Omelia nell'occasione del funerale di Don Pasquale Liberatore

11


«Essi saranno come stelle nel cielo»




Con sentimenti di dolore per la scomparsa così improvvisa di don Pasquale Liberatore che ci ha lasciati sconvolti, ma con immensa gratitudine a Dio per il dono che ci ha dato in questo fratello, autentico figlio di Don Bosco, ci siamo radunati a celebrare questa eucaristia.


Ci accompagnano il suo fratello e la sua sorella, gli amici e tanti membri della Famiglia Salesiana che, come noi, hanno avuto il privilegio di conoscerlo ed arricchirsi dei doni con cui piacque al Signore adornarlo. Molte altre persone si sono fatte presenti attraverso fax, e-mail e telefono per porgere le condoglianze e rendere testimonianza alla sua vita dedita al servizio della Congregazione e della Chiesa, specialmente in questi ultimi undici anni come Postulatore Salesiano per la causa dei Santi.


Appena avvertito del suo trapasso, accompagnato da don Luc, sono andato a pregare in camera sua, dove riposava, con la testa leggermente inchinata e il volto sereno. Mentre, ancora sconvolto, ringraziavo il Signore per il dono che in lui ci ha dato, ho scorto sul suo tavola da lavoro una frase, tratta del salmo 62, a noi tanto familiare, che don Liberatore doveva guardare sempre quando si sedeva a lavorare in camera: “A Te anela la mia carne, come terra deserta, arida, senz’acqua”. Anche se ci può sembrare prematura, anzi non tempestiva e dolorosa, la sua scomparsa, don Liberatore ha compiuto il suo desiderio più profondo: l’anelito di Dio ha stroncato il suo cuore, la sua carne riposa serena, “beve dell’acqua che Cristo dà e non avrà più sete” (Gv 4,13).

Il suo decesso è, umanamente parlando, una grande perdita per tutti, per i suoi cari, la Congregazione e la Famiglia Salesiana che serviva con quieta passione e competenza laboriosa, credendo, promuovendo e facendo riconoscere la santità salesiana. Sono sicuro che Maria Ausiliatrice e don Bosco lo avranno accolto e introdotto per mano in Paradiso e che adesso esulta assieme a loro e a tutti i santi della nostra Famiglia, nella dimora della luce, della pace, della gioia e della vita di Dio. Sembra che la data della sua dipartita, proprio al vespro della Festa di Ognissanti, stia ad indicarci quello che egli ha creduto e proclamato, quello che egli ha provato e proposto, che la nostra vocazione è la santità, e che a diventare santi si riesce… per grazia.


Senza cedere alla tentazione di fare dell’omelia un elogio della persona, ma convinto al tempo stesso che in questo caso ci sono molti elementi della sua vita che illustrano la Parola, non posso non fare della sua esistenza consacrata e del suo messaggio uno spunto per la riflessione che condivido con voi.


Infatti, la vita di don Liberatore è stata – a giudizio di quanti lo hanno conosciuto da vicino e hanno condiviso con lui consacrazione e missione, sogni e lavoro, gioie e sofferenze, paure e trepidazioni – una vita permeata dal Vangelo, imparato a casa e sviluppato e maturato lungo gli anni della sua vita salesiana. Come semplice confratello, come superiore – direttore e ispettore per ben dodici anni, dapprima nella Ispettoria Meridionale e dopo nella Ligure-Toscana –, e infine come Postulatore ha saputo dimostrarsi sempre un degno figlio di don Bosco, un signore nelle relazioni interpersonali, un uomo retto e ricco di sapienza, un lavoratore instancabile, sacerdote entusiasta e creativo in tutte le cose che gli sono state affidate, buon pastore, zelante e generoso, che aveva in mente la salvezza degli altri, un salesiano secondo il cuore di don Bosco.


Sono arrivati in questi giorni, dal momento in cui ci è venuto a mancare, molti messaggi di cordoglio – via fax, o e-mail, e chiamate telefoniche –, e tutti quanti hanno fatto vedere sfaccettature nuove che evidenziano la ricca personalità di don Liberatore, ma sempre con un elemento che li accomuna e li rende armonici: la sua semplicità e umiltà, la sua gentilezza e generosità, la sua identità salesiana, la sua passione per la santità, che è dono di Dio.


Per don Pasquale si adatta molto bene il programma di vita tracciato dalla lettera ai Filippesi, nella esortazione che la Chiesa ha voluto suggerire per celebrare la Festa di don Bosco: «Prendete in considerazione tutto quello che è vero, buono, giusto, puro, degno di essere amato e onorato, quel che viene dalla virtù ed è degno di lode». Era appunto questa sua personalità che lo rendeva attraente, anche se - a mio avviso - preferiva non apparire, come frutto della sua semplicità e umiltà. Don Liberatore amava vivere in profondità, consapevole che i veri tesori mai si trovano sulla superficie della terra, ma che si deve scavare a fondo. Per questo non aveva paura di additare a tutti i suoi interlocutori vette alte da raggiungere nella vita umana e spirituale.


È proprio bello, anzi è una grazia trovare confratelli che diventano amici, compagni di cammino, "un amico spirituale sincero" con il quale sognare e aiutarsi ad "essere" quello che siamo chiamati ad "essere".


Ci mancherà molto la sua parola saggia e incoraggiante, il suo volto tranquillo e sorridente, la sua disponibilità ad aiutare chiunque, il suo camminare per i corridoi della casa generalizia con passo corto e leggero, lo sguardo sereno e il suo pensiero al Paradiso.


Ci mancherà perché ogni persona è irripetibile, ma ci lascia una testimonianza e un messaggio di cui fare tesoro. La sua testimonianza e il suo messaggio possono trovarsi nel suo poema intitolato “I Santi”, un piccolo e personale suo credo, che abbiamo trovato nel suo ufficio e che mi serve come conclusione ideale di questa omelia. In esso egli fa un elogio dei santi; fa piacere leggere la ricchezza di immagini utilizzate per parlare di Dio, della santità. Leggendo appunto il poema ho potuto toccare con mano la sua spiccata e fine sensibilità umana e spirituale e sentire il suo anelito di pienezza di vita, di amore e di felicità in Dio, la sua forza interiore, la sua esperienza spirituale che voleva condividere e che sapeva proporre in forma appassionata e convincente.




Visibili a migliaia

come le stelle ad occhio nudo, ma incomparabilmente più numerosi

al telescopio che raggiunge anche quelli senza aureola.

Vulcani incandescenti

quasi fessure

sul mistero del Fuoco Trinitario.


Avventurosi romanzi

scritti dallo Spirito Santo

dove la sorpresa è norma.

Esistenze dal genere letterario il più vario

ma sempre affascinante:

dallo stile di un dramma al sapore di una fiaba.


Classici della sintassi delle Beatitudini,

sempre convincenti

grazie alla loro gaudiosa esistenza.

Cosmonauti dello spazio

cui si devono le più ardite scoperte

possibili solo a chi tanto si distanzia dalla terra.


Giganti così diversi da noi

come sempre lo è il genio

eppur concittadini della nostra stessa stoffa.

Soggetti ad errori ed insuccessi

ma uomini d'eccezione sempre:

non vanno banalizzati con la scusa di sentirli compagni di viaggio.


Segni dell'assoluta gratuità di Dio

che arricchisce ed eleva

secondo i misteriosi criteri della Sua liberalità.

Hanno come loro residenza una pace inalterabile

al di sopra degli umani comuni conflitti

eppur sempre insoddisfatti perché non cessano di tendere al più.


In orbita attorno all'essenziale

essi

i profeti dell'assoluto.

Grandi artisti

nella fucina del Bello

davanti a cui va in estasi il cuore umano.


Uomini e donne riuscite

testimoni della segreta armonia tra natura e grazia.

Folli di Dio

innamorati a tal punto

da editare un vocabolario sconcertante.


I più lontani, per istinto, da ogni genere di colpa

e i più vicini, sempre,

ad ogni categoria di colpevoli.

Platee su cui il divino dà spettacolo

e umili spettatori essi stessi,

grazie ad una spietata conoscenza del loro nulla.


Impegnati in un continuo nascondersi

e pur inevitabilmente luminosi

come città collocate sopra il monte.

Portatori di messaggi eterni

al di là del tempo,

del progresso, delle culture, delle razze.


Parole di fuoco

che il Signore pronunzia per scuotere la nostra indolenza,

bacchettate che il Maestro Divino dà sul banco, per svegliare noi alunni distratti.

Miracoli viventi

davanti ai quali non si ha bisogno di esperti

per accettare la straordinarietà del Vangelo vissuto sine glossa.


Eroicamente distaccati dall'umano

essi, specialisti al superlativo

delle sfumature umane

Veri maestri di psicologia

che per via dell'amore

raggiungono le pieghe più recondite del cuore umano.


Capaci di far vibrare le nostre radici migliori,

e toccando le corde di risonanza antica

infondono nostalgia di futuro.

Come le stelle del cielo:

così diverse tra loro

e in fondo, accese da un medesimo fuoco.


Questo il suo poema.


Don Pasquale, oggi vogliamo rendere grazie a Dio per la tua vita, dono prezioso che Lui ci ha fatto; e vogliamo pure ringraziare te per la tua esemplare consacrazione alla missione salesiana. Riposa in pace nella casa del Padre, e intercedi per noi. Amen.





Don Pascual Chávez V.

Roma – Casa Generalizia, 3 novembre 2003