ad ascoltare qualcosa, ma siamo in ascolto di qualcuno. Di questa attenzione sollecita sono
ricche le pagine evangeliche che narrano degli incontri di Gesù con la sua gente.
L’ascolto, quando si riferisce all’accompagnamento spirituale personale, trascende la dimen-
sione psicologica e acquista una dimensione spirituale e religiosa, poiché conduce lungo
sentieri in attesa di Qualcuno.
Richiede inoltre un certo silenzio interiore, che ha come punto di partenza l’accettazione
delle persone come sono e nella situazione nella quale si trovano.
Il nostro sguardo di educatori, rivolto in modo particolare agli adolescenti e ai giovani, e an-
che alle loro famiglie, ci assicura che vi è molto di positivo in ogni cuore4; occorre far emer-
gere questi aspetti positivi. Perciò l’ascolto deve significare per noi molto più che ascoltare
con pazienza; è far in modo di comprendere nella sua profondità quello che la persona ci
dice e perché ce lo dice. È prestare attenzione a ciò che veramente interessa all’altro, agli
adolescenti e ai giovani, alle loro famiglie.
L’ascolto deve condurci a comprendere in modo adeguato il bisogno dei giovani di oggi, e,
qualche volta, il bisogno dei loro genitori, o quello delle persone con le quali siamo in contatto
nell’ambiente pastorale. Di fatto, il più delle volte, i giovani o i loro genitori, o entrambi, non si
avvicinano a noi in cerca di accompagnamento. Al contrario, spesso sono spinti da qualche
necessità, da dubbi, problemi, urgenze, difficoltà, conflitti, tensioni, decisioni da prendere,
situazioni problematiche da affrontare.
E ben sappiamo per la nostra stessa formazione di educatori ed evangelizzatori che è più
frequente che essi si avvicinino se noi stessi facciamo qualche gesto di avvicinamento, se
mostriamo qualche interesse verso di loro; se andiamo loro incontro, se ci mostriamo disponibili.
Questi stessi giovani, figli di una cultura “scientista”, dominata dalla tecnica e dal suo mondo di
possibilità, e che appartengono a una generazione iperconnessa, sentono «il bisogno di figure di
riferimento vicine, credibili, coerenti e oneste, oltre che di luoghi e occasioni in cui mettere alla
prova la capacità di relazione con gli altri (sia adulti, sia coetanei) e affrontare le dinamiche
affettive. Cercano figure in grado di esprimere sintonia e offrire sostegno, incoraggiamento e aiuto a
riconoscere i limiti, senza far pesare il giudizio»5
È questo il motivo per cui, a volte, questi incontri e queste conversazioni casuali possono “aprire
porte” verso un cammino più profondo e di crescita …
Così è accaduto durante l’incontro di Gesù con la donna, che si era recata al pozzo
semplicemente per attingere acqua.
Senza avere la pretesa di suggerire tecniche di ascolto, desidero però sottolineare che, se si
vogliono coltivare gli atteggiamenti più adeguati per un autentico ascolto, si deve prestare
attenzione a
Non essere impazienti nel prendere la parola invece di lasciare che l’altro parli.
Stare attenti a non interrompere continuamente la conversazione.
Non reagire in forma impulsiva di fronte a qualsiasi disaccordo.
Non trascurare di prestare attenzione alla persona che stiamo ascoltando.
Tener ben presente il bisogno che tutti hanno di sentirsi ascoltati.
Sarà ugualmente importante in questi momenti di ascolto:
Dare alla persona l’opportunità di comunicare tutto quello che ha dentro di sé, e che a volte
può essere per lei un peso o una oppressione.
Porre domande opportune ed evitare quelle che possono creare sfiducia o contrasto.
Accettare con serenità i silenzi, lasciando tutto il tempo necessario senza riempirlo di consi-
gli o di domande superflue, poiché i momenti di silenzio possono mettere l’altro tranquilla-
mente a proprio agio e permettergli di riflettere su quello che sta ascoltando.
Far in modo che possano essere “riconosciuti i sentimenti”, che costituiscono una parte mol-
4 «In ogni giovane ... avvi un punto accessibile al bene e dovere primo dell’educatore è di cercar questo punto, questa
corda sensibile del cuore». Cf. MB V, 367 e 266, citazione da CG 23, N.º 151.
5 DP, p. 33.