di voler occupare, concentrare e determinare gli spazi minimizzando e annullando l’unzione del
Popolo di Dio. Il clericalismo, vivendo la chiamata in modo elitario, confonde l’elezione con il
privilegio, il servizio con il servilismo, l’unità con l’uniformità, la discrepanza con l’opposizione, la
formazione con l’indottrinamento. Il clericalismo è una perversione che favorisce legami funzionali,
paternalistici, possessivi e perfino manipolatori con il resto delle vocazioni nella Chiesa.
Un altro ostacolo che incontriamo – diffuso, e perfino giustificato, soprattutto in questo tempo di
precarietà e fragilità – è la tendenza al rigorismo. Confondendo autorità con autoritarismo, esso
pretende di governare e controllare i processi umani con un atteggiamento scrupoloso, severo e
perfino meschino di fronte ai limiti e alle debolezze propri o altrui (soprattutto altrui). Il rigorista
dimentica che il grano e la zizzania crescono insieme (Cf. Mt 13,24-30) e «che non tutti possono tutto
e che in questa vita le fragilità umane non sono guarite completamente e una volta per tutte dalla
grazia. In qualsiasi caso, come insegnava sant’Agostino, Dio ti invita a fare quello che puoi e a
chiedere quello che non puoi» (Esort. ap. Gaudete et exsultate, 49). San Tommaso d’Aquino con
grande finezza e sottigliezza spirituale ci ricorda che «il diavolo inganna molti. Alcuni attirandoli a
commettere i peccati, altri invece all’eccessiva rigidità verso chi pecca, così che se non può averli
con il comportamento vizioso, conduce alla perdizione quelli che ha già, utilizzando il rigore dei
prelati, i quali, non correggendoli con misericordia, li inducono alla disperazione, ed è così che si
perdono e cadono nella rete del diavolo. E questo capita a noi, se non perdoniamo ai peccatori»49.
Coloro che accompagnano altri a crescere devono essere persone dai grandi orizzonti, capaci di
mettere insieme limiti e speranza, aiutando così a guardare sempre in prospettiva, in una prospettiva
salvifica. Un educatore «che non teme di porre limiti e, al tempo stesso, si abbandona alla dinamica
della speranza espressa nella sua fiducia nell’azione del Signore dei processi, è l’immagine di un
uomo forte, che guida ciò che non appartiene a lui, ma al suo Signore»50. Non ci è lecito soffocare e
impedire la forza e la grazia del possibile, la cui realizzazione nasconde sempre un seme di Vita nuova
e buona. Impariamo a lavorare e a confidare nei tempi di Dio, che sono sempre più grandi e saggi
delle nostre miopi misure. Lui non vuole distruggere nessuno, ma salvare tutti.
È urgente, pertanto, trovare uno stile di formazione capace di assumere in modo strutturale il fatto
che l’evangelizzazione implica la partecipazione piena, e con piena cittadinanza, di ogni battezzato –
con tutte le sue potenzialità e i suoi limiti – e non solo dei cosiddetti “attori qualificati” (Cf. Esort.
ap. Evangelii gaudium, 120); una partecipazione dove il servizio, e il servizio al più povero, sia l’asse
portante che aiuti a manifestare e a testimoniare meglio nostro Signore, «che non è venuto per farsi
servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (Mt 20,28). Vi incoraggio a
continuare a impegnarvi per fare delle vostre case un “laboratorio ecclesiale” capace di riconoscere,
apprezzare, stimolare e incoraggiare le diverse chiamate e missioni nella Chiesa51.
In questo senso, penso concretamente a due presenze della vostra comunità salesiana, che possono
aiutare come elementi a partire dai quali confrontare il posto che occupano le diverse vocazioni tra di
voi; due presenze che costituiscono un “antidoto” contro ogni tendenza clericalista e rigorista: il
Fratello Coadiutore e le donne.
I Fratelli Coadiutori sono espressione viva della gratuità che il carisma ci invita a custodire. La vostra
consacrazione è, innanzitutto, segno di un amore gratuito del Signore e al Signore nei suoi giovani
che non si definisce principalmente con un ministero, una funzione o un servizio particolare, ma
attraverso una presenza. Prima ancora che di cose da fare, il salesiano è ricordo vivente di una
presenza in cui la disponibilità, l’ascolto, la gioia e la dedizione sono le note essenziali per suscitare
processi. La gratuità della presenza salva la Congregazione da ogni ossessione attivistica e da ogni
riduzionismo tecnico-funzionale. La prima chiamata è quella di essere una presenza gioiosa e gratuita
in mezzo ai giovani.
49 Super II Cor., cap. 2, lect. 2 (in fine). Il passo commentato da san Tommaso è 2 Cor 2,6-7 dove, riguardo a chi lo ha
rattristato, san Paolo scrive: «Dovreste usargli benevolenza e confortarlo, perché egli non soccomba sotto un dolore troppo
forte».
50 J. M. BERGOGLIO, Meditazioni per religiosi, 105.
51 Una vocazione ecclesiale, prima di essere un atto che differenzia o che rende complementari, è un invito ad offrire un
dono particolare in funzione della crescita degli altri.