.3. Educare è amare ciò che comunichiamo e
colui al quale comunichiamo
L Nella Chiesa
).L La Chiesa è continuazione, dimora, pre-
senza attuale di Cristo
J.2. Verso un'intensa appartenenza ecclesiale .
4. Nella storia .........
4.1. Capire e affrontare con l'intelligenza della
fede le nuove sfide che si affacciano .........
4.2. <<Ducin altum»
pag. 69
70
72
72
75
77
77
78
Le fonti
8)
1. La preghiera ............
8)
1.1. Il bisogno e il desiderio della preghiera ..
8)
L.2. A confronto con la preghiera di Gesù .....
u
13.Prcgarcè bello
87
2. LaParola di Dio
89
L LlEucaristia ............
94
4. LaRiconciliazione ............
98
4. 1. Vivere riconciliati
99
4.2. La riconciliazione è un'iniziativa e un do-
no di Dio
99
4.3. Unavita rinnovata, protesa verso il futuro
100
4.4. Un'esperienza di gioia e di pienezza .........
101
Lo stile
t0)
1. Animati dalla fede
L0)
1.1. Valutare e giudicare ogni cosa alla luce
della fede
101
1.2. Decidere e scegliere i propri comporta-
menti alla luce della fede ...........
10,
2. Lietinella speran za ...............
108
D5

14.8 Page 138

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3. Operosi nella carità
3.1. Segni e portatori dell'amore di Dio
3.2. La carità pastorale ............
4. Con temperanza e sobrietà
5. Impegnati nella costruzione del Regno di Dio
5.1. Llannuncio del Regno da parte di Gesù ...
5.2. I segni del Regno posti da Gesù
5.J. Dono e compito per tutti coloro che si
sentono figli di Dio ......
6. Responsabili della vita sociale e politica ......
6.1. Fare del bene
6.2. La dimensione sociale della carità ........
7. Con un forte slancio missionario
pag- 110
110
112
t74
t16
116
1,17
1t9
721
1.21
t22
12)
Llesito
127
L. La wta.o." uo.urio,. ; ;;;
:...... : :.. :. :.... : :
127
1.1. Vivete la vostra vita come vocazione e co-
me servizio
127
1.2. Riguardo alla tematica vocazionale, che
cosa ci suggerisce?
r28
2. La vita come pienezza e santità
1.29
2.1. <<Non abbiate paura di essere i santi del
nuovo millennio!>>
129
2.2. «NeI2000, come dobbiamo fare per di-
ventare santi e per proporre questo ideale
ai ngazzi e ai giovani di oggi?»
13t
2.3. Noi come possiamo farc a diventare santi?
132
É surnpa:
roam