RM-Omelia alla Veglia delle Beatificazioni di Don Augusto Czartoryski, Suor Eusebia Palomino e Alessandrina Da Costa

Testimoni del Risorto

Omelia alla Veglia delle Beatificazioni di

Don Augusto Czartoryski, Suor Eusebia Palomino

e Alessandrina Da Costa



Ci siamo radunati come Famiglia Salesiana in una veglia di preghiera – che è lode, ringraziamento, supplica di perdono e intercessione – per prepararci così alla beatificazione dei tre membri della nostra Famiglia: Don Augusto Czartoryski, Suor Eusebia Palomino e Alessandrina Da Costa.


Il contesto in cui avviene questa grande celebrazione, assieme alla pagina evangelica che ci è stata appena proclamata, illumina la vita di questo fratello e di queste nostre sorelle, sino a farla diventare modello di vita cristiana e salesiana, proposta ufficialmente dalla Chiesa.


Tutta la vita cristiana si definisce come “sequela e imitazione di Cristo”, il che implica un incontro, un’esperienza del Dio – Amore che ci ha affascinati e come calamita ci ha afferrati, così da non avere nessun’altra persona degna di noi, del nostro amore, della nostra totale dedizione. È appunto questo essere ammaliati da Dio che ci spinge a modellare la nostra vita su quella dell’Amato per eccellenza, mettendoci alla sua scuola, da genuini discepoli per imparare il suo modo di contemplare la realtà, di relazionarsi con le persone, di agire ed operare.


Don Czartoryski, Suor Eusebia e Alessandrina si capiscono bene, perfettamente, solo se sono visti in questa luce: essi sono stati un uomo, principe lui, con una educazione regale, e due donne, povere e semplici esse, innamorati di Dio, di quel Dio rivelato in Gesù, e talmente rapiti da essere spinti a fare tutto il loro meglio per riprodurre la sua immagine nella loro esistenza, anzi nel loro corpo, sofferente e martoriato. Si può dire a ragione che hanno condiviso il mistero pasquale di Cristo, mistero di morte–vita, mistero d’amore, l’unico capace di vincere la morte. Non si può non rammentare qui l’esperienza della passione che durante tre anni, ogni venerdì, ebbe Alessandrina Da Costa.


Tutto questo è possibile quando nella propria storia personale si riesce a scorgere la presenza amorevole, tenera, di Dio Padre. Allora l’atteggiamento dell’uomo e della donna è simile a quello del bambino che trova la sua pace e sicurezza nelle braccia della mamma, come ben esprime il salmo 130:

«Signore non si inorgoglisce il mio cuore

e non si leva con superbia il mio sguardo;

non vado in cerca di cose grandi, superiori alle mie forze.

Io sono tranquillo e sereno

Come bimbo svezzato in braccio a sua madre,

come un bimbo svezzato è l’anima mia».


Sorprende infatti questa coscienza di figliolanza che tutti e tre i nostri beati hanno sviluppato e maturato attraverso la loro esperienza di vita personale e familiare e attraverso la ricerca onesta e coraggiosa della volontà divina sulla propria vita.


Come Gesù, anche Augusto, Eusebia e Alessandrina chiamavano Dio con il tenero nome di Abba, Padre, e cercavano di fare del suo volere cibo, missione e progetto, non importando loro altro che quello che Dio voleva e come piaceva a Lui.


Questo fratello nostro e queste nostre sorelle saranno beatificati domani perché sono un capolavoro dello Spirito, che ci trasforma in modo tale da farci avere la “mente di Cristo”, da farci assumere la “logica della croce”, a fare nostra la “sapienza del Vangelo”, a ordinare tutta l’esistenza attorno alle Beatitudini.


Lo Spirito Santo li ha trasfigurato attraverso la legge suprema dell’amore, quella che ci porta a capire che la vita è un dono e che va dunque donata perché altri abbiano vita in abbondanza.


La rinuncia alla corona, ai beni, a un altro tipo di vita, da parte del principe Czartoryski; la gioia nel servizio umile e la disponibilità per qualsiasi cosa, ma anche la chiaroveggenza di Eusebia; e l’accettazione serena e lieta d’essere inchiodata ad un letto, convertito in altare, chiesa e scuola nel caso di Alessandrina, sono i segni della presenza visibile, efficace dello Spirito Santo.


Qualcuno si potrà domandare, ma allora dov’è la specificità della santità salesiana di questi membri della nostra famiglia.


Ebbene, il termine “salesiano” non è un’etichetta che si aggiunge ad un’altra realtà, perché “salesiano” non è anzitutto un aggettivo, ma un nome, un sostantivo, una persona.


Essere salesiano – uomo o donna, consacrato o laico, adulto o giovane – è vivere in pienezza la vita cristiana, di comunione con il Dio Trinità, tratteggiata dal Vangelo, con lo stile vissuto da Don Bosco e Madre Mazzarello, che ci rende sensibili a certi elementi (scorgere la presenza di Dio nel mondo, la visione ottimistica della vita anche se consapevoli della presenza del male, la fede nelle risorse di bene delle persone specialmente nei ragazzi, il bisogno di educazione come mediazione per lo sviluppo e la maturazione umana), che ci porta a privilegiare certe scelte operative (la centralità del ragazzo o della ragazza nel lavoro educativo e in tutte le nostre opere, la pedagogia della prevenzione, l’accompagnamento come compagni di cammino di fede fino a maturare progetti di vita), che ci dà una fisionomia particolare caratterizzata da parecchi elementi (la passione del “Da mihi animas”, l’amore all’eucaristia, la devozione filiale a Maria Ausiliatrice, la fedeltà alla Chiesa, il compimento gioioso dei propri doveri, il vivere in modo straordinario la quotidianità, la ferialità, l’ordinarietà della vita).


Don Augusto Czartoryski, Suor Eusebia Palomino e Alessandrina Da Costa sono tre frutti autentici, preziosismi, tanto attuali dell’albero della santità salesiana.


Abbiamo ragione per esserne lieti e fieri!

Abbiamo motivi per esserne riconoscenti!

Abbiamo in essi modelli da imitare e da proporre ai giovani, ma anche intercessori da pregare!


La santità – ci dicono oggi Augusto, Eusebia e Alessandrina – è possibile ed è dunque doverosa!


Cari confratelli, care sorelle, cari membri di tutta la Famiglia Salesiana, siate santi!



Don Pascual Chávez V.

Roma, Basilica del Sacro Cuore

24 aprile 2004