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Don Bosco - I Concili Generali e la Chiesa Cattolica
I CONCILI GENERALI E LA CHIESA CATTOLICA
CONVERSAZIONI TRA UN PAROCO E UN GIOVANE PAROCHIANO PEL SACERDOTE
GIOVANNI BOSCO
TORINO.
TIP. DELL'ORAT. DI S. FRANC. DI SALES.
1869. {1 [1]}
PROPRIETÀ DELL'EDITORE. {2 [2]}
INDEX
Proemio........................................................................................................................................2
Conversazione I. Concili - Loro specie; particolari e generali - Diocesani, provinciali e
nazionali - Condizione perchè un concilio si possa dire generale e legittimo - Chi possa
convocare il concilio generale - Chi abbia diritto d'intervenirvi e dare il voto deliberativo -
Concili apostolici - Utilità dei concili..........................................................................................2
Conversazione II. Il papa è superiore al concilio. - Il papa nelle cose di fede e di morale è
infallibile anche per sè solo. - Nessun papa come papa ha mai errato. - Infallibilità ed autorità
del concilio. - Nei concili non si creano nuovi dogmi. - Le definizioni e le leggi di un concilio
obbligano per se stesse i cristiani. - Testimonianze non sospette in favore dei concili...............9
Conversazione III. Quanti sieno stati i concili generali; breve cenno di ciascuno....................18
Conversazione IV. Del concilio vaticano primo. - Suo scopo. - Sua opportunità. - Gravi
ragioni che mossero il Papa a convocarlo. - Invito fatto ai vescovi scismatici ed ai protestanti.
- Apertura del concilio. - Discussione e modo con cui è infallibile la Chiesa. - Chiusura. -
Preghiera e speranza..................................................................................................................29
Orazione.....................................................................................................................................35
Indice.........................................................................................................................................36
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Proemio
In un villaggio del Piemonte vivono tuttora due giovani fratelli appartenenti ad agiata
famiglia. Il maggiore chiamasi Enrico, Tommaso il minore. Il primo avendo passato alcun tempo
in città ebbe la sventura di darsi alle cattive letture, e frequentare malvagi compagni. Richiamato
in seno alla famiglia non è a dirsi come egli pretendesse di essere sapiente, e qualche cosa di
grosso. Di tutto voleva parlare, {3 [3]} con tutti intavolare questioni. Ma siccome tutta la sua
sapienza l'aveva attinta dai seducenti giornali e dai romanzi, così nelle sue conversazioni
specialmente in materia di religione gettava fuori ad ogni tratto i più madornali spropositi. Le sue
risposte più riscaldate egli bramava tenerle col fratello Tommaso, giovane in sui 18 anni,
d'indole assai faceta, il quale, sebbene non abbia fatto tanti studi quanto Enrico, tuttavia assai
meglio di lui conosce le cose che riguardano la religione. Collo studio del suo catechismo, colla
lettura di buoni libri di cui è amantissimo, coll'assiduità alle istruzioni parochiali Tommaso si
rese capace a rispondere a vari quesiti, e con disinvoltura e chiarezza sciogliere molte difficoltà
che gli faceva il fratello, al quale spesso chiudeva la bocca facendolo arrossire. {4 [4]} Però un
giorno dell'ora scorso inverno Enrico portato il discorso sulla Chiesa e sul prossimo concilio
ecumenico si diede a spropositare orribilmente. Tommaso per un poco seppe rispondergli per le
rime; ma poscia con suo dispiacere soprafatto da un mondo di non mai udite domande e insidiose
interrogazioni rimase imbrogliato. Alla sera di quel giorno istesso il buon giovane quale
pecorella bisognosa di buon pascolo si portò dall'amato prevosto, con cui si tennero le seguenti
conversazioni. {5 [5]}
Conversazione I. Concili - Loro specie; particolari e generali -
Diocesani, provinciali e nazionali - Condizione perchè un concilio si
possa dire generale e legittimo - Chi possa convocare il concilio
generale - Chi abbia diritto d'intervenirvi e dare il voto deliberativo -
Concili apostolici - Utilità dei concili.
Tommaso. Buona sera, signor prevosto, sono venuto a farle una visita. Forse le cagiono
qualche disturbo, ma la sua bontà saprà compatirmi.
Prevosto. Benvenuto, il mio caro Tommaso; qual angelo mai ti conduce da me a
quest'ora?
Tom. È un angelo buono, e credo che sia il mio custode. Sono venuto {7 [7]} a pregarla
che mi voglia dir qualche cosa intorno alla Chiesa e a suoi concili. Tutti vogliono parlare del
concilio che sarà fra breve convocato dal nostro santo padre Pio IX, e da quanto pare non tutti ne
parlano rettamente, esidero di avere in ciò le idee giuste, affinchè in ogni evento possa ancor io
dire la mia ragione senza restare imbrogliato come fui quest'oggi istesso.
Prev. Di buon grado, Masino mio, e il fo assai volentieri, affinchè nel caso che venissi
interrogato tu sappia rispondere a chichessia colla tua solita franchezza.
Tom. Mi farà certamente un benefizio grande.
Prev. Siediti adunque, e dimandami quanto ti aggrada, che io mi adoprerò di appagarti
nel miglior modo possibile.
Tom. Prima di tutto desidererei di sapere precisamente che cosa siano i concili?
Prev. Eccoti la risposta: I concili sono adunanze di vescovi cattolici e {8 [8]} di altri
ecclesiastici per decidere questioni spettanti alla fede, ai costumi e alla disciplina della Chiesa.
Sono di due specie, particolari, e generali od ecumenici1. I particolari altri si dicono diocesani,
altri provinciali, altri nazionali.
1 La parola ecumenico viene da un vocabolo greco che significa l'universo, o la terra abitata. Quindi concilio
ecumenico od universale è quello a cui sono invitati i vescovi di tutu la terra.
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Tom. Oh! oh! quanti. Non sapeva ancora che ve ne fossero di tante specie. Bramerei di
sapere la differenza che passa tra gli uni e gli altri.
Prev. Ascolta. Il concilio o sinodo diocesano è l'adunanza dei parochi di una diocesi
convocata e presieduta dal vescovo della medesima. Il provinciale è quello al quale convengono i
vescovi di una provincia ecclesiastica presieduto dal metropolitano, ossia è l'adunanza composta
dell'arcivescovo co'suoi suffraganei. Tra i quali concili diocesani e provinciali sono celebri {9
[9]} quelli tenuti da s. Carlo Boromeo arcivescovo di Milano. Il concilio nazionale poi è
l'adunanza dei vescovi di una nazione presieduti dal patriarca o dal primate. Di questi se ne
celebrarono molti in Roma sotto ai papi, i quali oltre all'essere pastori supremi di tutta la Chiesa
sono ancora patriarchi di Occidente, e primati d'Italia. Finalmente il concilio generale od
ecumenico è l'adunanza di tutti i vescovi del mondo cattolico, convocato dal romano pontefice
per decidere sotto la sua approvazione le questioni di fede, di morale, di disciplina. Ecco quale
differenza passi tra gli uni e gli altri.
Oltre a questa un'altra differenza avvi ancora tra il concilio generale e il particolare, ed è
che il generale può fare leggi obbligatorie per tutta la Chiesa, ed ha un'autorità suprema ed
infallibile per quello che riguarda alla fede ed ai costumi, ed alla disciplina. Al contrario il
concilio particolare non può estendere le sue ordinazioni oltre alla diocesi, provincia o nazione
per {10 [10]} cui si celebra, e non gode per se stesso un'autorità infallibile.
Tom. Sono contento di queste notizie. Ora vorrei sapere quali condizioni si richieggano,
perchè un concilio si possa dire ecumenico e legittimo.
Prev. Perchè un concilio si possa dire ecumenico e legittimo si richiedono quattro
condizioni:
1a Che sia convocato dal papa o col consenso di lui;
2a Che per quanto si può e lo permette la distanza del luogo siano invitati tutti i vescovi di
tutto l'orbe cattolico;
3a Che il papa vi presieda o in persona o per mezzo dei legati;
4a Che il papa approvi e confermi quanto vi fu stabilito e decretato. Ho detto: per quanto
si può siano invitati tutti i vescovi, perchè non è necessario che v'intervengono personalmente
tutti, la qual cosa sarebbe anche impossibile ad ottenersi per molte ragioni. Quindi ancorchè vi
mancassero i vescovi di una provincia intiera {11 [11]} o di parecchie nazioni, tuttavia un
concilio sarebbe ecumenico egualmente e legittimo, qualora il papa colla sua autorità suprema
come tale lo approvasse e lo proponesse ai fedeli.
Tom. Ma è proprio necessario che il concilio generale sia convocato dal papa? A dirla
chiara, oggi soltanto o udito a dire che anticamente i concili erano convocati e presieduti dagli
imperatori.
Prev. Mio caro Tommaso, tieni a mente che soltanto al papa si appartiene per divino
diritto il convocare un concilio ecumenico, perchè egli soltanto come maestro e giudice di tutti i
cristiani conosce se vi è necessità di convocarlo o no. Solamente al papa appartiene questo
diritto, perchè egli solo come pastore dei pastori può comandare ai vescovi di tutto il mondo di
portarsi dove i bisogni della Chiesa universale lo esigono. Al papa e non ad altri Gesù disse nella
persona di Pietro: pasci i miei agnelli, pasci le mie pecore, cioè commise la cura di tutto il
gregge; dunque al papa soltanto {12 [12]} si appartiene per diritto divino il convocare un
concilio generale, che appunto è diretto all'ammaestramento, al bene dei fedeli tutti.
In quanto poi agli imperatori e principi temporali essi certamente non hanno diritto
alcuno di convocare concila nè generali nè particolari. Difatto i concilii, come ti ho detto, si
celebrano per cause di religione, per decidere quali sono le verità da credere e da praticare dai
cristiani. Ciò posto noi sappiamo che Gesù Cristo non diede ai principi questa incombenza; Gesù
non ha detto ai principi secolari: Andate, ammaestrate tutte le genti. Queste parole il divin
Redentore disse solamente agli apostoli, i quali avevano per loro capo s. Pietro primo papa, e
nella loro persona le disse a tutti i loro successori sino alla fine del mondo, cioè finchè vi siano
uomini da istruire e da salvare.
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Tom. Capisco che al papa soltanto si appartenga il diritto di convocare concili generali e
quindi di presiedervi; ma ella non mi ha ancor detto {13 [13]} se sia vero o no che anticamente i
concili fossero convocati dagli imperatori.
Prev. Attendi e saprai anche questo. Non è vero che anticamente i concili fossero
convocati dagli imperatori. Nei tre primi secoli della Chiesa gli imperatori pagani ben lungi dal
convocare concili pel bene della Religione cristiana mossero anzi sanguinose persecuzioni contra
di lei per distruggerla se fosse stato possibile. Perciò durante tutta quell'epoca, cioè dal principio
della Chiesa sino a Costantino il grande, il primo tra gli imperatori romani che abbia abbracciata
e professata la religione di Gesù Cristo, sebbene siansi celebrati circa quaranta concili particolari,
molti dei quali anche numerosissimi, niun principe pensò mai d'immischiarsene. La questione
adunque si riduce nel sapere se abbiano convocato e presieduto i concili gli imperatori cristiani.
Ecco adunque come stanno le cose a questo riguardo. Gli imperatori cristiani illuminati dalla
vera religione, sapendo essere loro {14 [14]} dovere di usare i mezzi che la divina provvidenza
pose loro in mano pel bene materiale e spirituale, temporale ed eterno dei loro sudditi; d'altra
parte conoscendo per esperienza che gli eretici coi loro errori turbando la Chiesa venivano in pari
tempo a turbare la tranquillità dell'impero, solevano pregare i papi che volessero colla loro
apostolica autorità radunare concili, e così meglio provvedere al bene della Chiesa e dello stato.
Il papa osservato se veramente fosse conveniente una solenne radunanza di vescovi, e vedutone
il bisogno o la convocava egli medesimo, oppure lasciava che l'imperatore la convocasse egli
stesso a nome della santa Sede, concedendogliene intanto la opportuna facoltà. Questa
concessione i papi la facevano in vista dei materiali servigi che alla Chiesa prestavano quei
piissimi principi, i quali per lo più sottostavano poscia alla spesa del viaggio dei vescovi,
provvedevano al loro alloggio e mantenimento, adoperandosi in questa guisa, onde venire in
aiuto alla Chiesa. Questo {15 [15]} e non altro facevano talora gli imperatori cristiani riguardo
alla convocazione dei concili. Che se qualche principe avesse voluto arrogarsi una si fatta
autorità a dispetto del papa, veniva meritamente condannato, e tenuto come un usurpatore dei
divini diritti. Il grande Osio vescovo di Cordova nella Spagna così fin dal quarto secolo
sfolgorava l'imperatore Costanzo che pretendeva d'ingerirsi nei sacri concili: «Non ci dare
comandi in questo genere di cose, gli diceva, ma tu apprendile da noi: a te Iddio affidò l'impero,
a noi il governo della Chiesa.»
Tom. Ora sono soddisfatto; ma se è fuor di dubbio che i principi secolari non hanno
diritto di convocare concili, mi pare almeno che lo abbiano d'intervenirvi. Dico bene?
Prev. Così non è, caro Tommaso; i principi non hanno diritto di convocare concili, nè di
presiedervi, nè d'intervenirvi, perchè Gesù Cristo affidò il governo della sua Chiesa ai pastori
della medesima, e non ai sovrani {16 [16]} temporali. Solamente ai sacri pastori Gesù volse
queste parole: «Andate, ammaestrate tutte le genti, insegnando loro ad osservare tutte quelle cose
che io vi ho comandate1.» Solamente ai sacri pastori s. Paolo dirige le seguenti parole. «Badate a
voi stessi e a tutto il gregge, di cui lo Spirito Santo vi ha costituiti vescovi per reggere la Chiesa
di Dio2
Tom. Ma ella, sig. prevosto, non può negare che spesso i principi siano intervenuti ai
concili, e che nel medesimo concilio di Trento v'intervennero per mezzo dei loro legati.
Dunque... Per altra parte sembra che abbiano un po'di ragione d'intervenirvi, poichè nei concili si
trattano cose riguardanti ai loro sudditi.
Prev. Non confondiamo una cosa coll'altra, caro mio, poichè altro è intervenire al
concilio per diritto, altro è intervenirvi per grazia, per privilegio concesso dalla Chiesa per giusti
{17 [17]} motivi, ed anche in questo caso non già per giudicare e definire come vescovi, ma per
assistere e dare protezione. Nel primo concilio generale per es. v'intervenne bensì l'imperatore
Costantino, ma non già per sedervi e definire qual vescovo. Egli v'intervenne per onorare e
proteggere la verità, non già per proporre e deliberare come giudice. Anzi egli medesimo
dichiarò pubblicamente di non aver diritto alcuno d'immischiarsi in cose di religione; e per
1Matt. XXVIII.
2Att. XX, 28.
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indicare la grande differenza che passa tra lui e i vescovi che componevano il concilio, ben lungi
dal presiederlo volle sedere in luogo più basso1. Egli sottoscrisse pur anche, ma dove i vescovi
sottoscrissero definendo, egli invece sottoscrisse di adesione e consentimento, offrendo l'aiuto
del suo braccio per fare eseguire i decreti che il concilio aveva formati. Così fecero pure gli altri
principi quando per concessione della santa Sede intervennero ai sacri concili. {18 [18]} Quindi
conchiudo: se talora i principi secolari furono presenti ai concili lo furono non per diritto proprio,
ma per privilegio; e in oltre il loro intervento non fu mai un atto di autorità, ma un atto di
devozione.
In quanto poi all'altra tua osservazione, vero è che in queste sacre adunanze si trattano
cose che riguardano ai loro sudditi; ma per questo non ne deriva già ai principi il diritto di
prendere parte alle medesime. In questo caso dovrebbero intervenire tutti i padri di famiglia; anzi
dovrebbero intervenire tutti i cristiani, perchè nei concili si trattano cose loro spettanti; ma ciò è
assurdo. Pertanto nei concili è vero si trattano cose che riguardano ai sudditi dello stato; ma
queste cose riguardano al bene spirituale, riguardano alla morale, alla religione, la cui
amministrazione è totalmente affidata al capo della Chiesa e agli altri sacri pastori. Quindi io
dico che siccome la dignità reale per grande che ella sia non fa si, che un principe secolare
diventi uno di {19 [19]} quei sacri pastori che Gesù Cristo pose a governare la sua Chiesa; così
ogni principe resterà pur sempre compreso nella Chiesa discente, cioè fra i semplici fedeli, il cui
dovere non è già d'insegnare, ma d'imparare, e quindi non potrà giammai pretendere il diritto di
aver parte ai sacri concili. I principi per quanto sta in essi devono far osservare dai loro sudditi i
decreti e i precetti dei sacri concili, e a seconda di questi formare le loro leggi, regolare la loro
condotta; questo si è di loro spettanza, di loro dovere; il resto no.
Tom. Va tutto bene; ma i principi non invitati al concilio non potrebbero impedire che i
vescovi loro sudditi vi si recassero?
Prev. Nossignore; niun uomo del mondo deve impedire un vescovo di compiere i suoi
doveri verso Dio e verso la Chiesa, quali sono i doveri dei vescovi quando intervengono ai
concili; niun uomo del mondo può in coscienza impedire ad un vescovo l’esercizio di un diritto
ricevuto da {20 [20]} Dio, e se ciò facesse abuserebbe del suo potere. Nei primi secoli tra i
principi che impedirono ai vescovi di congregarsi fuvvi l'imperatore Licinio2. Ma sai chi era
costui? Un persecutore, un carnefice dei cristiani.
Tom. Ma non sarebbe cosa conveniente che i principi cattolici vi fossero invitati?
Prev. Se vi sia o no questa convenienza tocca ai papi il giudicare. Per es. il nostro santo
padre Pio IX al concilio ecumenico che convocò per quest'anno in Roma non credette bene
d'invitare alcun principe. In ciò il papa ebbe i suoi motivi, e noi con tutto il cuore li dobbiamo
venerare; tuttavia io credo che, se i principi d'oggidi dimandassero d'essere accolti nel concilio
come i buoni principi dei tempi andati, non riceverebbero una ripulsa3. {21 [21]}
Tom. Non posso a meno che convenire con lei. Ora vorrei sapere quali persone hanno
diritto d'intervenire ai concili e dare il loro voto.
Prev. Ti appagherò brevemente. Hanno diritto, anzi sono obbligati d'intervenire al
concilio tutti i vescovi cattolici, che hanno giurisdizione, ossia tutti i vescovi che hanno una
chiesa, una diocesi da governare. Questi perciò pel medesimo diritto divino quali membri della
Chiesa insegnante e ordinari maestri del popolo cristiano hanno nel concilio voto deliberativo,
cioè definitivo come veri giudici. Perocchè è evidente nella sacra Scrittura {22 [22]} che ai soli
pastori e dottori venne concesso l'uffizio di determinare quello che sia da credere e da praticare
dal popolo cristiano. Ora lo Spirito Santo a farla da pastori non ha posto nella sua Chiesa se non i
1Socrat. Storia Eccl. lib. I, cap. 8.
2Euseb. Vita di Costant.
3Anzi essi dovrebbero porgere alla Chiesa questa dimanda, e intanto adoperarsi in tutti i modi possibili per la
celebrazione, e felice riuscita del prossimo Concilio, come ne mostrò speranza il Pontefice nella sua lettera di
convocazione. Questo sarebbe un buon mezzo per riparare a'danni che furono cagionati alla religione in questi ultimi
tempi. Perfino l'imperatore dei Birmani ancor pagano avendo udito che quest'anno Pio IX radunava un concilio in
Roma, ne fu contento, e disse di voler fare le spese di viaggio ai vescovi del suo Stato, e far dei regali. Se così fanno
i principi pagani non dovremmo aspettarci di più dai principi cristiani?
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vescovi: «Provvedete a voi e a tutto quanto il gregge, nel quale lo Spirito Santo vi ha costituiti
vescovi a reggere la Chiesa di Dio.» Quindi i vescovi per divino diritto e con sentenza decisiva
definiscono le cose che nei concili si trattano.
Per diritto umano poi, ossia per privilegio v'intervengono e vi assistono anche con voto
deliberativo i cardinali che non siano vescovi, siccome quelli che compongono il maggior senato
della Chiesa; gli abati solennemente benedetti, e i generali degli ordini religiosi.
In quanto ai semplici sacerdoti è consuetudine di ammettere quelli che per la loro dottrina
sono creduti giovevoli alle indagini che si devono fare, ma non già per giudicare, sì per disputare
e chiarire le materie, o per qualche altro utile ministero; quindi {23 [23]} v'intervengono non con
voto deliberativo, ma solo consultivo. - Finalmente ad onore e protezione sogliono comparire i
principi, e più spesso i loro ambasciatori, quando però ne abbiano ricevuto l'invito dal sommo
Pontefice.
Tom. Signor prevosto, queste sue istruzioni m'illuminano davvero: veggo proprio a farsi
luce nella mia mente. Continui adunque, e se non le rincresce mi dica qualche cosa del primo
concilio che si celebrò nella Chiesa. Desidererei tanto di sapere quando fu celebrato, da chi, per
qual motivo, ecc. ecc.
Prev. Ben volentieri entro a parlarti del primo concilio, il quale fu sempre giudicato come
il modello di tutti i concili che siansi poscia celebrati nella Chiesa. Ma prima di tutto sappi che i
concili sono d'instituzione divina tanto nell'antica quanto nella nuova legge, voglio dire, è Iddio
che li ha instituiti. Gli Ebrei avevano il loro sinedrio, o gran concilio, composto di settanta
personaggi, i quali avevano {24 [24]} l'autorità d'interpretare la legge e di fissarne il senso1.
Iddio stesso aveva comandato a Mosè di stabilire questo concilio. Senti come gli parlò
Iddio:«Radunami settanta uomini d'Israele da te conosciuti come anziani e maestri del popolo, e
li condurrai alla porta del Tabernacolo dell'alleanza, e farai che si fermino ivi con te; ed io
scenderò e ti parlerò, e prenderò del tuo spirito e lo darò ad essi, affinchè teco sostengano il peso
del popolo2.» Gesù Cristo supremo legislatore, venuto a perfezionare quello che Mosè aveva
incominciato stabilì pure nella sua Chiesa un senato, che ha diritto di giudicare in materia di
religione, senato fornito di più nobili prerogative che non quello di Mosè. Questo senato o
concilio, composto da prima dagli apostoli con s. Pietro a capo, sussiste tuttora, e sussisterà sino
alla fine del mondo, formandosi del papa, che è il legittimo successore di s. Pietro, {25 [25]} e
dei vescovi cattolici che sono i legittimi successori degli Apostoli. Questo senato costituisce la
Chiesa insegnante, così detta per distinguerla dalla Chiesa discente od imparante, composta del
rimanente dei cristiani, il cui ufficio non è già d'insegnare, ma solo d'imparare. Ciò premesso,
eccomi al primo concilio.
Gli apostoli che conoscevano appieno le intenzioni di Gesù Cristo cominciarono fin dai
loro tempi a celebrare concili nelle questioni di maggiore importanza. Tre difatto ne celebrarono.
Il primo poco dopo l'Ascensione di Gesù Cristo fu celebrato in Gerusalemme nell'anno 33
coll'intervento di circa 120 tra discepoli ed apostoli. Ivi il vicario di G. C., il pontefice s. Pietro
esercitò il primo atto di giurisdizione nella elezione di s. Mattia, sostituito al traditore Giuda
Iscariote. - Il secondo egualmente in Gerusalemme e nello stesso anno fu celebrato da s. Pietro
cogli altri apostoli e discepoli per proporre la elezione dei sette diaconi. - Il terzo {26 [26]} fu
pure nella medesima città tenuto da s. Pietro con altri apostoli e pastori della Chiesa l'anno 51 di
Gesù Cristo.
Tom. Mi scusi, signor prevosto, se la interrompo. Si vede proprio che la materia non le
manca. Mi disse da prima di parlarmi di un solo concilio, e poi me ne spiffera tre senza
incomodarsi. Ma siffatte notizie dove mai si trovano?
Prev. Di questi tre concili apostolici si parla chiaramente nella sacra Bibbia, nel libro
intitolato: Atti degli Apostoli. I due primi li ho accennati di passaggio, e solo perchè mi si
presentava occasione di parlartene. Ma fo conto di fermarmi alquanto più a lungo sul terzo, il
quale è il più solenne, e che da molti è considerato pel primo ecumenico.
1Deut. XVII, 8.
2Num. XI, 16.
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Tom. Mi parli adunque di questo ultimo, poichè non veggo il momento di averne una
compiuta notizia.
Prev. Eccola dunque: L'anno 51 di G. C. Pietro per ordine dell'imperatore Claudio
essendo stato da Roma {27 [27]} esiliato insieme con tutti gli altri che vi dimoravano, ritornò a
visitare la Chiesa di Gerusalemme. Mentre egli trovavasi in questa metropoli della Palestina
sorse in Antiochia una gravissima questione. Alcuni Giudei seguendo l'eresia di Cerinto
pretendevano che il Messia fosse stato mandato solo pel popolo ebreo, e che quanti gentili
volessero farsi cristiani dovessero cominciare dal rendersi ebrei ed osservare le cerimonie legali,
come la circoncisione, e altre. I gentili per altra parte asserivano il contrario, e persuasi che per
salvarsi bastava la fede in G. C. animata dalla carità, dicevano che i riti mosaici non erano più
necessari, e perciò non volevano osservarli. Intanto avveniano gravi dissapori tra i cristiani dei
due popoli; anzi successe una vera sedizione. Gli apostoli Paolo e Barnaba si provarono di
comporre le cose, ma non fu possibile. In tanto frangente che cosa si fa? Si decide che Paolo e
Barnaba si portino in Gerusalemme a consultare su ciò il capo della Chiesa, e averne il {28 [28]}
parere. Pietro, compreso lo stato della questione, quantunque potesse decidere di propria autorità
credette bene di convocare a concilio gli altri apostoli e primari pastori della Chiesa, che si
potessero avere, e così fece. Il concilio si radunò per ordine di Pietro, e la questione viene
diligentemente esaminata e discussa dagli apostoli e dai seniori. In fine Pietro alzatosi in mezzo
all'assemblea profferisce la sua sentenza, e definisce non essere più necessaria l'osservanza della
circoncisione, e tanto gli ebrei quanto i gentili poter ottenere la salute eterna per la grazia di Gesù
Cristo. «Voi sapete, egli disse, che a me è stato affidato dal Signore che i popoli abbiano a udire
dalla mia bocca la verità: ebbene io definisco che per salvarsi basta la grazia del N. S. G. C, e
che non si deve imporre ai discepoli un giogo, che i nostri padri medesimi stentarono a portare.»
Alle parole di Pietro tacque tutta la moltitudine: tacuit omnis moltitudo. Tacque in segno di
riverenza, di assenso, di sottomissione. {29 [29]} Tacque, perchè quando Pietro ha parlato la
questione è finita. Paolo e Barnaba confermano la sentenza di Pietro, come pure gli altri apostoli,
fra cui s. Giacomo vescovo della città. Questi a fine di ottenere più presto la desiderata unione tra
i due popoli ebreo e gentile propone che per qualche tempo sia ordinato ai cristiani venuti dal
gentilesimo di astenersi dal mangiare cose sacrificate agli idoli, dalle carni soffocate e dal
sangue, cose tutte dagli ebrei sommamente abborrite. Il giudizio di Pietro così da s. Giacomo
confermato piacque a tutti; perciò di comune accordo il concilio determina di eleggere persone
autorevoli da mandare in Antiochia con Paolo e Barnaba. A questi in nome del concilio sono
consegnate lettere1, nelle quali tra le altre cose dicevasi, che la decisione presa dal concilio era da
attribuirsi allo Spirito Santo: Parve allo Spirito {30 [30]} Santo e a noi»: Visum est Spiritui
Sancto et nobis2.
Ecco il modello, come già ti diceva, di tutti i concili della Chiesa. Tu vedi in questo
concilio essersi praticate quelle cose, che ti venni finora esponendo. Vedi un'assemblea di pastori
della Chiesa, un'assemblea, a cui punto non s'immischiano i principi secolari; un'assemblea non
da altri convocata che dal papa, non da altri presieduta che dal papa; un'assemblea, nella quale
sono giudici i vescovi pastori della Chiesa e non altri; un'assemblea in cui dopo essersi
diligentemente esaminata la questione, il papa pronunzia distintamente la sua sentenza, la quale
viene accolta con gioia in Gerusalemme, in Antiochia, dappertutto, quale oracolo infallibile dello
Spirito Santo.
Tom. Non posso esprimere con parole la contentezza che io provo nell'udir queste cose.
Ma, per Diogene, perchè non le hanno messe nel mio {31 [31]} catechismo, che a quest'ora io le
avrei già lette e studiate?
Prev. Masino mio, non è mica necessario che tutti i cristiani studiino queste cose. Basta
che le studiino i sacerdoti, che sono i maestri del popolo. Voi poi, quando vi occorrono dubbi o
questioni di religione, potete ricorrere ai sacerdoti e specialmente ai paroci, che sono appunto i
1Da queste ebbero origine le lettere così dette encicliche o circolari, che i papi spediscono tuttora alle chiese
cattoliche.
2Att. XV.
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sacri ministri, destinati dalla divina Provvidenza ad ammaestrare i fedeli cristiani nella fede. Del
resto si frequenti la parola di Dio, le istruzioni parochiali, si leggano, oppure si sentano a leggere
buoni libri e fogli cattolici, e saprete quanto è necessario. Ah! se tutti i cristiani facessero così,
certamente non si udirebbero tra loro tanti spropositi, nè questi si crederebbero con tanta facilità
a danno della fede. Ma torniamo in breccia. Non avresti più nessuna dimanda a farmi sui concili?
Tom. Nessuna? anzi un sacco. E primieramente, crede lei che i concili siano molto utili?
{32 [32]}
Prev. Li credo utilissimi per molte ragioni. Dio li ha ordinati; anzi Gesù Cristo assicurò
loro una speciale assistenza: «Dove sono due o tre raccolti in nome mio, egli disse, io mi trovo in
mezzo a loro1.» È d'uopo adunque di credere, che i concili sono utili, perchè Dio non comanda, e
Gesù Cristo non protegge le inutilità. - I concili sono utili, perchè la Chiesa fin dai primi tempi, e
gl'apostoli stessi li hanno celebrati. Se gli apostoli e la primitiva Chiesa avessero creduti inutili i
concili non si sarebbero certamente assoggettati ai disturbi, alle pene, ai disagi grandi che porta
sempre con sè la celebrazione di un concilio specialmente generale, e nei tempi passati, quando
non vi erano ancora le comodità di viaggiare, come oggidì. - Sono utili i concili specialmente gli
ecumenici perchè, godendo del privilegio dell'infallibilità, fanno conoscere con sicurezza {33
[33]} quale sia la fede e la dottrina di Gesù Cristo, condannano più solennemente gli errori ad
essa contrari, preservano con maggior efficacia i fedeli dagli inganni e dalle seduzioni degli
eretici. - Sono utili perchè i vescovi conferendo insieme i loro consigli, e facendo ben conoscere
i bisogni dei fedeli alle loro cure affidati, possono essere di aiuto gli uni agli altri per formare
delle sapientissime leggi, capaci a promuovere ognora più la gloria di Dio, la santità dei costumi,
la salute delle anime. - Sono utili perchè servono ad instillare nel cuore di quelli che vi prendono
parte, che sono i primi pastori della Chiesa, un più ardente zelo nel predicare poscia, e inculcare
ai rispettivi fedeli quelle verità e quelle leggi definite e promulgate da tutti insieme. - Sono utili i
concili specialmente ai tempi nostri, perchè, oltre al porre un argine al male che irrompe da tutte
parti, mettono ancora sott'occhio ai nemici della Chiesa cattolica l'unione ammirabile e la {34
[34]} forza dell'intiero episcopato col papa suo capo, facendolo vedere quale esercito schierato in
battaglia imperterrito e formidabile, e così cooperano a togliere dalla loro testa la folle idea di
potere giammai abbattere la Chiesa di Gesù Cristo. In una parola, sono utili i concili per
consolare i buoni, illuminare i ciechi, confortare i deboli, atterrire i tristi. -
Tom. La mi scusi, signor prevosto; ma non potrebbe il Papa fare da sè tutto quello che
suol farsi in un concilio, definire, condannare, far leggi e simili? Se è così, che necessità dei
concili?
Prev. Quando io dico che i concili sono utili, anzi utilissimi, non intendo già di affermare
che essi siano assolutamente necessari, cioè non intendo di asserire che nella Chiesa non si possa
far senza di essi. Certamente non avvi controversia di fede, di morale, o di disciplina per quanto
astrusa ella sia, la quale non si possa definire senza concilio. Dico perciò che i concili sono utili
per lo {35 [35]} ragioni che ti addussi; anzi qualche volta avuto riguardo a gravi circostanze, si
dice possono essere eziandio quasi necessari, ma necessari assolutamente non mai. È d'uopo
adunque distinguere la necessità dalla utilità. Una cosa può essere vantaggiosa ed utile, senza che
sia necessaria. Dimmi un poco: per giungere a un dato paese è forse cosa vantaggiosa ed utile
viaggiare per vapore? Oh! sì certamente. Ma è forse necessaria? no, perchè vi si può giungere
egualmente ed anche con sicurezza viaggiando in vettura, oppure a piedi. Il motivo poi per cui i
concili non sono di assoluta necessità è appunto quello che tu accennavi, cioè perchè il papa
supremo pastore di tutti i cristiani può fare da sè solo tutto quello che può fare un concilio anche
generale. Che il papa possa fare da sè risulta chiaramente dalla sacra Scrittura. Da questa consta
difatto che il papa anche da solo ha ricevuto da Gesù Cristo la pienezza dei poteri. «Io ti darò le
chiavi del {36 [36]} mio regno, gli disse il Signore, e tutto ciò che legherai e scioglierai sulla
terra sarà legato e sciolto anche nel Cielo2.» Al papa Gesù Cristo commise la cura di tutto il
1Matt. XVIII, 20.
2Matt. XVI, 20.
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gregge: «Pasci i miei agnelli, gli disse, pasci le mie pecorelle1;» ed affinchè egli potesse ben
compiere questo sublime ufficio lo assicurò del dono d'infallibilità nei suoi insegnamenti: «Io ho
pregato per te, affinchè non venga meno la tua fede2.» Per la qual cosa quando insorgesse una
questione di fede o di morale, e che il Papa credesse bene di definirla da sè senza congregare un
concilio, egli non solamente ha diritto di farlo, ma la sua decisione dovrebbe essere rispettata
quale un oracolo di Dio stesso, quale verità infallibile. Hai capito?
Tom. Ho capito tutto, signor prevosto, e ne la ringrazio infinitamente. Così fa piacere.
Ella dice le cose {37 [37]} chiare e la si farebbe intendere anche da un bambolo. Altre cose avrei
ancora da dimandarle a proposito dei concili; ma veggo che l'ora è già tarda, ed io voglio recarmi
a casa, per non lasciare in pena le mia buona madre. Per altra parte, non vorrei poi anche stancare
di troppo la pazienza del mio buon prevosto. Se lei è contenta ritornerò domani.
Prev. Contento, anzi contentissimo, Masino caro; vieni pure e sarai soddisfatto.
Tom. A rivederci dunque, signor prevosto. Buona sera e felice notte.
Prev. Altrettanto a te, caro giovane, Dio ti accompagni. {38 [38]}
Conversazione II. Il papa è superiore al concilio. - Il papa nelle cose di
fede e di morale è infallibile anche per sè solo. - Nessun papa come
papa ha mai errato. - Infallibilità ed autorità del concilio. - Nei concili
non si creano nuovi dogmi. - Le definizioni e le leggi di un concilio
obbligano per se stesse i cristiani. - Testimonianze non sospette in
favore dei concili.
Tom. Eccomi qua, signor prevosto. Sta sera voglio farla disperare.
Prev. Io non mi dispero mai, e tanto meno con un giovane docile, come tu sei, il quale se
per avventura può avere nella testa storte idee le abbandona tostochè per tali le conosce.
Cominciamo adunque le nostre conversazioni sui concili.
Tom. Anzitutto, signor prevosto, desidererei di sapere se il papa sia {39 [39]} superiore al
concilio, oppure se il concilio sia superiore al papa.
Prev. Ti rispondo distinguendo: Se il concilio o meglio se quello che fu stabilito nel
concilio non è ancora confermato dal papa, in questo caso il papa rimane ancora sempre
superiore al concilio stesso. Imperocchè è soltanto il papa che colla sua conferma comunica al
concilio nelle cose di fede e di morale l'infallibilità e gli fa godere nella Chiesa un'autorità
suprema. Perciò finchè questa approvazione non è data, il papa resta tuttora nella Chiesa
l'autorità somma, superiore ad ogni altra. Se poi il concilio fosse già stato confermato dal papa
allora alla tua domanda debbo rispondere, che in questo caso il concilio è superiore al papa nelle
cose di fede e di morale. La cosa non può essere altrimenti, perchè dopo che il papa unendo il
suo giudizio a quello dei vescovi dichiarò con voce infallibile che una data verità è rivelata da
Dio, allora la voce del concilio si fa voce dello {40 [40]} stesso Spirito Santo; allora non è più
lecito a nessun uomo del mondo il credere altrimenti, e quindi lo stesso sommo pontefice è
obbligato a sottomettervisi. In questo caso però piuttostochè dire essere il papa inferiore al
concilio, meglio si direbbe che il papa è inferiore a Dio, essendo la sentenza di un tale concilio
sentenza di Dio stesso. Tuttavia nelle cose che non riguardano la fede, ma solo la disciplina,
sebben stabilite da un concilio generale e confermate dal papa, tuttavia, dico, il Papa per questo
lato rimane sempre superiore al concilio, e perciò può cangiarle, abrogarle, secondo i bisogni dei
fedeli, e le circostanze dei tempi.
Tom. Ho capito. Ora un'altra dimanda ho da farle. Se in qualche questione di fede o di
morale il papa ed i vescovi non andassero d'accordo, in questo caso il giudizio del solo Papa
sarebbe egli da più che il giudizio di tutti i vescovi senza di lui?
1Giov. XVI, 15 e segg.
2Luc. XXII, 32.
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Prev. Ti fo notare primieramente che è impossibile ad accadere che in {41 [41]}
controversia di fede o di morale tutti i vescovi del mondo o dispersi o raccolti siano discordi dal
papa, oppure, ciò che è lo stesso, è impossibile a succedere che in sifatte questioni il giudizio del
papa sia solo ed isolato, diverso da quello di tutti i vescovi. Un simile fatto non è ancora
accaduto dacchè è la Chiesa, nè accadrà mai, perchè contrario alle promesse di Gesù Cristo. Il
solo caso possibile e talvolta avvenuto si è quello di vedere il pontefice con un numero di
vescovi da una parte, ed un numero di vescovi senza il pontefice dall'altra; ma il caso supposto
nè avvenne, nè avverrà.
Tom. Ma supposto che avvenisse, a quale delle due parti si darebbe la preferenza?
Prev. Supposto che ciò avvenisse, ti dico chiaro e netto che ognuno dovrebbe dare la
preferenza al papa, e al suo giudizio pienamente assoggettarsi. La ragione di questo è forte e
incontrastabile. Imperocchè Gesù Cristo ha dato al papa sì grande autorità, {42 [42]} che egli
nella Chiesa può fare da sè senza aver bisogno di dipendere da chicchesia; gli diede tali poteri
che lo rendono da più che tutti i vescovi insieme. Difatto Gesù Cristo fra i dodici apostoli parlò a
s. Pietro in particolare; lui solo e non altri costituì pietra fondamentale della sua Chiesa; a lui
consegnò le chiavi del suo regno, come ad unico padrone di casa; diede a lui in particolare e
separatamente dagli altri apostoli la potestà di sciogliere e di legare, cioè di perdonare o
condannare, di comandare o proibire quanto e come avesse creduto meglio, assicurando ad un
tempo che i suoi giudizi, i suoi atti sarebbero stati confermati in Cielo. A s. Pietro soltanto diede
l'incarico di pascolare gli agnelli e le pecore, cioè i fedeli tutti non esclusi i pastori; lui solo
munì del dono dell'infallibilità, dicendo che la sua fede non sarebbe venuta meno; e perciò
ancora a lui solamente raccomandò di conservare e confermare nella medesima i suoi fratelli,
confirma fratres {43 [43]} tuos. Tutti questi poteri e privilegi siccome sono stati da Gesù Cristo
conceduti a s. Pietro per l'unità e solidità della sua Chiesa, pel bene di tutti i fedeli, così dovettero
trasmettersi ai suoi successori, che sono i papi, e questa trasmissione da un papa all'altro deve
farsi finchè duri la Chiesa stessa, finchè vi siano degli uomini da salvare, cioè fino alla fine del
mondo. Laonde tu vedi che il papa anche da solo gode tale e tanta autorità da poter fare senza
dipendere da alcuno; ciò che non può dirsi nè farsi non solamente da qualcuno de'vescovi, ma
nemmeno da tutti riuniti insieme; e perciò ripeto che nel caso di disparità di giudizio tra i vescovi
e il papa sì deve dare la preferenza al papa.
Tom. Mi scusi, signor prevosto, ma questo mi pare un po'troppo, perchè in fin dei conti se
i papi sono successori di Pietro, ed eredi perciò dei suoi poteri, i vescovi sono alla loro volta
successori degli apostoli ed eredi pur anche dei loro diritti e prerogative. {44 [44]} Ciò posto, a
me sembra di avere udito a dire che Gesù Cristo diede anche al collegio apostolico la potestà di
sciogliere e di legare, e gli fece pur molte promesse. Promise per esempio che sarebbe sempre
stato con loro; promise lo Spirito Santo, il quale avrebbe loro insegnato tutte le verità. Non è egli
vero? Dunque si deve dire che in autorità se tutti i vescovi insieme non sono da più, sono almeno
uguali al papa.
Prev. Si, Gesù Cristo diede anche a ciascuno degli apostoli la potestà di sciogliere e di
legare; fece pure al collegio apostolico, che rappresentava la Chiesa insegnante, delle grandi
promesse; ma ciò non ostante non si può dedurre che i vescovi successori degli apostoli siano
superiori od eguali al papa. Per ben comprendere questo bisogna badare a queste quattro cose:
1° Gesù Cristo non diede agli altri apostoli la facoltà di sciogliere e di legare se non
quando l'ebbe già conferita separatamente e con pienezza al solo Pietro, e ciò per indicare {45
[45]} che per l'unità della Chiesa il potere degli altri egli assoggettava a quello di Pietro.
2° Quando Gesù Cristo diede tale potere agli altri, apostoli vi era pure s. Pietro, il quale
perciò, oltre di avere ricevuto una speciale potestà quale capo supremo, ne ricevette pur un'altra
comune a tutti, e per questa ragione Pietro fu papa e vescovo. Papa per la potestà ricevuta da sè
solo come pastore di tutti; vescovo per quella ricevuta cogli altri apostoli.
3° Le promesse che Gesù Cristo fece di sempre essere cogli altri apostoli sino alla fine
del mondo, e l'assistenza e l'inspirazione dello Spirito Santo loro divinamente assicurate,
riguardano tutto il collegio apostolico, dal quale perciò non si può escludere s. Pietro, che n'è uno
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dei membri, anzi membro principale pei pieni poteri ricevuti da solo a preferenza di tutti gli altri
apostoli. Vi ha di più: le promesse della divina assistenza e dell'infallibità sono fatte agli altri
apostoli solo in quanto che essi sono {46 [46]} uniti a Pietro, già prima nominato capo e pastore
universale. Difatto Gesù Cristo assicurò questa infallibilità prima al solo Pietro, e perchè? perchè
si conoscesse che il papa era il mezzo col quale comunicavasi l'infallibilità alla Chiesa tutta.
4o Il potere ricevuto dagli altri apostoli non toglie nè diminuisce punto nè poco il potere
che Pietro ricevette individualmente; nè le promesse fatte agli altri distruggono quelle fatte a
Pietro solo, poichè altrimenti si dovrebbe dire che Gesù Cristo contradisse a se stesso, fece e
disfece, ciò che nemmeno immaginare si può in un Uomo-Dio. Capisci questo?
Tom. Fin qui capisco; ma che cosa vuole ella dedurre da tutto ciò?
Prev. Voglio dedurre che siccome gl'apostoli sebbene uniti d'ampio potere, tuttavia uno
per uno non potevano vantarsi di avere nè maggiore, nè eguale autorità di Pietro, così ciascuno
dei vescovi loro successori non può dire di godere nè maggiore autorità del papa; voglio dedurre
che {47 [47]} siccome gli apostoli presi anche tutti insieme, ma senza di Pietro, non potevano
dire di formare il collegio apostolico, ossia il corpo insegnante, da Gesù Cristo protetto, dallo
Spirito Santo assistito ed inspirato, così nemmeno tutti i vescovi insieme, ma senza il papa,
possono dire di formare la Chiesa insegnante, da Gesù Cristo e dallo Spirito Santo assistita ed
inspirata; voglio dedurre che nel caso impossibile che tutti i vescovi da una parte, e il papa solo
dall'altra dessero in materia di fede e di morale un giudizio diverso, si dovrebbe da tutti i cristiani
dare la preferenza al giudizio del papa, e a lui colla mente e col cuore sottomettersi. Perciò anche
tutti i vescovi insieme non sono nella potestà nè superiori, nè eguali al papa, della Chiesa tutta
unico capo supremo e sommo pastore.
Tom. Ma in questo caso potremmo noi essere ben sicuri che la verità stia dalla parte del
papa? Non si potrebbe egli temere che non i vescovi, ma il papa sbagliasse? {48 [48]}
Prev. Noi potremmo essere sicurissimi che la verità starebbe dalla parte del papa, perchè
è bensi possibile che sbaglino i vescovi quando non sono col papa uniti, ma è impossibilissimo
che nelle cose di fede o di morale sbagli il papa quantunque da solo. Le parole di Gesù Cristo
non possono mancare perchè parole di un Dio. Or Gesù Cristo disse a s. Pietro e nella sua
persona disse a tutti i suoi successori nella sede di Roma: «Tu sei Pietro, e sopra questa pietra io
fabbricherò la mia Chiesa, e le porte dell'inferno non la potranno vincere1.» Intendi? Le porte,
ossia le potenze, le forze dell'inferno, fra le quali tiene il primo posto l'errore e la menzogna, non
potranno giammai prevalere contro la Chiesa; ma perchè? perchè fondata sopra del papa. Ma se
il papa sbagliasse in cose di fede allora sarebbe come se mancasse il fondamento, e {49 [49]}
perciò cadrebbe l'edifizio, ossia cadrebbe la Chiesa istessa, la quale in queste caso superata, si
dovrebbe dire vinta dalle porte infernali. Ora è egli ciò possibile dopo le solenni promesse di
Gesù Cristo? No di certo. È adunque impossibile che il papa in materia di fede insegni l'errore,
come è impossibile che Gesù Cristo mentisca, o sia incapace a mantenere le sue promesse.
In oltre Gesù Cristo stabilì il papa quale supremo pastore della Chiesa, affidando alla sua
cura gli agnelli e le pecore: «Pascola i miei agnelli, gli disse, pascola le mie pecore,» cioè
istruisci, ammaestra gli uni e gli altri. Ora se il papa in materia di dottrina o per ignoranza o per
malizia sbagliasse, allora condurrebbe gli agnelli e le pecore a pascoli nocivi, a pascoli che
invece della vita darebbero loro la morte. Ma può egli supporsi che Gesù Cristo, il quale per le
sue pecorelle, ossia per le sue anime diede il sangue e la vita, abbia loro stabilito un pastore che
potesse porle {50 [50]} a siffatto pericolo? No certamente, perchè questo è contrario alla bontà
di Gesù Cristo, e al fine che si prefisse nel dare i pieni poteri ad un solo; fine che fu di mantenere
Dell'unità i suoi discepoli, di provvedere con maggiore sicurezza alla salute di tutti. Laonde
dobbiamo di necessità ammettere che Gesù Cristo colla pienezza dei poteri ha pure dato al papa
il dono dell'infallibilità, e ciò sia per togliere a lui ogni ansietà nel timore di poter errare, sia per
eccitare tutti gli uomini, gli stessi pagani, gli eretici, i fedeli tutti a lasciarsi con piena fiducia da
lui guidare nella via della salute, a lui ubbidire con prontezza, e così formare quella ammirabile
unità, che egli per tutti nell'ultima cena domandava al Padre celeste con queste divine parole:
1Matt. XVI, 18.
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«Che essi siano tutti una sola cosa, come tu sei in me, o Padre, e io in te, che sieno anch'essi una
cosa sola in noi, onde creda il mondo, che tu mi hai mandato. Nè io prego solamente per questi,
ma {51 [51]} anche per coloro, i quali per la loro parola crederanno in me1
Questa infallibilità dottrinale concessa al papa apparisce ancora più chiaramente dalle
parole che Gesù volse a Pietro quando gli comandò di confermare nella fede gli altri apostoli
suoi fratelli: «Simone, Simone, gli disse Gesù Cristo, ecco che Satana va in cerca di voi per
vagliarvi, come si fa del grano; ma io ho pregato per te, affinchè non venga meno la tua fede2
Quindi siccome è impossibile che la preghiera di Gesù Cristo non sia stata esaudita, così è
impossibile che la fede di Pietro e de'suoi successori possa mancare insegnando l'errore. Noi
pertanto diciamo che il papa è infallibile per tre speciali ragioni:
1° Perchè è pietra fondamentale della Chiesa, la quale non potrà essere vinta nè finire
giammai: et portae inferi non praevalebunt, così Gesù {52 [52]} Cristo; e l'angelo a Maria già
aveva detto: «e il suo regno non avrà fine; et regni eius non erit finis
2° È infallibile perchè stabilito giudice e maestro universale di tutti gli uomini:
Quodcumque ligaveris super terram erit ligatum et in coelis; pasce agnos meos, pasce oves
meas. Se il papa fosse fallibile potrebbe pronunziare sentenze ingiuste, e ciò non può essere; se
fosse fallibile potrebbe insegnare l'errore agli uomini, e invece di condurli al Cielo strascinarli
all'inferno, e questo è assurdo.
3° Il papa è infallibile perchè Gesù Cristo pregò per la sua infallibilità, e perchè gli
comandò di ammaestrare gli stessi vescovi, confirma fratres tuos. Se fosse fallibile dovremmo
dire che Gesù non fu esaudito, e ciò è una bestemmia; se fosse fallibile si dovrebbe dire che Gesù
pose il papa nel pericolo di ingannare gli stessi pastori delle anime, questo è orribile a dirsi.
Essendo adunque così le cose, tu vedi, mio caro Tommaso, che nel caso da te supposto noi
potremmo essere {53 [53]} sicurissimi che seguendo il giudizio del papa non la sbaglieremmo,
perchè dalla sua parte starebbe la verità, e non da quella dei vescovi tutti.
Tom. Ma dunque vuole ella dire che un'assemblea di vescovi dotti e santi, solo perchè
non uniti al papa, cada in errore? A confessarle il vero, questa non mi può ancora entrare.
Prev. Io non voglio già dire che una tale assemblea, solo perchè disgiunta dal papa, cada
in errore; voglio solamente asserire che vi potrebbe cadere, e si dovrebbe dire esservi difatto
caduta quando il suo giudizio fosse in materia di fede contrario alla sentenza del romano
pontefice. Qualunque assemblea di vescovi per quantunque dotti e pii, non può attribuirsi il dono
dell'infallibilità, perchè questo dono fu solo promesso da Gesù Cristo alla sua Chiesa fondata ed
unita con Pietro, cioè col papa. Perciò ancorchè una tale assemblea nelle sue decisioni non
cadesse realmente in errore sarebbe per altro sempre nella possibilità di cadervi, {54 [54]}
perchè essendo senza capo visibile non costituirebbe la Chiesa fondata da Gesù Cristo. Ora
anche la sola possibilità di fallire genera il timore che abbia fallito, e quindi sfiducia nei fedeli, i
quali più non sarebbero sicuri di credere la verità e non l'errore. Ma un tale timore, una tale
sfiducia per le surriferite ragioni aversi non si può nel credere alla parola del papa, sia egli unito
coi vescovi, sia egli solo.
Tom. Ma col dire questo non si fa egli un torto all'intiero episcopato?
Prev. No, perchè questa è la pura verità, e il dire la verità non fa mai torto a nessuno; anzi
devi sapere che i vescovi si sono sempre gloriati e tuttora si gloriano di proclamare l'infallibilità
del papa ed hanno sempre creduto che eglino per godere di sifatto privilegio hanno bisogno di
essere uniti con lui, e al suo giudizio conformare i giudizi loro. I vescovi sanno che il papa ha
ricevuto il comando di pascere, reggere anche le pecore, e di confermare i suoi fratelli, {55 [55]}
che sono essi medesimi. L'episcopato sa che senza il papa egli è come un corpo senza capo; sa
che senza il papa non si può costituire quella Chiesa, colla quale Gesù Cristo disse che si sarebbe
trovato presente sino alla fine del mondo assistita, inspirata dallo Spirito Santo. Avendo Gesù
Cristo posto il papa per pietra fondamentale della Chiesa, i vescovi sanno perciò che essi senza
di lui, non formerebbero che una casa senza fondamenta, una casa che potrebbe rovinare da un
1Giov. XVII, 20, 21.
2Luc. XXII, 31, 32.
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momento all'altro, e schiacciare quanti vi si trovassero. Sanno i vescovi ciò che disse s.
Ambrogio che «là è la Chiesa dove è il Papa, ubi Petrus ibi Ecclesia1;» sanno ciò che diceva s.
Girolamo fin dal quarto secolo scrivendo al papa s. Damaso: «Io sono unito con vostra Santità,
vale a dire colla Cattedra di s. Pietro: io so che sopra di questa pietra fu edificata la Chiesa: chi
non raccoglie con voi, {56 [56]} disperde2.» Sanno i vescovi che i padri del concilio niceno
pregarono il papa s. Silvestro che si compiacesse di confermare quello che essi avevano stabilito;
sanno che i seicento vescovi radunati in Calcedonia nella lettera sinodica che scrissero al papa s.
Leone lo chiamano successore di Pietro, e loro capo, pregandolo che coi suoi decreti confermi il
loro giudizio. Anche oggidì i vescovi conoscono appieno queste cose ed altre, e quindi hanno
sempre creduto e credono tuttora che tutto il loro onore, la loro forza, la loro infallibilità viene
loro comunicata dal papa, e di'ciò non che adontarsi si gloriano. Una bella prova ne diedero al
regnante Pio IX in Roma 1'anno 1867 circa cinquecento vescovi nell'occasione del centenario di
s. Pietro. Essendo essi un giorno tutti raccolti in una grande cappella, allorchè videro presentarsi
il papa, tutti ad un tratto piegano il ginocchio e ripetono ad una voce {57 [57]} Tu es Petrus, che
è quanto dire: Tu, che vieni a noi, rappresenti la persona di s. Pietro, successore di lui nel
governo della Chiesa universale, colla medesima autorità di sciogliere e di legare, di reggere ed
insegnare con parola infallibile al pari di quella del Principe degli apostoli; potestà e dono che
egli ricevette, da Gesù Cristo e da trasmettersi ai suoi successori sino alla fine del mondo. I
vescovi e il papa alla vista di questo sì religioso spettacolo furono commossi sino alle lagrime.
Tom. Le sue ragioni mi ci sono entrate. Ma è poi verità di fede che il papa anche quando
definisce da solo sia infallibile?
Prev. È verità di fede che la Chiesa insegnante, cioè i vescovi uniti col papa nelle
decisioni riguardanti la religione e i costumi sono infallibili. È pure verità di fede che il papa è
successore di s. Pietro, il vicario di Gesù Cristo, il capo visibile di tutta la Chiesa, il maestro e
padre di tutti i cristiani, e che a lui nella persona {58 [58]} di Pietro fu dato dal N. S. G. C. pieno
potere di pascere, reggere e governare la Chiesa universale. Così è stato definito dal concilio
generale di Firenze l'anno 1439, e quindi chi negasse anche una di queste verità sarebbe eretico.
Riguardo poi alla dottrinale infallibilità del romano pontefice, questa sebbene certa e
certissima tuttavia non fu ancora dichiarata dogma di fede; e si spera, e da tutti i buoni cattolici si
fanno voti ardenti, che per tale venga definita nel prossimo concilio ecumenico, così a gloria di
Dio e della sua Chiesa, a sicurezza e a consolazione dei buoni, si fregi di nuova e più bella
gemma la fronte veneranda del successor di Pietro3. {59 [59]}
Tom. Ma di grazia, sig. prevosto, non è forse mai avvenuto che qualche Papa abbia... Mi
pare di aver udito che qualcuno sia...
Prev. Che qualche Papa abbia... che qualche Papa sia... ma su, di'tutto; io non ti capisco.
Tom. Indovini, e dica lei.
Prev. Vuoi forse dire che qualche Papa abbia sbagliato in materia di fede? che qualcuno
sia caduto in errore?
Tom. Per lo appunto; ha proprio indovinato. Non osava dire tutto io, perchè per la grande
stima che ho pel sommo pontefice mi ripugnava il profferire queste parole. {60 [60]}
Prev. Bravo, Tommaso; da questo tuo ritegno conosco veramente che tu hai un cuore
pieno di sentimenti cattolici. Sta dunque di buon animo, poichè io sono in grado di affermarti che
nessun papa come papa, cioè quando parla, come dicono, ex cathedra, quale maestro dei
1In Psal. XL, n. 30.
2Epist. XV.
3Circa due anni or sono venne diretto un incito ai cattolici di fare voto di credere, professare, difendere e colle parole
e cogli scritti, e se fosse d'uopo anche colla vita, l'individuale infallibilità del papa, sebbene ella non sia ancora
dichiarata verità di fede, in quella guisa che da buoni cattolici solevasi praticare riguardo all'Immacolata Concezione
di Maria prima della solenne definizione, fatta dal regnante ed immortale Pio IX agli 8 dicembre 1854. Noi
cogliamo volentieri questa propizia occasione per indirizzare ai nostri lettori sifatto invito, anzi cordialmente li
eccitiamo a fare questo voto ad onore di Gesù Cristo e del suo vicario in terra, per acquisto di maggiori meriti in
cielo, pregando ad un tempo il pietoso Iddio a fare si che presto si bella verità venga dalla santa Chiesa
solennemente dichiarata quale dogma di fede.
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cristiani, nessun papa, dico, da s. Pietro sino al regnante Pio IX, nè per ignoranza, nè per malizia,
ha mai insegnato il minimo errore; e di ciò noi cattolici siamo così sicuri che sfidiamo tutti i
nemici dell'infallibilità a portarci anche una sola prova in contrario. È vero che per lo passato
alcuni malevoli da qualche fatto oscuro o stato a bella posta oscurato, pretesero dedurre che
alcuni papi, come Liberio, Onorio, avevano errato in materia di fede; ma dal progresso della
scienza, dalla pazienza di dotti ingegni fu in seguito messa in chiara luce la verità, ed oggidì
chiunque asserisce il contrario si mostrerebbe o ignorante o malizioso.
Tom. Questo mi consola; ma si può egli egualmente negare che alcuni {61 [61]} Papi non
fossero molto buoni? Con una vita poco esemplare, come si può conciliare l’infallibilità.
Prev. Caro mio, non confondiamo una cosa coll'altra. Gesù Cristo non promise già al suo
vicario l'impeccabilità, cioè a dire, non disse già ch'egli non avrebbe potuto peccare, ma che non
avrebbe giammai in materia di fede e di morale ingannato, insegnando il falso o l'illecito. Ciò
premesso, io dico che sebbene alcuni papi possano aver peccato nella loro vita privata, ti fo tosto
notare che il loro numero è assai limitato. Gli stessi nemici della nostra religione non ne contano
che da otto a dieci. Ma che cosa sono otto o dieci nel lungo catalogo di 260 pontefici, nel corso
di diciotto e più secoli? E bada che tra i papi se ne trovano oltre ad ottanta annoverati fra i martiri
e fra i santi; ed anche quei poco degni furono messi sul trono papale per gli intrighi di fazioni, o
per le violenze di alcuni principi, i quali non lasciarono libera la elezione del romano pontefice.
{62 [62]}
- La seconda cosa poi che voglio farti notare si è che nessuno anche di quei pochi ha mai
commesso il più piccolo errore nelle definizioni in materia di fede e di morale. Perciò la vita
biasimevole che si vuole attribuire ad alcuni, invece di provare contro la infallibilità dottrinale
del papa è piuttosto una prova luminosissima in favore della medesima; è una prova lampante
che Gesù Cristo mantenne ognora la sua parola e la manterrà qualunque sia il suo vicario. Sicchè
il passato ci è garante dell'avvenire, e noi fiduciosi nelle divine promesse possiamo fin d'ora
proclamare altamente che sino a tanto che durerà la Chiesa, Gesù Cristo non permetterà giammai
che il supremo pastore proponga o indichi alle pecore pascoli nocivi od avvelenati, quali appunto
sarebbero gli errori in fatto di fede o di morale proposti ai cristiani.
Tom. Deo gratias! Ora sono contento. L'assicuro, sig. prevosto, che le sue parole hanno
raddoppiato la stima che già aveva del sommo pontefice. {63 [63]} Oh! sì, per l'avvenire sarò
ancor io pronto non solamente a credere l'infallibilità del papa, ma a difenderla pur anco colle
parole e coi fatti, e se facesse d'uopo, anche colla vita stessa. Ora vorrei che ritornassimo sul
nostro concilio, dal quale, per verità, ci siamo alquanto allontanati, lasciandolo dietro. Mi dica
dunque: quando è che un concilio generale si può tenere per infallibile?
Prev. Da quanto ho detto più sopra tu puoi facilmente ricavare che un concilio generale è
infallibile quando unitamente e sotto l'approvazione del papa definisce che questa o quell’altra
verità è rivelata da Dio, o dichiara che questa o quell'altra azione è lecita o illecita, conforme
oppure ripugnante alla legge eterna di Dio. Da siffatte definizioni quelle verità sono elevate al
grado delle verità di fede, cioè dichiarate vengono comprese nella divina rivelazione, e la
sentenza del concilio così confermata dal papa riguardasi quale sentenza dello Spirito Santo, ed è
sentenza infallibile. Per {64 [64]} esempio: sorge una questione. Gli uni dicono che il negare
obbedienza, anzi il ribellarsi ai principi legittimi è cosa lecita; gli altri asseriscono il contrario. Si
convoca un concilio e i vescovi sotto la presidenza del Papa e colla sua approvazione sciolgono
il dubbio, e pronunziano che il ribellarsi ai principi legittimi è un'azione contraria alla legge
divina, e un'azione malvagia e scellerata. Siffatto giudizio è infallibile, e quindi risulterà che è
verità rivelata da Dio, che si debba stare soggetti ai principi ed ubbidire loro in tutto ciò che non
è peccato.
Tom. Ma se le definizioni dei concili ecumenici sono infallibili, dobbiamo dire che essi
possono formare dei nuovi dogmi, accrescere il numero delle verità della fede. In questo caso sì
che staranno freschi i nostri posteri. Prima che sia la fine del mondo i cristiani si troveranno in
obbligo di credere ad un numero sterminato di verità di fede, numero che andrà crescendo di
mano in mano che i Papi ed i concili daranno fuori delle definizioni.
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Prev. Ah! ah! ragazzo, tu mi fai ridere. Si vede che sa di ciò non hai ancora le idee giuste.
Sappi adunque che i concili colle loro definizioni non creano delle verità di fede; ma solo
dichiarano quelle che sono già state rivelate da Dio, mettendole in bella luce, e fuori di ogni
controversia; dichiarano cioè se questa o quell'altra verità, che viene ancora negata o messa in
dubbio, fu da Dio rivelata, se si trova nella sacra Scrittura o nella divina Tradizione, oppure no; e
se si tratta di questione di morale, i concili dichiarano, secondo i principii della legge divina ed
eterna, se una azione sia lecita od illecita. Mi spiegherò meglio con un fatto solenne avvenuto ai
tempi nostri. Nel 1854 agli 8 di dicembre tu sai che fu definita l'Immacolata Concezione di
Maria, nostra Madre celeste. Ma prima di questa solenne definizione questa verità già si trovava
nella Chiesa, e dai cristiani già si credeva con trasporto di gioia; anzi da più secoli si era già
stabilita la festa dell'Immacolata {66 [66]} Concezione, in vari paesi eransi già erette compagnie
in onore di Maria Immacolata, e le intere università facevano voto di credere, professare,
difendere questa dottrina sebbene fosse dalla santa Chiesa ancora lasciata libertà di crederla o
non crederla. Che cosa dunque ha fatto il Papa Pio IX circondato da una parte dei vescovi del
mondo? Non creò già una nuova verità di fede, non fece un'aggiunta al deposito delle verità già
rivelate, ma solamente dichiarò che la dottrina la quale tiene che la gran Madre di Dio sia stata
preservata immune dalla macchia originale, è dottrina rivelata da Dio, e in pari tempo
comandava che d'allora in poi ogni cristiano per tale la credesse e la professasse. Ascolta le
parole del decreto di questa definizione ed intenderai sempre meglio, come la santa Chiesa colle
sue definizioni non crea nuovi dogmi, ma pone solo in chiara luce quelle verità, che sono già da
Dio rivelate. «Coll'autorità del N. S. G. C, così il Papa, dei beati apostoli {67 [67]} Pietro e
Paolo, e coll'autorità nostra, Noi dichiariamo, pronunziamo, definiamo che la dottrina (attento
neh! Tommaso), la quale tiene che la Beatissima Vergine Maria, fin dal primo istante della sua
Concezione, fu per grazia e singolare privilegio di Dio onnipotente, in vista dei meriti di Gesù
Cristo Salvatore del genere umano, preservata da ogni macchia di colpa originale, è dottrina
rivelata da Dio, e perciò da credersi fermamente e costantemente da tutti i fedeli...» Hai inteso?
Tom. Sì, benissimo; ho inteso che nei concili non si fanno nuove aggiunte alla
Rivelazione; ho pur compreso e mi son persuaso come i concili devono essere infallibili. Difatto,
ascolti, se dico bene: Siccome Gesù Cristo ha promesso la sua divina assistenza alla Chiesa
insegnante, e disse che lo Spirito Santo le avrebbe suggerito tutte le verità, sicchè errare non
potesse nei suoi insegnamenti; e siccome i vescovi uniti al Papa, cioè in un concilio generale
costituisce appunto {68 [68]} questa Chiesa insegnante, ne conseguita necessariamente che le
decisioni di un siffatto concilio debbano essere infallibili, e le verità da lui proposte verità di Dio,
poichè la parola di Gesù Cristo non può mancare: Coelum et terra transibunt, verba autem mea
non praeteribunt.
Prev. Bravo! Si vede che hai studiato il latino; ma a proposito, sapresti dirmi il significato
di queste parole?
Tom. Signor prevosto, dubita della mia abilità? Ascolti dunque se non le traduco bene:
«Mancheranno il cielo e la terra, ma non mancheranno le mie parole.»
Prev. Ottimamente, e me ne rallegro con te. Si, passerà il cielo e la terra, ma non sarà mai
che nè il papa, nè un concilio ecumenico vengano ad insegnar un errore. È questa una verità che
Gesù Cristo volle rafforzata per ogni parte. Gesù ci parla egli del fondamento sopra cui vuole
stabilita la sua Chiesa? Ebbene egli ci fa sapere che il suo fondamento è {69 [69]} una rocca, una
pietra, una montagna incrollabile; sopra questa pietra edificherò la mia Chiesa: Super hanc
petram aedificabo Ecclesiam meam. Parla egli dei nemici che da tutte parti l'assaliranno? E
subito annunzia che nè coll'astuzia, nè colla violenza, nè colla scienza, nè coll'ignoranza mai
giungeranno a prevalere contro di essa: Portae inferi non praevalebunt adversus eam. Se
discorre degli aiuti da cui la sua Chiesa sarà sostenuta, ci dice che egli «sarà con lei presente tutti
i giorni sino alla fine del mondo,» ed aggiunge che ella avrà per anima lo Spirito Santo, il quale
le insegnerà ogni verità: Docebit vos omnem veritatem. Quando viene a descrivere la costanza
immobile di questa Chiesa nelle sue veraci dottrine egli ci fa dire dal suo apostolo Paolo che
questa Chiesa «è il tempio di Dio vivo, la colonna ed il sostegno della verità: templum Dei vivi,
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columna et firmamentum veritatis. Se ci vuol mettere innanzi la bellezza che in lei risplende,
appunto perchè sempre {70 [70]} immune dall'errore, egli ci dice che essa «è senza macchia o
ruga di sorta, ma tutta bella ed immacolata.» Insomma si può dire che nella sacra Scrittura non si
trovi verità più sodamente provata quanto l'infallibilità della Chiesa di Gesù Cristo. Ciò posto io
dico: Se la Chiesa fu costituita da Gesù Cristo in modo che non possa mai fallire, e se un concilio
ecumenico presieduto e confermato dal Papa è appunto questa Chiesa insegnante; dunque è
d'uopo conchiudere che un siffatto concilio è infallibile, perchè come ben dicevi: «Mancheranno
il cielo e la terra, ma non la parola di Gesù Cristo.» Intanto vedi che dolce consolazione per noi
cattolici! Sapere con certezza che quello, che noi crediamo ed ascoltiamo dal Papa o dalla
Chiesa, è vero come è vero Dio stesso. Oh! ringraziamo questo buon Dio di averci fatti nascere
in questa Chiesa, e mostriamoci sempre figli sottomessi ed ubbidienti.
Tom. Signor prevosto, vorrei ancora che mi dicesse se noi siamo in {71 [71]} coscienza
strettamente obbligati a sottometterci alle decisioni e alle leggi di un concilio; perchè ho udito a
dire da taluni che queste non obbligano se prima non sono state promulgate, o approvate, o
almeno acconsentite dalla potestà civile.
Prev. Veramente ne hai udite delle grosse! Povero giovane! Se tu non avessi avuti buoni
principii di religione, a quest'ora avresti già perduta la fede, come ha fatto tanta gioventù infelice.
Ti rispondo adunque che siamo obbligati in coscienza a sottometterci alle decisioni di un
concilio generale e alle sue leggi; così che chiunque fra i cristiani ricusasse di credere per
rivelata da Dio una verità, che come tale venne dichiarata da un concilio ecumenico,
diventerebbe eretico; e si farebbe scismatico chi ricusasse obbedienza alle leggi stabilitevi. Sì,
siamo obbligati assoggettarci alle definizioni e alle leggi di un concilio generale, perchè
definizioni e leggi di quella Chiesa, alla quale Gesù Cristo ci comandò di ubbidire, {72 [72]} e
disse che se qualcuno le avesse negato ubbidienza fosse tenuto per un gentile ed un pubblicano,
cioè per un membro che a lei più non appartenesse: Si Ecclesiam non audierit, sit tibi sicut
ethnicus et publicanus1. Laonde noi vediamo che fin dai tempi apostolici i cristiani venivano
obbligati a sottomettersi alle decisioni e alle leggi fatte dal concilio di Gerusalemme. Si legge
infatti che dopo la celebrazione di quel concilio Paolo e Sila fecero il giro della Siria e della
Cilicia «comandando (capisci? comandando, praecipiens) ai fedeli che osservassero gli ordini
degli apostoli e dei sacerdoti2.» Questo obbligo di sottomettersi all'autorità dei concili generali fu
sempre così universalmente ammesso che fin dai primi secoli della Chiesa una tale sottomissione
fu adoperata quale un segno per distinguere i veri fedeli dagli eretici; e ancora oggidì ai
protestanti che tornano {73 [73]} in seno alta Chiesa cattolica si domanda se credono e si
sottomettono alle decisioni del concilio tridentino.
È poi un errore madornale il dire che le leggi della Chiesa non obbligano in coscienza i
fedeli di uno stato, se non quando esse sono state promulgate, o approvate o acconscentite dalla
potestà civile. Ed affinchè tu ben te ne persuada, dimmi di grazia; affinchè le leggi e i comandi di
Dio obblighino i cristiani di uno stato, è forse necessario che queste leggi e questi comandi
vengano prima approvati ed acconsentiti dalla potestà civile che vi presiede? Può ella la civile
potestà col negare la sua approvazione togliere la forza, l'obbligazione di queste leggi divine?
dimmi su, che te ne pare?
Tom. A me pare di no; perchè se una simile condizione fosse necessaria bisognerebbe
dire che la potestà civile negando la sua approvazione ai dieci comandamenti potrebbe con ciò
togliere loro la forza di obbligare, la qual cosa è assurda. Iddio non è {74 [74]} soggetto a
nessuno; egli è il Signore di tutti; egli è padrone di comandare e di proibire ciò che vuole,
quando vuole, dove vuole e a chi vuole, ed ai cenni suoi gli uomini tutti debbono chinare la
fronte ed ubbidire senz'altro.
Prev. Propriamente così, bravo! Veggo con piacere che hai spirito, e già approfittasti
delle mie istruzioni. Applica ora la tua assennata risposta al caso nostro. La Chiesa, sia radunata
in concilio, sia dispersa sulla terra, fa quaggiù cogli uomini le veci di Dio; proibisce e comanda a
1Matt. XVIII, 17.
2Att. XV, 41.
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nome di lui, ed, assistita come è, da Gesù Cristo e dallo Spirito Santo, la sua voce è voce di Dio
stesso. Quindi ne deriva per legittima conseguenza che le leggi sue come quelle di Dio appena da
lei pubblicate e conosciute obbligano in coscienza ogni cristiano, senza bisogno di ulteriore
approvazione da chicchesia. Nel caso poi, che un potere civile qualsiasi colla forza impedisse
l'osservanza delle leggi ecclesiastiche, allora, se la trasgressione {75 [75]} di queste leggi non
intacca il dogma o i principii di morale, allora, dico, i cristiani non potendo esternamente
osservarle, oppure non potendolo senza grave incomodo, sarebbero dalla Chiesa, madre benigna,
dispensati da tale obbligo; ma ciò non ostante resterà pur sempre vero che queste leggi per
obbligare in coscienza non avrebbero bisogno di altra approvazione, e perciò appena cessata la
violenza, ogni cristiano si troverebbe nel dovere di osservarle. Se poi la violazione di queste
leggi venisse ad intaccare la fede o la morale, in questo caso, se per osservarle si dovesse pur
anche incontrare la morte, bisognerebbe armarsi del coraggio degli apostoli, e dire: «Voi ci
potrete togliere la vita, ma non la fede1
Tom. Sì, così farei ancor io, e mi stimerei felice.
Prev. Finora io ti parlai dell'infallibilità, {76 [76]} dell'autorità del concilio generale, del
rispetto ed ubbidienza che dobbiamo alle sue decisioni. Prima per altro di terminare questa nostra
conversazione voglio ancora farti vedere che quanto ti dissi è tenuto per vero anche dai nemici
della Chiesa cattolica, da coloro cioè che per professione dovrebbero essere avversi ai concili, e
invece ne fanno gli elogi.
Tom. Oh! bella! mi piacerebbe non poco di udire ciò che ne dicono costoro. Le lodi date
dai nemici sono assai preziose.
Prev. Ascolta dunque. Lutero, capo del protestantismo, dopo aver gettato il disprezzo sui
concili della Chiesa, fu poscia costretto a fare in loro favore questa bella confessione: «Se il
mondo non si sfascia ben presto, vedrete che attesa la diversità delle interpretazioni della Bibbia,
e nell'interesse dell'unità religiosa, sarà necessario che noi ricorriamo nuovamente ai decreti dei
concili2.» - {77 [77]} Parimenti Leibnitz uno dei più dotti protestanti, e grande filosofo, disse
queste preziose parole: «Non v'ha nulla al mondo di più rispettabile, che la decisione di un
concilio veramente ecumenico.»
Tom. Costui ne parla così bene che meglio non potrebbe fare un cattolico. Ma per Bacco!
Potevano bene costoro ascoltare la voce di questi concili, abbracciarne la fede, ritornare in seno
alla Chiesa cattolica; invece... povera gente!
Prev. Eh! caro mio, guai se s'incomincia a chiudere il cuore alla grazia di Dio! Così fra
gli altri ha fatto il dotto Leibnitz. Egli vide la verità e seguì l'errore.
Dopo costoro ascolta un certo Hoffman: «I decreti dei concili sono nella Chiesa cattolica
riguardati come inspirati dallo Spirito Santo, e le loro decisioni come altrettante verità divine.» -
Un altro, Molan, parla così: «Quanto ai concili ecumenici, se Gesù Cristo è per tutti i secoli colla
sua Chiesa, non ha mai potuto permettere {78 [78]} che in tali assemblee sia stata una decisione
contraria alla fede.» - Pierre Leroux scrive: «La tradizione era incerta, ed i concili l'hanno
spiegata; l'idea era dubbia, e i concili l'hanno formulata; opinioni contradittorie eransi elevate, ed
i concili hanno scelta la vera. Il Cristianesimo non era che un germe, e crebbe pei concili. I quali
afferrandosi alla Rivelazione furono essi medesimi rivelatori. E ciò è tanto vero che si conosce
generalmente, e si accorda essere lo Spirito Santo disceso per la bocca dei concili.»
Tom. Bravissimi! Costoro dissero precisamente quello, che V. S. mi spiegò questa sera.
Così va bene; le costoro testimonianze sono proprio come il cacio sui maccheroni. Ora sono
appagato. Altre cose avrei a dimandarle ancora; ma per questa sera può bastare così. Se il signor
prevosto è contento, io ritornerò domani.
Prev. Ti rivedrò volentieri. {79 [79]}
1L'accennato errore fu già condannato dal Regnante Pio IX nella sua lettera enciclica: Quanta cura del 8 dicembre
1864.
2I Epist. Contra Zwinglium.
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Conversazione III. Quanti sieno stati i concili generali; breve cenno di
ciascuno.
Tom. Signor prevosto, ho udito più volte a parlare ora di questo, ora di quell’altro
concilio generale. Adesso desidererei che ella mi desse una notizia breve ma esatta di ciascuno.
Prev. Aveva già divisato di ciò fare, parendomi questo per te aggradevole ed utile.
Tom. Mi dica dunque quanti sono i concili ecumenici celebrati finora.
Prev. Sul numero dei concili ecumenici sono varie le opinioni dei dotti; ma la più
comune e quella che ne ammette diciannove, otto celebrati in Oriente, undici in Occidente.
Tom. Quale fu il primo, da chi fu convocato, che cosa vi fu stabilito?
Prev. Ti dirò una cosa dopo l'altra come di questo così degli altri.
I. Il primo concilio generale è il {80 [80]} primo niceno, così detto perchè celelebrato in
Nicea, città della Bitinia nell'Asia Minore, detta ora Isnik, e ridotta presso a poco ad un misero
villaggio. Il concilio fu convocato dal papa s. Silvestro, aiutato in ciò dall'imperatore Costantino
il grande. Fu celebrato specialmente per condannare gli errori di un certo Ario, eretico di
Alessandria d'Egitto, il quale negava la divinità di Gesù Cristo, affermando che il divin Verbo,
cioè il Figliuolo di Dio, non era eguale al Padre. A questo concilio il Papa presiedette per mezzo
dei suoi legati. Non vi fu mai adunanza più veneranda di questa. I prelati che in numero di 318 la
componevano erano santi personaggi, illustri per dottrina e miracoli, e parecchi portavano ancora
le cicatrici delle piaghe ricevute per la fede nelle ultime persecuzioni di Diocleziano e di Licinio.
Il concilio si aprì il 22 maggio l'anno 325, e vi assistette anche Costantino con tutta la pompa
dell'imperiale maestà. In esso furono solennemente {81 [81]} condannati gli errori di Ario. Con
argomenti convincentissimi, appoggiati alla sacra Scrittura e alla divina Tradizione, fu dichiarato
che Gesù Cristo nella divina natura è eguale al Padre, vero Dio egli stesso, essendo una
medesima sostanza con lui. Questo dogma fu espresso colla parola Consustanziale, che fu poi il
segno distintivo dei Cattolici. Si formò quindi una solenne professione di fede, conosciuta sotto
il nome di Simbolo niceno. I vescovi scomunicarono Ario e i suoi seguaci. A fine poi d'impedire
che gli eretici non turbassero più oltre la Chiesa e lo Stato, l'imperatore condannò Ario e tutti i
suoi partigiani alla pena dell'esiglio.
Dopo alcun tempo Ario avendo finto di sottomettersi alle decisioni del concilio venne
richiamato dall'esiglio, ma non tardò ad esser percosso dalla divina giustizia con una morte
terribile1. {82 [82]}
Oltre agli errori di Ario questo primo concilio condannò pure quelli dei Quartodecimani,
i quali dicevano che la Pasqua dovevasi celebrare come gli Ebrei nel giorno decimoquarto della
luna di marzo, e stabilì invece che questa solennità fosse celebrata nella prima domenica dopo il
decimoquarto giorno della luna di marzo, come tuttora si pratica.
Tom. Mi dica ora qualche cosa del secondo concilio ecumenico.
II. Prev. Il secondo concilio ecumenico è il costantinopolitano primo, così chiamato per
essere il primo tra gli ecumenici celebrati nella città di Costantinopoli. Diede occasione a questo
concilio l'eresia di Macedonio, il quale a forza di raggiri erasi impadronito della sede di
Costantinopoli. Gli Ariani intaccavano la divinità del Verbo: costui quella dello Spirito Santo.
Era allora imperatore Teodosio il grande e reggeva la Chiesa il papa {83 [83]} s. Damaso.
Questo dotto e santo pontefice, vedendo minacciata la fede, accordatosi col pio imperatore
convocò un concilio in Costantinopoli, affinchè si combattessero gli errori colà, dove erano nati.
Il concilio si radunò nel mese di maggio, l'anno 381, e v'intervennero 150 vescovi, tutti
dell'Oriente. Furono condannati gli errori di Macedonio, si confermò il Simbolo niceno, al quale
furono aggiunte le parole che riguardano la divinità dello Spirito Santo: Et in Spiritum Sanctum
Dominum et vivificantem... qui cum Patre et Filio simul adoratur et conglorificatur, qui locutus
1Mentre era portato pubblicamente in trionfo per essere restituito alta primiera dignità, oppresso da naturale bisogno
si ritirò in un cesso, dove rendendo gran quantità di sangue miseramente morì.
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est per prophetas2. Teodosio ricevette le decisioni del concilio come uscite dalla bocca dello
stesso Iddio, e promulgò una legge per sostenerne i decreti. Sebbene questa adunanza sia stata
composta soltanto di vescovi orientali, tuttavia l'approvazione che il {84 [84]} papa le diede di
poi fece riconosere questo concilio come il secondo ecumenico.
Tom. Ora mi dica qual è il terzo concilio generale.
III. Prev. Il terzo concilio generale è l'efesino, così appellato perchè tenutosi in Efeso,
città dell'Asia Minore, ora ridotta ad un meschino villaggio sotto ai Turchi. Questo concilio fu
anche detto concilio di Maria per due ragioni. La prima perchè in esso si defini che Maria è
veramente Madre di Dio; la seconda perchè fu tenuto in una chiesa dedicata a Maria. Fu
Nestorio, vescovo di Costantinopoli, che co'suoi errori diede occasione di celebrare questo
concilio l'anno 431. Codesto eresiarca sosteneva che in Gesù Cristo erano due persone, cioè due
figliuoli, il figliuolo di Dio, ossia il Verbo, e il figliuolo dell'uomo, ossia il Cristo: e da questo
primo errore ne deduceva un secondo, cioè che Maria Santissima non potevasi nè dovevasi punto
chiamare madre di Dio, ma solamente madre di Gesù Cristo, non Deipara, ma {85 [85]}
Christipara. Simili bestemmie scandalizzarono i Cristiani, e la prima volta che le udirono essi
fuggirono di chiesa per non aver comunicazione con chi le aveva pronunziate. S. Cirillo,
patriarca di Alessandria, venutone in cognizione, scrisse una lettera paterna a Nestorio, colla
quale cercava di persuaderlo di desistere dall'empio errore: ma il superbo non solamente non si
arrese, ma rispose al Santo con insolenza. Cirillo non si scoraggiò per questo, ma pieno di zelo
per la fede, e di tenera divozione per Maria, scrisse al pontefice s. Celestino II, supplicandolo di
provvedere a questi mali colla sua autorità suprema. Il pontefice si pose allora ad esaminare la
questione, e trovata la dottrina di Nestorio erronea e affatto contraria a quella che la santa Chiesa
aveva sempre insegnato, dapprima lo ammonì, poscia minacciò di scomunicarlo se non rientrava
in sè stesso. Ma nulla valsero nè le preghiere nè le minaccie. Allora il santo Pontefice convocò
un concilio generale in Efeso, e non potendolo presiedere in {86 [86]} persona, vi deputò fra gli
altri lo zelante patriarca s. Cirillo. Il concilio si aprì il 22 giugno, e i vescovi accorsi furono circa
200. Gli errori di Nestorio vennero condannati. Fu definito che in Gesù Cristo vi è una sola
persona, che è la divina, e la Santissima Vergine con grande giubilo di tutti i fedeli venne
solennemente proclamata vera Madre di Dio. In occasione di questo concilio fu pure composta la
seconda parte dell'Ave Maria, onde porgere così ai fedeli un mezzo facile per onorare e
professare la divina maternità di Maria.
Nestorio che non volle arrendersi fu scomunicato, e l'imperatore Teodosio il giovane lo
esiliò in Egitto. Ivi assalito da una terribile malattia, il suo corpo si risolse in marciume, e quella
lingua colla quale aveva bestemmiato la Madre di Dio, imputridì, e gli fu ancora vivente
rosicchiata e consumata dai vermi. Oggetto di maledizione e di terrore egli moriva disperato
nell'anno 436, cinque anni appena dopo la sua condanna. {87 [87]}
Tom. Caro signor prevosto, queste notizie dei concili mentre mi istruiscono, mi fanno
anche concepire più alta stima di nostra santa Religione. Si vede che fin dai primi tempi la santa
Chiesa credeva quello che crede adesso; e non appena uno sorgeva ad insegnare il contrario,
tosto lo condannava. E poi, da volere a non volere, è giuocoforza riconoscere la mano di Dio
nella punizione degli eretici. Povero Ario, povero Nestorio! Pare che Iddio anche visibilmente
abbia voluto confermare il giudizio della sua Chiesa, e la condanna da lei lanciata contro i nemici
della fede. Ma passiamo ad altro. Che cosa ella avrebbe da dirmi intorno al quarto concilio
ecumenico?
IV. Prev. Molte e belle cose. Una nuova eresia circa il medesimo tempo della precedente
venne a travagliare la Chiesa. Un monaco di nome Eutiche ne fu l'autore. Era costui superiore di
un monastero vicino a Costantinopoli, ed essendosi levato con ardente zelo a combattere l'eresia
di Nestorio, cadde disgraziatamente nell'errore {88 [88]} contrario. Nestorio aveva insegnato che
in Gesù Cristo vi sono due nature e due persone: Eutiche per lo contrario ammise bensi una
persona sola, ma eziandio una sola natura. Egli fu avvisato di questo errore dal vescovo di
2Il simbolo niceno con questa aggiunta è quello che vien detto volgarmente il Credo, e si canta tutte le domeniche
nella Messa parrocchiale.
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Costantinopoli s. Flaviano, ma invece di arrendersi si ostinò vie maggiormente, e si occupò a
propagare i suoi spropositi, procurando perfino in un conciliabolo che s. Flaviano fosse messo a
morte. Ciò saputo il papa s. Leone I, accordossi coll’imperatore Marciano e coll'imperatrice
Pulcheria, piissima donna, e col loro appoggio convocò un concilio nella città di Calcedonia, ora
Scutari, nella Bitinia sulle sponde del Bosforo. Questo è il quarto concilio generale, detto
calcedonese dalla città in cui venne tenuto. Si aprì nel principio di ottobre del 451, e
v'intervennero 600 vescovi. Il papa Leone vi presiedette per mezzo de'suoi legati. Onde rendere
il dovuto omaggio al sacro consesso e al pontefice che lo aveva ordinato, v'intervennero pure
l'imperatore e l'imperatrice. Fin da {89 [89]} principio si lesse una lettera di s. Leone che
condannava l'eresia di Eutiche. Questa lettera fu approvata ad una voce: Noi tutti crediamo così,
esclamarono i vescovi, Pietro ha parlato per bocca di papa Leone: sia scomunicato chiunque
non crede così. Fu perciò condannato Eutiche e deposto un certo Dioscoro che lo aveva
sostenuto recando grandi afflizioni alla Chiesa. Fu allora definito che vi sono in Gesù Cristo due
nature, la natura divina e la natura umana, distinte fra di loro ed unite nella stessa divina persona.
Vi si fecero pure 26 canoni, ossia decreti riguardanti l'ecclesiastica disciplina.
Quello che fu assai mirabile in questo concilio si fu la grande venerazione esternata da
tutti i vescovi verso il sommo pontefice. Egli fu da loro chiamato l'arcivescovo universale,
l'universale patriarca, l’interprete della voce del b. Pietro. Terminato poi il concilio, i vescovi
mandarono a pregare s. Leone che volesse degnarsi di confermare colla sua autorità apostolica
quanto essi avevano decretato. {90 [90]}
Tom. Questo ultimo atto conferma quanto ella mi disse ierisera, cioè che i vescovi
conoscono essi medesimi che le loro decisioni in materia di fede non possono considerarsi per
infallibili se non sono prima approvate e confermate dal papa. Quella esclamazione poi dei 600
vescovi: Pietro ha parlato per bocca di Leone, è una bella prova che il papa è vero successore di
s. Pietro. Oh! si, viva il papa, grido ancor io, viva il successor di s. Pietro, viva il vicario di Gesù
Cristo. Oh! io l'amo tanto il papa: e vorrei farlo amare da tutto il mondo.
Udirei ora volentieri a parlare del quinto concilio genarale.
V. Prev. Il quinto concilio generale è il costantinopolitano secondo, così detto perchè è il
secondo tra gli ecumenici celebrati in Costantinopoli. Fu convocato dal papa Vigilio per l'affare
dei tre Capitoli, i quali servivano di pretesto ai Nestoriani per autorizzare i loro errori. Il primo di
questi Capitoli riguardava gli scritti e la persona di Teodoro di Mopsuesta, dal {91 [91]} quale
Nestorio aveva attinto la sua falsa dottrina; il secondo riguardava gli scritti di Teodoreto,
vescovo di Ciro, contro di s. Cirillo; il terzo era una lettera d'Iba vescovo di Edessa ad un eretico
di Persia di nome Mari, ancora essa infetta di nestorianesimo. Queste tre operette, dette i tre
Capitoli, sebbene riprovevoli, non erano state condannate nel concilio di Calcedonia, e ciò
solamente per rispetto ai loro autori, due dei quali, Teodoreto ed Iba, presenti al concilio, si
erano potestati sinceramente cattolici. Questa indulgenza però e benignità usata dal concilio di
Calcedonia veniva dai Nestoriani riguardata come una approvazione dei detti Capitoli, e perciò
degli errori da loro professati; a qual cosa sebbene fosse ben lungi dal vero, dava tuttavia a questi
eretici occasione ad ostinarsi nella loro perversa dottrina. Stando così le cose, onde togliere agli
eretici ogni pretesto, fu celebrato il detto concilio, al quale per altro per cagione del prepotente
imperatore Giustiniano non {92 [92]} poterono intervenire i vescovi dell'Occidente, motivo per
cui Vigilio non vi volle prendere parte. Si presentarono quindi solo 165 vescovi quasi tutti
orientali. In questo concilio vennero esaminati i tre capitoli, e condannati come contrari alla fede.
Vennero pure nuovamente condannate le empie dottrine di Nestorio e di Eutiche, non che gli
errori di Origene. - Sebbene questo concilio nella sua celebrazione non sia stato ecumenico,
tuttavia avendolo poscia papa Vigilio approvato e confermato, per tale fu ricevuto in tutta la
Chiesa. - Intanto ti fo qui notare come questo concilio ci porge una luminosa prova del diritto
che ha sempre esercitato la Chiesa nel condannare gli scritti cattivi, nel pronunziare sul senso dei
libri, e di esigere che i suoi figli si sottomettano al suo giudizio, come appunto venne fatto nel
detto concilio.
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Tom. Mi piace questa ultima sua osservazione. Ella mi fa così rilevare una bella prova,
che mi servirà a chiudere la bocca a quei ciarloni, i quali {93 [93]} come tanti ranocchi
gracidano contro la Chiesa, perchè di quando in quando condanna libri cattivi. Se essa così
faceva già fin dai primi tempi, e se per questo fine si radunavano sino dei concili, le si potrà forse
negare ora un tale diritto? E por la ragione non ci conferma la medesima cosa? Dovrà un padre
od una madre di famiglia permettere che un furfante metta il veleno nel cibo o nella bevanda dei
loro figliuoli senza esecrarlo? Un pastore dovrà egli permettere che le sue pecorelle corrano a
pascoli nocivi e mortali? Oibò! Se un padre od una madre così facessero si renderebbero gli
assassini dei loro figliuoli; se un pastore così si regolasse col suo gregge si farebbe peggiore di
un lupo rapace. - Ma questo solo di passaggio. Mi dia ora alcuni cenni del sesto concilio
generale.
VI. Prev. Eccoli: Nel secolo settimo un'altra eresia, rampollo degli errori di Eutiche,
venne a suscitarsi in Oriente, ed è quella dei Monoteliti: di coloro cioè che ammettevano in Gesù
Cristo una sola volontà ed operazione. {94 [94]} I loro capi furono Ciro patriarca di Alessandria,
Sergio e Pirro di Costantinopoli. Questi eretici dopo aver da prima cercato, ma indarno, di fare
cadere nell'errore il papa Onorio, favoriti specialmente dall'imperatore Costante arrecavano molti
danni alla Chiesa. Il papa s. Martino volendo mettere un argine alla diffusione di questi errori li
condannò coraggiosamente. Pel che sdegnato l'Imperatore mandò a Roma un capitano affinchè
uccidesse il papa e lo conducesse a lui in Costantinopoli. L'empio capitano giunto a Roma
comanda ad un emissario che entri nel tempio di s. Marco, e mentre il pontefice celebra la s.
Messa lo metta a morte. Ubbidisce il sicario, ma posto appena il piede sulla soglia della Chiesa
d'improvviso diviene cieco. Tuttavia il papa è imprigionato, cacciato in esiglio nel Chersoneso,
ove finiva i suoi giorni martire di Gesù Cristo. Poco tempo dopo Costante era ucciso da un servo
mentre lo serviva in un bagno, ed ebbe a successore suo figlio Costantino, detto il Pogonato,
principe {95 [95]} buono e sinceramente cattolico. Questi desideroso di riparare ai gravi mali da
suo padre cagionati alla Chiesa scrisse al papa s. Agatone, il quale era succeduto a s. Martino
nella sede di Roma, e lo pregò che volesse colla sua autorità suprema convocare un concilio nella
città di Costantinopoli, promettendogli tutti gli appoggi e aiuti necessari. Il papa che altro non
bramava convocò nell'anno 680 il sesto concilio ecumenico, terzo costantinopolitano. Fu aperto
il 7 novembre dell'anno stesso. V'intervennero più di 160 vescovi, presieduti dai legati del papa.
Dopo un'accurata disamina furono condannati gli errori dei Monoteliti, e definito che vi sono in
Gesù Cristo due volontà e due operazioni, la volontà ed operazione divina, e la volontà ed
operazione umana. Si scrisse poscia al papa tutto ciò che erasi fatto nel concilio, chiedendone
l'approvazione e la conferma.
Tom. Ora sig. prevosto, mi faccia il piacere di parlarmi del settimo concilio ecumenico.
{96 [96]}
Prev. Volentieri ti parlo di questo concilio, perchè pare essersi celebrato contro gli eretici
di oggidì.
Tom. Tanto meglio; starò più attento.
VII. Prev. Il demonio arrabbiato nel vedersi dalla Chiesa proscritte le sue infernali
menzogne, non appena ne veniva condannata una, un'altra ne faceva sorgere a danno della Fede.
Una di queste fu l'eresia degli Iconoclasti, cioè degli spezzatori delle sacre imagini. Dicevano
costoro ciò che asseriscono ancora oggidì i protestanti, cioè che non si devono venerare le sante
immagini e quindi non solo le disprezzavano, ma le stracciavano e le rompevano. Questa eresia
produsse molti mali, perchè protetta e sostenuta dagli imperatori greci, Leone Isaurico,
Costantino Copronimo e Leone IV, i quali per diffonderla vie maggiormente rinnovarono contro
ai cristiani le crudeltà dei Neroni. Ma avendo cessato di vivere questi empii, colpiti dalla mano
vendicatrice di Dio, salì sul trono l'imperatrice Irene. Questa pia principessa, {97 [97]}
abbandonate le massime dei suoi antecessori, e desiderando di ristabilire il culto cattolico, pregò
il papa Adriano I, che volesse convocare un concilio, onde l'eresia venisse solennemente
condannata. Il pontefice vi accondiscese; il concilio fu raccolto in Nicea, e fu aperto nel
settembre l'anno 786. Questo è il settimo concilio ecumenico e secondo niceno, perchè come il
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primo celebrato in Nicea. In questo concilio l'empietà degli Iconoclasti fu condannata da 350
vescovi presieduti dai legati del papa, e fu dichiarato essere pratica lecita e pia onorare le
immagini di Gesù Cristo, della Vergine e dei Santi. Così i nostri protestanti possono vedere i loro
errori condannati dalla Chiesa settecento anni prima che essi, nuovi iconoclasti, sorgessero a far
rivivere quella vecchia eresia.
Tom. A proposito, signor prevosto, che cosa dicono i protestanti sul conto di noi che
veneriamo le immagini?
Prev. Dicono che noi cattolici siamo come gli idolatri, e che adoriamo le immagini come
Dio stesso. {98 [98]}
Tom. Menzogneri! non è mica vero che noi le adoriamo. Noi le rispettiamo, le onoriamo,
le veneriamo, perchè ci rappresentano persone degne della più grande venerazione ed amore. E
qual è mai quel figlio di buon cuore, il quale non rispetti il ritratto del suo buon padre, della
tenera madre, dell'amato fratello?
Prev. Nota poi una incoerenza e stravaganza di cotesta gente. Costoro per fare dispetto
alla Chiesa Cattolica ricusano di onorare le sante immagini e le reliquie dei santi, e poi sai tu che
cosa onorano essi? Tienti dal ridere se puoi: onorano le lenzuola e il vaso da notte usato da
Calvino!
Tom. Oh! povera gente! come cadono al basso!
Prev. Sono propriamente degni di compassione i protestanti, e i loro imitatori, e noi
dobbiamo in questi di pregare molto per essi, affinchè nell'occasione del nuovo concilio aprano
gli occhi alla luce della verità e facciano ritorno alla Chiesa cattolica loro antica madre. {99
[99]}
Tom. Udiamo ora la storia dell'ottavo concilio generale.
VIII. Prev. L'ottavo concilio generale è il costantinopolitano quarto. Fu celebrato per la
condanna di Fozio, usurpatore delia sede di Costantinopoli, e autore dello scisma, che separa
ancora oggidì la Chiesa greca dalla latina. Questo Fozio, uomo di spirito ingegnoso e malvagio,
occupava da prima la carica di primo scudiere e di primo segretario dell'imperatore. Gonfio per
questa dignità, per le sue molte ricchezze e specialmente per la sua profana erudizione, ambiva
audacemente di essere fatto patriarca di Costantinopoli. Onde riuscire nel suo intento procurò a
forza di frodi che fosse dall'imperatore Michele III deposto e mandato in esiglio il legittimo
patriarca s. Ignazio, e per occuparne egli stesso prestamente la sede, lasciati gli abiti
secolareschi, nello stesso giorno si fece monaco, all'indomani lettore, il terzo giorno suddiacono,
il quarto diacono, il quinto sacerdote, il sesto vescovo e patriarca di Costantinopoli. {100 [100]}
Di ciò ancor non pago osò spacciarsi per capo della Chiesa universale, come successore di
Pietro, cagionando molti mali nella Chiesa di Gesù Cristo. Allora papa Adriano II, d'accordo
coll'imperatore Basilio, succeduto a Michele, convocò il detto concilio da tenersi in
Costantinopoli l'anno 869. Il concilio si aprì il 4 ottobre, e vi presero parte 102 vescovi presieduti
dai legati pontificii. Fozio fu citato a comparire, ma la sua rea coscienza non permettendoglielo,
fu necessario condurvelo suo malgrado. Giunto in concilio, interrogato della sua elevazione, e
come avesse avuto l'ardire di spacciarsi capo di tutta la Chiesa, egli se ne stette taciturno, dando
alcune poche insolenti risposte. Allora tutto il concilio coi legati del papa ributtarono l'empio
eresiarca e lo scomunicarono; per ordine poi dell'imperatore fu mandato in esiglio, e restitituito s.
Ignazio nella sua prima dignità.
Tom. Da quanto ella mi dice si vede che la Chiesa cattolica fu sempre travagliata, in
prima dalle sanguinolente {101 [101]} persecuzioni, poscia dagli scismi e dalle eresie. Quello
poi che fa più specie si è che le più pericolose eresie nacquero nella sede di Costantinopoli.
Prev. Sono ottime le tue osservazioni. La Chiesa quaggiù è giustamente chiamata
militante, perchè ognora in guerra coi nemici della Fede. Ma consola il vedere che in mezzo a
tante battaglie ella non fu mai vinta, che anzi sempre trionfò de'suoi nemici, e tuttora trionfa. È
anche vero che le più perverse eresie nacquero nella sede di Costantinopoli. Questa sede non
cessò mai di osteggiare la Chiesa romana, fintantochè Iddio nel suo giusto sdegno la'diede in
potere dei Turchi. Al contrario osserva, mio caro, quanto gloriosa si fece mai sempre vedere la
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sede di Roma. Nel corso di tanti secoli ella non mai contaminossi del più piccolo errore. Sempre
puro ed immacolato conservò il deposito della fede, e sempre degna dimostrossi del principe
degli apostoli, il quale, dopo averla fondata, la santificò coi suoi sudori e col suo sangue. {102
[102]}
Tom. Oh! quanto mi consola esser figlio di questa Chiesa gloriosa. Oh! si, io pure voglio
morire nella Chiesa cattolica, apostolica, romana, e nessuna cosa giammai potrà distaccarmi dal
suo seno. - Intanto V. S. mi dica qualche cosa del nono concilio ecumenico.
IX. Prev. Il nono concilio ecumenico è il primo che siasi tenuto nell'Occidente. Egli
venne celebrato in Roma nella Chiesa detta di s. Giovanni in Laterano, motivo per cui è
chiamato lateranese primo. Fu convocato dal papa Callisto II nella quaresima dell'anno 1123, e
v'intervennero più di 300 vescovi oltre a 600 abati, presiedendovi lo stesso Pontefice in persona.
Il fine principale, per cui si raccolse questo concilio, fu per trattare e confermare la pace tra il
sacerdozio e l'impero dopo le lunghe contese per le così dette investiture. Gli imperatori di
Germania da qualche tempo mettendo in campo delle odiose pretensioni contro la Chiesa
volevano ingerirsi ne'suoi affari, ed eleggere {103 [103]} specialmente i vescovi e gli abati,
conferendo loro i benefizi ecclesiastici, ciò che dicevasi dare le investiture. Per questa
usurpazione di diritti accadeva spesso che venissero elette alle dignità ecclesiastiche certe
persone di vita affatto mondana ed indegne, e così formavasi un clero poco esemplare con gran
scandalo dei fedeli. I Papi aveano bensi parecchie volte alzata la voce, ma indarno; anzi gli
imperatori, prese le armi, erano venuti alla violenza contro di loro. Callisto pieno di zelo e di
coraggio, volendo ad ogni modo porre un termine e dare un efficace rimedio a tanto male, dopo
avere ridotto a più miti consigli Enrico V, radunò il detto concilio. L'imperatore domandò di
essere sciolto dalla scomunica da cui era stato colpito, si sottomise pienamente alla Chiesa, e
giurò di non più ingerirsi nelle elezioni dei prelati, neppur nelle investiture spirituali, lasciando
così alla Chiesa la sua piena libertà nello sciegliere i suoi ministri. Per consolidare poi questa
pace {104 [104]} e allargarne i vantaggi il concilio fece eziandio varii decreti, e così potè
ristabilire la disciplina e i buoni costumi fra i cattolici. - Furono pure condannate le ordinazioni
fatte dall'eresiarca Bordino il quale aveva avuto l'ardire di farsi creare antipapa. Infine questo
concilio invitò i Cristiani a cacciare i Saraceni da Gerusalemme e i Mori dalle Spagne, perchè
erano i più fieri nemici del cristianesimo.
Tom. Quale è il decimo concilio generale?
X. Prev. Il decimo concilio generale è il lateranese secondo. Fu convocato al primo
d'aprile l'anno 1139 dal Papa Innocenzo II. V'intervennero mille vescovi e altrettanti abati
presieduti dallo stesso Pontefice. Fu celebrato per rimediare ai disordini cagionati dall'antipapa
Anacleto, detto Pietro di Leone, e per condannare vari errori contrari alla fede, i quali
serpeggiavano in quel tempo. Fra questi è da annoverarsi l'eresia di un certo Tanchellino, il quale
professava un errore contro al SS. Sacramento, {105 [105]} e contro al potere dei vescovi e dei
sacerdoti. Furono parimenti condannati gli errori di Pietro di Bruis, e di Arnaldo da Brescia, i
quali oltre una vita scandalosa disprezzavano il santo Sacrifizio della Messa, l'invocazione dei
Santi, il battesimo dei fanciulli, la tradizione e gli scritti dei ss. Padri.
Questi due eretici parvero così colpiti dall'ira di Dio con una fine funesta. Pietro di Bruis
dopo 25 anni di empie ruberie e di misfatti sacrileghi rimase vittima del furore del popolo, il
quale assordato dalle sue bestemmie, lo spinse un giorno tra quelle fiamme stesse, che egli aveva
fatte preparare per abbrucciare un gran fascio di croci da lui atterrate. - Arnaldo poi nemico
accerrimo del dominio temporale del Papa, non ristando dal vomitare calunnie contro alla
Chiesa, ardi portarsi a Roma, ove per odio contro al Pontefice tentò di far assassinare un
cardinale, che ebbe una pericolosa ferita. Temendo poi una pena proporzionata al suo delitto
Arnaldo fuggì da Roma, ma giunto in Toscana {106 [106]} fu preso e dal potere civile
consegnato alle fiamme.
Tom. Terribile, ma ben meritato castigo! Che mi dice ora dell'undecimo concilio?
XI. Prev. L'undecimo generale concilio è il terzo di Laterano, convocato da Alessandro
III e celebrato in Roma l'anno 1179 coll'intervento di 302 vescovi. Lo scopo principale di questo
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concilio fu di cercare e stabilire un mezzo onde evitare gli scismi nella elezione dei papi. Per
ovviare ai disordini il papa Nicolò II l'anno 1059 aveva già ristretto il diritto di eleggere il Papa
ai soli Cardinali, ma talvolta non andando questi d'accordo nella persona da eleggere,
accadevano ancor i disordini stessi, vedendosi così ad un tempo parecchi antipapi. Pertanto il
concilio presieduto dallo stesso Alessandro decretò che nel caso, in cui i cardinali non andassero
d'accordo nella elezione papale, fosse riconosciuto per legittimo colui, che avesse riportati i due
terzi dei voti; e che se colui il quale ottenesse la {107 [107]} terza parte dei voti volesse tuttavia
qualificarsi Papa, si il promosso che i promotori fossero scomunicati. - Questo concilio condannò
pure diversi eretici d'allora, come i Valdesi, i Cattari, o Patareni e altri di vario nome. Costoro
guidati dallo spirito di odio contro al Cattolicismo incendiavano monasteri, rubavano le cose
spettanti alla Chiesa, negavano i Sacramenti, il Purgatorio, e si facevano beffe delle sante
Indulgenze.
Tom. Gli eretici di cui ella mi accennava or ora le prodezze pare che siano stati i maestri
di certa gente di oggidì. Non è egli vero? - Ma veniamo al duodecimo universale concilio.
XII. Prev. Il duodecimo concilio universale è il lateranese quarto, celebrato in Roma
l'anno 1215 da Innocenzo III, coll'intervento di 473 vescovi e 800 abati, presieduti dallo stesso
Papa personalmente. Il principale motivo della celebrazione di questo concilio fu l’eresia degli
Albigesi, così detti, perchè avevano da prima {108 [108]} sparsi i loro errori nella provincia di
Alby in Francia. Era questa eresia un mostruoso complesso di tutte le eresie insorte nei secoli
anteriori. Fra le altre stravaganze gli Albigesi dicevano due essere i principii creatori, Dio e il
diavolo; Dio aver create le anime, il diavolo il corpo. Rigettavano la Chiesa, i Sacramenti,
vomitavano mille bestemmie contro Gesù Cristo e Maria Santissima. A tutto questo si
aggiungevano costumi depravatissimi. Siccome poi la persuasione non bastava a diffondere
queste empietà, essi venivano alle violenze, diroccavano chiese, atterravano altari, minacciavano
e trucidavano chiunque non volesse seguire la loro dottrina. Lo zelo di s. Domenico colla sua
predicazione, e il valor militare di Simone di Monforte non bastando a frenare tanti disordini, fu
creduta conveniente la convocazione del detto concilio. In esso furono condannati gli errori degli
Albigesi. Si trattò anche di vari altri punti di dottrina, specialmente della SS. Trinità, {109 [109]}
e della divina Eucaristia. Fu definito che dette dal sacerdote le parole della consacrazione la
sostanza del pane e del vino cessa di esistere per dar luogo alla sostanza del corpo e del sangue di
Gesù Cristo; e per esprimere questa verità di fede si adoperò per la prima volta la parola
transustanziazione. - Siccome poi in quel tempo molti cristiani raffreddati nella pietà passavano
anni intieri senza accostarsi alla Confessione ed alla Comunione, così fu comandato che ciascuno
giunto all'età della discrezione si fosse confessato almeno una volta all'anno, e accostato alla
comunione a Pasqua nella propria parecchia; e fu decretato che chiunque non avesse adempiuto
questo precetto fosse proibito di entrare in Chiesa, e qualora fosse morto in questo miserabile
stato gli venisse negata la sepoltura ecclesiastica; volendo con ciò significare che chi non riceve
questi Sacramenti nei tempi prescritti s'intende che voglia rinunziare al nome di cristiano. {110
[110]}
Tom. Adesso so quando fu fatto il terzo comandamento della Chiesa. Questo mi fa
piacere. - Ora ascolterò volentieri qualche cosa del decimoterzo concilio generale.
XIII. Prev. Il decimoterzo concilio generale, detto lionese primo, fu tenuto in Lione città
della Francia l’anno 1245, convovato e presieduto dal Pontefice Innocenzo IV. Furono presenti
140 vescovi. Questo concilio fu convocato per trattare affari appartenenti alla disciplina, e
specialmente per rimediare ai gravi danni cagionati alla Chiesa da Federico II imperatore della
Germania. Questo principe il quale ancor giovinetto avea ricevuti tanti benefizi dal Papa
Innocenzo III, fatto adulto ed assunte le redini dell'impero, divenne empio e crudele. Dopo aver
usato molte violenze contro ai vescovi e sacerdoti, tese insidie alla persona dello stesso
Pontefice, il quale perciò si vide costretto a ritirarsi in Francia, e ivi celebrare il concilio. A
questo concilio fu pure invitato Federico per ivi giustificare la sua condotta, {111 [111]} ma egli
vi si ricusò. Furono pertanto esaminate dai padri le malvagità sue, e venne riconosciuto
specialmente reo di tre delitti, di spergiuro perchè avea violato il giuramento fatto di recarsi a
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liberare i luoghi santi; reo di sacrilegio per avere rubati i beni delle chiese, e proibito ai vescovi
dell'impero di portarsi al concilio, e fatti imprigionare quelli che vi si recavano; fu pure trovato
reo di eresia, e perciò venne dal concilio scomunicato, deposto, privato d'ogni onore e dignità, e
in pari tempo furono sciolti i suoi sudditi dal giuramento di ubbidienza. Iddio fece similmente
egli vedere come l'imperatore fosse meritevole di questo ed altro. Difatto da quel punto altro più
non gli toccarono che vergogne e sconfitte, e poco dopo una morte piena di rimorsi crudeli. - In
questo concilio si ordinò eziandio che i cardinali di santa Chiesa portassero la veste rossa o la
porpora, per significare che la loro dignità deriva dal sangue di Gesù Cristo, e da quello di tanti
milioni di martiri, che lo {112 [112]} versarono in testimonianza della fede. Sul finire del
concilio fu decisa una crociata per liberare la Terra santa sotto il comando di s. Luigi re di
Francia.
Tom. Veniamo al decimoquarto. Che cosa me ne dice, sig. prevosto?
XIV. Prev. Il concilio decimoquarto fu nuovamente celebrato in Lione e detto perciò
lionese secondo. Lo scopo primario di questo concilio fu la riunione della Chiesa greca
scismatica colla latina. Già da quattro secoli la Chiesa greca per causa di Fozio giaceva
miseramente nell'errore, quando Iddio col farle provare gravissimi castighi la richiamò di nuovo
in seno alla verità. I Turchi la minacciavano di tratto in tratto, ed essa vedeva chiaramente che
per non cadere nelle loro mani, aveva bisogno dell'appoggio della Chiesa latina. Quindi
l'imperatore Michele Paleologo mandò con lettera un legato al beato Gregorio X, protestando
volere egli con tutti i suoi sudditi fare ritorno all'unità cattolica. Il Papa ne fu lietissimo, ed
affinchè {113 [113]} la cosa fosse più maturamente trattata convocò il concilio di Lione l'anno
1274. Oltre i patriarchi latini, due patriarchi greci, quello di Costatinopoli, l'altro d'Antiochia,
intervennero 500 vescovi e 1070 tra abati ed altri insigni uomini. Il Papa avea eziandio invitato s.
Tommaso d'Aquino, detto l'Angelo delle scuole, e già stato suo compagno di studio in Parigi; ma
mentre Tommaso si recava a Lione, cadde ammalato vicino a Roma, e vi moriva della morte dei
giusti. S. Bonaventura che fra i vescovi teneva il primo posto dopo il Papa ebbe l'incarico di
proporre le cose che si dovevano trattare. I Greci abiurarono i loro errori, dichiararono di credere
che lo Spirito Santo procede non solo dal Padre, ma anche dal Figliuolo; ammisero l'esistenza del
Purgatorio, la validità del sacramento dell'Eucaristia fatta con pane azimo, e finalmente
confessarono il romano Pontefice vero e legittimo successore di s. Pietro, e l'impossibilità di
salvarsi per chiunque si ostini di {114 [114]} non volergli stare unito. Il Papa che in persona
presiedeva al concilio, vedendo tanti traviati figliuoli fare ritorno all'ovile di Cristo, preso da un
trasporto di giubilo intonò un solenne Te Deum, che tutti gli astanti ad una voce continuarono.
Tom. Quando fu convocato il decimo quinto concilio generale?
XV. Prev. Questo concilio fu convocato dal Papa Clemente V l'anno 1311 nella città di
Vienna in Francia. Vi presero parte più di 300 vescovi, senza contare un grandissimo numero di
altri prelati. Fu presieduto dal papa, che vi si condusse dalla sua residenza di Avignone. La causa
principale, che mosse il capo della Chiesa a raccogliere questo sinodo, furono gli errori dei
Templari. Cotesto ordine militare instituito a Gerusalemme al tempo delle Crociate ebbe questo
nome dall'abitazione che avevano preso i suoi membri vicino al tempio di nostro Signore, e loro
uffizio era quello di difendere la Terra santa. Ma i Templari dopo aver prestato ragguardevoli
servigi alla {115 [115]} Chiesa degenerarono miseramente. Alcuni di loro giunsero sino a
rinnegare Gesù Cristo, professare la più sfrenata licenza. Il viennese concilio pertanto udite le
accuse portate contro ai Templari, e riconosciutele fondate, soppresse il loro ordine, e decretò
che ogni sua proprietà passasse ai cavalieri dell'Ordine gerosolimitano, ossia cavalieri di Malta.
Si condannarono pure altri eretici, fra cui i così detti Beguardi, le Beghine, i Fraticelli ed altri, i
quali colla fede avevano parimenti fatto getto del buon costume. - Per arrestare sempre più
l'errore di quelli i quali dicevano non doversi prestare all'Eucaristia il divin culto, fu decretato
che la procession del Corpus Domini, e la festa già stata con rito doppio stabilita da Urbano IV
l'anno 1264, fosse celebrata con pompa solenne in tutto il mondo cattolico. - In questo fu anche
dichiarata innocente la santa memoria di Papa Bonifacio VIII accusato di eresia dal feroce
Filippo il Bello, re di Francia. Costai dopo aver in molte guise osteggiato {116 [116]} e
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perseguitato quel santo Pontefice in vita, non volle nemmeno risparmiarlo al di là della tomba, e
cercava di infamarne il nome. In fine si trattò di una spedizione in Terra santa contro ai Turchi.
Tom. Basta del concilio decimoquinto; abbia ora la compiacenza di continuare
l'argomento, e di parlarmi del decimosesto.
XVI. Prev. Del concilio decimosesto devo dirti che fu celebrato in Costanza città della
Germania, dall'anno 1414 al 1418. Questo concilio fu convocato dal papa Giovanni XXIII, il
quale per amore della pace e della unione cedette poscia il pontificato. Nello stesso concilio fu
eletto a nuovo papa Martino V l'anno 1417, che approvò e confermò quello che prima e dopo la
sua elezione eravi stato definito intorno alla fede, e per questa parte il fece ricevere in tutta la
Chiesa quale concilio ecumenico1. Nelle ultime sezioni presiedette {117 [117]} lo stesso
pontefice in persona, e vi presero parte più di 300 vescovi senza contare molti altri personaggi.
In questo concilio oltre all'essersi estinto lo scisma cagionato nella Chiesa per causa di due
antipapi, si condannò pure l'eresia di Giovanni Hus, la quale si andava spargendo nella Boemia
sua patria con grande scandalo e rovina delle anime. Costui seguendo gli errori di Vicleffo, altro
eretico di Inghilterra, morto un secolo prima, ed altri inventandone, combatteva specialmente le
leggi della Chiesa, l'autorità del Papa, e parecchi altri articoli della nostra santa fede. Tra gli altri
errori insegnava che s. Pietro non fu mai capo della Chiesa. Citato a comparire al concilio egli vi
acconsenti, e dichiarò per iscritto che voleva eziandio esser giudicato e punito ove taluno potesse
convincerlo d'errore. Allora l'imperatore Sigismondo per agevolargli i mezzi di andarsi a
discolpare, gli diede un passaporto. Il superbo eresiarca giunto in Costanza ben lungi dallo stare
al giudizio del concilio si pose a spropositare {118 [118]} più orrendamente. Non vi fu mai
eretico verso cui siansi usati tanti riguardi. I padri del concilio, l'imperatore stesso, tutti, in
pubblico ed in privato, si adoperarono per indurlo a miglior senno. Ma dimostrandosi egli vie più
ostinato e pronto sempre a turbare la quiete pubblica e lacerare il seno alla Chiesa fu consegnato
al braccio secolare, che secondo le leggi di quei tempi lo condannò alle fiamme. I suoi errori,
come quelli di Vicleffo ed altri, furono solennemente condannati.
Tom. Qual è il decimosettimo concilio ecumenico?
Prev. Questa sera veggo che la materia che abbiam fra le mani mi porta alquanto in
lungo. Abbi quindi pazienza, mio caro Tommaso, saremo tosto al fine.
Tom. Pazienza io? Lei si che ha da aver pazienza, che le tocca di parlar tanto, lo per me
sono disposto a starmene ad ascoltare fino a mezzanotte. È per me questa una delle più belle
serate. Continui adunque, e non si prenda pena per me. {119 [119]}
Prev. Il decimosettimo concilio è il così detto fiorentino. Questo concilio convocato dal
papa Martino V incominciò da prima nella città di Basilea l'anno 1431. Fu poscia da Eugenio IV
trasportato a Ferrara, ed essendo ivi scoppiata la peste, venne infine trasferito a Firenze l'anno
1439, ove terminò sotto la presidenza del Papa stesso2. La riunione della Chiesa greca colla
latina ottenuta nel concilio di Lione era stata poco durevole: i Greci erano poco dopo ricaduti
negli antichi errori. Il concilio di Firenze ebbe quindi per iscopo di ritentare la bramata unione tra
le due {120 [120]} Chiese. L'imperatore Giovanni Paleologo, il patriarca di Costantinopoli ed
altri prelati greci si portarono in persona al concilio, ove tra latini e greci si trovaron più di 140
vescovi e altri personaggi, presieduti dal medesimo pontefice. Si trattarono i punti della
controversia, e i padri latini con ogni sorta di argomenti convinsero i greci che lo Spirito Santo
procede dal Padre e dal Figliuolo; che è valida la Consacrazione fatta in pane azimo, che esiste il
purgatorio, e che il papa è il vicario di G. Cristo, il successore di s. Pietro, il capo di tutta la
Chiesa, il padre, il maestro di tutti i Cristiani, al quale da Gesù Cristo fu data nella persona di s.
Pietro la piena potestà di pascere, reggere e governare la Chiesa universale. Perciò il giorno 6 di
1Si notì che Martino V approvò solamente quello che nel concilio era stato definito intorno alla fede.
2Dopo che il papa Eugenio dichiarò il concilio di Basilea trasferito altrove alcuni indegni prelati vollero continuarlo
in Basilea a dispetto di lui e contro di lui. Laonde il preteso concilio di Basilea non si ha da tenere per ecumenico
nemmeno nelle prime sessioni. I suol decreti nè primi nè ultimi non furono mai approvati da alcun papa, e, ohe che
si dica, nemmeno da Eugenio IV. E ben con ragione pertanto s. Antonino che viveva in quel tempo chiamò questo
preteso concilio di Basilea: Conciliabolo di satana.
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luglio 1439 dopo che papa Eugenio ebbe celebrato la santa Messa fu letto il Decreto di Unione,
il quale fu sottoscritto dal papa, dai cardinali, dai vescovi e prelati latini e greci, non che dallo
stesso imperatore, che lo sottoscrisse però con diversa formola. {121 [121]}
Tutto faceva sperare che l'unione stabilita con tanta solennità dovesse durare per sempre,
ma furono vane speranze. Ritornati i Greci a Costantinopoli rinunziarono a quanto avevano fatto
in Firenze, e il loro scisma fu continuato. Iddio peraltro non volle lasciare impunito si colpevole
acciecamento, poichè l'anno 1453, tredici anni appena dopo la violata unione, Maometto II gran
sultano alla testa di un feroce esercito di Turchi prese Costantinopoli di assalto, e in tre giorni di
saccheggio vi fece commettere le più enormi crudeltà. I soldati uccisero quanti loro vi si
paravano innanzi, demolirono le chiese, atterrarono gli altari, profanarono i monasteri, tutto
posero a sangue e a fuoco. Così quella Chiesa, la quale non volle conoscere l'autorità del
successore di Pietro, che la trattava da padre, cadde sotto il successore di Maometto che la trattò
da tiranno.
Tom. Castigo terribile che pesa tuttora sopra quella Chiesa infelice! Oh! aprisse almeno
gli occhi in questi {122 [122]} giorni, e si gettasse nelle braccia della Chiesa cattolica, che gliele
stende nuovamente per riabbraciarla nel prossimo concilio generale.
XVIII. Prev. Prendo ora a parlarti dei due ultimi concili ecumenici, che sono il lateranese
quinto, ed il tridentino. Il primo di questi fu convocato dal Papa Giulio II l'anno 1512 in Roma, e
tenuto nella basilica di Laterano. Morto Papa Giulio, fu continuato e presieduto dal suo
successore Leone X, ed ebbe fine nel 1517. V'intervennero 114 vescovi oltre ai cardinali e
moltissimi abati. Fu celebrato per premunire la Chiesa dai mali che le minacciava un'adunanza di
alcuni indegni prelati, protetti dai principi del secolo, detta più comunemente il conciliabolo di
Pisa, dove tenevano le loro sedute. Fu pure tenuto per abolire una legge francese, conosciuta
sotto al nome di Prammatica Sanzione, colla quale derogavasi ad alcuni diritti della santa Sede
in cose riguardanti la Religione e la disciplina. Il conciliabolo venne colpito coll'interdetto {123
[123]} e colla scomunica, ed alcuni de'suoi membri rientrati in se stessi dimandarono perdono al
Papa; la Prammatica fu abolita. Venne eziandio decretata una spedizione contro ai Turchi. Si
trattò parimenti la questione dei Monti di Pietà, e fu deciso che è lecita la loro instituzione, ciò
che da taluno si negava. Per impedire i danni della stampa, stata non molto prima ritrovata
(l'anno 1438), fu proibito di stampare qualsiasi libro innanzi che fosse esaminato ed approvato
dall'autorità ecclesiastica sotto pena di scomunica.
Tom. Ho capito! È dunque in questo concilio che la chiesa cominciò a proibire la libertà
di stampa.
Prev. Adagio proibire la libertà di stampa... Intendiamoci bene. La Chiesa nè allora, nè
mai ha proibito di stampare libri buoni, utili alla scienza, alla Religione, alla morale. Ella ha solo
vietata la stampa di opere perverse e pericolose. La Chiesa ha sempre cercato e cerca tuttora di
togliere la libertà al male, lasciandola intieramente al bene. {124 [124]}
Tom. Ma non è egli un bene per la società, che ognuno sia lasciato libero di stampare ciò
che gli pare e piace? Non è egli un bel ritrovato la libertà di stampa?
Prev. Caro giovane, dimmi: È egli un bene per la società che i birbanti sieno lasciati
liberi di gettare nei pozzi il veleno per fare crepare la gente? Tu dici certamente di no. Dunque e
sarà egli un bene per la società che si possano stampare liberamente bestemmie contro a Dio,
contro la Religione, massime perverse contro i buoni costumi, e così corrompere vie più la mente
e i cuori dei cittadini? Ah! no, questo non può essere un bene che per l'empio e per l'empietà. -
Gli stessi pagani, mio caro, non lasciarono ai loro scrittori una simile libertà. Sappiamo difatto
dalla storia che i Greci fecero pubblicamente bruciare nel foro i libri del filosofo Protagora,
perchè irreligiosi. Roma al tempo della repubblica proibì e fece cercare per distruggerli, i libri
delle Baccanti, nei quali insegnavansi {125 [125]} pratiche abbominevoli; e Cesare Angusto
punì coll'esiglio uno dei più celebri poeti1 per avere composto un poema licenzioso. Sì,
diciamolo schiettamente, è una vergogna per un governo cristiano lasciare che la stampa oltraggi
impunemente la maestà del vero Dio, ne bistratti la Religione, ne calpesti le leggi.
1Ovidio.
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Tieni adunque a mente, Tommaso mio, che l'assoluta libertà della stampa, cioè quella
libertà per cui uno possa stampare quello che gli talenta, o buono o cattivo, non è un bene, ma è
un male gravissimo non solo per la società religiosa, ma per la civile ancora. Che ciò sia il
conobbero ultimamente gli stessi uomini del governo. Poco tempo fa tu avrai udite le turbolenze
avvenute in alcuni paesi a cagione delle legge sul macinato. In questa occasione certi giornalisti,
usando della libertà della stampa, presero le parti dei tumultuanti, pubblicando nei loro fogli
mille infamie contro {126 [126]} al re, alla sua legge, al suo governo. In simili circostanze credi
tu che il governo abbia lasciato stampare ciò che si voleva? Il governo ha forse detto ai
giornalisti. «Usate pure della libertà di stampa, scrivete, stampate ciò che vi aggrada?» Tutt'altro.
Ha sequestrato e soppresso i detti giornali, ed i giornalisti fece ammanettare e condurre nella
cittadella d'Alessandria. E così il governo stesso fece vedere che l'assoluta libertà di stampa ben
lungi dall'essere un bene, è un mezzo rovinoso, che può mettere sossopra l'ordine pubblico,
minare, scalzare fin dalle fondamenta l'autorità dello Stato. Ma, dico io, se è un male l'assoluta
libertà di stampa, e se le si deve mettere un freno allorchè si volge contro al principe, contro allo
Stato e alle sue leggi, si dovrà poi dire che ella sia un bene allorchè volge le sue armi fatali
contro a Dio, re del cielo e della terra, contro alla Chiesa che è il suo regno, ai suoi ministri, alle
sue leggi? No di certo. Quindi la Chiesa, la quale {127 [127]} veglia non solo al bene della
Religione, ma eziandio al vero benessere della società civile, ha fatto benissimo a prendere, per
quanto sta in lei, dei provvedimenti, in riguardo alla stampa, lasciando piena libertà alla stampa
buona, ponendo un freno alla cattiva, condannandola pur anche, e fulminandola di maledizione1.
Ma basti così; veniamo ora al nostro ultimo concilio.
Tom. La ringrazio d'avermi illuminato alquanto sopra questa stampa libera, di cui tanto si
parla oggidì. Si vede propriamente che è un falso principio quello della libertà di stampa. E la
cosa mi par chiara. Siccome l’uomo è obbligato a stare soggetto all'autorità di Dio suo Creatore,
così non può in coscienza nè pensare, nè operare contro di lui, nè contro alle sue leggi; e se non
può pensare contro a Dio, neppure può esternare i suoi perversi pensieri sia colla viva {128
[128]} voce, sia colla stampa, senza rendersi quale un ribelle a Dio stesso. Bisogna dunque dire
che la libertà di stampa sia affatto riprovevole, ed io pure la riprovo.
Ora V. S. mi racconti la storia del concilio tridentino, che spesso udii a citare nelle sue
prediche ed istruzioni parochiali.
Prev. Il concilio tridentino è il diciannovesimo ed ultimo degli ecumenici. Fu chiamato
sacrosanto per la santità dei suoi decreti e per la grande utilità che arrecò alla Chiesa cattolica.
Questo concilio durò più di 18 anni perchè interrotto parecchie volte dalle guerre. Convocato a
Trento città del Tirolo italiano l'anno 1545 da Paolo III, fu continuato sotto il papa Giulio III e
felicemente terminato nell'anno 1563 sotto Pio IV per cura dell'infaticabile s. Carlo Borromeo
suo nipote. I papi vi presiedettero per mezzo dei loro legati. Durante tutto il corso del concilio vi
presero parte molti prelati e insigni teologi. Allorchè fu terminato vi si trovavano {129 [129]}
255 padri, tra cui 196 fra patriarchi, arcivescovi e vescovi. Questo concilio fu celebrato
specialmente per condannare e infrenare le molte eresie di Lutero, Calvino ed Enrico VIII re
d'inghilterra, e altri apostati di quel tempo calamitoso per la Chiesa. Furono invitati anch'essi i
Protestanti ad intervenirvi, fu data loro, piena libertà di disputare, fu accordato alle loro persone
il salvacondotto che non sarebbero molestati; ma niuno di loro comparve, perchè le tenebre
fuggono la luce, e chi ha interesse di sostenere il falso paventa di essere convinto della verità.
Furono condannati gli errori di quei vari eretici, stabiliti decreti sopra la giustificazione, i
sacramenti, il purgatorio, le indulgenze, e altre cose moltissime riguardanti il dogma e la
disciplina. Esso è composto di 25 sessioni, nelle quali si racchiude la dottrina e la disciplina di
quasi tutti i concili anteriormente celebrati; e in questo concilio lo Spirito Santo assistè talmente
la sua Chiesa, che {130 [130]} sarà difficile che nei secoli futuri si possano inventare degli
errori, i quali direttamente o indirettamente ivi non siano stati fulminati. Questo è anche uno dei
motivi, per cui da tanto tempo non si era più convocato alcun concilio ecumenico. - Tale e tanta
fu l'utilità delle decisioni di questo concilio, che la santa Sede institui una congregazione
1Vedi eziandio l'Enciclica Quanta cura di Pio IX in data delli 8 dicembre 1864, e il sillabo annesso, prop. 79.
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composta dei più distinti cardinali di santa Chiesa, perchè invigili onde si mantengano sempre
inviolati quei sacri canoni e decreti, e ne interpreti talvolta il senso nei casi di controversia.
Eccoti pertanto, mio caro Tommaso, la storia breve si, ma esalta dei concili generali
finora celebrati. Noi fortunati poi che ci troviamo in quest'epoca, in cui dopo 306 anni (tanti ne
passarono da quel di Trento) un glorioso Pontefice, che è l'ammirazione del mondo intiero, ha
testè convocato un nuovo concilio ecumenico, che sarà il ventesimo, e il primo vaticano.
Tom. Signor prevosto; io la ringrazio {131 [131]} infinitamente della bontà usatami. Ora
siccome le nostre conversazioni sui concili cominciarono dal concilio testè intimato dal nostro
santo padre Pio IX, così mi parrebbe ben fatto che noi le terminassimo ritornando sul medesimo.
Perciò pregherei V. S. a volermi ancora ricevere una volta in casa sua, e porgermi una breve
istruzione a questo proposito.
Prev. Ti attendo per domani sera. {132 [132]}
Conversazione IV. Del concilio vaticano primo. - Suo scopo. - Sua
opportunità. - Gravi ragioni che mossero il Papa a convocarlo. - Invito
fatto ai vescovi scismatici ed ai protestanti. - Apertura del concilio. -
Discussione e modo con cui è infallibile la Chiesa. - Chiusura. -
Preghiera e speranza.
Tom. Quando adunque, signor prevosto, deve incominciare questo concilio, che fin d'ora
fa già parlare di sè tutto il mondo?
Prev. Ti dirò il tempo e il luogo. In quanto al luogo sarà tenuto in Roma, sotto la
presidenza del papa, nel gran tempio di s. Pietro in Vaticano, motivo per cui questo concilio, che
è il ventesimo degli ecumenici, sarà chiamato vaticano primo. In quanto al tempo, incomincierà
questo anno stesso agli otto dicembre, {133 [133]} giorno dedicato a Maria Immacolata. Pio IX
lo intimò per questo giorno, onde metterlo sotto la speciale protezione di Maria SS., la quale è
chiamata con ragione l'aiuto dei cristiani, la sterminatrice di tutte le eresie. Oh! Maria non
mancherà certamente di proteggere in modo speciale questo grande concilio, e lo proteggerà
anche di buon grado per compiacere al grande Pontefice che, speriamo, lo presiederà, il quale ha
fatto tanto per la gloria di lei, proclamandola solennemente: concepita senza macchia originale.
Nessuno dei concili generali sinora celebrati venne incominciato in si bel giorno. Sarà questo il
primo, e, per questa sì cara circostanza potrà essere pur anche chiamato: Il concilio
dell'Immacolata.
Tom. Quale è lo scopo di questo concilio, e che intende di stabilire?
Prev. Il fine principale di qualsiasi concilio della Chiesa è sempre stato la maggior gloria
di Dio e la salute delle anime. Il prossimo concilio ecumenico camminerà sulle pedate degli {134
[134]} altri. Pio IX poi nella sua lettera apostolica di convocazione, si compiacque di
manifestarci in modo particolare quello che avrà cura di esaminare e stabilire il concilio da lui
intimato. Ecco le sue venerande parole: «In questo concilio generale, egli dice, si dovranno
diligentissimamente esaminare e stabilire le cose, le quali specialmente in questi difficilissimi
tempi riguardano sovratutto la maggior gloria di Dio, l'integrità della fede, il decoro del divin
culto, l'eterna salute delle anime, la disciplina del clero secolare e regolare e la loro salutare e
solida istruzione, l'osservanza delle leggi ecclesiastiche, la correzione dei costumi, la cristiana
educazione della gioventù, e la pace e la concordia universale.» Ecco lo scopo che si propone il
concilio, e che cercherà di ottenere colle Sue sapientissime leggi.
Tom. Grande impresa davvero! Ma crede lei, sig. prevosto, che ai tempi nostri faccia
bisogno di un siffatto concilio? In una parola, crede lei {135 [135]} che per un generale concilio
sia questo il tempo opportuno? Io per me ho sentito a dire di no.
Prev. A me pare questo per un concilio tempo opportunissimo, ed ancorchè per tale non
mi fosse sembrato, tuttavia avrei cangiato subito parere per l'unica ragione, che per opportuno fu
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stimato dal Papa. Credi pure, il sommo Pontefice, il vicario di Gesù Cristo vede le cose assai
bene. Egli dalla cattedra di s. Pietro è come se fosse sopra un'alta specula, munito di un buon
cannocchiale. Da quel luogo sublime, e colla mente illuminata dallo Spirito Santo, egli vede le
cose lucidamente e assai meglio che non certuni, i quali si credono di vedere e sono ciechi come
le talpe. Quindi ripeto che per un concilio ecumenico questo è il tempo opportuno e addattato
appunto perchè fu così giudicato dal santo padre. Il glorioso Pontefice, che stimò questo un
tempo opportuno ne accennò pure le buone ragioni, le quali per poco che uno consideri non può
a meno {136 [136]} di convenire con lui ed applaudire al pontificio divisamente.
Tom. E quali sono queste buone ragioni?
Prev. Ascoltate dalla bocca dello stesso capo della Chiesa. Egli nella citata lettera dopo di
aver detto con quanta cura i sommi Pontefici suoi predecessori coll'autorità ricevuta da Gesù
Cristo, sempre vi si adoperassero per conservare il deposito della fede, e promuovere nei popoli
la pietà e l'onestà dei costumi, e come non ommettessero, sovratutto nei tempi di gravissime
perturbazioni e calamità, di radunare concili generali, onde coi consigli e colle forze unite dei
vescovi di tutto l'orbe cattolico provvidamente e sapientemente deliberare tutto ciò che valesse a
definire i dogmi della fede, a reprimere le invasioni degli errori dominanti, a difendere, illustrare
e svolgere la dottrina cattolica, a correggere i costumi corrotti dei popoli, dopo aver detto tutto
questo il Pontefice continua così: «Ora tutti sanno da quale orribile {137 [137]} tempesta sia
travagliata la Chiesa, e da quale e quanti mali sia afflitta la società civile. Imperocchè per opera
di acerrimi nemici di Dio e degli uomini la Chiesa cattolica, e la sua salutare dottrina e
veneranda potestà, e la suprema autorità di quest'apostolica sede sono combattute e conculcate, e
ogni cosa sacra è posta in disprezzo, i beni ecclesiastici sono usurpati, i vescovi e
rispettabilissimi uomini addetti al divino ministero, e personaggi cospicui pei loro sentimenti
cattolici, sono in ogni modo vessati, le religiose famiglie soppresse, e libri empi e di ogni genere,
e pestiferi giornali e moltiformi, e perniciossime sette per ogni parte diffuse, e l'istruzione della
misera gioventù quasi dapertutto tolta al clero, e ciò che è peggio, in molti luoghi affidata a
maestri d'errore e d'iniquità. Di che con sommo dolore nostro e di tutti i buoni, e con danno delle
anime che non sarà mai abbastanza deplorato, per ogni dove siffattamente si estesero l'empietà e
la corruzione dei costumi, la sfrenata {138 [138]} licenza e la peste delle perverse opinioni di
ogni genere, e di tutti i vizi e di tutte le scelleratezze, e la violazione delle leggi divine ed umane,
sicchè non solamente la ss. nostra Religione, ma anche l'umana società ne sono in miserando
modo turbate e trvagliate. In tanto cumulo di calamità che opprimono il nostro cuore, continua a
dire il Papa, il pastorale ministero a noi dalla divina autorità commesso richiede che rivolgiamo
più che mai le nostre forze a riparare le rovine della Chiesa, la salute di tutto il gregge del
Signore, a reprimere gli sforzi e gli impeti esiziali di coloro, che, se fosse possibile, vorrebbero
sconvolgere dalle fondamenta la stessa Chiesa e la società civile... Ora seguendo le orme degli
illustri nostri predecessori, abbiamo stimato opportuno radunare tutti i venerabili fratelli vescovi
di tutto l'orbe cattolico in un generale concilio.» Così il Papa1. {139 [139]}
Ora dimmi, Tommaso mio, dopo una sì viva e veritiera esposizione di tanti mali, chi è
che non vegga l'opportunità di un concilio con cui scongiurarli o diminuirli almeno? Anzi non
solo opportuno è un concilio al giorno d'oggi, ma necessario. Al punto in cui ci troviamo Dio
solo può salvare la società; e Dio non salva la società se non per mezzo di quella Chiesa da lui
stabilita madre e maestra degli uomini. Sì, ancora questa volta con tutta ragione Pio IX
dall'illustre vescovo di Ginevra monsignor Mermillod potrà essere chiamato il Pontefice
dell'opportunità, perchè come in tutte {140 [140]} le sue imprese così ancora in questa seppe
scegliere il tempo più propizio, più opportuno. I fatti lo proveranno.
1Tutti questi cumuli di mali furono assai giustamente e filosoficamente dall'illustre vescovo di Orleans ridotti nella
celebre sua lettera sul futuro concilio a questi tre punti:
1o La ruina delle adunanze, crollate dalla direzione empia degli studi scientifici e filosofici;
2° la sfrenatezza dei costumi sospinta da mille mezzi di propaganda corrompitrice;
3o da ultimo gli equivochi infondati che i nemici della religione si compiacciono di fomentare tra la Chiesa
ed i popoli moderni. Ecco le tre malattie da guarire dal prossimo concilio.
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Tom. Ora che ci rifletto un po'meglio, veggo anch'io le ragioni; sono forti pur troppo e
dolorose; e convengo anch'io perfettamente. Oh! Dio voglia che il concilio possa mettere un
argine a tanti mali! Ma, dica, oltre a questo, quale altro bene si promette il santo padre dal futuro
concilio?
Prev. Fra gli altri uno assai importante ne spera il vicario di Gesù Cristo, ed è la riunione
della Chiesa scismatica colla Chiesa cattolica, e il ritorno dei protestanti alla medesima. Per
questo fine egli indirizzò pure ad essi lettere speciali, invitando i vescovi scismatici ad
intervenire ancor essi al concilio per rinnovare e compiere finalmente la bramata unione; e
pregando caldamente i protestanti a considerare lo stato infelice in cui si trovano, a riconoscere il
loro errore, e cogliendo occasione dal prossimo concilio fare ritorno alla {141 [141]} Chiesa
cattolica, dalla quale i padri loro si sono sventuratamente separati.
Tom. Si può egli sperare che questa traviata gente corrisponda all'amoroso invito, e
ritorni all'antico ovile?
Prev. Lo spera il santo padre, e lo dobbiamo sperare anche noi, e pregare. Qualora poi
questo invito non fosse pienamente corrisposto resterebbe però sempre quale splendida prova
della grande carità che nutre la santa sede anche verso coloro che non ne vogliono riconoscere i
diritti e l’autorità1. Diciamo peraltro che l'invito del Papa qualche buon effetto dovrà produrre
immancabilmente, sopratutto fra i scismatici. Imperocchè, o quei vescovi intervengono al
concilio, ed allora non potranno a meno che riconoscere la verità, la quale in quell'ampio e
venerando consesso risplenderà {142 [142]} della più viva luce, e purchè non si vogliano
ostinare nell'errore, del resto dovranno piegare innanzi a lei, abbracciarla e farla abbracciare dai
loro fedeli; oppure non intervengono, e in questo caso essi porgeranno ai rispettivi fedeli un buon
motivo a sospettare sul loro conto, daranno loro occasione di aprire un po'meglio gli occhi, e
forse metterli in questo modo sulla via della verità. Il popolo ragiona, e vedendo che i suoi
pastori ricusano di recarsi ad un concilio generale della Chiesa cattolica potranno
ragionevolmente dire: «Il nostro episcopato col rifiutare di intervenire al concilio ecumenico dà a
pensare che esso si sente incapace di sostenere la discussione in faccia all'episcopato latino;» e
rivolti ai loro pastori potrebbero loro parlare così: «O la verità sta dalla parte vostra o dalla parte
della Chiesa latina. Se sta dalla parte vostra, allora perchè temete di cimentarvi coi latini? Perchè
ricusate di recarvi in mezzo a loro per fare conoscere in {143 [143]} questa si solenne
circostanza e fare toccar con mano che essi e non voi siete in errore, e trarveli fuori? Se poi la
verità sta dalla parte della Chiesa latina, allora voi, risoluti di non volerla abbracciare, avete
ragione di non incomodarvi, recandovi al concilio, ma noi, alla nostra volta, abbiamo pure il
diritto ed il dovere di considerarvi non come pastori, ma quali mercenarii, anzi quali lupi rapaci,
di fuggirvi perciò e gettarci in seno alla Chiesa cattolica per salvare le anime nostre.» Così
potrebbero ragionare quei fedeli nel caso supposto; di modo che il trionfo della Chiesa cattolica,
e del concilio ecumenico, o in un modo o in un altro, o più presto o più tardi, dovrà pure seguire
finalmente2. {144 [144]} Tom. Fiat, fiat, come lei dice, e con questa dolce speranza in cuore
noi aspetteremo gl'avvenimenti. Prima però ai partirmi dalla V. S. desidererei ancora di sapere
qualche cosa sul modo che si terrà nella celebrazione di questo concilio. Favorisca adunque di
dirmi alcun che della sua apertura, della discussione, della chiusura.
Prev. Tu mi domandi cose, che potendo variare a seconda delle circostanze, non è
possibile precisare il modo di esecuzione nelle singole parti. Tuttavia in qualche cosa ti
vo'contentare. Imperocchè da quello che si è fatto nei concili precedenti si può argomentare
almeno in generale quanto si farà nel seguente. Ecco pertanto la risposta alla tua dimanda.
1Lo stesso giornale protestante il Times discorrendo dell'invito del Santo Padre ai protestanti lo dichiarò una prova
della sua benignità ben nota (Times 3 ottobre 1868).
2Notizie del gennaio corrente anno dall'Oriente ci dicono che colà si spera nel futuro concilio. I scismatici armeni se
ne danno un gran pensiero, e mostransi pronti ad entrare in seno alla Chiesa Cattolica. Si spera che anche una buona
parte dei scismatici greci faranno lo stesso, nonostanti le opposizioni del loro patriarca di Costantinopoli, il quale
giunse sino alla scortesia di rifiutare la lettera d'invito che gli mandava il papa. Questo atto scortese è assai
biasimato tra gli stessi greci scismatici.
Parecchi vescovi dichiararono già di volersi rendere indipendenti dalla sua giurisdizione.
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Si comincia dal Papa con lettere {145 [145]} apostoliche a tutti i vescovi intimare il
concilio, fissarne il tempo ed il luogo, invitandoli, anzi comandando loro d'intervenire al
concilio, eccetto che abbiano qualche giusto impedimento. Qualche tempo prima dell'apertura, il
papa ordina nella Chiesa delle pubbliche preghiere e dei digiuni pel buon andamento del
concilio1. Nel giorno poi fissato per dare incominciamento, i vescovi si radunano tutti nel
palazzo pontificio o in altro luogo assegnato. Ivi vestiti dei loro abiti pontificali, e procedendo
processionalmente secondo l'ordine del loro grado, preceduti dalla croce si recheranno nella
basilica vaticana, luogo designato pel prossimo concilio. Giunti colà il sommo pontefice dal suo
trono pronuncia un'allocuzione, ossia discorso, nel quale {146 [146]} accenna le cause della
convocazione del concilio. Seguono poscia varie preghiere, fra cui le Litanie dei santi, il canto di
un Vangelo adattato alla circostanza, l'inno Veni Creator, non che il Te Deum laudamus, e altre.
Intanto i padri del concilio vanno a prendere posto nei loro seggi secondo l'ordine della
loro dignità. Il sommo pontefice siede in trono in fondo della Chiesa, ed ha ai fianchi due
cardinali diaconi assisi su due sedie. Viene in seguito a forma di circolare od ovale il sacro
collegio dei cardinali, poscia i patriarchi, i primati, gli arcivescovi, i vescovi, gli abati mitrati, i
generali degli ordini religiosi, e gli altri che hanno nel concilio voce deliberativa. Sotto un ricco
baldacchino sta il libro dei Vangeli per significare esser ivi presente la divina maestà di Gesù
Cristo, secondo quelle sue parole: «Ove sono due o tre radunati in nome mio, io mi trovo in
mezzo loro,» e queste altre: «Ed ecco io sono con voi.» Nel concilio di Trento accanto ai Vangeli
{147 [147]} erasi pure collocata la Somma Teologica di s. Tommaso d'Aquino.
Intanto celebrata la Messa, e finite le preghiere preliminari si fa uscire il popolo, e si
chiudono le porte del tempio, e il concilio si apre eleggendosi gli offiziali, e promulgandosi le
leggi da osservarsi durante la sua celebrazione. Gli uffiziali principali che vengono eletti nella
prima seduta del concilio sono di quattro specie: i consultori, i notari, i promotori, e gli
scrutatori. I consultori hanno per uffizio di assistere il presidente del concilio nello studio e nella
disposizione delle materie da trattarsi; i notari di scrivere tutto quello che si propone, si discute, e
si risolve; i promotori invigilano per promuovere il buon andamento del concilio, richiamando in
vigore, se sia bisogno, le leggi fin da principio promulgate, e procurando che siano da tutti
osservate. Gli scrutatori infine sono quelli, il cui uffizio è di raccogliere i voti, riferirli e recarli ai
consultori per farne lo scrutinio. Poscia s'intima l'altra sessione, {148 [148]} fissandone il
giorno. Questo riguarda l'apertura, nella quale per lo più consiste la prima sessione. Nelle
sessioni consecutive si passa all'esame delle materie, prima del quale peraltro hanno luogo varie
preghiere per invocare l'aiuto dello Spirito Santo, il canto di un Vangelo adatto, e un discorso
analogo.
Riguardo poi al modo della discussione, anticamente le materie proposte si discutevano
nelle sessioni o sedute pubbliche tra i padri del concilio, e i notari tutto scrivevano parola per
parola. In seguito poi per minor dispendio di tempo, come nell'occasione del concilio tridentino,
stabilironsi varie congregazioni particolari per approfondire nella materia, composte dei più dotti
teologi, e priesiedute per ordinario da un cardinale o da un vescovo2. In queste {149 [149]}
congregazioni si esaminano diligentemente le proposte questioni, e se ne formano i decreti in
1Affinchè i fedeli possano colle loro preghiere ottenere da Dio grazie speciali in favore del concilio il papa Pio IX ha
già concesso un'Indulgenza plenaria in forma di giubileo da lucrarsi al cominciar del primo giorno di giugno sino al
terminar del concilio.
2Fin dall'anno passato il nostro Santo Padre per preparare gli studi neccesari intorno alle materie che dovranno
sottomettersi all'esame ed alla definizione del concilio, ha nominato sei commissioni, o congregazioni secondo sei
diverse materie da trattarsi, composta ciascuna di parecchi insigni e dotti personaggi, alcuni dei quali fatti venire in
Roma da molte parti del mondo e presieduta da un cardinale. Queste singoli Commissioni si radunano e assai spesso
sotto la presidenza del rispettivo capo per discutere gli argomenti proposti. Ogni cosa viene esaminata, e discussa,
provata con tutto lo svolgimento delle ragioni teologiche, e le dimostrazioni scientifiche, di cui è capace la materia.
Sua Santità poi per mezzo dei rispettivi Cardinali presidenti viene informato di ogni cosa, e tutto colla sua
alta e sapiente direzione governa in ordine al buon riuscimento del concilio. Tutto questo però altro non è che uno
studio preparatorio. Imperocchè sulle proposte materie il solo concilio assistito dallo Spirito Santo dovrà portare il
suo definitivo giudizio, perchè al solo corpo episcopale, presieduto dal sommo Pontefice si appartiene il pronunziare
con parola infallibile: Visum est Spiritui Sancto et nobis.
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proposito. Le cose così disposte vengono poscia nuovamente esaminate e discusse in una
congregazione più generale, in cui trovansi non solo i più insigni teologi {150 [150]} e dottori
della Chiesa, ma una gran parte dei vescovi che tutti sono in potere d'intervenirvi. Ivi pertanto,
qualora sia d'uopo, si muta, si toglie, si aggiunge quello che par bene nel Signore. Quando ogni
cosa trovasi preparata si tiene la seduta pubblica di tutti i padri, nella quale, se credesi nulla più
doversi cangiare, i vescovi e quanti hanno voce deliberativa, esprimono il proprio giudizio col
dare il loro voto in favore. Questa votazione o si può fare dai singoli individui, come si praticò
più volte; oppure collettivamente dai vescovi appartenenti ad una nazione come si fece nel
concilio di Costanza. In quest'ultimo caso i vescovi di una nazione prima convengono fra loro
per recare poscia nel concilio il loro voto collettivo. Così avviene nelle singole sessioni, le quali
si tengono a qualche intervallo dall'una all'altra, affinchè si abbia tempo a studiare, esaminare e
preparare le materie.
Tom. Ma, signor prevosto, non sa che questo modo di procedere nei {151 [151]} concili
mi pare strano? Io credeva che i vescovi e il papa potessero fare senza tanti esami, e tante
ricerche. Ecchè? La Chiesa non è essa infallibile? Dunque a che tanto affannarsi?
Prev. Ben mi veggo che tu mal comprendi il modo con cui è infallibile la Chiesa di Gesù
Cristo. Sappi adunque che in due maniere può intendersi l'infallibilità della Chiesa, cioè la
Chiesa può essere infallibile o per mezzo di una nuova rivelazione che Gesù Cristo faccia ai suoi
supremi pastori; oppure per mezzo di un'assistenza che egli presti loro a bene intendere,
penetrare e difendere da ogni miscuglio d'errore la rivelazione già fatta. Ora il primo modo non
si ammette, e nessuno dei cattolici l'ha mai insegnato, imperciocchè la rivelazione cristiana fu dal
divin Redentore incominciata e finita cogli apostoli. Esso stesso disse loro che tutto quello che
era necessario a sapersi l'aveva manifestato: Omnia feci nota vobis. L'infallibilità adunque che
compete alla Chiesa non è per via di novelle {152 [152]} rivelazioni, ma per via di assistenza
nell'esaminar la rivelazione già fatta, nel mettere in chiaro le verità in essa contenute. Pertanto
non bisogna immaginarsi che il papa ed i vescovi radunati in concilio siano illuminati ed inspirati
immediatamente dallo Spirito Santo in quel modo che gli antichi profeti, e gli stessi apostoli nel
di della Pentecoste; così non è, dico, pel papa e pei vescovi. Essi quindi devono usare grande
diligenza e studio per trovare la verità, consultare le sacre Scritture e la divina Tradizione, nelle
quali si trova tutta la Rivelazione di Gesù Cristo affidata alla sua Chiesa. Per eseguire tutto
questo, tu ben vedi che sono necessari studi e ricerche. E per ammaestramento di tutti i secoli
futuri non fecero così gli stessi apostoli nel concilio di Gerusalemme? Sì, e leggiamo difatto che
essi prima di pronunziare la sentenza fecero grande disquisizione: Cum magna disquisitio fieret.
Questo metodo fu poi tenuto universalmente in tutti i concili, e in tutte le {153 [153]} pontificie
definizioni di verità rivelate, o connesse colla Rivelazione, e perciò giustamente così pur si
pratica nell'occasione del concilio vaticano.
Tom. Ho capito. La Chiesa adunque ha bensi l'alta dignità di maestra di tutti gli uomini;
ma alla sua volta può considerarsi ancor essa discepola del Maestro dei maestri, che è Iddio. Ora
questo divin maestro dopo aver insegnato a questa sua discepola tutte le verità necessarie a
sapersi, l'assiste bensi a conservarle sempre intatte, la dirige e la guida bensì per ritrovare,
ricordare, chiarire le verità già rivelate, e quindi a sciogliere i dubbi che si allacciano, le
questioni che insorgono; ma ciò non ostante non vuole ch'ella se ne stia inoperosa. Iddio fa che la
Chiesa sua nelle cose di fede e di morale sia maestra e giudice infallibile sì, ma vuole in pari
tempo che ella dia di mano a suoi libri, a suoi codici divini onde rintracciare il vero, per farle
così in certo qual modo meritare il gran dono dell'infallibilità; vuole che ella {154 [154]} per non
errare faccia tutto quello che farebbe se non fosse da Dio aiutata, e intanto tutta si fidi alla
promessa di Gesù Cristo. In una parola, a me sembra che Iddio, colla dovuta proporzione però,
faccia colla sua Chiesa quello che con un suo diletto scolare fa un buon maestro, il quale aiuta
bensi il discepolo affinchè nei suoi temi, nelle sue composizioni, nei suoi problemi non
commetta errore alcuno, compia ogni cosa ottimamente, e sia infallibile in quel che studia ed in
quel che fa, ma ciò non già collo sgravarlo da ogni peso, ma solamente in virtù di una continua
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assistenza che gli presta, per cui gli ricorda le cose già imparate o a viva voce, o studiate nei libri
di testo, che gli pose fra le mani. Non è così?
Prev. Appunto così. Oh! si vede proprio che sei uno studente, e perciò adatti le cose al
tuo modo d'intendere. Avverti tuttavia che l'aiuto, il quale Iddio maestro supremo porge alla sua
Chiesa è infinitamente più sublime che non l'aiuto che presta il {155 [155]} tuo maestro al suo
scolaro, perchè quello è un aiuto soprannaturale e divino, questo solo naturale ed umano.
Tom. Ora sono soddisfatto. Mi parli pertanto della chiusura del concilio.
Prev. Eccomi ad appagarti. Tenute tutte quelle sessioni che sono necessarie secondo la
maggiore o la minore quantità, la maggiore o minore importanza delle materie da trattare,
raccolti, come fu detto, in ciascuna sessione i voti dei padri e definite le questioni proposte, le
definizioni fatte si distendono in tanti capitoli o canoni. Questi sebbene già stati letti ed approvati
nelle singole sedute, vengon tuttavia ad alta voce riletti nelle ultime sessioni. Dopo ciò si
sottoscrivono, cominciando pel primo il papa se vi è presente, od i suoi legati in sua assenza,
poscia i cardinali, indi i patriarchi, i primati e via via tutti i padri secondo il grado della loro
dignità; usando per lo più queste parole: Io N. N. vescovo definendo ho sottoscritto. Se altri non
avendo voto deliberativo mettono pur anche la loro {156 [156]} firma, usano una formola, la
quale indichi che essi non sottoscrivono come giudici, ma solamente in segno di adesione o di
protezione come anticamente facevano gli imperatori1. Se il papa assiste in persona al concilio,
in questo caso egli sottoscrivendolo il conferma, rendendolo così in materia di fede e di morale
infallibile e quindi irreformabili le definizioni, le quali perciò fin da quel momento devonsi
considerare e venerare quanto il Vangelo, siccome oracoli dello Spirito Santo. Se poi il papa al
concilio non presiede in persona, allora i padri mandandogliene gli atti lo pregano in pari tempo
di approvare e confermare colla sua apostolica {157 [157]} autorità quanto essi hanno stabilito,
come fecero i padri del concilio niceno primo col papa s. Silvestro. In questo secondo caso
soltanto, allora che il papa abbia dato la sua approvazione, il concilio potrà godere del dono
dell'infallibilità, ed acquisterà in tutta la Chiesa un'autorità irrefragabile.
Compiuto nell'ultima sessione quanto sopra, terminate le cerimonie prescritte si canta un
solenne Te Deum in ringraziamento al Dio tre volte santo pei ricevuti benefizi, e così si scioglie
la più augusta e veneranda assemblea della terra. Ecco in breve quanto verrà generalmente
praticato nella celebrazione del prossimo concilio ecumenico. Felici coloro che avranno la bella
sorte di trovarsi ad uno spettacolo così raro nei fasti della Chiesa, ad uno spettacolo che ci rende
in sulla terra una immagine del Cielo. Godiamo pertanto di vivere in quest'epoca avventurata, in
cui per la misericordia di Dio viene compiendosi un atto così solenne della Chiesa {158 [158]}
nostra madre, così glorioso per la nostra ss. Religione, e colla preghiera e colla pratica della virtù
disponiamo fin d'ora i nostri cuori a ricevere con riverenza e docilità quanto vi sarà decretato.
Tom. Oh! quanto bramerei d'intervenire anch'io a questo concilio! Ma ciò mi è quasi
impossibile tanto più che il papa non mi ha per niente invitato. Ciononostante vorrei ancor io fare
qualche cosa in favore del medesimo. Che cosa potrei fare, sig. Prevosto?
Prev. Se questo è il tuo desiderio, sappi che tu puoi con tutta facilità renderti molto
benemerito del concilio e della Chiesa tutta. Ed ecco in qual modo:
1° Cominciando fin da domani e sino alla solenne chiusura del concilio recita tutti i
giorni o al mattino o alla sera tre Ave Maria alla Vergine, Aiuto dei Cristiani, colla seguente
giaculatoria: Maria, auxilium Christianorum, ora pro nobis2, {159 [159]} ed un Pater, Ave e
Gloria a s. Pietro colla seguente preghiera per la Chiesa e pel papa.
1È degno di osservazione che nel concilio generale di Firenze solo Eugenio IV che in persona lo presiedeva
sottoscrivendo adoperò la parola definire scrivendo: Io Eugenio vescovo della Chiesa cattolica così definendo ho
sottoscritto. Tutti gli altri vescovi sebbene veri giudici, tuttavia per rispetto al Papa si astennero dalla parola definire,
e si contentarono di apporvi soltanto il proprio nome.
2Chi recita questa giaculatoria guadagna ogni volta l'Indulgenza di 300 giorni concessa testè dal regnante Pio IX (14
febbraio 1869).
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Orazione.
Ascoltate propizio, o Signore, le nostre preghiere, e fate che distrutte le avversità e gli
errori tutti, la vostra Chiesa vi serva con piena libertà.
Onnipotente ed eterno Iddio, usate anche misericordia al vostro servo, nostro sommo
pontefice Pio, e secondo la vostra bontà, guidatelo sulla via dell'eterna salute, affinchè per la
grazia vostra egli desideri con ardore e compia con fortezza quanto vi piace.
O Signore, conservatelo, fortificatelo, e rendetelo felice sulla terra, e non permettete mai
che egli cada in potere dei suoi nemici. Fate che ei si adoperì a promuovere con apostolico zelo il
bene delle anime, ad estendere il vostro regno nel cuore di tutti gli uomini; difenda con fortezza
{160 [160]} i diritti della vostra Chiesa e da esperto nocchiero nel procelloso mare di questo
mondo guidi al porto della salute la navicella di Pietro. Concedete che egli possa vedere giorni
felici per la Chiesa, distrutti gli errori, cessati gli scandali, convertiti i scismatici, gli eretici, e i
suoi nemici tutti, così che a capo di numerosissimo gregge possa giungere al cielo, e ricevere da
voi, supremo pastore, l'eterno guiderdone. Così sia. Poscia si dica: Sia benedetta la santa ed
immacolata Concezione della Beata Vergine Maria. - Queste preghiere, come dissi, recitatele
tutti i giorni.
2° Procura di guadagnare presto il giubileo, e poi colla maggior frequenza possibile
accostati divotamente ai santi Sacramenti della Confessione e della Communione.
Tom. Bene; ma per qual motivo queste preghiere e questi Sacramenti?
Prev. Per ottenere da Gesù Cristo e dalla sua santissima Madre e da s. Pietro primo papa
queste tre grazie:
1a Che il concilio non venga impedito {161 [161]} nè disturbato dai nemici di Dio e della
Chiesa;
2a La riunione della Chiesa scismatica alla Chiesa cattolica;
3a La conversione dei protestanti, specialmente dell'Inghilterra.
Ti accerto che così facendo tu farai molto in favore del concilio. Per altra parte io ti posso
pur anche assicurare che le tue preghiere torneranno molto gradite al nostro Signor Gesù Cristo,
il quale altro di più non desidera che di essere pregato per la salute di quelle anime già state da
lui redente col proprio sangue. Oh! te felice, se colle tue fervide preci, se colle tue divote
comunioni, riuscirai ad ottenere la conversione, fosse ben anco di un solo scismatico, o di un
solo protestante! E chi sa ancora che le tue preghiere non ottengano la conversione di qualche
vescovo scismatico, o di qualche ministro protesante! Se ciò fosse, ne seguirebbe certamente un
gran bene alle anime, poichè costui illuminato dalla luce della verità, ritornando alla {162 [162]}
Chiesa Cattolica, col suo esempio e colle sue parole trarrebbe alla medesima il gregge a lui
affidato; e così più splendido si farebbe il trionfo della Chiesa, e più abbondante il frutto del
concilio, e più bella e più ricca la tua celeste corona.
Tom. Ebbene il farò; anzi mi adoprerò che il facciano pure anche con me quei della
famiglia alla sera tutti insieme. Sono sicuro che mio padre e mia madre e le mie buone sorelle
saranno dispostissime a secondarmi. Di più, oh! come sarei contento se potessi eziandio formare
una piccola società di altri giovani miei compagni, e tutti d'accordo accostarci per questo santo
fine nei giorni festivi alla santa Comunione. Basta, domani metterommi d'attorno, e se la cosa
riesce sarà un gran bene davvero. Imperciocchè il nostro giovanile esempio propagandosi
darebbe un eccitamento a tante altre persone, e metterebbe in tutta la parochia un insolito
fervore. Così m'immagino.
Prev. Benedica Iddio i tuoi voti. {163 [163]} Io dal canto mio non ti mancherò di aiuto1.
1Sarebbe cosa lodevolissima che l'esempio di questo buon giovane fosse da altri imitato, specialmente dai figli e
dalle figlie tra di loro divisi in tante compagnie da dieci in dodici ciascuna. Così si verrebbe a rendere una
testimonianza di fede, di speranza e di amore al glorioso e magnanimo Pontefice, e alla santa Chiesa nostra
dolcissima madre.
A questo scopo noi ci raccomandiamo ai nostri lettori pregandoli di associarvisi. I parochi lo inculchino ai
loro parochiani; i superiori di stabilimenti alle persone loro soggette. I padri e le madri di famiglia ai loro dipendenti.
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Intanto io terminerò la nostra conversazione colle parole di un dotto prelato d'Irlanda, il
cardinale arcivescovo di Dublino. «Se gettiamo uno sguardo sulla terra intera, egli dice, qual
miserando spettacolo non ci si offre àgli occhi! Dappertutto rivoluzioni, {164 [164]} dapertutto
ribellioni, dapertutto discordie civili e minacce di guerra.» E dopo aver fatto passare a rassegna
le sciagure, gli scompigli di diverse parti del mondo, egli si ferma sull'Italia e continua:
«Fissiamo lo sguardo sull'Italia e che veggiamo noi?... Dappertutto regna la confusione. Di tutta
l'italica terra un angolo solo rimane esente da tanta sciagura. In questo angolo regna un
venerando vecchio (il papa) non infranto dagli anni, non indebolito dalle ansie e dal dolore; un
vecchio il quale nel suo ristretto e impoverito reame sa pure mantenere la pace; sa dare al mondo
un esempio d'invitta costanza, e difendere i diritti della società e dell'autorità. Si poco egli teme e
le trame, e le mene, che oggi stesso ha chiamato a concilio in Roma tutti i vescovi dell'universo.
La causa della giustizia e dell'ordine sarà da questo concilio ecumenico protetta e difesa, e
trionferanno, si, di tutti gli ostacoli quei vescovi che non si radunano che per faticare alla salute
dell'umanità. {165 [165]} E non è questo uno spettacolo degno dell'Onnipotente?» Così egli.
Mio caro Tommaso, i nemici di Dio e della Chiesa, vedendo approssimarsi il concilio,
tremano. Questo è per noi un buon segno; è segno che va avvicinandosi un grande trionfo. Ma
noi vie maggiormente speriamo e confidiamo. Speriamo in Dio, speriamo nella Vergine
Immacolata, speriamo in Pio IX, speriamo nel concilio, speriamo nella Chiesa, la quale, fondata
da Gesù Cristo sopra di Pietro, fu, è, e sarà sino alla fine dei secoli quale rupe immobile, a
conforto dei giusti e guida sicura di tutti i Cristiani, per fare un solo pastore ed un solo ovile
sopra la terra, ed un solo regno nella gloria dei Beati in cielo.
Con permissione ecclesiastica. {166 [166]}
Indice
Proemio
CONVERSAZIONE I. Concili - Loro specie; particolari e
generali - Diocesani, provinciali e nazionali - Condizione perchè un
concilio si possa dire generale e legittimo - Chi possa convocare il concilio
generale - Chi abbia diritto d'intervenire e dare il voto deliberativo -
Concili apostolici - Utilità dei concili
CONVERSAZIONE II. Il papa è superiore al concilio - Il papa
nelle cose di fede e di morale è infallibile anche per sè solo - Nessun papa
come papa ha mai errato - Infallibilà ed autorità del concilio - Nei concili
non si creano nuovi dogmi - Le definizioni e le leggi di un concilio
obbligano per se stesse i cristiani - Testimonianze non sospette in favore dei
concili pag. 39 {167 [167]}
CONVERSAZIONE III. Quanti siano stati i concili generali;
breve cenno di ciascuno
CONVERSAZIONE IV. Del concilio vaticano primo. - Suo scopo
– Sua opportunità - Gravi ragioni che mossero il papa a convocarlo - Invito
fatto ai vescovi scismatici ed ai protestanti - Apertura del concilio -
Discussione e modo con cui è infallibile la Chiesa - Chiusura - Preghiera e
speranza
pag. 3
7
80
133 {168 [168]}
In questa guisa oltre al buon effetto della preghiera e della frequenza ai santi Sacramenti, un altro vantaggio si
otterrà pur anche, ed è di risvegliare e mantenere viva tra il popolo cristiano la fede nel prossimo concilio, pronti gli
animi a ricevere poscia con docilità gli statuti ed osservarne fedelmente le leggi.
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