Don Bosco - Società di S. Francesco di Sales. Anno 1878
dicano, rispose, che sono un cattivo, un /buono a nulla, un poltrone, è vero, mi merito questi ed
altri rimproveri; ma dire che io non ami l'Oratorio e la Congregazione, oh questo non puo nè
potrà mai essere; in mia vita non ebbi mai tempi più felici di questi; io non so d'aver mai posto
ad altri, più amore che all'Oratorio ed alla Congregazione.
Una cosa che in lui divenne anche caratteristica fu l'amore con cui insegnava il
catechismo ai ragazzi. In vista di tanta buona volontà, come venne la Quaresima, fu mandato con
un altro compagno a fare il catechismo in una delle parrocchie di Torino, e non è a dire come
egli fosse sollecito per farlo bene. Con grande sacrifizio terminava in fretta il pranzo per arrivare
al suo posto all’ora assegnata; colà poi la fatica, non che disanimarlo, pareva che
viemmaggiormente lo infiammasse. Pregava assai per i suoi scolaretti e molte volte per loro
appositamente faceva la santa Comunione. Trovandosi poi con i chierici suoi compagni, si
informava dagli uni e dagli altri qual mezzo usassero essi per ottenere buon effetto coi loro
discepoli, e nulla intralasciava perchè i giovani frequentassero volentieri il catechismo e si
comportassero in quello come a giovani cristiani si conviene. Nè contento di ciò, cercava presso i
superiori di essere mandato a fare il catechismo anche in altro luogo, dove si faceva ad ora
diversa; e certo l'avrebbe fatto con frutto, se il timore che ne avesse a patire nella sanità e a
rallentare negli studii non avessero persuaso i superiori a non contentarlo nel suo pio desiderio.
I lavori esteriori non facevano sì ch'egli negligentasse il proprio perfezionamento. Aveva
sortito da natura un {28 [362]} carattere buono, ma piuttosto leggiero, impaziente e poco amante
dei profondi studi. Queste cose l'avevano fatto cadere in varii difetti; ma dal momento che fu
chierico puossi affermare, che la sua vita fu un continuo sforzo per emendarsi.
L'umiltà che adoperava inverso i compagni era tale, che subito domandava scusa di
qualunque disturbo od offesa avesse loro fatto; ed un suo vicino di scuola e di studio attestava
d’esserne persino mortificato; poichè, diceva, per ogni piccola cosa me ne chiama scusa e
perdono incolpando se stesso di villano e perverso, da parere che io sia un superiore ed egli un
gran malfattore. Pregava poi il suo maestro a volerlo riprendere anche in pubblico quando
cadesse in fallo; e, avvisato, riceveva infatti le riprensioni con tutta umiltà, chiedendone anche
qualche penitenza.
Metteva un impegno speciale per far bene la meditazione; non la tralasciava mai; quando
per qualche motivo non poteva farla cogli altri, trovava tempo lungo il giorno e la faceva da sè,
ed anche quando era già ammalato, si sforzava di fare quel poco che per lui si potesse.
Frequentava la Comunione quasi quotidianamente. Ad un compagno che un po' malignamente lo
ripreso, con pacatezza e carità: “So, rispose, che sono pieno di difetti; ma desidero di emendarmi,
e vado alla Comunione, perehè il fonte della santità poco per volta mi santifichi. Quando non vi
era tanto assiduo, cadeva con molta maggior frequenza ne' miei difetti.” Il compagno, ammirato
della risposta e più ancora della calma e carità con cui la diede, si pose esso stesso a frequentare
di più questo augusto Sacramento. - Vi fu anche chi lo burlò più volte, perchè lungo il giorno
andava {29 [363]} con frequenza in chiesa a far visita a Gesù Sacramentato e giunse al punto di
maltrattarlo, dicendogli: “Tu che sei sempre in chiesa, devi soffrir tutto con pazienza.” Malgrado
ciò, non ne ebbe mai parola aspra; tantochè dovette esso stesso confessare essere ben buon
Giovannetti a non offendersi mai.
Belle speranze!... Ma circa il mese di aprile, fosse cambiamento di stagione, fosse fatica
fatta nei catechismi quaresimali, fosse sforzo per far riuscir bene gli esami semestrali da poco
subiti, cominciò a perdere l'appetito e trovar difficoltà nella digestione, ed in breve si sviluppò in
lui una vera malattia. Consigliato dal medico di recarsi a provare se l'aria nativa servisse a
ristabilirlo più presto, esso non voleva acconsentire, dicendo che, se a casa se ne guadagna pel
corpo, se ne perde sempre per l'anima, e solo si risolse quando i superiori, vedendo che invece di
migliorare deteriorava ogni giorno, essi stessi ne lo consigliarono. Sebbene così malandato di
sanità, l'unico suo pensiero nel partire era di cercare dal suo superiore qualche consiglio sul
modo di diportarsi a casa e qualche libro adattato, onde poter fare anche in famiglia la
meditazione e le pratiche di pietà. Dicendogli qualcuno che dette pratiche potevano nuocergli,
rispose: “un po' più, un po' meno di male, non conta; ma se mi fo del bene me lo troverò; e poi il
www.donboscosanto.eu
3/17