ACG429_Artime_Santita


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1. IL RETTOR MAGGIORE
"Perché la mia gioia sia in voi" (Gv 15, 11)
LA SANTITÀ
ANCHE PER TE
S~2019
Introduzione. - I. DIO CHIAMA TUTTI ALLA SANTITÀ. - "Farsi santi" è il primo e il più
urgente compito per un cristiano - La "santità della porta accanto" e la chiamata universale
alla santità - Maria di Nazareth: una singolare luce nel cammino di santità - Con sensibilità
salesiana. - Il. GESÙ È LA FELICITÀ. - Don Bosco vuole i suoi giovani felici nel tempo e nel-
l'eternità. - lii. SANTI PER I GIOVANI E CON I GIOVANI. - La giovinezza, un tempo per la
santità - Giovani santi e giovinezza di santi. - IV. COSA VUOL DIRE «LA SANTITA ANCHE
PER TE» ? - V. ALCUNI POSSIBILI INDICATORI DELLA SANTITÀ - VI. CAMMINI DI SANTITÀ
OGGI ALLA LUCE DELLA NOSTRA STORIA COME FAMIGLIA SALESIANA Vi sono molte
strade nel cammino della santità - Ogni santo è una parola di Dio incarnata - Ogni santo
della nostra Famiglia Salesianaa ci dice che la santità è possibile. - LA SANTITÀ VISSUTA
NEL CARISMA SALESIANO (ELENCO AL 31 DICEMBRE 2018).
Miei cari fratelli e sorelle, mia carissima Famiglia Salesiana,
Continuando la nostra tradizione centenaria, all'inizio del
nuovo anno 2019 mi rivolgo a ciascuno di voi, in ogni parte di que-
sto "mondo salesiano" che formiamo come Famiglia Salesiana in
più di 140 paesi.
E lo faccio commentando un tema a noi molto familiare, che
già nel titolo riprende letteralmente l'Esortazione Apostolica di
papa Francesco sulla chiamata alla santità nel mondo contem-
poraneo: Gaudete et Exsultate1•
Scegliendo questo tema e questo titolo, intendo tradurre nel
nostro linguaggio e alla luce della nostra sensibilità carismatica,
il forte appello alla santità che papa Francesco ha rivolto a tutta
la Chiesa2• Pertanto desidero fare quelle sottolineature che sono
' D'ora in avanti GE .
' Esprimo la mia gratitudine a Don Pier Luigi Cameroni, Postulatore generale per
le cause dei Santi, e alla Signor a Lodovica Maria Zanet , esperta collaboratrice della
nostra Postulazione generale e affermata relatrice. Grazie alla loro visione ho potuto
arricchire queste pagine con elementi e contenuti che sono propri della Postulazione,
ma che possono illuminare tanto.

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4 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
tipicamente "nostre" nel quadro della nostra spiritualità sale-
siana, quella condivisa da tutti i 31 gruppi della nostra Famiglia
Salesiana come eredità carismatica ricevuta dallo Spirito Santo
per mezzo del nostro amato Padre Don Bosco, il quale senza
dubbio ci aiuterà a vivere con la stessa gioia profonda che ci
viene dal Signore: «Perché la mia gioia sia in voi» (Gv 15,11).
A chi sono rivolte queste parole?
Posso assicurarvi che queste parole sono rivolte a tutti.
A tutti voi, miei cari confratelli salesiani SDB.
A tutti voi, sorelle e fratelli delle diverse congregazioni e istituti
di vita consacrata e laicale della nostra Famiglia Salesiana.
A tutti voi, fratelli e sorelle delle associazioni e dei diversi gruppi
della Famiglia Salesiana.
Ai papà e alle mamme, agli educatori e alle educatrici, ai catechi-
sti e agli animatori di tutte le nostre presenze nel mondo.
E a tutti gli adolescenti e giovani del nostro grande mondo sale-
siano.
Raccolgo l'invito rivolto dal Papa a tutta la Chiesa. La sua
Esortazione non è un trattato sulla santità, ma un appello lan-
ciato al mondo contemporaneo e alla Chiesa in modo speciale per
vivere la vita come vocazione e come chiamata alla santità; una
santità incarnata nel tempo presente, nell'oggi, nella realtà di
ciascuno e nel contesto attuale.
Mi faccio eco di questa chiamata sempre affascinante alla
santità perché l"'oggi" della Chiesa ci chiede di farlo. Come me,
tutti gli ultimi Rettori Maggiori hanno avuto interventi molto
significativi sulla santità salesiana e sui nostri santi patroni3•
3 P. CHAVEZ, Attingiamo all 'esperienza spirituale di Don Bosco, per camminare
nella S antità secondo la nostra specifica vocazione, ACG 417 (2014); P. CHAVEZ, "Cari
Salesiani, siate santi ", A CG 379 (2002); J . E . VECCHI, La beatifi cazione del coadiutore
Artemide Zatti: una novità dirompente, ACG 376 (2001); Santità e martirio all 'alba del
terzo millennio, A CG 368 (1999); E. VIGANÒ, Don Bosco Santo, A CS 310 (1983); Ripro-
gettiamo insieme la santità, ACG 303 (1982); L . RICCERI, Don Rua richiamo alla san-
tità, ACS 263 (1971).

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IL RETTOR MAGGIORE 5
Come negli anni precedenti, ritengo che, oltre alla lettura
personale, queste indicazioni siano sufficienti e possano servire
come "spunti" per la proposta educativa pastorale dei diversi
contesti e situazioni del nostro "mondo salesiano", in cui ope-
riamo.
I. DIO CHIAMA TUTTI ALLA SANTITÀ
Immagino che non poche persone, forse anche tra noi e
certamente tra i molti giovani che hanno ascoltato la chiamata
del Papa, avranno avuto la sensazione che la parola "santità"
suonasse un po' estranea, in molti casi fortemente estranea e
sconosciuta al linguaggio del mondo contemporaneo. Non è im-
pensabile che ci siano blocchi culturali o anche interpretazioni
che tendono a confondere il cammino della santità con una sor-
ta di spiritualismo alienante che fugge dalla realtà. O forse, al
massimo, il termine "santità" è inteso come una parola applica-
ta e applicabile solo a coloro che sono venerati nelle immagini
delle nostre chiese.
Quindi è degno di ammirazione e persino "audace" lo sforzo
del Papa di presentare la perenne attualità della santità cristia-
na che, nella sua qualità di chiamata proveniente da Dio stesso
nella sua Parola, è proposta come meta per il cammino di ogni
persona. Dio stesso «ci vuole santi e non si aspetta che ci accon-
tentiamo di un'esistenza mediocre, annacquata, inconsistente»
(GE, 1).
La chiamata alla santità è familiare alla nostra tradizione
salesiana (san Francesco di Sales). L'appello di papa Francesco
attira l'attenzione anzitutto per la forza e la determinazione con
la quale egli sostiene che la santità è una chiamata rivolta a
tutti, non solo a pochi, in quanto essa corrisponde al progetto
fondamentale di Dio su di noi. È destinata dunque alla gente
comune, alla gente che accompagniamo nella vita quotidiana
ordinaria, fatta di cose semplici, tipiche della gente comune.

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6 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
Non si tratta di una santità per pochi eroi o per persone
eccezionali, ma di un modo ordinario di vivere l'ordinaria esi-
stenza cristiana: un modo di vivere la vita cristiana incarnata
nel contesto attuale, con i rischi, le sfide e le opportunità che Dio
ci offre nel cammino della vita.
La Sacra Scrittura ci invita a essere santi: «Siate perfetti
come è perfetto il Padre vostro celeste» (Mt 5,48); e: «Siate santi,
perché io [il Signore] sono santo » (Lev 11,44).
C'è quindi un esplicito invito a sperimentare e a testimonia-
re la perfezione dell'amore, che non è cosa differente dalla san-
tità. La santità stessa, infatti, consiste nella perfezione dell'a-
more; un amore che anzitutto si è fatto carne in Cristo.
Anche san Paolo, nella lettera agli Efesini, scrive, riferendosi
al Padre: «In [Cristo il Padre] ci ha scelti prima della creazione
del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella
carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante
Gesù Cristo, secondo il disegno d'amore della sua volontà, a lode
dello splendore della sua grazia, di cui ci ha gratificati nel Figlio
amato » (Ef 1,4-6). Non più servi, dunque, ma amici (cf. Gv 15,15).
Non più stranieri né ospiti, ma concittadini dei santi e familiari
di Dio (cf. Ef 2,19). Pertanto tutti e ciascuno siamo chiamati alla
santità: essa è la vita piena e riuscita, secondo il disegno di Dio,
nella piena comunione con Lui e con i fratelli.
Non si tratta dunque di una perfezione riservata a pochi, ma
di una chiamata destinata a tutti.
Qualcosa di infinitamente prezioso e che tuttavia non è raro
o estraneo ma fa parte della comune vocazione dei credenti. È la
bella proposta che Dio offre a ogni uomo e donna.
Non un percorso di falsa spiritualità che allontana dalla pie-
nezza della vita, ma pienezza di umanità, perfezionata dalla
Grazia. La "vita in abbondanza", come promette Gesù.
Non caratteristica omologante, banalizzante, irrigidente; ma
risposta al soffio sempre nuovo dello Spirito, che crea comunio-
ne valorizzando le differenze - poiché è lo Spirito Santo che «sta

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IL RETTOR MAGGIORE 7
all'origine dei nobili ideali e delle iniziative di bene dell'umanità
in cammino»4
Non si tratta di un insieme di valori astrattamente sotto-
scritti e formalisticamente onorati, ma dell'armonia di tutte
quelle virtù che incarnano i valori nella vita.
Non mera capacità di respingere il male per attaccarsi al
bene, ma atteggiamento stabile, pronto e gioioso nel vivere bene
il bene.
Non una meta che si raggiunge in un istante, ma un cammino
progressivo, secondo la pazienza e la benevolenza di Dio, che
interpella la libertà e l'impegno personale.
Non atteggiamento escludente nei confronti del diverso,
bensì fondamentale esperienza del vero, del bene, del giusto e
del bello.
In definitiva, la santità è la vita secondo le beatitudini, per
divenire sale e luce del mondo; cammino di profonda umanizza-
zione, come è ogni autentica esperienza spirituale. Perciò diven-
tare santi non esige di alienarsi da sé o di allontanarsi dai propri
fratelli, ma di vivere una intensa vita coraggiosa, umanizzante,
e una esperienza (talvolta faticosa) di comunione e di relazione
con gli altri.
"Farsi santi" è il primo e il più urgente compito per un
cristiano
Sant'Agostino afferma: «Sarà vera vita la mia vita, tutta
piena di te»5• È in Lui, cioè in Dio stesso, che sta la ragione della
possibilità del cammino nella santità alla sequela di Cristo. Il
cammino della santità è reso possibile al cristiano dal dono di
Dio in Cristo: in Lui - di cui i santi, e anzitutto la Vergine Maria,
sono meraviglioso riflesso - si rivela al contempo la pienezza del
volto del Padre e il vero volto dell'uomo.
' GIOVANNI PAOLO II, Lettera enciclica R edemptoris Missio , Città del Vaticano, 7 di-
cembre 1990, 28.
5 AGOSTINO, Confessioni, 10,28.

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8 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
In Gesù Cristo il volto di Dio e il volto dell'uomo risplendono
"insieme". In Gesù incontriamo l'uomo di Galilea e il volto del
Padre: «Chi ha visto me, ha visto il Padre» (Gv 14,9).
Gesù, Verbo fatto carne, è la piena e definitiva parola del
Padre. Dall'istante dell'incarnazione, la volontà di Dio si incon-
tra nella persona di Cristo. Egli ci mostra, nella sua vita, nelle
sue parole e nei suoi silenzi, nelle sue scelte e nelle sue azioni,
e soprattutto nella sua passione, morte e risurrezione, qual è
il progetto di Dio per l'uomo e la donna, qual è la sua volontà e
il modo di corrispondervi.
Questo progetto di Dio per ciascuno di noi oggi è semplice-
mente la pienezza della vita cristiana che si misura sulla statura
che Cristo raggiunge in noi, e dal grado in cui, con la grazia dello
Spirito Santo, modelliamo la nostra vita secondo quella di Gesù il
Signore. Non significa, dunque, realizzare cose straordinarie ma
vivere uniti al Signore, facendo nostri i suoi gesti, i suoi pensieri
e comportamenti. Di fatto anche accostarsi all'Eucaristia signifi-
ca esprimere e testimoniare che desideriamo assumere e fare no-
stro lo stile, il modo di vivere e la stessa missione di Gesù Cristo.
Lo stesso Concilio Vaticano II, nella Costituzione sulla Chie-
sa, ha proclamato con decisione la chiamata universale alla san-
tità, affermando che nessuno ne è escluso: «Nei vari generi di
vita e nei vari compiti una unica santità è coltivata da quanti
sono mossi dallo Spirito di Dio e, obbedienti alla voce del Padre
e adorando in spirito e verità Dio Padre, camminano al seguito
del Cristo povero, umile e carico della croce, per meritare di
essere partecipi della sua gloria» (LG, 41).
La "santità della porta accanto" e la chiamata universale
alla santità
Edith Stein, ancora atea, scrive di avere ricevuto una spinta
decisiva verso la conversione da due incontri: quello con la mo-
glie di un amico ucciso in guerra, la quale, rimasta vedova, pur
nel lacerante dolore, attestava la sorprendente luce e forza della
fede; e quello in una chiesa (dove Edith si trovava solo per in-

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IL RETTOR MAGGIORE 9
teresse artistico) con un'anziana signora, entrata con le borse
della spesa, nel bel mezzo di una giornata piena di impegni, per
vivere un momento di intensa confidenza e adorazione di Gesù
Eucaristia.
Don Bosco ha avuto come mamma e prima maestra Marghe-
rita Occhiena: una semplice contadina priva di istruzione, senza
alcuna preparazione teologica, ma con l'intelligenza del cuore e
l'obbedienza della fede.
Santa Teresa di Lisieux diceva che da piccola non capiva
molto di quanto diceva il sacerdote, ma che le bastava guardare
il volto di papà Louis per capire tutto.
Nessuno di questi laici-Anna Reinach amica di Edith, l'igno-
ta signora con le borse della spesa, mamma Margherita o papà
Louis Martin - ha mai pensato nella propria vita di essere santo,
né si è accorto dell'influsso esercitato sulle persone circostanti con
il suo modo di agire ordinario.
La presenza di queste figure semplici e decisive, di questi
«santi della porta accanto» - come li definisce papa Francesco
(GE, 7) - ricorda che nella vita l'importante è essere santi, non
venire un giorno riconosciuti tali. Inoltre, aiuta a riflettere sul
fatto che i santi canonizzati per primi, attingono alla santità
umile del popolo di Dio: la gloria degli uni è anche quella degli
altri, in una profonda e saldissima comunione.
Vivere la santità è, allora, l'esperienza di essere preceduti e
salvati e imparare a corrispondere a questo amore fedele. È la
responsabilità di rispondere a un dono grande.
In questo senso forse uno dei contributi più importanti alla
spiritualità cristiana è quello del Vescovo di Ginevra, Francesco
di Sales, con il suo sforzo di proporre la santità per tutti, facendo
passare la "devozione" dei chiostri al mondo. Nella sua splen-
dida opera Introduzione alla vita devota scrive: «Dio nella crea-
zione comandò alle piante di produrre ognuna i propri frutti,
secondo la sua specie; così egli vuole che i cristiani, piante vive

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10 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
della sua Chiesa, producano frutti di devozione, ognuno secondo
la qualità, lo stato e la vocazione propria.
La devozione dev'essere praticata in modi diversi dal genti-
luomo, dall'operaio, dal servo, dal principe, dalla vedova, dalla
nubile e dalla sposata. E non basta questo, ma è necessario che
la pratica della devozione sia adattata alle forze, alle occupazio-
ni e ai doveri di ognuno in particolare. [.. .] In qualunque stato ci
troviamo, si può e si deve aspirare alla vita perfetta»6•
La storia della Chiesa è fortemente segnata da tante donne
e da tanti uomini che con la loro fede, con la loro carità e con la
loro vita sono stati come fari che hanno illuminato e continuano
ad illuminare tante generazioni nel tempo, incluso il presente.
Essi sono una viva testimonianza di come la forza del Risorto
nella loro vita ha raggiunto un livello tale per il quale, come san
Paolo, hanno potuto affermare (tante volte senza usare le paro-
le): «Non vivo più io, ma è Cristo che vive in me» (Gal 2,20). E lo
hanno manifestato talvolta·con l'eroismo delle loro virtù, a vol-
te con il sacrificio della propria vita nel martirio, e altre volte
con «l'offerta della propria vita per gli altri, mantenuta fino alla
morte» (GE, 5). Tuttavia esiste anche la santità senza nome,
quella di coloro che non hanno raggiunto l'onore degli altari, la
cui vita «forse non è stata sempre perfetta però, anche in mezzo
a imperfezioni e cadute, hanno continuato ad andare avanti e
sono piaciute al Signore » (GE, 3). È la sant;..~à della propria
mamma, di una nonna o di altre persone vicine; è la santità del
matrimonio, che è un bellissimo cammino di crescita nell'amore;
la santità dei padri che crescono, maturano e si donano genero-
samente ai propri figli, tante volte con sacrifici non previsti.
Uomini e donne, ricorda il Papa, che lavorano intensamente per
procurare il pane in casa. Infermi che vivono la propria malattia
in pace e con spirito di fede e in unione con Gesù sofferente;
religiose anziane, con una vita donata e consumata, che hanno
ancora un sorriso e una speranza... (cf. GE, 7).
' F RANCESCO DI SALES, Introduzione alla vita devota I, 3.

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IL RETTOR MAGGIORE 11
Si può affermare con certezza che in tutte le epoche della
storia della Chiesa e a tutte le latitudini ci sono stati, e ci sono,
santi di tutte le età, di tutte le condizioni di vita, con caratteri-
stiche molto diverse gli uni dagli altri.
L'ha espresso molto bene papa Benedetto XVI quando ha
offerto la propria testimonianza dicendo: «Vorrei aggiungere che
per me non solo alcuni grandi santi che amo e che conosco bene
sono "indicatori di strada", ma proprio anche i santi semplici,
cioè le persone buone che vedo nella mia vita, che non saranno
mai canonizzate. Sono persone normali, per così dire, senza eroi-
smo visibile, ma nella loro bontà di ogni giorno vedo la verità
della fede »7•
Sicuramente ritroviamo tutto questo nel modo in cui tante
persone hanno incarnato la via cristiana nella loro vita. Alcuni
possono sembrare "piccoli" e altri "grandi"; ma tutti hanno per-
corso un cammino attraente e affascinante.
Lo stesso papa Benedetto conclude con una preziosissima
espressione che, a mio giudizio, può riassumere magnificamente
il messaggio della Strenna di quest'anno, quando dice: «Cari
amici, come è grande e bella, e anche semplice, la vocazione cri-
stiana vista in questa luce! Tutti siamo chiamati alla santità: è
la misura stessa della vita cristiana»8•
Maria di Nazareth: una singolare luce nel cammino di
santità
Tutti questi percorsi semplici e molto spesso anonimi di san-
tità hanno sempre un modello verso cui guardare e nel quale ri-
flettersi. La santità cristiana ha in Maria di Nazareth, la Madre
del Signore, del Figlio di Dio, il modello più bello e più vicino.
Maria è la donna del "Eccomi", della piena e totale disponi-
bilità alla volontà di Dio. Dicendo: «Avvenga per me secondo la
' B ENEDETTO XVI, Catechesi nell 'Udien za generale del 13 aprile 2011 : Insegna-
menti VII (2011), 451.
Ibid., 450.

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12 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
tua parola» (Le 1,38), Maria dichiara di trovare la piena e
profonda felicità in tutto ciò che quel "fiat" supponeva nella fe-
de. Non solo quando il Figlio lascia la casa e si separa da lei per-
ché deve svolgere la missione del Padre; ma anche nel momento
estremo in cui Maria sperimenta il dolore per la Sua crocifissio-
ne e morte. Un dolore atroce vissuto come madre.
In Maria, Madre del Signore, possiamo incontrare la ricchez-
za di una vita che ha accolto il disegno di Dio in ogni istante;
una vita che è stata un "eccomi" permanente detto a Dio. Com'è
affascinante, in questa prospettiva, contemplare Maria e medi-
tare il valore dell'esistenza umana e il suo significato pieno nel-
1'orizzonte dell'eternità!
La coraggiosa accoglienza del misterioso piano di Dio porta
Maria ad essere Madre di tutti i credenti, modello di ascolto e di
accoglienza della Parola di Dio per ciascuno di noi e guida sicu-
ra verso la santità. E questo perché ci insegna che solo Dio ren-
de grande la nostra vita. «Solo se Dio è grande, anche l'uomo è
grande. Con Maria dobbiamo cominciare a capire che è così. Non
dobbiamo allontanarci da Dio, ma rendere presente Dio; far sì
che Egli sia grande nella nostra vita; così anche noi diventiamo
divini; tutto lo splendore della dignità divina è allora nostro»9•
Per tale ragione è impensabile che il facile cammino di san-
tità possa essere percorso dal cristiano senza guardare a Maria
come Madre. Contemplarla è imparare a credere, imparare a
sperare, imparare ad amare. E se pregheremo come lei e con lei,
sperimenteremo certamente nel nostro cammino quotidiano
quella consolazione che può venire solo da Dio. Inoltre, invocan-
dola come Madre del Figlio di Dio, apriremo i nostri cuori al
dono della sua intercessione come Madre del Figlio e dei suoi
figli1°.
' BENEDETTO XVI, Omelia nella festa dell'Assunzione di Maria, 15 agosto 2005.
" Proprio per continuare questo "cammino mariano" celebreremo a Buenos Aires
dal 7 al 10 novembre 2019 !'VIII Congresso Internazionale di Maria Ausiliatrice dal
titolo: Maria donna !:redente.

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2.1 Page 11

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IL RETTOR MAGGIORE 13
Con sensibilità salesiana...
Pertanto si potrebbe dire che se si diventa santi, si ha tutto.
Se non ci si fa santi, si perde tutto. La meta della santità e l'in-
vito, quasi struggente, a raggiungerla, è anche il grande mes-
saggio di Don Bosco, il perno intorno a cui ruota l'intera sua pro-
posta spirituale e la sua testimonianza di vita.
La santità che propone Don Bosco è facile e simpatica, ma an-
che robusta e così si comunica. Nell'affermazione di Domenico
Savio: «Io voglio farmi santo, io debbo farmi santo e non sarò
felice fino a quando non mi sarò fatto santo»11, risuona molto - se
non tutto - di quanto Don Bosco aveva saputo trasmettergli, sin
dalla predica in cui Domenico aveva potuto ascoltare queste inco-
raggianti parole: «Farsi santi è facile. Tutti dobbiamo farci santi.
È preparato in cielo un gran premio per chi diventa santo»12• Don
Bosco stesso continua scrivendo che questa predica è stata la
scintilla che ha acceso il cuore di Domenico Savio, rendendolo un
innamorato di Dio.
Nella sapienza di Don Bosco, il quale moderava il desiderio
penitenziale di Domenico e gli raccomandava piuttosto fedeltà
alla vita di preghiera, studio e doveri ben fatti, e assiduità alla
ricreazione (e diciamo pure all'intera dimensione della vita di
relazione), emergeva la consapevolezza, tipicamente salesiana,
della chiamata universale alla santità.
Alla fondazione della Società di San Francesco di Sales prima
e dell'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice poi (insieme a
Maria Domenica Mazzarello cofondatrice), Don Bosco propone
come obiettivo, fino ad oggi, la santificazione dei suoi membri13•
II ISS, Fonti Salesiane. 1. Don Bosco e la sua opera. Raccolta antologica, LAS,
Roma 2014, 1047. Il frammento completo al quale faccio riferimento dice così: «Un
giorno si andavano spiegando alcune parole secondo la etimologia. "E Domenico, egli
disse, che cosa vuol dire?" . Fu risposto: "Domenico vuol dire del Signore". "Veda, tosto
soggiunse, se non ho ragione di chiedergli che mi faccia santo: fino il nome dice che io
sono del Signore. Dunque io debbo e voglio essere tutto del Signore e voglio farmi santo
e sarò infelice finché non sarò santo"».
12 Ibid., 1046.
" Cf. Cast. SDB, 2, 25, 65, 105; Cast. FMA, 5, 46, 82.

2.2 Page 12

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14 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
Lo ricorda don Rua ai Salesiani, poco tempo dopo, quando li
esorta con queste parole: «Ciò pure c'inculcò il nostro amatissi-
mo Don Bosco nel 1° articolo della Santa Regola, ove ci dice che
scopo della nostra Pia Società si è prima la cristiana perfezione
de' suoi membri e poi ogni opera di carità spirituale e corporale
verso la gioventù »14• Senza di essa, l'intero slancio apostolico
verso i giovani si rivelerebbe sterile. Don Bosco sa perfettamen-
te che il primo, più radicale e decisivo modo di aiutare gli altri è
essere santi.
In questa «scuola di nuova e attraente spiritualità apostoli-
ca»15, Don Bosco legge il vangelo con originalità pedagogica e
pastorale, la quale «comporta essenzialmente una "sintesi nuo-
va", equilibrata, armonica e, a suo modo, organica degli elemen-
ti comuni alla santità cristiana, dove le virtù e i mezzi di santifi-
cazione hanno una propria collocazione, un dosaggio, una sim-
metria e una bellezza che li caratterizzano»16•
II. GESÙ È LA FELICITÀ
La proposta della santità è rivolta ad ogni cristiano perché
essa è pienezza di vita e sinonimo di felicità, di beatitudine. E
noi cristiani incontriamo la felicità seguendo Gesù Cristo.
Queste parole sono dirette ai giovani, sono per loro, ma sap-
piamo bene che «la santità è anche per te», riguarda tutti: gio-
vani, educatori, padri e madri, laiche e laici consacrati, religiose,
r eligiosi, presbiteri. In breve, queste mie parole sono rivolte a
tutti e a ciascuno dei membri della nostra Famiglia Salesiana, in
modo che tutti ci sent iamo inclusi, e riguardano naturalmente
tutto il Popolo di Dio.
14 M. RUA, Santificazione nostra e delle anime a noi affidate . Lettera del Rettor
Maggiore agli Ispettori e ai Direttori di America, Valsalice, 24 settembre, 1894
" GIOVANNI P AOLO II, Discorso in occasione della visita alla Pontificia Università
Salesiana, 31 gennaio 1981, in L'Osservatore Romano, 8 febbraio 1981,1.
16 E. VIGANÒ, Riscoprire lo spirito di Mornese, in ACS 301 (1981), 24-25.

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IL RETTOR MAGGIORE 15
Sono molto belli i messaggi che, con forte convinzione, papa
Giovanni Paolo II, papa Benedetto XVI e papa Francesco hanno
inviato ai giovani, e non dovrebbero risultarci estranei. Racco-
glierò solo un piccolo campione di quei messaggi, con un deno-
minatore comune: in tutti, i Papi chiedono ai giovani di correre
il rischio di accettare Gesù come garanzia della loro felicità.
Questa fu la grande sfida che san Giovanni Paolo II lanciò
quando disse ai giovani del mondo: «In realtà è Gesù che cer-
cate quando sognate la felicità; è Lui che vi aspetta quando
niente vi soddisfa di quello che trovate; è Lui la bellezza che tan-
to vi attrae; è Lui che vi provoca con quella sete di radicalità che
non vi permette di adattarvi al compromesso; è Lui che vi spin-
ge a deporre le maschere che rendono falsa la vita; è Lui che vi
legge nel cuore le decisioni più vere che altri vorrebbero soffoca-
re. È Gesù che suscita in voi il desiderio di fare della vostra vita
qualcosa di grande, la volontà di seguire un ideale, il rifiuto di
lasciarvi inghiottire dalla mediocrità, il coraggio di impegnarvi
con umiltà e perseveranza per migliorare voi stessi e la società,
rendendola più umana e fraterna»17•
Non meno esplicito è stato papa Benedetto XVI quando ha
detto ai giovani: «Cari giovani, la felicità che cercate, la felicità
che avete diritto di gustare ha un nome, un volto: quello di Gesù
di Nazareth, nascosto nell'Eucaristia [...]. Siatene pienamente
convinti: Cristo nulla toglie di quanto avete in voi di bello e di
grande, ma porta tutto a perfezione per la gloria di Dio, la feli-
cità degli uomini, la salvezza del mondo [.. .]. Lasciatevi sorpren-
dere da Cristo! Concedetegli il "diritto di parlarvi" »18•
E papa Francesco dice ai giovani che la felicità non è nego-
ziabile, non ammette la riduzione delle aspettative a livelli che
alla fine non la garantiscono in modo solido ed elevato, ma solo
17 GIOVANNI PAOLO II, Veglia di Preghiera della XV GMG, Roma Tor Vergata, 19
agosto 2000.
18 BENEDETTO XVI, Discorso alla Festa di accoglienza dei giovani a Colonia, 18
agosto 2005 .

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16 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
come qualcosa che può essere consumato in "piccole dosi", e che,
come viene, va e naturalmente non è la vera felicità o un per-
corso umano di piena realizzazione: «La vostra felicità non ha
prezzo e non si commercia; non è una "app" che si scarica sul
telefonino »19•
Don Bosco vuole i suoi giovani felici nel tempo e nel-
l'eternità
Nell'incipit della sua Lettera da Roma, del 10 maggio 1884,
Don Bosco scrive ai suoi giovani: «Uno solo è il mio desiderio:
quello di vedervi felici nel tempo e nell'eternità»20•
Alla conclusione della sua vita terrena, queste parole riassu-
mono il cuore del suo messaggio ai giovani di ogni epoca e di tut-
to il mondo. Essere felici, come meta sognata da ogni giovane,
oggi, domani, nel tempo. Ma non solo. "Nell'eternità" è quel di
più che solo Gesù e la sua proposta di felicità, la santità appun-
to, sa offrire. È la risposta alla sete profonda del "per sempre"
che arde nel cuore di ogni giovane.
Il mondo, le società di tutte le nazioni, non sono in grado di
proporre questo "per sempre" e neppure la felicità eterna. Dio sì.
In Don Bosco tutto questo era chiarissimo, ed egli è stato ca-
pace di seminare nei suoi ragazzi il forte desiderio di diventare
santi, di vivere per Dio e di raggiungere il paradiso: «Ha guida-
to i giovani sulla via della santità semplice, serena e gioiosa,
unendo in una sola esperienza di vita il cortile, uno studio serio
e un costante senso del dovere»21•
19 FRANCESCO, Omelia nell'Eucaristia del giubileo dei ragazzi e delle ragazze, Roma
24 aprile 2016.
20 ISS, Fonti Salesiane. 1. Don Bosco e la sua opera. Raccolta antologica, LAS,
Roma 2014, 444.
21 J. E. VECCHI, Andate oltre. Temi di spiritualità giovanile, Elle Di Ci, Leumann
(TO) 2002.

2.5 Page 15

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IL RETTOR MAGGIORE 17
III. SANTI PER I GIOVANI E CON I GIOVANI
La santità caratteristica del carisma salesiano in cui c'è spa-
zio per tutti, consacrati e laici, ha poi una sua più specifica tra-
duzione in relazione alla santità giovanile. Don Pascual Chavez,
mio predecessore, scrisse all'inizio del suo ministero nella lette-
ra Cari salesiani, siate santi!: «I giovani stessi aiutarono Don
Bosco "ad iniziare, nell'esperienza giornaliera, uno stile di san-
tità nuova, sulla misura delle esigenze tipiche dello sviluppo del
ragazzo. Furono così, in qualche modo, contemporaneamente di-
scepoli e maestri". La nostra è una santità per i giovani e con i
giovani; perché anche nella ricerca della santità, "i giovani e i
Salesiani camminano insieme": o ci santifichiamo con loro, cam-
minando ed imparando con loro, o non saremo mai santi »22•
L'autentico cuore salesiano della nostra Famiglia deve essere
santo per raggiungere i giovani; ma non ignora il dovere, ancora
più radicale, di santificarsi in mezzo ai giovani e insieme ad essi.
Questo desiderio può essere riferito a tutti e a ciascuno dei 31
gruppi che formano la nostra Famiglia Salesiana. Con vero inte-
resse ho cercato i riferimenti alla santità nelle Costituzioni e nei
Regolamenti delle diverse congregazioni della nostra Famiglia, nel
Progetto di Vita apostolica dei Salesiani Cooperatori, negli Ideari,
Statuti e Regolamenti (secondo i nomi loro propri) di tutti i grup-
pi che appartengono all'albero del nostro carisma. Posso assicu-
rarvi che, in un modo o nell'altro, tutti contempliamo la santità
come un obiettivo e uno scopo per il quale siamo nati anche come
istituzione religiosa, al fine di conseguirla nella nostra stessa vita.
Una santità che, quindi, è proposta a ciascuno dei membri e che si
propone come obiettivo nell'apostolato rivolto agli altri.
La giovinezza, un tempo per la santità
Convinti che «la santità è il volto più bello della Chiesa» (GE,
9), prima di proporla ai giovani siamo chiamati tutti a viverla e
a testimoniarla, divenendo così una comunità "simpatica", co-
22 P. CHÀVEZ, Cari Salesiani, siate santi, ACG 379 (2002), 22.

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18 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
me narrano in varie occasioni gli Atti degli Apostoli (cf. GE, 93).
Solo vivendo questa coerenza è possibile accompagnare i giovani
sulle vie della santità.
Se sant'Ambrogio affermava che «ogni età è matura per la
santità»23, senza dubbio lo è anche la giovinezza! Nella santità di
numerosi giovani la Chiesa riconosce la grazia di Dio che previe-
ne e accompagna la storia di ciascuno, la valenza educativa dei
sacramenti dell'Eucaristia e della Riconciliazione, la fecondità di
cammini condivisi nella fede e nella carità, la carica profetica di
questi "campioni" che spesso hanno sigillato nel sangue il loro
essere discepoli di Cristo e missionari del Vangelo. Il linguaggio
più richiesto dai giovani di oggi è la testimonianza di una vita
autentica. Per questo motivo la vita dei giovani santi è la vera
parola della Chiesa; e l'invito ad intraprendere una vita santa, è
l'appello più necessario di cui i giovani oggi hanno bisogno. Un
autentico dinamismo spirituale e una feconda pedagogia della
santità non deludono le aspirazioni profonde dei giovani: il loro
bisogno di vita, di amore, di crescita, di gioia, di libertà, di futuro
e anche di misericordia e riconciliazione.
Certamente la proposta ha il sapore di una vera sfida. Se da
una parte è molto attraente, dall'altra crea timore e indecisione.
Necessita di superare il rischio di «accontentarsi di un'esistenza
mediocre, annacquata e inconsistente» (GE, 1); suppone di vin-
cere la tentazione di "vivacchiare" perché la sfida della santità
non è un'altra cosa rispetto alla vita di tutti i giorni, ma è esat-
tamente questa stessa esistenza ordinaria vissuta in maniera
straordinaria, perché resa bella dalla grazia di Dio. Il frutto del-
lo Spirito Santo è infatti una vita vissuta nella gioia e nell'amo-
re, e in questo consiste la santità. In questo senso è prezioso l'e-
sempio che il Papa ci offre nell'Esortazione apostolica presen-
tando la testimonianza di vita del Card. Francesco Saverio
Nguyen Van Thuan, che visse lunghi anni in carcere. Egli ri-
nunciò a consumarsi nell'attesa della liberazione, e prese un'al-
23 AMBROGIO, De Virginitate, 40 .

2.7 Page 17

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IL RETTOR MAGGIORE 19
tra decisione: «Vivo il momento presente, colmandolo di amore e
[.. .] afferro le occasioni che si presentano ogni giorno, per com-
piere azioni ordinarie in un modo straordinario » (GE, 17).
Giovani santi e giovinezza dei santi
«Gesù invita ogni suo discepolo al dono totale della vita, sen-
za calcolo e tornaconto umano. I santi accolgono quest'invito esi-
gente e si mettono con umile docilità alla sequela di Cristo croci-
fisso e risorto. La Chiesa contempla nel cielo della santità una
costellazione sempre più numerosa e luminosa di ragazzi, adole-
scenti e giovani santi e beati che dai tempi delle prime comunità
cristiane giungono fino a noi. Nell'invocarli come protettori, li
indica ai giovani come riferimenti per la loro esistenza»24. In varie
inchieste, anche in quelle preparatorie per il Sinodo dei Vescovi
sui giovani, i giovani stessi riconoscono di essere «più recettivi
di fronte a "una narrativa della vita" [rispetto] a un astratto ser-
mone teologico»25 e considerano per loro molto rilevante la vita
dei santi. Perciò, senza dubbio, diventa importante presentarli in
modo adatto alla loro età e condizione.
Merita anche ricordare che accanto ai "Santi giovani" vi è la
necessità di presentare ai giovani la "giovinezza dei Santi". Tut-
ti i Santi, infatti, sono passati attraverso l'età giovanile e sareb-
be utile ai giovani di oggi mostrare in che modo i Santi hanno
vissuto il tempo della loro giovinezza. Si potrebbero così inter-
cettare molte situazioni giovanili non semplici né facili, dove
però Dio è presente e misteriosamente attivo. Mostrare che la
Sua grazia è all'opera, attraverso percorsi tortuosi di paziente
costruzione di una santità che matura nel tempo per tante vie
impreviste, può aiutare tutti i giovani, nessuno escluso, a colti-
vare la speranza di una santità sempre possibile.
24 XV AsSEMBLEA ORDINARIA DEL SINODO DEI VESCOVI, / giovani, la fede e il discerni-
mento vocazionale. Instrumentum Laboris , LEV, Roma 2014, 214.
25 XV AsSEMBLEA ORDINARIA DEL S INODO DEI V ESCOVI, / giovani, la fede e il discerni-
mento vocazionale. Instrumentum Lahoris. R iunione pre-sinodale. Documento /i,:iale (19-
24 marzo 2018), Parte II, Introduzione. Il documento si trova nella pagina: http://press.
vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2018/03/24/0220/ 00482.html

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20 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
L'ultimo numero del documento finale del Sinodo afferma,
in sintonia con quanto stiamo dicendo, che anche la santità dei
giovani fa parte della santità della Chiesa, perché «i giovani so-
no parte integrante della Chiesa. Lo è quindi anche la loro san-
tità, che in questi ultimi decenni ha prodotto una multiforme
fioritura in tutte le parti del mondo: contemplare e meditare du-
rante il Sinodo il coraggio di tanti giovani che hanno rinunciato
alla loro vita pur di mantenersi fedeli al Vangelo è stato per noi
commovente; ascoltare le testimonianze dei giovani presenti al
Sinodo che nel mezzo di persecuzioni hanno scelto di condivide-
re la passione del Signore Gesù è stato rigenerante. Attraverso
la santità dei giovani la Chiesa può rinnovare il suo ardore spi-
rituale e il suo vigore apostolico»26•
Iv. COSA VUOL DIRE: «LA SANTITÀ ANCHE PER TE! »?
Papa Francesco lo esprime in modo semplice e diretto.
Dopo aver affermato che per essere santi non è necessario
essere vescovi, sacerdoti, religiose o religiosi, aggiunge: «Tutti
siamo chiamati ad essere santi vivendo con amore e offrendo cia-
scuno la propria testimonianza nelle occupazioni di ogni giorno,
dove si trova. Sei una consacrata o un consacrato? Sii santo
vivendo con gioia la tua donazione. Sei sposato? Sii santo aman-
do e prendendoti cura di tuo marito o di tua moglie, come Cristo
ha fatto con la Chiesa. Sei un lavoratore? Sii santo compiendo
con onestà e competenza il tuo lavoro al servizio dei fratelli. Sei
genitore o nonna o nonno? Sii santo insegnando con pazienza ai
bambini a seguire a Gesù. Hai autorità? Sii santo lottando a fa-
vore del bene comune e rinunciando ai tuoi interessi personali»
(GE, 14).
Questo ci incoraggia a tradurre in parole semplici la sfida che
abbiamo e che si presenta come una preziosa provocazione per
tutti e ciascuno di noi, a tutte le età e tappe della vita.
26 X\\T AsSEMBLEA ORDINARIA DEL SINODO DEI V ESCOVI, f giovani, la fede e il discerni-
mento vocazionale. Documento finale, LEV, Roma 2018, 167.

2.9 Page 19

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IL RETTOR MAGGIORE 21
Che cos'è allora la santità, questa santità che ci viene presen-
tata così vicina e accessibile al giovane, alla donna e all'uomo di
oggi?
------> Si tratta di una cosa vicina, reale, concreta, possibile. Anzi è
la vocazione fondamentale ali'amore come riconosce il
Concilio Vaticano II (LG, 11); l'anima, l'essenza di questa
chiamata alla santità per ogni persona è la carità pienamen-
te vissuta: «Dio è amore; chi rimane nell'amore rimane in
Dio e Dio rimane in lui» (1 Gv 4,16).
------> Si tratta di far fruttificare la grazia del Battesimo sen-
za aver paura che Dio ci chieda troppo: «Lascia che la
grazia del tuo Battesimo fruttifichi in un cammino di san-
tità. Lascia che tutto sia aperto a Dio e a tal fine scegli Lui,
scegli Dio sempre di nuovo» (GE, 15). Concretamente si trat-
ta di vivere nello Spirito, lasciarsi guidare nella semplicità
della vita quotidiana dallo Spirito Santo senza temere di
puntare in alto e lasciandosi amare e liberare da Dio stesso.
Papa Benedetto XVI invitava i giovani, tutti i giovani, ad
«aprirsi all'azione dello Spirito Santo, che trasforma la nostra
vita, per essere anche noi come tessere del grande mosaico
di santità che Dio va creando nella storia, perché il volto di
Cristo splenda nella pienezza del suo fulgore. Non abbiamo
paura di tendere verso l'alto, verso le altezze di Dio; non ab-
biamo paura che Dio ci chieda troppo »27•
------> Si tratta di essere santi contenti perché così ci ha so-
gnato Dio.
«Quanto detto finora non implica uno spirito inibito, triste,
acido, malinconico, o un basso profilo senza energia. Il santo
è capace di vivere con gioia e senso dell'umorismo » (GE,
122). Giovanni Bosco, quando era giovane, ha fondato la
Società dell'allegria e Domenico Savio era abituato a dire
ai nuovi arrivati all'oratorio: «Qui facciamo consistere la san-
27 B ENEDETTO XVI, Catechesi nell'Udienza generale del 13 aprile 2011: Insegna-
menti VII (2011).

2.10 Page 20

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22 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
tità nello stare molto allegri»28 (sebbene sappiamo che non
fosse una gioia superficiale ma molto ben radicata nel
profondo, nell'interiorità, nella responsabilità dinanzi alla
vita e davanti a Dio stesso).
Don Bosco ha capito molto bene, e così l'ha trasmesso ai suoi
ragazzi, che impegno e gioia vanno insieme, e che santità e
gioia sono un binomio inseparabile. Il suo, quindi, è un invi-
to e una chiamata alla "santità della gioia" e alla gioia vissu-
ta in una vita santa. Ciò non significa ignorare che l'impegno
della santità comporta coraggio perché è, in altre parole, un
percorso che va "contro corrente", un cammino non poche
volte di contestazione, nel quale in alcuni momenti dobbiamo
essere come Gesù "segni di contraddizione".
- Si tratta di un cammino, quello della santità, che accetta la
dimensione della croce.
Papa Francesco ci ricorda la solidità interiore per essere per-
severanti e costanti nel bene; richiama la vigilanza nel «lotta-
re e stare in guardia davanti alle nostre inclinazioni aggressi-
ve ed egocentriche per non permettere che mettano radici»
(GE, 114); incoraggia la parresia evangelica per non lasciarsi
dominare dalla paura; soprattutto invita a non smettere di
stare in contemplazione del Crocifisso, fonte di grazia e di li-
berazione: «E se davanti al volto di Cristo ancora non riesci a
lasciarti guarire e trasformare, allora penetra nelle viscere del
Signore, entra nelle sue piaghe, perché ha sede la miseri-
cordia divina» (GE, 151).
Forse il riferimento alla Croce non è più tanto frequente tra
noi oggi, ma sicuramente anche in questo dobbiamo cambia-
re. Non si può vivere un'autentica vita cristiana e un cam-
mino di santità nel quotidiano lasciando ai margini la Croce.
Avendo partecipato durante l'ultimo Sinodo alla canonizza-
zione di san Paolo VI, celebrata insieme a quella di altri sei
santi, trovo queste sue parole molto opportune: «Che cosa sa-
"' MB V, 356.

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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IL RETTOR MAGGIORE 23
rebbe un Vangelo, cioè un cristianesimo, senza la croce, sen-
za il dolore, senza il sacrificio di Gesù? Sarebbe un Vangelo,
un cristianesimo senza la Redenzione, senza la salvezza, del-
la quale abbiamo assoluto bisogno. Il Signore ci ha salvato
con la Croce; ci ha ridato la speranza, il diritto alla vita con la
sua morte. Portare la croce! Grande cosa, grande cosa, figli
carissimi! Vuol dire affrontare la vita con coraggio, senza
mollezza e senza viltà; vuol dire trasformare in energia
morale le difficoltà immancabili della nostra esistenza; vuole
dire, saper comprendere il dolore umano e finalmente saper
veramente
amare!
»29
- Si tratta di vivere la santità perché non allontana dai
propri doveri, interessi, affetti, ma li assume nella ca-
rità. La santità è la perfezione della carità e risponde dunque
al bisogno fondamentale dell'uomo: quello di essere amato e
di amare. Tanto più santo, quanto più uomo e donna, perché
«non è che la vita abbia una missione, ma [...] è missione»
(GE, 27).
La santità è dunque un cammino di umanizzazione. «Ci
occorre uno spirito di santità che impregni tanto la solitudi-
ne quanto il servizio, tanto l'intimità quanto l'impegno evan-
gelizzatore, così che ogni istante sia espressione di amore
donato sotto lo sguardo del Signore. In questo modo, tutti i
momenti saranno scalini nella nostra via di santificazione»
(GE, 31).
La santità pertanto coincide con la piena fioritura dell'u-
mano. Essa non è la proposta di un cammino disincarnante
e decontestualizzante, ma permette di sperimentare in modo
sempre più pieno e vero la propria umanità e l'umanità dei
fratelli. Nel volto di un vero santo, si percepisce sempre,
chiaramente, l'uomo o la donna che egli è, con tutta la ric-
chezza affettiva, volitiva, intellettiva e relazionale che lo con-
traddistingue: «Nei Santi diventa ovvio: chi va verso Dio non
29 PAOLO VI, Discorso durante la «via crucis», 24 marzo 1967.

3.2 Page 22

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24 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
si allontana dagli uomini, ma si rende invece ad essi vera-
mente vicino »30•
Vi invito fin d'ora a ricordare, quando alla fine del commen-
to parleremo dei nostri santi, beati, servi di Dio e venerabili del-
la nostra Famiglia Salesiana, la preziosa testimonianza che ci of-
frono con la loro vita.
Don Bosco stesso, nella sua grande umanità, fu il primo ad
aver trovato, guarito, riconciliato i ragazzi che spesso giungeva-
no all'Oratorio avendo vissuto situazioni difficili di povertà af-
fettiva, di difficoltà economiche, di orfanezza e abbandono. A
questi ragazzi ha offerto tutta la ricchezza dello spirito di fami-
glia e del Sistema Preventivo, in un clima magnifico, anche spi-
rituale, che ha aiutato a guarirli. Tali ferite sono guarite grazie
alla paternità di Don Bosco stesso, al clima di famiglia, di gioia e
al cammino di fede e di amicizia con Gesù a cui Don Bosco ha
condotto i suoi ragazzi.
A Mornese Madre Mazzarello e le prime sorelle hanno vissu-
to, con la sensibilità propria della donna, questo incontro con
l'umanità di quelle bambine e ragazze povere, accolte nella pri-
ma casa delle Figlie di Maria Ausiliatrice.
E così la nostra storia si è ripetuta in tanti gruppi della no-
stra Famiglia Salesiana, con un tratto, tipicamente nostro, che è
anche del Vangelo, e che ci ha permesso di prenderci cura e di
guarire l'umanità di ogni persona con la quale ci siamo incon-
trati.
~ Si tratta di una santità che è anche un "dovere" e un
dono (cioè una vocazione, una responsabilità, un impegno e
un dono) . La santità è partecipazione alla vita di Dio, non
una perfezione moralisticamente intesa e che si presume di
conseguire con le sole proprie forze. Infatti una vita santa
non è principalmente frutto di un nostro sforzo, delle nostre
azioni. È Dio, il tre volte Santo (cf. Is 6,3) che ci rende santi
30 BENEDETTO XVI, Lettera Enciclica Deus caritas est, LEV, Roma 2005, 42.

3.3 Page 23

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IL RETTOR MAGGIORE 25
attraverso l'azione dello Spirito Santo, il quale interiormen-
te ci dà forza e volontà.
La santità è impegno e responsabilità. È qualcosa che solo tu
puoi fare: «Voglia il Cielo che tu possa riconoscere qual è
quella parola, quel messaggio di Gesù che Dio desidera dire
al mondo con la tua vita» (GE, 24).
E per i consacrati e le consacrate della nostra Famiglia Sale-
siana questo dovere diventa indispensabile. Paolo VI lo disse
in modo radicale: «La vita religiosa deve essere santa, o non
ha più ragione di essere»31
V. ALCUNI POSSIBILI INDICATORI DELLA SANTITÀ
Offro alcuni suggerimenti che possono essere validi per cia-
scuno personalmente e per la nostra missione. Mi permetto di
segnalare i seguenti indicatori.
Vivere la vita di ogni giorno come luogo di incontro
con Dio.
Il cuore dello spirito salesiano, che ci distingue come una
Famiglia carismatica, si caratterizza per il fatto di concepire
la vita in modo positivo e di intenderla, giorno dopo giorno,
come il luogo dell'incontro con Dio. Tale luogo è attraversato
da una rete ricca di relazioni, lavoro, gioia e relax, vita fami-
liare, sviluppo delle proprie capacità, donazione, servizio... ,
tutti vissuti alla luce di Dio. E ciò si concretizza, in modo
semplice, in quella convinzione molto salesiana che viene
dallo stesso Don Bosco: per essere santo devi fare bene quel-
lo che devi fare.
È la proposta della santità della vita quotidiana. Se Teresa
d'Avila trova la santità tra le stoviglie di una cucina, e Fran-
cesco di Sales dimostra che il cristiano può vivere nel mondo,
in mezzo agli impegni della vita e alle preoccupazioni ed es-
31 PAOLO VI, Discorso del 27 giugno 1965, in E. Viganò, Riprogettiamo insieme la
santità, in ACS 303 (1981).

3.4 Page 24

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26 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
sere santo, Don Bosco con la semplicità della gioia, dell'esat-
to compimento del proprio dovere e di una vita vissuta tutta
per amore del Signore, crea con i suoi ragazzi a Valdocco una
vera scuola di santità.
- Essere persone e comunità di preghiera.
La santità è il dono più grande che possiamo offrire ai giova-
ni e - aggiungo - oggi i giovani, i ragazzi e le loro famiglie,
hanno bisogno della testimonianza della nostra vita. E, come
ho detto, questa santità semplice sarà il dono più prezioso
che possiamo offrire loro.
Tuttavia, questo cammino non è possibile senza coltivare
una profondità di vita, senza una fede autentica e senza la
preghiera come espressione di questa stessa fede. Papa Fran-
cesco afferma: «Non credo nella santità senza preghiera»
(GE 147). Ed effettivamente tutto questo è impossibile senza
l'intimità con il Signore Gesù: preghiera di ringraziamento,
espressione di riconoscenza al Dio trascendente; preghiera di
supplica, espressione del cuore che confida in Dio; preghiera
di intercessione, espressione di amore fraterno ; preghiera di
adorazione, espressione che riconosce la trascendenza di Dio;
preghiera di meditazione della Parola, espressione del cuore
docile e obbediente; preghiera eucaristica, culmine e fonte
del cammino di santità.
- Sviluppare nella nostra vita i frutti dello Spirito San-
to: amore, carità, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà,
fedeltà, mitezza, dominio di sé... La santità non è litigio, con-
tesa, invidia, divisione, fretta. «La santità non ti rende meno
umano, perché è l'incontro della tua debolezza con la forza
della grazia» (GE, 34) .
- Praticare le virtù: non solo rifiutare il male e attaccarsi al
bene, ma appassionarsi al bene, compiendo bene il bene, tut-
to il bene... Preghiera e azione nel mondo, servizio e dona-
zione e anche tempi per il silenzio. Vita di famiglia e respon-
sabilità nel lavoro. «Tutto può essere accettato e integrato

3.5 Page 25

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IL RETTOR MAGGIORE 27
come parte della propria esistenza in questo mondo, ed entra
a far parte del cammino di santificazione, e ci santifichiamo
nell'esercizio responsabile e generoso della nostra missione»
(GE, 26).
Allora, perseguire la vita buona del Vangelo nella pratica
gioiosa e costante delle virtù sarà veramente una via sempli-
ce di santità.
Testimoniare la comunione.
Il cammino della santità si sperimenta insieme e la strada
della santità è un cammino vissuto in comunità e si consegue
insieme. I santi stanno sempre insieme, in compagnia. Dove
ce n'è uno, ne troviamo sempre molti altri. La santità del
quotidiano fa fiorire la comunione ed è un generatore "rela-
zionale". Ci si fa santi insieme. Non è possibile essere san-
ti da soli e Dio non ci salva da soli: «perciò nessuno si salva
da solo, come individuo isolato» (GE, 6). La santità si nutre
di relazioni, di confidenza, di comunione perché la spiritua-
lità cristiana è essenzialmente comunitaria, ecclesiale, pro-
fondamente diversa e molto lontana da una visione elitaria o
eroica della santità.
Al contrario non c'è santità cristiana là dove si dimentica la
comunione con gli altri, dove si dimentica di cercare e guar-
dare il volto dell'altro, dove si dimentica la fraternità e lari-
voluzione della tenerezza.
Capire che la vita di ciascuno è una missione.
Il Papa chiede decisamente di concepire la totalità della pro-
pria vita come una missione. A volte, in momenti difficili,
una persona si chiede che senso ha la propria esistenza, qual
è la ragione per cui vivere, la motivazione del suo esserci nel
mondo, quale contributo personale dovrebbe offrire.. . Ebbe-
ne, in tutti questi casi si sta domandando: qual è la mia mis-
sione? E alla luce di questo aspetto si scopre che «per un cri-
stiano non è possibile pensare alla propria missione sulla ter-
ra senza concepirla come un cammino di santità» (GE, 19),
dando sempre il meglio di sé in questo impegno.

3.6 Page 26

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28 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
Alcune case salesiane, come Valdocco, Mornese, Valsalice,
Nizza, Ivrea, San Giovannino... attestano fin dall'inizio la
santità come esperienza condivisa, che fiorisce nell'amicizia,
nella dedizione e nel servizio (oggi diciamo vita come "voca-
zione e missione").
Cercare la semplicità (che non è facilità) delle Beati-
tudini (cf. GE, 70-91).
Nell'annuncio delle Beatitudini Gesù ci ha offerto un vero
cammino di santità. Le Beatitudini «sono come la carta d'i-
dentità del cristiano» (GE, 63).
In esse ci è proposto un modo di vivere nel quale si realizza-
no processi che vanno dalla povertà di cuore, che vuol dire
anche austerità di vita, al reagire con umile mitezza in un
mondo dove si litiga facilmente e per qualunque cosa; dal co-
raggio di lasciarsi "trafiggere" dal dolore altrui e averne com-
passione al cercare con vera fame e sete la giustizia, mentre
altri si spartiscono la torta della vita ottenuta per mezzo del-
l'ingiustizia, della corruzione e dell'abuso di potere.
Le Beatitudini inducono il cristiano a guardare e ad agire con
misericordia, che significa aiutare gli altri e anche perdonare;
lo spingono a mantenere un cuore puro e libero da tutto ciò
che sporca l'amore verso Dio e verso il prossimo. La proposta
di Gesù ci chiede di seminare pace e giustizia e costruire pon-
ti tra le persone. Chiede anche di accettare le incomprensioni,
le falsità nei confronti di se stessi e, in definitiva, tutte le per-
secuzioni, anche le più subdole, che esistono oggi.
- Crescere nei piccoli gesti (GE, 16). È un altro semplice in-
dicatore, pratico e alla portata di tutti. Dio ci chiama alla
santità mediante i piccoli gesti, attraverso le cose semplici,
quelle che senza dubbio possiamo scoprire negli altri e rea-
lizzare in noi stessi nella vita di ogni giorno; incoraggiati an-
che dal fatto che il percorso di santità non è né unico né lo
stesso per tutti.
Si percorre un cammino di santità nella propria condizione di
uomo e di donna. In questo senso la tenerezza femminile, la

3.7 Page 27

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IL RETTOR MAGGIORE 29
finezza dei piccoli dettagli e dei gesti sono un magnifico
esempio per tutti. Per questa ragione papa Francesco dice:
«Voglio sottolineare che anche il "genio femminile" si mani-
festa in stili femminili di santità, indispensabili per riflettere
la santità di Dio in questo mondo e [... ] mi preme ricordare
tante donne sconosciute o dimenticate le quali, ciascuna a
modo suo, hanno sostenuto e trasformato famiglie e comu-
nità con la forza della loro testimonianza» (GE, 12).
Tutto, tranne rinunciare a volare quando siamo nati
per le vette!
Sono tanti piccoli passi che ci possono aiutare a fare un cam-
mino nella santità, in questa santità semplice, anonima ma
che modella la nostra esistenza in un modo bello. Come ho
detto, tutto può aiutare; tutto eccetto la rinuncia a volare
quando siamo nati per le vette! Poiché siamo «scelti da Dio,
santi, amati» (Col 3,12).
Ciò che voglio dire è espresso magnificamente da Mamerto
Menapace32 in una bella storia, una bella metafora che parla
del dilemma tra lo stare al livello del suolo o prendere il volo
verso Dio, verso la santità, verso le cime.
Il racconto dice così:
Una volta un contadino, che stava camminando su un sentiero
in alta montagna, trovò tra le rocce in prossimità della vetta
uno strano uovo: troppo grande per essere di gallina e troppo
piccolo per essere quello di uno struzzo.
Non sapendo cosa fosse, decise di prenderlo con sé.
Giunto in casa lo mostrò alla moglie. Lei aveva un tacchino che
stava covando sul proprio nido. Vedendo che l'uovo aveva più o
meno le dimensioni degli altri, andò a metterlo sotto la coda del
tacchino.
I pulcini iniziarono a rompere il guscio e lo stesso fece il picco-
lo nell'uovo preso in montagna. E anche se sembrava essere un
animale diverso dagli altri, le differenze non erano tali da farlo
32 M. MENAPACE, Cuentos rodados, Patria Grande, Buenos Aires 1986 (nostra tra-
duzione) .

3.8 Page 28

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30 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
sfigurare nei confronti del resto della nidiata, nonostante si
trattasse di un piccolo di condor. Pur covato da un tacchino,
aveva un'altra origine.
Dato che non aveva nessun altro modello da cui imparare, il
piccolo condor imitava ciò che vedeva fare dai tacchini. Seguiva
il grande tacchino cercando vermi, semi e spazzatura. Scavava
la terra e, saltellando, cercava di strappare i frutti dai cespugli.
Viveva nel pollaio e aveva paura dei cani che venivano spesso a
rubargli il cibo. Di notte si arrampicava sui rami del carrubo
per timore delle donnole e di altri predatori. Viveva in questo
stato, imitando ciò che vedeva fare agli altri.
A volte si sentiva un po' strano. Soprattutto quando aveva l'op-
portunità di stare da solo. Ma ciò non accadeva spesso. Infatti i
tacchini non tollerano la solitudine, né che altri stiano da soli. È
una specie che ama muoversi sempre in branco, gonfiare il petto
per impressionare, aprire la coda e trascinare le ali. Nei confron-
ti di ciò che li colpisce, la risposta immediata è un forte scherno.
Caratteristica dei tacchini è questa: nonostante abbiano grandi
dimensioni, non volano.
Un mezzogiorno, mentre il cielo limpido era attraversato da
nuvole bianche, il piccolo animale fu sorpreso di vedere alcuni
strani uccelli che volavano maestosamente, quasi senza muo-
vere le ali. Sentì una scossa nel profondo del suo essere. Qual-
cosa come una vecchia chiamata che voleva risvegliarlo nelle
profondità delle sue fibre. I suoi occhi, abituati a guardare sem-
pre il terreno in cerca di cibo, non riuscivano a distinguere ciò
che accadeva nelle altezze. Il suo cuore si svegliò con una forte
nostalgia: perché anch'io non posso volare così? Il suo cuore
batteva veloce e con ansia.
In quel momento gli venne vicino un tacchino che gli chiedeva
cosa stesse facendo. Rise di lui quando sentì il suo racconto. Gli
disse che era un romantico e che avrebbe dovuto smettere di
scherzare. Loro erano qualcos'altro. Doveva tornare alla realtà
e gli propose di accompagnarlo in un luogo dove aveva trovato
tanta frutta matura e tante qualità di vermi.
Disorientato, il povero animale si riprese dall'incantesimo e se-
guì il suo compagno che lo riportò al pollaio.
Riprese la sua vita normale, sempre tormentato da una profon-
da insoddisfazione interiore che lo faceva sentire strano.

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IL RETTOR MAGGIORE 31
Non ha mai scoperto la sua vera identità di condor.
Diventato vecchio, un giorno è morto. Sì, sfortunatamente è
morto esattamente come aveva vissuto.
E pensare che era nato per le vette!
Si tratta della via della crescita cristiana verso la santità:
«Non abbiamo paura di tendere verso l'alto, verso le altezze di
Dio ;
non
abbiamo
paura
che
Dio
ci
chieda
troppo
»33
VI. CAMMINI DI SANTITÀ OGGI ALLA LUCE DELLA
NOSTRA STORIA COME FAMIGLIA SALESIANA
Vi sono molte strade nel cammino della santità.
Noi sappiamo che alcuni sono santi, ma non sappiamo mai
chi è più santo di un altro. Dio solo conosce i cuori. C'è una
bellezza particolare in ciascuno. Non si deve chiedere a una
persona ciò che essa non può e non deve dare. Dirlo è incorag-
giante, risanante. Altrimenti ci convinceremmo di non poter di-
ventare santi, perché non saremo mai come i santi che ci sono
stati proposti come modello. «Non bisogna mettere nella san-
tità più perfezione di quella che davvero vi è»34• Cioè: l'eroicità
cristiana non è eroismo, la perfezione cristiana non è il per-
fezionismo del supereroe. «Nella casa del Padre mio vi sono
molte dimore» (Gv 14,2). Il Paradiso è come un giardino: vi è
l'umile violetta o il sublime giglio e la rosa. Nessuna condizio-
ne rappresenta un ostacolo insormontabile alla pienezza della
gioia e della vita.
Con Don Bosco non incontriamo solo Domenico Savio, Gio-
vanni Massaglia e Francesco Besucco; ma anche Michele Mago-
33 BENEDETTO XVI, Catechesi nell 'Udi enza generale del 13 aprile 2011 : Insegna-
menti VII (20 11).
34 P. CATRY, «Le tracce di Dio», in Aa. Vv. , La missione ecclesiale di Adrienne van
Speyr. Atti del 2° Colloquio Internazionale del pensiero cristiano, J aca Book (= Già e non
ancora), Milano 1986, 32 citato in L. M. Zanet , La santità dimostrabile. Antropologia e
prassi della canonizzazione, Dehoniane, Bologna 2016, 204.

3.10 Page 30

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32 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
ne e tanti altri ragazzi difficili, la cui storia è caratterizzata da
profonde ferite.
Nelle prime opere dei Salesiani e delle Figlie di Maria Ausilia-
trice, trovano la prima vera casa di orfani e persone a vario titolo
segnate da ingiustizie e traumi (Carlo Braga, Laura Vicufla.. .).
Vi sono poi ferite strettamente personali: sia Beltrami sia
Czartoryski sapevano che non avrebbero mai potuto condurre
una regolare vita oratoriana, a causa della malattia. Artemide
Zatti si vide respinto dal sacerdozio, anch'egli a causa di una ma-
lattia. Francesco Convertini mostrava doti intellettuali mode-
stissime e fu solo la sua irradiante santità a convincere i supe-
riori a lasciarlo proseguire verso il sacerdozio. Alexandrina Ma-
ria da Costa si vide costretta a letto per una paralisi progressiva.
La stessa situazione è stata vissuta da Nino Baglieri. Vera Grita,
mistica salesiana, visse un analogo calvario, a seguito del trauma
riportato in un incidente.
Così, nella casa di Don Bosco trova spazio e accoglienza
una molteplicità di interlocutori a vario titolo feriti da vicende
familiari o personali dolorose; persone che, sulla base di un me-
ro criterio di umana prudenza o di efficienza, non avrebbero mai
dovuto essere accettate. Figure che allo sguardo superficiale
paiono contrastare in tutto e per tutto con la briosità gioiosa e
persino "robusta" dello spirito salesiano. Eppure alla luce della
fede si dimostra, con i fatti, che nessuna condizione personale
costituisce un impedimento alla santità.
Ogni santo è una parola di Dio incarnata.
Non esistono due santi uguali. Imitare i santi non è copiarli.
Ognuno necessita dei propri tempi e ha un suo cammino, poiché
«i percorsi della santità sono personali»35•
La galassia della santità è vasta e differenziata: perciò non va
appiattita in un generico orientamento verso il bene, ma deve
35 GIOVANNI PAOLO II, Lettera apostolica Novo Millennio Ineunte, Roma 2001, 31.

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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IL RETTOR MAGGIORE 33
essere considerata come inesauribile sorgente di ispirazione e di
progettualità. Immagini viventi del vangelo, i Santi ne interpre-
tano lo spirito più genuino e sono lo specchio che riflette il volto
di Gesù Cristo, il Santo di Dio. Essi diffondono il dono della
bontà e della bellezza, non cedono alla moda passeggera ed effi-
mera del tempo e, con lo slancio di un cuore perennemente gio-
vane, rendono possibile il miracolo dell'amore. Con la forza del-
la Grazia i Santi cambiano il mondo, ma anche la Chiesa, resa
più evangelica e più credibile dalla loro testimonianza.
Lo Spirito Santo che ha ispirato gli autori sacri è lo stesso
che anima i Santi a dare la vita per il Vangelo. Il loro differente
modo di "incarnare" la santità costituisce una via sicura per in-
traprendere un'ermeneutica viva ed efficace della Parola di Dio.
- Ogni santo della nostra Famiglia Salesiana ci dice che
la santità è possibile.
Ogni nostro Santo, Beato, Venerabile, Servo di Dio è porta-
tore di una ricchezza di aspetti che meritano maggiore conside-
razione e valorizzazione. Si tratta di contemplare un diamante
dalle molteplici facce, alcune più visibili e attraenti, altre meno
immediate e "simpatiche", ma non per questo meno vere e deci-
sive. Conoscere e far conoscere queste straordinarie figure di
credenti genera un progressivo coinvolgimento nel loro stesso
cammino, un appassionato interessamento alle loro vicende, una
gioiosa condivisione dei progetti e delle speranze che animarono
i loro passi.
Vi offro qualche esempio.
-+ La santità dei giovani "a casa nostra".
Con le testimonianze di Domenico Savio, Laura Vicufi.a, Zef-
firino Namuncura, dei cinque giovani oratoriani di Poznan,
di Alberto Marvelli e altri, sono 46 i Santi e Beati giovani del-
la Famiglia Salesiana, al di sotto dei 29 anni.
In particolare meritano di essere sottolineati alcuni aspetti
della testimonianza di san Domenico Savio:

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34 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
• Il richiamo alla realtà preventiva non solo come aspetto pe-
dagogico educativo, ma come fatto teologico. Nella sua vita,
come Don Bosco stesso testimonia, c'è una grazia preventiva
che opera e si manifesta36•
• Il valore decisivo rappresentato dalla Prima Comunione37•
• Il fatto che costituisca una sorta di capofila e di maestro nel-
le vie di Dio (così come anche Don Bosco lo vede nel sogno di
Lanzo del 1876), come viene confermato dalla vita di tanti
nostri beati, venerabili e servi di Dio che faranno propri i
propositi di Domenico: Laura Vicufta, Zefirino Namuncura,
Giuseppe Kowalski, Alberto Marvelli, Giuseppe Quadrio, Ot-
tavio Ortiz Arrieta.
• Il ruolo di Domenico nella fondazione della Compagnia del-
l'Immacolata, vivaio della futura Congregazione salesiana, in
rapporto con Giovanni Massaglia, vero amico delle cose del-
l'anima, di cui Don Bosco affermò: «Se volessi scrivere i bei
tratti di virtù del giovane Massaglia, dovrei ripetere in gran
parte le cose dette del Savio, di cui fu fedele seguace finché
visse»38
36 Ricorda Don Bosco: «Conobbi in lui un animo tutto secondo lo spirito del Signore,
e rimasi non poco stupito considerando i lavori che la Grazia divina aveva già operato in
quel tenero cuore», G. Bosco, Vita del giovanetto Savio Domenico allievo dell'Oratorio di
S. Francesco di Sales con appendice sulle grazie ottenute per sua intercessione, Ed. 5, To-
rino, Tipografia e Libreria Salesiana 1878 in ISS, Fonti Salesiane. 1. Don Bosco e la sua
opera. Raccolta antologica, LAS, Roma 2014, 1039.
37 Lo stupore, nella storia di Domenico Savio, è tipicamente eucaristico e trova il suo
momento di grazia nel giorno della Prima Comunione, visto come un seme che, se colti-
vato, è fonte di vita gioiosa e di impegni decisi: «Quel giorno fu per lui sempre memora-
bile e si può chiamare vero principio o piuttosto continuazione di una vita, che può ser-
vire di modello a qualsiasi fedele cristiano. Parecchi anni dopo facendolo parlare della
sua prima comunione, gli si vedeva ancora trasparire la più viva gioia sul volto. "Oh!
quello, soleva dire, fu per me il più bel giorno ed un gran giorno. Si scrisse alcuni ricordi
che conservava gelosamente in un libro di devozione e che spesso leggeva[... :] 1° Mi con-
fesserò molto sovente e farò la comunione tutte le volte che il confessore mi darà licenza.
2° Voglio santificare i giorni festivi. I miei amici saranno Gesù e Maria. 4° La morte,
ma non peccati". Questi ricordi, che spesso andava ripetendo, furono come la guida delle
sue azioni sino alla fine della vita» (G. Bosco, Vita del giovanetto Savio Domenico allievo
dell'Oratorio di S. Francesco di Sales con appendice sulle grazie ottenute per sua inter-
cessione, Ed. 5, Torino, Tipografia e Libreria Salesiana 1878 in ISS, Fonti Salesiane. 1.
Don Bosco e la sua opera. Raccolta antologica, LAS, Roma 2014, 1032).
38 Ibid. , 1067.

4.3 Page 33

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IL RETTOR MAGGIORE 35
- La santità missionaria del carisma salesiano, espressa
in un numero notevole di uomini e donne, consacrati e laici,
che mettono in evidenza: l'annuncio del vangelo, l'incultura-
zione della fede, la promozione della donna, la difesa dei di-
ritti dei poveri e degli indigeni, la fondazione di Chiese loca-
li. Impressiona profondamente il fatto che una grandissima
parte di fratelli e sorelle della nostra Famiglia Salesiana che
sono in cammino in vista del riconoscimento delle virtù eroi-
che e della loro santità, siano missionari e missionarie (Bea-
ta Maria Romero Meneses, FMA; Beata Maria Troncatti,
FMA; Venerabile Vincenzo Cimatti).
- La santità vittimale oblativa, che esprime la radice
profonda del "Da mihi animas, coetera talle". Capofila di
questa dimensione è il Venerabile don Andrea Beltrami
(1870-1897), la cui testimonianza è paradigmatica di tutto un
filone della santità salesiana che, partendo dalla triade An-
drea Beltrami, Augusto Czartoryski, Luigi Variara, continua
nel tempo con altre grandi figure quali la Beata Eusebia
Palomino, la Beata Alexandrina Maria da Costa, la Beata
Laura Vicufi.a, senza dimenticare la numerosa schiera dei
martiri (tra i quali occorre menzionare i 95 martiri della
guerra civile spagnola, e tra essi molti giovani confratelli in
formazione e giovani sacerdoti).
- La dimensione della "famiglia ferita": famiglie dove è
assente almeno una delle figure genitoriali, oppure la pre-
senza della mamma e/o del papà diventa, per ragioni diverse
(fisiche , psichiche, morali e spirituali), penalizzante per i
figli. Lo stesso Don Bosco, che aveva sperimentato la morte
prematura del padre e l'allontanamento dalla famiglia per la
prudente volontà di Mamma Margherita, vuole l'opera sale-
siana particolarmente dedicata alla «gioventù povera e ab-
bandonata».
La Beata Laura Vicuiia, nata in Cile nel 1891, che non ha
conosciuto un padre e la cui mamma inizia in Argentina una
convivenza con il ricco possidente Manuel Mora. Laura, ferì-

4.4 Page 34

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36 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
ta dalla situazione di irregolarità morale della mamma, offre
la vita per lei.
• Il Servo di Dio Carlo Braga, nato in Valtellina (nel Nord
Italia) nel 1889. È abbandonato piccolissimo dal padre e la
sua mamma viene allontanata perché ritenuta, per un misto
di ignoranza e maldicenza, psichicamente labile. Carlo in-
contra grandi umiliazioni e vedrà messa più volte in dubbio
l'autenticità della propria vocazione salesiana, ma saprà ma-
turare in questo travaglio una grande forza di riconciliazione
e offrirà la testimonianza di una profonda paternità e bontà,
soprattutto verso i genitori dei confratelli.
~ La dimensione vocazionale: nel contesto del bicentenario
della nascita di Don Bosco ci sono state le beatificazioni di
due confratelli martiri, che ci richiamano alcuni aspetti co-
stitutivi del nostro carisma.
La figura di Stefano Sandor (1914-1953), beatificato nel
2013 (la causa iniziò nel 2006), ricorda la complementarità
delle due forme dell'unica vocazione consacrata salesiana:
quella laicale (coadiutore) e quella presbiterale. La luminosa
testimonianza di Stefano Sandor, come salesiano coadiutore,
esprime una scelta vocazionale chiara e decisa, un'esempla-
rità di vita, un'autorevolezza educativa e una fecondità apo-
stolica, a cui guardare per una presentazione della vocazione
e missione del salesiano coadiutore, con una predilezione per
i giovani apprendisti e del mondo del lavoro.
Titus Zeman (1915-1969), beatificato a Bratislava il 30 set-
tembre 2017 (la causa iniziò nel 2010). Quando il regime co-
munista cecoslovacco, nell'aprile del 1950, vietò gli ordini reli-
giosi e iniziò a deportare consacrati e consacrate nei campi di
concentramento, si ritenne necessario organizzare dei viaggi
clandestini verso Torino per consentire ai giovani salesiani di
completare gli studi. Titus s'incaricò di realizzare questa ri-
schiosa attività e organizzò due spedizioni per circa 20 giovani
salesiani. Durante la terza spedizione don Zeman con gli altri
fuggitivi fu arrestato. Subì un duro processo, durante il quale

4.5 Page 35

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IL RETTOR MAGGIORE 37
venne descritto come traditore della patria e spia del Vaticano,
e condannato alla pena di morte. Visse il suo calvario con gran-
de spirito di sacrificio e di offerta: «Anche se perdessi la vita,
non la considererei sprecata, sapendo che almeno uno di quel-
li che ho aiutato è diventato sacerdote al posto mio».
- La dimensione della "paternità e maternità salesiana":
dopo la grande paternità di Don Bosco, ricordiamo, tra altri,
Santa Maria Domenica Mazzarello, il Beato Michele Rua, il
Beato Filippo Rinaldi, il Beato José Calasanz, la Venerabile
Mamma Margherita, il Venerabile Vincenzo Cimatti, la Vene-
rabile Teresa Valsè, il Venerabile Augusto Arribat, il Servo di
Dio don Carlo Braga, il Servo di Dio don Andrea Majcen...
- La dimensione episcopale: nella variegata scia di santità
fiorita alla scuola di Don Bosco, si distingue anche un signi-
ficativo numero di vescovi, che hanno incarnato in modo spe-
ciale la carità pastorale, tipica del carisma salesiano, nel mini-
stero episcopale: Luigi Versiglia (1873-1930), Martire e Santo;
Luigi Olivares (1873-1943), Venerabile; Stefano Ferrando
(1895-1978), Venerabile e Fondatore; Ottavio Ortiz Arrieta
(1878-1958) , Venerabile; Augusto Hlond (1881-1948), Vene-
rabile, cardinale; Antonio de Almeida Lustosa (1886-1974),
Servo di Dio; Oreste Marengo (1906-1998), Servo di Dio.
- La dimensione della "filiazione carismatica". È anche
molto interessante notare che veneriamo alcuni santi che
condivisero con Don Bosco alcune stagioni della vita, ne ap-
prezzarono la santità, la fecondità apostolica ed educativa,
ma poi percorsero il loro cammino con libertà evangelica,
diventando a propria volta fondatori, con le loro perspicaci
intuizioni, il genuino amore per i poveri e la sconfinata fidu-
cia nella Provvidenza: San Leonardo Murialdo, San Luigi
Guanella, San Luigi Orione.
Questa realtà descritta è tanto bella, ci riempie di responsabi-
lità e ci incoraggia. Si vede chiaramente che siamo depositari di
una preziosa eredità, che merita di essere meglio conosciuta e va-

4.6 Page 36

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38 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
lorizzata. Il rischio è di ridurre questo patrimonio di santità a un
fatto liturgico-celebrativo, non valorizzandone appieno le poten-
zialità di tipo spirituale, pastorale, ecclesiale, educativo, culturale,
storico, sociale, missionario... I Santi, Beati, Venerabili e Servi di
Dio sono pepite preziose che vengono sottratte dall'oscurità della
miniera per poter brillare e riflettere nella Chiesa e nella Famiglia
Salesiana lo splendore della verità e della carità di Cristo.
--+ L'aspetto pastorale della loro persona tocca l'efficacia che
tutte queste figure di santi possiedono quali esempi riusciti
di un cristianesimo vissuto in particolari situazioni socio-cul-
turali e politiche del mondo, della Chiesa e della stessa Fami-
glia Salesiana.
--+ L'aspetto spirituale implica l'invito all'imitazione delle lo-
ro virtù come sorgente di ispirazione e di progettualità per il
nostro stile di vita e per la nostra missione. La cura pastora-
le e spirituale di una causa è un'autentica forma di pedago-
gia della santità, a cui dovremmo, in forza del nostro cari-
sma, essere particolarmente sensibili e attenti.
Concludo il commento alla Strenna con la ricca e puntuale
informazione, che mi giunge dalla nostra Postulazione, sulla
SANTITÀ VISSUTA NEL CARISMA SALESIANO, che è di seguito ri-
portata. Senza dubbio sarà di grande interesse per la nostra Fa-
miglia Salesiana e in modo speciale per tutti i gruppi di questo
bellissimo albero della salesianità che vedono qualcuno dei loro
membri coinvolto in uno di questi processi. Come scrisse Don
Rua, la santità di tutti noi, suoi figli e sue figlie, sarà una prova
della santità vissuta e lasciataci in eredità dallo stesso Don Bosco,
amato Padre di tutta la Famiglia Salesiana diffusa nel mondo.
Miei cari fratelli e sorelle, posso tranquillamente affermare
che il più grande bisogno e la più grande urgenza che abbiamo
oggi nel nostro mondo salesiano non è di fare più cose, di pro-
gettare e riprogettare nuove realtà, di avviare nuove presenze...,
bensì di mostrare ciò che le nostre vite comunicano personal-
mente e collettivamente, il nostro modo di vivere il Vangelo, che