Intervista al rettor maggiore alla fine del capitolo 25°


BUTERA

Don Pascual siamo alla fine del capitolo 25° qual è il suo bilancio?


CHAVEZ

Fondamentalmente positivo io penso che gli obbiettivi tracciati dalla lettera di convocazione siano stati raggiunti e che l’atmosfera in cui è stato vissuto questo capitolo è stato molto positivo, cioè molto salesiano, direi una vera esperienza di comunità.


BUTERA

Tutto è iniziato con la relazione sullo stato della congregazione: come le è stata consegnata la congregazione? Quali ombre la preoccupano e quali luci invece le danno speranza?


CHAVEZ

Don Vecchi ha lasciato una congregazione in uno stato di salute robusto: con progetto, con dinamismi, perfino con iniziative molto innovatrici dal punto di vista dell’animazione del governo. E queste sono senz’altro le luci.

Ci sono anche delle ombre, per esempio la fragilità delle vocazioni specialmente nella fascia dei più giovani, a volte la difficoltà a raggiungere in profondità i giovani in maniera tale che la nostra offerta educativa-pastorale giovi a maturare grosse e robuste personalità.


BUTERA

Il CG ha avuto come tema la comunità: come il CG ha ridescritto la comunità, quali sono le novità sostanziali?


CHAVEZ

La vita fraterna e la testimonianza evangelica vissute nella vita comunitaria dovranno aiutare ad avere una presenza animatrice tra i giovani più viva e più efficace.


BUTERA

Come sogna il Rettor Maggiore la comunità del nuovo millennio? Quale direzione vorrebbe assegnare in questo senso alla congregazione?


CHAVEZ

È stata mi sembra ben delineata dal lavoro capitolare.

Noi immaginiamo una comunità con dei rapporti interpersonali profondi, con una capacità di condivisione dell’esperienza spirituale, con spessore spirituale, con una presenza tra i giovani molto più viva, sì che possiamo veramente diventare evangelizzatori, educatori e vocazionalmente molto propositivi.


BUTERA

Di solito si pongono e si individuano le sfide attuali: quali sono le sfide che vengono poste alla congregazione oggi?



CHAVEZ

Ci sono sfide che vengono dall’esterno e altre che vengono dall’interno della congregazione stessa.

Individuerei dall’esterno alcuni tratti culturali che sono poco sensibili ai valori evangelici e che condizionano la vita del credente, la vita della comunità e quindi di qualsiasi presenza salesiana nel mondo.

Altri provengono dall’interno stesso, come può essere la superficialità spirituale, a volte la mancanza di qualità nella proposta educativo-pastorale, questa sproporzione che c’è tra mole di lavoro e risorse salesiane che possono mettere a rischio l’unità interiore del confratello stesso.



BUTERA

Alcune regioni del mondo sono interessate ad un vistoso calo di cristianità e di vocazioni, altre invece no. Come porsi di fronte a questo fenomeno?


CHAVEZ

Direi che il fenomeno vocazioni dipende da diversi fattori.

La demografia in primo luogo, l’esperienza di famiglia, il benessere, il clima religioso o meno, la capacità di avere una pastorale giovanile che veramente riesca a maturare progetti di vita.

Dipende da tantissimi fattori che devono essere presi in considerazione.

Al tempo stesso sono convinto che specialmente nei paesi dell’antica tradizione cristiana la sfida è quella delle vocazioni: quindi si deve impegnare molto di più sia l’ispettoria, sia la singola comunità nel coltivare le vocazioni.

D’altra parte dobbiamo essere più tranquilli per il fatto che possiamo constatare come in altre zone della congregazione ci sia uno sviluppo e una crescita vocazionale consistente e promettente.


BUTERA

Su quali aree prevede di concentrare maggiormente l’animazione del Consiglio Generale?


CHAVEZ

Quando è stata fatta la presentazione della relazione del Vicario del Rettor Maggiore sono emersi alcuni problemi che dovranno diventare priorità nella programmazione.

È accaduto lo stesso quando si fece un’analisi della situazione della congregazione da parte dei capitolari prima dell’elezione del Rettor Maggiore e del suo Consiglio… e finalmente senz’altro le grandi scelte che potrà fare il capitolo generale 25° sembra che lì ci siano i nodi per una vera programmazione di fondo.


BUTERA

Lei può già indicare qualcuna di queste?


CHAVEZ

C’è prima di tutto quella della comunità per garantire le condizioni che possano portare al porto quelle decisioni che si sono prese, per esempio avere comunità più fraterne con più visibilità evangelica, con una presenza più in mezzo ai giovani, più animatrice, più propositiva… poi tutto quello che si riferisce alla formazione, la formazione è apparsa come uno degli elementi prioritari che si dovranno curare.


BUTERA

Congregazione e famiglia salesiana del nuovo millennio. Come prepararsi a prendere il largo?


CHAVEZ

Ma io direi che la famiglia salesiana in qualche senso ha già preso il largo.

La lettera di comunione e dopo carta della missione indicavano già degli elementi di che cosa fare: cioè prima di tutto crescere in senso di famiglia, in senso di appartenenza a questa esperienza spirituale che nasce attorno a don Bosco e al tempo stesso di creare più sinergia in maniera tale da poter essere più significativi nel territorio dove lavorano parecchi gruppi della famiglia salesiana.

In maniera più specifica don Vecchi nel suo commento alla strenna dice che si dovrebbe prendere la direzione verso dove la pesca possa essere più garantita.

E lui indica quelle espressioni di presenza salesiana dove si può sollevare la speranza, dove ci sono programmazioni concrete, dove c’è testimonianza più credibile e più leggibile.

Mi sembra allora che è questione di rendere operative queste linee già tracciate.


BUTERA

Avrà ricevuto una miriade di messaggi. Quale l’ha rassicurato di più, quale lo ha preoccupato di più?


CHAVEZ

E difatti è stata una miriade di messaggi… è stato difficile rispondere a tutti quanti.

Devo dire che non ho ricevuto nessun messaggio preoccupante.

Il tono e il carattere di tutti quanti era piuttosto incoraggiante, esprimendo una viva affezione a don Bosco, un grande amore a don Bosco attraverso la figura del Rettor Maggiore, offrendo la disponibilità a lavorare insieme e al tempo stesso garantendo la preghiera, così che io sono contento e mi sento incoraggiato.


BUTERA

Cosa vuol dire essere don Bosco oggi in particolare per lei che è il 9° successore?


CHAVEZ

Il Santo Padre quando ebbe la grazia di riceverci per questa assemblea di tutto il capitolo generale 25°, nel saluto rivolgendosi al Rettor Maggiore diceva che aveva il compito di guidare la nostra famiglia religiosa, con entusiasmo, con grande docilità allo Spirito Santo e mantenendo sempre vivo il carisma di don Bosco così attuale… questo significa che in termini generali è il mio compito.

Più in particolare mi sento chiamato a pilotare questa avventura verso il mare aperto e in acque profonde con alcune sottolineature molto specifiche, per esempio avere uno sguardo verso il Cristo, il che vuol dire crescere in capacità di contemplazione di Cristo, partire da Cristo per ritornare ai giovani con lo stesso entusiasmo e zelo pastorale di don Bosco. Ecco mi sembra che tutto questo per me significa in questa tappa storica essere il successore di don Bosco.


BUTERA

Allora quando qualcuno l’ha definita il Rettor Maggiore del Duc in Altum a lei sta bene questa cosa?


CHAVEZ

Mi sta bene perché coincide con questa fase della storia della congregazione e della Chiesa.


BUTERA

Un ultima domanda don Pascual. Il capitolo 24° ha descritto il rapporto di condivisione con i laici. Qual è la sua lettura di verifica a sei anni da quel capitolo?


CHAVEZ

Il bilancio è assai positivo. È cresciuta la coscienza che la comunità deve essere il nucleo animatore della comunità educativa salesiana e deve essere il nucleo dinamizzatore di tutta la famiglia salesiana. C’è stata sempre una migliore collaborazione salesiani laici. Si è cresciuto anche in senso di appartenenza e di corresponsabilità. Le proposte di formazione dei collaboratori laici mi sembra che siano state molto arricchenti. C’è ancora strada da fare perché cambiare da un paradigma piramidale ad un paradigma circolare non è sempre facile, almeno non per tutti. Continuare a lavorare con una mentalità progettuale, sempre con un senso di corresponsabilità e non solo di collaborazione, richiede tempo.

Da parte dei laici si deve anche dire che non tutti quanti sono identificati con don Bosco, non si può dire che tutti conoscano allo stesso livello il sistema preventivo. Ci sono problemi di indole economica perché i laici devono curare altre cose: la famiglia, lo studio… allora non sempre sono completamente dedicati anche se ci sono alcuni veramente esemplari.


BUTERA

Non ci resta che augurarle buon lavoro per questo sessennio


CHAVEZ

Grazie

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