gerarchia di questi diritti, come anche la natura della comunità ecclesiale e
del suo bene comune. Peraltro il teologo, che non è in sintonia con il
«sentire cum Ecclesia», si mette in contraddizione con lÂÂ’impegno da lui
assunto liberamente e consapevolmente di insegnare in nome della
Chiesa[37].
38. Infine lÂÂ’argomentazione che si rifà al dovere di seguire la propria
coscienza non può legittimare il dissenso. Innanzitutto perché questo
dovere si esercita quando la coscienza illumina il giudizio pratico in vista di
una decisione da prendere, mentre qui si tratta della verità di un enunciato
dottrinale. Inoltre perché se il teologo deve, come ogni credente, seguire la
sua coscienza, egli è anche tenuto a formarla. La coscienza non è una
facoltà indipendente ed infallibile, essa è un atto di giudizio morale che
riguarda una scelta responsabile. La coscienza retta è una coscienza
debitamente illuminata dalla fede e dalla legge morale oggettiva, e suppone
anche la rettitudine della volontà nel perseguimento del vero bene.
La coscienza retta del teologo cattolico suppone pertanto la fede nella
Parola di Dio di cui deve penetrare le ricchezze, ma anche lÂÂ’amore alla
Chiesa da cui egli riceve la sua missione ed il rispetto del Magistero
divinamente assistito. Opporre al magistero della Chiesa un magistero
supremo della coscienza è ammettere il principio del libero esame,
incompatibile con lÂÂ’economia della Rivelazione e della sua trasmissione
nella Chiesa, così come con una concezione corretta della teologia e della
funzione del teologo. Gli enunciati della fede non risultano da una ricerca
puramente individuale e da una libera critica della Parola di Dio, ma
costituiscono unÂÂ’eredità ecclesiale. Se ci si separa dai Pastori che
vegliano per mantenere viva la tradizione apostolica, è il legame con Cristo
che si trova irreparabilmente compromesso[38].
39. La Chiesa, traendo la sua origine dallÂÂ’unità del Padre, del Figlio e
dello Spirito Santo[39], è un mistero di comunione, organizzata, secondo la
volontà del suo fondatore, intorno ad una gerarchia stabilita per il servizio
del Vangelo e del Popolo di Dio che ne vive. Ad immagine dei membri
della prima comunità, tutti i battezzati, con i carismi che sono loro propri,
devono tendere con cuore sincero verso unÂÂ’unità armoniosa di dottrina,
di vita e di culto (cf. At 2, 42). È questa una regola che scaturisce
dallÂÂ’essere stesso della Chiesa. Non si possono pertanto applicare a
questÂÂ’ultima, puramente e semplicemente, dei criteri di condotta che
hanno la loro ragione dÂÂ’essere nella società civile o nelle regole di
funzionamento di una democrazia. Ancor meno, nei rapporti allÂÂ’interno
della Chiesa, ci si può ispirare alla mentalità del mondo circostante (cf. Rm
12, 2). Chiedere allÂÂ’opinione maggioritaria ciò che conviene pensare e
fare, ricorrere contro il Magistero a pressioni esercitate dallÂÂ’opinione
pubblica, addurre a pretesto un «consenso» dei teologi, sostenere che il
teologo sia il portaparola profetico di una «base» o comunità autonoma che
sarebbe così lÂÂ’unica fonte della verità, tutto questo denota una grave
perdita del senso della verità e del senso della Chiesa.
40. La Chiesa è «come il sacramento, cioè il segno e lo strumento
dellÂÂ’intima unione con Dio e dellÂÂ’unità di tutto il genere
umano»[40]. Di conseguenza ricercare la concordia e la comunione è
aumentare la forza della sua testimonianza e la sua credibilità; cedere