1922_GrancelliM_D_Paolo_Albera_Elogio_funebre


1922_GrancelliM_D_Paolo_Albera_Elogio_funebre

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ELOGIO FUNEBRE
DI
DoN PAOLO ALBERA

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..
I
I,

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ELOGIO FUNEBRE
DI
DoN PAOLO ALBERA
RETTOR M AGGIORE DEI SALESIANI
LETTO IL 29 NOVEMBRE 192 l NELLA
CHIESA DI S. AGOSTINO IN MILANO
DA
MDHS. MICHELAH6ELD 6RAHCELLI
PROF. NEL LICEO VESCOVILE DI VERONA
MILANO
PREM. SCUOLA TIP. SALESIANA
1922

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Qui seminat in benediclion ibus, de
benedictionibus et me/et.
(2 CoR. 9. 6).
·1L VEscovo di Torino S. Massimo, encomiando quel
formidabile atleta della fede e martello dell'Arianesi-
mo che fu Eusebio di Vercelli, diceva essere quasi
uno sfrondarne gli allori voler aggiunger qualcosa con
il prestigio della parola; poichè, dove a provare il merito
di un grande stanno le opere sue, torna superflua ed
inutile ogni arte retorica. E, ricordata la sentenza dei
Sacri Libri: « essere g loria del padre il saggio figliuo-
lo >>, si chiedeva quali e quante fossero le glorie
Eusebio, per cui era gioia la saggezza e la divozione
di sì gran numero di figli.
Come da un fiume si deriva nei rigagnoli il limpido
e fresco chiaror delle acque, così da questo fonte tersis-
simo emanava la purezza di tutti i ruscelli: il vigore
della castità, l'austerità della mortificazione, la blanda
mitezza, la pietà - in una parola - gli avevano gua-
•dagnato l'a mmirazione di tutti, senza distinzion di ceto

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e di età; mentre, vero imitatore di Cristo, insegnava
~on la forza dell'esempio, ai sacerdoti principalmente,
di ritrarne l'imagine in se medesimi.
Questa pagina del santo Vescovo torinese mi sembra
torni del tutto opportuna in quest'ora mestamente so-
lenne, che qui ci aduniamo, voi per ascoltare, io per
dirvi, quanto meglio potrò, chi fu l'Uomo di Dio, che
la Società Salesiana, i Cooperatori, gli amici, insomma
i desiderosi del bene e i cultori della virtù piangono
scomparso dal campo delle sante fatiche.
Sì, non v'è bisogno ch'io ricorra ai sussidi dell'elo-
quenza, anche se sapessi come trovarli, e m'indugi
e mi affanni a cercare fioritura d'imagini per tesser
l'elogio di chi seppe non solo affrontare con umile
sicurezza, ma vincere una legittima aspettazione. Egli
raccoglieva l'eredità di due anime, che si avviano en-
trambe all'onor degli altari; dalle mani del Yen. don
Giovanni Bosco e del Servo di Dio don Mi chele
Rua, Egli, don Paolo Albera, riceveva il fuoco sacro,
che l'uno aveva acceso, l'altro tenuto vivo e fatto di-
vampare ancora di più ; Egli, operaio del Signore;
entrava nel campo, dove in tanta copia s'era sparso il
buon seme e in sì gran numero accumulati i covoni~
ma vi entrava per accrescere ancor di più il fuoco
sacro, per raccogliere più abbondante la messe.
Arduo còmpito, in vero, al quale don Paolo Albera
si accinse, preparatovi con l'innocenza della sua gio-
vinezza, con la viva pietà degli anni virili, con lo stu-
dio assiduo del santo, che volle a sè vicini don
Michele Rua e Lui stesso, come i due, che sul colle

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li 21 marzo 1861 D. Bosco, unicamente per compiacere ai suoi figli, posò per una
fotografia fra un gruppo di chierici e giovani, in atto di confessare. Chiamò vicino
a il giovanetto Paolo Albera, poi suo Successore, dicendogli: - Vieni qui,
mettiti in ginocchio ed appoggia la tua fronte alla mia, così non ci muoveremo! ...

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di Raphidim reggevano le stanche braccia a Mosè;
come i figli di Zebedeo chiamati da Gesù ad essere
testimoni continui delle sue glorie e della sua agonia.
Se, quando moriva don Bosco, potè dirsi che aveva
lasciato in don Rua chi lo faceva rivivere o meglio
era il continuatore della sua vita, oggi sulla tomba
D. ALBERA gi o vane Sacerd ote.
recente di don Paolo Alberr: possiamo con egual
verità ripetere la stessa parola; perchè Egli e don Rua
sono due anime fuse insieme più che non lo fossero
quelle di David e Gionata ; sono anzi con il Venera-
bile cor unum et anima una; ciascun di loro a sua
volta, come un altro Eliseo, raccolse il pallio del
Fondatore, sentendo in tutta la pienezza lo spirito del
maestro. Fu dunque l' ultimo di un a triade glori,osa;

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l'ultimo, se mi è lecito usar la parola, dei due Con-
fondatori, perchè don Bosco l'uno aveva designato a
succedergli, del l'altro avea tanti anni prima detto
che terrebbe il suo posto.
Pensiero questo, che mi apre la strada ali' elcgio,
poter-tdo così parlarvi sin da principio: guardate a don
Paolo Albera, e nell 'intimo dell'anima sua e nell'este-
riore sua attività vedrete, come in uno specchio,
rivivere la cara e dolce imagine paterna di Colui, che
fu tra gli uomini incontrastabilmente più grandi del
secolo XIX.
Ma nel discorrervi di Lui non è tanto dell'uomo
pio che vi parlo, quanto della pietà stessa fatta per-
sona; non tanto dell'asceta, quanto dell'ascetismo nella
sua più vasta espressione.
Come il Nazianzeno nel panegirico del suo illustre
contemporaneo diceva Atlzanasùun laudans, laudabo
virtutem, così nel tratteggiarvi la vita santa di don
Paolo Albera io faccio l'elogio di quella pietà, che è
utile a tutto e in sè contiene le promesse per il tempo
e per l'avvenire; pietà, che non riduce l'uomo all 'iner-
zia; è invece il secreto del suo lavoro instancabile, e
nel tempo medesimo il secreto del frutto che ne rac-
coglie, perchè, il pio semina nell'abbondanza e miete
nell'abbondanza: qui seminai in benedictionibus, de
benedictionibus et metet.
Nell 'autunno del 1858 don Bosco erasi recato a
None, borgata a venti chilometri da Torino, e il
teologo Abrate gli presentava un suo giovinetto, di
12 .JI.

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D. ALBERA ed il suo segretario D. Gusmano in vi sita alle Mi s ioni Salesiane di America.

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tredici anni e qualche mese, dicendogli: « prendilo con
te ».
Don Bosco fissò quel ragazzo con lo sguardo scru-
tatore dei santi, gli lesse nell 'anima, e vide esservi in
germe le caratteristiche della vocazione religiosa.
Quali erano mai?
Quel ragazzo scriverà 63 anni più tardi in una lettera,
che può dirsi un trattato d'ascetica sulle chiamate del
Signore: « le giovani anime, che offrono un terreno
più propizio per le vocazioni.... son quelle che hanno
una particolare attrattiva per la purezza.... non quella
purezza negativa, incosciente, che è dovuta unicamente
all'equilibrio o alla calma del temperamento o ad una
fortunata ma effimera ignoranza di certi misteri della
vita; ma una purezza positiva, cosciente, voluta, del-
l'adolescente che già sa o almeno comincia a sospet-
tare l'esistenza e la natura di quei piaceri; che forse
già sente la sua natura inferiore trascinata verso di
essi, e che tuttavia nella sua ragione, nel suo cuore,
nell'a nima sua prova un disdegno, un disgusto per tali
cose, e quindi un desiderio, un bisogno di tenersene
lontano, per risparmiarne ai suoi sguardi, alla sua ima-
ginativa, alla sua vita l'alito contami!latore » . (1)
E scriverà ancora nella medesima lettera: << un altro
carattere che il giovane deve avere per essere un
terreno propizio alla vocazione, è quella elevatezza di
sentire, che aborre da quanto è mediocre e volgare, e
( I ) Lett. s ulle vocazioni I 5 maggi o 1921, Atti del Cap. Sup.
anno li, n. 4, p 203 - 204.
.;1, 15

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anela a cose grandi; che dinanzi ai beni e agli onori
gli fa dire, con gli occhi scintilianti di nobile fierezza:
Excelsior ! ad maiora natus sum ! » (1 l
Il Venerabile vede che in quel giovinetto sono in
germe promettente queste caratteristiche, e cresceranno
con il crescere degli anni; lo prende con sè, e 1'8
ottobre di quell'anno Paolo Albera fa il suo ingresso
nell 'Oratorio di Valdocco.
Trapiantato nel buon terreno, vi fiorisce rapidamente
come la palma, e moltiplica a guisa del cedro la sua
vigorfa, perchè tutto gli spira d'intorno una dolce aura
di pietà, tutto olezza di pietà in quel chiuso giardino;
perciò l'l maggio 1860 il Capitolo lo ammette alla
pratica delle regole; il 27 ottobre del '61 il paese
nativo lo vede indossar l'abito clericale; e il 14 mag-
gio 1862 lo si chiama a pronunciar i voti per un trien-
nio. (2)
Memorabile giorno quel 14 maggio; per la prima
volta un gruppo di figli eletti per vocazion reli g iosa
pronunciava formalmente i voti della Congregazione.
La cameretta era povera, angusta, e non vi avean tutti
scanno a sedersi. Era un bel manipolo di ventidue, i
più nel fior degli anni, chi studente di teologia, chi di
filosofia, chi ancor di retorica, sette soltanto già sacer-
doti ; (3) sarebbero potuti viver tranquilli in famiglia;
splendido si affacciava l'avvenire, forti le speranze, le
(1) Lett. sulle vocazioni 15 ma g gio 1921, p. 207.
(2) L EM OYN E. - M emorie ecc., VI, p. 511-512.
(3) L EM OYN E. - VII, p. 161-164.
16 ,:1,

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D. ALBERA a Marsiglia.

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lusinghe, le seduzioni del mondo. Ma la pietà li chia-
mava; sentivano, che un'altra volta si ripetevano le
parole di Cristo : « siete un .piccolo gregge; ma un
regno spiri.tuale vi sta preparato » . Vedeano essi che
quella camera era come un cenacolo, dove si conferiva
a loro l'incarico stesso dato agli apostoli: euntes docete.
E ne uscirono senza timore e inquietudine, rafforzati
dalla parola del Venerabile fondatore, che li accertava
d'aver egli non solo probabili, ma sicuri argomenti es-
ser volere di Dio che la Società Salesiana cominciasse
e proseguisse per la gloria divina e per la salvezza
delle anime.
Ne usciva anche don Paolo Albera, nel fiore del
diciassettesimo anno, e s' accingea tosto al lavoro. Per-
.chè? Udiamolo un'altra volta.
« Il Venerabile - egli scrive - appena conobbe
essere volontà di Dio che si facesse apostolo della
gioventù povera e abbandonata, e che in tale aposto-
lato conseguisse la propria santificazione, si mise tosto
all'opera; la Regola e gli aiutanti sarebbero venuti in.
seguito, come il frutto dalla pianta.... Don Bosco....
pur conservando l'1dea fondamentale che la santifica-
zione personale deva precedere l'apostolato - con fine
intuito dei tempi e dello spirito moderno, insofferente
di certe metodicità non essenziali al conseguimento
del fine, comprese che con un po' di buona volontà
si poteva far procedere di pari passo la santità propria
e l'apostolato ». (1)
(1J Lett. 18 ott. '20.

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L'idea grande e sublime del Venerabile non tarda
a mutarsi in realtà. Nel '63 è la prima delle sue fonda-
zioni fuori di Torino, è il collegio di Mirabella; diret-
tore n'è don Michele Ru a; i suoi compagni sono
alcuni chierici ed aspiranti, ma di qual tempra! ve lo
dirà la storia successiva dell'Oratorio quando, v'incon-
trerete nei nomi di Giovanni Sonetti, di Domenico
Belmonte, di Francesco Cerruti e di Paolo Albera.
Egli v'insegna per cinque a nn i nelle classi del
gin nasio; lavo ro faticoso per tutti, anche se ad altro
non dovessero attendere; invece, mentre è insegnante,
è insieme discepolo; compie gli studi teologici, e fa
qùalcosa di più. Ventenne si presenta ad una sessione
straordinaria di esami all a R. Università di Torino e
vi consegue il diploma di professore di Belle Lettere.
Si giunse così al gi ugno '68, alla consacrazione
del tempio del!' Ausiliatrice, cui don Bosco volle pre-
senti, con i suoi rii To rin o, anche quelli di Mirabella
e di Lanzo; e a don Paolo, che allora compiva i 23
anni, disse di prepararsi all'ordinazione sacerdotale.
Qui sorse un terribile ostacolo. Erano in tre che si
di s putavano il chierico fornito di scienza e di pietà
singolari. Dall'una parte l'A rcivescovo Mons. Riccardi,
risoluto di non ammettere ai Sacri Ordini se non i
chierici del suo Seminario ; dall'altra il teologo Abrate,
paroco di None, uomo non mai avvezzo a cedere e
pieno di pregiudizi contro l'Oratorio. Fra essi don
Bosco, che aveva accolto ed educato quel chierico, l'a-
veva anzi fatto de' suoi per la professione dei voti.
La lotta fu lunga; difficile l'espugnar gli avversari,
20 .;1,,

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D. ALBERA nel Messico.

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perchè non piccolo sarebbe stato il premio della vit-
ioria ; ma la vittoria fu di don Bosco; Paolo Albera
rimase a Valdocco e il 2 agosto '68 veniva consacrato
prete a Casalmonferrato da Monsignd( Ferrè.
E il vero segreto di questo trionfo lo sapete voi?
Ascoltatelo da lui: << cinque anni ho ,vissuto col buon
Padre, respirando quasi la sua stessa anima, perchè,
si può dirlo senza esagerazione, da noi giovani d'al-
lora si viveva interamente della ·vita di lui, che pos-
·sedeva in grado eminente le virtù conquistatrici e
trasformatrici dei cuori! » (1)
Dal giorno ch'egli è insignito dell'augusto carattere
cominciano le tappe gloriose di quel cammino, lungo
il quale e in Italia e fuori, oltre le Alpi e oltre l'Oceano
-don Albera recò dovunque il nome del Fondatore,
ne attuò i disegni, ne diffuse lo spirito, ne convalidò
l'opera, e più che tutto ne mostrò rivivere in sè la
figura.
lo non posso che accennar brevemente.
li primo suo incarico è di svolger le pratiche per
l'accettazione dei giovani; delicatissimo ufficio, perchè
non si tratta già di sapere se chi batte alla porta del-
l'Oratorio possa o no pagare una qualsiasi retta men-
sile, ma ci vuole buon senso e buon cuore, per iscan-'
dagliare nell'anima e intravvedervi almeno la probabilità
-di una felice riuscita.
li campo, dapprima angusto, si allarga: ed eccolo a
( 1) Atti n . 3, pag . 55-56.
.:,. 23

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26 anni inviato ~d aprir la C asa di Marassi, o a me -
glio dire un ospizio. Quali ricchezze porta egli con,
sè ? appena il denaro bastevole per il viaggio; ma vi
è ben migliore tesoro : un cuore senza confini, un' il-
limitata fiducia nella Provvidenza, una prontezza che
non discute, come non discuteva Pietro al comando
di Gesù: e insieme quella pietà, che ha seco la pro-
messa anche delle temporali benedizioni.
Dopo un anno quell'ospizio è trasferito a San Pier
d'Arena in più comoda sede, e tali son ivi le prove
dello zelo di don Paolo Albera, che le orme ne du-
rano indelebili anche sei lustri più tardi: quando nel
1918 egli celebra la sua Messa d 'oro, gli ex-allievi di
quella Casa, sacerdoti e laici, gli offrono in dono l'al-
tare marmoreo per il Santuario dell'Ausiliatrice nella
contrada, ove nacque don Bosco.
li campo è angusto, s'all arghi an~ora una volta.
Nell 'ottobre '81 è designato Ispettore delle Case di
Francia, e vi consuma un decennio di attività porten-
tosa. Son questi gli anni, nei quali il popolo francese
- sempre così entusiasta delle sue glorie e sempre
così geloso delle straniere - si commuove per il santo
Benefattore di Torino, come già s'era commosso per
Vincenzo èe' Paoli e per il Curato d'Ars. Dall'82
all '86 don Bosco usa di passare in Francia i primi
mesi dell'anno, circondato dall 'aureola crescente della
virtù e dal prestigio dei miracoli, ch'egli attribuisce
ali' intercessione potente della sua Ausiliatrice. È uno
spettacolo singolare: le maggiori chiese di Parigi -
la Maddalena, San Sulpizio, Santa Clotilde - non ba-
.;}, 24

3.7 Page 27

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D. ALBERA fra i soci della Compagnia di Maria Ausiliatrice nel Colle gio Salesiano di Barcellona.

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~tano a contenere la folla; folla non soltanto di bor-
ghesi e di poveri, ma di ricchi, di nobili, di aristocratici,
di magistrati. Il maestro ecci isserà forse il discepolo?
Signori, no ; e ve lo dice il titolo, con il quale si onora
don Albera, di Piccolo don Bosco.
Quattro anni dopo la morte del fondatore, don Al-
bera è nominato, e poi confermato in due altri Capi-
toli, Direttore Spirituale di tutta la Pia Società. È la
carica, mi si consenta dirlo, più delicata e difficile.
Come rispose egli a tanta fiducia?
Del l'Angelico Dottore, se ben ricordo, un panegirista
diceva: « Chi vuol sapere di Tomaso, com'è vissuto,
veda com'egli ha scritto » . faccio mie queste parole
e ripeto: « veda come ha scritto don Albera, chi vuol
sapere com'egli ha governato ». Veda le sue Lettere
circolari di questi ultimi dieci anni; veda come l'uomo,
che ha felicemente scrutato gli abissi di ogni virtù
nell'anima di don Oiov..anni - Bosco, ne ha penetrato,
con più fortuna degli altri, lo spirito della Regola, e
come questo spirito Egli cercò di far conoscere, ap-
prezzare e rivivere in tutti, coadiutori, chierici, sacer-
doti, in ciascuno a misura della sua condizione e del
suo ufficio.
Tutto egli impernia sulla pietà; se vi è una preoc-
cupazione per lui è che l'attività salesiana inaccessi-
bile ad ogni scoraggiamento, il caldo entusiasmo per
i felici successi, oggetto di cristiana invidia ad altre
Congregazioni, abbiano a venir meno un giorno, ove
non siano fecondati, purificati e santificati da una vera
e soda pietà.
27 .:,.

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Sulla pietà si appoggia tutto il sistema educativo,
insegnato da don Bosco; e il Salesiano , se no n è so -
damente pio, non sarà mai atto all 'ufficio di educatore.
Di qui è necessario alimentar la pietà con molteplici
divozioni, precipue fra queste la divozione all' Eucaristia
e all'Ausiliatrice ; le quali, è vero, sono di tutti i tempi,
ma nuove e proprie dei Salesiani per il modo usato
da don Bosco nel diffonderle e farle amare . (1 )
Le varie opere, nelle quali il disegno del Fondatore
si espa nde, i collegi, le scuole, i laboratori, le colonie
agricole, son tutte incoraggiate da lui, ma alla pietà
di don Albera sorridono in modo particolare gli Ora-
tori festivi, perchè alla loro influenza Egli precipua-
mente attribuisce conversioni freq uenti e insperati ri tor-
ni al bene. Che se parla di vocazioni, mostra ov'è il
secreto per coltivarle senza patir delusioni e sconforti;
<< con la nostra condotta e carità - Egli scrive - ne
possiamo aver quante vogli a mo ». (2) E poichè il pri-
mo posto nella Società Salesiana lo tengono i sacer-
doti, è alla loro formazione ch 'egli rivolge ogni cura.
Devono essere uom ini di studio, sa riuscirvi meglio
che proponendo a loro qual modello don Bosco. Esso
g li offre occasione di mostrare l'alta stima che ha del
carattere sacerdotale, e quali siano i doveri del sacer-
dote: primo di tutti lo studio, poichè si deve acquistare
la scienza, e studiare, anche se dotati d'ingegno forte
{1) 13-3-21.
(2\\ Lett. 31-5-913.
.;1, 28

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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D. ALBERA a Valsalice fra i giovani fi g li di Italiani profughi dell 'As ia Minore durante la guerra
Italo-Turca da lui caritatevolmente raccolti negli Istituti Salesiani.

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4.3 Page 33

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ed eletto, per consolidare la pietà e avvalorare l'apo-
stolato; studio però che dee farsi, senza detrimento
della vita interiore e degli altri obblighi del ministero;.
studio di ogni scienza sacra - dalla Bibbia alla Litur-
gia, dall'Ascetica al Diritto, - chè tutte giovano alla
direzione delle anime e a far dei santi anche fra i gio-
vani, come lo furono Domenico Savio, Francesco Be-
succo e Michele Magone. Nè soltanto lo studio delle
scienze sacre, ma insieme le lettere e le scienze pro-
fane, perchè il sacerdote deve seguire con sano criterio-
e sapiente indirizzo il movimento delle idee del suo,
tempo, le recenti scoperte, la tattica attuale dei nemici
della Chiesa, le nuove forme che l'errore riveste, le
obiezioni contro la verità, congiungendo così nello
studio le due virtù necessarie per edificare in se me-
desimi e negli altri, come avvertiva San Bernardo: at
aedificentar, et pradentia est; at aedificent, et hoc cha-
ritas est.
Ad evitare però che lo studio e l'attività distolgano,
i sacerdoti salesiani da ciò che è lo scopo della vita
dei religiosi, Ei li richiama alla stima soprannaturale
della loro vocazione, alla coscienza perenne del grave·
dovere ch'essa impone di servire le anime per guada-
gnarle a Dio, tendendo per la loro condizione di Sa-
lesiani non soltanto alla virtù, ma ad acquistarla nel
grado più perfetto che sia possibile. Sopra dello studio,.
dunque, la preghiera, le pratiche di pietà, ch'egli enu-
mera e illustra, non tralasciandone neppur una sola.
Per tutto questo don Albera insiste sempre nella
raccomandazione medesima; che s'imiti don Bosco,.
31 .st,

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ùzspice et jac; quest'uomo di Dio, il cui lavoro era
sempre tranquillo, eguale a sè, imperturbabi le, perchè
si gettava con fiducia nelle braccia del Padre celeste;
che voleva prevenire con la dolcezza e non reprimere
con la violenza; che nei giovani trovava i suoi predi-
letti, essendo questa predilezione perfezione di amore;
che non escludeva !'. urbanità e il galateo, usandone
anzi per effondere in una più vasta cerchia sociale il
buon profumo delle più elette e delicate virtù, e, ve -
dendo nelle creature il Creatore, non facea distinzioni,
non guardava nè alle colpe, alle inimicizie, nè alle
ingratitudini, al colore politico.
Ben mi fu detto che don Albera fu il Rodriguez
della Società Salesiana. Ma tutto ciò non poteva inse-
gnare e inculcare che un uomo vissuto della vita di
don Bosco e cosciente della eccellenza di quella Re -
gnla, che il Fondatore aveva scritto a prezzo di veglie,
di preghiere, di lagrime. Regola, per la quale don
Albera stava sempre in guardia onde non penetrasse
nella Pia Società nessuno dei tarli roditori dell'osser-
vanza religiosa, e specialmente il prurito di riforma.
« Noi - scriveva Egli - dobbiamo rimanere quali ci
volle don Bosco » . (1) Con questa piena conoscenza
e con questo criterio Egli può ben essere il Direttore
generale di spirito nella Congregazione e recarne
ovunque intatte le norme, perchè, dov'Egli passa, passa
don Bosco.
(1) Il Atti n. 2, p. 14S.
.;J, 32

4.5 Page 35

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D. P. RICALDONE
Card. CAOLIERO
D. ALBERA
da una fotografia presa a Roma in occasione della elevazione
alla Sacra Porpora del Cardinal Cagliero.

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4.7 Page 37

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E in quei diciotto anni po.ssa d ov unque. Passa in
Italia e nelle Case d'Europa ; passa nell'Algeria, nella
Tunisia, nella Palestina ; dall 'agosto 1900 all 'aprile 1903
passa in tutte le Americhe, nell'Argentina, nell ' Uruguay,
nel P a raguay e nel Brasik s ino al centro del Matto-
grosso nelle col o nie indi ge ne dei Bo roros ; passa nella
Patagonia e nell e iso le Ma _:{e llaniche, com presa l'isola
Dawson ; ne! C hil ì, nel! ~"!. Bol ivia, nel P erù, nell'Equa-
tore, nel Venezue'a e nella Columbia; passa nei Laz-
zaretti dei lebbrosi ad Ag ua d e Dios e a Contrataci6n;
nel Messico e negli Stati Uniti del Nord: e passa come
un apostolo, passa come le nubi , ma piene, gravide
cli p iogg ia, c he riversano s ull a terra: si rep!etae juerùzt
nubes, ùnbrem super terram ejju:tde1tf.
Se questo fu s ino ad o ra il s uo co mpito, ben me-
glio gli è dato di esercita rlo con nu ova forza di piena
autorità, quando, mo rto nel 19 1O don Rua, il Cap itolo
Superiore lo nomin2 Rettor M2g gi ore della Pi a Società.
Ho detto lo nomina; dovremmo dir lo ratifica, perchè era
quel convegno u na cerimoni a di semplice constatazione;
sin dal 22 novembre 1877 il Venerabile, sedendo a
mensa nel Collegio S. Carlo di Borgo S. Martino lo-
aveva profetizzato suo seco ndo successore.
La Società Salesiana p er opera di don Rua toccava
ormai ta le svi luppo, avev a tale es pansi o ne da potersi cre-
dere ragionevole un periodo di sosta.
Non fu così; n el d ec ennio d e l Rettorato di don Al-
bera il numero dei membri si accresce di 705 ; quello
delle Case di 103; alle Mi ss ioni si aggiungono il Vi-
cariato Apostolico di Shiu-Chow nella Cina, la nuova
.;I, 35

4.8 Page 38

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Prefettura del Ri o Negro nel Brasile, le Missioni del
Congo Belga e, accettata nel l' anno testè passato, la
Prefettura dell' Assa m, dove fra sette milioni di idola-
tri, che parlw o più di sessanta lingue diverse. sono
appena cinque mila quelli che adorano Uesù Cristo.
E notate che questa meravigliosa espansione per gran
parte si compie in anni difficili, anzi in un tempo, nel
quale parea che tutto si dovesse arrestare per forza;
cioè mentre la g uerra imm ane desol ava l' Europa ; e
coadiutori, chierici, preti Salesiani a centinaia lascia-
vano la Casa pacifica e santa per il trambusto della
caserma, per i pericoli del ca mpo e della trincea ;
e gli edifici salesiani si mutavano in ospedali mili-
tari.
Eppur no; le difficoltà accrebbero lo zelo di don
Paolo Albera.
li mellifluo di Chiaravalle, commentando la Can-
tica, scrivea: « come le stelle risplendono di notte,
e di giorno si occultano, così la vera virtù, che spesso
nella prosperità non compare, nelle avversità brilla
in tutto il suo fulgore >>. Ebbene, la virtù di don Al-
bera, che anche negli anni tranquilli ha dato sì chiari
lampi, raddoppia la sua luce nelle avversità della guerra.
Durante il disastro le Case Salesiane tutte rimasero
aperte e rigurgitarono di giovanetti orfani e profughi;
accolsero e provvidero a circa trecento orfani; spezza.
rono il pane del corpo e dello spirito a più di cin-
quecento profughi delle terre invase; e, quasi fosse
poco, si proseguirono opere già iniziate e si osò accin-
.gersi c.d altre nuowe.
36 .;J,

4.9 Page 39

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D. ALBERA a Val sa lice fra i giovani figli di Italiani profughi dell'Asia Minore durante la guerra
Italo-Turca da lui caritatevolmente raccolti negli Istituti Salesiani.

4.10 Page 40

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5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

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A Torino si aperse un Oratorio festivo nella borgata
di San Paolo, e di un altro si accettò la direzione
nella borgata di Monterosa . A M onte Oliveto presso
Pinerolo si portò a 80 il numero degli orfani ricove-
rati; a Roma si diè l'ultima mano all'edificio della
Scuola pratica di agricoltura per più di cento orfani
di contadini morti in guerra; a Livorno si compì
un'ala del l' istituto per far posto a un'altra schiera di
orfani; a Fiume s' inaugurò un Oratorio con un pen-
sionato per giovani studenti e artigiani; a Wi.irzburg
in Baviera si assunse la direzione di una casa di pro-
tettorato per giovani operai; a Kielce nella risorta
Polonia si piantò un istituto per orfanelli, che potran-
no essere più centinaia; un 'altra Casa in Cracovia, e
due fondazioni nuove in Americ:,,..
Emule dei Salesiani furono le Suore di Maria Ausi-
liatri ce; sale di lavoro, scuole professionali gratuite,
case per le giovanette profughe, asili per orfani o figli
di richiamati, ospitaletti infantili si apersero a Napoli,
a Bronte, a Formigine, a Lugo di Romagna, a Ora-
vellon a Toce, a Nizza Monferrato; e fuori d'Italia a
Salamanca in Spagna e a Lima Prado nel Perù.
Non basta; acl Aulla in quel di Sarzana accettarono
un nuovo convitto per giovani operaie; a Casalmaggio-
re apersero un Oratorio festivo; a Genova una casa
per le fanciulle profughe, che la sventura lanciava sole
e inesperte nel mezzo di una città sconosciuta; in Sa-
lita Battistoni e ::i S. Olcese di Valpolcevera un asilo
per orfani di padri c2.duti sul campo; a Braze Reibe-
riì.o Preto nel Brasile due Oratori festivi per le figlie
.:,. 39
l

5.2 Page 42

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d'immigrati italiani; a Mahwah negli Stati Uniti del
Nord l'assistenza delle figlie degli operai di un grande
stabilimento inglese; nei pressi di Lima il servizio di
un lazzaretto per i colpiti dalla peste bubbonica.
E questo fino al 1918; taccio del molto e più che
si fece, dopo il giorno fortunato dell'armistizio, dopo
la g loriosa gesta di Vittorio Veneto.
Ma, pur tacendone, non posso non mettere in luce
il senso squisito di modernità, la piena conoscenza
dei bisogni de' tempi; doti, che, se rifulsero sempre
in don Albera, ancor più belle si mostrarono nell ' ul-
timo periodo della sua vita.
Egli appieno intese che la Congregazione Salesiana
ha - come scriveva - « un primato di sana moder-
nità che le è proprio; » ( 1) e vide insieme che, finita
la tremenda guerra europea, ne perdureranno, chi sa
fino a quando, g l'innumerevoli effetti deleteri; tra i
quali primeggia lo sconvolgimento di non pochi dei
principi, che devono reggere l'umana società; non si
vuol più riconoscere autorità di sorta, nè divina nè
umana; non più diritti, non più dig nità nè gradi ; si
pretende ridurre tutti ad uno stesso livello materiale e
morale, anzi di valori morali non si parla più affatto,
ma so lo della materia, della sordida materia. (2) Con-
viene rivolgersi alle classi povere, umili, lavoratrici,
non però con eccitamento a rivolta, ma con parola
\\ 1) Atti, an n. I, n. 3, · p. 59.
(2) Atti, 2, 2, p . 136.
40 .;1,

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11 Card. CAGLIERO e D. ALBERA.

5.4 Page 44

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5.5 Page 45

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ispirata alle sante massime del Van ge lo e con le opere,
che la carità evaììgelica insegn a; conviene persuader
queste classi che la loro ascensione non istà nella forza
bruta, che spinge ai tumulti e alle barricate, ma nella
forza dell 'onestà, per cui, senza distruggere i varì gradi
sociali, che sono un disegnò di provvidenza, a fianco
dello stemma gentilizio può mettersi quello non meno
nobile de! lavoro.
È per questo che negl i anni del dopo guerra don
Paolo Albera bada più che tutto al movimento pro-
fessionale, a lle colonie agricole, alle scuole professio-
nali e agricole; ricordo la Casa per settecento g io vani
a R6zanystak in Pol o nia; le scuole popolari a Varsavia;
quattro nuove Case -pensione con Oratorio festivo per
artigiani in Baviera; la colonia agricola presso Limerich
in Irlanda; e, venendo alle ragazze, la scuola profes-
sionale per giovani operaie al Testaccio e nel quartiere
di S. Saba in Roma; l'altra a Novara Cittadella; i con-
vitti per le operaie e perfino le case di cura e le colonie
marine; l'alta o norificenza che di mota proprio gli
conferisce il Sovrano è un giusto premio ali' attività
dei Salesiani in chi di tutti loro è la mente ed il cuore.
E invaghito, assorto nel suo disegno, Egli va in -
nanzi umile, mansueto, pio, senza cedere ad ostacoli,
a fisiche infermità; sembra quas i che, presentendo vi-
cino il riposo dell ' oltre tomba, voglia raddoppiare di
lena e trarre d alla debolezza del corpo forza allo spi-
rito . I primi assalti del male, che lo coglie il 15 marzo
1819, Ei li dimentica, non tosto può in qualche modo
ristabilirsi in salute. E prosegue, come prima, dalle 5
,;J, 43

5.6 Page 46

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del mattino a tarda sera sempre assiduo al lavoro,.
sempre recandosi ove lo si desidera. È a Roma, chia­
matovi per gli affari della Congregazione; è a Frascati
per l'ingresso del Card. Cagliero in quella diocesi
suburbana; è in Francia, dove risaluta benefattori ed
amici; è a Cussanio nel Fossanese per le feste cen­
tenarie della Madonna del Buon Consiglio; è a Mo­
dena per il XXV di quell'Istituto; è a Grugliasco per
le orfanelle di guerra;·è ripetutamente in tutte le Case
di Torino.
È tra voi, Milanesi, che amò di specialissimo affetto,
zelando con ogni industria il fiorire di questo Istituto;
e come nel 1897 ne avea presenziato l'inaugurazione,
come ne seguì con rapido interesse lo sviluppo, così
- eletto Superiore - diede tutto il suo appoggio e
tutto il suo concorso per il compimento di questo
magnifico tempio; nel giugno del 1920 godette vederne
la splendida consacrazione; nel giugno scorso fu an­
cora tra voi, s'intrattenne con i giovinetti e i confra­
telli, e prese visione d'importanti disegni che qui si
maturano per l'incremento delle opere salesiane; non
dimenticatelo, o signori; la visita dello scorso giugno
a Milano fu l' ultima eh' Egli fece, ormai stanco ed
affranto, fuori dell'archidiocesi torinese.
Sul lungo sentiero, ove neppur la malattia gli tardava
l'alacre passo, non gli mancarono gioie e conforti, sì
da poter ben dire con il profeta dei salmi: a misura
de' miei dolori le tue consolazioni, o Signore, ralle­
grano l'anima mia.
Egli vide insignito della Porpora uno dei 22 compa-
44 .JI.

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La salma di D. ALBERA nella Cappella ardente.

5.8 Page 48

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5.9 Page 49

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gni della prima professione reli g iosa; accolse tornanti ,
come rondini al nido, i Salesiani di spers i dall a g uerra,
nei qua li avea mantenuto con le frequenti sue lettere
lo spirito e la fedeltà d ella vocazione; benedisse per
quattro vol te neg li ultimi anni i drappelli di missionari,
che s i dispo neva no a solca r l'Ocea no per la Cina, per
il Rio Negro, per il Nord America, per I'Assam ; ebbe
la sorte di celebrare il primo ce nte nario della festa del-
1'Au si liatrice, quello d ell a nasci ta di don Bosco e la sua
Messa d 'oro, ciò che no n poterono nè il Venerabile
don Ru a; ammirò il postumo trionfo del Padre,
quando su lla pi azza ct ell 2 Basi li ca s' inau g urò il gran-
dioso monumento, e raccolse a convegno internazio-
nale i Coo perato ri, g li ex-allievi, le ex-allieve; scorse
intorno a quel monum ento diecimila g iovani torinesi
con il vessillo be nedetto dal Card. Richelmy ripetere
al dolci ss imo apostolo d ell a g ioventù i propositi più
generosi; gioì di quindici chierici venuti dal lontano
Paraguay per istudiar teo logia presso la Casa Madre
Salesia na; in augurò il tempio votivo nella contrada
de' Becch i in alzato con le offerte dei bimbi d'Italia
durante la guerra.... E sognava di aprire il 28 dicembre
l'a nn o centenario della morte di San Francesco di
Sales ; sog nava di porre il 30 ottobre - ahi! doveva
essere il giorno de' suoi funera li - la prim a pietra
del tempio della Sacra famiglia, c ui avrebbe consa-
crato la famiglia s ua g ra nde e tutte quelle dei Coope-
ratori. Ma la s ua g iornata era o rmai piena di meriti ;
l'ann un cio teleg rafi co della morte di Mons. Costamagna
spentosi il 9 settembre a Berna( presso Buenos-Ayres
.:1- 47

5.10 Page 50

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e quella, il 22 ottobre, di Mons. Marenco, reduce dalle
Repubbliche del Centro d'America e voluto da lui
stesso confortare degli u[timi sacramenti, finirono di
spezzarne la fibra. La sera del 28 Egli cenava con gli
altri membri del Capitolo e s' intratteneva a conversare
più a lungo del consueto; la mattina dopo alle 5,
colto da malore improvviso, in pochi minuti s'addor-
mentava placidamente nel Signore; avea sparso nelle
lagrime, raccogliea nella g ioia ; avea seminato in ab-
bondanza, e in abbondanza portava i covoni nel
granaio celeste: qui seminat in benedictio11ibus, de be-
nedictionibas et metet.
Chi fu quest'uomo dall ' ingeg no sodo e profondo,
dalla mente forte e preci sa, dalla pietà illuminata e
sentita, così sobrio nel gesto, così misurato nei movi-
menti, così parco nella parola ? quest' uomo di bontà
sempre materna, un po' curvo perchè avvezzo a parlar
con i piccoli, giovine anche nella vecchiaia, perchè la
purezza virginea rinnovava in lui il prodigio di Filippo
Neri? Chi fu quest'uom o ?
Vi risponde la commozion e di Torino all'annuncio
della sua morte ; la folla addensatasi nella cappella
ardente a vederne un 'ultima volta le dolci sembianze ;
folla in gran parte di soldati, di tramvieri, di operai,
di artigiani, di poveri, che ancora domandavano un
lampo di amore a quei piccoli occhi spenti, un sor -
riso a quelle pallide labbra, una parola soave a quella
lingua muta, il gesto pudico della ben nota benedi-
zione paterna a quelle mani irrigidite, e leggevano
48 .;1,

6 Pages 51-60

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6.1 Page 51

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ancora sulia fronte rugosa i santi pensieri, le sollecite-
preoccupazioni, e nella nivea chioma incorniciante il
cereo capo sco rgev3 no il simbolo dell'anima volata
agli eterni riposi.
~.,
oo..
u"'
Chi fu quest'uomo? Vi risponde il trasporto della
sua salma; il lungo corteo di 50 mila perso ne, oltre le
50 mila che gremiscono le vie, le finestre, i poggiuoli,
g li abbaini.
.:J. 49

6.2 Page 52

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Sono centinaia di sacerdoti, ai q uali con la parola e
più con l'esempio insegnò ad essere sale della terra
L'impon ente
corteo
ne!la piazza
Maria Ausi-
li at rice.
e lu ce del mondo.
Sono mig liaia di g iovani, ai quali inculcò d'essere,
non solta nto di parere cristiani.
Sono pi•ofessionisti e magistrati, cui ri cordò gl' in .
.... nel Corso
Regina Mar-
gherita.
violabili diritti della gi ustizia.
Sono o perai alti, tarchiati, dalle membra erculee,

6.3 Page 53

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dalle mani incallite, per i quali ai dieci ex-allievi entrati
per il voto dell'urna nel Consiglio Comunale di To-
La sa lm a
esce dall'O-
ratorio e vi e-
ne traspor-
tata a Valsa-
lice.
rino avea detto: << date alberi e giardini anche ai
n ost ri operai, che so n tanto buoni ».
Sono padri e madri, che a lui, a' suoi Salesiani
A Valsalice.
La sa lma
è tolta
dal furgone.
affidarono i figli, e se li videro quasi cangiati da lupi
in agnelli, fatti sobri e amanti del lavoro e dell 'onestà.
.;J, 51

6.4 Page 54

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-------..--.......-- -
· Sono più che duecento vessilli, nessun dei quali
preoccupa e impensierisce, perchè vi si aggruppano
intorno non turbe frementi a rivolta, ma stu o li di
buoni, che vogliono la concordia, la pace, l' a more ,
la speranza, la pietà da lui in ogni occasione racco-
mandate.
Chi fu quest'uomo? Vi ri spo ndono le espressioni di
-dolore che arrivano da ogni parte. L'Augusto Pontefice
ne apprende la luttuosa notizia con vivissima pena;
« grave perdita >-' la chiama il Prefetto di Torino espri-
mendo le condoglianze per incarico dei Sovrani ; « mo-
dello di ogni virtù; grande benefattore di tutti gl ' italiani
anche nelle più lontane terre, degno successore di don
Bosco, gloria torinese » lo dice la principessa Letizia;
a nima elettissima » il Card. Richelmy ; « santo voluto
da Dio nella su4 gloria al posto che meritava ; sace r-
dote di virtù dolce e forte, d 'attività instancabile, di
carità senza limiti » il Card. Pompilj; « vero santo »
il Cardinal Bagg iani ; e il vostro novello Pastore,
I' Em. Card. Ratti, esprimeva « condoglianze tanto più
vive quanto più apprezzata e cara la conoscenza per-
sonale del venerato compianto » .
Quello della stampa italiana e straniera fu senza
distinzione di parte un omaggio unanime, un plebiscito.
Tutti, ammirarono, poichè, già scriveva S. Giovanni
Crisostomo, tanta è la forza della virtù, da ammirarla
quelli perfino che la combattono .
E così anche dagli uomini più ragguardevoli d ' ogni
partito ebbe Eg li l'encomi o. Non ci terò che il tele-
gramma di Paolo Boselli, stupenda fotografia del pio
52 .JJ.

6.5 Page 55

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sacerdote, oggi da noi rievocato con desiderio intenso.
« È perdita immensa - egli scrive - per quanti cre-
dono che gli uomini che più sentono il cielo sono i
migliori sulla terra. Don Albera aveva nelle sembianze
e nell'anima la misticità ispiratrice; aveva nelle opere
l'umanità che insegna e consola. Quanto di don Bosco
viveva in lui! A questo lutto io partecipo con un
compianto, che è ammirazione verso l'estinto e fede
A Valsa/ice. - La salma tra sp ortata
nella Cappella interna per l'Ultima Assoluzione.
nel proseguimento di quelle istituzioni, che egli tanto
amò, edificò, benedisse coll'esempio, col lavoro, colla
preghiera. Egli fu uno di quegli uomini che passano
sulla via della santità e lasciano luce e amore ».
La mattina del 31 ottobre la salma di don Paolo
Albera veniva condotta a Valsalice, per riposare ac-
canto a quelle di don Bosco e don Rua, là dove si
educano chierici e missionari; là dove palpita il cuore
della Società Salesiana.
« Prendilo con te » avea detto il teologo Abrate,
.;1, 53

6.6 Page 56

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consegnando al Venerabile il giovine tredicenne, e don
Bosco ottemperò fedelmente ali' invito; prese con sè
Paolo Albera e con lo tenne nelle agitazioni della
vita, con sè nel riposo della morte; con sè a Valdocco
e con sè a Valsa lice. Anime, sepolcri, nomi che non
è lecito di separare.
L'Em. Patriarca d1 Venezia il Card. La Fontaine,
mandando le sue condoglianze, diceva: « don Bosco,
don Rua, don Albera fulgebunt in perpetuas aetemi-
tates. Anime belle t Dormono nel sonno di Dio ».
E noi dinanzi a quelle tre tombe, che - un presen-
timento luminoso mi ricerca l'animo e quasi vorrei
dir mi assicura -- si cangeranno in altari, noi ascol-
tiamo una voce che, se oggi è quella stessa di don
Albera, è pur l'eco, anzi la voce de' suoi due com-
pagni di riposo .
È una voce per noi Cooperatori ed amici della So-
cietà Salesiana: - « mentre vi prometto le mie povere
preghiere e quelle dei miei Confratelli e delle Figlie
di Maria Ausiliatrice, perchè lddio misericordioso sia
largo con voi di ogni benedizione nel tempo e nel-
l'eternin, voglio assicurarvi, a giusto conforto, che
anche i nostri allievi, particolarmente i numerosi orfa-
nelli e i nuovi cristiani d'ogni centro di missione, ri-
cordano og ni giorno e raccomandano a Maria SS. Au-
siliatrice ciascuno di Voi , le vostre famiglie e le vostre
intenzioni » . Sarebbe, dunque, follia trascurare un aiuto
sì copioso e sicuro, e no n rendersene ogni dì più
meritevoli con l'affetto o peroso per la Pia Società
Salesiana .
.;J, 54

6.7 Page 57

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Ma la voce è ancor più augusta e più sacra per
voi, o figli di don Bosco, sparsi dovunque, dalle Alpi
alle Cordigliere, dal l' Inghilterra all'estremo lembo della
Patagonia. Dopo avervi ricordato lo spettacolo avutosi
per l'inaugurazione del monumento, quando tutti con-
vennero per recare a don Bosco il tributo riverente
dell'ammirazione e della gratitudine universale, don Al-
bera vi dice: « questo spettacolo, ornai passato alla
storia, si riprodurrà e rinnoverà perennemente per
opera nostra, se ciascuno di noi farà riv ivere in don
Bosco ; perchè allora continueranno ad affluire le fa-
lan g i g iovanili attorno al Padre, e in tutti i paesi della
terra il nome di don Bosco continuerà ad essere ac-
clamato e benedetto, perchè vivente nei figli ». (1ì
E voi lo giurate, o benemeriti Salesiani, su quelle
tre tombe, sacre come le tombe dei Patriarchi.
E allora, se per i tre grandi, rievocati insieme oggi
alla scomparsa dell ' ultimo, sta bene riiessere l'elogio
del Siracide : « furono uomini di somma virtù e di
prudenza; ebbero dai co ntemporanei la lode, e della
loro sapienza continueranno a parlare i posteri », è
lecito anche per il vostro g iuramento proseguir nel
resto della pagina ispirata: « ogni bene rimas~ nell a
loro posterità; eredità santa i loro nepoti, perchè ai
loro insegnamenti stettero saldi; per essi vivono i loro
figli di vita perenne; la g lo ria della loro istituzione
.non c2drà in oblio ».
1l l Letl. 18 ott. '20.

6.8 Page 58

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Così don Albera, · con don Bosco e don Rua, come
tre angeli che rallegrarono la tenda di Abramo,
sarà in mezzo a voi, sempre vicino, mentre è pure
tanto lontano; e parrà ch'egli prosegua la sua opera
santa di civiltà e di religione, spargendo a vantaggio
di questo mondo in subbuglio il seme con abbon·
danza, per raccogliere in abbondanza i manipoli: qui
seminai in benedictionibus, de benedictionibus et metet..
56 .;/,

6.9 Page 59

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Autografo di D. ALBERA
Da w i bigliettino logoro ed ingiallito dal
tempo trovato in 1m piccolo portafog lio che
D. Al'1era da molti a1111i teneva con sè.

6.10 Page 60

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NB. - (2.__ueslo elogio, a66revialo per necessità di-
circoslanze, e con te modificazioni volute daf luogo, fu ri·
petulo a Verona l' 1 dicem6re 1921 - a Venezia il·
22 gennaio - ed a ,1renlo if 2 fe66raio 1922.

7 Pages 61-70

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7.1 Page 61

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Mediolani, 24 Aprilis 1922.
Ex <)elegatione imprimatur.
Sac. F RAN C. B ALCON I, Arch., Ce11s. Ecc.

7.2 Page 62

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