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Ripeto anche a voi quanto ho detto nella scorsa Veglia di Pentecoste ai Movimenti ecclesiali: «Il
valore della Chiesa, fondamentalmente, è vivere il Vangelo e dare testimonianza della nostra fede.
La Chiesa è sale della terra, è luce del mondo, è chiamata a rendere presente nella società il
lievito del Regno di Dio e lo fa prima di tutto con la sua testimonianza, la testimonianza dell’amore
fraterno, della solidarietà, della condivisione» (18 maggio 2013).
2. Mi attendo che “svegliate il mondo”, perché la nota che caratterizza la vita consacrata è la
profezia. Come ho detto ai Superiori Generali «la radicalità evangelica non è solamente dei
religiosi: è richiesta a tutti. Ma i religiosi seguono il Signore in maniera speciale, in modo
profetico». È questa la priorità che adesso è richiesta: «essere profeti che testimoniano come
Gesù ha vissuto su questa terra … Mai un religioso deve rinunciare alla profezia» (29 novembre
2013).
Il profeta riceve da Dio la capacità di scrutare la storia nella quale vive e di interpretare gli
avvenimenti: è come una sentinella che veglia durante la notte e sa quando arriva l’aurora (cfr Is
21,11-12). Conosce Dio e conosce gli uomini e le donne suoi fratelli e sorelle. È capace di
discernimento e anche di denunciare il male del peccato e le ingiustizie, perché è libero, non deve
rispondere ad altri padroni se non a Dio, non ha altri interessi che quelli di Dio. Il profeta sta
abitualmente dalla parte dei poveri e degli indifesi, perché sa che Dio stesso è dalla loro parte.
Mi attendo dunque non che teniate vive delle “utopie”, ma che sappiate creare “altri luoghi”, dove
si viva la logica evangelica del dono, della fraternità, dell’accoglienza della diversità, dell’amore
reciproco. Monasteri, comunità, centri di spiritualità, cittadelle, scuole, ospedali, case-famiglia e
tutti quei luoghi che la carità e la creatività carismatica hanno fatto nascere, e che ancora faranno
nascere con ulteriore creatività, devono diventare sempre più il lievito per una società ispirata al
Vangelo, la “città sul monte” che dice la verità e la potenza delle parole di Gesù.
A volte, come accadde a Elia e a Giona, può venire la tentazione di fuggire, di sottrarsi al compito
di profeta, perché troppo esigente, perché si è stanchi, delusi dai risultati. Ma il profeta sa di non
essere mai solo. Anche a noi, come a Geremia, Dio assicura: «Non aver paura … perché io sono
con te per proteggerti» (Ger 1,8).
3. I religiosi e le religiose, al pari di tutte le altre persone consacrate, sono chiamati ad essere
“esperti di comunione”. Mi aspetto pertanto che la “spiritualità della comunione”, indicata da san
Giovanni Paolo II, diventi realtà e che voi siate in prima linea nel cogliere «la grande sfida che ci
sta davanti» in questo nuovo millennio: «fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione»[5].
Sono certo che in questo Anno lavorerete con serietà perché l’ideale di fraternità perseguito dai
Fondatori e dalle fondatrici cresca ai più diversi livelli, come a cerchi concentrici.
La comunione si esercita innanzitutto all’interno delle rispettive comunità dell’Istituto. Al riguardo vi
invito a rileggere i miei frequenti interventi nei quali non mi stanco di ripetere che critiche,