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SACRA CONGREGAZIONE PER L'EDUCAZIONE CATTOLICA
ORIENTAMENTI EDUCATIVI
PER LA FORMAZIONE
AL CELIBATO SACERDOTALE
ROMA 1974
PRESENTAZIONE
Il Santo Padre, mentre si è proposto con l'enciclica «Sacerdotalis
caelibatus» di «illustrare nuovamente e in una maniera più consona agli
uomini del nostro tempo le ragioni profonde del sacro celibato» (n. 16), si è
parimenti preoccupato di fare in modo che quanti avrebbero scelto la vita
sacerdotale fossero convenientemente ad esso educati; pertanto ha voluto
che venissero «emanate al più presto istruzioni apposite», nelle quali il
tema fosse trattato «con la necessaria ampiezza, con il concorso di persone
esperte, per fornire a coloro i quali hanno nella Chiesa il gravissimo
compito di preparare i futuri sacerdoti un competente e opportuno ausilio»
(n. 61).
Il presente documento si propone di rispondere a questa volontà del Santo
Padre.
Il ritardo con cui esso viene pubblicato si spiega innanzi tutto con la
preoccupazione che si è avuta di interpellare - seguendo le direttive stesse
dell'enciclica - numerosi esperti e, inoltre, proprio a motivo della difficoltà
dell'argomento, che ha richiesto successive redazioni del testo, resesi
necessarie allo scopo di tenere nel debito conto tutte le utili osservazioni
trasmesseci; detto ritardo, infine, si spiega con la preoccupazione di
sottoporre il progetto del testo al giudizio delle conferenze episcopali e di
rivederlo sulla base dei loro suggerimenti.
L'attualità e l'opportunità del documento - che, dato il suo carattere
specifico, non entra in questioni teoriche sul celibato, - nulla hanno perduto
della loro urgenza.
Lo spirito di questi «Orientamenti» è sufficientemente sottolineato dal testo
stesso, dal titolo e dall'introduzione. L'educazione al celibato è
evidentemente motivata e regolata prima di tutto dall'amore del Cristo, che
è alla base di un tale impegno: senza un profondo amore al Cristo il celibato
sacerdotale perde tutto il suo significato.
Nondimeno, il senso e l'esercizio del celibato sono condizionati da elementi
umani, che è indispensabile mettere in evidenza, e che pertanto sarebbe

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grave, oggi più che mai, non tenerne conto.
La Sacra Congregazione per l'Educazione Cattolica, la quale, per ragioni di
competenza, ha curato la preparazione del presente documento, è lieta di
offrirlo ai vescovi e a tutti i responsabili della formazione dei candidati al
sacerdozio, nella speranza che questo suo contributo al loro difficile lavoro
- in un settore tanto delicato e fondamentale - sarà favorevolmente accolto,
responsabilmente meditato e, con la grazia di Dio, utilmente messo in
pratica per il bene della Chiesa.
Roma, dal Palazzo della Sacra Congregazione per l'Educazione Cattolica,
Giovedì Santo, 11 aprile 1974.
G. M. Card. GARRONE, Prefetto
+ G. SCHRÖFFER, Segretario
PREMESSA
1. Natura e ragione d'essere di questi orientamenti
Il presente sussidio non offre «norme», ma «orientamenti» generali
sull'educazione al celibato sacerdotale; orientamenti che, nella loro essenza,
hanno valore per tutte le condizioni sociali, ma che hanno bisogno dell'arte
pedagogica per essere posti in atto nei singoli casi. Esso risponde ad una
chiara indicazione dell'enciclica «Sacerdotalis caelibatus», la quale ha
auspicato l'emanazione di apposite istruzioni al fine di aiutare
opportunamente coloro che nella Chiesa hanno il grave compito di
preparare i futuri sacerdoti a vivere il celibato sacerdotale. [1]
Il documento si inserisce nella vita attuale della Chiesa e ha di mira la
formazione al sacro celibato, come dono dello Spirito, liberamente accolto;
in nessun modo intende offuscare il valore di condizioni di vita e di
impostazioni educative in uso nelle Chiese orientali.
Il celibato sacro è un «prezioso dono» che Dio fa con liberalità ai suoi
chiamati; nondimeno è dovere di questi porre le condizioni umane più
favorevoli perché il dono possa fruttificare. [2] Perciò sarà compito degli
educatori promuovere negli alunni l'apprezzamento del dono del celibato, la
disposizione ad accoglierlo, il riconoscimento della sua presenza e la sua
affermazione nella vita del candidato.
2. Oggetto specifico di questi orientamenti
L'educazione della sessualità - qualunque sia lo stato, matrimoniale o
celibatario, cui il soggetto aspira - è un problema difficile e delicato,
soprattutto nel contesto socio-culturale odierno.
Tale problema acquista poi una specifica rilevanza nella formazione

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integrale dei candidati alla vita di consacrazione a Dio.
Come fa rilevare il Sinodo dei Vescovi del 1971, «nel mondo d'oggi, il
celibato è da ogni parte minacciato da particolari difficoltà, che, peraltro, i
sacerdoti già più volte hanno sperimentato nel corso dei secoli». [3] In
realtà, «bisogna riconoscere che il celibato, come dono di Dio, non può
essere osservato se il candidato non è convenientemente preparato ad esso».
[4]
La formazione al celibato consacrato rappresenta un impegno ineludibile
per gli educatori, sia della comunità familiare e parrocchiale sia della
comunità del seminario, perché su di loro ricade, in grande misura, la
responsabilità formativa dei candidati alla vita ecclesiastica.
Il problema della formazione al celibato viene qui considerato
principalmente sotto l'aspetto umano alla luce delle scienze dell'educazione;
non va però mai dimenticato che tale problema non può essere risolto
semplicemente sul piano naturale. Sia pure con le migliori disposizioni da
parte dei candidati e la massima cura da parte degli educatori, è fuori
discussione che resta fondamentale e insostituibile l'apporto della grazia -
memori delle categoriche affermazioni bibliche al riguardo (Sal 126; Mc 4,
26-29; 10, 27; Lc 1, 37; Gv 115, 5; I Cor 3, 6; Gal 5, 22-23; Fil 4, 13) - e
resta parimenti insostituibile la fedele osservanza di «quelle norme
ascetiche che sono garantite dall'esperienza della Chiesa e che nelle
circostanze odierne non sono meno necessarie». [5]
I giovani dovranno convincersi di non poter percorrere la loro difficile via
senza un'ascesi particolare, superiore a quella richiesta a tutti gli altri fedeli,
propria degli aspiranti al sacerdozio. [6]
Fin dagli anni del seminario imparino ad applicarsi, innanzi tutto, a
coltivare con tutto l'amore che la grazia ad essi ispira la loro intimità con il
Cristo, esplorandone l'inesauribile e beatificante mistero; acquistino un
senso sempre più profondo del mistero della Chiesa, al di fuori del quale il
loro stato di vita rischierebbe di apparire ad essi inconsistente e incongruo.
[7]
3. Motivi di un continuo aggiornamento
Il problema è sempre esistito, ma ha acquistato un particolare rilievo e una
più sentita urgenza ai nostri giorni per una molteplicità di fattori e motivi,
tra i quali vanno soprattutto segnalati i seguenti:
- Il celibato sacerdotale è vissuto in modalità diverse secondo l'evolversi
della storia. Esso deve essere una testimonianza salvifica offerta agli
uomini secondo le loro attuali esigenze spirituali.
- Le scienze dell'uomo - in particolare la pedagogia, la psicologia e la
sociologia - sono in continuo approfondimento e vanno alla ricerca di
nuove metodologie, sia teoriche sia pratiche. [8]
- Lo stesso seminarista palesa un'innovata sensibilità psichica: tende sempre

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più a rifiutare i vincoli convenzionali per inserirsi nell'umano come gli altri,
rivendicando il massimo alla scelta e all'impegno liberi, nell'apertura
interiore agli ideali evangelici.
In rispondenza a tutto questo, l'opera educativa sarà attenta a ricercare un
continuo personale aggiornamento e a leggere i segni dei tempi nella
comunità umana e cristiana d'oggi.
Il necessario periodico aggiornamento s'impone per tutte le istituzioni
umane, le quali proclamino valori perenni e non siano espressione di pura
verità relativa. I valori sacerdotali, proprio perché perenni e imperituri,
devono essere accolti nel contesto di una Chiesa peregrinante verso il
Signore risorto; richiedono di essere espressi entro forme adatte al tempo
presente. Pertanto, l'educatore aiuterà i giovani ad amare i medesimi valori
sacerdotali, ma nelle modalità proprie del nostro tempo.
4. Adattamento alle condizioni delle chiese locali
L'educazione al celibato conoscerà certo adattamenti non solo in rapporto
alle civiltà od epoche, ma anche in rapporto alle condizioni delle chiese
locali. Il diverso ambiente ecclesiale sospinge a vivere in prospettiva
psicologica e antropologica del tutto propria e a testimoniare il vangelo in
modo corrispondente. L'educazione seminaristica dovrà quindi riflettere e
ricercare, in modo responsabile, gli indirizzi educativi maggiormente adatti
al proprio ambiente locale, secondo le norme date dalle conferenze
episcopali, poiché, analogamente al sacerdozio, anche il celibato
sacerdotale è una consacrazione a Dio per il popolo, in servizio del quale il
sacerdote è inviato. [9]
Questi orientamenti, offerti per il tempo attuale, non intendono esautorare
le responsabilità educative delle chiese locali; anzi, amano ricordare che a
queste comunità ecclesiali spetta indagare sulle proprie esigenze spirituali,
sul conveniente stile di vita ecclesiastico, sugli opportuni compiti di
educazione e di testimonianza del seminario locale. Ogni singolo
presbiterio deve scoprire il disegno di Dio attraverso la meditazione della
parola del Signore, applicata alle proprie situazioni concrete. [10]
5. Adattamento alle condizioni dei singoli individui
Il presente sussidio offre i suoi suggerimenti educativi in parti distinte, che
si snodano in un discorso successivo. L'educatore vorrà accoglierli in una
globale visione d'insieme; vorrà poi tener presente che, nonostante le grandi
differenze bio-psicologiche e socioculturali esistenti nei singoli candidati
alla vita sacerdotale, resta pur sempre vero che il problema della sessualità
si presenta sostanzialmente identico per tutti, indipendentemente dalle
specifiche condizioni di vita.
Questo carattere universale del problema suggerisce orientamenti generali
di soluzione, ma impegna, nello stesso tempo, a ricercare i metodi di
applicazione adatti alle esigenze dei singoli; a risolvere le difficoltà di
orientamento e di selezione quando sono in atto profonde differenze
individuali di tipo normale e, soprattutto, in presenza di autentiche atipie o

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di vere deviazioni della personalità.
Questi orientamenti sono rivolti all'educazione delle persone normali, quali
debbono essere i candidati alla vita sacerdotale. In condizioni più o meno
devianti, saranno necessari interventi specializzati e soluzioni adeguate; ma,
in questi casi, è doveroso indicare chiaramente ai candidati che lo stato
ecclesiastico non è per loro.
PARTE PRIMA
IL CELIBATO NELLA ODIERNA VITA SACERDOTALE
6. Condizioni di vita autenticamente cristiana
Matrimonio e celibato sono due stati di vita autenticamente cristiana.
Ambedue sono modi di realizzazione specifica della vocazione cristiana.
[11]
Il celibato per il regno dei cieli (Mt 19, 12) è un dono fatto da Gesù Cristo
alla sua Chiesa. Non è un carisma che appartenga essenzialmente ed
esclusivamente al sacerdozio; non è quindi una vocazione necessaria e
unica del sacerdote. Esso può essere vissuto, nella Chiesa, da gruppi di
persone che sono chiamate, in forme diverse, all'esperienza delle virtù
evangeliche.
Il celibato costituisce, perciò, un segno che va inquadrato nel posto che gli
compete tra gli altri valori evangelici. In quanto è scelto e vissuto per il
regno dei cieli, esso è strettamente legato alle altre virtù evangeliche della
povertà e dell'obbedienza; infatti, tali virtù, prese nel loro insieme, sono tra
loro collegate e complementari, ed esprimono un'esistenza totalmente
inserita nel vangelo.
I. IL CELIBATO NELLA VITA DELLA CHIESA
7. Significato del sacramento dell'ordine
I sacramenti del battesimo e dell'ordine fanno partecipare, attraverso il
mistero pasquale del Signore, al sacerdozio del Cristo.
L'ordine sacro è una partecipazione alla funzione «capitale» del Cristo
sacerdote; conferisce il sacerdozio ministeriale, che differisce
essenzialmente - e non solo di grado - dal sacerdozio comune conferito dal
battesimo; [12] costituisce i sacerdoti «ministri», cioè rappresentanti di
Gesù Cristo, come capo della Chiesa, e partecipi dell'autorità con la quale
egli stesso fa crescere, santifica e governa il suo corpo mistico. [13]
I presbiteri, «in virtù dell'unzione dello Spirito Santo, sono segnati da uno
speciale carattere che li configura al Cristo sacerdote». [14] Essi, come il
Cristo e nella sua carità, sono inviati per la salvezza del popolo di Dio; sono

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chiamati ad indirizzare gli uomini, mediante la comunità ecclesiale, fondata
sulla parola di Dio e l'eucaristia, verso una sempre più estesa e profonda
vita nello spirito del Cristo, così da testimoniare sempre più la sua
resurrezione.
8. Il sacerdozio e le virtù evangeliche
Le virtù evangeliche si iscrivono, contemporaneamente, sia come
imperativi sia come grazie nella consacrazione sacerdotale. Il candidato al
sacerdozio, consacrandosi al Cristo sacerdote, ne assume gli impegni
evangelici, prolungando la sua stessa missione e testimoniandolo con una
vita evangelica.
Il sacerdozio ministeriale richiede quella forma particolare di amore che è
la carità pastorale, con la quale il sacerdote tende a donare tutta la sua vita
per la salvezza degli altri, e la esige proprio in quanto la dona. Le virtù
evangeliche sono precisamente al servizio di questa carità pastorale.
Se è vero che ogni cristiano è consacrato a Dio nel Cristo ed è al servizio
dei fratelli, non è meno vero che la consacrazione a Dio nel sacerdozio
esige una partecipazione più generosa e più completa, che trova appunto
nell'esercizio delle virtù evangeliche la risposta più adeguata all'ideale di
perfezione sacerdotale.
9. Natura specifica del celibato
Il celibato ha un evidente valore positivo come totale disponibilità
all'esercizio del ministero sacerdotale e come mezzo di consacrazione a Dio
con cuore indiviso; ha un valore di segno e di testimonianza dell'amore
quasi paradossale per il regno dei cieli.
A proposito del fondamento del celibato, nel documento conclusivo del
Sinodo citato si legge che «il celibato dei sacerdoti concorda pienamente
con la chiamata alla sequela apostolica del Cristo e anche con la risposta
incondizionata del chiamato, il quale assume il servizio pastorale». [15]
Viene parimenti fatto rilevare che, «se il celibato, poi, è vissuto in spirito
evangelico, nell'orazione e nella vigilanza, con povertà, in letizia, nel
disprezzo degli onori e in amore fraterno, esso è un segno che non può
restare a lungo nascosto, ma proclama efficacemente il Cristo agli uomini
anche della nostra età». [16]
Il celibato trascende le vie comuni e implica un impegno totale della
persona. Esso non si conserva se non mediante la collaborazione con la
grazia di Dio; più che come una legge ecclesiastica, il celibato va inteso
come una «qualificazione», alla quale viene conferito il valore di un'offerta
pubblica davanti alla Chiesa.
Il celibato quindi è un'offerta, un'oblazione, un vero e proprio sacrificio di
carattere pubblico oltre che personale; non è una semplice rinunzia ad un
sacramento - qual è il matrimonio - per il regno dei cieli. «Il candidato deve
concepire questa forma di vita non come imposta dal di fuori, ma piuttosto
come la manifestazione della sua libera donazione, che viene accettata e

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ratificata dalla Chiesa per mezzo del vescovo». [17]
10. Il celibato nella prospettiva apostolica
Nessuno dubita che Gesù Cristo ha posto davanti agli occhi di tutti i
discepoli le massime esigenze per la sua sequela. In questo contesto ha
richiesto ancora più profonde disposizioni da coloro che ha chiamato al
compito apostolico. Pietro, Andrea, Giacomo, Giovanni lasciarono tutto per
seguire il Cristo (Mc 1, 16-20), il quale esaltò il celibato abbracciato per il
regno dei cieli (Mt 19,12). Paolo Apostolo visse questo radicalismo
evangelico e lo considerò come dono divino, che consente di meglio
dedicarsi, con cuore indiviso, al Signore.
In tale modo, nei ministri della Chiesa con il celibato si rafforza la
disponibilità nell'opera del vangelo, si aumenta la loro capacità di
testimonianza e si custodisce la libertà per contestare ogni oppressione. Nel
celibato si ha una mirabile partecipazione a quella kénosis che fu la via del
Cristo nel suo mistero pasquale.
Innestato nella vita sacerdotale, il celibato, pur non essendo necessario in
modo assoluto né all'esistenza né all'esercizio del sacerdozio, tuttavia gli è
così confacente da illuminarne la natura e favorirne l'azione. Esso realizza
in modo eminente le dimensioni di consacrazione a Dio, di configurazione
al Cristo, di dedizione alla Chiesa, che sono caratteristiche proprie del
sacerdozio; esprime l'ideale che il carattere sacerdotale tende a promuovere.
11. Il celibato nella prospettiva escatologica
Il celibato tende ad illuminare e a potenziare la stessa carità del sacerdote:
perfeziona e, in certo modo, anticipa la futura vita caritativa risorta nel
Cristo, cui il sacerdozio orienta. [18]
Con il celibato abbracciato e vissuto per il regno dei cieli, il sacerdote
risponde all'appello della configurazione al Cristo e anticipa il mondo
futuro, già presente per mezzo della fede e della carità. Tale consacrazione
costituisce così un segno della speranza escatologica, un segno profetico
della realtà futura, quando tutti gli uomini, unificati nel Cristo dal suo
Spirito, non vivranno che per la lode del Padre.
Ogni cristiano peraltro ha il dovere di testimoniare nel mondo la carità del
Cristo, e tutta la vita cristiana - dal martirio alla vita religiosa, dal
sacerdozio alla vita coniugale - appare permeata del carattere escatologico.
Non è, propriamente parlando, il celibato che conferisce il senso
escatologico al sacerdozio. Questo già lo possiede per se stesso, come lo
possiedono, per se stessi e in modo complementare, tutti gli altri stati o
vocazioni di vita cristiana. Tuttavia, il celibato sacerdotale è armonizzato
con il senso escatologico del sacerdozio e, sotto certi aspetti, lo potenzia
ulteriormente e in modo singolare; [19] gli offre la possibilità di
immedesimarsi più pienamente con la perfetta carità del Cristo risorto. [20]

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2. IL CELIBATO SACERDOTALE NELLA VITA ODIERNA
12. Problematica del celibato sacerdotale
C'è chi si chiede, oggi, se non si potrebbe rimanere buon sacerdote anche
senza vivere nello stato celibe. Certamente il celibato sacerdotale,
introducendo una scelta del tutto particolare nella vita sia umana sia
cristiana, implica il sacrificio di qualche bene. È senz'altro possibile pensare
che lo stato matrimoniale, in certe situazioni, possa in qualche modo
maggiormente facilitare l'accesso alla vocazione sacerdotale e, persino,
presso qualche sacerdote favorire un equilibrio umano affettivo più
profondo; però ciò non toglie che il celibato, in se stesso, sia più
appropriato alla missione sacerdotale e che la conseguente rinunzia possa
tradursi in carità redentiva.
Non esiste stato o vocazione che non comporti la rinunzia a certi valori, non
solamente in quanto vissuti da creature umane, ma anche perché in esse
deve potersi effondere la grazia del mistero pasquale del Signore.
La convenienza della connessione del celibato con l'ufficio sacerdotale o
della loro limitata disgiunzione non costituisce una semplice scelta
disciplinare: è decisione pastorale di governo ecclesiastico, la quale non
può basarsi in forma esclusiva né sulla sola luce della fede né sulla mera
indagine sociologica, ma deve risultare dalla fusione armonica dei due
elementi. [21] Sono codeterminanti l'approfondimento dei valori
sacerdotali, comunicati da una fede viva, e la riflessione attenta
sull'esperienza sacerdotale.
13. Motivazioni del celibato
Nell'esigere il celibato, la Chiesa ha motivazioni profonde, che si fondano
sull'imitazione del Cristo, sulla funzione di rappresentatività del Cristo capo
della comunità e sulla disponibilità di servizio come mezzo indispensabile
per edificare continuamente la Chiesa. [22] Essa non è mossa da ragioni di
«purezza rituale» o dal concetto che solo per mezzo del celibato si possa
giungere alla santificazione.
Tra le motivazioni storicamente addotte per giustificare il celibato
sacerdotale vi possono essere anche quelle che si rivelano caduche con il
passare del tempo; ma ciò non deve condurre a rinnegare la convenienza tra
celibato e sacerdozio, perché questa è un'esperienza viva della Chiesa
collegata non tanto con questa o con quell'altra motivazione, quanto
piuttosto con la realtà fondamentale del cristianesimo, che è la persona di
Gesù Cristo, il quale fu, nello stesso tempo, vergine e sacerdote. [23]
Nel senso proposto dalla Chiesa, il celibato non è un elemento esterno,
impersonale, ma è parte integrante della vita e del ministero sacerdotale.
Originariamente esso è sempre un dono conferito dall'alto; un dono, però,
che deve pervadere la vocazione sacerdotale, divenendone una componente

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quanto mai importante e qualificante.
14. Natura del rapporto celibato-sacerdozio
La convenienza tra celibato e sacerdozio appare sempre maggiore a mano a
mano che si mette in luce l'aspetto cristologico, ecclesiologico ed
escatologico del celibato. Per questo il Concilio Vaticano II parla di
«multimodam convenientiam», con riferimento alla consacrazione e alla
missione del sacerdote nell'ambito del mistero del Cristo e della Chiesa.
[24] Il Sinodo summenzionato riafferma la legge vigente del celibato «in
ragione dell'intima e molteplice convenienza tra l'ufficio pastorale e la vita
celibe». [25]
Il sacerdote è rappresentante della persona del Cristo, deputato dalla sua
ordinazione non solo al compito di edificare il popolo di Dio, mediante il
ministero della parola e l'eucaristia, ma anche a manifestare in un modo
unico e sacramentale l'amore fraterno, servendo così ugualmente la causa
dell'edificazione del regno.
L'invito fatto da Gesù agli Apostoli di lasciare tutto, oltre che mirare ad una
maggiore disponibilità per l'avvento del regno, comprendeva anche la
prospettiva di entrare nella comunione apostolica, ove si possono realizzare
profonde e benefiche relazioni interpersonali.
Il celibato sacerdotale è una comunione con il celibato del Cristo. La novità
del sacerdozio cristiano partecipa intimamente della novità del Cristo, [26]
perché una visione di fede presiede a tutto lo svolgimento delle ragioni che
militano a favore del sacro celibato nel suo significato cristologico,
ecclesiologico ed escatologico. [27]
Il sacerdote, partecipando realmente dell'unico sacerdozio del Redentore, ha
in lui anche «il modello diretto e il supremo ideale» che, appunto in quanto
supremo, è logicamente aperto a tutti gli eroismi e alle più ardue conquiste.
[28] Di qui l'ansia di voler riprodurre, nell'esercizio del sacerdozio, lo
stesso stato e la stessa sorte del Signore, per una configurazione a lui più
perfetta possibile. [29]
15. Difficoltà odierne al celibato sacerdotale
Sembra che il celibato sacerdotale non sia favorito dall'ambiente
sociologico odierno. [30] Le idee sono in radicale processo di revisione e la
società non opera certo in favore della stabilità della vocazione, ma
piuttosto in senso contrario. Tutto questo fa sì che il celibato sia
particolarmente esposto alla crisi. Esso sembra, oggi, secondo alcuni,
parzialmente ostacolare la missione sacerdotale nel porsi al servizio degli
umili e dei poveri. Il sacerdote desidera essere inserito nella vicenda umana
senza privilegi, esenzioni o limitazioni; amerebbe partecipare alle
fondamentali esperienze dell'uomo (lavoro, insicurezza, abitazione, amore,
cultura, divertimento ecc.); soprattutto sente il forte richiamo dell'amore
umano.
Il celibato sacerdotale, oltre ad essere, oggi, non facilmente comprensibile

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da molti, riesce particolarmente difficile quando è vissuto da persona che si
crede lesa nella sua autonomia e misconosciuta nelle sue rivendicazioni. In
tale situazione, il soggetto cerca istintivamente, per compensazione, di
rivalersi richiedendo un supplemento di affetto, anche se vietato.
La ricerca di compensazioni affettive può essere favorita anche dal
semplice fatto che le donne - con le quali il sacerdote ha rapporti in forza
del suo ministero - sono portate a confidarsi con lui, anche perché il suo
stato celibe suscita fiducia; esse talvolta ricercano, presso di lui, un
appoggio maschile. Inoltre, nel diffuso ambiente promiscuo, la situazione è
resa più difficile per i pericoli ai quali particolarmente nella società d'oggi è
esposta la castità dei candidati. [31]
16. Presupposti dell'educazione al celibato
Il celibato, considerato nella sua prospettiva concreta d'oggi, pone in
evidenza la necessità di consentire una maturità affettiva umana e, insieme,
di far vivere la continenza come espressione della carità apostolica. [32]
Una continenza non interiormente dominata dalla carità apostolica non è
per nulla evangelica, nè d'altronde potrebbe essere praticata dalla persona
consacrata, la quale ha scelto il celibato per vivere e comunicare la carità
ecclesiale in modo più intenso e originale.
La persona celibe, matura affettivamente e spiritualmente, non si sente sotto
la costrizione della legge canonica esteriore, nè giudica le precauzioni
necessarie come prescrizione imposta dall'esterno.
La castità celibataria non è tanto un tributo che si paga al Signore, quanto
piuttosto un dono che si riceve dalla sua misericordia. La persona che entra
in questo stato di vita deve essere consapevole che non si assume solo un
peso, ma riceve soprattutto una grazia liberatrice.
Lo scopo della formazione seminaristica è di preparare un uomo maturo,
responsabile, un sacerdote perfetto e fedele. Però le condizioni odierne del
mondo non facilitano una tale maturazione e perfezione; questa situazione
socio-ambientale negativa impone pertanto un accrescimento di
responsabilità personale nei candidati al sacerdozio; infatti, il compito di
attuare pienamente la loro vocazione ricade, in fondo, su di essi stessi.
PARTE SECONDA
METE DELL' EDUCAZIONE SEMINARISTICA
17. Triplice componente dell'educazione seminaristica
Un'illuminata pedagogia del celibato sacerdotale terrà presenti le mete alle
quali l'educazione seminaristica deve condurre; in corrispondenza a ciò si

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2.1 Page 11

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delineeranno le istanze e le caratteristiche dell'educazione al celibato
sacerdotale; sarà quindi possibile passare all'indicazione di pertinenti
orientamenti educativi.
L'educazione seminaristica ha il compito di formare pastori di anime,
sull'esempio di Nostro Signore Gesù Cristo, maestro, sacerdote e pastore.
[33] Questo traguardo educativo presuppone e implica che negli alunni
venga simultaneamente promossa la formazione dell'uomo, del cristiano e
del sacerdote. [34] Perciò le mete educative programmatiche dei candidati
al sacerdozio sono tre e rispondono all'esigenza di preparare personalità
integralmente umane, cristiane e sacerdotali.
Gli impegni educativi devono pertanto sempre rispettare, pienamente ed
equilibratamente, i rapporti tra questi tre livelli di formazione, senza
preponderanza di uno a scapito degli altri, e senza dissociare il livello
cristiano da quello umano, né il livello sacerdotale da quello cristiano.
In questa triplice componente formativa umana-cristiana-sacerdotale è
doveroso rilevare l'essenziale distinzione, che deve essere armonizzata
nell'unità, come pure è necessario rilevarne la complementarietà e
l'interazione. Infatti, se la formazione umana è condizione e postulato per il
vivere cristiano, la grazia è la forza dinamica per realizzare questa pienezza
umana.
I. FORMAZIONE ALLA MATURITÀ UMANA
18. Il concetto di maturità umana
Il problema specifico del celibato sacerdotale va inserito in quello
fondamentale della maturità affettiva del candidato, anzi in quello più vasto
ed essenziale della maturità psichica e morale o, più semplicemente, della
maturità umana, come espressione della personalità matura, caratterizzata
dall'armonia tra tutti i suoi elementi e dall'integrazione delle sue tendenze e
dei suoi valori.
Come viene fatto rilevare dagli psicologi odierni, la maturità non è una
qualità singola; ha molti aspetti, ognuno dei quali può essere variamente
sviluppato e deve essere quindi preso in particolare considerazione, quando
si tratta di determinare i criteri mediante i quali la si vuole valutare. La
maturità appare, dunque, come una condizione globale che si qualifica per
un tipico modo di essere, per uno stile che sfugge in parte a misure
obiettive, ma che si impone in modo caratteristico.
La maturità è realtà complessa e non è facile circoscriverla compiutamente.
Si conviene, tuttavia, di giudicare maturo, in generale, l'uomo che ha
realizzato la sua vocazione di uomo: in altre parole, l'uomo che ha
acquistato la pronta capacità abituale d'agire liberamente; che ha integrato
le sue sviluppate virtualità umane con abiti virtuosi; che ha acquisito un
facile ed abituale autocontrollo emotivo, con l'integrazione delle forze
emotive che devono essere al servizio dell'impostazione razionale; che

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predilige il vivere comunitariamente, perché aperto al dono di sé agli altri;
che si impegna in un servizio professionale con stabilità e serenità; che
mostra di comportarsi secondo l'autonomia della coscienza personale; che
possiede la libertà di esplorare, investigare ed elaborare un'esperienza, di
trasformare cioè gli avvenimenti, perché diventino fruttuosi per l'avvenire;
l'uomo riuscito, che ha portato al grado di sviluppo dovuto tutte le sue
potenzialità e virtualità specificamente umane.
19. La maturità umana nell'educazione
L'educazione dell'uomo mira a far sì che il soggetto «cresca» nelle varie
dimensioni primarie (educazione fisica, intellettuale, morale, sociale,
religiosa) e derivate (educazione artistica, vocazionale, nel senso di
educazione professionale e in quello di educazione ad un certo ruolo
sociale), ma in modo che tutto il complesso dell'opera educativa sia
coordinato verso l'insieme unitario della personalità bio-psico-sociale del
singolo soggetto, nella sua propria e specifica individualità.
Ciò che fa essere un uomo veramente «educato» è il volere liberamente,
consapevolmente e responsabilmente il bene, con tutta la propria
personalità psicologica e spirituale. Questa maturità umana è presentata dal
Concilio come il fine dell'educazione; ad essa hanno diritto inalienabile di
essere formati tutti gli uomini. [35] A maggior ragione devono esservi
formati gli alunni dei seminari, perché Dio chiama l'uomo reale, e se non
c'è l'uomo non c'e il chiamato. [36]
La formazione consentirà quindi al candidato di svilupparsi umanamente,
affinché l'orientazione religiosa non sostituisca l'uomo, ma lo penetri e lo
purifichi lentamente.
20. La maturità affettiva dell'uomo
La maturità deve essere raggiunta in tutti i suoi aspetti, compreso,
naturalmente, e soprattutto, quello affettivo. Il ruolo dell'affettività, infatti,
viene considerato come elemento fondamentale nella costruzione della
personalità, perché concorre in modo particolare alla sua integrazione
nell'esplicare la relazione affettiva e sessuale verso l'altro, nel realizzarsi
responsabilmente in un lavoro o in una professione, nel coltivare rapporti
sociali amichevoli. Proprio perché l'affettività viene considerata come
dimensione fondamentale della persona, la maturità affettiva si può ritenere
come requisito indispensabile per l'optimum di funzionamento della
personalità.
Considerata come aspetto della vita psichica, l'affettività viene variamente
intesa: come insieme di reazioni interne ed esterne all'esigenza di
soddisfazione, come capacità di provare sentimenti ed emozioni, come
capacità di amare o come possibilità di realizzare rapporti interpersonali.
Una personalità bene integrata sa far prevalere la natura razionale sulla
natura impulsiva; al contrario, quanto meno integrata è una persona, tanto
maggiore è la forza impulsiva che prevale sulla forza razionale. Perciò
un'educazione che voglia favorire nell'educando lo sviluppo integrativo

2.3 Page 13

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della personalità deve fargli acquistare innanzi tutto la capacità di equilibrio
emozionale.
Intimamente connesso con il fattore emozionale è il problema
dell'adattamento, che consiste nell'affrontare serenamente i propri problemi,
nel prendere responsabilità per essi, nell'elaborare soluzioni di difficoltà
incontrate; il disadattamento, invece, porta con sé la predominanza di
emotività negativa, di fattori d'ostilità, di dipendenza, di inadeguatezza
sociale e, nello stesso tempo, la predominanza di problemi non risolti.
21. La maturità sessuale dell'uomo
In riferimento all'affettività, acquista particolare risalto la «dimensione
sessuale». Anche se questa viene diversamente intesa, non si può negare lo
stretto legame tra affettività e sessualità e la loro interdipendenza
nell'integrazione della personalità. Perché si possa parlare di persona
matura, l'istinto sessuale deve superare due tipiche forme di immaturità: il
narcisismo e l'omosessualità, e raggiungere l'eterosessualità. Questo è un
primo stadio dello sviluppo sessuale, ma è necessario anche un secondo
stadio: l'amore deve divenire un dono, non la ricerca di se stessi.
La conseguenza di un tale sviluppo è una condotta sessuale a livello
propriamente «umano», per cui il soggetto si comprende e si accoglie in
modo distinto ed elevato e acquista un alto concetto di sè.
Si deve considerare la sessualità come un fattore determinante della
maturazione della personalità. La maturità sessuale rappresenta una tappa
necessaria per raggiungere un livello psicologicamente adulto. Di qui la
necessità di una giusta impostazione della sessualità nel quadro totale della
personalità in formazione.
Una sessualità matura, con le caratteristiche cui abbiamo accennato, non
potrà essere raggiunta senza conflitto, senza rinunzie o difficoltà. Il
soggetto, proteso verso la maturazione, dovrà sempre lottare, perché ad
ogni momento ha una scelta da effettuare: precisamente, tra la
soddisfazione di certe tendenze spesso contrastanti tra loro.
22. Il problema della sessualità integrata
Il problema più difficile è quello di valutare adeguatamente la «sessualità
integrata». Si tratta di considerare la sessualità come uno dei valori umani e
non come qualcosa di negativo e di frustrante per lo sviluppo della persona.
Il valore intrinseco della sessualità dovrà essere percepito e accettato nel
suo giusto posto nella scala dei valori, un posto importante come «valore di
espressione» e come «fattore integrativo».
La sessualità matura comporta non solo l'accettazione del valore sessuale
integrato nell'insieme dei valori, ma anche la potenzialità «oblativa», cioè la
capacita di donazione, di amore altruistico. Quando questa capacità si
realizza in misura adeguata, la persona diviene idonea a stabilire contatti
spontanei, a dominarsi emozionalmente e ad impegnarsi seriamente.

2.4 Page 14

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L'aspetto oblativo della sessualità comporta il sentimento di essere «l'uno
per l'altro». Perciò l'oblatività non è disgiunta dalla recettività: la sessualità
immette in una vita di relazione, quindi esige la capacità tanto di dare
quanto di ricevere e la disposizione ad accogliere l'amore che viene offerto,
in un atteggiamento di totale rispondenza.
23. L'autocontrollo perfettivo dell'uomo
Perché una persona possa utilizzare pienamente le sue attitudini deve
divenire capace di autocontrollo. Ciò che va messo sotto controllo è il
continuo cambiamento che si verifica in ogni persona e che prende forma di
desideri, impulsi, pensieri e abitudini. In questo senso, autocontrollo
significa autodisciplina, cioè l'ordinare l'attività mentale e la condotta in
modo che procuri gioia, felicità e benessere al soggetto.
La struttura dinamica della personalità è caratterizzata da conflitti e tensioni
interne. La personalità raggiunge la sua maturazione attraverso la graduale
e progressiva composizione di forze contrastanti. Fra gli ideali di una
persona e le sue tendenze vi è conflitto; ed è proprio lì che l'autocontrollo è
necessario, se si vuole assicurare la stabilità, l'adattamento e la riuscita.
L'autocontrollo non significa stasi o fissità incolore nel comportamento
personale e sociale. Si nota nello psichismo umano un impulso ad un certo
superamento di sé una forza che tende a sorpassare, mediante un intervento
cosciente e uno sforzo personale, il puro sviluppo spontaneo o il processo
biologico della crescita. L'uomo non solo cresce e si sviluppa, ma, in
quanto cosciente e libero, progredisce. Tale forza interiore, generatrice di
progresso, non è altro che l'attuazione delle potenzialità sempre nuove
nell'uomo.
Il processo integrativo della personalità si realizza per il ripetuto consenso a
soddisfare certe tendenze e per la non soddisfazione di altre. In altri termini,
si attua una canalizzazione delle tendenze e delle potenzialità attive
dell'individuo. Nel dinamismo stesso dell'uomo è implicito un «esercizio
ascetico» di carattere eminentemente positivo.
2. FORMAZIONE ALLA MATURITÀ CRISTIANA
24. La dimensione cristiana nell'educazione
L'educazione cristiana - alla quale il cristiano, figlio di Dio per il battesimo,
ha diritto - deve tendere ad aiutare la persona a maturare se stessa non solo
in senso umano, ma principalmente in senso cristiano. La maturità cristiana
si realizza con la graduale crescita nella fede, nell'adorazione di Dio quale
Padre, specie mediante la partecipazione alla vita liturgica; con la crescita
nella perfezione nel Cristo, concorrendo all'incremento del suo corpo
mistico.
Il cristiano, anche se già vivente nel Cristo, non si sente mai
sufficientemente trasformato nel suo spirito: deve perfezionare

2.5 Page 15

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ulteriormente la creazione-redenzione in se stesso, negli altri uomini e nella
realtà terrestre. Tuttavia, si suole affermare che è possibile verificare la
presenza di una maturità cristiana.
L'educazione seminaristica deve portare a maturità la personalità cristiana
del candidato. [37] La pedagogia nei seminari va pertanto impostata
anzitutto nella prospettiva dell'unità, cioè di quello che è comune, e quindi
nella prospettiva della differenziazione. [38] Secondo questa indicazione,
l'educazione nei seminari non dovrà essere quasi avulsa e separata dalla
comune educazione del cristiano; non vi sono, infatti, due forme di
educazione, ma un'unica e fondamentale: quella del cristiano, sulla quale
avviene la differenziazione tra la distinta vocazione del laico e quella del
sacerdote.
25. La maturità come esigenza di vita cristiana
La maturità umana, prima che esigenza dello stato sacerdotale, è elementare
esigenza della vita cristiana. La storia dei sacerdoti mancati è spesso la
storia di uomini mancati: storia di personalità non unificate, non integrate,
nelle quali invano si cercherebbe l'uomo maturo ed equilibrato.
Il cristianesimo deve essere percepito secondo la sua dimensione
trascendente, ma anche secondo la dimensione di promozione umana,
specialmente oggi quando si è particolarmente sensibili per tutto quello che
realizza lo sviluppo della perfezione umana.
La maturità psico-affettiva è da considerarsi come la meta degli sforzi
personali e sociali per lo sviluppo integrale dell'uomo, come la premessa
per un rigoglioso sviluppo soprannaturale: per il conseguimento, cioè, di
quella maturità di vita cristiana alla quale san Paolo esortava gli Efesini,
affinché raggiungessero la dimensione dell'«uomo maturo, a livello di
statura che attua la pienezza del Cristo » (Ef 4, 13).
L'invito a sviluppare una piena personalità umana, benché sempre presente
nei documenti del magistero, di recente è divenuto particolarmente accorato
e insistente, in accordo con le conquiste delle scienze umane. [39]
26. La maturità affettiva del cristiano
La maturazione affettiva trae grande ausilio dall'educazione cristiana.
Infatti, in rapporto ai condizionamenti dell'affettività, sono da considerarsi
non solo i fattori naturali, ma anche le ripercussioni affettive del fatto di
essere inseriti mediante il battesimo nella vita di Gesù Cristo, di essere
sotto la mozione dei doni dello Spirito e di vivere nell'ascolto della parola
del Signore.
Il cristiano vive nella Chiesa, che è essenzialmente una fraternità e una
carità, «una comunione di vita, di carità e di verità»; [40] quindi, essendo
inserito nell'aperta socialità della Chiesa, vi trova le più grandi aperture
dell'amore nell'incontro con Dio e con i fratelli.
Vivendo in unione con Dio e con il prossimo, il cristiano troverà una pace e

2.6 Page 16

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una sicurezza che persistono nonostante i possibili turbamenti provenienti
dalle difficoltà delle passioni. Infatti, la vita cristiana non distrugge le
reazioni spontanee della natura di fronte al pericolo, né le deviazioni
psichiche acquisite nell'infanzia o derivanti da un'educazione religiosa
errata o male integrata.
A questo proposito, va notato come la pedagogia cristiana possa aiutare
grandemente il soggetto nell'accettazione positiva della propria realtà
intima, con il suo complesso di elementi, di potenzialità, di lacune e di
impossibilità. L'accettazione di se stessi è un presupposto essenziale al
processo di maturazione personale a tutti i livelli; quando, invece, non si
opera positivamente tale accettazione, si hanno fenomeni di regressione,
che sfociano spesso in comportamenti anormali a significato compensativo.
27. La maturità sessuale del cristiano
La pedagogia cristiana ha una sua visione e valutazione della sessualità,
conforme alla rivelazione divina. Considera la sessualità come opera di
Dio, come una realtà che non si esaurisce nel corpo, ma investe l'essere
umano nella sua totalità; una realtà che ha un ruolo determinante nella
maturazione dell'uomo, dalla personalità fisica alla personalità morale, e
quindi nello sviluppo della somiglianza con Dio; una realtà che si attua in
un incontro personale. Proprio per questo mutuo incontro di persona a
persona, il rapporto sessuale umano si differenzia fondamentalmente dal
rapporto animale.
Per la pedagogia cristiana, l'amore è capacità di aprirsi al prossimo in aiuto
amorevole, è superamento di ogni forma di interesse egoistico, è dedizione
all'altro per il bene dell'altro, è inserimento attivo nella vita comunitaria. La
pedagogia sa pure che questo autentico amore, vocazione dell'uomo, può
essere vissuto sia nel matrimonio sia nella verginità.
Il completamento sessuale nel matrimonio non è necessario alla formazione
affettiva della personalità, né il matrimonio realizza di per se stesso lo
sviluppo armonico della personalità affettiva. D'altra parte, l'uomo è capace
di sublimare la sua sessualità e di completare la sua personalità in un
rapporto di scambi affettivi non sessuali.
La virtù che regola l'esercizio della sessualità è la castità, virtù naturale, ma
che nel cristiano assurge a virtù soprannaturale. La castità cristiana è
santificante nella misura in cui partecipa dell'ordine soprannaturale. Il
dinamismo teologale, dando un fine nuovo e superiore alla virtù della
castità, la cambia di natura: [41] è un dono di Dio in forza del quale la
volontà diviene capace non tanto di reprimere i desideri sessuali, quanto
piuttosto di integrare l'impulso sessuale nell'armonia dell'intera personalità
cristiana.
28. L'autocontrollo perfettivo del cristiano
Il controllo dominativo della passione sensuale è richiesto per un'esigenza
di vita spirituale nel Cristo (1 Cor 1, 23). Soffrire con Gesù significa
mortificare le proprie passioni al fine di uniformarsi misticamente a lui

2.7 Page 17

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crocifisso. Appare impossibile assecondare contemporaneamente la
concupiscenza e la vita dello Spirito (Rm 8, 13; 1 Cor 6, 9; Ef 5, 5).
Il mistero pasquale, che nel battesimo sta alla radice della vita cristiana,
esprime nel modo più vero e vivificante il dinamismo fondamentale
dell'esistenza cristiana, appunto perché sa unire, in maniera armonica e
feconda, le esigenze essenziali della persona umana e cristiana:
affermazione di sé, nel dono di sé a Dio e al prossimo.
Nell'attuale ordine di salvezza, solo il mistero pasquale offre il fondamento
teologico e anche psicologico per un'ascesi che appare l'unica capace di
avvicinarci all'originale armonia dell'uomo. Il piano di vita, che ci viene
rivelato dal mistero pasquale, congiunge la «rinunzia» a certe forme di
comportamento e l'autentica «offerta» di sé in un'unità inseparabile, come
teologicamente risulta inseparabile la morte dalla resurrezione del Cristo.
Spinti dall'amore che si fa sempre più grande e non si affievolisce nello
slancio, si vive lo sforzo ascetico anche senza sospettarne l'esistenza; si
fanno rinunzie senza accorgersi della rinunzia, perché un ideale più alto
attrae e affascina.
3. FORMAZIONE ALLA MATURITÀ SACERDOTALE
29. Formazione in prospettiva pastorale
Il tratto fondamentale della personalità sacerdotale, secondo il Concilio
Vaticano II, è quello di pastore d'anime, formato sul modello del Cristo
maestro, sacerdote e pastore. [42] Il sacerdote, in quanto pastore, deve
possedere la capacità di promuovere e dirigere la comunità cristiana; egli
rende un servizio all'edificazione della Chiesa.
L'educazione seminaristica ha lo scopo precipuo di preparare dei veri
pastori. [43] Per formazione pastorale si intende non soltanto un aspetto o
un settore educativo tra gli altri, ma anche la caratteristica propria della
preparazione dei sacerdoti: caratteristica che deve investire e penetrare tutti
gli aspetti della formazione dei candidati.
La personalità del sacerdote-pastore quindi è il vertice al quale l'educazione
seminaristica deve convergere con piena armonia. [44] Ciò significa che
tutti gli elementi costituenti la struttura e la funzione del seminario devono
essere pensati e calibrati in vista della loro efficienza pratica, per il
conseguimento dello scopo indicato, e che gli educatori devono proporsi,
come meta qualificante della loro azione specializzata, la formazione
pastorale dei seminaristi.
30. Maturità umano-cristiana del sacerdote
La vocazione sacerdotale richiede la maturità umana e cristiana, affinché la
risposta alla chiamata divina sia fondata sulla fede e, insieme, sia in grado

2.8 Page 18

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di percepire il senso della vocazione e delle sue esigenze.
La maturità specificamente sacerdotale va ricercata in ciò per cui il
sacerdote si differenzia dal cristiano comune, cioè nella sua relazione unica
al corpo del Cristo, presente nell'eucaristia, come principio e fonte della
comunità ecclesiale salvifica, e nella sua missione di salvezza. Il sacerdote
è «uomo di Dio assunto tra gli uomini»; la sua spiritualità oscilla tra questi
due poli: Dio e gli uomini. La relazione tra i due termini non è di alternativa
- o Dio o gli uomini - ma di unione: Dio e gli uomini. Per essere più
strettamente unito agli uomini, il sacerdote deve vivere più profondamente
unito a Dio.
Durante il suo tirocinio formativo, il seminarista deve passare
dall'immaturità preadolescenziale alla maturità adulta; dalla vita cristiana
comune alla maturità cristiana, ossia alla profondità e alla densità del vivere
di fede, speranza e carità nel Cristo; infine deve passare alla maturità
sacerdotale, cioè alla partecipazione più intima della missione profetica,
santificatrice e pastorale del Cristo sacerdote. La maturità sacerdotale
include e potenzia la maturità umano-cristiana, ma insieme la trascende;
esige di irradiarsi in tutto l'io umano-cristiano e quindi nella stessa vita
affettiva, sessuale e operativa.
31. La maturità affettiva del sacerdote
La scelta del celibato sacerdotale non ostacola, anzi presuppone il normale
evolversi dell'affettività: l'uomo celibe è chiamato ad esprimere una
particolare manifestazione della capacità di amare. Adulto nell'amore
umano e divino, il sacerdote sa responsabilmente decidere in rapporto al
modo di vivere la sua affettività, e per tutta la vita.
Il celibato scelto «per il regno dei cieli» - come è precisamente quello
sacerdotale - è uno stato di amore. Esso è possibile soltanto a colui che l'ha
integrato nella sua vita spirituale. Si tratta di una scelta esclusiva, perenne e
totale dell'unico e sommo amore del Cristo, allo scopo di realizzare una
partecipazione più intima della sua sorte, in una logica luminosa ed eroica
di amore unico e illimitato al Cristo Signore e alla sua Chiesa. [45]
In forza del suo celibato, il sacerdote può essere più compiutamente l'uomo
di Dio, colui che si è lasciato interamente conquistare dal Cristo e per lui
soltanto vive. L'amore verginale lo invita a possedere in modo più totale
Dio e, quindi, ad irradiarlo, a donarlo in tutta la sua interezza.
L'amore del sacerdote per il prossimo deve essere caratterizzato da una
finalità pastorale; occorre che si esteriorizzi mediante la cordialità,
indispensabile per rendere gli uomini suscettibili di accettare il sostegno
spirituale che il sacerdote offre loro.
Il sacerdote è capace di vere e profonde amicizie, particolarmente utili alla
sua espansione affettiva, quando queste sono attuate nella fraternità
sacerdotale. [46]

2.9 Page 19

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32. La maturità sessuale del sacerdote
Se il celibato come scelta personale in favore di un bene più importante,
anche puramente naturale, è in grado di promuovere la piena maturazione e
integrazione della personalità umana, ciò si può dire a più forte ragione del
celibato scelto per il regno dei cieli, come chiaramente si può vedere nella
vita di tanti santi e di fedeli, i quali, vivendo una vita celibe, si consacrano
totalmente a Dio e agli uomini, promovendo il progresso umano e
cristiano . [47]
Il modo esclusivo con cui un candidato sceglie il celibato sacerdotale e si
lega più intimamente a Dio determina anche i suoi doveri e una particolare
dedizione nella carità a Dio nel Cristo. Chi ha scelto la verginità, in forza
del suo essere votato esclusivamente alla partecipazione del sacerdozio del
Cristo, ha come direttiva lo sviluppo nell'amore di Dio e del prossimo. Se
non progredisce nell'amore, non risponde alla sua vocazione.
Le virtualità che la paternità naturale accende nel cuore dell'uomo hanno
qualche cosa di grande e di sublime: spirito altruistico, assunzione di
pesanti responsabilità, capacità di amore e di dedizione superiore ad ogni
sacrificio, esperienza concreta e quotidiana delle difficoltà della vita, assillo
per l'avvenire ecc.: tutto questo è altrettanto vero della paternità spirituale.
Per questo il celibato non è di tutti: esso richiede una chiamata speciale del
Signore e non cessa di essere, per tutta la vita, un rischio e un pericolo,
qualora venissero ad estinguersi il palpito di paternità pastorale universale e
l'esclusiva dedizione al Cristo.
33. L'autocontrollo perfettivo del sacerdote
L'autocontrollo perfettivo, che implica uno sforzo costante per la
realizzazione di valori superiori, è necessario non solo per giungere alla
maturità affettiva, ma anche per perseverarvi, impedendo le possibili
regressioni, una volta raggiunta l'affettività adulta; esso è una componente
insostituibile della castità umano-cristiana e sacerdotale, la quale deve saper
sempre moderare le sollecitazioni rinascenti in modo nuovo e imprevisto.
[48]
Nella prospettiva cristiana di un continuo autocontrollo perfettivo, il
celibato sacerdotale si delinea quale offerta al Signore durante l'intera
esistenza. La consacrazione della continenza non si esaurisce nel gesto
isolato dell'ordinazione sacerdotale, ma si rinnova nella continua necessaria
vigilanza di fronte a simpatie, amori sensibili e affetti passionali.
Al pari dell'amore umano, la pienezza di amore che il celibato porta con sé
richiede il quotidiano rinnovarsi nella lieta rinunzia di se stessi. Solo così
possono essere superate le difficoltà, che nascono con il passare del tempo e
da una certa monotonia nella propria vita, come pure le resistenze della
natura.
Al sacerdote sarà sempre di stimolo il pensiero che il sacrificio personale
richiesto dal suo celibato ha una funzione ecclesiale; tale sacrificio, infatti,

2.10 Page 20

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sottolinea la dimensione spirituale di ogni amore degno di questo nome e
merita alle famiglie cristiane la grazia di una vera unione. [49]
PARTE TERZA
ORIENTAMENTI PER LA FORMAZIONE SEMINARISTICA
34. Difficoltà dell'azione formativa
L'educazione alla castità tocca così direttamente la sensibilità e il
sentimento dei giovani e mette in moto tanti processi psichici,
particolarmente vividi e non ancora ben coordinati - data l'età della
formazione - da far temere le più impensate reazioni. Così, per esempio,
cercare di prevenire una deviazione, quando ancora non esiste, potrebbe
indurre a provocarla; oppure, esagerare l'importanza di lievi deviazioni
evolutive potrebbe avere la conseguenza di comprometterne la scomparsa e
di favorire complicazioni di tipo ossessivo.
D'altra parte, si tratta di educare un istinto che più di ogni altro può andare
soggetto a deviazione, perché si complica per la presenza di dati psichici.
La difficoltà nasce dalla sua grande differenziazione nell'ambito dello
stesso sesso. Se è difficile l'educazione sessuale nella sua normale
evoluzione e preparazione al matrimonio, è facilmente comprensibile come
sia più difficile l'educazione al celibato sacerdotale.
Nessuno può pretendere una soluzione adeguata e definitiva per una
problematica che è sempre aperta e difficilmente riconducibile a parametri
fissi, in quanto dipende dal divenire psico-fisico di tutta l'umana esistenza,
dagli ambienti con le loro sollecitazioni e i loro condizionamenti
sociologici, da occasioni sovente imprevedibili, come pure da aiuti
soprannaturali non facilmente riscontrabili con certezza e legati alla
liberalità divina.
1. CRITERI D'AZIONE DELL'EDUCATORE
35. Coscienza della complessità del problema
L'educatore deve essere cosciente che dal suo modo di conoscere il
problema della formazione alla castità, dal suo modo di interpretarlo, di
trattarlo e di risolverlo dipende molto la vita psichica, morale e religiosa del
futuro uomo e del futuro sacerdote. Perciò, sui problemi sessuali e affettivi
dell'età evolutiva l'educatore dovrà intervenire con il più fine tatto.
E' necessario che egli sia cosciente di tutta la complessità fisiologica,
psicologica, pedagogica, morale e ascetica del problema. L'ideale del
celibato sacerdotale è quello di una castità apprezzata, amata, custodita,
solidamente posseduta e lungamente provata: una castità che non solo

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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resiste all'urto di sempre crescenti pericoli, ma che è fiamma di
consacrazione e di apostolato.
Perciò l'educazione alla castità sia luminosa: fondata sulla chiarezza e non
su reticenze o su insincerità; sia positiva: orientata soprattutto a far
maturare la sessualità come un modo retto e gioioso di amare, e non solo ad
evitarne le trasgressioni. Essa dovrà essere, allo stesso tempo, completa,
organica e personalizzata, cioè adattata ai singoli individui nel loro concreto
e differenziato sviluppo personale. [50]
I candidati alla vita sacerdotale potranno superare le difficoltà, che sono
proprie del celibato, se si promuoveranno le condizioni adatte, cioè
l'equilibrio umano mediante un ordinato inserimento nella compagine delle
relazioni umane; l'incremento della vita interiore mediante l'orazione;
l'abnegazione e la carità ardente verso Dio e il prossimo, e gli altri sussidi
della vita spirituale; la fraterna familiarità con gli altri sacerdoti e con il
vescovo, adattando meglio a tale scopo le strutture pastorali e confidando
altresì nell'aiuto della comunità ecclesiale . [51]
36. Situazioni normali e patologiche
In via generale, il trattamento dei problemi sessuali dovrà essere basato su
criteri di semplicità, di naturalezza e di positività. L'attenzione andrà diretta
alle condizioni generali della personalità e non soltanto agli atti particolari e
fenomenici. In questo, come in altri campi, i metodi repressivi hanno
piuttosto l'effetto di rinforzare che di attenuare la cattiva abitudine o la
deviazione sessuale.
L'educatore tenga presente che la via buona per educare sessualmente i
giovani è quella di rivolgersi ai loro sentimenti più nobili, di far loro
intendere che, per diventare maturi, bisogna formarsi un carattere forte, una
personalità bene integrata e bisogna sapersi autocontrollare. E' opportuno
far leva anche sul sentimento di fierezza, mostrando che certe deviazioni
sessuali sono segno di mancato sviluppo della personalità e sono un residuo
di infantilismo; situazioni queste che non sono consentite a chi vuole vivere
in coerenza con i propri ideali e con la propria dignità umana.
L'educatore non può restare indifferente di fronte alle deviazioni sessuali
dell'età evolutiva, ma bisogna che intervenga in modo positivo nella
soluzione del problema, evitando di considerarlo come un fatto isolato.
Dovrà aiutare la personalità tutta intera ad arrivare ad un livello superiore di
integrazione, utilizzando a questo scopo le indicazioni che la natura stessa
gli fornisce.
Sono numerose, oggi, le persone nelle quali si riscontrano vere nevrosi
sessuali che, se hanno il loro fondamento in una predisposizione
costituzionale, trovano nondimeno lo stimolo che le rende tormentose nelle
condizioni della vita moderna. È l'ambiente, infatti, che fornisce
abbondante materiale per la loro elaborazione fantastica. Il problema appare
particolarmente rilevante nel periodo della pubertà. L'esperienza prova che
una direzione illuminata può facilitare notevolmente il superamento della
crisi e garantire in modo più sicuro l'espansione integrale della personalità

3.2 Page 22

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giovanile.
37. Guida umana e spirituale dello sviluppo
Il giovane che si apre alla vita non può essere abbandonato a se stesso: ha
bisogno di direzione, di fermezza nel giudizio, di forte volontà. La
difficoltà del problema è qui: in questa personalità ancora incerta e, allo
stesso tempo, resistente, di cui la coscienza morale porta ancora i tratti.
Il consigliere deve essere più che rispettoso e discreto, poiché ogni
intervento che non rispondesse ad un bisogno intimo sarebbe rigettato come
un'intrusione, come una violazione dell'intimità personale; deve essere
come l'amico che sta accanto, per confortare nelle ore difficili, per
consigliare nei dubbi e nelle incertezze, per sostenere nei momenti di
pericolo morale, senza mai far pesare né la parola né la presenza.
Il giovane vuole conoscere i problemi della vita sessuale, perché essa è
considerata parte fondamentale della sua vita. Le proibizioni inopportune,
più che trattenere, spingono l'individuo al fatto proibito. Si tratta di
condurre il soggetto a riguardare le questioni sessuali come questioni serie;
a rispettare la persona e il suo valore incomparabile, in se stesso e negli
altri.
Nel trattamento delle difficoltà o delle deviazioni sessuali sarà bene che
l'educatore prenda queste precauzioni: innanzi tutto non intimorire il
soggetto, per non fomentare in lui l'ansietà; cercare di evitare imposizioni,
per non mettere il giovane in condizioni artificiali o anormali; evitare
sempre di fare dell'ironia su ciò che il soggetto ha confidato, per non
indurlo a ripiegarsi e rinchiudersi in se stesso; non drammatizzare la
situazione, per non diminuire la forza di ripresa del soggetto.
38. Valutazione dell'autenticità della vocazione
Un orientamento educativo di notevole importanza, in rapporto a tutto il
problema dell'educazione al celibato, è quello di aiutare il giovane a
prendere coscienza delle proprie inclinazioni e delle proprie capacità a
superare eventuali difficoltà connesse con lo stato celibatario. E qualora si
renda conto di non avere le qualità necessarie, bisogna agire in modo che
sappia fare la propria scelta vocazionale con coscienza, con impegno e con
coraggio. [52]
Gli errori di discernimento delle vocazioni non sono rari, e troppe
inettitudini psichiche, più o meno patologiche, si rendono manifeste
soltanto dopo l'ordinazione sacerdotale. Il discernerle in tempo permetterà
di evitare tanti drammi.
La selezione dei candidati è una cosa difficile e delicata ad un tempo;
richiede un vero impegno di preparazione e realizzazione da parte di tutti
gli educatori. [53] Essa va fatta secondo i criteri di un'adeguata indagine
diagnostica, quale la scienza psicologica oggi permette di realizzare, e deve
tener conto, insieme al fattore soprannaturale, dei molteplici

3.3 Page 23

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condizionamenti umani.
Si può ritenere che gli educatori ben preparati siano in grado di verificare
l'autenticità delle vocazioni, negli individui normali, con i comuni criteri
selettivi. In casi particolari, o comunque ogni qualvolta sembrerà
conveniente ai responsabili dell'educazione seminaristica, per meglio
aiutare i singoli candidati a verificare la propria vocazione, sarà opportuno -
e a volte anche necessario - ricorrere a rimedi specifici: l'esame psicologico
del candidato prima che entri nel corso teologico; la consulenza
specializzata, anche di carattere psicoterapeutico; l'interruzione degli studi
ecclesiastici per fare esperienze di lavoro professionale.
39. L'educazione sessuale problema di educatori
L'educazione sessuale ha lo scopo di prendere in considerazione la
sessualità umana nella misura che le compete, per stare alla pari con le altre
componenti educative, nel quadro di un'educazione integrale dell'uomo. Di
fronte ad una forma di sessualità misconosciuta o ignorata, bisogna
guardarsi dall'errore opposto che tende a sopravvalutarla, facendone la
dimensione unica o la più importante nella dinamica della personalità.
L'opera educativa deve accompagnarsi a tutto l'arco della curva evolutiva,
adeguandosi all'età, al soggetto, al sesso e all'ambiente mediante «una
positiva e prudente educazione sessuale». [54]
Tra le aree educative, quella dell'educazione sessuale sembra oggi la più
problematica, non solo per le incertezze e le difficoltà dei suoi metodi, ma
anche per l'interferenza della personalità e del passato emozionale
dell'educatore. Si tratta di valutare debitamente gli aspetti dinamici della
sessualità, che agiscono spesso a livello inconscio, senza per questo voler
ridurre tutta la vita intima dell'educatore ad un giuoco di pulsioni
irrazionali.
La preparazione degli educatori, in questo che è uno dei settori più difficili
dell'educazione umana, è condizione indispensabile affinché siano garantiti
risultati positivi alla sua azione. Essa presuppone la conoscenza dello
sviluppo giovanile, l'esistenza di particolari rapporti nel gruppo familiare,
un linguaggio aderente ad un particolare costume sociale e l'adesione a
precisi valori.
Soprattutto occorre che coloro i quali devono occuparsi dell'educazione
sessuale dei giovani siano persone sessualmente mature, dotate di autentico
equilibrio sessuale. Più ancora della conoscenza del metodo e del
contenuto, vale il tipo di personalità che l'educatore rappresenta, la
prospettiva secondo la quale l'educazione sessuale è vissuta prima ancora
che impartita, lo stile di vita che l'educatore incarna. Le conoscenze, i
consigli e la sollecitudine dell'educatore sono importanti, ma conta molto di
più il suo comportamento.

3.4 Page 24

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2. ORIENTAMENTI PER L'EDUCAZIONE SESSUALE
40. L'educazione sessuale come processo formativo
L'educatore tenga presente che l'educazione sessuale non può prescindere
da una formazione morale integrale; deve essere educazione attiva,
individuale, protetta e favorita da un ambiente formativo, basata sulla piena
e reciproca confidenza tra educatore ed educando.
Dal punto di vista della responsabilità dell'educatore, è un errore tanto
quello di ignorare la sessualità quanto quello di volerla isolare dal contesto
educativo. La sessualità umana è un dato di fatto di cui è necessario
prendere coscienza e valutarlo in rapporto alle esigenze globali del
soggetto; ed è questo l'unico modo per poterla integrare nell'ambito della
personalità totale. L'educazione della sessualità richiede di essere realizzata
in modo permanente e in relazione costante a tutta la personalità.
L'educazione sessuale deve integrarsi nell'educazione completa del
candidato, poiché la realizzazione di quest'opera d'arte, che è la vita casta,
suppone un lavoro corrispondente in tutto l'insieme della persona. Il
problema della purezza non si risolve facendo della purezza un'idea fissa ed
esclusiva, ma considerandola e vivendola entro più alte e più ampie ragioni
di giustizia e di carità, assolutamente necessarie per dare un significato e un
valore alla vita: entro un quadro, dunque, di un'umanità integrale.
41. La personalizzazione nell'educazione sessuale
L'educatore procuri di portare i candidati a «scoprire» la scelta
fondamentale della loro vita, guidandoli e aiutandoli a sentirla come un
bene, il loro bene, e quindi a volerla tradurre nei loro atti, e infine a
praticarla con tale perseveranza da renderne facilitata l'attuazione e da
caratterizzare con essa tutta l'esistenza.
Per attivare potentemente la sfera affettivo-volitiva della personalità dei
seminaristi, l'educatore dovrà prospettare loro più il bene che il male, più la
virtù che il vizio; dovrà presentare loro idee-forza e valori che possano
soccorrerli in ogni evenienza. Anche fuori delle prospettive etico-religiose,
conviene insegnare ai giovani che il sesso costituisce una riserva delle
qualità virili del corpo, dello spirito e del cuore.
Perché l'educazione sessuale raggiunga i suoi fini essenzialmente morali, e
quindi strettamente legati alla personalità, occorre che sia impartita ai
singoli e che aiuti ciascuno a risolvere i suoi problemi. Per svolgere con
frutto un'educazione personalizzata, bisogna saper cogliere nel segno i
bisogni e le risorse di ciascun soggetto; occorre saper dosare, a seconda
delle capacità e delle necessità dei singoli, i mezzi naturali e soprannaturali.
42. Il fattore ambientale nell'educazione sessuale
Il rapporto personale dell'educatore con l'alunno e la direzione
personalizzata non bastano per educare: occorre organizzare sapientemente
l'ambiente di vita. Ciò esige che, da una parte, si eliminino, nei limiti del

3.5 Page 25

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possibile, i fattori che agiscono in modo deleterio sull'animo del giovane;
[55] e, dall'altra parte, si educhino gli alunni a reagire alle cattive influenze
che potrebbero venire dall'ambiente.
Questo deve essere ricco di vita, di attività, di serenità, di elevatezza morale
e di sana amicizia: deve essere tale da facilitare il trasferimento delle
energie affettive e degli interessi dell'adolescente o del giovane su oggetti
buoni, per distoglierli dalla concentrazione su oggetti pericolosi.
Un importante elemento costitutivo dell'ambiente è la mentalità collettiva
degli alunni. L'educatore non potrà mai creare un clima ideale per la
purezza se non cercherà di formare un'elevata mentalità collettiva degli
alunni sul mutuo rispetto e se non educherà in essi il culto per la virtù.
La permanenza nel seminario è necessariamente temporanea; i seminaristi
pertanto vanno preparati a vivere con fedeltà e soddisfazione l'esistenza che
svolgeranno fuori del seminario, «in un mondo che tende ad esiliare l'uomo
da se stesso e a comprometterne, insieme con la sua unità spirituale,
l'unione con Dio». [56]
43. Il dialogo nell'educazione sessuale
I giovani sentono il bisogno di un amico al quale potersi confidare e nel
quale poter credere. Senza l'aiuto di una guida amica e saggia, si
moltiplicheranno e complicheranno gli stati di angoscia, gli scoraggiamenti
e le cadute. A sua volta, l'educatore-amico non potrà fare da guida se non
conoscerà intimamente l'educando; ciò comporta che l'educando si confidi
candidamente. Ma questo reciproco incontro di confidenza è possibile
soltanto se l'educatore è capace di mettere tutta la propria persona in
ascolto, attendendo con fiducia l'ora della buona volontà e della grazia.
Rispettando la libertà che si deve lasciare nel campo della direzione
spirituale, l'educatore dovrà convincere ed esortare i giovani ad avere una
guida spirituale alla quale si affidino con tutta sincerità e confidenza, ma
soprattutto dovrà attendere a perfezionare se stesso in modo da meritarsi e
conquistarsi la loro stima e confidenza.
Quando l'educatore avrà creato un'atmosfera di reciproca confidenza, potrà
svolgere un'opera di illuminazione personale, discreta e progressiva, la
quale pure è un'importante parte dell'educazione alla castità e, se fatta come
conviene, gioverà anche a consolidare la fiducia e l'affetto dell'educando
verso l'educatore.
44. Educazione sessuale personale e progressiva
L'educazione sessuale, intesa non solo come illuminazione intellettiva, ma
anche come educazione morale, è necessaria e doverosa, sia perché
mediante tale educazione si prospetta la soluzione del problema, sia perché
chi ne è sprovvisto è per ciò stesso indifeso, tanto in presenza di deviazioni
personali quanto dinanzi a iniziazioni nocive, che sono da prevenire. [57]
Il compito dell'educatore non è soltanto quello di insegnare, ma soprattutto

3.6 Page 26

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quello di favorire delle prese di coscienza. Si tratta di portare i giovani ad
una capacità di decisione libera e retta, perché questa, di fatto, è atta a
governare il dinamismo della sensibilità.
Pertanto l'educazione sessuale deve rispondere ai requisiti di gradualità
secondo l'età, di positività dell'intervento, di aderenza al carattere dei
singoli individui e di correlazione con lo stato di vita. Il primo e naturale
ambiente per questa educazione è la famiglia e in essa i genitori, i quali,
però, non sempre sono preparati a svolgere tale compito. Di qui la necessità
che gli educatori suppliscano alle deficienze educative della famiglia. [58]
45. Il problema del pudore nell'educazione sessuale
Il pudore è un elemento essenziale della sensibilità nelle sue svariate
manifestazioni. Esso è una resistenza incosciente a tutto ciò che rivelerebbe
in noi il nostro fondo di istintività. Quando diventa cosciente, esso mira ad
escludere circostanze e a frenare fantasie, e comportamenti che deturpino la
dignità spirituale dell'io; è un mezzo efficace per far fiorire l'amore
autentico nella vita sessuale e per conservare questa entro una casta
armonia della persona.
Il pudore è intimamente legato alla vita morale superiore; è espressione
della coscienza nel campo sessuale, la quale è una reazione interna a tutte le
deviazioni dell'ordine naturale. Come tale, il senso del pudore è protezione
della personalità e, quindi, è un valore della più alta importanza
pedagogica. Non si può educare alla castità senza sviluppare il senso del
pudore.
D'altra parte, va tenuto presente che un'educazione troppo angusta, in
questo campo, moltiplicherebbe le difficoltà e aggraverebbe l'inquietudine e
il disagio dei giovani. È bene abituarli ad una certa liberazione da timori e
verecondie ingiustificate, così da non estendere il campo delle tentazioni a
detrimento di una vita serena e normale.
L'educazione del pudore sia indiretta e positiva. A tale scopo, si utilizzi la
tendenza imitativa dei soggetti, presentando loro modelli concreti e
affascinanti di virtù; si educhi il senso estetico, ispirando il gusto del bello
presente nella natura, nell'arte e nella vita morale; e si aiutino gli alunni ad
instaurare in se stessi un sistema di valori spirituali, da realizzare in uno
slancio disinteressato di fede e di dedizione.
46. Il problema dell'amore nell'educazione sessuale
La maturazione sessuale deve andare di pari passo con la maturazione
affettiva. L'educazione della castità è, in gran parte, educazione del cuore e
problema di amore.
L'amore umano non è perfetto fin dall'inizio: si sviluppa e si perfeziona
attraverso un lungo processo di evoluzione e di purificazione. Da sensibile,
egoistico, edonistico, come è nel bambino, deve arrivare ad essere,
nell'adulto, spirituale, altruistico, amante del sacrificio, ad immagine
dell'amore di Dio verso l'uomo. Bisogna quindi aiutare il seminarista a

3.7 Page 27

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salire secondo questa traiettoria, senza ritardi o arresti, senza peraltro
pretendere di bruciare le tappe.
C'è da segnalare particolarmente l'esigenza di favorire lo sviluppo delle
grandi riserve affettive dei giovani con il richiamo insistente verso ideali di
verità, di bellezza, di giustizia, di bontà, di purezza, di generosità, di
oblatività, di eroismo, e di rendere possibili amicizie genuine ed elevanti.
I giovani vengano richiamati non tanto su eventuali elementi poco limpidi
presenti nelle loro amicizie, quanto piuttosto sul dovere di far sì che esse
siano un riflesso della carità, sia verso l'amico sia verso gli altri.
L'effervescenza sentimentale giovanile ha bisogno di essere chiarificata,
purificata e ordinata; occorre mostrarne la fondatezza nella ragione e nella
fede, cosicché il giovane ne prenda coscienza distinta, ami con rettitudine e
tenda ad attuare i fini naturali e soprannaturali dell'amore. [59]
3. ORIENTAMENTI PER L'EDUCAZIONE AL CELIBATO
47. Verità e autenticità del celibato
Il celibato è un valore, una grazia, un carisma, che va presentato nella sua
giusta luce, perché sia stimato, scelto e vissuto per quello che è. Si rende,
quindi, necessaria una serena presentazione di esso, sciogliendo
contemporaneamente i pregiudizi e le obiezioni che gli si muovono contro;
questo è un primo compito dell'educatore.
L'educazione seminaristica deve aiutare a discernere il senso della
sessualità in ordine al matrimonio: per consacrarsi nel celibato, si
presuppone la conoscenza di ciò che è l'impegno nell'amore della coppia
coniugale. Tuttavia, l'educazione seminaristica si propone soprattutto di
guidare a scoprire quello che è il senso della sessualità e il suo esercizio
autentico nel celibato consacrato a Dio nel Cristo. [60] Non si tratta quindi
di sopprimere, ma di capire e di sublimare l'amore e la sessualità: e qui, più
che la semplice istruzione, occorre tutta una pedagogia che formi ad amare
con amore di carità.
Il celibato sacerdotale è più che semplice castità, e non si identifica con il
fatto di non essere sposati o con la continenza sessuale; è rinunzia ad una
triplice tendenza naturale: la funzione genitale, l'amore coniugale, la
paternità umana; rinunzia sì, ma «per amore del regno dei cieli». Per essere
autentico e testimoniare veramente i valori religiosi, esso non deve mai
essere una negazione o una fuga, ma una sublimazione della sessualità.
48. Dinamismo interiore nella vita di celibato
Le «motivazioni» del celibato assumono una dimensione particolare per
ciascun soggetto. D'altra parte, nella vita del celibe consacrato si svolge
un'evoluzione, mediante un tirocinio di relazioni verso Dio e verso gli altri.
È qui che si pone il vero problema, più che nel valore delle motivazioni

3.8 Page 28

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iniziali.
Non si deve dimenticare l'importanza dell'atteggiamento psicologico del
seminarista di fronte alla vita celibataria. [61] L'ideale dell'equilibrio
umano, nel celibato come nel matrimonio, non si realizza completamente
una volta per sempre. [62]
Non va inoltre considerata come contraddittoria l'inclinazione del giovane
al matrimonio o alla famiglia, così che possa rendergli dolorosa la rinunzia.
La sofferenza può essere sentita per tutta la vita e, tuttavia, non costituisce
pregiudizio allo stato verginale, se l'esclusività della dedizione a Dio è
vissuta con pieno assenso. Il celibato è un appello da parte di Dio, che può
costare propriamente il sacrificio di una forte propensione al matrimonio.
49. In un contesto di relazioni e di solitudine
Il celibato volontario ha senso in un contesto di «relazione»: è vissuto in
seno ad una comunità fraterna che suppone lo scambio e che permette di
raggiungere gli altri al di là del bisogno che se ne può avere: tirocinio della
«non-possessività». Segno di un celibato bene assunto è la capacità di
creare e di mantenere relazioni interpersonali valide; è la presenza degli
amici nella loro assenza, il rifiuto di imporsi loro, la prova di non aver
troppo bisogno di essi. Perciò il celibato è anche accettazione di
«solitudine». [63]
C'è una solitudine costitutiva, misteriosa, che fa parte della nostra
condizione umana. È sempre in una situazione di solitudine che si scoprono
meglio la propria identità e le proprie possibilità e si maturano le grandi
scelte della vita. La solitudine del celibato sacerdotale è carica di questi
valori.
Il sacerdote è destinato a condurre gli uomini verso Dio attraverso il Cristo;
e conseguirà questo effetto quando la bontà e l'amore di Dio irradieranno
attraverso la sua persona. In coerenza con il suo stato, egli deve saper
mettere in secondo ordine gli interessi personali e subordinare la
soddisfazione delle proprie tendenze all'amore del prossimo, al quale si è
dedicato con il suo sacerdozio.
50. Condizioni dell'educazione al celibato
Tenendo conto del principio, già enunziato, secondo cui l'educazione
sessuale va integrata nell'educazione totale della persona, e volendo educare
al celibato, è indispensabile indurre i seminaristi a coltivare sempre più le
virtù naturali e soprannaturali. [64] Si mostri loro l'organicità e il
collegamento delle virtù nella carità, che è forma di tutto l'agire virtuoso; si
convincano della necessità di donarsi costantemente e totalmente alla
perfezione della carità, «vincolo della perfezione» (Col 3, 14).
Man mano che i seminaristi crescono nelle convinzioni e nel senso di
responsabilità per la scelta vocazionale, devono essere stimolati ad amare
attivamente l'ideale e a voler vivere la castità perfetta senza indulgenti
concessioni o compromessi, coscienti che, anche da un punto di vista

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umano, essi non sono inferiori agli altri.
Ogni candidato deve conoscere se stesso, le proprie condizioni fisiche,
psichiche, morali, religiose, affettive, e valutare appieno la sua capacità di
rispondere alla divina chiamata con una decisione ponderata, matura e
responsabile. [65] Deve avere la piena e libera volontà di offrirsi totalmente
e di continuo al Cristo, sommo ed eterno sacerdote, e alla sua Chiesa. [66]
Deve potere e volere osservare i comandamenti di Dio e la disciplina della
Chiesa. [67]
51. Educazione al vero amore nel celibato
L'integrazione della rinunzia al matrimonio non solo esclude l'ignoranza
della sessualità, ma esige che i giovani siano educati a prenderne coscienza,
a valutarla in tutto il suo peso nei rapporti con gli altri valori dell'intera
persona. Tutto ciò implica un'educazione del cuore, degli affetti, dei
sentimenti e dell'apertura agli altri, in una parola, di un progressivo e
controllato sviluppo della propria sessualità e affettività.
Non basta vivere materialmente il celibato, bisogna amarlo
sacerdotalmente. Sarebbe una grave controindicazione per la vocazione
ecclesiastica se un giovane fosse egoista, chiuso all'affetto, preoccupato
esclusivamente di sé e dei propri comodi. Ma è anche vero che un giovane
dotato di un temperamento eccessivamente affettivo, facile alle simpatie e
agli attaccamenti morbosi, non è molto adatto per la vita celibataria.
Il celibato è vocazione ad una forma di amore; va vissuto in clima di
amicizia, che deve essere prima di tutto amicizia con Dio nel Cristo. [68] Il
sacerdote deve vivere di quell'amore di carità che si attinge in Dio come a
più alta sorgente e si esercita ad imitazione del Cristo, allargandosi a tutti e
dilatando quel senso di responsabilità che è indice di personalità matura.
52. Rapporto tra religiosità e castità
Nel fare la loro scelta di vita e per essere ad essa fedeli - giacché va
rinnovata di giorno in giorno - i seminaristi siano guidati a fondarsi sui
motivi più validi; e si persuadano a voler vivere una castità autentica, se
non vogliono languire nella mediocrità, senza le gioie umane e senza quelle
divine.
Dato il profondo rapporto esistente tra religiosità e castità, e per il
significato specificamente sacro e cristiano del celibato, è indispensabile
che la formazione religiosa dei seminaristi si perfezioni sempre più e
raggiunga le profondità dell'anima; [69] che essi siano messi a contatto con
le sorgenti di un'autentica vita spirituale, che sola dà all'osservanza della
sacra verginità saldissimo fondamento. [70]
Il celibato, offerto per la vita intera, dà modo di sacrificare nuove situazioni
al Signore, di arricchirsi di rinnovate dimensioni ecclesiali, di verificare la
generosità sincera della prima offerta; e, inoltre, di uniformarsi lentamente
e progressivamente a Gesù Cristo nel profondo del proprio io, di perpetuare
un costante abbandono fiducioso nell'assistenza dello Spirito del Signore e

3.10 Page 30

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di simbolizzare e testimoniare, presso il popolo di Dio, il «sacerdozio
eterno» di Gesù Cristo.
4. EDUCAZIONE ALL'ASCESI SACERDOTALE
53. Esigenza di realizzazione del processo ascetico
La formazione al sacerdozio, e particolarmente al celibato sacerdotale,
richiede un'ascesi, non generica, ma «particolare, superiore a quella
richiesta a tutti gli altri fedeli e propria degli aspiranti al sacerdozio.
Un'ascesi severa, ma non soffocante, che sia meditato e assiduo esercizio di
quelle virtù che fanno di un uomo un sacerdote». [71] La vita sacerdotale
esige, inoltre, un'ascetica «interiore ed esteriore veramente virile », [72]
perché si possa mantenere la piena fedeltà agli impegni assunti [73] e avere
garanzia di felice successo. [74]
La conquista della santità cristiana esige un'ascesi di abnegazione che,
contemporaneamente, è ascesi di liberazione. L'abnegazione, secondo
l'insegnamento del Concilio Vaticano II, è esercizio di potere regale ed è
necessaria per attuare il dominio della carità. [75] Carità e abnegazione
sono complementari tra loro: l'abnegazione libera l'uomo, facendo spazio
alla carità, e la carità promuove l'abnegazione.
Il candidato alla vita sacerdotale è prevenuto dalla grazia vocazionale che
gli fa il prezioso dono della vita casta; [76] prendendone coscienza egli sarà
stimolato ad accogliere tale dono con tanta gratitudine e a corrispondervi
liberamente e generosamente. [77] L'ascesi è la risposta decisa che il
candidato vuole dare con tutta la sua vita.
54. Caratteristica dell'ascesi sacerdotale
Questa mortificazione vivificatrice, necessaria ad ogni vita umana e
cristiana, a maggior ragione si addice alla vita sacerdotale. Infatti, l'attività
sacerdotale del Cristo non viene intesa nel suo pieno senso biblico se non
teniamo innanzi tutto presente che il Cristo è «sacerdote e vittima», e che
egli sacrifica se stesso sull'altare della croce per il bene dell'umanità,
anticipando e poi rinnovando in modo incruento sugli altari questa
donazione di sé.
Essendo questo il punto capitale della missione sacerdotale del Redentore,
non si può diversamente pensare nei riguardi della vita di coloro che sono
chiamati a partecipare di tale missione e che, agendo nella persona del
Redentore, continuano la sua opera. È chiaro, dunque, che la santità
sacerdotale, e perciò stesso la spiritualità dei sacerdoti, deve essere
interamente centrata nel fatto che anche essi devono essere sacerdoti e
vittime, unitamente al Cristo, sommo sacerdote e vittima immacolata.
Questa verità, mentre mette in luce la necessità di una forte ascesi, mirante
ad evitare tutto ciò che potrebbe ostacolare il ministero sacerdotale,
costituisce ancora più positivamente un invito a seguire la via della croce,

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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portando sempre la mortificazione del Cristo nel nostro corpo, affinché la
vita di Gesù sia manifestata in noi (2 Cor 4, 10). E' un invito positivo ad
accettare a fondo le implicazioni della consacrazione sacerdotale. [78]
Si spiega così la connessione - messa bene in risalto dal Concilio - esistente
tra la funzione principale dei sacerdoti e il loro dovere di imitare ciò che
trattano. [79]
Questa accentuazione dell'ascesi propria del sacerdozio celibatario non
ignora che anche il matrimonio è uno stato sacrificale, che implica
mortificazione di sé.
55. Impegno ascetico nella vita seminaristica
Tenendo presente l'attuale clima di generale rifiuto della mortificazione, si
insista perché i seminaristi si convincano che l'impegno ascetico è
indispensabile per conseguire la maturità umana, cristiana e sacerdotale; e
si dimostri loro come esso sia condizione indispensabile per crescere nella
partecipazione al mistero pasquale del Cristo.
La fedeltà alle scelte compiute è la virtù di una persona giunta alla piena
maturità spirituale ed è la forma più alta della libertà. Ma a tale maturità e
libertà non si giunge se non attraverso un diuturno esercizio di
autocontrollo e di autodonazione, portato avanti lungo gli anni della
formazione, e che deve essere continuamente mantenuto. «In tale modo,
l'aspirante al sacerdozio acquisterà, con l'aiuto della grazia divina, una
personalità equilibrata, forte e matura, sintesi di elementi nativi e acquisiti,
armonia di tutte le sue facoltà nella luce della fede e dell'intima unione con
il Cristo, che lo ha scelto per sé e per il ministero della salvezza del
mondo». [80]
56. La scelta fondamentale sul piano della fede
Non senza ragione il magistero ecclesiale insiste sulla funzione profetica di
coloro che si sono impegnati a seguire da vicino Gesù Cristo, perché
profeta non è solo colui che annunzia l'avvenire, ma anche colui che
testimonia la realtà e la prossimità di Dio. [81]
Lo slancio di affetto verso l'Invisibile non può appoggiarsi che sullo
sguardo soprannaturale, su una conoscenza che supera quella dei sensi. Il
celibato sacerdotale e religioso è un'offerta fatta al Signore; esso supera
ogni calcolo umano di fecondità e di efficacia; si rivela come sacrificio e
non accetta di ricevere la sua giustificazione che dalla fede.
In questo tendere a Dio c'è un'ascesi profonda; tanto più profonda in quanto
il soggetto, come ogni essere umano, deve scoprire e assumere il limite che
lo segna nel profondo del proprio io. Niente è possibile senza l'accettazione
generosa di questo limite. È come la lotta di Giacobbe con l'Angelo (cfr.
Gn 32, 24-32). La lotta riguarda soprattutto le delusioni che colpiscono
l'uomo nei suoi entusiasmi più profondi e nelle sue speranze più care.

4.2 Page 32

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5. IL PROBLEMA DELL'INTEGRAZIONE AFFETTIVA
57. Problema delicato e fortemente dibattuto
Il seminarista, come ogni altro giovane, avverte l'esigenza dell'integrazione
affettiva; sente cioè la necessità di un atteggiamento equilibrato e sereno
verso la sessualità in genere e in modo particolare verso l'altro sesso. Si
tratta di raggiungere un giusto equilibrio, il dominio di sé o, come spesso si
dice, lo stato di maturità, in cui l'affettività viene integrata nella persona del
giovane in maniera tale che consente un comportamento normale e
adeguato alle varie situazioni della vita.
E' chiaro che detta maturazione può attuarsi in modo perfetto soltanto
mediante contatti con altre persone; essi consistono in relazioni di amicizia,
in colloqui e, in genere, nella comunione di lavoro, di ricreazione e di altri
interessi. Tali contatti rivestono naturalmente grande importanza nella vita
del giovane. Egli, infatti, avverte molto vivamente i propri limiti; vede che
non basta a se stesso, essendo portato a ricevere e a dare. Questa è
un'esperienza umana fondamentale, che può essere la base di una ricca
esperienza spirituale.
Ma è difficile vivere in senso maturativo le relazioni, specialmente quando
si tratta di persone di diverso sesso. Ciò richiede la capacità e l'impegno di
saper vedere le ambiguità che esse assumono, e come si organizzano i
desideri e i vari meccanismi affettivi; è necessario anche un prudente
«discernimento degli spiriti», sensibile alle mozioni della grazia e della
natura.
Riguardo al problema delle relazioni con l'altro sesso si è registrato in
questi ultimi anni un notevole cambiamento. Mentre fino a qualche tempo
fa prevaleva, a tale riguardo, un atteggiamento di riserva e di cautela, fino a
giungere, in certi casi estremi, ad un esagerato isolamento del seminarista,
oggi invece si sta facendo strada un grande ottimismo, un atteggiamento di
fiducia, a volte eccessiva, che non sembra accontentarsi dei contatti comuni
e ordinari della vita, ma auspica la convenienza di frequenti relazioni con le
donne, unicamente a motivo di una più facile maturazione affettiva del
giovane.
58. Richiamo alla teologia della castità
I seminaristi siano guidati a scoprire la teologia della castità, mostrando i
rapporti che corrono tra la pratica di questa virtù e tutte le grandi verità del
cristianesimo. Si mostri la fecondità apostolica della verginità consacrata,
facendo notare che ogni esperienza di bene o di male va a modificare in
senso positivo o negativo il nostro essere, la nostra personalità e,
conseguentemente, anche la nostra azione apostolica.
La religione valorizza la purezza come virtù, mentre indica i mezzi atti a
conservarla e a difenderla con gelosa cura, con riservatezza, con disciplina

4.3 Page 33

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interiore delle fantasie e dei desideri e con disciplina esteriore dei sensi.
L'azione educativa, in questo campo, non è completa se non istruisce gli
alunni sulla natura delle tentazioni, sulle loro fonti e cause, sulle varie
forme di tentazione, sui rimedi e sulla strategia spirituale da usare contro di
esse.
59. Per una soluzione positiva del problema
Come in tutte le relazioni umane, così anche nelle relazioni del seminarista
con l'altro sesso, la giusta linea da seguire è quella della verità e sincerità,
insistendo sull'autenticità del comportamento, che esclude, per sua natura,
tutto ciò che sa di fittizio e di artificioso. È evidente che sono fuori di
questa linea tutte le relazioni provocate e ricercate soltanto per un
vantaggio personale unilaterale, quasi per «strumentalizzare» la persona del
prossimo ai propri fini.
Escluse quindi per il futuro sacerdote relazioni di questo genere, rimangono
i contatti ordinari e normali che si presentano in varie occasioni della vita.
Si tratta di relazioni impostate secondo le regole di un sano comportamento
umano, improntate alla delicatezza, al rispetto e soprattutto alla carità che si
deve ad ogni persona.
Le relazioni collocate a questo livello offrono al seminarista sufficienti
occasioni per il suo sviluppo: per conoscere meglio se stesso, per affinare il
proprio carattere, sperimentandone i punti forti e deboli, le varie qualità da
potenziare o da correggere. È necessario che, in tali relazioni, il seminarista
arrivi alla padronanza di se stesso, che sappia sospenderle o rinunziarvi
senza sentirsi inquieto. Ciò suppone una sana ascesi: una vigile
mortificazione e un costante autocontrollo.
Tenendo presente questa necessità di autocontrollo, i seminaristi vanno
esortati ad un prudente discernimento degli affetti: «Imparino a discernere
questo amore, manifestato con apertura, davanti al Signore, ai direttori
spirituali e ai superiori; evitino, al contrario, le relazioni particolari,
specialmente quelle esclusive e prolungate con le persone dell'altro sesso,
ma soprattutto si sforzino di praticare e di impetrare da Dio un amore
aperto a tutti e perciò veramente casto». [82]
L'importanza che si dà, in questo campo, alla direzione spirituale suppone
naturalmente anche le dovute capacità del direttore spirituale. È evidente
che egli non potrà risolvere secondo un unico schema i vari problemi che si
presentano, ma dovrà considerarli caso per caso, tenendo conto delle
differenze tra i singoli, e aiutando ciascuno personalmente a superare le
eventuali crisi che possono turbare o far deviare dalla propria vocazione.
60. Formazione in vista della vita pastorale
Il problema delle relazioni con l'altro sesso tocca il seminarista non solo
nella sfera della sua vita personale, ma anche nella prospettiva della sua
futura attività pastorale. Ed è proprio in considerazione dell'impegno
pastorale di domani che si insiste perché «particolare attenzione sia data

4.4 Page 34

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pure alla preparazione degli alunni circa i retti e sani rapporti con le donne,
perché, bene istruiti sul loro specifico carattere e sulla loro psicologia a
seconda del diverso stato di vita e le diverse età, nell'adempiere il ministero
pastorale possano offrire loro una cura spirituale più efficace e si possano
comportare con quella sobrietà e prudenza che conviene ai ministri del
Cristo ». [83]
Come è stato accennato sopra, le giuste e sane relazioni con la donna non si
improvvisano, ma si attuano attraverso una lenta e delicata educazione. È
quindi compito dei seminari preparare gli alunni a contatti personali con la
donna: aiutarli cioè non soltanto ad acquisire l'autodominio sulle proprie
reazioni affettive alla sua presenza, ma anche a fare loro conoscere ciò che
essa rappresenta nell'ordine dello spirito. Una tale preparazione è necessaria
al seminarista anche per approfondire il suo senso umano e il tatto delicato,
che devono qualificare ogni relazione pastorale.
61. Una parola sulle relazioni di amicizia
In considerazione della situazione odierna, è necessario dire anche una
parola circa la possibilità di un'amicizia tra il seminarista (o il sacerdote) e
la donna. Questo problema richiede, infatti, una perspicace attenzione e un
equilibrio non comune.
Non vi è dubbio che le relazioni normali nell'ambito dell'ordinaria vita
quotidiana possono, in certe condizioni, contribuire alla maturazione umana
e spirituale del seminarista; bisogna però mettere in guardia contro amicizie
particolari che si dimostrino pericolose e incompatibili con la vocazione
sacerdotale, in quanto impediscono la libertà del cuore e l'universalità
dell'amore. La natura della missione cui il seminarista si sta preparando
esige in lui un'apertura di spirito verso tutti: un amore universale, «sincero,
umano, fraterno, personale e immolato, sull'esempio del Cristo verso tutti e
verso ciascuno, specialmente verso i poveri, gli afflitti e i loro eguali ». [84]
Ciò suppone implicitamente che i superiori e i direttori spirituali sappiano
dare un efficace aiuto ai giovani affidati alle loro cure. Va tenuto presente
che è molto difficile conoscere, fin da principio, il carattere delle relazioni,
giudicando forse spirituale ciò che non lo è; e poi, anche nell'ipotesi di una
grande rettitudine di intenzione, bisogna tener conto della forza idealizzante
di relazioni affettive, la quale induce a sottovalutare e a misconoscere i reali
pericoli che dette relazioni comportano. L'amore sensibile, infatti, di sua
natura ambivalente, facilmente piega verso la concupiscenza, con l'effetto
di compromettere quel pieno sviluppo della persona, che dovrebbe invece
favorire. Così, mentre i vantaggi spirituali che qualcuno volesse
ripromettersi da un'amicizia di questo genere sono molto ipotetici e incerti,
i pericoli e le difficoltà che ne derivano sono invece spesso grandi e reali.
In questo campo, un giusto realismo porterà a tener presente che la natura
facilmente inganna, facendo credere necessari certi rapporti e colorando
con motivazioni soprannaturali ciò che è solo inclinazione della natura .
[85]

4.5 Page 35

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6. DIFFICOLTÀ DEL PROCESSO DI FORMAZIONE
62. Compiti dell'azione educativa nell'adolescenza
L'educatore dovrà conoscere la personalità dell'educando nel suo crescere
attraverso le varie fasi dell'età evolutiva. Per ciò che riguarda, in
particolare, l'adolescenza, va rilevato che essa si caratterizza per il processo
di maturazione fisiologica, per l'emergere del desiderio sessuale e per il
prevalere dell'attività fantastica circa i dati della vita sessuale.
L'adolescente ha bisogno di essere aiutato a formarsi una sana idea della
funzione della sessualità; a prendere coscienza della sua posizione
nell'ordine dei valori; ad apprendere il retto modo di agire nel caso di
tentazioni impure e di fronte alle situazioni implicanti elementi sessuali; a
dominare i suoi istinti, non nel terrore, ma nella serenità, che solo la
conoscenza della verità può apportare.
L'educazione deve tenere presente tutto questo e deve sviluppare in
socialità il potenziale affettivo dell'adolescente, aiutandolo ad oggettivare la
sua spinta sessuale verso un'oblatività totale. È compito particolarmente
arduo quello di integrare chiaramente questa spinta. Nessuna meraviglia,
quindi, se si verifica nell'adolescente un ripiegamento su di sé, unito alla
sensazione di essere drammaticamente incompreso dall'ambiente che lo
circonda. Si può ben capire che in questo stato la spinta sessuale porti
talvolta l'adolescente a centrare su di sé la sua carica erotica, rendendo
sempre più difficile la sua integrazione.
63. Il fenomeno dell'autoerotismo nell'adolescenza
Una delle cause responsabili del fenomeno masturbatorio è lo squilibrio
sessuale; altre cause sono soprattutto occasionali e secondarie, anche se ne
facilitano la comparsa o contribuiscono ad alimentarla. L'azione pedagogica
dovrà essere orientata più su queste cause che sulla repressione diretta del
fenomeno; solo così si potrà favorire efficacemente l'evoluzione dell'istinto
del ragazzo, cioè quella crescita interiore che lo porterà ad una disciplina
progressiva del suo mondo istintuale, che queste cause contribuiscono più o
meno ad ostacolare.
Non bisogna ricorrere alla paura, alle minacce od alle intimidazioni di
carattere fisico o spirituale, se non si vogliono favorire stati ossessivi che
compromettono l'equilibrio sessuale e fissano il soggetto su se stesso,
anziché aprirlo agli altri. In questo, come in altri casi, il superamento si
ottiene nella misura in cui si riesce a prendere coscienza della vera causa
del disturbo. Ed è in questa direttiva che si orienterà particolarmente
l'azione educativa.
L'autoerotismo rimane un ostacolo verso l'ordine di vita cui conduce
l'impegno formativo. L'educatore non può rimanere indifferente dinanzi alla
chiusura di orizzonti da esso causata. Tuttavia, egli dovrà sdrammatizzare il
fatto masturbatorio e non diminuire la sua stima e benevolenza verso il

4.6 Page 36

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soggetto. Venendo a contatto con l'amore oblativo soprannaturale
dell'educatore, il giovane percepirà di essere accolto nella comunione
caritativa e si sentirà strappato dal chiuso del proprio io.
Per le singole difficoltà non è bene offrire sempre una soluzione, che il
soggetto dovrebbe solo accettare, ma è molto più efficace - agli effetti di
una vera crescita interiore - aiutare e stimolare il soggetto a trovare da se
stesso la soluzione. In tal modo egli non solo risolve un singolo problema,
ma apprende l'arte di risolvere i problemi che eventualmente gli si
presenteranno.
64. La formazione seminaristica nell'adolescenza
Fermo restando che l'educazione seminaristica deve promuovere
armonicamente la formazione naturale, cristiana e sacerdotale degli alunni,
l'aspetto più difficile di tale educazione durante l'adolescenza è quello di
saper dosare, nella giusta proporzione, la formazione cristiana e la
formazione sacerdotale. Quest'ultima va iniziata con opportuna gradualità e
va portata avanti, nel periodo adolescenziale, con molta saggezza.
Per la maggior parte dei candidati i motivi della vocazione sono, all'inizio,
assai vaghi. Essi vogliono mettersi al servizio degli uomini, della Chiesa e
del Cristo, ma non hanno spesso idee ben precise né sulla Chiesa né sul
Cristo. Il loro atteggiamento è piuttosto una disponibilità a carattere
umanitario, polarizzata da un riferimento poco specifico a Dio, al Cristo,
alla Chiesa. Infatti, per molti adolescenti la visione della vita è ancora
globale. L'atteggiamento umanitario e il riferimento religioso sono pertanto
poco distinti.
Questa è la ragione per cui molti adolescenti inclinano inizialmente verso
l'impegno sacerdotale; ma quando gli interessi umani si designano nella
loro specificità, essi abbandonano l'idea della vocazione e lasciano il
seminario, se il tenore religioso del loro atteggiamento non si arricchisce.
Bisogna quindi fare scoprire opportunamente il senso di una vita consacrata
a Dio e non imporre fin dall'inizio uno stato di vita già sacerdotale.
65. Compiti dell'azione educativa nella giovinezza
Nella giovinezza, l'amore tende ad esprimersi in manifestazioni di
sessualità ben differenziata, in una fusione del fattore sessuale fisiologico
con quello psico-affettivo. Nonostante le apparenze e l'attuale promiscuità,
molti giovani non conoscono la vera psicologia femminile. La donna li
affascina, ma è un mistero per loro, e li sconcerta. Essi facilmente possono
cedere alle contraffazioni dell'amore, mentre dovrebbero scoprire che
castità e amore sono un'unica virtù, essenzialmente attiva, feconda e
generosa.
L'educatore terrà conto particolarmente del fatto che la giovinezza è l'epoca
della scelta decisiva e definitiva della vita: i giovani devono essere posti di
fronte a tutte le proprie possibilità per poter liberamente scegliere. È il
momento in cui è necessario guidarli a conoscere la vera teologia del
matrimonio e del celibato consacrato; [86] è il momento in cui devono

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essere definitivamente dissipati i pregiudizi e le «false teorie che
sostengono essere la continenza perfetta impossibile o nociva al
perfezionamento dell'uomo ». [87]
66. Il problema della perseveranza nella vocazione
Un grave problema, oggi, non è soltanto quello dellÂ’insensibilità dei
giovani alla vocazione sacerdotale, ma anche quello della loro perseveranza
e adesione completa alle esigenze che tale vocazione comporta. Tra le
molte cause della non perseveranza, vi sono certamente quelle oggettive,
dipendenti dalle condizioni ambientali e culturali in cui i giovani vivono.
Ma indubbiamente vi è anche una causa soggettiva di notevole importanza,
sulla quale conviene richiamare l'attenzione degli educatori: si tratta di
un'indebita svalutazione dello stato di consacrazione a Dio nella vita
sacerdotale.
I giovani d'oggi non sono meno generosi di quelli di ieri, ma hanno
particolarmente bisogno di essere guidati sulla via dell'impegno, provocati
all'eroismo: hanno bisogno di grandi ideali. È un grave errore ridurre la
vocazione sacerdotale a dimensioni di vita ordinaria, senza sacrificio, senza
impegno. I giovani non potranno rispondere generosamente se non si fa
leva sulle qualità proprie dell'animo giovanile: il gusto del difficile, il
bisogno della dedizione, la gioia del sacrificio.
Essi devono giungere a sentire profondamente «con quanta gratitudine
debba essere abbracciato questo stato, non soltanto in quanto comandato
dalla legge ecclesiastica, ma come prezioso dono di Dio da impetrarsi
umilmente e al quale essi, stimolati e aiutati dalla grazia dello Spirito Santo,
devono affrettarsi a corrispondere liberamente e generosamente ». [88]
67. Difficoltà particolari nell'età adulta
È segno di realismo psicologico pensare che il sacerdote, come ogni altro
uomo, andrà soggetto alle comuni crisi dello sviluppo umano e alle
particolari difficoltà della sua condizione: crisi e difficoltà affettive,
sessuali, di relazione con l'autorità, di inserzione nella Chiesa e nel mondo e
di ordine spirituale. Perciò i candidati alla vita sacerdotale dovranno essere
preparati ad affrontare tali crisi con spirito di sacrificio e coraggiosa
coerenza.
Nell'esistenza di un uomo, il passare al di là di quello che si suole chiamare
«il mezzo del cammin di nostra vita» è un dato molto importante. Le
soluzioni fondamentali sono già state prese, risolvendo, tra i venti e i
trent'anni, i problemi cruciali della vita: vocazione, professione,
orientamento di vita. Le possibilità di tornare indietro sono minime.
A questa età, è venuta meno la giovinezza con le sue prospettive e
prerogative: entusiasmi, speranze, sogni di santità e di grandi opere in seno
alla Chiesa. Subentra una vita più consapevole, più calma e più equilibrata,
ma anche più vulnerabile. Si possono già avere avuti riconoscimenti, posti
di responsabilità, successi; oppure ci si può sentire umanamente e
apostolicamente dei falliti. Ci si può trovare anche in una posizione di

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oscurità rassegnata.
Questa constatazione può portare alcuni soggetti ad una vita tormentata,
interiormente inquieta; ad una «crisi di vuoto», cioè di insoddisfazione e di
frustrazione per gli ideali non realizzati. In tali circostanze, l'esigenza di
un'amicizia umana si farà sentire più fortemente.
68. Ragioni di crisi nella vita sacerdotale
Dal punto di vista della situazione familiare, il sacerdote si trova solo: non
ha più, solitamente, la famiglia nella quale era inserito da giovane, e non ha
una famiglia propria. La situazione di apostolato segna una diminuzione del
fervore che aveva sostenuto il sacerdote nella giovinezza; egli ha
l'impressione che le generazioni nuove lo mettano in disparte. Quindi a
quarant'anni lo attende, per lo più, una solitudine interiore ed esteriore.
Allora egli può sentire più vivamente il peso e la portata di ciò cui ha
rinunziato con il celibato.
Si aggiunga spesso una certa monotonia nel ministero sempre uguale, molte
volte difficile, forse unita ad un senso di sfiducia anche verso l'ambiente e
la gerarchia ecclesiastica: sfiducia perché le cose vanno sempre allo stesso
modo, senza speranza di cambiarle.
Nascono così i penosi ripiegamenti, le irritazioni e i malumori; c'e il
pericolo di riscoprire e sopravvalutare le realtà sensibili, da cui il soggetto
si è separato per consacrarsi a Dio. Non mancherà la crisi spirituale, che
talora prende la via dell'abitudine al ministero e agli esercizi di pietà; altre
volte prende la via dello scetticismo sui progressi spirituali e fa ritenere
inutili gli sforzi.
69. Criteri per prevenire e risolvere le crisi
Per chi venisse a trovarsi in queste situazioni, la prima norma da seguire è
di aver pazienza con se stesso, accettarsi senza irritarsi contro l'insorgere di
determinate difficoltà. Queste fanno parte della natura, e la vocazione non
sopprime la natura. L'impazienza di fronte a tali difficoltà, l'incapacità di
capirle, è una delle cause che portano all'abbandono o alla noia della
vocazione.
Ma l'accettazione paziente e serena di ciò che gli anni portano con sé non
basterà e non sarà forse neppure possibile, senza tener vivo il senso della
fede in un'umile e operosa unione con Dio, ripetendo spesso il detto
dell'apostolo Paolo: « Scio cui credidi et certus sum» (2 Tim 1, 12). Questa
unione umile e operosa, fatta di consapevolezza di sé, di fiducia, di
abbandono e di preghiera, otterrà la freschezza di vita spirituale, che tiene
giovani nonostante il passare degli anni. L'unione con Dio e una visione di
fede portano anche a valutare in modo giusto e oggettivo le difficoltà sopra
ricordate; se non tolgono le difficoltà, ne attenuano la pesantezza e sono
capaci di trasformare in dono il vuoto della solitudine.
Se poi la crisi fosse approfondita in modo tale che il sacerdote chiedesse di
sospendere l'impegno ecclesiastico per riflettere e, insieme, sperimentare

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una momentanea vita laicale, si preferisca introdurre il sacerdote in
ambiente comunitario, in cui venga favorito sia da un amore umano e
caritativo sia da una ripresa della visione di fede in un esercizio ascetico e
pastorale.
PARTE QUARTA
FUNZIONE EDUCATIVA DEL SEMINARIO
70. Condizioni della formazione seminaristica
La castità, ben lungi dall'essere una virtù isolata nella struttura della
personalità spirituale del sacerdote, costituisce l'espressione culminante di
una vita sana nella fede, equilibrata e solidamente costruita su un'ardente
carità.
Per questo, niente nella vita e nel clima del seminario dovrà essere
indifferente all'edificazione di tale virtù. Anzi proprio il tenore di questo
clima sarà la condizione principale e il fattore fondamentale di detta
formazione. Non è pertanto superfluo, ma è anzi necessario, richiamare i
tratti essenziali della vita del seminario nel loro diretto o indiretto rapporto
con la formazione alla castità.
Ogni seminario deve essere tale da «alimentare negli alunni la gioia della
propria vocazione», [89] mostrando il celibato vissuto per il regno di Dio
come una grazia eminentemente favorevole in vista dell'annunzio gioioso
del Cristo risorto.
Si potrà riuscire in questo, comunicando ai seminaristi il gusto della carità
ecclesiale e apostolica, la quale è simultaneamente amore del Cristo,
comunione amichevole con i superiori e i compagni, spirito evangelico e
volontà di collaborazione. Questo programma non tanto si deve insegnare,
quanto piuttosto testimoniare nella vita concreta del seminario.
Qui esprimiamo alcuni suggerimenti, che possono aiutare a creare nel
seminario un'atmosfera altamente educativa, quale risultante di una sapiente
impostazione di rapporti interpersonali, di una vita spirituale intensa e di
un'ardente carità ecclesiale, come anche di un conveniente contatto con il
mondo esterno e di un adeguato uso degli strumenti di comunicazione
sociale.
1. ATMOSFERA EDUCATIVA DEL SEMINARIO
71. Il seminario come comunità fraterna
Il clima in cui si svolgono le relazioni umane nel seminario è un fattore
importante per la formazione pastorale. Prima di portare fuori del seminario
le ricchezze di cui esso dispone, occorre aver dato, all'ambiente stesso nel

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quale si vive, il carattere e lo stile di servizio scambievole, dove ciascuno
concorre a creare le condizioni di sviluppo di tutti gli altri.
Questo clima educativo è caratterizzato da alcuni orientamenti. Anzitutto è
auspicabile che nella comunità seminaristica ognuno ricerchi liberamente la
sua vocazione, non sentendosi automaticamente destinato al sacerdozio per
il fatto di avere iniziato l'esperienza seminaristica. [90] Va tenuto conto di
una pluralità di disposizioni, in cui i seminaristi possono trovarsi in
rapporto alla vocazione, e anche della mutevolezza degli atteggiamenti
giovanili. Gli educatori rispettino tutti e ciascun alunno; non stabiliscano
graduatorie di merito; non insinuino l'idea che chi cambia strada è un
traditore; tengano vivo in tutti il diritto-dovere personale
dell'approfondimento continuo della vocazione e della libera decisione.
Un altro orientamento, da cui dipende la riuscita della comunità giovanile
del seminario, è dato dai rapporti interpersonali che devono essere
caratterizzati da familiare confidenza e da fraterna amicizia. [91] Va
ricordato che la confidenza non si impone con l'autorità, ma si suscita e si
ottiene meritandosela; e che circa la fraterna amicizia ci sono fattori che la
favoriscono e altri che la possono distruggere. Il seminario sia una scuola di
amicizia; fomenti la fraternità a livello anche puramente umano; abbia
fiducia in essa e non la turbi con insinuazioni ingiuste e di gusto deteriore.
Una vera educazione al celibato deve potersi radicare profondamente nella
fraternità. [92]
Una vita di comunità fraterna, armonica, operosa, ricca di calore umano e
soprannaturale, diffonde tra i suoi membri un senso di distensione, di
equilibrio e di soddisfazione, per cui gli stessi sono come vaccinati dal
cercare compensazioni affettive al di fuori di essa; e rende più difficile il
sorgere di rimpianti per la rinunzia fatta con la scelta del celibato.
72. Il seminario come comunità educativa
In ultima analisi, maturità significa aderenza e amore alla realtà: di se
stessi, degli altri, di Dio. Perciò lo strumento formativo più importante deve
essere un clima impregnato di verità, cioè di chiarezza, di lealtà, di affetto,
di rispetto e di dialogo, affinché la scoperta della propria vocazione sia una
conquista progressiva e il risultato di una scelta matura, più che l'effetto di
un condizionamento esterno. L'atmosfera della vita seminaristica
contribuirà alla maturazione dei candidati nella misura in cui sarà calda di
veri incontri umani, capace di stimolare all'iniziativa e alla responsabilità
personale e di portare gradualmente ad unÂ’obbedienza degna dei figli di
Dio, cioè convinta e ragionevole.
È quanto mai conveniente inoltre che lo svolgimento della vita del
seminario si realizzi in uno stretto rapporto di collaborazione tra educatori e
alunni, nel quale siano valorizzate le personalità, le capacità e le
competenze dei singoli. I rapporti di solidarietà e di socialità vengano
assunti sia come programma sia come metodo dall'intero seminario. «I
superiori e i professori ( ... ) sotto la guida del rettore siano in strettissima
unità di spirito e di azione, e tra loro e con gli alunni formino una famiglia
tale da tradurre in pratica la preghiera dei Signore: "Che siano una cosa

5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

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sola" (Gv 17, 11) e da alimentare negli alunni la gioia della propria
vocazione». [93]
73. La dinamica di gruppo nella formazione seminaristica
Per promuovere una formazione personale, bisogna porre gli alunni in un
ambiente favorevole allo sviluppo di tutte le loro qualità e possibilità. A
questo fine una certa divisione in gruppi, che tuttavia rispetti l'unità del
seminario, è consigliata in determinate situazioni. [94] In tal modo possono
più facilmente essere riannodati ed esercitati i rapporti di solidarietà,
realizzando l'esperienza di un'opportuna divisione di compiti, secondo le
risorse di ciascuno al servizio del bene comune: vengono così delineati gli
orientamenti propri di ognuno verso l'avvenire.
I gruppi possono essere organizzati in corrispondenza alle reali necessità di
ciascuna diocesi, e quindi ai futuri campi di ministero, acquistando in tal
modo una funzionalità dinamica e pastorale: intorno ad essi potrebbero
animarsi diversi circoli di interessi umani e apostolici, facilmente
convertibili in fattori di attività formativa, atti a creare vincoli di amicizia e
di lavoro. Tutto ciò darebbe ricchezza e vitalità alla formazione.
La vita comunitaria del seminario quindi, mentre educa alla vita di fede,
prepara ad entrare nel presbiterio diocesano, ad integrarvisi
progressivamente, non solo di diritto, ma anche di intelligenza, di cuore e di
animo. Ciò richiede che il seminario sia esso stesso una comunità, che
avvia allo spirito e al lavoro comuni di un corpo pastorale unico e diverso;
che sia sufficientemente integrato nella vita diocesana e favorisca l'effettiva
partecipazione della diocesi alla formazione dei futuri sacerdoti.
74. Funzione della disciplina e del regolamento
Il clima di libertà, il rispetto della persona, la valorizzazione dell'iniziativa
del singolo, non devono essere interpretati come una liberazione da ogni
specie di disciplina. Il seminarista, che sceglie il suo stato liberamente, deve
anche liberamente accettarne i condizionamenti e rispettarli. La disciplina
fa parte della struttura spirituale sia del seminarista sia del sacerdote,
durante tutta la vita: «Tale disciplina (...) non deve essere sopportata solo
come un'imposizione dall'esterno, ma, per così dire, interiorizzata, inserita
nel complesso della vita spirituale come una componente indispensabile ».
[95] Il che non significa che la stessa sia puramente interiore, essendo
anche «personale e comunitaria», [96] esteriore. [97]
Ma se la disciplina proposta dal regolamento rimane importante, il centro
dell'educazione è offerto dal rapporto educativo, umano e cristiano, tra
educatore e seminarista. Simile prospettiva non implica l'abbandono
dell'educando a se stesso, non esonera l'educatore dall'essere presente, anzi
lo richiede in un modo molto più intimo. Infatti, l'educatore non può farsi
sostituire dalla disciplina ferrea, dalla regola minuziosa, dalla sorveglianza
rigida; egli deve guidare e potenziare l'educando attraverso il rapporto
amichevole, mediante il colloquio confidenziale, badando alle situazioni
che l'alunno vive. [98]

5.2 Page 42

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È necessario adattare i principi generali a ciascun caso in particolare. Non
c'è un'educazione valida per tutti: a volte il superiore responsabile, per la
conoscenza personale che ha del suddito, può lasciare che questi vada
avanti anche accettando un certo rischio, poiché un'intima certezza gli dice
che il giovane finirà per capire ciò che giova e ciò che non giova, meglio
che non attraverso rigide imposizioni; altre volte, invece, interverrà con
decisione per salvare chi presume di sé e si espone senza motivo a pericolo
grave.
2. IL SEMINARIO ESPRESSIONE DI VITA SPIRITUALE
75. La vita di orazione come fattore educativo
La scelta del celibato deve essere animata da magnanimità, dalla
consapevolezza che è importante dedicare interamente la propria vita ad un
grande amore, il quale abbraccia insieme Dio, il Cristo e le anime; dalla
consapevolezza che, se il celibato è un prezioso dono del Signore, da
impetrarsi con umiltà, [99] è anche un dono dell'uomo a Dio. Questa
generosità aprirà il cuore del seminarista in un modo sempre più crescente
alla preghiera, all'adorazione e alla contemplazione di Colui che è il termine
della propria donazione e sarà fonte di continua gioia e giovinezza. [100]
Il seminario introdurrà quindi gli alunni alla pratica abituale e spontanea
dell'incontro e del colloquio con Dio nel Cristo. E questo nei molteplici
modi della preghiera, dell'azione liturgica, della parola meditata, dello
studio sulla persona del Cristo come centro di ogni riflessione di fede e di
teologia.
Una vita centrata in Dio mediante l'orazione è un imperativo categorico
della vita di consacrazione. Il seminarista e il sacerdote dovranno avere
pertanto in alto grado quel dono di pietà, che è in sostanza un grande amore
per il Signore, e rimarranno sempre i testimoni privilegiati della bellezza e
della gioia del rapporto immediato con il Dio della rivelazione.
Il celibe per vocazione, che abbandona la preghiera, che rompe cioè i
rapporti interpersonali con Dio, sta sull'orlo della rovina del suo celibato.
Questa relazione fondamentale con il Signore, alimentata alle sorgenti della
preghiera stessa della Chiesa e divenuta profondamente personale per
mezzo di esercizi appropriati, è di capitale importanza, perché un sacerdote
possa essere a suo agio nelle relazioni di direzione spirituale. Senza una
relazione con Dio, ricca di sana vita spirituale, il sacerdote non può essere
capace di aiutare efficacemente i fedeli.
76. Criteri d'aggiornamento delle forme di pietà
Nell'aggiornamento delle forme di pietà occorre mirare a scoprire, al di là
delle pratiche, ciò che ne è stata la ragion d'essere, adattando i mezzi alle
esigenze psicologiche e pastorali d'oggi. Si favorisca la spontaneità capace
di aprirsi all'amore amichevole con il Cristo nell'incontro intimo con il
Padre. [101] La pietà, maggiormente orientata verso il mistero della

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salvezza, sia concretamente inserita nella vita, di cui non deve costituire
solo un momento, ma essere l'anima che la vivifica integralmente.
Pur dando il giusto posto alla preghiera spontanea, va tenuto presente che è
un'illusione e un errore fondamentale di psicologia e di ascetica credere che
l'orazione, fatta nel momento della personale inclinazione, sia per ciò stesso
più fruttuosa e che, viceversa, quella richiesta dalla regola comune non solo
sia meno fruttuosa, ma produca anche la disaffezione dalla stessa. Va certo
coltivata la preghiera spontanea, ma soprattutto va suggerito il modo di
renderla personale, interiore.
Bisogna che la pedagogia religiosa faccia vivere le pratiche di pietà come
ricerca di vita evangelica, nella quale sinceramente si pone il colloquio con
il Padre, per mezzo del Cristo, nello Spirito Santo. [102]
77. Formazione liturgica dei seminaristi
I seminaristi vanno formati a partecipare e vivere intensamente la vita
liturgica e sacramentale, e non semplicemente ad assistere alle sacre
funzioni. Se un giovane non si trovasse nella disposizione di cercare e
seguire il Cristo, la liturgia gli apparirebbe forse una fastidiosa esteriorità.
Al contrario, gli esercizi di pietà e gli atti liturgici vanno programmati e
proposti in modo che siano convenienti ai giovani, e questi li compiano con
animo lieto e volonteroso, [103] perché educati al senso liturgico come ad
un modo comunitario di vivere in Dio.
Il ministero del sacerdote, prima ancora di essere opera dell'uomo, è opera
del Cristo in persona; perciò il sacerdote deve compierlo secondo lo spirito
di lui, sommo sacerdote e pastore eterno. Da ciò si comprende quale
profondità debba regnare nell'intimità tra il Cristo e il sacerdote. Ora tutta
l'opera educativa nel seminario tende a fare acquistare questa perfezione:
vivere interiormente la vita del Signore e prepararsi ad esercitare il
ministero sacerdotale nel suo spirito. [104]
78. La meditazione della parola di Dio
Ponendosi in presenza di Dio nel Cristo, il seminarista ami meditare la
parola rivelata, cercando di applicarla alle situazioni del giorno, sia da solo
sia in gruppo. [105] Si abitui a considerare tutta la vita cristiana (costumi,
istituzioni, persone e dottrina) alla luce del vangelo, nella consapevolezza
che è la parola di Dio che giudica e converte la Chiesa. E a questo principio
ispirerà tutta l'attività personale e apostolica.
La comunione con il Redentore non consiste solo in una comunione con il
suo pensiero, ma soprattutto in una comunione con la sua vita di carità, di
cui il mistero pasquale è come l'atto centrale, l'espressione più autentica e
più forte (Rm 6, 2-11). Dopo il battesimo, il cristiano e tanto più il sacerdote
non possono rimanere semplici spettatori di questo mistero, ma devono
parteciparvi configurandosi a Colui che è morto per i peccati e risuscitato
per la gloria del Padre, diventando così sua manifestazione nel mondo (Fil
3, 8-11; 2 Cor 4, 10; 3, 18).

5.4 Page 44

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Questa partecipazione battesimale e presbiterale si realizza solo con il
concorso dello Spirito Santo, poiché il mistero pasquale non diviene nostro
che per opera di Colui che ne è l'artefice, cioè lo Spirito Santo. Questa
spiritualità deve guidare dal di dentro la vita di coloro che sono chiamati al
sacerdozio ministeriale.
79. Formazione mediante lo studio teologico
Al seminarista d'oggi è particolarmente necessaria una «sintesi vitale di
fede», personalmente scoperta e capace di illuminare la sua vita concreta;
una fede la quale non si limiti ad aderire a determinati contenuti, ma sia
esercizio cristiano di scelta e di fiducia nel Cristo e nella sua Chiesa. Una
grave crisi affettiva sacerdotale presuppone sempre un indebolimento o un
offuscamento della fede.
Lo studio della teologia è chiamato a favorire lo spirito di fede nei
seminaristi. Si curi perciò unÂ’introduzione al mistero del Cristo [106] e
alla storia della salvezza, che, mentre giova alla formazione spirituale del
seminarista, deve presentargli una visione unitaria e organica degli studi
sacerdotali.
La scuola quindi deve cercare di offrire al giovane, mediante un'esposizione
sistematica, un sapere organico teologico e, insieme, una iniziazione alla
ricerca (biblico-patristica, storica, sociologica), così da far acquistare un
senso personale critico di valutazione del pensiero moderno. Il tutto serva
sempre a coltivare una fede profonda, aperta alle necessità dell'oggi, e
sempre alimentata dall'amore del Cristo operante nella sua Chiesa. [107]
Questi appelli, riguardanti il clima spirituale del seminario, non possono
essere considerati come estranei al problema della formazione alla castità.
Se il seminario non riesce a realizzare un tale clima e se il futuro sacerdote
non ne risulta come impregnato, la castità, privata della sua linfa, non ha
veramente alcuna prospettiva di sopravvivenza.
3. IL SEMINARIO ESPRESSIONE DI CARITÀ ECCLESIALE
80. Il rapporto tra superiori e seminaristi
Il seminarista ha bisogno di essere immerso in un ambiente di carità
apostolica. È compito del seminario fargli sperimentare come la sostanza
del vivere sacerdotalmente nel celibato e cristianamente nello spirito del
Cristo si riduca ad un unico denominatore: praticare e testimoniare la carità
ecclesiale nel Signore. La carità vissuta, dono dello Spirito Santo, consente
di educare, convertire e santificare sé e gli altri. [108]
I superiori del seminario devono svelarsi al seminarista non tanto come
coloro che danno ordini, direttive, ammonimenti e punizioni, quanto
piuttosto come coloro che suscitano unione caritativa nei sudditi,
testimoniandola soprattutto con la condotta personale. Nella misura in cui si
hanno responsabilità direttive, si è tenuti anche ad essere principio più

5.5 Page 45

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profondo di unità caritativa. [109]
Il seminarista, qualora abbia gustato la carità del Signore attraverso il volto
sacerdotale del suo educatore, saprà esprimerla domani nel presbiterio in
unione con il vescovo e comunicarla ai propri fedeli. [110] Per la stessa
carità, sperimentata in seminario e nella diocesi, il sacerdote vivrà
serenamente la sua vita celibataria, senza nostalgia della vita nello stato
laicale. [111]
81. Formazione alla carità apostolica
La formazione spirituale da impartirsi ai seminaristi deve essere orientata al
fine pastorale e concepita in funzione della futura vita sacerdotale. I
sacerdoti sono dei qualificati costruttori della comunità ecclesiale: per tale
ministero non solo è stata loro conferita una potestà spirituale (2 Cor 10, 8;
13, 10), ma essi stessi sono tenuti ad «avere con tutti dei rapporti improntati
alla più delicata bontà, seguendo l'esempio del Signore ». [112]
La vita comunitaria del seminario, animata da sincera carità cristiana,
irradiante una grande virtù apostolica, dovrà essere come una preparazione,
quasi un preludio, a questa comunione fraterna nel lavoro apostolico. [113]
Per questa ragione gli alunni si sentiranno legati alla diocesi, interessandosi
dei suoi problemi pastorali, acquistando così una spiritualità diocesana,
radicata cioè nel futuro campo di lavoro. [114]
L'unione a Dio nella preghiera, l'amore del silenzio e delle cose spirituali
non impediscono, ma richiedono un interesse apostolico per le vicende
della società umana e per i segni dei tempi, che costituiscono un appello
alla carità pastorale del futuro sacerdote, al suo servizio sincero e
disinteressato. [115]
Il seminarista colga il rapporto che c'è tra il suo celibato volontario e la
carità apostolica. Infatti, il celibato volontario è una testimonianza d'amore,
«una risposta d'amore all'amore» del Cristo, in cui la capacità di donazione,
che è soltanto della creatura umana, riceve dalla grazia una nuova
incomparabile forza. [116]
La perfetta castità è vissuta dal sacerdote «non per disprezzo del dono della
vita, ma per amore superiore alla vita nuova sgorgante dal mistero
pasquale». [117] Il sacrificio dell'affetto umano è, in tal caso, compiuto per
il Signore e quindi per la Chiesa, anzi per tutta l'umanità, alla quale il
sacerdote sacrifica altri vincoli e pur legittimi affetti. [118]
82. Progressiva assimilazione al Cristo
L'esempio del supremo pastore mette in evidenza quanto ha di sovrumano
la missione redentrice nella quale i sacerdoti devono entrare. La radice
primordiale della condizione pastorale e del suo esercizio non può essere
che una consacrazione vivente e totale al Cristo, dato dal Padre al mondo.
[119]
Il sacramento che costituisce pastori fa, di un battezzato, un «eletto dal

5.6 Page 46

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Cristo» per la salvezza dei fratelli, un «impegnato» di Gesù Cristo
nell'amore fraterno (Fil 3, 12; Gal 1, 10; 5, 13). Una vita di totale
sottomissione alle esigenze dell'amore del Signore dispone all'azione della
grazia, e il vivere sempre meno per sé e sempre più per lui la fa fruttificare
(2 Cor 5, 14-15).
I pastori devono essere continuamente formati ad una disponibilità e ad
un'energia di donazione, che, per sua natura, è totalitaria; devono sapere che
il «sì» detto al vescovo, che impone le mani, è l'assenso all'impegno
permanente e virtualmente totale dell'Amore salvatore. Nella preghiera
sacerdotale di Gesù è impossibile dissociare il «per loro» dall' «io consacro
me stesso». Così deve essere anche nella formazione dei sacerdoti: non si
dissocerà la consacrazione a Dio dal servizio dei fratelli, ma anzi si fonderà
totalmente questo in quella.
4.ESIGENZE E MODALITÀ DEL CONTATTO CON IL MONDO
83. Nuovi compiti della formazione seminaristica
I seminari hanno sempre cercato di preservare gli alunni dall'influsso
mondano, favorendo un clima di raccoglimento adatto alla loro vita
interiore. Accanto a questa preoccupazione - in ogni tempo valida e
doverosa - si sente anche la necessità di porre il seminarista in contatto con
il mondo nel contesto di tutte quelle realtà entro le quali vive la famiglia
umana. Infatti, tra le esigenze fondamentali della formazione seminaristica
vi è questa: che non si può, né si deve, pretendere di mantenere delle
separazioni che sono diventate chimeriche.
Non si può fare astrazione dalla situazione delicata, qualche volta critica,
della fede nel mondo attuale. I giovani non possono ignorare la realtà del
mondo in cui sono chiamati ad operare, e non devono ignorarlo, perché la
presentazione della fede non può non tener conto delle condizioni degli
uomini ai quali si rivolgeranno. Perciò la formazione dei futuri sacerdoti
dovrà comportare una lucidità, una franchezza, un coraggio e certe
caratteristiche che non richiedeva nel passato. [120]
Il seminarista dovrà essere aiutato a superare i possibili rischi, le deviazioni
e gli equivoci mediante una formazione positiva, teologicamente fondata,
circa le scelte che egli si prepara a fare definitivamente con la sacra
ordinazione. Ciò che lo spinge a prendere la decisione fondamentale di
abbracciare il sacerdozio sarà non il timore o l'ignoranza del mondo o il
disconoscimento delle realtà, ma una serena visione di ciò che è la sua
persona inserita nel mondo e delle sue relazioni con gli altri.
84. Funzione delle relazioni interpersonali
L'isolamento totale nel seminario impedisce al seminarista di assimilare il
senso dei problemi della propria generazione; tende a creare
convenzionalità di rapporti vicendevoli secondo prefissate norme di
comportamento; priva il candidato della possibilità di maturare

5.7 Page 47

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responsabilmente la sua vocazione, raffrontandosi con l'ambiente esterno;
non facilita una conoscenza concreta della vita e degli uomini, tra i quali il
seminarista svolgerà il suo apostolato; [121] non gli consente di
comprendere le tentazioni degli uomini, così che da sacerdote non sentirà
interesse per i problemi degli altri; espone i giovani al pericolo di formarsi
uno spirito di ceto privilegiato.
Il rapporto umano non è unicamente uno strumento di apostolato; esso è un
valore a sé stante sotto l'aspetto teologico. Il cristiano, immagine di Dio nel
Cristo, è chiamato ad essere nel mondo espressione dell'amore del Cristo
per gli uomini; nell'amore per gli altri, infatti, egli si realizza nel Cristo
come nuova creatura. Lo stesso stato sacerdotale esprime la missione a
vivere caritativamente in contatto amichevole, in intimità serena, in affetto
fraterno e in comunione familiare.
Proprio per la necessità che l'educazione si compia a contatto con gli
uomini d'oggi, il magistero ecclesiale ha invitato a formare i seminaristi alla
socialità; ha raccomandato la loro formazione alle virtù umane sociali, quali
l'amicizia, la lealtà, la fedeltà alla parola data, la capacità di donarsi agli
altri con generosità e costanza. [122]
85. Relazioni dei seminaristi con la famiglia
In ordine ai candidati alla vita sacerdotale, la famiglia ha un ruolo
importante e offre occasioni decisive: ad esempio, la possibilità di scoprire
concretamente il senso, il valore e i sacrifici dell'amore umano; la
fondamentale esperienza e stimolazione di un rapporto affettivo; la
possibilità di conoscere particolari aspetti della psicologia femminile.
Per l'educazione del candidato è particolarmente importante, oggi, il tempo
che egli trascorre in famiglia, non solo durante le vacanze estive, ma anche
durante l'anno scolastico. È il tempo di facili e svariati incontri sociali, in
cui egli svolge attività di svago o di lavoro e di apostolato; in cui
sperimenta la validità e l'opportunità dei consigli ricevuti in seminario.
Questa funzione educativa, qualora venga debitamente esercitata, ha anche
l'effetto di potenziare la responsabilità e la vita spirituale dei familiari e dei
sacerdoti della parrocchia.
La famiglia dovrebbe essere il «giardino» in cui le vocazioni sorgono e
crescono, «come il primo seminario», e dovrebbe essere la migliore
collaboratrice del seminario. [123] Tuttavia, vanno tenute presenti molte e
gravi carenze educative delle famiglie d'oggi, per cui tante volte è proprio
la famiglia a distruggere quanto il seminario tenta di edificare.
Per poter fare affidamento sulla famiglia, come fattore integrativo e
sostenitore della formazione e della perseveranza del futuro sacerdote,
occorre svolgere un'adeguata pastorale familiare. Uno degli obiettivi
principali della pastorale delle vocazioni ecclesiastiche consiste
precisamente nel suscitare la collaborazione delle famiglie, in particolare
nel creare nei genitori la coscienza dell'apporto che essi sono in grado e in
dovere di dare per favorire il sorgere e il crescere delle vocazioni sacre.

5.8 Page 48

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Il compito dei genitori in rapporto alla vocazione ecclesiastica dei figli è
molteplice, perché essi sono chiamati a preparare, coltivare e difendere le
vocazioni, che Dio suscita nella loro famiglia. Devono quindi arricchire se
stessi e la loro famiglia di importanti valori spirituali, morali e pedagogici,
quali una religiosità convinta e profonda, una condotta morale
esemplarmente cristiana, una coscienza apostolica ed ecclesiale, una buona
preparazione pedagogica e unÂ’esatta concezione della vocazione.
86. Relazioni con la comunità parrocchiale
Nella comunità ecclesiale il cristiano vive la sua esperienza di fede e coglie
l'invito a collaborarvi per estendere i benefici della salvezza. Una comunità
di vita in cui i vari ruoli, sia dei sacerdoti sia dei laici, siano correttamente
vissuti, e in cui la presenza del Signore sia al centro di ogni attività, aiuterà
ciascuno a prendere coscienza della dimensione ecclesiale della propria
vocazione.
Anche la comunità parrocchiale, quindi, è chiamata a dare una valida
collaborazione allo sbocciare delle vocazioni sacerdotali, alla loro
perseveranza e al loro graduale inserimento nell'azione apostolica con tutte
le forze vive della comunità stessa. [124]
Detto scopo sarà conseguito efficacemente a queste condizioni: se la
parrocchia formerà una vera comunità, caratterizzata da fede viva,
debitamente orientata verso la realizzazione del regno di Dio; se i sacerdoti
della parrocchia influiranno sull'animo dei giovani con l'esempio di una vita
santa e con l'impegno dell'azione pastorale; se i fedeli si interesseranno del
problema vocazionale, pregheranno per le vocazioni, per la santificazione
dei sacerdoti e porteranno un efficace contributo alle esigenze pastorali
della comunità ecclesiale.
87. Contatto umano e sacerdotale con il mondo
Il seminario dovrà essere una comunità aperta alla vita d'oggi, cioè dovrà
mantenere contatti e collegamenti in varie direzioni: con la famiglia degli
alunni, con il mondo giovanile, con la vita ecclesiale, sia locale sia
universale, e con i problemi dell'umanità. [125]
Dicendo che il seminario non è una istituzione «chiusa», ma «aperta», si
intende parlare di un'apertura non in modo acritico, ma in modo riflesso.
Ciò significa anzitutto che gli alunni siano formati in maniera da diventare
capaci di un genuino contatto umano e sacerdotale con gli uomini, capaci di
un'apertura di spirito verso i loro problemi e capaci di dialogo. [126]
Il sacerdote è chiamato ad operare nel mondo, capirlo, accoglierlo, ma
insieme a svolgervi una missione che lo distingue da esso. Non può essere
in tutto «come loro». Vivendo nel mondo in modo responsabile, il sacerdote
vi si sente solidale e, allo stesso tempo, solitario. La sua opera si apre
simultaneamente sulla comunità umana e sulla comunione dei santi: vive
fra gli uomini, ma mantenendosi al cospetto di Dio. [127]
Il seminarista deve essere educato a vivere nell'ambiente profano con

5.9 Page 49

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spirito sacerdotale e formato in modo da saper assumere comportamenti
propri, vivendo fra gli altri ed esprimendovi risposte personali suggerite
dall'io interiore spirituale. Il processo educativo del seminario tenderà
quindi a sviluppare la capacità di autonomia spirituale di fronte alle
pressioni ambientali.
88. Educazione alla presenza apostolica nel mondo
Gli alunni dal tempo del seminario impareranno a mettersi in contatto con
gli uomini con sguardo apostolico. A tale fine, il Concilio Vaticano II ha
auspicato che i seminaristi vengano introdotti nell'apostolato, non tanto per
integrare le forze operanti parrocchiali, quanto soprattutto per creare in essi
una mentalità pastorale all'incontro con gli altri, per suscitarvi il gusto della
carità apostolica come anima del proprio dovere e per incrementarvi
l'assillo di ricercare un metodo apostolico adatto alle necessità nuove. [128]
Perché si possano conseguire tali obiettivi di formazione, è necessario che
le parrocchie scelte per le esercitazioni pastorali siano veramente capaci di
suscitare nel seminarista lo spirito missionario, la carità apostolica e una
tecnica aggiornata attraverso una revisione critica. [129] La stessa vita
celibataria deve essere collegata con la personale missione apostolica.
Per conseguire uno scopo così alto, qual è la formazione pastorale del
sacerdote, occorrono educatori qualificati, animatori che assistano gli
alunni e siano responsabili della riflessione e dell'impegno pastorale.
Nessuna regola e nessuna apertura è concepibile, se i seminari non
dispongono di uomini che abbiano il senso e il dono dei veri educatori.
[130]
89. Funzione degli strumenti di comunicazione sociale
Gli strumenti di comunicazione sociale hanno un ruolo importante nella
formazione dell'uomo d'oggi, e anche del sacerdote, non essendo
evidentemente estranei al problema della formazione alla castità perfetta:
essi, infatti, sono oggi assai largamente impiegati anche al servizio della
sessualità. Il problema quindi tocca l'aspetto personale del sacerdote che
userà, volente o nolente, di questi strumenti e sarà soggetto al loro influsso;
tocca anche l'aspetto pastorale del sacerdote il quale, come pastore, sa che
detti strumenti contribuiscono ad informare, a formare e maturare in senso
sociale i suoi fedeli, e che egli deve essere in grado di aiutarli sia a trarre
profitto da queste nuove risorse sia a guardarsi da ciò che il loro influsso
potrebbe avere di nocivo. [131]
Non soltanto per la propria formazione, ma anche per una vera
preparazione all'apostolato conviene che gli aspiranti al sacerdozio siano
iniziati all'uso degli strumenti di comunicazione sociale; e, in generale,
siano esercitati nell'arte di comunicare a voce e in iscritto il pensiero agli
uomini del nostro tempo in modo adatto alla mentalità moderna.
Evidentemente si tratta di un problema di enorme ampiezza e gravità, se si
tiene conto della reale situazione della stampa attuale e della diffusione e
incisività della radio e della televisione. L'ambiente esterno e quello interno

5.10 Page 50

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di una comunità seminaristica sono strettamente dipendenti dall'uso di
questi strumenti, i quali largamente influiscono sulla formazione o sulla
deformazione dei candidati al sacerdozio.
Il problema pedagogico degli strumenti di comunicazione sociale non può
quindi ridursi soltanto ad una regolamentazione disciplinare nell'uso dei
medesimi: è soprattutto un problema di educazione positiva, di riflessione
sul fenomeno sociale nel quale siamo immersi; problema di preparazione e
di cultura di maestri capaci di curare questo aspetto della formazione. Si
tratta non solo di limitare i danni di uno strumento, che può essere
pericoloso, ma di educare uomini adatti a vivere responsabilmente nella
concretezza della realtà quotidiana.
CONCLUSIONE
90. La formazione, sintesi di natura e di grazia
Si nutre fiducia che gli orientamenti fin qui suggeriti saranno di aiuto agli
educatori. Essi sono stati ispirati da una serena valutazione dei dati della
natura e della grazia, che concorrono alla formazione seminaristica e
sacerdotale. Gli educatori, consapevoli della grandezza e responsabilità
della loro missione, mirino sempre a promuovere in armonica unità le
risorse della natura e della grazia.
L'educazione al celibato sacerdotale, per riuscire efficace, deve tendere a
favorire lo sviluppo e il perfezionamento della persona, presa nel suo
insieme più concreto e originale. Bisogna, quindi, conoscere e interpretare
la realtà del soggetto così com'è e adattare l'azione educativa alle condizioni
concrete del singolo: condizioni che devono essere considerate nel quadro
di tutta la storia personale, tanto sotto l'aspetto individuale quanto sotto
l'aspetto sociale.
Le condizioni umane che favoriscono la vita spirituale si riassumono nel
concetto di maturità. Ora, sforzarsi di maturare la propria personalità,
aiutare gli altri a maturare la loro, significa collaborare con l'azione divina
della grazia per costruire l'edificio spirituale dell'uomo, e quindi del
sacerdote.
Se è vero che la vita spirituale dipende essenzialmente, nel suo mistero,
dalla grazia, e perciò stesso trascende in quanto tale lo psichismo umano, è
pur vero che quest'ultimo ne condiziona l'efficienza. Perciò è di grande
importanza che la personalità dei singoli divenga più riccamente umana per
servire, nel modo migliore possibile, da strumento e da segno all'appello
dello Spirito.
L'azione educativa si propone precisamente di favorire le condizioni umane
degli individui, di orientarle e perfezionarle quando occorra, in modo da
rendere più propizia l'azione della grazia. E tanto maggiore sarà l'efficienza
dell'azione educativa quanto più si terranno presenti le condizioni, sia

6 Pages 51-60

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6.1 Page 51

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normali sia patologiche, proprie di una personalità in formazione. Solo
allora si potranno realizzare quelle condizioni che rendono la personalità
umana valido strumento dell'opera divina della grazia.
SOMMARIO
Presentazione
Premessa.
1. Natura e ragione d'essere di questi orientamenti
2. Oggetto specifico di questi orientamenti
3. Motivi di un continuo aggiornamento
4. Adattamento alle condizioni delle chiese locali
5. Adattamento alle condizioni dei singoli individui
PARTE PRIMA
IL CELIBATO NELLA ODIERNA VITA SACERDOTALE
6. Condizioni di vita autenticamente cristiana
1. IL CELIBATO NELLA VITA DELLA CHIESA
7. Significato del sacramento dell'ordine
8. Il sacerdozio e le virtù evangeliche
9. Natura specifica del celibato
10. Il celibato nella prospettiva apostolica
11. Il celibato nella prospettiva escatologica
2. IL CELIBATO SACERDOTALE NELLA VITA ODIERNA
12. Problematica del celibato sacerdotale
13. Motivazioni del celibato
14. Natura del rapporto celibato-sacerdozio
15. Difficoltà odierne al celibato sacerdotale
16. Presupposti dell'educazione al celibato
PARTE SECONDA
METE DELL'EDUCAZIONE SEMINARISTICA
17. Triplice componente dell'educazione seminaristica
1. FORMAZIONE ALLA MATURITÀ UMANA
18. Il concetto di maturità umana

6.2 Page 52

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19. La maturità umana nell'educazione
20. La maturità affettiva dell'uomo
21. La maturità sessuale dell'uomo
22. Il problema della sessualità integrata
23. L'autocontrollo perfettivo dell'uomo
2. FORMAZIONE ALLA MATURITÀ CRISTIANA
24. La dimensione cristiana nell'educazione
25. La maturità come esigenza di vita cristiana
26. La maturità affettiva del cristiano
27. La maturità sessuale del cristiano
28. L'autocontrollo perfettivo del cristiano
3. FORMAZIONE ALLA MATURITÀ SACERDOTALE
29. Formazione in prospettiva pastorale
30. Maturità umano-cristiana del sacerdote
31. La maturità affettiva del sacerdote
32. La maturità sessuale del sacerdote
33. L'autocontrollo perfettivo del sacerdote
PARTE TERZA
ORIENTAMENTI PER LA FORMAZIONE SEMINARISTICA
34. Difficoltà dell'azione formativa
1. CRITERI D'AZIONE DELL'EDUCATORE
35. Coscienza della complessità del problema
36. Situazioni normali e patologiche
37. Guida umana e spirituale dello sviluppo
38. Valutazione dell'autenticità della vocazione
39. L'educazione sessuale problema di educatori
2. ORIENTAMENTI PER L'EDUCAZIONE SESSUALE
40. L'educazione sessuale come processo formativo
41. La personalizzazione nell'educazione sessuale
42. Il fattore ambientale nell'educazione sessuale
43. Il dialogo nell'educazione sessuale
44. Educazione sessuale personale e progressiva
45. Il problema del pudore nell'educazione sessuale
46. Il problema dell'amore nell'educazione sessuale
3. ORIENTAMENTI PER L'EDUCAZIONE AL CELIBATO
47. Verità e autenticità del celibato
48. Dinamismo interiore nella vita di celibato

6.3 Page 53

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49. In un contesto di relazioni e di solitudine
50. Condizioni dell'educazione al celibato
51. Educazione al vero amore nel celibato
52. Rapporto tra religiosità e castità
4. EDUCAZIONE ALL'ASCESI SACERDOTALE
53. Esigenza di realizzazione del processo ascetico
4. Caratteristica dell'ascesi sacerdotale
55. Impegno ascetico nella vita seminaristica
56. La scelta fondamentale sul piano della fede
5. IL PROBLEMA DELL'INTEGRAZIONE AFFETTIVA
57. Problema delicato e fortemente dibattuto
58. Richiamo alla teologia della castità
59. Per una soluzione positiva del problema
60. Formazione in vista della vita pastorale
61. Una parola sulle relazioni di amicizia
6. DIFFICOLTÀ DEL PROCESSO DI FORMAZIONE
62. Compiti dell'azione educativa nell'adolescenza
63. Il fenomeno dell'autoerotismo nell'adolescenza
64. La formazione seminaristica nell'adolescenza
65. Compiti dell'azione educativa nella giovinezza
66. Il problema della perseveranza nella vocazione
67. Difficoltà articolari nell'età adulta
68. Ragioni di crisi nella vita sacerdotale
69. Criteri per prevenire e risolvere le crisi
PARTE QUARTA
FUNZIONE EDUCATIVA DEL SEMINARIO
70. Condizioni della formazione seminaristica
1. ATMOSFERA EDUCATIVA DEL SEMINARIO
71. Il seminario come comunità fraterna
72. Seminario come comunità educativa
73. La dinamica di gruppo nella formazione seminaristica
74. Funzione della disciplina e del regolamento
2. IL SEMINARIO ESPRESSIONE DI VITA SPIRITUALE
75. La vita di orazione come fattore educativo
76. Criteri d'aggiornamento delle forme di pietà
77. Formazione liturgica dei seminaristi
78. La meditazione della parola di Dio

6.4 Page 54

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79. Formazione mediante lo studio teologico
3. IL SEMINARIO ESPRESSIONE DI CARITÀ ECCLESIALE
80. Il rapporto tra superiori e seminaristi
81. Formazione alla carità apostolica
82. Progressiva assimilazione al Cristo
4. ESIGENZE E MODALITÀ DEL CONTATTO CON IL MONDO
83. Nuovi compiti della formazione seminaristica
84. Funzione delle relazioni interpersonali
85. Relazioni dei seminaristi con la famiglia
86. Relazioni con la comunità parrocchiale
87. Contatto umano e sacerdotale con il mondo
88. Educazione alla presenza apostolica nel mondo
89. Funzione degli strumenti di comunicazione sociale
CONCLUSIONE
90. La formazione, sintesi di natura e di grazia
[1] Cfr. PAOLO VI, Lett. Encicl. Sacerdotalis caelibatus, 24 giugno 1967:
A.A.S., 59 (1967), p.682, n. 61.
[2] Cfr. CONC. VAT. II, Decr. Optatam totius, n. 10; Decr. Presbyterorum
ordinis, n. 16; Decr. Perfectae caritatis, n. 12; Paolo VI. Esort. Ap.
Evangelica testificatio, 29 giugno 1971: A.A.S., 63 (1971), p.505, n. 15;
Doc. SYN. EP., 30 nov. 1971, De sacerdotio ministeriali, pars a., I, n. 4, d.:
A.A.S., 63 (1971), p.917.
[3] Doc. SYN. EP., 30 nov. 1971, De sacerdotio ministeriali, cit., p.917.
[4] Doc. SYN. EP., 30 nov. 1971, De sacerdotio ministeriali, cit., p.917.
[5] CONC. VAT. II, Decr. Presbyterorum ordinis, n. 16.
[6] Cfr. PAOLO VI, Lett. Encicl. Sacerdotalis caelibatus, cit., p.684 seg.,
n.70.
[7] Cfr. PAOLO VI, Lett. Encicl. Sacerdotalis caelibatus, cit., p.687, n.75.
[8] Cfr. CONC. VAT. II, Cost. past. Gaudium et spes, n. I; CONC. VAT. II,
Dichiaraz. Gravissimum educationis, n. 1; PAOLO VI, Lett. Encicl.
Sacerdotalis caelibatus, cit., p.681, n. 61.
[9] Cfr. CONC. VAT. II, Decr. Optatam totius, n.1.
[10] Cfr. CONC. VAT. II, Decr. Presbyterorum ordinis, n.16.
[11] Cfr. PAOLO VI, Lett. Encicl. Sacerdotalis caelibatus, cit., p.665, n.
20.
[12] Cfr. CONC. VAT. II, Cost. dogm. Lumen gentium, n.10.
[13] Cfr. CONC. VAT. II, Decr. Presbyterorum ordinis, n.2.
[14] CONC. VAT. II, Decr. Presbyterorum ordinis, n.2; cfr. CONC. VAT.
II, Cost. dogm. Lumen gentium, n.28; PAOLO VI, Lett. Encicl.
Sacerdotalis caelibatus, cit., p.664, n.19 segg.
[15] Doc. SYN. EP., 30 nov. 1971, De sacerdotio ministeriali, cit., p.915.

6.5 Page 55

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[16] Doc. SYN. EP., 30 nov. 1971, De sacerdotio ministeriali, cit., p .915.
[17] Doc. SYN. EP., 30 nov. 1971, De sacerdotio ministeriali, cit., p.917.
[18] Cfr. CONC. VAT. II, Decr. Optatam totius, n.10; Decr. Presbyterorum
ordinis, n.16
[19] Cfr. CONC. VAT. II, Decr. Presbyterorum ordinis, n.16; PAOLO VI,
Lett. Encicl. Sacerdotalis caelibatus, cit., p.663, n. 17.
[20] Cfr. CONC. VAT. II, Decr. Optatam totius, n.10; PAOLO VI, Lett.
Encicl. Sacerdotalis caelibatus, cit., p.670 seg., nn. 33-34.
[21] Cfr. CONC. VAT. II , Cost. dogm . Lumen gentium, n.29; Lett. Encicl.
Sacerdotalis caelibatus, cit, p.674, n.42.
[22] Cfr. CONC. VAT. II, Decr. Presbyterorum ordinis, n.16; Doc. SYN.
EP., 30 nov. 1971, De sacerdotio ministeriali, cit., p.915.
[23] Cfr. CONC. VAT. II, Costit. dogm . Lumen gentium, nn.43, 46.
[24] Cfr. CONC. VAT. II , Decr . Presbyterorum ordinis, n.16.
[25] Doc. SYN. EP., 30 nov. 1971, De sacerdotio ministeriali, cit., p.916.
[26] Cfr. PAOLO VI, Lett. Encicl. Sacerdotalis caelibatus, cit., p.664, n.
19.
[27] Cfr. PAOLO VI, Lett. Encicl. Sacerdotalis caelibatus, cit., pp.663-
671, nn.17-34.
[28] Cfr. PAOLO VI, Lett. Encicl. Sacerdotalis caelibatus, cit., p.664,
n.19; p.666 seg., n.24.
[29] Cfr. PAOLO VI, Lett. Encicl. Sacerdotalis caelibatus, cit., p.665,
n.21.
[30] Cfr. PAOLO VI, Lett. Encicl. Sacerdotalis caelibatus, cit., p.657, n.1.
[31] Cfr. CONC. VAT. II, Decr. Optatam totius, n.10.
[32] Cfr. CONC. VAT. II, Decr. Optatam totius, nn.10-11.
[33] Cfr. CONC. VAT. II, Decr. Optatam totius, n.4; Cost. dogm. Lumen
gentium, n.28.
[34] PAOLO VI, nella Lett. Ap. Summi Dei Verbum, 4 nov. 1963: A.A.S.,
55 (1963) pp. 984 segg., richiamava l'attenzione sulla «necessaria
simultaneità della formazione umana, cristiana, sacerdotale», e affermava
che «la formazione dell'uomo deve andare di pari passo con quella del
cristiano e del futuro sacerdote».
[35] Cfr. CONC. VAT. II, Dichiaraz. Gravissimum educationis, n.1
[36] Cfr. CONC. VAT. II, Decr. Optatam totius, n.11.
[37] Cfr. CONC. VAT. II, Decr. Optatam totius, nn.3, 8, 11; S. C. PER
L'EDUC. CATT., Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis, Roma
1970, nn.48-58.
[38] Cfr. CONC. VAT. II, Cost. dogm . Lumen gentium, capp .II-III-IV.
[39] Cfr. CONC. VAT. II, Dichiaraz. Gravissimum educationis, nn.1-2;
Decr. Optatam totius, nn.10-11; Decr. Apostolicam actuositatem, n.29;
Decr. Perfectae caritatis, n.12; PAOLO VI, Lett. Encicl. Populorum
progressio, 26 marzo 1967: A.A.S., 59 (1967), p.265, n.16; S. C. PER
L'EDUC. CATT., Ratio fundamentalis, cit., n.51.
[40] CONC. VAT. II, Cost. dogm. Lumen gentium, n.9.
[41] Cfr. Summa theologica, I-II, q. 63, a. 4.
[42] Cfr. CONC. VAT. II, Cost. dogm . Lumen gentium, n.28; Decr.
Presbyterorum ordinis, nn.4-9.
[43] Cfr. CONC. VAT. II, Decr. Optatam totius, n.4.
[44] Cfr. CONC. VAT. II, Decr. Optatam totius, nn.8-2o; S.C. PER
L'EDUC. CATT., Ratio fundamentalis, cit., nn.44-49.
[45] Cfr. PAOLO VI, Lett. Encicl. Sacerdotalis caelibatus, cit., p.666 seg.,

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nn.24-25.
[46] Cfr. CONC. VAT. II, Decr. Presbyterorum ordinis, nn.8, 14; PAOLO
VI, Lett. Encicl. Sacerdotalis caelibatus, cit., pp.688-689, nn.79-81.
[47] Cfr. Doc. SYN. EP., 30 nov. 1971, De sacerdotio ministeriali, cit.,
p.915.
[48] Cfr. CONC. VAT. II, Decr. Presbyterorum ordinis, n.16; PAOLO VI,
Lett. Encicl. Sacerdotalis caelibatus, cit., pp.686-688, nn.73, 77.
[49] Cfr. PAOLO VI, Lett. Encicl. Sacerdotalis caelibatus, cit., p.679,
n.57.
[50] Cfr. S.C.PER L'EDUC. CATT., Ratio fundamentalis, cit, n.48.
[51] Cfr. CONC. VAT. II, Decr. Perfectae caritatis, n.12; Doc. SYN. EP.,
30 nov. 1971 , De sacerdotio ministeriali, cit., p.917 .
[52] Cfr. CONC. VAT. II, Decr. Optatam totius, n.6; S.C.PER L'EDUC.
CATT., Ratio fundamentalis, cit., nn.39-41.
[53] Cfr. PAOLO VI, Lett. Encicl. Sacerdotalis caelibatus, cit., p.683,
n.64; CONC. VAT. II, Decr. Optatam totius, n.6.
[54] CONC. VAT. II, Dichiaraz. Gravissimum educationis, n.1.
[55] Cfr. Pio XII, Lett. Encicl. Sacra virginitas, 25 marzo 1954: A.A.S., 46
(1954), pp.183-186.
[56] PAOLO VI, Esort. Ap. Evangelica testificatio, 29 giugno 1971:
A.A.S., 63 (1971), p.515, n.33
[57] Cfr. CONC. VAT. II, Dichiaraz. Gravissimun educationis, n.1; Pio
XII, Allocuz . Magis quam, all'ordine Carmelitano, 23 sett. 1951: Discorsi
e radiomessaggi, XIII , p.256; Lett. Encicl. Sacra virginitas, cit., pp.183-
186.
[58] Cfr. CONC. VAT. II, Dichiaraz. Gravissimum educationis, nn.3, 8;
Cost. past. Gaudium et spes, n.49.
[59] Cfr. CONC. VAT. II, Decr. Optatam totius, n.10; Pio XII , Esort. Ap.
Menti Nostrae, 23 sett. 1950: A.A.S., 42 ( 1950), p.687.
[60] Cfr. CONC. VAT II, Decr. Optatam totius, n.10; S.C.PER L'EDUC.
CATT., Ratio fundamentalis, cit., n.48.
[61] Cfr. PAOLO VI, Lett. Encicl. Sacerdotalis, caelibatus, cit., p.682;
n.63; S.C.PER L'EDUC. CATT., Ratio fundamentalis, n.48.
[62] Cfr. PAOLO VI, Lett. Encicl. Sacerdotalis caelibatus, cit., p.686,
n.73.
[63] Cfr. PAOLO VI, Lett. Encicl. Sacerdotalis caelibatus, cit., p.68o,
nn.58-59; CONC. VAT. II, Decr. Presbyterorum ordinis, n.3.
[64] Cfr. CONC. VAT. II, Decr. Optatam totius, n.11; S.C.PER L'EDUC.
CATT., Ratio fundamentalis, cit., nn.48, 51, 54.
[65] Cfr. PAOLO VI, Lett. Encicl. Sacerdotalis caelibatus, cit., p.684,
n.67
[66] Cfr. PAOLO VI, Lett. Encicl. Sacerdotalis caelibatus, cit., p.684,
n.69; p.686, n.72.
[67] Cfr. PAOLO VI, Lett. Encicl. Sacerdotalis caelibatus, cit., p.684,
n.70.
[68] Cfr. PAOLO VI, Lett. Encicl. Sacerdotalis caelibatus, cit., pp.664-
670, nn.19-34
[69] Cfr. CONC. VAT. II, Decr. Presbyterorum ordinis, n.18.
[70] Cfr. PAOLO VI, Lett. Encicl. Sacerdotalis caelibatus, cit., p.687,
n.75.
[71] PAOLO VI, Lett. Encicl. Sacerdotalis caelibatus, cit., p.684, n.70.
[72] PAOLO VI, Lett. Encicl. Sacerdotalis caelibatus, cit., p.688, n.78

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[73] Cfr. PAOLO VI, Lett. Encicl. Sacerdotalis caelibatus, cit., p.691,
n.86.
[74] Cfr. PAOLO VI, Lett. Encicl. Sacerdotalis caelibatus, cit., p.692,
n.90.
[75] Cfr. CONC. VAT. II, Cost. dogm. Lumen gentium, n.36.
[76] Cfr. CONC. VAT. II, Decr. Optatam totius, n.10.
[77] Cfr. CONC. VAT. II, Decr. Optatam totius, n.10.
[78] Cfr. PAOLO VI, Lett. Encicl. Sacerdotalis caelibatus, cit., p.684,
n.70; p.688, n.78; CONC. VAT. II, Decr. Presbyterorum ordinis, n.16.
[79] Cfr. CONC. VAT. II, Decr. Presbyterorum ordinis, nn.13, 14; PAOLO
VI, Lett. Encicl. Sacerdotalis caelibatus, cit., p.688, n.78.
[80] PAOLO VI, Lett. Encicl. Sacerdotalis caelibatus, cit., p.684 seg.,
n.70.
[81] Cfr. CONC. VAT. II, Cost. dogm . Lumen gentium, n.44.
[82] S.C.PER L'EDUC. CATT., Ratio fundamentalis, cit., n.48 .
[83] S.C.PER L'EDUC. CATT., Ratio fundamentalis, cit., n.95 .
[84] S.C.PER L'EDUC. CATT., Ratio fundamentalis, cit., n.48.
[85] Cfr. PAOLO VI, Lett. Encicl. Sacerdotalis caelibatus, cit., p.688,
n.77.
[86] Cfr. CONC. VAT. II, Decr . Optatam totius, n.10.
[87] CONC. VAT. II, Decr. Perfectae caritatis, n.12.
[88] CONC. VAT. II, Decr. Optatam totius, n.10.
[89] CONC. VAT. II, Decr. Optatam totius, n.5.
[90] Cfr. S.C.PER L'EDUC. CATT., Ratio fundamentalis, cit., n.13.
[91] Cfr. S.C .PER L'EDUC. CATT., Ratio fundamentalis, cit.,
nn.13,14,46,48.
[92] Cfr. CONC. VAT. II, Decr. Perfectae caritatis, n.12.
[93] CONC. VAT. II, Decr. Optatam totius, n.5
[94] Cfr. CONC. VAT. II, Decr. Optatam totius, n.7; S.C.PER L'EDUC.
CATT., Ratio fundamentalis, cit ., n.23
[95] PAOLO VI, Lett. Encicl. Sacerdotalis caelibatus, cit., p.683, n.66.
[96] PAOLO VI, Lett. Encicl. Sacerdotalis caelibatus, cit., p.683, n.66.
[97] Cfr. PAOLO VI, Lett. Encicl. Sacerdotalis caelibatus, cit., p.688,
n.78.
[98] Cfr. PAOLO VI, Lett. Encicl. Sacerdotalis caelibatus, cit., p.684,
n.68; CONC. VAT. II, Decr. Optatam totius, n.11.
[99] Cfr. CONC. VAT. II, Decr. Optatam totius, n.10.
[100] Cfr. S.C.PER L'EDUC. CATT., Ratio fundamentalis, cit., n.54.
[101] Cfr. CONC. VAT. II, Decr. Optatam totius, nn.4, 16; Decr.
Presbyterorum ordinis, n.13.
[102] Cfr. CONC. VAT. II, Decr. Optatam totius, n.8; Decr. Presbyterorum
ordinis, n.18.
[103] Cfr. S.C.PER L'EDUC. CATT., Ratio fundamentalis, cit., n.14.
[104] Cfr. S.C.PER L'EDUC. CATT., Ratio fundamentalis, cit., nn.44-45.
[105] Cfr. CONC. VAT. II, Decr. Optatam totius, n.8 .
[106] Cfr. CONC. VAT. II, Decr. Optatam totius, n.14; S.C .PER L'EDUC.
CATT., Ratio fundamentalis, cit., n.62.
[107] Cfr. CONC. VAT. II, Decr. Optatam totius, nn.16-17; S.C.PER
L'EDUC. CATT., Ratio fundamentalis, cit., nn.76-80.
[108] Cfr. CONC. VAT. II, Decr. Presbyterorum ordinis, n.11; Decr.
Perfectae caritatis, n.12.
[109] Cfr. CONC. VAT. II, Decr. Presbyterorum ordinis, n.11; Decr .

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Perfectae caritatis, n.24.
[110] Cfr. CONC. VAT. II, Decr. Optatam totius, n.8.
[111] Cfr. CONC. VAT. II, Decr. Perfectae caritatis, n.12; cfr. PAOLO VI,
Lett. Encicl. Sacerdotalis caelibatus, cit., pp.688-689, nn.79-80.
[112] CONC. VAT. II, Decr. Presbyterorum ordinis, n.6.
[113] Cfr. S.C.PER L'EDUC. CATT., Ratio fundamentalis, cit., n.46.
[114] Cfr. S.C .PER L'EDUC. CATT., Ratio fundamentalis, cit., n.47.
[115] Cfr. S.C .PER L'EDUC. CATT., Ratio fundamentalis, cit., n.47.
[116] Cfr. PAOLO VI, Lett. Encicl. Sacerdotalis caelibatus, cit., p.666,
n.24.
[117] PAOLO VI, Lett. Encicl. Sacerdotalis caelibatus, cit., p.661, n.13.
[118] Cfr. PAOLO VI, Lett. Encicl. Sacerdotalis caelibatus, cit., pp.661,
667, 668, 669, nn.13-20; 26-30.
[119] Cfr. CONC. VAT. II, Decr. Presbyterorum ordinis, n.14.
[120] Cfr. S C.PER L'EDUC. CATT., Ratio fundamentalis, cit, n.69.
[121] Cfr. CONC. VAT. II, Decr. Optatam totius, nn.3, 19.
[122] Cfr. CONC. VAT. II, Decr. Optatam totius, n.11; S.C.PER L'EDUC.
CATT., Ratio fundamentalis, cit., nn.51, 69.
[123] Cfr. Pio XI, Lett. Encicl. Ad catholici sacerdotii, 20 dic. 1935:
A.A.S., 28 (1936), p.5 segg.; CONC. VAT. II, Decr . Optatam totius, n.2.
[124] Cfr. CONC. VAT. II, Decr. Optatam totius, n.2; S.C.PER L'EDUC.
CATT., Ratio fundamentalis, cit., n.11; CONC. VAT. II, Decr.
Presbyterorum ordinis, n.11; Decr. Ad gentes divinitus , n.19.
[125] Cfr. S.C.PER L'EDUC. CATT., Ratio fundamentalis, cit., n.12.
[126] Cfr . S.C .PER L'EDUC. CATT., Ratio fundamentalis, cit, nn.12, 20,
47, 51, 58, 69, 95.
[127] Cfr . CONC. VAT. II, Decr. Presbyterorum ordinis, n.17.
[128] Cfr. CONC. VAT. II, Decr. Optatam totius, nn.12, 19.
[129] Cfr. CONC. VAT. II, Decr. Optatam totius, nn.19-21.
[130] Cfr. S.C.PER L'EDUC. CATT., Ratio fundamentalis, cit., nn.30-31.
[131] Cfr. CONC. VAT. II, Decr. Inter mirifica, passim; PONT. COMM.
PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI, Istruz. past. Communio et
progressio, 23 maggio 1971: A.A.S., 63 (1971), p.593 segg., passim.